Stralcio cartelle esattoriali contributi previdenziali: è allarme pensione per i lavoratori autonomi

A lanciare l’allarme è l’Inps con una nota inviata all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili: lo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1000 euro mette a rischio i lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e iscritti alla Gestione Separata Inps. Al mancato versamento corrisponde il non accredito dei contributi previdenziali, ecco perché si rischia la pensione.

Stralcio cartelle esattoriali: a rischio la pensione dei lavoratori autonomi

La legge di bilancio 2023 prevede diverse misure di pace fiscale, tra queste vi è lo stralcio delle cartelle esattoriali di importo fino a 1.000 euro affidate all’agente di riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. La ratio della norma è nell’eccessiva onerosità della riscossione che potrebbe portare maggiori costi rispetto al reale rientro economico. Tra le cartelle esattoriali che sono oggetto di stralcio automatico vi sono anche quelle dell’Inps, gli altri enti previdenziali privati invece devono deliberare se aderire o meno.

In merito però a tale stralcio l’Inps ha preferito fornire delucidazioni ai professionisti che sono al fianco dei lavoratori autonomi nella gestione delle pratiche, cioè dottori commercialisti ed esperti contabili, sottolineando che il mancato versamento degli importi delle cartelle dell’Inps porta al non accredito dei contributi previdenziali e di conseguenza si allontana la pensione.

Stralcio dei contributi per i dipendenti, nessun rischio per loro

La prima cosa da sottolineare è che la cancellazione automatica dei debiti con l’istituto di previdenza per le singole cartelle esattoriali fino a 1000 euro riguarda non solo i contributi versati a proprio favore, ma anche quelli versati per i dipendenti, ma per questi non vi sono rischi, infatti il mancato pagamento delle cartelle esattoriali per i loro contributi non andranno a inficiare la maturazione del diritto alla pensione per i lavoratori dipendenti, questo perché si andrebbe ad intaccare un loro diritto anche se non hanno alcuna responsabilità inerente il mancato pagamento.

Si applica quindi in loro favore il principio di automaticità delle prestazioni previsto dall’articolo 2116 del codice civile. La stessa regola non vale però per i contributi che il lavoratore autonomo, commerciante, artigiano, iscritto alla Gestione Separata Inps versa per se stesso. In questo caso infatti al mancato pagamento dei contributi corrisponde il non accredito del relativo periodo a fini contributivi, quindi alla cancellazione del carico presso l’agente di riscossione fa da contraltare la cancellazione dall’estratto conto Inps.

Leggi anche: Stralcio cartelle esattoriali: indicazioni operative dell’Agenzia Entrate e Riscossioni

Come evitare il mancato accredito dei contributi previdenziali?

Sottolinea l’istituto di previdenza che vi è un maggiore rischio per i lavoratori autonomi agricoli in quanto il mancato pagamento anche di una sola rata comporta il mancato accredito dell’intero anno.

Per evitare questo effetto, la soluzione è procedere al pagamento delle cartelle esattoriali inerenti i contributi previdenziali che rischierebbero di essere cancellate al 31 marzo 2023. Spetta naturalmente al lavoratore autonomo valutare quale soluzione è più conveniente in base alla situazione personale.

Non manca chi propone solo per questa tipologia di cartelle esattoriali l’introduzione dello stralcio volontario in modo da evitare effetti negativi di cui molti non sono a conoscenza. In alternativa molti propongono la possibilità di recuperare questi contributi in un secondo momento con pagamenti volontari.

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Fisco, la riforma spinge verso le tre aliquote, la flat tax e assunzioni

Fisco, la delega fiscale dovrebbe essere pronta per metà mese e prevede delle novità soprattutto su aliquote Irpef, applicazione della flat tax e incentivi all’assunzione.

Fisco, in attesa della riforma definitiva

C’è attesa per la riforma fiscale che prevede diverse novità. La prima è proprio sulle aliquote Irpef che passeranno dalle 4 attuali a 3. Attualmente le ipotesi sul tavolo tecnico sono due. La prima prevede le seguenti aliquote: 23%, 27% e 43% con un costo di 10 miliardi Mentre la seconda ipotesi prevede le aliquote: 23%, 33% e 43% con un costo di 6 miliardi di euro.

