Modello Red: cos’è, chi deve presentarlo e i termini da rispettare

I pensionati che usufruiscono di prestazioni previdenziali e assistenziali correlate al reddito devono annualmente presentare il modello Red. Ecco i termini da rispettare per l’anno 2023.

Chi deve presentare il modello Red

Il modello Red e un modello dichiarativo di redditi, si tratta però di redditi particolari, generalmente non dichiarati in altri modelli. Deve essere presentato entro il 28 febbraio 2023 da pensionati:

  • presentano il modello 730 o il modello Persone Fisiche ma possiedono anche altri redditi che non vanno indicati in dichiarazione;
  • presentano il modello redditi 730 o Persone Fisiche e sono titolari di pensioni estere o redditi da lavoro autonomo;
  • persone che non hanno fatto la dichiarazione dei redditi.

In particolare in base alle precisazioni fornite dall’Inps, devono presentare il modello Red:

  • tutti i pensionati che nell’anno di verifica hanno avuto delle variazioni reddituali percependo redditi ulteriori rispetto a quelli da pensione;
  • persone titolari di prestazioni previdenziali e assistenziali correlate al reddito che nell’anno di verifica hanno percepito redditi che non devono essere dichiarati nei modelli generalmente predisposti, ad esempio redditi da lavoro autonomo prestato all’estero, interessi bancari, postali, da BOT o altri titoli di Stato, proventi di quote di investimento, redditi sottoposti a ritenuta d’acconto. Insomma trattasi di redditi che vengono tassati separatamente e che quindi possono non essere dichiarati, che di fatto vanno ad incidere sulla misura di prestazioni previdenziali o sul diritto a percepire queste prestazioni;
  • devono presentare il modello Red anche soggetti che non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi e che percepiscono un reddito ulteriore, ad esempio da abitazione;
  • Infine, l’Inps ha precisato che devono presentare la dichiarazione Red i titolari di tipologie di redditi che devono essere dichiarati in maniera diversa ai fini fiscali, ad esempio redditi derivanti da collaborazione coordinata e continuativa.

Leggi anche: Tassazione separata: cos’è, come si calcola e quando si applica

Come presentare il modello Red

Attualmente sono attive due campagne per il modello Red, la prima ordinaria ed è relativa a coloro che nel 2021 hanno ricevuto tali prestazioni.

La seconda campagna è definita “solleciti” ed è riservata a coloro che nel corso del 2021 non hanno provveduto alla comunicazione ordinaria relativa al 2020 e quindi hanno ricevuto un sollecito da parte dell’Inps.

La presentazione può avvenire da parte del pensionato utilizzando il sito Inps e accedendo con:

  • codice Spid;
  • Carta di identità digitale;
  • CNS.

Occorre seguire il percorso “Prestazioni e servizi” e selezionare la voce “Dichiarazione Reddituale – RED Semplificato” (per la dichiarazione RED).

In alternativa è possibile presentare il modello attraverso il Contact Center Inps utilizzando i numeri:

  • 803 164 da rete fissa e gratuito;
  • 06 164 164 da rete mobile e con tariffa del proprio operatore.

Infine è sempre possibile rivolgersi a Caf e patronati.

Opzione donna 2023 come sarà modificata dal decreto milleproroghe?

L’opzione donna 2023 potrebbe ancora cambiare con l’approvazione del decreto Milleproroghe. Ecco tutte le modifiche che potrebbero interessare.

Opzione donna 2023, non c’è pace

L’opzione donna non ha avuto pace in questi ultimi mesi. E’ stata al centro del dibattito tra i partiti, anche se adesso sembra non ci sia più margine di trattatavi per la Manovra. A questo punto ci si chiede se ci saranno delle modifiche apportate dal Decreto Milleproroghe. Si ricorda che come dice lo stesso sito dell’Inps: ” La cosiddetta pensione “Opzione donna” è un trattamento pensionistico calcolato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo ed erogato, a domanda, in favore delle lavoratrici dipendenti e autonome che hanno maturato i requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2021“.

Tuttavia anche se la manovra sembra poter essere approvata a breve in Senato. Così il Governo Meloni sembra già essere proiettato verso un nuovo decreto che prenda in esame alcuni temi importanti come le pensioni e l’opzioni in attesa di una Riforma più completa che prenda in esame gli interessi delle parte coinvolte.

