I pensionati possono lavorare o riprendere la propria attività? Casi e limiti di cumulo di pensione

Si può lavorare dopo la pensione? La risposta è affermativa ma occorre prestare attenzione al cumulo tra redditi da pensione e redditi da lavoro, tra vincoli e divieti. Infatti, se da un lato chi matura i requisiti per andare in pensione non vi è obbligato ad andarci subito, dall’altro un pensionato può non rinunciare alla possibilità di continuare a svolgere un’attività lavorativa.

Pensioni e cumulo con redditi da lavoro, la regola generale

Una norma di riferimento, in tal senso, è il decreto legge numero 112 del 2008. Il provvedimento sancisce la totale cumulabilità delle pensioni di anzianità, di vecchiaia e anticipate ai redditi prodotti dal lavoro. Pertanto, è possibile cumulare l’assegno previdenziale mensile con redditi da lavoro senza incorrere in penalità o sanzioni. Ma occorre fare distinzioni sulla prestazione previdenziale di uscita: il cumulo per alcune misure è vincolato a determinate condizioni.

Si può lavorare con la pensione di vecchiaia o anticipata?

Se il contribuente percepisce la pensione di vecchiaia o quella anticipata può cumulare il suo reddito previdenziale con quello di un eventuale lavoro. La totale cumulabilità dei due redditi è confermata dal decreto legge 112 del 2008 che permette, dal 1° gennaio 2009, la possibilità di svolgere un’attività lavorativa anche da pensionato. Questo vale sia per i lavoratori provenienti dal sistema retributivo o misto, che per i lavoratori del contributivo puro, ovvero i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996.

Chi percepisce un assegno ordinario di invalidità può lavorare?

I contribuenti che percepiscono un assegno ordinario di invalidità possono lavorare ma con dei limiti consistenti in tetti di reddito. Nello specifico, sono previste delle decurtazioni dell’assegno ordinario di invalidità per le seguenti misure:

  • taglio del 25% se il reddito complessivo (da lavoro e invalidità) superi di 4 volte il trattamento minimo dell’Inps;
  • decurtazione del 50% se il reddito complessivo risulta di 5 volte superiore al trattamento minimo dell’Inps.

Ulteriore trattenuta per chi percepisce l’invalidità e lavora

Per i percettori dell’assegno ordinario di invalidità è prevista un’ulteriore decurtazione nel caso in cui svolgano un’attività lavorativa. Infatti, nel caso in cui l’assegno di invalidità sia superiore al trattamento minimo dell’Inps (per il 2021 pari a 515,58 euro per tredici mensilità), la parte che eccede il trattamento minimo può subire un ulteriore taglio per anzianità contributiva inferiore ai 40 anni del:

  • 50% della parte eccedente il trattamento minimo per lavoro subordinato;
  • 30% della quota eccedente il minimo per attività di lavoro autonoma.

Pensione di inabilità e possibilità di lavorare

Diversa dall’assegno ordinario di invalidità è la pensione di inabilità. La prestazione viene elargita solo nell’impossibilità accertata di svolgere un’attività lavorativa. Per questa ragione, lo svolgimento di un’attività lavorativa, sia alle dipendenze che in maniera autonoma, è incompatibile (e dunque non cumulabile) con l’assegno stesso di inabilità.

Si può lavorare con la pensione di reversibilità?

Lo svolgimento di un’attività lavorativa è parzialmente compatibile con il beneficio della pensione di reversibilità. Infatti sono previsti vincoli reddituali con taglio dell’assegno in caso di lavoro. Nel dettaglio, la decurtazione è del:

  • 25% dell’importo della pensione di reversibilità per un reddito complessivo tra tre e quattro volte l’importo minimo dell’Inps;
  • 40% per reddito complessivo oltre le 4 volte il trattamento minimo Inps;
  • 50% per reddito superiore di cinque volte.

Chi va in pensione con opzione donna può continuare a lavorare?

La risposta è positiva e il reddito da pensione ottenuto con la misura dell’opzione donna ed eventuali redditi da lavoro sono pienamente cumulabili. La ragione risiede nel fatto che le lavoratrici che scelgono l’opzione donna, accettano la decurtazione della pensione dettata dal ricalcolo dei contributi con il metodo contributivo. Ricadendo, quindi, nel contributivo, la pensionata con opzione donna può lavorare e i redditi dell’attività lavorativa sono cumulabili al 100% come per le pensioni di vecchiaia, anzianità e anticipata.

Pensioni, con quota 100 si può lavorare?

Chi è andato in pensione o ci andrà maturando i requisiti entro il 31 dicembre 2021 è soggetto a limiti importanti sulla possibilità di continuare a lavorare. Infatti, non è ammessa la cumulabilità del reddito da pensione con un’attività lavorativa alle dipendenze o autonoma. L’unico concessione è rappresentata dalla possibilità di svolgimento di un’attività meramente occasionale per un reddito annuo lordo complessivo di 5 mila euro.

Si può lavorare dopo la pensione? È possibile chiedere il riscatto dei relativi contributi con il supplemento

Ultima situazione in merito al cumulo dei redditi di pensione e quelli da lavoro riguarda l’utilità dei contributi versati dopo la pensione. In questo caso, per i contributi aggiuntivi rispetto a quelli rientranti nel montante necessario per andare in pensione, si può richiedere all’Inps il supplemento di pensione. L’Istituto previdenziale procede con il ricalcolo dei contributi aggiuntivi dopo cinque anni dalla prima rata di pensione, andando quindi ad aggiornare e aumentare l’importo della pensione stessa.

Richiesta del supplemento di pensione

La domanda di supplemento di pensione va presentata direttamente all’Inps che procederà con il ricalcolo della prestazione previdenziale. La richiesta può essere fatta ogni cinque anni, e la prima nello stesso termine dall’uscita da lavoro. Fa eccezione il caso in cui il pensionato sia uscito da lavoro con la vecchiaia (a 67 anni di età) con richiesta anticipabile dopo due anni e successiva dopo cinque. La richiesta anticipata di due anni può essere presentata anche dopo la prima richiesta decorsi cinque anni dalla pensione.

 

Come calcolare la pensione netta e accesso al trattamento?

Oggi andremo ad addentrarci nell’annoso mondo pensionistico, spiegandovi come è possibile calcolare la pensione netta e rispettivamente la decorrenza del trattamento.

Pensione netta, di cosa si tratta

Ovviamente quando si parla di pensione netta si fa riferimento all’importo netto della pensione che spetta al contribuente. Ovvero, quella somma a cui sono detratte le tassazioni, che invece comprendono il totale lordo della somma.

La pensione è soggetta ad una tassazione IRPEF. Questo sta a significare che nel cedolino troveremo sia il suo importo lordo sia il suo importo netto pagato dall’INPS che, in qualità di sostituto di imposta, effettua una ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, al medesimo modo che fa il datore di lavoro sulla busta paga con lo stipendio del dipendente.

A questa detrazione tassativa, va però aggiunta anche la decorrenza, variabile in base al trattamento adottato per il pensionamento.

Scopriamo nei prossimi paragrafi come calcolare la pensione netta e la decorrenza.

