Le retribuzioni italiane tra le peggiori in Europa

Il valore reale delle retribuzioni italiane continua a scendere ma poco possono fare i datori di lavoro.
Il colpevole principale, infatti, è il Fisco, sempre più “vorace” con gli stipendi dei cittadini e principale fautore della ulteriore crescita del cuneo fiscale.

Tutto ciò è stato illustrato nel Taxing Wages, rapporto annuale dedicato alla tassazione delle retribuzioni dall’Ocse.
Ciò che è emerso è che nel 2013 il cuneo fiscale in Italia è salito al 47,8%, contro una media del 35,9%

Le condizioni peggiori sono quelle relative ai lavoratori single, mentre sembra andare un po’ meglio per le famiglie medie, se monoreddito con due figli a carico, per le quali il cuneo fiscale si è fermato al 38,2%.
In termini relativi, però, per questo nucleo la situazione è addirittura peggiore: la differenza con la media dell’Ocse, infatti, è ben più profonda (26,4%) e solo quattro Paesi fanno peggio del nostro.

In ogni caso, la differenza di retribuzione è netta a tutti i livelli, poiché i lavoratori italiani sono tra i più penalizzati all’interno dei Paesi a economia matura.
Per fare un esempio, nella fascia più alta di reddito il cuneo fiscale sale al 53,2%, il terzo più alto in assoluto nei Paesi dell’Ocse.

Stessa situazione per le diverse tipologie familiari dei lavoratori: la famiglia con due figli e due redditi sconta un cuneo del 40,2% (contro una media del 28,3%), il single con due figli del 28,4% (contro una media del 17,2%).
La conseguenza è che, l’anno scorso, la retribuzione media italiana è scesa dello 0,1% in termini reali, calando al 19esimo posto della graduatoria generale in termini di potere d’acquisto.

Vera MORETTI

Pagamento automatico dei debiti per le imprese

Per ora si tratta di parole, pronunciate da Graziano Delrio, ma se dovessero essere attuate, si assisterebbe ad una svolta epocale per le imprese.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, infatti, ha affermato che l’esecutivo, oltre a sbloccare ulteriori 13 miliardi di crediti vantati dalle aziende nei confronti dello Stato, prevede l’introduzione di un sistema che consenta il pagamento automatico dei soldi dovuti dalle amministrazioni pubbliche ai fornitori.

Questo sistema garantirebbe il pagamento entro 60 giorni, come disposto dalla legge comunitaria, nei confronti della quale l’Italia rischia una serie di sanzioni in arrivo da Bruxelles, poiché il nostro Paese è il peggior pagatore dell’Ue.

E le banche? Secondo Delrio non hanno di che lamentarsi poiché “dispongono delle risorse per continuare a erogare tranquillamente credito a imprese e famiglie e, casomai, sarebbe opportuno domandarsi perché, in questi anni, in cui hanno ottenuto dalla Bce enorme liquidità, l’abbiano fatto con il contagocce“.

Vera MORETTI

Rinnovato protocollo tra RTI e Equitalia

La stretta collaborazione tra il mondo del commercio e quello dell’artigianato con Equitalia continua, con l’obiettivo di semplificare il rapporto tra fisco e imprese.
A tal fine, è stata rinnovata la convenzione tra Equitalia e le Confederazioni aderenti a Rete Imprese Italia (Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti).

Il protocollo che è stato sottoscritto fa intuire esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure, che possano permettere di attivare alcune convenzioni locali tra gli Agenti della riscossione e i rappresentanti regionali e provinciali delle Confederazioni, con l’obiettivo di rafforzare e consolidare il dialogo con il mondo imprenditoriale.

Le associazioni che aderiscono alle cinque Organizzazioni potranno utilizzare uno sportello web interattivo che consentirà loro, per conto degli associati, la presentazione di istanze e la richiesta di informazioni nell’ottica di rendere più agevole e rapido il rapporto.
Inoltre, ci sarà la possibilità di fissare appuntamenti presso gli sportelli Equitalia per esaminare con i funzionari argomenti di particolare complessità e pratiche di rateazione.