Secondo le simulazioni queste nuove percentuali rappresentano una diminuzione del carico fiscale sulle famiglie. La riduzione arriva fino a 700 euro l’anno per chi ha un reddito superiore a 50 mila euro. Si ricordano che ad oggi le aliquote in vigore sono:

  • 23% fino a 15 mila euro;
  • 27% oltre i 15 mila e fino a 28 mila euro;
  • 38% oltre i 28 mila e fino a 55 mila euro;
  • 41% oltre i 55 mila euro e fino a 75% mila euro.

Fisco, attesa anche la flat tax incrementale

Oltre al taglio delle aliquote, è prevista anche la flat tax incrementale. La flat tax incrementale è una misura dell’attuale governo che interviene con una tassazione al 15% solamente sui guadagni aggiuntivi del lavoratore autonomo rispetto ai tre anni precedenti. Sui redditi aggiuntivi rispetto all’anno precedente sarà applicata un’aliquota più bassa, con molta probabilmente intorno al 15%. Si ricorda che ad oggi la flat tax è già applicata solo ai lavoratori autonomi per il pagamento delle imposte.

Nel 2023 la flat tax per il regime forfettario sarà concessa entro un tetto più alto di reddito. L’imposta sostitutiva al 15% (al posto delle aliquote ordinarie IRPEF e addizionali) si applica alle partite iva con redditi non superiori a 85.000 euro (quando la soglia precedente era 65.000).

Meno tasse per le aziende che assumono

Nel frattempo si lavora anche in merito alla minore tassazione sulle imprese. Infatti più le aziende assumono personale, minore sarà il carico fiscale. Quindi assumere dovrebbe far pagare meno tasse. Presenti anche una serie di iniziative volte ad aumentare il livello occupazionale in Italia. Come il Bonus assunzioni giovani è un esonero contributivo integrale (del 100%) destinato ai datori di lavoro privati che assumono giovani fino a 35 anni di età (36 anni non compiuti).

Ma nel frattempo aumenta il caro vita e anche richiedere un mutuo è più oneroso per le famiglie. Ma anche per i conti dello Stato. Per questo motivo il Ministro all’economia Giorgetti sembra preoccupato per le prossime decisioni che potrebbero essere prese dalla banca centrale europea, in merito al rialzo dei tassi d’interesse. Anche perché queste scelte potrebbero creare dei forti problemi a quei paesi, come l’Italia che hanno dei deficit di bilancio.

Saldo IVA, contribuenti alla cassa entro il 16 marzo

Saldo Iva per il 2022, la data prevista è per il prossimo 16 marzo. E’ possibile pagare in unica o in più soluzioni, ecco tutte le caratteristiche.

Saldo Iva, solo se superiore a 10.33 euro

L’Iva, imposta sul valore aggiunto si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di impresa o di arti e professioni e sulle importazioni da chiunque effettuate. Di solito l’impresa è tenuto ad addebitare l’imposta nei confronti del cliente e a versarla all’Erario. La liquidazione e il versamento dell’Iva è dovuta con cadenza mensile o trimestrale.

Ma adesso mancano pochi giorni per il saldo Iva. Si tratta di una tassa che professionisti autonomi e imprese pagano rispetto ai guadagni che hanno percepito nell’anno precedente. La prossima data per il saldo è prevista per il 16 marzo 2023. Ed il versamento deve essere eseguito solo se l’importo del debito Iva è superiore a 10.33 euro.

Saldo Iva, unica soluzione o rateizzazione?

Il saldo Iva si effettua in unica soluzione entro il 16 marzo 2023. Però è possibile procedere anche alla rateizzazione con una maggiorazione dello 0.33% mensile. Inoltre è possibile fare il versamento entro il 30 giugno 2023, ma in questo caso la maggiorazione è pari allo 0,40% per ogni mese successivo al 16 marzo.

Infine è possibile anche pagare cn un ulteriore differimento del versamento alla data dal 31 luglio 2023 termine fissato dal comma 2 dell’art. 17 del D.P.R. n.435/2021 – applicando in tale fattispecie, sulla somma dovuta al 30 giugno (al netto delle compensazioni), gli ulteriori interessi dello 0,40% (cfr. risoluzione n. 73/E/2017).

Come si effettua il pagamento?

