Categoria: Pensioni
Tutte le notizie in ambito previdenziale dai contributi alle possibilità di pensionamento.
Assegno di incollocabilità: i nuovi importi riconosciuti dal mese di luglio
Buone notizie per chi percepisce l’assegno di incollocabilità Inail: è in vigore l’aumento degli importi. A darne comunicazione è stata l’Inail con la circolare n° 27 del 14 luglio 2022.
Assegno di incollocabilità: cos’è
L’Inail lo scorso 14 luglio con la circolare n° 27 ha reso noto che sono in vigore i nuovi importi corrisposti in favore dei soggetti che percepiscono l’assegno di incollocabilità. Tale assegno spetta, su domanda, a coloro che in seguito a malattia professionale o infortunio sul lavoro non possono fruire dell’assunzione obbligatoria. Questa misura di sostegno viene erogata a soggetti che, per il grado e la tipologia di invalidità non possono essere impiegati nel lavoro in quanto le condizioni di lavoro sono incompatibili con la loro salute oppure possono mettere a rischio la salute o la sicurezza dell’invalido o di chi lavora con lui. Le somme percepite non concorrrono a determinare redditi ai fini Irpef.
L’assegno di incollocabilità si riconosce agli invalidi di guerra, o invalidi per infortunio o malattia professionale che si trovano nell’impossibilità di fruire dell’assunzione obbligatoria. Per poterne fruire occorre il riconoscimento da parte della commissione Inail di un grado di invalidità non inferiore al 34%, in applicazione delle tabelle allegate al D.P.R. 1124 del 1965, per infortuni sul lavoro verificatesi o malattie professionali denunciate fino al 31 dicembre 2006.
Per gli infortuni verificatisi in seguito a tale data, per ottenere l’assegno di incollocabilità il grado di menomazione psico-fisica e danno biologico deve essere superiore al 20% con applicazione delle tabelle tabelle di cui al d.m. 12 luglio 2000.
Si può richiedere l’assegno di incollocabilità fino al compimento del 65° anno di età.
Variazione dell’assegno di incollocabilità Inail
La variazione degli importi applicata all’assegno di incollocabilità si calcola ogni anno, proprio come per le pensioni, in base all’indice dell’inflazione. Vi sono però delle differenze, infatti gli importi degli assegni pensionistici sono sottoposti a revisione in modo da riconoscere gli importi eventualmente maggiorati già nel mese di gennaio. La rivalutazione per le pensioni si effettua tenendo in considerazione l’inflazione registrata al terzo trimestre dell’anno antecedente, si parla anche di rivalutazione in base all’inflazione stimata.
Con l’assegno di incollocabilità invece l’adeguamento degli importi si applica tenendo in considerazione l’inflazione registrata nell’arco del biennio. In questo caso l’importo ha avuto un aumento dell’1,9% sulla base della variazione, registrata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenuta tra il 2020 e il 2021, pari all’1,9%.
Appare quindi evidente anche che la rivalutazione non viene calcolata sull’inflazione corrente che attualmente si attesta all’8%. Questo implica che le somme che percepiranno i beneficiari dell’assegno di incollocabilità non possono dirsi adeguate rispetto all’aumento del costo della vita che si sta registrando in questi mesi.
I nuovi importi dell’assegno di incollocabilità dal 1 luglio 2022
Fatta questa premessa, l’Inail nella circolare 27 del 14 luglio 2022 ha comunicato che il nuovo importo mensile percepito da coloro che hanno diritto all’assegno di incollocabilità è di euro 268,37. I nuovi importi, determinati con deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Inail del 10 maggio 2022 n.79, hanno ottenuto parere positivo da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Per dovere di cronaca si sottolinea che gli importi percepiti negli anni 2020 e 2021 erano di 263,37 euro mensili, quindi l’aumento è stato di 4 euro mensili.
Agricoltori, esonero contributi per due anni conservando la pensione
Esonero contributi per i lavoratori impiegati nel settore agricolo di due anni conservando la pensione. I giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i 40 anni di età, hanno 120 giorni dall’inizio dell’attività per richiedere l’esonero contributivo. A chiarirlo è una circolare dell’Inps che fissa i termini per gli sgravi contributivi a vantaggio degli agricoltori under 40.