Prenderanno il via, inoltre, a breve, alcuni incontri periodici sul territorio e la sottoscrizione di protocolli locali per realizzare una maggiore interazione tra le Confederazioni ed Equitalia e porre le basi di una rafforzata assistenza nei confronti dei contribuenti.

Vera MORETTI

Car sharing nemico dell’industria automobilistica?

L’industria automobilistica deve fare i conti con un fenomeno che, soprattutto nelle grandi città, sta prendendo piede in maniera molto repentina.

Il car sharing, infatti, anche a causa della crisi che ha ridotto le possibilità economiche degli italiani, sta finalmente diventando una piacevole realtà, che permette non solo di dividere le spese, onerose, che una macchina comporta, ma anche di dimezzare la presenza di autovetture nelle strade cittadine e, di conseguenza, diminuire l’emissione di gas tossici e altamente inquinanti.

La città italiana dove questa tendenza è più diffusa e sentita è Milano, con circa 90.000 utenti e 1.500 autovetture.
Guardando i dati su scala europea la capitale dove il fenomeno è più diffuso è Berlino, seguita da Londra e Parigi.
Le peggiori performance sono quelle registrate a Roma e Madrid ma nella capitale italiana è partito il servizio Car2Go, che potrebbe aumentare notevolmente il numero degli utilizzatori.

Proprio il dilagare del car sharing rischia di mettere in crisi, secondo un’indagine condotta da AlixPartners, il mercato automobilistico.
Per questo, occorre che gli addetti ai lavori si decidano a studiare strategie efficaci per la produzione di automobili, che siano in grado di far coesistere l’auto privata e quella condivisa.

Dai dati si evince che nel mondo attualmente un milione di persone circa si sposta utilizzando il car sharing ma, dalle stime effettuate, questo dato potrebbe salire a 12 milioni entro il 2020.
Questo fenomeno causerà una ulteriore riduzione delle vendite nel settore automobilistico, già messo a dura prova dalla crisi economica degli ultimi anni, ma avrà ovvie ricadute positive dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Un altro fenomeno che si sta diffondendo soprattutto nei paesi del Nord Europa è quello del car pooling, che consiste nel condividere le spese di viaggio assieme ad altre persone, riducendo il costo del carburante e dei pedaggi autostradali pro-capite, ma anche l’inquinamento ambientale.
I siti migliori offrono la possibilità di selezionare i compagni di viaggio in base alle caratteristiche e danno la possibilità ai viaggiatori di esprimere un giudizio sui propri compagni di viaggio, che possono così costruirsi una reputazione positiva.

Vera MORETTI

Di Renzo: “Più tutele per partite Iva, la ripresa passa da loro”

Dopo aver ospitato le opinioni di Mauro Bussoni, segretario generale Confesercenti, e di Dario Di Vico, giornalista de Il Corriere della Sera, in merito ai dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di febbraio, resi noti dal Mef sul finire della scorsa settimana, oggi abbiamo incontrato la portavoce del CNAI (Coordinamento Nazionale Associazioni Imprenditori), Manola Di Renzo, per concludere questa nostra settimana dedicata al mondo dei partitivisti.

Dott.ssa Di Renzi, nei giorni scorsi il ministero dell’Economia ha reso noti i dati relativi alle nuove partite Iva aperte nel mese di febbraio (circa 51.000), come leggere questo dato?
E’ un valore significativo che si presta a molteplici osservazioni, una ad esempio, il numero ancora elevato di partite iva che vengono chiuse quotidianamente. All’apertura di nuove attività si oppongono anche tante cessazioni, e analizzando i dati, notiamo che le nuove aperture riguardano lavori inerenti le attività professionali. Mentre il numero delle partite iva sale di contro il numero delle assunzioni scende, quindi tanti disoccupati cercano di entrare nel mercato del lavoro autonomamente. Non possiamo parlare della nascita di nuove aziende, forse più della voglia dei giovani di “fare qualcosa”. Molti tentano ad aprire una partita iva, dicendola meglio, provano ad improntare un lavoro, però se ne osservassimo la vita media, vedremmo che una buona parte non supera il biennio. Con i mutamenti del mercato economico e l’aumento dell’offerta la partita si gioca sul piano delle competenze. Paradossalmente le partite iva aperte vent’anni fa sono ancora attive.