Il pagamento del saldo Iva si effettua telematicamente mediante il modello F24. Il contribuente dovrà utilizzare la sezione Erario del modello F24 e il codice tributo “6099”. Inoltre, nel campo “rateazione” dovrà indicare il codice “0101” per il versamento in unica soluzione e nel campo “anno di riferimento” il 2022. Invece se il contribuente sceglie la modalità di pagamento a rate, dovrà utilizzare i seguenti codici:
– il codice “6099” per il saldo Iva annuale, indicando come “anno di riferimento”, il 2022;
– il codice “1668” per la maggiorazione a titolo di interessi dovuti;
– nel campo “rateazione” dovrà indicare il numero delle rate e, precisamente, nei primi due caratteri il valore che identifica la rata che si sta versando e negli ultimi due il numero totale delle rate.

B-Corp o Benefit Corporation: cosa sono e quali sono i vantaggi della certificazione aziendale?

A seguito di alcune inchieste giornalistiche anche in Italia si è iniziato a parlare di Benefit Corporation o B-Corp, ma cosa sono e come ottenere la certificazione?

Cos’è la certificazione B-Corp o Benefit Corporation?

Il termine Benefit Corporation individua aziende che operano con scopo di lucro e che allo stesso tempo pongono come filosofia aziendale un impatto positivo su persone e ambiente. Hanno quindi l’obiettivo di generare profitto come una qualunque azienda, ma allo stesso tempo si prefiggono scopi sociali, come ridurre l’impatto ambientale delle produzioni, generare inclusione sociale, insomma un impatto positivo sulla società.

La certificazione B-Corp viene rilasciata da B-Lab un ente statunitense no profit e naturalmente prima del rilascio si provvede a un esame delle caratteristiche dell’azienda al fine di determinare se effettivamente l’azienda rispetta i canoni previsti per tale riconoscimento.

Chi può ottenere la certificazione B-Corp e quali sono i criteri per il riconoscimento?

Possono richiedere la certificazione B-Corp:

  • società di persone;
  • società di capitali;
  • imprese sociali;
  • consorzi;
  • cooperative.

Naturalmente deve trattarsi di soggetti che operano con scopo di lucro. La prima cosa da fare per ottenere la certificazione di Benefit Corporation è compilare un questionario (BIA – Business Impact Assessment), questo mira a capire da quale punto di vista l’impresa ha effettivamente un impatto sociale positivo.

Il questionario mira quindi a valutare:

  • qual è l’impatto ambientale dell’azienda quindi in che modo si provvede allo smaltimento i rifiuti, quali rifiuti sono recuperati, attenzione ai consumi energetici;
  • come si effettua il monitoraggio del rapporto con i clienti;
  • in che misura sono tutelate le categorie sotto-rappresentate, ad esempio donne, minoranze religiose, linguistiche, etniche…
  • in che modo sono valutate le prestazioni del management;
  • quale percentuale della società è posseduta da lavoratori a tempo pieno.

Per poter ottenere la certificazione è necessario raggiungere un punteggio minimo nel BIA di 80 su 200, inoltre l’azienda deve essere stata costituita da almeno 12 mesi.

Impegni delle aziende con certificazione Benefit Corporation

Per ottenere la certificazione B-Corp si deve assumere anche l’impegno a rendere conto del proprio operato non solo agli azionisti, ma anche agli stakeholder (portatori di interessi), inoltre si devono condividere le informazioni sulle proprie prestazioni, si deve quindi creare un’elevata trasparenza sugli obiettivi effettivamente raggiunti attraverso la propria azienda.

Ottenuta la certificazione le aziende sono sottoposte a “revisioni” e valutazioni periodiche. Ogni anno l’azienda deve rendicontare l’attività e pubblicare sul sito internet una relazione con gli obiettivi raggiungere e quelli prefissati, a cui si aggiunge un piano d’azione per il futuro.

Naturalmente la certificazione B-Corp può aiutare ad avere maggiori entrate perché sempre più persone nella scelta di prodotti e servizi tengono in considerazione il profilo sociale dell’azienda. Proprio per questo motivo in Italia sono già numerose le aziende che hanno richiesto la certificazione B-Corp.

Leggi anche: Società Benefit: cosa sono, come funzionano e quali vantaggi portano?

Fondo garanzia prima casa, prorogata la scadenza e coppie felici

Fondo garanzia prima casa, poche parole che però sono di grande aiuto per i giovani che vogliono comprare casa, prorogato il termine per accedervi.