Opzione donna 2023, cosa potrebbe cambiare da gennaio

Quello che si sa per certo è che con la Legge di bilancio è stata prorogata la possibilità di andare in pensione a 60 anni, che possono diventare 59 o 58 a seconda del numero dei figli e per le lavoratrici più svantaggiate. In particolare 59 anni se si ha un figlio e 58 da due in su. Inoltre queste regole sono applicabili per il caregiver o per le persone invalide al 74% o dipendenti di aziende in crisi con 60 anni e 35 anni di contributi. Mentre per le disoccupate resta a 58 anni a prescindere dal numero di figli che si possiede.

Metteremo i puntini sulle i su quelle che sono le condizioni per gestire le politiche attive», ha detto la ministra Maria Elvira Calderone, che sempre a gennaio avvierà anche il tavolo con le parti sociali per la riforma delle pensioni e quindi anche su opzione donna. Tuttavia servono dei fondi che forse attualmente non sono a disposizione. Quindi la partita non è del tutto chiusa, si rinvia tutto a gennaio con l’incontro tra le parti sociali.

Il problema finanziario

A conti fatti per finanziare la misura serviranno 80 milioni di euro per il 2023. Inoltre per il 2024 ne serviranno ben 250 milioni di euro. Mentre la versione contenuta nella legge di bilancio costa poco più di 20 milioni, quindi occorre trovare le risorse finanziarie necessarie. Problema che comunque si presenta anche per altre misure previste su cui occorre valutare le singole variazioni.

 

Pensioni: le novità per il 2023. Quota 41 senza requisito anagrafico

Dopo la legge di bilancio resta da sciogliere il nodo pensioni e non è da poco. Le prime indiscrezioni sui piani del futuro arrivano dal sottosegretario all’Economia, Federico Freni che ipotizza Quota 41. Ecco quali sono gli scenari per il futuro e chi potrà andare in pensione.

Riforma pensioni strutturale: Quota 41 senza requisito anagrafico

Il primo punto fermo è Quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi e indipendentemente dall’età. Nell’intervista rilasciata a Il Messaggero ha chiarito il Sottosegretario che per ragioni prettamente economiche nella legge di bilancio si è optato per Quota 103, cioè pensione con almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età, ma il limite anagrafico è destinato ad essere superato.

Non ha mancato di fare riferimento a Opzione Donna, infatti non hanno trovato le risorse per confermare il quadro normativo attualmente vigente. È stato necessario tagliare scegliendo di lasciare Opzione Donna solo per donne con invalidità riconosciuta di almeno il 74%, care giver e donne che hanno perso il lavoro. Rispetto al passato si è optato per un innalzamento del limite di età che sale a 60 anni a cui si aggiunge la previsione della possibilità di ridurre il limite anagrafico solo per donne con figli. Il Sottosegretario ha però sottolineato che nel nuovo anno saranno al lavoro per cercare comunque di introdurre strumenti per l’uscita flessibile dal mondo del lavoro.

Il taglio di Opzione Donna ha consentito di trovare le risorse per aumentare le pensioni più basse, le minime infatti per gli over 75 hanno visto l’importo aumentato a 600 euro.

Rafforzamento del sistema pensionistico integrativo

Tra le prospettive per il futuro in tema di pensioni c’è comunque il rafforzamento del sistema di pensioni integrative che devono essere supportate al fine comunque di alleggerire il peso delle pensioni sull’INPS, questo anche in vista del costante aumento dell’età media. Questo implica che molto probabilmente per chi sceglierà di andare in pensione prima del compimento di una determinata età potrebbe esservi una penalizzazione sugli importi e un’eventuale pensione integrativa potrebbe essere la soluzione per avere un reddito che assicuri comunque sopravvivenza.

Il sottosegretario all’Economia Federico Freni ha anche sottolineato che rispetto agli altri anni, quest’anno la Ragioneria di Stato ha mosso meno critiche alla legge di Bilancio, segno che il nuovo Governo Meloni ha lavorato bene.

Pensioni over 75, le minime portate a 600 euro nel 2023

Le pensioni over 75 dovrebbero subire un lieve incremento. passando da 500 a 600 euro per gli importi minimi, tutti i dettagli della riforma.

Pensione over 75, l’ultimo aumento con il Governo Berlusconi

La pensione minima è sempre molto bassa per garantire una vita dignitosa a chi la riceve. Tuttavia la nuova legge di bilancio prevede un incremento del suo importo. Proprio per venire incontro a coloro che ne hanno davvero bisogno. Una misura che però interesserebbe solo tutti i pensionati che hanno più di 75 anni.