Il segretario generale della Confesercenti, Mauro Bussoni, ha sottolineato l’esigenza di una revisione fiscale per consentire almeno la sopravvivenza delle piccole e medie imprese…
Il CNAI concorda con la dichiarazione del segretario generale di Confesercenti. Ormai per il fisco non c’è più differenza tra piccola media impresa e grande impresa, o tra impresa artigiana e commerciale, tutte vengono considerate nelle stesso modo, tralasciando aspetti peculiari delle diverse aziende che ne determinano la capacità di fari fronte al pagamento delle imposte.

Quanto è lontana la ripresa economica?
La ripresa economica è direttamente legata alle manovre politiche, finché non vi sarà un progetto a medio-lungo termine con una visione ampia delle problematiche legate al mondo del lavoro, difficilmente usciremo dalla crisi. Tanti singoli decreti omnibus non orientano verso una strada da percorrere, piuttosto non fanno che aumentare la stratificazione normativa e la burocrazia, in altre parole nuovi costi.

A proposito di «manovre politiche», come giudicate il decreto lavoro?
Dalla lettura della bozza del decreto lavoro, ancora suscettibile di molteplici variazioni, intuiamo che si continua ad aggirare il problema principale, la flessibilità in uscita. Si continua a focalizzare l’attenzione sul contratto a tempo determinato, tuttavia la tipologia contrattuale che non si riesce a rilanciare è il tempo indeterminato. Le imprese hanno sempre meno lavoratori stabili e sempre più addetti a tempo, con la conseguenza di risorse sempre meno fidelizzate e sempre più prive di competenze. Altro contratto che non si riesce a far volare alto è l’apprendistato. Purtroppo il crollo è avvenuto da quando la formazione è passata in mano alle Regioni, fino ad arrivare alla situazione odierna, le aziende secondo una ricerca condotta dal nostro Centro Studi si dimostrano ancora interessate ad assumere con contratto di apprendistato, ma mettendo sul piatto della bilancia costi responsabilità e rischi, preferiscono rinunciarvi. Parliamo di costi della retribuzione, di responsabilità inerenti la formazione e di rischi perché in caso di ispezione, l’azienda è consapevole di potersi trovare nella situazione di dover restituire le agevolazioni.

Jacopo MARCHESANO

Fondato a Venezia CAMI, centro di ricerca automotive

Crisi o no, nel 2013 sono state prodotte 80 milioni di automobili, la cui produzione ha impiegato ben il 30% del totale degli occupati nel manifatturiero.

Per affrontare il tema complesso dell’innovazione nella mobilità e nell’industria automobilistica, il dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia ha appena fondato il centro di ricerca CAMI, Center for automotive and mobility innovation.

Anna Cabigiosu, ricercatrice, nonché direttore esecutivo di CAMI, ha presentato così il progetto: “Il Centro nasce come luogo di confronto tra studiosi interessati a testare ipotesi e teorie proprie di vari campi e applicarle al complesso mondo della mobilità e dell’auto”.

Ad oggi, a poco tempo dalla sua fondazione, il centro può contare sulla collaborazione di 11 ricercatori e un comitato scientifico che vanta studiosi di livello internazionale: Markus Becker della University of Southern Denmark, Arnaldo Camuffo della Bocconi, John Paul MacDuffie della University of Pennsylvania e Josh Whitford della Columbia University. Inoltre, i progetti in corso coinvolgono Ministero dello Sviluppo Economico, CNR-IRAT, Università Federico II di Napoli e il Program on Vehicle and Mobility Innovation della Wharton School.