Coltivatori diretti, qual è la scadenza per presentare domanda di sgravio contributi 2022?
La domanda degli sgravi contributivi per due anni degli agricoltori che non hanno ancora compiuto i 40 anni di età va inoltrata all’Inps. Il termine per la presentazione dell’istanza è fissato in 120 giorni a partire dalla data di inizio dell’attività. Al 31 luglio è fissata la prima scadenza di chi abbia incominciato l’attività agricola a decorrere dal 1° gennaio 2022. I termini di scadenza della domanda sono fissati dalla circolare dell’Inps numero 75 del 2022.
Agricoli, chi può presentare domanda di sgravio contributi?
La domanda di sgravio dei contributi può essere presentata dai lavoratori agricoli che non hanno compiuto ancora i 40 anni di età. In particolare:
- i coltivatori diretti, i coloni e i mezzadri;
- gli imprenditori agricoli professionali.
Contributi lavoratori agricoli: calcolo del reddito medio convenzionale giornaliero e dell’aliquota spettante
Il calcolo dei contributi spettanti si basa sul reddito convenzionale delle quattro fasce previste. Ciascuna delle fasce di reddito si determina mediante il prodotto del reddito medio convenzionale giornaliero con le giornate lavorative stabilite dalla legge. Il reddito convenzionale giornaliero è fissato per ciascun anno dal decreto. Per il 2022, tale reddito è stabilito in 60,26 euro. L’aliquota dei contributi da versare è pari al 24%: la percentuale include già il contributo addizionale pari al 2%.
Contributo addizionale per i versamenti Inps in agricoltura: come si determina?
Al risultato ottenuto dalla moltiplicazione del reddito medio convenzionale giornaliero con le giornate lavorative, moltiplicato per il 24%, va aggiunto anche il contributo addizionale di ciascuna giornata lavorativa annuale fino al limite delle 156 annuali. Per l’anno in corso, il contributo addizionale è fissato in 0,69 centesimi per ciascuna giornata lavorata. Infine, i lavoratori agricoli devono aggiungere anche 7,49 euro a titolo di contributo di maternità.
Lavoratori agricoli under 40, come non versare contributi per due anni?
Pertanto, l’esonero contributivo dei lavoratori agricoli consente di non versare i contributi previdenziali per due anni, ma mantenendo il lavoro svolto ai fini della futura pensione. Tale esonero è allargato anche ai propri familiari. Rientrano nel beneficio i lavoratori agricoli che non hanno ancora compiuto i 40 anni di età e che si sono iscritti per la prima volta all’Inps nel corso del 2022. Per beneficiare dello sgravio contributivo è necessario presentare domanda all’Inps entro 120 giorni dal data di comunicazione di inizio dell’attività. Considerando che la comunicazione dell’inizio dell’attività può essere presentata entro 90 giorni, il termine complessivo per la presentazione della domanda di sgravio contributi è fissato in 210 giorni.
Contributi Inail 2022: qual è l’importo da versare per i coltivatori diretti?
Oltre ai contributi previdenziali, i coltivatori diretti sono tenuti a versare anche i contributi Inail. Si tratta di contributi contro le malattie professionali e gli infortuni durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Per l’anno 2022 i contributi Inail annuali sono pari a:
- 768,50 euro per le zone normali;
- 532,18 euro per le zone montane e svantaggiate.
Contributi lavoratori agricoli: come e quando pagarli?
Per il pagamento dei contributi, gli agricoltori devono utilizzare il modello F 24 da presentare per le quattro scadenze corrispondenti alle rate da versare. La prima è fissata al 18 luglio 2022 perché il 16 luglio quest’anno capita di sabato; la seconda è il 16 settembre; la terza scadenza è fissata al 16 novembre; infine, l’ultima scadenza del 2022 è al 16 gennaio 2023.
Perché quota 102 e quota 100 hanno fatto flop: i numeri inequivocabili che non mentono
Tanto discussa, tanto criticata e alla fine interrotta, questo ciò che si può dire sulla quota 100. La misura che il governo giallo-verde di Giuseppe Conte, Matteo Salvini, e Luigi di Maio ha introdotto, è stata subito la misura più discussa negli ultimi decenni a livello previdenziale. Da primo gennaio 2022 la misura è stata cancellata è sostituita dalla quota 102. Più o meno il meccanismo identico, cambia solo l’età minima di uscita. Resta il fatto che la notizia del momento è che a conti fatti su entrambe le misure aleggia lo spettro del fallimento. Lo dicono le statistiche ed i numeri che come si dice sempre, non mentono mai.
