I gioielli Made in Italy sostenuti dal Mise

Si è appena svolto a Milano, presso la sede della Borsa a Palazzo Mezzanotte, il convegno voluto da Gabriele Aprea, presidente del Club degli Orafi nonché fondatore insieme alle sorelle Costanza e Maria Elena di Chantecler, gioielleria di Capri, “L’imperativo della crescita: modelli e risorse a confronto nel mondo dei gioielli”, in collaborazione con Finnat, banca fondata nel 1898.

Si è parlato non solo di fatturato, ma anche e soprattutto di innovazione e di futuro, che deve essere sempre più proiettato verso l’export, come ha ribadito anche Licia Mattioli, vicepresidente di Confindustria con delega all’internazionalizzazione.
Queste le sue parole: “Si può sempre migliorare, ma erano 20, forse 30 anni che l’Italia non riusciva a fare sistema. Grazie all’impegno del Mise, le imprese sentono di avere al loro fianco Ice, Sace, Simest e le ambasciate. I risultati dell’appoggio del Governo e delle Istituzioni si vedono: nel primo trimestre l’export ha raggiunto i 108 miliardi e per il 2017 si prevede di arrivare a 433, in ulteriore crescita rispetto al dato record del 2016, 417 miliardi”.

Altre tematiche sono state, prima di tutto, l’importanza della finanza come strumento, affrontato da Barbara Lunghi, head of Primary markets Italy di Borsa Italiana, oltre a Giulio Bastia, condirettore generale di banca Finnat e Maria Antonietta Pireddu di Ir Top Consulting. Per tutti, quotarsi in Borsa serve certamente ad avere risorse fresche, ma anche e soprattutto ad avere una certa disciplina e trasparenza indispensabili per farsi conoscere dai potenziali investitori esteri.

Per quanto riguarda gli investimenti, Massimo Carraro, ad di Morellato ha sottolineato l’importanza di investire “in una logica di multicanalità, non solo di e-commerce”, stesso pensiero di Riccardo Sciutto quando era direttore generale di Dodo.

Elena Zambon, presidente di Aidaf e del gruppo farmaceutico omonimo, ha invece voluto focalizzarsi sulle potenzialità delle imprese familiari, capaci non solo di trasmettere creatività e capacità produttiva, ma anche i valori, quelli della tradizione e dell’artigianalità che non vanno mai dimenticati.

Ivan Scalfarotto, in conclusione del convegno, ha confermato il sostegno del Governo: “Nel 2013 i fondi per il sostegno al Made in Italy erano 40 milioni, li abbiamo quintuplicati a 200. La gioielleria è parte integrante del sistema moda e in occasione della fashion week di Milano di settembre, fiere e istituzioni si presenteranno come una realtà che non ha uguali né rivali nel mondo e che è la seconda voce dell’export italiano e vale 80 miliardi di fatturato”.

Vera MORETTI

Industria 4.0: startup italiane in continuo aumento

Non solo food e fashion, il Made in Italy sa dire la sua anche nelle alte tecnologie e nei progetti di Industria 4.0.

Gli investimenti che riguardano Industry 4.0, infatti, in Italia sono aumentati sensibilmente nel 2016, raggiungendo 1,7 miliardi di euro, la maggior parte dei quali sono stati destinati alle imprese del territorio.

Il mercato è aumentato del 25% rispetto al 2015, e ovviamente le aspettative per l’anno in corso sono ancora più positive.
L’andamento del primo trimestre, infatti, registra un aumento del 30% e, se questo sarà il trend dei prossimi mesi, l’Italia tra due anni avrà addirittura raddoppiato gli investimenti.

Sono stati davvero fatti passi da gigante, se pensiamo che solo un anno fa ben 38 aziende su 100 non avevano idea di cosa significasse Industry 4.0, mentre ad oggi quasi un terzo delle imprese, ovvero il 28%, ha già avviato l’adozione di soluzioni, e la quota più importante degli investimenti riguarda le tecnologie IoT.
Molte imprese, inoltre, approfitteranno delle agevolazioni previste nel Piano Nazionale Industria 4.0, pensato ad hoc sia per favorire le imprese sia per promuovere questo settore, dalle enormi potenzialità.