Si ricorda che oggi come nel 2001 a mettere mani sulle pensioni è stato Forza Italia. In particolare durante il Governo Berlusconi, 2001-2006, le pensioni sociali sono aumentate a 512 euro al mese. Del resto la riforma delle pensioni era necessaria perché il vecchio sistema delle pensioni era stato concepito più di mezzo secolo fa, quando la popolazione italiana era più giovane e una durata della vita più breve.

Pensioni over 75, dovrebbero arrivare a 600 euro

La Presidente dei senatori di Forza Italia, Lucia Ronzulli, ha dichiarato che “Grazie a Forza Italia ci saranno la proroga del superbonus al 31 dicembre e l’aumento delle pensioni minime a 600 euro per gli over 75.

Sue le parole: “Questa manovra tiene conto del quadro economico e, in modo responsabile, non mette a rischio i conti pubblici ma garantisce le fasce medio- basse. In molti paventavano rischi indicibili in caso di vittoria elettorale del centrodestra: siamo al governo e nessuno dei pericoli prospettati si è concretizzato. La promozione della manovra da parte dell’Ue, in barba a chi aspettava una bocciatura, è lì a dimostrarlo“, aggiunge

Ci sarà un vincolo di Isee?

Altra domanda che ci si chiede e se l’aumento scatterà per tutti o se ci sono dei vincoli Isee. In questo momento sembra che l’unico elemento da considerare è quello di avere un’età pari o maggiore di 75 anni. Mentre non sembra essersi palesato alcuni  vincolo Isee 2023, anche se parlando di pensioni minime, non ci si aspetta grandi valori di indicatore.

Tuttavia la somma precisa è 590 euro, ma se il Governo dovesse continuare durante tutto il quinquennio, sempre Forza Italia, ha già dichiarato che spingerà fino alla quota fatidica di mille euro al mese. Il tutto attraverso un aumento graduale ogni anno. Ma nel frattempo si spera in una riforma delle pensioni che prenda maggiore conoscenza della situazione attuale dei pensionati in Italia, e di coloro che sperano di poter avere la giusta età e contributi per lasciare l’attività lavorativa.

Rivalutazione pensioni: buone notizie in arrivo per i pensionati

Buone notizie potrebbero arrivare presto per gli anziani, infatti in seguito a proposta della Cisl, il Governo sta studiando la possibilità di rivalutazione pensioni al 100% per importi fino a 5 volte il minimo.

Rivalutazione delle pensioni: gli scaglioni previsti

Dal 1° gennaio 2023 arriva la rivalutazione delle pensioni in base all’inflazione registrata nel mese di novembre 2022, l’ammontare è del 7,3%. Non per tutti i pensionati si applicano le stesse rivalutazioni, in particolare per le pensioni minime si è optato per la rivalutazione al 120%, ma qualcuno ancora punta ad innalzare le minime a 600 euro almeno per gli over 75. Per Roberto Pella di Forza Italia (capogruppo alla commissione Bilancio) tale innalzamento è imprescindibile. Ricordiamo però che le pensioni fino a 2.692,32 euro mensili hanno già ottenuto un anticipo dell’aumento del 2% dal mese di ottobre 2022 questo deve essere scorporato dall’aumento del 7,3%.

Leggi anche: Rivalutazione al 120% per queste pensioni, ecco l’annuncio della Meloni

Per gli altri pensionati la rivalutazione è al 100% sono per importi fino a 4 volte la pensione minima.

Le pensioni di importo compreso tra 4 volte il minimo e 5 volte il minimo hanno una rivalutazione al 90% (aumento calcolato sul 90% dell’assegno).

Per le pensioni di ammontare superiore a 5 volte l’assegno minimo, la rivalutazione è al 75%.

Cisl, rivalutazione delle pensioni al 100% anche per gli asssegni 5 volte superiori al minimo

Fatta questa premessa, viste le attuali difficoltà economiche che il Paese sta attraversando, è arrivata la proposta della Cisl di rivalutare al 100% le pensioni fino a 5 volte l’importo minimo.  A tale proposta il Governo Meloni ha risposto che si sta lavorando per verificare la fattibilità, ma pare vi sia già il via libera del Mef ( Ministero dell’Economia e delle Finanze).

Naturalmente molto dipenderà dall’ammontare della pensione minima che ancora non è stato definito.