Fondo garanzia prima casa, coppie felici

Comprare casa è un sogno per molti italiani. Nel nostro paese l’investimento nel mattone continua a reggere abbastanza bene nonostante il clima di crisi economica. Tuttavia per molti ragazzi, soprattutto le giovani coppie che vogliono mettere su famiglia, si tratta di un passo importante. Un segno di cambiamento ed il Fondo garanzia prima casa è sicuramente una grande mano di aiuto.

Il Fondo di garanzia Mutui per la prima casa, c.d. Fondo prima casa, è stato istituito presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze con la legge 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1 comma 48, lett. c). Il Fondo garanzia prima casa è uno strumento che permette di estendere le proprie garanzie finanziarie, per offrire una posizione più solida agli istituti bancari al momento della richiesta di un mutuo ipotecario. Il Decreto Milleproroghe estende la scadenza entro cui è possibile sfruttare la garanzia dell’80% del fondo per le categorie prioritarie.

Quali sono le categorie prioritarie?

Beneficiano della proroga al 30 giugno 2023 le coppie giovani, i nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, conduttori di alloggi Iacp e giovani con meno di 36 anni. In tutti i casi il valore ISEE non deve superare 40 mila euro e richiedono un mutuo superiore all’80% del prezzo dell’immobile. Una volta scaduta la proroga, la garanzia potrà essere richiesta al 50%.

L’immobile per il quale si chiede il finanziamento deve essere adibito ad abitazione principale, non deve rientrare nelle categorie catastali A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) e A9 (castelli, palazzi). Inoltre non deve avere le caratteristiche di lusso indicate nel decreto del Ministero dei lavori pubblici in data 2 agosto 1969, n.1072.

Come presentare la domanda al Fondo garanzia prima casa

Per accedere al fondo occorre presentare la domanda che va inoltrata alle banche o agli intermediarti finanziari aderenti all’iniziata e non direttamente al Consap. Sul sito del Consap è anche possibile verificare tutti gli Istituti disponibili sul territorio. È sempre facoltà della banca in base a proprie ed esclusive valutazioni decidere sulla concessione del mutuo e sul ricorso alla garanzia del Fondo. In ogni caso dovrà essere compilato un modulo che contiene tre tipologie di acquisto:

  • Acquisto;
  • Acquisto con interventi di ristrutturazione con accrescimento dell’efficienza energetica;
  • oppure Acquisto con accollo da frazionamento (da costruttore).

In fase di presentazione della domanda deve essere allegata la copia dell’Isee non superiore a 40 mila euro annui. Inoltre Consap, dopo aver esaminato la documentazione, comunicherà alla banca l’esito della garanzia entro 20 giorni dalla presentazione. La banca, entro 90 giorni, comunica a Consap il perfezionamento del mutuo garantito, o la mancata prestazione del mutuo.

Invalidità civile minori: l’Inps semplifica i servizi

L’invalidità civile minori è una prestazione economica riconosciuta ai minori di 18 anni che hanno minorazioni tali da rendere difficile lo svolgimento dei compiti generalmente svolti da persone della stessa età. Con il Messaggio 892 del 2 marzo 2023 l’Inps ha provveduto a rendere note le modalità semplificate attraverso le quali è ora possibile accedere alla prestazione. Ecco cosa cambia.

Inps semplifica la domanda per invalidità civile minori

Le novità riguardano i soggetti che decidono di presentare la domanda tramite patronati o associazioni di categorie. I patronati possono accedere alla domanda utilizzando l’area tematica “accesso ai servizi per i patronati” mentre le associazioni di categoria potranno effettuare l’accesso utilizzando l’identità digitale Cie, Spid o Cns.

Nella domanda, che deve essere presentata con il nome del minore, devono essere indicati:

  • i dati inerenti la richiesta di accertamento sanitario;
  • i dati amministrativi per la liquidazione in caso di riconoscimento del diritto alla prestazione;
  • dati per il pagamento;
  • dati inerenti la frequenza scolastica.

Dopo aver completato tutte le sezioni della domanda, è necessario procedere all’ “Invio domanda“.