Ma com’è la situazione a livello internazionale? Ebbene, nel periodo di tempo compreso tra il 2011 e il 2015, sono state finanziate 245 startup attive, per un totale di 2 miliardi di dollari.
La zona più prolifica, e ovviamente non c’è da stupirci, rimane ancora il Nord America, dove nasce il 55% delle nuove imprese e dove viene destinata la maggior parte (71%) degli investimenti totali, per una cifra che triplica agevolmente rispetto alle cifre ricevute dalle loro corrispondenti europee.

L’Italia per ora ospita 24 startup, che rappresenta il 30% del totale censito in Europa, anche se ricevono finanziamenti medi al di sotto della media continentale.

Vera MORETTI

Nautica Made in Italy tra le eccellenze dell’export

Gli Stati Uniti sono i primi estimatori e consumatori dei prodotti Belli e ben fatti italiani, denominazione che indica il Made in Italy di livello medio-alto, che rappresenta da sempre uno dei settori più floridi quando si tratta di export.

Tra questi, sicuramente merita un posto di spicco anche la nautica, le cui esportazioni portano a 1,9 miliardi, contro 1,5 miliardi degli Usa.
Cifre già esorbitanti, non c’è che dire, ma che possono aumentare e migliorare ulteriormente, poiché le potenzialità sono ancora enormi, considerando quegli stati federati in cui la nautica italiana è ad oggi meno presente. Facendo una stima approssimativa, di tratterebbe di altri 560 milioni, come ha confermato Luca Paolazzi, direttore del centro studi Confindustria, in occasione del convegno di Ucina-Satec sulla crescita del settore nautico.

Paolazzi è anche autore di “Esportare la Dolce Vita” pubblicazione che analizza scenari economici e di andamento del mercato e che ha preso in esame le possibilità di export negli Usa, considerando le eccellenze Made in Italy, di cui la nautica fa ovviamente parte.

Paolazzi ha dichiarato in proposito: “Si tratta di una vetrina perfetta di quelli che chiamiamo i ‘Belli e Ben fatti italiani’, cioè prodotti che uniscono estetica a funzionalità, tecnica e bellezza. E per la nautica questo è un ambiente ideale, perché rappresenta anche una vetrina per questi prodotti che troviamo dall’arredamento all’accessorio all’interno delle imbarcazioni. Abbiamo fatto una valutazione nei mercati avanzati, ne abbiamo considerati 31 cioè i principali. L’export italiano di prodotti Belli e Benfatti è di circa 60miliardi di euro, arriverà a 70miliardi e potrebbe crescere ancora di più verso i 77. I mercati emergenti rappresentano la sfida del domani ma sono 1/3 in termini di stazza rispetto a quelli avanzati, per cui è importante giocare su entrambe le tastiere usando esperienza e risorse che si raccolgono su mercati avanzati per puntare su questi paesi che hanno prospettive di più lungo periodo migliori”.

Vera MORETTI

Made in Italy alimentare resiste alla Brexit

A quanto pare, sembra che l’alimentare Made in Italy non soffrirà gli effetti della Brexit, o almeno non tanto quanto altri settori, come ha affermato anche Antonio Ferraioli, vice presidente di Federalimentare e presidente di La Doria durante la conferenza “Brexit nel negoziato: impatti su commercio, dogane e logistica tra Ue e Regno Unito” organizzata da Eunews a Roma.

La certezza di ciò dipende dal fatto che i beni alimentari sono quelli di prima necessità e, come tali, saranno sempre richiesti e, appunto, necessari per i consumatori, anche quelli inglesi. E anche in caso di rincari a causa di nuovi A dazi, ci rimetterebbero prima di tutto i beni di lusso.

Il settore alimentare genera un export pari a 2,8 miliardi di euro (dati 2016). Solo La Doria vanta un fatturato di 650 milioni di euro, con il Regno Unito che vale il 50% di questo turnover e per ora queste cifre non accennano a calare.

Ha dichiarato Ferraioli in proposito: “Lo scenario in cui abbiamo lavorato in questo anno è stato quello di mantenere i volumi, e ci siamo riusciti. Per noi adesso è business as usual”.
Ovviamente, quando Londra uscirà definitivamente dall’Ue, e la data di riferimento in questione diventa dunque il 29 marzo 2019, si potranno fare calcoli e stime differenti, e allora “non è escluso che ci possa essere un prolungamento dei negoziati se c’è l’accordo e un accordo transitorio se si intravede la possibilità”.