Francesco Zirpoli, direttore scientifico di CAMI e prorettore alla Ricerca di Ca’ Foscari, ha dichiarato: “Nell’industria automobilistica gli investimenti in innovazione sono difficili da gestire perché ad alto rischio: alla complessità tecnologica del prodotto si affianca la risposta del mercato imprevedibile. Le case automobilistiche affrontano vincoli tecnologici, normativi, e organizzativi in uno scenario globale sempre più competitivo. Dal punto di vista della ricerca, si aprono nuove e affascinanti opportunità che spaziano dagli scenari evolutivi dell’industria automobilistica così come la conosciamo alla frontiera della mobilità sostenibile”.

L’attività di ricerca riguarderà tutta al catena del valore, dalle materie prime, alle attività di sviluppo prodotto e assemblaggio, alla distribuzione e marketing, alla finanza ed ai servizi, come le assicurazioni o il fleet management.

I risultati saranno disseminati grazie al sito web Virgo.unive.it/cami e alla collana Automotive Strategy and Organization di Edizioni Ca’ Foscari, che ha recentemente pubblicato Automotive in transition, primo volume della serie già disponibile online.

Vera MORETTI

eBay sbarca nella moda

La moda, da sempre regina dello shopping online, sbarca definitivamente anche su eBay.

In realtà non si tratta di un vero e proprio debutto, perché il settore fashion era stato al centro di alcuni test, rimasti finora casi sporadici.
Tra gli esempi più eclatanti, ricordiamo la Capsule Collection di Derek Liam, nel maggio 2010, seguita da altre collaborazioni con stilisti e designer che avevano dato vita alla eBay Holiday Collective nel 2012 e alla Valentine’s Collective nel 2013.

Ora, invece, il comparto fa il suo ingresso stabile ed ufficiale sul portale, partendo, ovviamente, dall’Italia.

Che questo passo fosse nell’aria, si sapeva, se non altro considerando i dati del fatturato 2013, e in particolare dell’ultimo trimestre: la moda ha fatto registrare 4,4 miliardi di dollari (3,1 miliardi di euro), pari a circa il 25% del turnover complessivo di tutte le categorie.

A spiegare questa importante novità è stato Claudio Raimondi, Head of Trading di eBay Italia, Francia e Spagna, che ha cofermato il ruolo chiave del Belpaese.

eBay, anche in questo caso, rimarrà il punto d’incontro tra domanda e offerta, e non venderà direttamente.
Il portale, leader mondiale per quanto riguarda lo shopping online, rappresenta per i venditori il partner ideale, perché è in grado di offrire tante opportunità di business e una garanzia di sicurezza e controllo per gli utenti.

Ha detto Raimondi a proposito: “Oggi con eBay Moda nasce un servizio in più per gli utenti italiani: la possibilità non solo di acquistare le cose di cui si ha bisogno o che si amano, ma l’opportunità di trovare in eBay.it una guida per lo shopping cool e accattivante, dotata di invitanti gallerie di immagini e box tematici costantemente aggiornati che esplorano il mondo della moda“.

eBay Moda, in Italia, segna la nascita di una nuova era, quella dell’Inspired Shopping, posizionando eBay come la destinazione online non solo per chi desidera fare acquisti, ma anche per chi è alla ricerca di ispirazione e intrattenimento.