Come calcolare la pensione netta

Dunque, venendo al nocciolo della questione, va precisato che l’IRPEF è dovuto per tutte le prestazioni previdenziali, dirette ed indirette, ad esclusione delle prestazioni assistenziali come le pensioni sociali, gli assegni sociali e le prestazioni agli invalidi civili, ciechi e sordomuti, che sono esentasse. Va inoltre ricordato che attualmente l’IRPEF si calcola applicando diverse aliquote alle differenti fasce di reddito annue, ovvero le seguenti:

  • fino a 15mila euro, l’aliquota è pari al 23%;
  • oltre 15mila e fino a 28mila euro, è pari al 27%;
  • oltre 28mila e fino a 55mila, ammonta al 38%;
  • oltre 55mila e fino a 75mila, è pari al 41%;
  • oltre 75mila è pari al 43%.

Dunque, per poter calcolare la pensione netta, oltre alle imposte, è necessario applicare all’importo lordo delle specifiche detrazioni di imposta.

Queste detrazioni, diversamente all’IRPEF, variano rispetto a quelle previste per i redditi dal lavoro dipendente. Nello specifico, per i pensionati con reddito inferiore ai 55mila euro annui spetta una detrazione per aver percepito redditi di pensione. Infatti, fin dal 2017 le detrazioni sono state incrementate per le pensioni fino alla somma di 8mila euro, con l’obiettivo di allineare la no tax area per tutti i pensionati, indipendentemente dall’età anagrafica.

Quindi, accade quanto segue:

  • in caso di reddito previdenziale non superiore a 8mila euro, la detrazione va ad ammontare a 1.880 euro (supera l’imposta dovuta, quindi ci si trova nella cosiddetta no tax area);
  • in casi di redditi tra 8mila e 15mila euro si applica la seguente formula: 1.297 + [583 × (15.000 – reddito complessivo) / 7.000];
  • mentre nei casi di redditi tra 15mila e 55mila euro si va ad applicare la formula seguente: 1.297 × [(55.000 – reddito complessivo) / 40.000].

Va, in fine, aggiunto che la detrazione che spetta dovrà essere rapportata ai giorni in cui spetta il diritto alla pensione nell’anno e non può essere cumulabile con le altre detrazioni sui redditi.

Pensione e accesso,come cambia

Andiamo a vedere, invece nello specifico i vari casi in cui cambia la decorrenza della pensione

  • per chi possiede il requisito per la pensione di vecchiaia a 67 anni;
  • con la pensione anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi versati per gli uomini, 41 anni e un mese per le donne (non applica gli scatti legati alle aspettative di vita);
  • fino a fine 2021 con l’ applicazione della Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi);
  • con l’Opzione Donna che richiede 35 anni di contributi con 58 anni di età se dipendenti, 59 se autonome, accettando un assegno calcolato con il solo metodo contributivo;
  • senza vincoli di età con la Quota 41, qualora si è lavoratori precoci appartenenti a categorie protette;
  • con l’APE sociale se appartenenti a determinate categorie tutelate, con almeno 62 anni di età e 30 o 36 anni di contributi a seconda della tipologia di lavoro svolto;
  • con Quota 97,6 (35 anni di contributi e 61 anni e sette mesi di età) per gli addetti alle mansioni usuranti.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario ed utile da sapere in merito all’ argomento sul calcolo della pensione netta e sulle possibili decorrenze pensionistiche.

Riscatto laurea agevolato: domanda contestuale alla pensione con opzione donna

Oggi andremo a scandagliare un’opzione di pensionamento su cui sapere qualcosa in più. Il riscatto laurea agevolato, cosa vuol dire e come fare la domanda contestuale per la pensione con opzione donna? A queste ed altre domande cercheremo di dare risposta.

Riscatto laurea agevolato, cosa vuol dire

Dunque, partiamo col dire subito che il riscatto della laurea agevolato permette di raggiungere la pensione riscattando gli anni di studio universitario a fini contributivi. Lo stesso discorso vale per chi voglia accedere alla Quota 100, ovvero quella misura che permette di andare in pensione anticipata con 62 anni di età e 38 di contributi.

Quindi, in pratica stiamo parlando di una sorta di indennizzo, di reintegro, per coloro che hanno speso una bella fetta del proprio tempo, nei migliori anni della propria vita, per laurearsi prima di poter accedere al lavoro, al fine di riscattare quegli anni per il proprio pensionamento.

Pensione opzione donna, di cosa si tratta

Opzione Donna non è altro che una modalità di pensionamento anticipato che la Legge di Bilancio 2021 ha esteso alle lavoratrici che abbiano maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2020, indipendentemente dal momento della decorrenza della pensione, la quale dovrà comunque avvenire successivamente a tale data.

In sostanza definitiva, dunque, l’opzione donna è un meccanismo che consente alle lavoratrici (ovviamente di sesso femminile) di anticipare la propria uscita dal lavoro, andando in pensione già al compimento di 58 o 59 anni di età, a seconda che si tratti di lavoratrici subordinate o autonome.

Riscatto laurea e domanda contestuale alla pensione, come funziona

Partiamo subito col dire che il riscatto agevolato della laurea,  qualora venisse richiesto prima della pensione, impedirebbe l’accesso alla pensione con opzione donna.

Questo è il motivo per cui chi vuole accedere alla pensione con il regime sperimentale col riscatto laurea dovrà richiedere il riscatto contestualmente alla domanda di pensione.

Dunque, il riscatto agevolato della laurea, laddove gli anni di studio si collochino anteriormente al 1996, va a richiedere la scelta dell’opzione contributiva della pensione, che per molti è una scelta penalizzante ma non per chi utilizza opzione donna datosi che anche in questo caso l’assegno è calcolato interamente con il sistema contributivo.

Il tutto, però, presenta una importante differenza: ovvero che l’opzione contributiva va a spostare fisicamente tutti i contributi presenti nel sistema contributivo. Mentre, l’opzione donna, non è considerata una pensione contributiva visto che, pur prevedendo un ricalcolo contributivo, lascia i contributi nel sistema misto.

Tutto ciò permette alle lavoratrici che scelgono il regime sperimentale di ricevere l’integrazione al trattamento minimo, non riconosciuta, invece, a chi ha una pensione contributiva.

Ciò che dunque è determinante per chi ha necessità di raggiungere i 35 anni di contributi necessari all’accesso al regime sperimentale, è richiedere o il riscatto laurea agevolato contestualmente alla domanda di pensione opzione donna. Nell’ eventualità di caso contrario non sarà più possibile, poi, veder accolta la propria domanda di pensione.

Dunque, questo è quanto vi fosse di più necessario ed indispensabile da sapere e approfondire in merito alla questione del riscatto laurea agevolato e conseguente domanda contestuale di pensionamento per l’opzione donna.