Vera MORETTI

L’export Made in Italy è in ottima salute

Il Made in Italy sembra godere di ottima salute, tanto che, da quest’anno e almeno fino al 2020, sembra che il suo export sia destinato a salire del 4%, invece dell’1,7% di media che si era registrato negli ultimi anni.
Queste cifre sono state presentate dal rapporto Italy Unchained sull’export elaborato da Sace e appena presentato nella sede della Borsa Italiana a Milano.

La percentuale in netto aumento sta a significare una sola cosa: non ci sono solo i mercati più affezionati ai prodotti italiani a trainare le esportazioni, ma anche quelli emergenti, che stanno quindi registrando exploit davvero sorprendenti.
Non solo, dunque, Nord America e la zona dell’Asia e del Pacifico, ma tutti i mercati sembrano rispondere positivamente al Made in Italy, nonostante gli ostacoli della Brexit, della politica scelta da Trump e delle guerre in Medio Oriente.

Andando più nel dettaglio, se la parte del leone è ancora quella degli Stati Uniti (+4,9%) e dell’Asia (+4,6%), con Cina, India e Indonesia in pole position, va bene anche l’Europa avanzata (+3,4% e una prospettiva di 41 miliardi da qui al 2020), e l’Europa emergente (+2,9%).

Più contenuti Medio Oriente, e Nord Africa (+2,1%), che comunque tengono nonostante le difficoltà geo-politiche, mentre un segnale di ripresa arriverà dall’America Latina, che torna in positivo dell’1,7% nel 2017, dopo una brusca frenata nel 2016 (-6%).
Meno bene l’Africa sub-sahariana, che invece andrà solo verso una lieve stabilizzazione (-0,4%), nonostante le isole felici di Ghana, Kenya e Senegal.

Secondo queste più che rosee previsioni, inoltre, a fine 2020 l’export italiano sfiorerà i 490 miliardi, con una progressione che prevede 433 miliardi nel 2017, 450 nel 2018 e 468 nel 2019.

Per quanto riguarda i settori nei quali è prevista una maggiore crescita, spicca la chimica, che registrerà il tasso di crescita più elevato (6,3% nel 2017 e 5,8 nel 2018-2020), poi la meccanica industriale, che anche nel nuovo quadriennio ripeterà le ottime performance registrate nel 2016, aumentando ulteriormente del 2,2%. I mezzi di trasporto registreranno un aumento del 5% nel 2017 e del 5,4% tra il 2018 e il 2020.

Vera MORETTI

A Torino, Roadshow per l’internazionalizzazione delle imprese

Si è appena svolta a Torino una tappa del Roadshow Italia per le imprese, con le PMI verso i mercati esteri, promosso dall’ICE, organizzata con Unione Industriale Torino, Regione Piemonte, il Centro Estero Internazionalizzazione Piemonte, la C.C.I.A.A. di Torino, Confartigianato Imprese Piemonte, Confartigianato Torino Città Metropolitana, CNA – Città Metropolitana di Torino.

L’evento era quasi interamente focalizzato sull’export italiano, considerando gli scenari internazionali senza però tralasciare le potenzialità del mercato nazionale.

Benedetto Della Vedova, sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha dichiarato in proposito: “Per un’impresa, oggi, la prospettiva di svilupparsi all’estero è una sfida e un’opportunità. Per molte è una scelta indispensabile per crescere, o per sopravvivere. È un percorso non sempre facile, su cui pesano scenari geopolitici ed economici spesso non prevedibili, come abbiamo visto in questi ultimi mesi. Ma si tratta certamente di un cammino possibile: le imprese possono affrontare con successo la competizione internazionale diversificando i mercati, trovando sinergie e utilizzando al meglio gli strumenti di sostegno che il sistema pubblico mette loro a disposizione. Rinnovo quindi alle imprese l’invito ad avvalersi sempre di più della Farnesina e della sua rete, sfruttando appieno la capacità di Ambasciate e Consolati di interpretare a 360 gradi i complessi scenari internazionali, ma anche di individuare le migliori opportunità di sviluppo all’estero per il nostro sistema produttivo”.

A questa importante tappa hanno partecipato oltre 200 aziende, che hanno potuto beneficiare di incontri individuali con i rappresentanti delle organizzazioni pubbliche e private, per valutare le opportunità di internazionalizzazione ed elaborare di conseguenza strategie di mercato che possano essere personalizzate.