Da quota 100 a quota 102, l’esito non è cambiato, le misure hanno fatto flop
Sono stati solo 450mila gli italiani che sono usciti dal lavoro e sono andati in pensione grazie alla quota 100. Queste sono le stime dei 3 anni di sperimentazione della misura tanto cara alla Lega e a Matteo Salvini che ne ha fatto un autentico cavallo di battaglia. Certo, nei prossimi mesi queste uscite cresceranno anche se è impossibile che crescano in maniera così esponenziale da far cambiare quel trend negativo che al momento la quota 100 ha dimostrato di avere. C’è sempre chi ha deciso di posticipare la quota 100 grazie alla cristallizzazione del diritto, ma non cambierà molto sul giudizio sull’esito della sperimentazione 2019-2021 per la misura. Pochi hanno preso la quota 100 a tal punto che c’è chi sostiene che tutti gli allarmismi sul disastro che avrebbe fatto sui conti pubblici questa misura, non si sono materializzati.
Pochi quotisti, ancora di meno quelli puri
Infatti fin dal suo varo, sulla quota 100 si è detto tutto e il contrario di tutto. Si è detto che costava troppo per le casse dello Stato, che mandava troppo presto in pensione le persone, che era una misura che penalizzava i giovani e futuri pensionati. Resta il fatto che 38 anni di contributi versati era un tetto che si è dimostrato evidentemente troppo elevato per consentire una diffusione a macchia d’olio di questa misura tra i neo pensionati. 38 anni di contributi versati sono effettivamente, soltanto 4 anni e 10 mesi meno della pensione anticipata ordinaria. E non è certo una soglia contributiva facile da raggiungere. Forse proprio per questo solo 450mila sono stati i pensionati che sono riusciti a completare i requisiti utili ad uscire già con la quota 100.
La quota 102 ancora peggio
Quanti contributi son o necessari per la pensione, la guida misura per misura
Nel sistema previdenziale italiano molto importanti per la pensione sono i contributi versati da un lavoratore. Infatti per andare in pensione non si può prescindere dal versamento dei contributi e pertanto chi non ha mai versato contributi o ne ha versati in misura insufficiente per le regole vigenti, non potrà mai andare in pensione. Naturalmente esistono scappatoie a questa evidente penalizzazione con cui possono avere a che fare le persone che non hanno avuto la fortuna di trovare un lavoro duraturo.
L’Inps e le sue misure assistenziali e non
Ci sono le misure assistenziali da parte dell’Inps, come l’assegno sociale. Oppure la pensione di vecchiaia a 71 anni, quando basteranno 5 anni di contributi versati. Detto ciò, è evidente che più si lavora più è facile andare in pensione. Questa è una regola generale del sistema, ma va sottolineato il fatto che ci sono diverse misure che prevedono diverse carriere, tutte differenti tra loro anche come durata.
La contribuzione è fondamentale per la pensione
Ad ogni misura previdenziale corrisponde una determinata dote di contribuzione. Tutto parte sempre dalla soglia minima di 20 anni di contributi versati. Infatti se è vero che l’età pensionabile canonica che l’intero sistema previdenziale prevede è a 67 anni, è altrettanto vero che i 20 anni di contributi sono la soglia minima di carriera che un lavoratore dovrebbe avere per poter accedere alla pensione di vecchiaia. La soglia dei 20 anni di contributi torna spesso nel sistema, perché è la stessa necessaria per esempio per accedere alla pensione anticipata contributiva, per quanti hanno iniziato a versare dopo l’ingresso della riforma Dini (1996). Ma 20 anni di contribuzione previdenziale versata possono essere anche troppi per delle deroghe presenti nel sistema anche se ormai praticamente in disuso. Infatti bastano 15 anni di contributi per tutte e tre le deroghe Amato, o per l’opzione Dini. Misure queste che si centrano sempre a 67 anni ma rispettando determinati requisiti previsti dall’Inps.