Pensione integrativa: firmato accordo col Fondo Perseo Sirio, dipendenti pubblici iscritti anche con il silenzio assenso

Previdenza complementare con silenzio assenso per i dipendenti della pubblico impiego assunti dopo il 1° gennaio. È stato firmato nella giornata del 16 settembre 2021 l’accordo per l’adesione al fondo Perseo Sirio a favore dei dipendenti della Pubblica amministrazione. L’intesa permette ai neoassunti a tempo indeterminato a partire dal 2019 di poter beneficiare dell’adesione alla previdenza complementare. Sono esclusi dalla possibilità di adesione al fondo i dipendenti che abbiano beneficiato di progressioni di carriera o che continuino a mantenere il previgente regime di Trattamento di fine servizio.

Pubblica amministrazione, chi può aderire alla previdenza complementare Perseo Sirio

L’accordo definisce la regolamentazione riguardante le modalità di espressione delle volontà di adesione al fondo di previdenza complementare Perseo Sirio. In tutto, solo nel 2019, i nuovi assunti sono stati circa 64 mila. Si tratta di personale immesso a partire dal 2 gennaio 2019. Oltre all’assunzione, per aderire al fondo, è necessario che l’amministrazione pubblica per la quale si lavora abbia aderito al fondo stesso. Si tratta del personale delle Regioni, degli enti locali, del Servizio sanitario nazionale, dei ministeri, della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle Agenzie fiscali, degli Enti pubblici non economici, delle Università e Ricerca, del Cnel e dell’Enac.

Chi rimane escluso dal fondo pensione Perseo Sirio

Rimane escluso dall’adesione al Fondo Perseo Sirio chi:

  • ha beneficiato di progressioni di carriera;
  • il personale che continua a mantenere il regime di Trattamento di fine servizio (Tfs) per la continuità del rapporto previdenziale;
  • chi è già iscritto al fondo per precedenti rapporti di lavoro.

Dipendenti del pubblico impiego, come si aderisce al fondo Perseo Sirio

Per aderire al Fondo Perseo Sirio, i dipendenti del pubblico impiego hanno due modalità. La prima consiste manifestando esplicitamente la volontà di adesione, anche attraverso il sito web, nelle forme e con le modalità consuete. La parte innovativa dell’accordo sottoscritta nella giornata del 16 settembre 2021 riguarda il silenzio assenso. Pertanto, all’atto dell’assunzione, il lavoratore riceve l’informativa dall’amministrazione sulle modalità di adesione. Nell’informativa, che deve essere menzionata nel contratto individuale, deve essere presente il riferimento al silenzio assenso.

Sito internet per aderire al Fondo Perseo Sirio

Il link per l’iscrizione al fondo è presente nell’informativa. Sul portale è possibile consultare le informazioni previste dai regolamenti Covip e accedere alla modulistica per aderire volontariamente. Inoltre, le amministrazioni devono rendere disponibili i moduli per la “non adesione”. Nei sei mesi successivi all’assunzione, se il dipendente pubblico non ha manifestato alcuna volontà (e non ha ancora firmato nemmeno il modulo della “non adesione”), viene iscritto automaticamente al Fondo a decorrere dal primo giorno del mese susseguente alla scadenza dei sei mesi di tempo.

L’adesione con silenzio assenso al fondo di pensione integrativa

Le amministrazioni, trascorsi i sei mesi dall’assunzione, entro il giorno 10 del mese successivo, comunicano al fondo i nominativi dei lavoratori iscritti con la modalità silenzio assenso, ovvero i dipendenti che non abbiano fatto adesione volontaria e non abbiano espresso la propria “non adesione” tramite gli appositi moduli. Entro 30 giorni dalla comunicazione ricevuta dall’amministrazione, il Fondo comunica al dipendente l’adesione mediante silenzio assenso. Nella comunicazione, il fondo specifica:

  • l’avvenuta adesione e la relativa data di decorrenza dell’iscrizione;
  • i flussi finanziari attivati e quelli attivabili;
  • il comparto destinatario del flusso di finanziamento al quale il lavoratore ha aderito col silenzio assenso;
  • la documentazione contenente il Regolamento Covip;
  • le modalità di recesso.

Recesso dei dipendenti pubblici dal Fondo di pensione complementare

I dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al Fondo Perseo Sirio con il silenzio assenso hanno 30 giorni di tempo dalla comunicazione di adesione per esercitare il diritto di recesso. Infatti, entro il giorno 10 del mese dalla comunicazione di adesione, il fondo invia alle amministrazione i nominativi dei dipendenti che hanno esercitato il diritto di recesso nel mese precedente. Il recesso è indispensabile per non attivare i flussi finanziari relativi al fondo di pensione complementare.

Pubblica amministrazione, adesione con silenzio assenso al fondo pensione integrativa

Per i dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al fondo pensione con il silenzio assenso e non hanno esercitato diritto di recesso nei termini stabiliti – ovvero entro un mese dall’avvenuta iscrizione – l’amministrazione di appartenenza inizierà a versare i contributi datoriali e il contributo a carico del lavoratore entro il secondo mese susseguente di comunicazione dell’adesione. Dall’attivazione del flusso dei contributi, l’amministrazione di appartenenza attiva le comunicazione all’ente previdenziale Inps.

Esempio di lavoratore assunto nella Pa e adesione al fondo previdenziale complementare

Un lavoratore assunto in una pubblica amministrazione il 1° dicembre 2021, ad esempio, nello stesso giorno riceve informativa del Fondo Perseo Sirio. Il 31 maggio 2022 scadono i sei mesi decorsi i quali, in caso di silenzio e di mancata domanda di “non adesione”, il lavoratore risulta iscritto. L’iscrizione al fondo, dunque, avrà luogo il giorno 1° giugno 2022. Entro il 10 luglio 2022 il fondo invia comunicazione all’amministrazione degli iscritti con silenzio assenso. Il lavoratore ha tempo fino al 9 agosto 2022 per esercitare il diritto di recesso. Il 10 settembre successivo il fondo comunica all’amministrazione l’elenco degli iscritti “consolidati”. Infine, entro il 30 novembre l’amministrazione attiva il flusso contributivo e le comunicazioni all’Inps.

 

Lavoro dopo pensione: i contributi versati a cosa servono?

I contributi che vengono versati alla cassa pensionistica successivamente alla decorrenza della pensione possono essere sommati alla pensione già liquidata. Questo meccanismo si chiama “supplemento” e viene riconosciuto a chi già prende già la pensione e riprenda a lavorare e a versare contributi verso lo stesso ente previdenziale che ha dato origine alla propria pensione. Tuttavia, il ricalcolo della pensione con l’aggiunta dei nuovi contributi avviene dopo che siano trascorsi 5 anni dalla decorrenza della pensione stessa. In alcuni casi, è possibile abbreviare il ricalcolo al trascorrere dei due anni.

Pensione: come aumenta l’assegno mensile con il supplemento

Il vantaggio del meccanismo del supplemento è quello che i contributi vanno a sommarsi a quelli già versati prima della decorrenza della pensione determinando un aumento dell’assegno mensile. In tal senso il supplemento si configura come incremento della pensione liquidata. È tuttavia necessario che l’interessato presenti domanda per includere la contribuzione relativa ai periodi lavorativi successivi alla pensione. Inoltre, i contributi successivi alla decorrenza del primo supplemento danno il via alla possibilità di richiedere, dopo 5 anni di ulteriori contributi, un nuovo e ulteriore supplemento.