Vera MORETTI

Halal Made in italy vince la terza edizione di Dr. Start-upper

Si chiamano Omar Vincenzo e Giorgio Agrifoglio ed hanno rispettivamente 24 e 23 anni e frequentano il primo anno del master in Economics and Finance dell’Università Cattolica di Milano ed hanno vinto il primo premio con l’idea di creare il portale Halal Made in Italy, che mette in comunicazione i produttori alimentari italiani con una comunità islamica che sta diventando sempre più numerosa.

I due ragazzi sono riusciti a realizzare il loro progetto grazie al premio Dr. Start-upper, indetto dall’Università Cattolica dal 2013, in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano, per dare opportunità concrete ai giovani più innovativi e creativi.

Omar e Giorgio hanno pensato di far entrare i produttori di carne, formaggi, e qualsiasi altro alimento in un mercato a loro precluso, anche a causa della mancata certificazione religiosa di qualità, che viene rilasciata da un ente internazionale.
Con questa idea, i due ragazzi hanno vinto 6 mesi di incubazione con Corefab.

Secondo posto, ma senza premio, per ICAST, la piattaforma B2B per la moda e il reclutamento di modelle e modelli che possa agevolare la ricerca da parte delle aziende che sono alla ricerca di modelle con determinate caratteristiche.

Terza posizione per Bret maps, la app per telefonini che permette ai cittadini di segnalare situazioni di pericolo idrogeologico attraverso foto che il cittadino può inviare in tempo reale all’amministrazione comunale.

Per partecipare a questa selezione, che ha riguardato 23 progetti molto validi, gli studenti, 30 in tutto, hanno frequentato un corso gratuito. I partecipanti erano in possesso di laurea magistrale, dottorandi e masteristi.

Vera MORETTI

Formaggi Made in Italy sempre più apprezzati all’estero

I formaggi Made in Italy vanno forte all’estero, ma non altrettanto si può dire quando si tratta del mercato nazionale.
Questo è il quadro presentato da Giuseppe Ambrosi, presidente riconfermato di Assolatte, durante l’assemblea che ne ha sancito la rielezione.

Se, grazie all’export, che a fine 2016 ha superato le 388mila tonnellate per un controvalore di 2,4 miliardi, e un incremento del 7%, la bilancia commerciale si è chiusa con un attivo di 867 milioni, è anche vero che tra i confini domestici l’industria lattiero casearia si sta dimostrando sofferente, sia a causa della stasi dei consumi, sia a causa del cambiamento, in alcuni casi radicale, delle abitudini alimentari delle famiglie, che sempre più spesso scelgono prodotti sostitutivi.

E proprio questa tendenza ha fatto scendere del 19,1% gli acquisti di formaggi, del 24,8% quelli di latte, del 15,4% quelli di yogurt, a vantaggio del consumo di prodotti di origine vegetale.

Ma, sebbene questo sia lo scenario attuale, negli ultimi tre mesi un campione di aziende ha mandato un segnale di controtendenza con una media del +4,9% di aumento dei fatturati. In particolare (+7,3%) per le piccole aziende, considerate più aggressive, flessibili e veloci nel rispondere alle variazioni di mercato e di acquisto.

Ha detto Ambrosi in proposito: “Però è presto per tirare un sospiro di sollievo perché la strada da percorrere è ancora lunga e difficile. Il gap tra l’Italia e gli altri Paesi si allarga in modo preoccupante. Occorre lavorare alle vere criticità del nostro Paese, prima tra tutte la scarsa competitività, che è all’origine di buona parte dei nostri problemi. Le inefficienze del sistema-Paese si trasformano in costi che solo le imprese italiane devono sostenere. Costi che ci fanno essere meno competitivi dei colleghi europei, che provocano inefficienze e portano alla chiusura delle imprese. Costi che, purtroppo, stimolano anche la delocalizzazione”.

Per quanto riguarda le esportazioni, invece, i formaggi italiani piacciono sempre di più, con la Francia primo acquirente mondiale (82.234 tonnellate, + 8%) ma molto bene sono andati anche i mercati di Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Cina, Giappone, Corea del Sud a cui si aggiungo performance interessanti nei Paesi Baltici e dell’Est Europa.