Leggi anche: Invalidità civile 2023: nuovi importi e limiti di reddito

Invalidità civile minori: obbligo informativo per il genitore non dichiarante

Tranne nel caso in cui si sia in presenza di un unico genitore o tutore, la domanda sebbene presentata da un unico genitore deve essere notificata anche all’altro, la notifica avverrà tramite Pec oppure con raccomandata, naturalmente nella domanda devono essere inseriti i recapiti dell’altro genitore. Tutti gli atti dovranno quindi essere notificati anche al genitore che non ha presentato domanda, mentre il genitore che l’ha presentata potrà visionare lo stato della domanda accedendo all’area personale o tramite delega alle associazioni di categoria/patronato.

Nel caso in cui al momento della presentazione della domanda si opti per il pagamento della prestazione allo sportello, il genitore non dichiarante deve fornire consenso esplicito alla riscossione nei confronti del genitore dichiarante.

Il consenso può essere fornito tramite la funzionalità “Acquisizione consenso alla riscossione”. Nel caso in cui ci si rivolga al patronato il consenso dovrà essere fornito attraverso il modulo delega disponibile nella sezione “allegati” il modulo deve essere sottoscritto con firma autenticata da entrambi i genitori.

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Pagamento Pos, a breve modifiche alle commissioni

A breve potrebbero esservi novità positive per commercianti e professionisti,  è stato istituito il tavolo tecnico per la modifica alle commissioni per il pagamento Pos.

Bocciata la legge di bilancio 2023, si studiano nuove ipotesi per le commissioni su pagamento Pos

La bozza della legge di bilancio 2023 prevedeva inizialmente l’eliminazione dell’obbligo di accettare pagamenti con il bancomat per importi inferiori a 30 o 60 euro. La bozza fu inviata all’Unione Europea che criticò tali misure sostenendo che incoraggiavano l’evasione fiscale. Proprio per questo motivo le norme sparirono dalla legge di bilancio 2023. La ratio della scelta di eliminare l’obbligo di accettare il pagamento con Pos era nel fatto che i commercianti quando accettano tali pagamenti pagano una commissione bancaria che varia in base alla banca. Questo implica che, per piccoli importi, i guadagni effettivi possono essere erosi in maniera considerevole da tali commissioni. Saltata la norma che lasciava i commercianti liberi di non accettare i pagamenti elettronici, resta il problema delle commissioni.

Pagamento Pos: come è costituito il tavolo tecnico?

Proprio per questo motivo è stato istituito il tavolo tecnico presso il MEF ( Ministero dell’Economia e delle Finanze) in cui sono coinvolte anche le associazioni di categoria. In particolare partecipano al tavolo tecnico:

  • Banca d’Italia;
  • Agenzia delle Entrate;
  • Agenda per l’Italia Digitale;
  • Confartigianato, Confesercenti, Confcommercio;
  • Associazione italiana prestatori servizi di pagamento;
  • ABI;
  • Ministero delle imprese e del made in Italy.

In base al decreto del Mef del 3 marzo 2023, possono partecipare anche in qualità di uditori altri soggetti interessati.

L’obiettivo è individuare soluzioni che possano sollevare i commercianti dal pagamento delle commissioni per i piccoli importi.

Commissioni pagamento Pos: doppia soglia

In base ai primi lavori sembra che si opti per individuare una doppia soglia, dovrebbero quindi essere sollevati dall’onere di pagare le commissioni gli esercenti attività di impresa, arti e professioni con ricavi e compensi relativi all’anno antecedente inferiori a 400 mila euro e per pagamenti singoli di importo fino a 30 euro.

Il gruppo di lavoro ha 90 giorni di tempo per definire una bozza equa e trasparente inerente i costi delle commissioni. In caso contrario si procederà a chiedere il versamento di un contributo straordinario pari al 50% delle commissioni introitate per le transazioni inferiori a 30 euro. Questi andranno a costituire un fondo destinato al sostegno di commercianti e professionisti.

Cartelle esattoriali 2023, le ultime indicazioni sulla loro eliminazione

Cartelle esattoriali 2023, come procedere alla cancellazione di tutti i debiti fino a mille euro e le novità che riguardano i Comuni in cui si risiede.

Cartelle esattoriali 2023, le novità dell’Agenzia delle entrate

La legge di bilancio 2023 (Legge n.197/2022) ha previsto lo stralcio (o annullamento automatico) delle cartelle esattoriali fino a mille euro. Si tratta di carichi affidati all’Agenzia delle entrate riscossione dal primo gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 da enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali.