I requisiti per richiedere il supplemento di pensione

La prima condizione per la richiesta del supplemento di pensione è che siano trascorsi 5 anni dalla decorrenza della pensione stessa. Tuttavia, la domanda si può presentare, una sola volta, dopo due anni dalla decorrenza della pensione. La legge richiede come requisito che sia stata compiuta, nel caso di richiesta anticipata, l’età della pensione di vecchiaia attualmente fissata a 67 anni. La domanda di ricalcolo e inclusione dei contributi dopo due anni può avvenire anche successivamente al primo supplemento richiesto dopo 5 anni. Pertanto, il pensionato che continui a lavorare, può richiedere due supplementi di inclusione dei contributi nel giro di 7 anni dalla decorrenza della pensione.

La richiesta anticipata del supplemento di pensione

Ad esempio, un contribuente che sia andato in pensione anticipata a 63 anni, ha convenienza a chiedere il primo supplemento di pensione a 68 anni, data l’impossibilità presentare richiesta dopo due anni se non ha compiuto l’età della pensione di vecchiaia. La seconda richiesta di supplemento può essere fatta all’età di 70 anni.

Come si presenta la domanda di supplemento di pensione?

La domanda di supplemento di pensione deve essere inoltrata esclusivamente in via telematica all’Inps. Il contribuente ha la la possibilità di entrare sul portale dell’Istituto previdenziale con le proprie credenziale e, quindi, di inoltrare la richiesta. In alternativa è possibile avvalersi dei servizi di un patronato o di tutti gli intermediari dell’Inps. Infine, può fare richiesta chiamando il numero verde dell’Inps (803 164 da rete fissa, 06 164 164 da rete mobile).

Di quanto aumenta la pensione con il supplemento?

L’importo risultato dal calcolo dei contributi versati come supplemento va a sommarsi (diventandone parte integrante) alla pensione che il richiedente già percepisce. Ai fini del ricalcolo il supplemento va a incrementare anche la tredicesima mensilità di pensione. Nel caso in cui il titolare di pensione abbia ricevuto l’integrazione al minimo, il supplemento va a coprire l’integrazione stessa. L’aumento della pensione, in questo caso, avviene solo se ne derivi eccedenza, rispetto al minimo, con i nuovi contributi versati.

Come si calcola l’aumento di pensione con il supplemento?

Il ricalcolo della pensione con il supplemento avviene, per le pensioni di anzianità contributive con decorrenza a partire dal 1° gennaio 2012, con il metodo contributivo. Non cambia nulla per le pensioni calcolate prima dell’inizio del 2012 con i meccanismi previdenziali retributivo e misto. La pensione aumentata dal supplemento inizia a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale il contribuente ha presentato domanda.

Supplemento di pensione per gli autonomi della gestione separata

I lavoratori autonomi della gestione separata hanno qualche variazione rispetto ai lavoratori alle dipendenze. Infatti, la prima domanda per il supplemento di pensione deve essere inoltrata dopo due anni di decorrenza della pensione stessa. L’invio dopo due anni è a prescindere che si sia raggiunta o meno l’età necessaria per la pensione di vecchiaia.

Cosa avviene per i liberi professionisti riguardo al supplemento di pensione?

Diverso è il caso di un libero professionista. Infatti, se un pensionato da lavoro alle dipendenze o da lavoro autonomo, dopo la pensione riprende a lavorare come libero professionista, i contributi maturati non potranno essere ricalcolati come “supplemento” della pensione che già percepisce. In questo caso il lavoratore, al compimento dell’età necessaria per la pensione di vecchiaia, potrà fare richiesta di una pensione chiamata “pensione di vecchiaia supplementare”. Questa nuova pensione va ad associarsi alla pensione che il contribuente già percepisce.

L’eccezione della quota 100 nel supplemento di pensione: il divieto di cumulo

Il meccanismo del supplemento di pensione incontra l’eccezione per i contribuenti usciti dal lavoro con quota 100. Per questa misura vige il divieto di cumulo dei redditi da pensione con quelli da lavoro, con determinate eccezioni. Dunque, è escluso che un pensionato con quota 100 possa continuare o iniziare un lavoro alle dipendenze. Il divieto vige anche per un nuovo lavoro autonomo. È permessa l’attività in forma autonoma e a condizione che sia saltuaria e non continuativa, per un reddito lordo annuo massimo di 5 mila euro. Il divieto vige per tutto il periodo di prepensionamento.

Divieto di cumulo per quota 100 e ripresa del lavoro dopo i 67 anni

Pertanto il contribuente deve rispettare il divieto di cumulo dai 62 anni ai 67 anni, età prevista per la pensione di vecchiaia. Solo alla maturazione di quest’ultima il divieto di cumulo cessa, e il contribuente può svolgere attività lavorative autonome o alle dipendenze e chiedere il supplemento di pensione con i consueti requisiti e alle medesime condizioni.

Ricostituzione e supplemento di pensione: quali differenze?

Supplemento e ricostruzioni sono due istituti in base ai quali l’assegno della pensione viene ricalcolato sulla base di contributi non considerati ai fini dell’importo del trattamento stesso. Con il supplemento di pensione si conteggiano i contributi che sono stati versati dopo la decorrenza della pensione. Con la ricostruzione, invece, vengono riconosciuti i contributi già maturati prima di andare in pensione ma non conteggiati.

Cos’è il supplemento di pensione?

Il supplemento si concretizza, dunque, in un aumento della pensione sulla base dei contributi relativi a periodi successivi alla data di decorrenza della pensione stesa. I contributi maturati successivamente alla decorrenza del primo supplemento comportano la liquidazioni di ulteriori supplementi. Pertanto, il supplemento spetta a tutti i pensionati che continuano a lavorare e a versare all’Inps, nelle svariate gestioni, i contributi relativi a periodi lavorativi successivi alla pensione.  I pensionati ex autonomi della Gestione separata possono richiedere il supplemento di pensione solo per i contributi versati, dopo la decorrenza della pensione, nella stessa gestione Inps.

Chi può richiedere il supplemento di pensione?

I pensionati che continuano a lavorare dopo la pensione, appartenenti all’Assicurazione Generale Obbligatoria o alla Gestione lavoratori autonomi, hanno diritto alla liquidazione di un supplemento per gli ulteriori contributi. Tuttavia, si ottiene il supplemento trascorsi cinque anni dalla data di decorrenza della pensione o dal precedente riconoscimento del supplemento. In ogni caso deve essere stata raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia di 67 anni, requisito non richiesto per la liquidazione dei supplementi della Gestione separata Inps.

La richiesta anticipata di supplemento di pensione rispetto ai 5 anni

Il pensionato può, una sola volta, chiedere la liquidazione del supplemento, che sia il primo o uno dei successivi, al trascorrere di soli due anni della decorrenza della pensione oppure dalla precedente richiesta di supplemento. In entrambi i casi, l’Inps richiede che sia stata raggiunta l’età della pensione di vecchiaia. La domanda del supplemento anticipato (2 anni), presentata già all’Assicurazione obbligatoria, comporta l’impossibilità di presentare la stessa richiesta alla Gestione separata.