Carriera lunga? Pensione anticipata
Nettamente più lunghe le carriere che servono per poter accedere alla pensione anticipata. Infatti gli uomini necessitano di 42 anni 10 mesi di versamenti, mentre le donne si fermano a 41 anni 10 mesi. Questa è la pensione anticipata ordinaria che non prevede limiti d’età. Con 41 anni invece si può completare la carriera utile alla quota 41 per i precoci, misura però limitata come platea dei potenziali beneficiari. Infatti lo strumento è destinato soltanto a particolari tipologie di persone, disagiate come lavoro, salute, famiglia o reddito.
Opzione donna e usuranti, quali contributi servono e quanti ne servono per la pensione?
Altre due misure particolari siccome come requisiti che prevedono carriere piuttosto lunghe sono senza dubbio la pensione anticipata contributiva per le donne e l’Anticipo pensionistico a carico dello Stato. La prima è meglio conosciuta come opzione donna, misura che consente il pensionamento alle lavoratrici già a partire dai 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e da 59 anni di età per le lavoratrici autonome. E 35 anni è la dote necessaria anche per chi rientra nello scivolo per i lavoratori usuranti. In questo caso si può lasciare il lavoro già 61 anni 7 mesi di età. Fermo restando che oltre l’età e i contributi, occorre completare la quota 97,6.
Ape sociale e lavori gravosi, da 30 a 36 anni di versamenti
I lavori gravosi, ad esclusione degli edili e dei ceramisti, possono accedere all’Ape sociale. In questo caso servono 36 anni di contributi. Per i già citati edili e ceramisti la contribuzione versata deve essere pari ad almeno 32 anni. Invece, per invalidi, disoccupati o con invalidi a carico invece l’Ape sociale prevede la soglia dei 30 anni di contributi. Per l’Ape sociale l’età minima di uscita è a 63 anni.
A quali agevolazioni ha diritto il pensionato italiano
Agevolazioni per chi è in pensione in Italia
Le tasse possono essere scontate per i pensionati
I prestiti per il pensionato, a garanzia Inps e in piccole rate mensili
Anche i trasporti o i bollettini postali sono scontate
In attesa delle riforma delle pensioni cosa passa l’INPS per accelerare le uscite
Le pensioni anticipate restano una possibilità, oggi come ieri e come domani
Per i precoci uscita con meno anni di contribuzione
Pensione di vecchiaia a 67 anni ma non solo
Le misure in bilico per le pensioni
Da 36 a 32 anni di contributi per i lavori gravosi e le loro pensioni
Opzione donna al bivio tra scadenza, proroga e conferma definitiva
La quota 102 al canto del cigno
Gli altri scivoli da qui a fine 2022
Le deroghe ai requisiti ordinari
Pensione Quota 41 per tutti : come funziona e quanto costerebbe
In questo ultimo periodo si sta parlando molto della pensione Quota 41, ma di cosa si tratta nello specifico e come funziona? Ma, soprattutto quanto costerebbe applicare questa riforma? Scopriamolo nella nostra guida in merito.
Pensioni Quota 41: di cosa si tratta
Entro la fine di questo 2022, il sistema pensionistico potrebbe avere una nuova riforma.
In sostanza, al termine dell’ anno scadrà l’attuale meccanismo per il collocamento a riposo. Un tema cavalcato negli ultimi anni soprattutto dalla Lega che, dopo aver introdotto quando era al governo con i 5 Stelle, Quota 100 ora pensa a Quota 41. Ma di cosa si tratta? quali sono le caratteristiche?
Quota 41 non è altro che una forma di pensione anticipata, riservata attualmente solo ad alcune categorie di lavoratori svantaggiati. Nello specifico, questi possono andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica una volta maturati 41 anni di contributi, un requisito valido sia per donne che per uomini.
Nel caso degli uomini, dal momento che per loro il requisito contributivo per la pensione anticipata è di 42 anni e 10 mesi, partono non poco avvantaggiati; usufruendo di questa forma per il pensionamento anticipato, riescono ad andare in pensione quasi due anni prima. Nel caso delle donne invece lo sconto è di soli 10 mesi, poiché per loro la pensione anticipata si raggiunge alla maturazione di 41 anni e 10 mesi di contributi.