In particolare si tratta di un annullamento automatico parziale riferito alle somme dovute a titolo di interessi per ritardata iscrizione a ruolo. Ma anche sanzioni o interessi di more. Mentre l’annullamento parziale non riguarda le somme dovute a titolo:

  • capitale;
  • rimborso spese per procedure esecutive;
  • diritti di notifica.

Per le sanzioni amministrative, comprese le violazioni del Codice della strada lo stralcio riguarda solo gli interesse e non le predette sanzioni, che sono quindi dovute a titolo di capitale. Infine gli enti diversi dalle amministrazioni, dalle agenzie fiscale hanno potuto non applicare l’annullamento.

 La scadenza del 31 marzo 2023

La Legge di conversione del Decreto Milleproroghe (Legge n. 14/2023 di conversione del DL n. 198/2022) dà la facoltà agli enti che non hanno adottato entro il 31 gennaio 2023 il provvedimento di non applicazione all’annullamento parziale” di farlo entro la nuova scadenza del 31 marzo 2023. La stessa legge consente invece di applicare l’annullamento integrale dei propri crediti. In questo caso, quindi, i Comuni dovranno dire si oppure di no allo stralcio automatico.

In questo modo i contribuenti dovranno capire se il loro Comune aderirà all’iniziativa. Ad oggi però sembrano molte le amministrazioni che non hanno aderito alla prima scadenza del 31 gennaio e che molto probabilmente aderiranno a questa seconda opportunità legata alla tregua fiscale.

Cartelle esattoriali 2023, come conoscere la propria situazione

Per sapere se si hanno delle cartelle esattoriali occorrono pochi click. Il singolo contribuente, persona fisica, può vedere le cartelle esattoriali online accedendo al sito dell’Agenzia delle entrate Riscossione. Nella home page del sito occorre cliccare prima sulla sezione “cittadini” e poi su “Controlla la tua situazione” che mostra l’estratto conto.

La stessa cosa di deve fare per controllare se la propria cartelle esattoriale, ad esempio di importo fino a mille euro è stata definitivamente stralciata. Mentre per eventuali altri debiti che non rientrano nello stralcio, sempre dalla stessa sezione è possibile consultare le singole cartelle ed eventualmente procedere al pagamento per mettere definitivamente fine alla propria situazione debitoria  nei confronti del fisco.

 

 

 

 

 

 

Pannelli solari agrivoltaici, sempre più utili per l’agricoltura e non solo

Pannelli solari agrivoltaici fondono la sostenibilità con l’agricoltura. Ecco perché stanno sempre più trovando spazio nelle campagne italiane.

Pannelli solari agrivoltaici, il primo è in Puglia

Gli impianti agrivoltaici sono l’applicazione del fotovoltaico al settore agricolo. Ma l’impiego innovativo del fotovoltaico in agricoltura migliora la resa delle colture e aiuta a mitigare gli effetti del clima estremo.  Il primo impianto agrivoltaico in Italia e tra i primi in Europa è nato in Puglia. I sistemi agrivoltaici possono essere caratterizzati da diverse configurazioni spaziali e gradi di integrazione ed innovazione differenti, al fine di massimizzare le sinergie produttive tra i due sottosistemi (fotovoltaico e colturale). Ma anche garantire funzioni aggiuntive alla sola produzione energetica e agricola, finalizzate al miglioramenti delle qualità ecosistemiche dei siti dove sono installati.

Dal punto di vista spaziale, il sistema agrivoltaico può essere descritto come un “pattern spaziale tridimensionale”, composto dall’impianto agrivoltaico, e segnatamente, dai moduli fotovoltaici e dallo spazio libero tra e sotto i moduli fotovoltaici, montati in assetti e strutture che assecondino la funzione agricola, o eventuale altre funzioni aggiuntive, spazio definito “volume agrivoltaico” o “spazio poro”.

Pannelli solari agrivoltaici,

CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, ENEA, GSE ed RSE hanno lavorato alla stesura delle linee guida che regolano il funzionamento di questi sistemi. Il documento specifica subito che quello agrivoltaico “è un sistema complesso, essendo allo stesso tempo un sistema energetico ed agronomico”. Tuttavia questo tipo di sistema non è applicabile a tutte le colture. Infatti ci sono colture molto adatte, per le quali l’ombreggiature ha effetti positie sulle rese quantitative. Eè il caso del luppolo, fave, patate ed insalate.