Quanto spetta di supplemento di pensione?

L’importo del supplemento va a integrare il trattamento di pensione, anche ai fini della tredicesima mensilità. Pertanto il supplemento non dà luogo a un’emissione separata rispetto alla pensione normalmente percepita. Il calcolo della quota di supplemento, dal 1° gennaio 2012, avviene con il metodo contributivo. Il supplemento decorre dal primo giorno del mese susseguente a quello nel quale si è presentata la domanda.

Come presentare domanda per il supplemento di pensione?

La domanda per il supplemento di pensione può essere presentata in tre modalità. Nel dettaglio:

  • telematicamente, attraverso il sito internet dell’Inps, accedendo direttamente con le proprie credenziali;
  • attraverso il contact center, ovvero contattando il numero 803 164 gratuito da rete fisso, oppure lo 06 164164 da cellulare, a pagamento a seconda del proprio piano telefonico;
  • tramite i patronati e tutti gli intermediari dell’Inps.

Ricostruzione di pensione, cos’è?

Con l’istituto della ricostruzione di pensione si procede con la variazione dell’importo del trattamento pensionistico già percepito mediante l’accreditamento di contributi versati o dovuti per periodi di lavoro anteriori alla decorrenza originaria della pensione stessa. La ricostruzione della pensione può essere richiesta sia per la contribuzione obbligatoria che per quella figurativa e da riscatto. In tutti e tre i casi, la contribuzione deve essere maturata prima della decorrenza della pensione. Il termine per presentare domanda di ricostruzione della pensione è di tre anni. Trascorso questo periodo la ricostruzione va in prescrizione e la possibilità di avvalersi di questo istituto decade.

Ricostruzione della pensione, per cosa si può fare domanda?

La presentazione della domanda Inps per la ricostruzione della pensione può avvenire per tre motivazioni. Nel dettaglio:

  • per l’accreditamento di contributi non valutati in sede di prima liquidazione della pensione;
  • in caso di esclusione di contributi nella prima liquidazione di pensione;
  • per la modifica del valore retributivo o contributivo già considerato nella prima liquidazione.

Al verificarsi di queste tre motivazioni, l’Inps ricalcola la pensione in base alla normativa vigente al momento della prima decorrenza della pensione.

Domanda di ricostruzione per contributi non calcolati correttamente

In merito al terzo punto, ovvero per la modifica del valore retributivo o contributo già considerato in sede di primo calcolo della pensione, la relativa domanda deve essere presentata, come di consueto, entro 3 anni dal provvedimento di liquidazione della pensione. Se invece i fatti sono “sopravvenuti“, ovvero non vanno a variare gli elementi di calcolo della pensione originaria, non vi è alcuna decadenza. Solo gli eventuali arretrati sono corrisposti nel termine di prescrizione fissato in 5 anni.

Da quando decorre la ricostruzione della pensione?

La decorrenza della ricostruzione della pensione avviene dalla decorrenza originaria del trattamento pensionistico mediante applicazione di coefficienti di perequazione. Con questo istituto, dunque, si procedere ad accertare tutti i requisiti e a ricalcolare la pensione come se si trattasse di una nuova liquidazione. Per i ratei di pensione maturati dopo il 6 luglio 2011, la prescrizione è quinquennale. Pertanto, il limite temporale per il ricalcolo della pensione è quello del 7 luglio 2016.

Come si presenta domanda di ricostruzione della pensione?

La domanda di ricostruzione della pensione si presenta nelle stesse modalità dell’istituto del supplemento di pensione. Pertanto, il pensionato può inoltrare domanda:

  • dal sito Inps attraverso l’apposita sezione e previo accesso con le credenziali;
  • attraverso il contact center dell’Inps ai consueti numeri;
  • tramite i patronati e gli intermediari dell’Istituto previdenziali.

Pensione e metodi di calcolo: guida al sistema contributivo

Le pensioni dei lavoratori che hanno iniziato a lavorare e a versare contributi a partire dal 1° gennaio del 1996 sono calcolate con il metodo contributivo puro. Rispetto al meccanismo retributivo e al misto, si tratta pertanto dei lavoratori che non hanno alcuna anzianità contributiva fino al 31 dicembre del 1995. E, rispetto agli altri due sistemi previdenziali, per il calcolo della pensione con il metodo contributivo puro si prendono le contribuzioni versate e accreditate nel corso di tutta la vita lavorativa.

Pensioni con il metodo contributivo più basse del retributivo

Di conseguenza, le pensioni calcolate con il metodo contributivo sono meno generose rispetto a quelle calcolate con il retributivo. Anche il sistema misto è meno vantaggioso rispetto al retributivo proprio per la quota di contributi (la C) rientrante nel metodo di calcolo del contributivo. Essendo, per l’appunto, “mista”, tuttavia beneficia dei vantaggi del retributivo nel calcolo delle restanti quote, la A e la B. La caratteristica del sistema contributivo è pertanto che questo meccanismo fotografa esattamente quanto versato durante gli anni lavorativi.

Il montante contributivo

Per i lavoratori dipendenti, l’importo del montante dei contributi si calcola con il 33% delle retribuzioni ottenute. Per gli autonomi e le partite Iva, invece, la percentuale è più bassa. Infatti, i professionisti non assicurati presso altre forme pensionistiche versano il 25,98% nel 2021; i professionisti o collaboratori titolari di pensione o altra tutela pensionistica obbligatoria il 24%. Pagano più del 33% i collaboratori e figure assimilate senza altre forme pensionistiche obbligatorie e con contribuzione aggiuntiva Dis Coll (34,23%) e gli stessi senza contribuzione aggiuntiva Dis Coll (33,72%).

La rivalutazione dei contributi per il calcolo delle pensioni

I contributi versati annualmente durante la vita lavorativa vanno a formare il montante contributivo. Tale montante va rivalutato sulla base del tasso annuo di capitalizzazione derivante dalla variazione media sui 5 anni del Prodotto interno lordo (Pil) nominale, che l’Istat provvede a calcolare, prendendo a riferimento il quinquennio precedente l’anno da rivalutare. Fanno eccezione sia i contributi relativi alle retribuzioni percepite nell’anno di decorrenza della pensione che quelli dell’anno precedente: entrambi gli anni non vengono rivalutati.

Come si calcolano le pensioni con il metodo contributivo?

Per il calcolo della pensione, dunque, il montante contributivo ottenuto, opportunamente rivalutato secondo le regole appena esposte, va moltiplicato per i coefficienti di trasformazione. Si tratta di indici, aggiornati ogni biennio e che dipendono dall’età di uscita per andare in pensione e dalla speranza di vita, che trasformano il montante contributivo (la cosiddetta “quota C“) in pensione.