Quanto costerebbe Quota 41?
Possiamo dire che sul piano dei bilanci, vi è un bell’ostacolo, però, che al momento sembra essere difficile da sormontare: il costo. Stando alle stime, infatti, introdurre Quota 41 senza vincoli – consentendo a tutti di andare in pensione con 41 anni di contributi – avrebbe un costo, una volta a regime, di 12 miliardi di euro in più ogni anno.
Già oggi, va considerato che la spesa previdenziale costa 300 miliardi di euro l’anno, ovvero il 16,7% del Pil nazionale.
L’ Unione Europea chiede al paese di ridurre questa soglia che tuttavia con l’introduzione di Quota 41 per tutti aumenterebbe tanto da raggiungere il picco del 17,4% nel 2036.
Quota 41, cosa c’è ancora da sapere
Vediamo in ultimo, ma non ultimo, cos’ altro occorre sapere in merito alla Quota 41.
Con Quota 41 tutti coloro che hanno maturato 41 anni di contributi – indipendentemente se fanno parte o meno di una delle suddette categorie – potranno andare in pensione.
In questo caso Quota 41 prenderebbe il posto della pensione anticipata che per ovvi motivi cesserebbe di esistere.
Una ulteriore interpretazione, più restrittiva ma più fattibile almeno sul piano immediato, è quella per cui Quota 41 riguardi solamente i precoci. Per accedere a Quota 41, quindi, basterebbe essere un lavoratore precoce senza per forza far parte di una delle categorie svantaggiate elencate in precedenza.
Vediamo, in ultimo, chi può ricorrere alla Quota 41, stando ai fatti del momento.
Al momento, la pensione Quota 41 è riservata ai partecipanti delle seguenti categorie:
- disoccupati: a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
- caregiver: cioè chi assiste, al momento della richiesta o da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità.
- invalidi civili: percentuale pari almeno al 74%;
- dipendenti che abbiano almeno svolto sei anni all’interno degli ultimi sette attività lavorative usuranti e gravose;
- lavoratori dipendenti addetti alle attività usuranti o ai lavoratori notturni con almeno 64 notti lavorate l’anno.
Questo, dunque è quanto di più utile e necessario vi fosse da sapere in merito alla nuova riforma Quota 41 che potrebbe prendere piede entro la fine di questo 2022.
Congedo straordinario legge 104 e contributi figurativi: cosa si perde sulla pensione?
In questa rapida ma esaustiva guida faremo chiarezza sulle possibilità di perdita in termini economici di coloro che ricorrono al congedo straordinario, della legge 104, sulla propria pensione. Scopriamolo nei prossimi paragrafi.
Congedo straordinario 104: di cosa si tratta
Innanzitutto, è bene fare chiarezza sul punto cruciale di questa questione, ovvero cosa vuol dire il congedo straordinario, inerente alla legge 104.
In maniera molto essenziale, possiamo dire che il congedo straordinario è un periodo di assenza dal lavoro retribuito che viene concesso ai lavoratori dipendenti, i quali assistono familiari con disabilità grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Tutto ciò, per un massimo di 24 mesi indennizzato come se lo stesso periodo fosse stato lavorato.
Congedo straordinario: cosa c’è da sapere
Stando a quanto detto nel paragrafo precedente, va aggiunto che l’ assenza è coperta da contribuzione figurativa, con l’Inps che prende carico della spesa necessaria in modo che il congedo straordinario possa ritenersi valido ai fini della pensione.
Tutto ciò, però, non vuol dire che durante il congedo straordinario non ci sia alcuna perdita sulla pensione, anzi.
come è previsto per la retribuzione, in egual misura per il versamento della contribuzione figurativa vi è posto un limite oltre il quale non è possibile andare.
Congedo straordinario: i danni sulla pensione
Vediamo, dunque come e quando si rischia di perdere soldi sulla propria pensione, ricorrendo al congedo straordinario.
Come detto poco sopra, durante il periodo di fruizione del congedo straordinario per assistere familiare con handicap grave, il lavoratore ottiene il diritto alla copertura contributiva figurativa e proprio per questo motivo tale periodo è valido anche a livello pensionistico.