Ha continuato Raimondi: “eBay Moda punta tutto sulla ricchezza e l’attualità dei contenuti offrendo costantemente agli utenti nuovi spunti per il proprio look. Si tratta di un radicale e progressivo cambiamento volto a posizionare eBay sia come partner ideale per i venditori, che come miglior luogo dove chiunque possa fare shopping, ispirarsi e informarsi, da qualsiasi dispositivo in tutta sicurezza. Su eBay.it, quindi dati relativi al territorio italiano, il Fashion è rappresentato dalla categoria Abbigliamento e Accessori, che ha raggiunto nel 2013 il terzo posto per numero di oggetti venduti, dopo il settore Tecnologia e quello dedicato alla Casa e all’Arredamento. Un risultato davvero notevole, basti pensare che nel 2013 è stato venduto un capo di abbigliamento ogni otto secondi e un paio di scarpe ogni 60 secondi“.

Vera MORETTI

Ripresa per l’industria automobilistica

Dopo un periodo molto critico, sembra che l’industria automobilistica si sia finalmente in ripresa.

Gli ultimi numeri presentati dalla VDMA, ovvero l’Associazione Tedesca dell’Industria Automobilistica, sono infatti positivi e riguardano la maggior parte dei Paesi, Europa Occidentale compresa, dove è stato registrato un aumento delle vendite del 5%, pari a 897.100 unità vendute.

Segnali negativi arrivano dai veicoli leggeri degli USA e dalla domanda di nuovi veicoli in Russia e India ma, in generale, c‘è da stare ottimisti, anche per quanto riguarda i costruttori tedeschi di macchine utensili, poiché oltre il 40% dei loro prodotti sono destinati a case automobilistiche e relativi fornitori.

Relativamente alla produzione di macchine utensili, che rimane comunque un settore di nicchia, c’è da sottolineare che il divario con la produzione di grande serie è sempre molto ampio.

Al comparto Markus Jurditsch, Direttore Generale della SWJ Engineering GmbH di Griesheim, ha voluto rivolgere un monito: “Gli attrezzisti dovrebbero sviluppare sistemi produttivi che offrano il massimo della flessibilità e che siano orientati all’approccio del pezzo unico“.

La flessibilità non riguarda solo la gamma di varianti. La parola chiave qui infatti è elettromobilità, tema che attualmente non giocherebbe ancora un ruolo così importante nella produzione, a causa del ridotto numero di esemplari in commercio.

Gli ultimi sviluppi mostrano la direzione verso cui devono orientarsi i costruttori di macchine utensili e di sistemi di automazione per poter soddisfare le esigenze dei propri clienti attivi nel settore automotive, ovvero, flessibilità, velocità ed efficienza.

Eberhard Abele, direttore dell’Istituto per la produzione, la tecnologia e le macchine utensili, ha spiegato: “Tutte le principali case automobilistiche e i loro fornitori hanno abbracciato da tempo il concetto di efficienza energetica, facendone ormai una priorità negli ordini di macchine e impianti“.
Il Prof. Abele sottolinea poi un altro problema: “Le competenze per i costi d’investimento e per quelli energetici sono spesso separate all’interno di un’azienda“ e ciò porta i responsabili per gli acquisti a cercare di spendere il meno possibile, mentre il gestore è interessato soprattutto a ridurre i costi di esercizio e quindi anche quelli energetici“.

Non passa giorno in cui non venga pubblicato qualcosa sull’argomento Industria 4.0. Ma che cosa significa concretamente per gli attrezzisti del settore automotive? I suoi sviluppi sono solo all’inizio ed esistono solo pochi esempi concreti, come ha detto Rainer Glatz, direttore del centro operativo Piattaforma Industria 4.0 e responsabile del settore informatica, software e automazione elettrica presso la VDMA : ”L’industria 4.0 avrà successo solo quando l’idea si tradurrà in azioni concrete e dimostrabili. Per le piccole e medie imprese è possibile creare stabilimenti dimostrativi, sotto forma di show room e punti d’incontro“.

I rappresentanti dell’industria affermano di volere soprattutto un collegamento tra impianti di produzione e sistemi di manutenzione remota, grazie a reti di produzione e software quali MES (Manufacturing Execution Systems) come sistema di gestione della produzione o banca dati della qualità.