I coefficienti di trasformazioni per il calcolo della pensione

I coefficienti di trasformazione, dunque, sono indici che determinano quale sarà l’importo della pensione in base ai contributi versati. Detti coefficienti variano a seconda dell’età di uscita per andare in pensione: più è bassa l’età (ovvero più si anticipa rispetto alla pensione di vecchiaia dei 67 anni) e più sono alti. Di conseguenza, il sistema dei coefficienti di trasformazione penalizza i lavoratori che anticipano l’uscita sia per i minori anni di contributi versati che per l’applicazione di indici inferiori. Per entrambi i motivi l’importo della pensione, a parità di anni di contributi versati, risulta inferiore. Viceversa, più il lavoratore rimanda l’uscita per la pensione e maggiore risulta essere l’indice mediante il quale si moltiplica il suo montante.

Il massimale del sistema contributivo

I lavoratori ricadenti nel sistema contributivo puro versano i contributi fino a un importo massimo delle retribuzioni. Per il 2021 il massimale è fissato a 103.055 euro. L’importo rappresenta un tetto al versamento dei contributi per le retribuzioni che superano i 103.055 euro. Chi percepisce retribuzioni annue più alte, dunque, non paga i contributi sulla parte eccedente. Il massimale contributivo, tuttavia, non si applica per i lavoratori che abbiano contributi entro il 31 dicembre 1995.

Assegno di pensione con il sistema contributivo

I lavoratori appartenenti al sistema contributivo puro accedono alla pensione con gli stessi requisiti previsti per la generalità dei lavoratori. Per la pensione di vecchiaia è necessario raggiungere l’età di 67 anni e aver versato contributi per almeno 20 anni. Ulteriore requisito per andare in pensione di vecchiaia è proprio l’importo della pensione. Infatti, la prima rata pensionistica deve essere di almeno 1,5 volte superiore al valore dell’assegno sociale.

Cosa succede se non si raggiungono i requisiti per la pensione di vecchiaia nel contributivo?

Se il contribuente di 67 anni in procinto di andare in pensione di vecchiaia non raggiunge l’importo soglia sopra indicato (dunque la prima rata risulta più bassa di 1,5 volte l’assegno sociale) oppure gli anni di contributi sono inferiori ai 20 richiesti, l’assegno pensionistico slitta. In particolare, occorre attendere la pensione di vecchiaia a 71 anni di età, in presenza di almeno 5 anni di contributi effettivi.

Pensioni con il contributivo, requisiti di uscita

I requisiti anagrafici della pensione di vecchiaia e quello dei 71 anni di età sono soggetti a variazione. In particolare, sull’età incide la speranza di vita calcolata sulla popolazione dai 65 anni in su. Il prossimo adeguamento avverrà nel 2023 e sarà valido fino al 31 dicembre 2024.

La pensione di vecchiaia del contributivo si può adeguare al minimo?

Ulteriore differenza della pensione che spetta con il sistema contributivo puro riguarda il trattamento minimo. Infatti, la pensione calcolata con il metodo contributivo non può essere adeguata al trattamento minimo come avviene per altri meccanismi previdenziali. Pertanto, la rata di pensione di un lavoratore del contributivo corrisponde esattamente all’importo risultante dal calcolo illustrato in precedenza.

Pensione anticipata nel sistema contributivo

Per i lavoratori appartenenti al sistema contributivo puro c’è una specifica formula di pensione anticipata. Infatti è prevista l’uscita a 64 anni di età unitamente a 20 anni di contributi rispetto ai 67 richiesti per la pensione di vecchiaia. La condizione essenziale per agganciare questa formula anticipata di uscita è che la prima rata di pensione deve essere almeno 2,8 volto superiore all’importo dell’assegno sociale.

Pensione e metodi di calcolo: guida al sistema (misto) retributivo

Nel passato il sistema retributivo basava il calcolo della pensione sulle retribuzioni percepite dai contribuenti negli ultimi anni di lavoro. Il che significava ottenere pensioni che si avvicinavano agli stipendi e alle retribuzioni dei 5 o, al massimo, 10 anni prima dell’uscita da lavoro. Il sistema retributivo puro non è più in vigore dal 2012 perché, per gli anni di lavoro da quella data in poi, il calcolo della pensione si basa solo sul meccanismo contributivo.

Chi sono i lavoratori del sistema previdenziale contributivo o misto?

I lavoratori che hanno versato 18 anni di contributi entro il 31 dicembre 1995 rientrano nel sistema di calcolo delle pensioni “retributivo” per le anzianità maturate entro il 31 dicembre 2011. I versamenti devono essere interamente posseduti entro la fine del 1995. Non sono previsti, infatti, arrotondamenti per la maturazione dei requisiti minimi.

Quali sono i sistemi previdenziali per il calcolo delle pensioni?

Dal versamento dei contributi utili alle pensioni dipende il ricadere a uno dei meccanismi previdenziali. Oltre al sistema retributivo o misto, i lavoratori che hanno iniziato a lavorare a partire dal 1° gennaio 1996 ricadono nel sistema contributivo puro. Appartenere a uno o a un altro sistema significa vedersi calcolare la futura pensione con meccanismi diversi.

Le tre quote delle pensioni retributive

Il sistema retributivo di calcolo della pensione ha tre quote. La prima, detta “quota A“, riguarda le anzianità contributive maturate entro il 31 dicembre 1992. Per il calcolo della pensione dei lavoratori del settore privato si prendono le retribuzioni degli ultimi 5 anni, rivalutate da specifici coefficienti. Per i dipendenti del pubblico impiego, invece, la quota A è rappresentata dalla retribuzione annua dell’ultimo giorno di servizio. Diversamente, per i contribuenti iscritti alla gestione speciale dei lavoratori autonomi, e dunque i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti mezzadri, le retribuzioni di riferimento sono quelle degli ultimi 10 anni.

Pensioni retributive: cos’è la quota B?

La quota B per il calcolo delle pensioni retributive riguarda le anzianità maturate dal 1993 al 2011. In questo caso, vengono prese a riferimento le retribuzioni degli ultimi 10 anni sia per i dipendenti privato che per quelli del pubblico impiego. Per i lavoratori autonomi, invece, le retribuzioni di riferimento sono quelle dei precedenti 15 anni.

Quota C delle pensioni per contributi versati dal 2012

Infine, in conseguenza della riforma delle pensioni di Elsa Fornero, la quota C delle pensioni si applica alle anzianità maturate a partire dal 2012. Per i versamenti di questi anni si applica il sistema contributivo. Ciò significa che non fa più testo il calcolo basato sulle retribuzioni degli anni precedenti, ma il montante contributivo. E, pertanto, la quota di pensione si calcola sulla base di specifici coefficienti calcolati in base all’età posseduta dal contribuente nel momento in cui accede alla pensione.

Chi sono i lavoratori ricadenti nel sistema delle pensioni misto?

Oltre al retributivo, i lavoratori più prossimi alla pensione sono quelli che ricadono nel sistema misto. Rispetto ai contribuenti del retributivo, hanno un’anzianità di versamenti inferiore ai 18 anni maturata entro il 31 dicembre 1995. Anche per i lavoratori del misto si applica il calcolo della pensione sulla base di 3 quote.

Le tre quote per il calcolo della pensione dei lavoratori del sistema misto

Nella quota A del sistema pensionistico misto il calcolo si riferisce alle anzianità contributive maturate entro il 31 dicembre 1992 con la media delle retribuzioni dei precedenti 5 anni. Per i dipendenti del pubblico impiego si prende in considerazione la retribuzione annua dell’ultimo giorno di servizio. Per i lavoratori autonomi la media di riferimento è quella degli ultimi 10 anni di retribuzioni.