Tuttavia sono applicabile anche alle colture di zucchine, cetrioli, avena, asparagi, piselli, segale, sedano e carote. Quindi in tantissime colture stanno trovando via via applicazione, da nord a sud. Un terreno quindi aumenta la sua resa non solo dal punto di vista agricolo, ma anche dal punto di vista della produzione di energia pulita.

Ma quanto costa un sistema di questo tipo?

I costi di investimento non son superiori a 800 €/kW per sistemi oltre 10 MW, quindi sono “verosimilmente realizzabili senza sostegno”. Le principali voci di costo per cui risultano importanti differenze sono le strutture di montaggio che a partire da 65 euro al kilowatt degli impianti a terra arrivano a 320-600 €/kW per sistemi a colture seminative a 130-220 €/kW per colture permanenti.

I costi per le strutture di montaggio partono da 65 euro al Kilowatt degli impianti a terra. Mentre arrivano a 320-600 €/kW per sistemi a culture seminative a 130-220 €/kW per colture permanenti.

Ci sono poi i costi relativi alla preparazione del sito e l’installazione, che da 150 €/kW di installazioni tradizionali arrivano fino a 300 €/kW per sistemi a colture seminative . E i moduli, che da 220 €/kW della tecnologia tradizionale raggiungono i 350 €/kW nel caso si considerino moduli bifacciali vetro-vetro, che permettono anche di limitare la riduzione dell’irraggiamento a terra, favorendo l’attività agricola.

 

 

I Paesi più ricchi al mondo dove trasferirsi per vivere meglio

Una buona qualità della vita non può essere disconnessa dalla ricchezza e con l’indice World Richest Countries 2022 sono stati delineati i Paesi più ricchi al mondo tenendo in considerazione i dati provenienti dalla Banca Mondiale. Ecco quali sono.

Paesi più ricchi del mondo: parametri utilizzati

Deve essere premesso che questa particolare classifica tiene in considerazione diversi parametri e in particolare il Pil pro-capite, questo dovrebbe denotare la capacità economica dei soggetti, ma si tratta comunque di una media, non è escluso che negli stessi paesi che ora andremo a vedere ci siano ampie fasce di povertà anche assoluta a causa di possibili disparità di una certa entità.

La classifica dei Paesi più ricchi del mondo: prime 10 posizioni

La prima brutta notizia che è necessario dare è che l’Italia non figura nelle prime posizioni di questa classifica, purtroppo la pandemia ha inciso in maniera profonda sull’economia italiana, a questo si è aggiunta la crisi in Ucraina che ha determinato un vistoso aumento dei prezzi.

D’altronde il Pil pro-capite dell’Italia non è mai stato particolarmente brillante. La prima cosa da notare è che le prime posizioni sono occupate da Paesi che sono considerati anche paradisi fiscali:

  • Monaco con pil pro-capite di $190.512
  • Liechtenstein $180.366;
  • Lussemburgo $115.873 ;
  • Svizzera $87.097;

Seguono gli altri Paesi più ricchi del mondo come:

  • Macao (piccola regione della Cina continentale a 60 km da Hong Kong) vanta un pil pro-capite di $86.117;
  • Irlanda $85.267;
  • Norvegia $67.389;
  • Stati Uniti $63.543;
  • Danimarca $61.063;
  • Singapore $59.797.

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Come si può notare si tratta soprattutto di piccoli Stati, tranne qualche eccezione e questo perché è più facile fornire servizi di qualità in piccole realtà. I primi quattro Paesi della classifica sono anche quelli in cui vi sono maggiori investimenti da parte di società che operano a livello globale come Amazon, Google e Apple e questo deriva dal fatto che avendo una fiscalità agevolata sono più facilmente meta di colossi che operano a livello mondiale.

Un’altra cosa da sottolineare è che comunque in quest’anno il pil pro-capite è diminuito nella maggior parte del Parsi, ad esempio l’Irlanda nel 2021 aveva registrato $102.390, mentre la Svizzera $93.520, per Singapore si può dire che vi sia un vero e proprio crollo, infatti passa da $97.057 a 59.797 $.