Da dove dovrebbero arrivare le risorse? In base a quanto emerge dalle prime indiscrezioni, l’aumento dovrebbe arrivare da un’ulteriore stretta sul reddito di cittadinanza per gli under 40, come da proposta emendativa del Terzo Polo (Renzi – Calenda) che d’altronde già in passato aveva ipotizzato la raccolta firme per il referendum abrogativo del reddito di cittadinanza. L’emendamento presentato prevede che gli under 40 non ricevano più l’importo del RdC.

Leggi anche: Riforma delle pensioni: ecco cosa ha detto il ministro del Lavoro Calderone

Riforma delle pensioni: ecco cosa ha detto il ministro del Lavoro Calderone

Cosa succederà a chi non ha i requisiti per andare in pensione nel 2023 e a chi pur avendo i requisiti decide di rimandare la pensione? Ecco le prime indiscrezioni sulla riforma delle pensioni che dovrebbe entrare in vigore nel 2024.

Scivoli pensionistici solo per il 2023, nel 2024 ci sarà la riforma delle pensioni organica

Il Governo Meloni si è insediato da poco e fin da subito ha dovuto sciogliere importanti nodi anche di tipo emergenziale, ad esempio la redazione della legge di Bilancio 2023 con approvazione entro il 31 dicembre 2022. Nella legge di bilancio 2023 sono state inserite anche norme sulla pensione per il 2023, misure urgenti in vista della scadenza di Quota 102, opzione donna e Ape Sociale al 31 dicembre 2022. Il rischio era il pensionamento per tutti con la legge Fornero. Deve però aggiungersi che, sebbene la Commissione Europea abbia promosso nel complesso la legge di bilancio 2023, c’è stata la bocciatura di alcuni punti specifici e tra questi vi è proprio l’introduzione di Quota 103 che consente di andare in pensione a 62 anni di età con 41 anni di contributi. Di conseguenza sarà molto difficile una nuova riforma delle pensioni che preveda condizioni migliori rispetto a Quota 103.

Per il 2024 però le cose non andranno così perché il ministro del Lavoro Marina Calderone è già al lavoro, i tavoli specialistici sono già stati convocati, per la vera riforma delle pensione che dovrà portare al superamento della legge Fornero.

I primi dettagli sulla nuova riforma delle pensioni 2024

I primi dettagli della nuova riforma delle pensioni trapelano da un’audizione al Senato.

Dalle prime dichiarazioni emerge che il Ministro sta lavorando “a un sistema di forme di pensionamento integrate che consenta di individuare l’accesso a pensione più compatibile con le esigenze personali e sanitarie del lavoratore e al contempo di ricambio generazionale dei datori di lavoro”.

L’obiettivo è razionalizzare gli strumenti di prepensionamento andando quindi a semplificare le varie opzioni che consentono di andare in pensione prima rispetto al termine ordinario che, ricordiamo, oggi è rappresentato dalla legge Fornero. Secondo le dichiarazioni si lavora a un sistema che preveda anche una compartecipazione tra datore di lavoro e Stato per l’esodo di lavoratori vicini alla pensione. In poche parole per le aziende che vogliono attivare il ricambio generazionale vi è la possibilità di pagare una quota della pensione in modo da favorire l’esodo prima dell’età pensionabile.

Tra le misure allo studio vi sono anche forme di garanzia per i giovani lavoratori che hanno carriere discontinue e con l’attuale sistema rischiano di avere pensioni troppo basse.

Come sarà poi realmente scritta la norma non è dato sapere, sono solo indicazioni guida.

Durante l’audizione il ministro Calderone non ha parlato solo di pensioni, ma anche di sicurezza sul luogo di lavoro sottolineando che è ormai diventata un’emergenza e non si può più rimandare un intervento legislativo decisivo al fine di rendere i luoghi di lavoro più sani e sicuri. Tra le misure allo studio vi sono anche incentivi per i datori di lavoro più virtuosi sul fronte sicurezza attraverso meccanismi premiali.

Pensione Opzione donna: cambia ancora con un emendamento del Governo

La parola d’ordine è far quadrare i conti ed è proprio per questo che lo stesso Governo (attraverso i partiti) si appresta a presentare un emendamento volto a dare un nuovo volto  alla pensione Opzione donna. Ecco cosa potrebbe cambiare ancora.

Cosa prevede la legge di bilancio 2023 per Opzione donna?