Di fatto, i contributi figurativi sono validi sia per raggiungere i requisiti di pensionamento ed anche per il calcolo dell’assegno pensionistico. Pertanto, il lavoratore, nella gran parte dei casi, sul versante pensionistico non perde nulla.
Ma troviamo in tal caso alcune considerazioni da fare, poiché ci sono comunque possibilità di ricevere una decurtazione sulla pensione futura a causa del congedo utilizzato.
Ciò accade anche se l’accredito di contributi figurativi non abbassa l’importo della pensione, poiché per il congedo straordinario è fissato un limite oltre il quale non è possibile andare.
Alcuni esempi sulla pensione
Per fare un esempio, se in un suddetto periodo spetta un’indennità pari al 100% della retribuzione totale, entro un certo tetto massimo appunto che nel 2022 è pari a 37.341 euro (102,30 euro al giorno).
In base a quanto riconosciuto va poi calcolata la contribuzione dovuta, che è pari al 33% della retribuzione globale. Su questa troviamo ugualmente un limite che non può essere superato.
Un limite rivisitato ogni anno, ad esempio dal primo gennaio 2022 la soglia massima di contributi figurativi riconoscibili ammonta a 12.322,53 euro annui.
Nei casi in cui il lavoratore abbia una retribuzione lorda inferiore all’importo visto poc’anzi, l’indennità annua sarà più bassa e in qualunque caso la sua copertura figurativa risulterà completa.
A tal punto, la contribuzione diviene penalizzante per la pensione solo in caso in cui la retribuzione lorda del lavoratore ecceda i 37 mila euro l’anno, poiché in tal caso l’indennità massima riconosciuta sarà sempre pari all’importo massimo di 37.341 euro, mentre i contributi figurativi non potranno comunque superare i 12.322,53 euro. L’eccedenza, invece, verrebbe persa.
Questo è, dunque, quanto di più utile ed essenziale da sapere in merito alla questione legata alle perdite possibili, sulla pensione, per chi usufruisce del congedo straordinario della legge 104.
Pensioni, come uscire prima con cumulo e ricongiunzione dei contributi?
Come si può andare in pensione prima procedendo con il cumulo o la ricongiunzione dei contributi? Alcuni casi aiutano a valutare i due istituti previdenziali per arrivare alla scelta migliore. Ad esempio, un lavoratore che abbia superato di qualche anno i 60 anni e che abbia maturato contributi presso più gestioni (25 anni da lavoratore dipendente, contributi presso la gestione ex Enpals e anche qualche mese alla Gestione separata dell’Inps), può valutare di unire i versamenti per arrivare prima alla pensione.
Ricongiunzione dei contributi ai fini della pensione, di cosa si tratta?
Ai fini della pensione, con la ricongiunzione dei contributi versati presso differenti gestioni previdenziali si permette di:
- accentrare i versamenti tutti in una delle gestioni presso la quale siano stati versati contributi;
- ottenere la pensione dalla gestione previdenziale prescelta;
- rateizzare e dedurre fiscalmente il costo dell’operazione che ammonta al 50% della differenza tra l’onere teorico di ricongiunzione e il totale dei contributi e degli interessi.
Pensioni anticipate, come procedere con il cumulo gratuito dei contributi?
Con il cumulo dei contributi versati, disciplinato dalla legge di Bilancio 2017, il lavoratore può unire i versamenti effettuati nella vita lavorativa presso più gestioni previdenziali, sia private che pubbliche. Il cumulo dei contributi si può richiedere per ottenere i seguenti trattamenti previdenziali:
- la pensione anticipata con i requisiti della riforma Fornero;
- le pensioni di vecchiaia;
- l’inabilità;
- le pensione dei superstiti.
Pensioni, quale è più conveniente tra cumulo dei contributi e ricongiunzione?
Quale scelta è più conveniente per i lavoratori prossimi alla pensione, il cumulo dei contributi o la ricongiunzione? In entrambi i casi, l’assegno delle pensioni saranno determinate dall’unione di almeno due gestioni previdenziali. In linea di massima, si può affermare che, pur non comportando degli oneri, il cumulo pensionistico produce minori vantaggi in termini di pensione rispetto alla ricongiunzione.
Come andare in pensione anticipata contributiva a 64 anni unendo i contributi?