Pensioni, la quota B nel sistema misto

Nel calcolo della pensione dei lavoratori del sistema misto, la quota B relativa all’anzianità contributive maturata fino al 31 dicembre 1995, il periodo di tempo di riferimento si allarga notevolmente. Infatti, per i dipendenti del settore privato le retribuzioni da considerare sono quelle percepite dal 1988 o comunque precedenti per il completamento del periodo di riferimento. Tale periodo corrisponde all’arco di tempo in cui le retribuzioni vengono prese in esame per il calcolo della pensione.

Quota B per i dipendenti del settore pubblico e autonomi nel sistema misto delle pensioni

Più avvantaggiati in questo calcolo sono i lavoratori del pubblico impiego per i quali il calcolo della quota B del sistema previdenziale misto prende in esame le retribuzioni percepite dal 1993 in avanti. Si tratta dello stesso anno applicato ai lavoratori autonomi per i quali il calcolo della quota B del misto avviene sui redditi dichiarati dal 1993 in poi, ampliati di un ulteriore arco temporale di massimo 10 anni, ovvero dal 1983.

Quota C del calcolo pensioni per i lavoratori del misto

La quota C che per i lavoratori del sistema retributivo puro parte dal 2012, per i lavoratori del sistema previdenziale misto parte dal 1° gennaio 1996. Ciò significa che ai lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, la pensione viene calcolata con il retributivo fino alla fine del 1995 e con il contributivo dal 1° gennaio 1996.

Quando le pensioni vengono calcolate con la quota C?

La quota C sia del sistema retributivo (per le anzianità maturate fino al 31 dicembre 2011) che per quelle del misto (anzianità contributiva fino a tutto il 1995) viene sostituita dal calcolo contributiva rispettivamente a partire dal 2012 e del 1996. Ciò comporta, dunque, regole pensionistiche diverse basate non più sulle retribuzioni, ma sui contributi.

Come si calcola la quota C con il sistema contributivo?

Il calcolo con il metodo contributivo comporta, per un lavoratore dipendente, l’applicazione del 33% della retribuzione imponibile annua percepita, compresa la tredicesima, e la si rivaluta annualmente sulla base della media di cinque anni del Prodotto interno lordo. Nel momento in cui il lavoratore va in pensione, il montante dei contributi rivalutati diventano assegno di pensione attraverso i coefficienti di trasformazione. Questi ultimi sono indici calcolati sull’età di uscita da lavoro e sulla speranza di vita a partire dai 65 anni.

Pensione casalinghe: come si ottiene e a chi spetta?

La pensione casalinghe è possibile solo attraverso il Fondo relativo istituito dell’Inps. Ecco come funziona e chi può iscriversi.

Pensione casalinghe: cos’è?

Fare la casalinga è un lavoro davvero impegnativo. Occorre essere esperte di cucina per accontentare i gusti di tutti, avere molta energia per pulire la casa, stirare e mettere in ordine. Inoltre, ha un orario illimitato per tutta la giornata e spesso è svolto anche fuori casa per accompagnare i figli a scuola o fare la spesa. Eppure non è visto come un lavoro. E quindi non essendo lavoratrici non si ha diritto alla pensione. Ma a metterci una toppa ha cercato di pensarci l’INPS.

L’Ente ha infatti istituito il Fondo Pensione Casalinghe, che sarà operativo anche per il 2021. Per maggior precisione il Fondo di previdenza è stato istituito il 1.1.1997, ed è dedicato alle persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari. Ed in una famiglia la responsabilità che tutto fili liscio non è cosa da poco.

Fondo Pensione casalinghe: chi può iscriversi?

Il nome del fondo non deve tranne in inganno e pensare che sia destinato solo alle mogli o madri che stanno in casa. Il fondo è dedicato a chiunque svolge mansioni in casa, senza alcuna distinzione di sesso. Pertanto possono iscriversi al fondo di previdenza, sia uomini che donne. L’età è compresa tra i 16, anni in cui si può iniziare un’attività lavorativa, e i 65 anni, età in cui si dovrebbe andare in pensione. I requisiti da soddisfare sono:

  • svolgere lavoro in famiglia non retribuito connesso con responsabilità familiari, senza vincoli di subordinazione;
  • non prestare attività di lavoro autonomo o dipendente per la quale sussista l’obbligo di iscrizione ad altro ente o cassa previdenziale;
  • non essere titolari di pensione diretta;
  • prestare attività lavorativa part-time. se in relazione all’orario e alla retribuzione percepita, si determina una contrazione delle settimane utili per il diritto alla pensione.

Come iscriversi al Fondo?

La domanda di iscrizione al Fondo può avvenire solo telematicamente. Occorre una identificazione con PIN e quindi una registrazione al sito dell’Ente. E’ possibile inviare la richiesta, attraverso:

  • servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino  attraverso il portale dell’Istituto
  • Contact Center Multicanale, chiamando da rete fissa il numero gratuito 803164 o il numero 06164164 da telefono cellulare, con tariffazione stabilita dal proprio gestore
  • Patronato e tutti gli intermediari dell’Istituto – usufruendo dei servizi telematici offerti dagli stessi.

Dopo la comunicazione di accoglimento della richiesta, l’interessato può iniziare a pagare i versamenti. Infine la validità pertanto è dal primo giorno utile dopo l’accettazione della domanda.

Quanto si paga?

Essendo un fondo il pagamento dei versamenti è a carico del contribuente. L’importa dei versamenti è libero, ma viene richiesto un minimo contributivo di 25,82 euro mensile. L’Inps accrediterà per ogni anno tanti mesi di contribuzione quanti ne risultano dividendo l’importo complessivo versato nell’anno per 25.82 euro. I versamenti possono essere effettuati con bollettini di conto corrente postale che l’INPS invia a casa insieme alla lettera di accoglimento della domanda di iscrizione.

I bollettini sono anche stampabili online nella sezione Servizi del sito INPS. Occorre fare il seguente percorso per tipologia di utente- Cittadino-Font previdenza Casalinghe-Stampa bollettino. Infine i contributi versati sono interamente deducibili dal reddito imponibile Irpef del dichiarante, anche per i familiari fiscalmente a carico.

Quando spetta la pensione casalinghe?

Una volta versati con regolarità i contributi, la pensione di vecchiaia spetterà a chi, a partire dal 57° anno di età, avrà pagato almeno 5 anni (60 mesi) di contributi. Ma è prevista anche una pensione di inabilità con almeno 5 anni di contributi, a condizione che sia intervenuta l’assoluta o permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Mentre la pensione di vecchiaia viene liquidata solo se l’importo maturato risulta almeno pari all’ammontare dell’assegno sociale maggiorato del 20% (1.2 volte l’assegno sociale). Tuttavia si prescinde dall’importo al compimento del 65° anno di età. L’importo viene stabilito con il sistema contributivo. Infine si ricorda che è obbligatoria anche l’iscrizione all’INAIL.