Nella versione entrata nella legge di bilancio 2023 la pensione Opzione donna va incontro a due limiti, in primo luogo è diretta solo ad alcune categorie di lavoratrici: disoccupate, care giver e disabili, dall’altro lato invece prevede che il requisito anagrafico sia correlato al numero dei figli. Proprio questa seconda parte della norma ha sollevato critiche e dubbi sulla costituzionalità. Resta però il nodo delle coperture che non consente di ritornare a Opzione donna nella versione iniziale. La prima soluzione ipotizzata per superare questo scoglio è stata ritornare ai requisiti iniziali, ma solo per 6-8 mesi.

Ne abbiamo parlato nell’articolo: Pensioni: opzione donna 2023 potrebbe ritornare alla versione originale

L’ultima versione di Opzione donne per il 2023

Evidentemente però anche l’ultima formulazione non convince e così si ritorna a una via di mezzo tra le due versioni. Nel nuovo emendamento allo studio del Governo si prevede che la pensione Opzione donna per il 2023 resti ancorata ai requisiti inizialmente previsti nella legge di bilancio. Sarà quindi rivolta a:

  • care giver che si occupano da almeno 6 mesi di fornire assistenza al coniuge o a un parente convivente di primo grado con handicap grave ai sensi della legge 104 del 1992 articolo 3 comma 3, oppure un parente o affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge di quest’ultimo siano impossibilitati ad occuparsene, ad esempio perché a loro volta invalidi o deceduti;
  • donne con un’invalidità riconosciuta almeno del 74%;
  • lavoratrici licenziate o dipendenti di un’impresa che abbia avviato un tavolo di confronto aperto per la gestione della crisi aziendale.

Cambia però il requisito anagrafico che per tutte sarà a 60 anni di età senza differenza alcuna basata sul numero dei figli.

Restano invece immutate le norme relative alle altre forme pensionistiche e cioè Ape Sociale e Quota 103.

Per conoscere tutte le opportunitàper il pensionamento leggi l’articolo: Come andare in pensione nel 2023? Ecco le opzioni

Cos’è il Bonus Maroni e chi può percepirlo? Le ultime novità

Negli ultimi giorni si sente sempre più spesso parlare di Bonus Maroni, ma di cosa si tratta e come funziona? E soprattutto: conviene avvalersene?

Cos’è il bonus Maroni?

Il Bonus Maroni nacque per la prima volta con la legge 243 del 2004, prende il nome dal suo ideatore, Roberto Maroni, recentemente scomparso, che in quella legislatura era Ministro del Lavoro. Il Bonus Maroni prevedeva la possibilità per i lavoratori di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro, ci troviamo comunque in un periodo in cui si andava in pensione molto prima rispetto ad oggi. Allora, come oggi, l’obiettivo era risparmiare sulle spese previdenziali attraverso un incentivo al lavoratore a non lasciare l’impiego. L’incentivo era giustamente una busta paga più pesante attraverso una riduzione degli oneri previdenziali, cioè i contributi Inps a carico del lavoratore. Questi ammontano a circa il 9,19% dello stipendio lordo.

Conviene il Bonus Maroni?

C’è però una particolare penalizzazione perché, a fronte di uno stipendio più alto, di fatto non vengono più versati i contributi pensionistici al lavoratore e di conseguenza la pensione non aumenta più. Questo implica che di fatto ciò che si ha in busta paga mensilmente per il lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui si potrebbe andare in pensione e vi si rinuncia e il periodo in cui effettivamente si va in pensione, si perde successivamente al momento del pensionamento che avviene con un assegno più leggero.

La perdita in realtà potrebbe essere più elevata, infatti tra il periodo in cui maturano i requisiti pensionistici e quello in cui effettivamente si va in pensione generalmente non intercorre molto tempo, massimo qualche anno, ma con un’aspettativa di vita alta, si perdono importi rilevanti sulla pensione per il resto della vita.

Perché oggi si parla di nuovo di Bonus Maroni?

Oggi si parla nuovamente del Bonus Maroni per un motivo semplice, infatti la manovra di bilancio prevede una nuova applicazione di questa misura. Coloro che quindi maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103, ma decidono di restare a lavoro, ricordiamo età minima 62 anni e almeno 41 anni di contributi, possono avere la decontribuzione Inps corrisposta quindi in busta paga. In cambio ricevono circa il 10% in più in busta paga, ma congelano la pensione futura.

Leggi anche: Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Pensioni: opzione donna 2023 potrebbe ritornare alla versione originale

Sul fronte pensioni è ancora calda la questione di opzione donna 2023, infatti sembra essere stata trovata la quadra su quota 103, Ape Sociale resta immutata, ma sulla nuova versione di opzione donna prevista nella legge di bilancio 2023 proprio non c’è accordo. Ecco le ultime ipotesi allo studio.