Tra le tipologie, i più apprezzati sono i formaggi freschi, dei quali si sono esportate ben 123 mila tonnellate, e tra questi ovviamente la mozzarella la fa da padrona, tanto da aver raggiunto le 84mila tonnellate con un aumento dell’11%, per un valore che supera i 392 milioni di euro.
Al secondo posto grana padano e parmigiano reggiano, con 89mila tonnellate (+4,1%) e 820 milioni di euro (+7%). Significativo anche il contributo del gorgonzola, che supera le 20mila tonnellate e i 119 milioni di euro.

Vera MORETTI

Saldo positivo per l’export Made in Italy nell’Area mediterranea

L’Ufficio Studi di Confartigianato ha reso noti i dati relativi all’export Made in Italy nell’Area Mediterranea, ed è emerso che l’Italia è attiva nei diciassette Paesi che ne fanno parte con 29,4 miliardi di euro di prodotti manifatturieri, rappresentativi del 7,4% dell’intero Made in Italy.
Da questi Paesi, inoltre, il Belpaese importa 15 miliardi di prodotti, per un saldo commerciale positivo di 14,4 miliardi.

Il flusso di export si concentra in particolare sui sei Paesi principali, dove avvengono ben l’81% di vendite: nel dettaglio la Turchia da sola assorbe quasi un terzo (32,2%) delle vendite (9,5 miliardi di euro), seguita all’Algeria con il 12,5% (3,7 miliardi), dall’Egitto con il 10,2% (3,0 miliardi), dalla Tunisia con il 9,4% (2,8 miliardi), da Israele con l’8,4% (2,5 miliardi) e dalla Croazia con l’8,3% (2,4 miliardi).
Per quanto riguarda la dinamica nel 2016 le esportazioni verso l’Area del Mediterraneo diminuiscono dell’1,2% in controtendenza rispetto al totale delle esportazioni manifatturiere che sono in crescita dell’1,2%.
I settori a maggior concentrazione di micro e piccole imprese assorbono quasi un quarto (23,5%) dell’export manifatturiero verso l’Area del Mediterraneo (6.907 milioni di euro) e in questi settori l’export sale dell’1,5%, in controtendenza rispetto al totale export manifatturiero.

Questo calo dell’export manifatturiero nell’Area del Mediterraneo dipende in primo luogo dalla riduzione pari a un quarto (-26,2%) dei prodotti da raffinazione del petrolio ma, se si considerano i risultati al netto di questi prodotti, allora l’export appare in crescita del 2,6%.

Considerando i Paesi principali dell’Area con esportazioni superiori ad un miliardo di euro nel 2016 risultano in crescita il Marocco con il 10,3%, l’Egitto con il 6,9% ed Israele con il 1,7%, mentre all’opposto il risultato peggiore è quello dell’Algeria con l’export in calo del 10,0%.
I settori di MPI in territorio positivo sono le Altre industrie manifatturiere, che comprendono soprattutto gioielleria, bigiotteria ed occhialeria, in salita del 5,7%, e Mobili (entrambi con il 7,6%), Alimentari (3,9%), Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature (2,4%) e Tessili (0,5%).

Vera MORETTI

La grappa Made in Italy alla conquista degli Usa

Non solo lo spumante, non solo il vino, ma anche la grappa sta per essere definitivamente lanciata sui mercati esteri per sbaragliare la concorrenza.
AssoDistil ha infatti appena annunciato e presentato l’avvio di un piano di promozione del’acquavite rigorosamente Made in Italy denominato semplicemente Hello Grappa, che verrà realizzato grazie ai fondi europei e all’impegno delle distillerie italiane, unite per raggiungere uno scopo ambizioso e comune.

Il progetto, presentato conformemente al regolamento per la promozione dei prodotti agricoli, prevede un investimento su base triennale di circa 1 milione di euro, e consiste in una serie di eventi dedicati al lancio dell’IG Grappa, al fine di far conoscere il distillato italiano soprattutto ai consumatori americani.

Cesare Mazzetti, presidente del Comitato Nazionale Acquaviti di AssoDistil, ha dichiarato: “La nostra strategia è quella di seguire la strada già tracciata dai grandi vini italiani, oggi amati in tutto il mondo. Siamo infatti convinti che la nostra acquavite, simbolo del made in Italy e gli altri spirits della nostra tradizione, per gusto, qualità e ricercatezza, nulla abbiano da invidiare a distillati e liquori di prestigio prodotti in altri Paesi”.

Vera MORETTI