La pensione casalinghe conviene o no?

Per rispondere a questa domanda ecco un breve esempio. Se per 5 anni si versano i contributi minimi richiesti per coprire una mensilità (25,82 euro) la pensione spettante sarà calcolata sui 1550 euro versati in totale andrà moltiplicata per il coefficiente di trasformazione riferito ai 57 anni di età, 4,2%. La rendita annuale ottenuta è di circa 65 euro che, andrà, poi divisa per 12 mesi. La pensione spettante per aver versato 5 anni di contributi a 25,82 euro al mese, quindi, è poco più di 5 euro.

Ed ancora con il minimo mensile di 25,82 moltiplicato per 12 mesi si pagherebbero all’anno 310 euro. Moltiplicando per 30 di contributi si potrebbero accumulare 9300 euro. Se si decidesse di andare in pensione a 57 anni, si avrebbe una rendita di 390 euro l’anno con poco più di 32 euro al mese. Una cifra davvero irrisoria per chi ha dedicato tutta la vita alla propria famiglia.

Pensione integrativa, a chi conviene aderire alla previdenza complementare e quando

A chi conviene aderire alla previdenza integrativa dei fondi pensione e in quale momento? Sono questi due tra i maggiori quesiti che si pongono i lavoratori nel momento in cui devono decidere se affidarsi a una futura pensione “di scorta” e a partire da quale età.

Perché si ricorre alla pensione integrativa?

Il ricorso alla pensione integrativa è dettato innanzitutto dalla motivazione di mantenere nel tempo una mensilità adeguata alle proprie esigenze e al tenore di vita condotto. Infatti, quando un contribuente va in pensione da lavoro, l’assegno mensile potrebbe non soddisfare le proprie necessità. Da qui l’esigenza di integrare la propria pensione futura con un assegno maturato sulla base dell’adesione volontaria ai fondi pensione.

Con l’aumento della speranza di vita le pensioni sono spalmate su più anni

La tendenza del ricorso alla previdenza complementare è tanto più ampia quanto maggiori sono i dubbi sulle pensioni da lavoro. Le pensioni pubbliche, infatti, continuano a subire nel tempo aumenti dei requisiti di uscita e diminuzione della rata mensile. A partire dagli anni ’90 il progressivo aumento della speranza di vita, e dunque l’incremento della vita media a partire dai 65 anni di età, ha avuto come conseguenza  l’allungamento del periodo in cui si beneficia della pensione, oltre a un maggior numero di anni di contributi da versare durante la vita lavorativa.

Previdenza integrativa: adesione perché le pensioni sono sempre più basse

Inoltre, proprio l’allungamento della vita da pensionato unito al forte rallentamento della crescita economica (con conseguente riduzione del peso dei contributi versati durante la vita lavorativa), ha imposto dei cambiamenti ai meccanismi previdenziali italiani. Il risultato ottenuto è quello che, progressivamente, si esce a un’età sempre più alta con un mensile di pensione sempre più basso a causa di coefficienti di trasformazione tendenzialmente al ribasso.

Contribuenti e futuro tenore di vita: l’integrazione dei fondi pensione

Con il superamento del sistema previdenziale retributivo, inoltre, le rivalutazioni delle future pensioni non saranno più legate, in alcun modo, all’aumento delle retribuzioni. In questo scenario di progressivo aumento della speranza di vita e di riduzione dell’assegno di pensione, il contribuente preoccupato del proprio tenore di vita futuro rappresenta il profilo più sensibile alle possibilità offerte dalla previdenza complementare.

Come sapere di quanto sarà l’importo mensile della pensione?

Il primo passaggio da compiere è conoscere quale sarà l’importo della propria pensione nel momento di uscita dal mondo del lavoro. L’Inps, ma anche altri siti specializzati in pensioni, ha creato una piattaforma (la Busta arancione) all’interno del proprio portale istituzionale per avere una stima di quello che sarà il futuro assegno previdenziale. Oltre all’importo prospettato per la pensione, dalla simulazione si può ricavare anche il tasso di sostituzione della previdenza obbligatoria.

Il tasso di sostituzione per capire se è necessario ricorrere alle pensioni integrative

Il tasso di sostituzione esprime il rapporto tra la prima rata di pensione e l’ultimo stipendio (o il reddito per i lavoratori autonomi). Pertanto, è l’indicatore che maggiormente descrive quale sarà la futura pensione rispetto allo stipendio in termini percentuali. Ad esempio, a fronte di uno stipendio attuale di 1200 euro e con un tasso di sostituzione pari al 70%, la futura pensione sarà di 840 euro.

Quanti dei contributi versati torneranno indietro sotto forma di pensione?

La simulazione Inps che consente di avere una stima della futura pensione (da ripete periodicamente per i cambiamenti che intervengono nella vita lavorativa) potrebbe rappresentare un primo indizio per il ricorso alla previdenza complementare. Quanto ritorna indietro dei contributi che si sono versati durante la vita lavorativa? Chi dalla simulazione ottiene un  risultato non soddisfacente, può giocarsi la carta della previdenza complementare. L’obiettivo è quello di avere un’alternativa previdenziale per poter beneficiare, in futuro, di una rendita che vada a integrare la pensione pubblica.

Fondo pensione: in che modo aderire?

Non è necessario che la rata mensile dei contributi versati a un fondo pensione sia elevata. Invece, è consigliabile spalmare la contribuzione complementare su un numero più ampio possibile di anni. Anche un importo non elevato può rappresentare, per un numero elevato di anni, una formula di previdenza e di risparmio soddisfacente. Inoltre, se si sceglie di aderire a un fondo pensione in giovane età è possibile aderire a fondi più rischiosi, ma con un rendimento più elevato. Diversamente, più si è vicini all’uscita per la pensione e maggiormente si vira verso fondi più sicuri e con rendimenti meno elevati.

Quali sono i vantaggi dell’adesione al fondo pensione in età giovanile?

Un aspetto del “quando aderire” è rappresentato dai vantaggi riservati ai più giovani. Infatti, meno elevata è l’età di partecipazione al fondo pensione e maggiori sono i benefici della previdenza complementare. Sono almeno quattro i vantaggi che possono riscontrarsi in un’adesione di lunga data:

  • la rivalutazione assicurata dai fondi con i connessi vantaggi della deducibilità fiscale;
  • La deducibilità fiscale per i versamenti previsti periodicamente per la partecipazione al fondo;
  • la possibilità di accedere a quanto già versato nel caso in cui si dovessero presentare situazioni di difficoltà;
  • il reintegro del capitale nei periodi più favorevoli.

Quanto si può avere in più di pensione con la previdenza complementare?

Con la stima della propria futura pensione è più facile scegliere, tra i fondi pensione, quello che potrà garantire l’integrazione utile a mantenere un tenore di vita adeguato. Per conoscere di quanto si può integrare la pensione con la previdenza complementare esistono sul web numerosi comparatori. Questi strumenti servono a mettere a confronto tra loro le diverse formule di pensione integrativa. L’attenzione va posta sulla soluzione che massimizza il rapporto dei costi di accesso ai rendimenti.