Opzione donna 2023: l’ultima versione non convince. Si ipotizza un ritorno alla versione originale

Opzione donna secondo la formulazione originale consentiva di andare in pensione a 58 anni se lavoratrici dipendenti e a 59 anni se lavoratrici autonome. Per accedere era necessario aver maturato almeno 35 anni di contributi e si scontava un taglio sostanzioso sull’assegno. Nonostante tale taglio, sono numerose le donne che ne hanno approfittato per uscire dal mondo del lavoro. L’ultima versione di Opzione Donna prevede invece requisiti molto stringenti e la possibilità di utilizzare questo scivolo pensionistico per andare in pensione solo a care giver, disoccupate e persone con invalidità.

Per tutti i dettagli sull’ultima versione leggi l’articolo: Opzione donna: cosa cambia per le donne che vogliono andare in pensione

Il motivo di questo drastico taglio sono purtroppo le coperture, ma naturalmente sono in molti a criticare questa scelta anche perché di fatto molto simile ad Ape Sociale sebbene con la possibilità di accedere alla pensione con qualche anno di anticipo.

Ritorno alla versione orgiginale, ma solo per qualche mese

Proprio in seguito a tali critiche, si sta cercando un accordo e nell’ultima ipotesi allo studio c’è la previsione di ritornare alla versione originaria del pensionamento con opzione donna, ma solo per pochi mesi. Uno dei delicati nodi da sciogliere è il sospetto di incostituzionalità della parte della norma su Opzione Donna che lega il requisito anagrafico al numero dei figli.

Il costo di Opzione donna per un intero anno sarebbe di 110 milioni di euro, mentre stringendo l’accesso a soli 6-8 mesi si potrebbe rientrare nei costi. Non resta che aspettare la versione definitiva. Ricordiamo che i partiti possono presentare emendamenti fino al giorno 7 dicembre 2022, si sarà quindi l’esame nelle commissioni e, infine, il testo dovrebbe arrivare in aula il 20 dicembre. Vista la mole di emendamenti, di cui molti della stessa maggioranza e di Fratelli d’Italia, non è escluso che molti siano cassati senza esame.

Leggi anche: Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni

Bonus 10% per chi rimanda la pensione: a quanto ammonta davvero al netto delle tasse?

Ripescato il Bonus Maroni: per chi decide di rimandare il pensionamento vi è la possibilità di ricevere in busta paga la quota dei contributi previdenziali e assistenziali che sono a carico del lavoratore, si tratta di un bonus 10%. Cosa cambia e a chi conviene?

Rimandi la pensione? Aumenta la stipendio con il bonus 10%

L’articolo 54 della bozza delle legge di bilancio 2023 prevede la possibilità per i lavoratori che maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103 di rinunciare a tale opzione e ricevere quindi un piccolo aumento dello stipendio. Occorre però fare ben attenzione. Andando con ordine, a chi matura i requisiti per la quota 103 restano tre opzioni:

  • andare in pensione;
  • restare a lavoro continuando quindi a maturare i requisiti pensionistici al fine di avere un assegno mensile più elevato;
  • infine, esercitare l’opzione prevista nell’articolo 54 della bozza della legge di bilancio 2023 e avere un aumento in busta paga, tassato con rischio di aumento dello scaglione Irpef e di avere il drenaggio fiscale, pari a circa il 10%.

Esercitare l’opzione prevista dagli incentivi per restare a lavoro consente di attivare la decontribuzione del carico relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti. La decontribuzione vale solo per la parte dei contributi a carico del lavoratore e non per la parte a carico del datore di lavoro. Questa piccola quota va ad aumentare l’assegno mensile percepito durante il periodo di lavoro.

Cosa succede all’importo pensionistico?

L’effetto del bonus Maroni, o bonus 10%, non si esaurisce però in un semplice aumento in busta paga perché si tratta di congelare la propria pensione, questo vuol dire che questi ulteriori anni di lavoro non andranno ad aumentare l’importo pensionistico che si percepirà nel momento dell’uscita dal mondo del lavoro. Secondo le previsioni presenti nella relazione illustrativa, dovrebbero aderire circa 6500 persone.

Leggi anche: Quota 103 è il nuovo scivolo pensionistico. Tutte le novità sulle pensioni