Nel caso del lavoratore sopra descritto, se il contribuente proviene dal sistema previdenziale misto (quindi con una parte dei contributi versati entro il 31 dicembre 1995) si può pensare di andare in pensione anticipata a 64 anni di età. Tale possibilità vige nel caso in cui il lavoratore abbia almeno un contributo versato entro il 1996. Facendo il computo nella gestione separata e riunendo le varie gestioni previdenziali, il lavoratore può andare in pensione a 64 anni:
- se accetta il ricalcolo della pensione con il solo meccanismo previdenziale misto;
- rispettando uno dei requisiti legati all’assegno di pensione. Ovvero, l’importo del futuro trattamento previdenziale deve essere pari ad almeno 2,8 volte quello della pensione sociale. Per il 2022, dunque, tale importo è fissato in 1.310,68 euro.
Pensione anticipata contributiva, chi può andare uscire prima?
In ogni modo, se il lavoratore ha iniziato a versare i contributi in data successiva al 31 dicembre 1995, la possibilità di andare in pensione anticipata contributiva a 64 anni è sempre riconosciuta. Tuttavia, i contributi versati alla Gestione separata dell’Inps daranno diritto a una parte della pensione a decorrere dalla vecchiaia. Dunque, a decorrere dai 67 anni di età. Procedendo, invece, con il cumulo di tutte e tre le gestioni previdenziali presso le quali il lavoratore abbia versato i contributi, il richiedente potrebbe godere contemporaneamente di tutte e tre le quote di pensione.
Lavoratore con contributi in due gestioni previdenziali differenti: la possibilità di procedere con il cumulo o la ricongiunzione
Nel caso in cui un lavoratore, appartenente al sistema previdenziale misto, abbia contributi versati in due gestioni, si può pensare a quale convenga di più tra ricongiunzione e cumulo. Ad esempio, se un lavoratore ha iniziato a contribuire dal 1990 e per 20 anni ha versato contributi al fondo telefonici e successivamente come dipendente di un’impresa privata, le alternative sono due. La prima consisterebbe nel trasferire i contributi presso una sola delle due gestioni (ricongiunzione). Con tale istituto, la scelta del lavoratore non andrebbe a incidere con l’uscita anticipata, ma direttamente sull’assegno di pensione. La scelta sarebbe valida anche per accedere a specifiche formule di pensione che non sono consentite con il cumulo dei contributi.
Pensioni anticipate con il cumulo gratuito dei contributi: possibilità anche per i liberi professionisti
Con il cumulo dei contributi, invece, il lavoratore può ricongiungere gratuitamente i versamenti effettuati presso più gestioni. Il contribuente raggiungerebbe la pensione sulla base delle quote di assegno spettanti da ciascuna delle gestioni previdenziali. Peraltro il cumulo gratuito dei contributi è previsto anche per i liberi professionisti iscritti alle Casse previdenziali. Nel caso in cui il professionista abbia contributi versati anche da lavoratore dipendente, si possono unire i periodi di lavoro e di versamenti non coincidenti per arrivare prima:
- alla pensione di vecchiaia;
- a quella anticipata ordinaria con 42 anni e 10 mesi di contributi (per le donne 41 anni e 10 mesi).
Uscita da lavoro per i liberi professionisti con il cumulo dei contributi
Peraltro, per i contributi versati alla Cassa previdenziale è necessario che il libero professionista presti attenzione ai requisiti richiesti dalla gestione previdenziale stessa. Ad esempio, per la pensione di vecchiaia degli ingegneri iscritti a Inarcassa, il requisito da maturare è pari a 34 anni e sei mesi di contributi. Si tratta di un requisito ben più gravoso rispetto a quello previsto dall’Inps che per la pensione di vecchiaia richiede venti anni di contributi versati.
La ricongiunzione può essere richiesta per i lavoratori autonomi iscritti alle Casse previdenziali?
I liberi professionisti iscritti alle Casse previdenziali non possono richiedere la ricongiunzione dei contributi. Pertanto, chi volesse arrivare alla pensione mediante ricongiunzione onerosa dei contributi versati alle Casse previdenziali e alla gestione dell’Inps come lavoratore alle dipendenze, può semplicemente attendere l’età della vecchiaia per ottenere un supplemento di pensione.