Manfred Jurditsch vede nel collegamento a più livelli del processo produttivo, una vera e propria opportunità “per affrontare al meglio la sempre più crescente personalizzazione del prodotto, nell’ambito della produzione di grande serie“.

I progressi compiuti da alcuni costruttori di macchine utensili e utensili di precisione in ambito della truciolatura e dell’utilizzo di progetti per l’industria 4.0 verranno presentati a settembre, in occasione della AMB 2014 a Stoccarda, come annunciato dai responsabili del progetto Sengül Altuntas e Gunnar Mey.

Alla AMB 2014, programmata dal 16 al 20 settembre, sono attesi più di 90.000 visitatori del settore e circa 1.300 espositori pronti a presentare, su una superficie di 105.000 m² lordi, le principali innovazioni e sviluppi riguardanti la tecnica di truciolatura e l’industria degli utensili di precisione, ma anche i dispositivi di bloccaggio, CAD, CAM, CAE, software, rettificatrici, manipolazione pezzi e utensili, nonché metrologia. La AMB 2014 è appoggiata dalle associazioni promotrici VDMA, associazione di categoria dei produttori tedeschi di utensili di precisione e software e VDW, associazione tedesca dei costruttori di macchine utensili.

Vera MORETTI

2014 in calo per l’export Made in Italy

Brutte notizie per l’Italia dell’export.
L’Istat, infatti, ha reso noti i dati che riguardano le esportazioni riguardanti i prodotti italiani e, a quanto pare, le vendite fuori dalle mura nazionali sono calate, in un anno, dell’1,5%.

A tradire le aspettative sono stati soprattutto i Paesi emergenti, mentre ad impedire all’export Made in Italy una vera e propria debacle è stata l’Europa, anche se è stato impossibile tampinare del tutto l’emorragia.
A preoccupare sono i dati su base mensile, poiché su base annuale i dati sono ancora positivi, anche se per poco: si tratta di un misero +0,2%.

Anche per le importazioni sono stati registrati cali, con una diminuzione, tra dicembre e gennaio, dell’1,6%, ma che aumenta fino al 6,6% se si considera gennaio 2013.

La contrazione degli acquisti avvantaggia, però, la bilancia commerciale, in avanzo di 365 milioni e, di conseguenza, in deciso miglioramento rispetto al “rosso” di 1,8 miliardi del gennaio 2013.
Se a gennaio, su base mensile, il dato italiano dell’export rimane positivo è merito esclusivo delle vendite nell’Unione europea, cresciute del 2,6% in particolare grazie all’exploit in Germania (+3,2%).
Nei Paesi extra-europei, invece, il calo è stato del 2,7%.

Vera MORETTI

Reddito medio in calo dal 2007

La crisi, in atto ormai da qualche anno, ha colpito non solo le imprese, che in molti casi hanno dovuto chiudere i battenti, causa la mancanza di liquidità e la difficoltà sempre più concreta di accesso al credito, ma anche le famiglie medie e il loro reddito.

Se, infatti, si pensava che le problematiche del Paese non avessero permesso ai cittadini di incrementare i propri guadagni, la realtà è ben diversa, e purtroppo in peggio.

L’Ocse, nel rapporto annuale sugli indicatori sociali, ha infatti reso noto che il reddito annuale della famiglia media italiana è calato di 2.400 euro tra il 2007 e il 2012, più del doppio della media della zona euro, che si aggira intorno a 1.100 euro.

Il motivo di questo calo vertiginoso dipende soprattutto dal “deterioramento del mercato del lavoro,soprattutto per i giovani“.
Oltre alle difficoltà del lavoro per i giovani ad avere un impatto importante sulla vita delle persone è anche la “debole protezione per chi ha problemi lavorativi“: nel 2011, il 13,2% ha dichiarato di non potersi permettere di comprare cibo a sufficienza (contro il 9,5% nel 2007) e il 7,2% di aver rinunciato a far ricorso a delle cure mediche per motivi economici.

Vera MORETTI