Studi di settore: chi c’è sotto la lente?

Gli studi di settore si applicano a chi esercita prevalentemente una attività delle 206 per le quali sono stati approvati gli studi. Gli studi si riferiranno alle attività economiche nel settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio.

Per sapere se si è soggetti agli studi occorre pertanto controllare se il proprio codice attività rientra nella tabella dei codici per i quali sono stati approvati gli studi. Se il codice di attività è errato occorre procedere alla sua variazione entro il termine di presentazione della dichiarazione e in questo caso non sono previste sanzioni.

Dal 1 gennaio 2007 gli studi si applicano anche a chi ha un periodo di imposta inferiore a 12 mesi per cui l’attività per periodi inferiori all’anno o anche le attività stagionali non sono più cause di esclusione dagli studi.

Gli studi si applicano anche:

  • quando la nuova attività è iniziata entro 6 mesi dalla cessazione della precedente
  • quando la nuova attività costituisce una prosecuzione di attività svolta da altri soggetti come nel caso di: acquisto o affitto d’azienda; successione o donazione d’azienda; operazioni di trasformazione; operazioni di scissione e fusione di società.

La presunzione di prosecuzione dell’attività si ha quando vi è omogeneità dell’attività rispetto a quella preesistente e sussiste se le attività sono contraddistinte da un medesimo codice attività, ovvero i codici attività sono compresi nel medesimo studio di settore.

Devono comunicare i dati rilevanti per gli studi di settore anche alcuni soggetti che sono esclusi dagli studi quali: i soggetti che determinano il reddito con criteri forfetari;  i contribuenti che dichiarano un volume di ricavi/compensi di ammontare superiore a euro 5.164.569 e fino ad euro 7.500.000;  i contribuenti che rientrano nei casi di cessazione dell’attività, di liquidazione ordinaria ovvero che si trovino in un periodo di non normale svolgimento dell’attività. In questo caso occorre indicare nell’apposito campo NOTE AGGIUNTIVE la motivazione principale che ha impedito lo svolgimento dell’attività economica in maniera regolare.

I dati comunicati saranno utilizzati per valutare se le caratteristiche strutturali dell’impresa sono coerenti con i ricavi o compensi dichiarati.

Linkedin, come usare il social network per trovare nuovi clienti

Sei un piccolo imprenditore, un consulente o semplicemente un manager di te stesso? Sei convinto che i tuoi prodotti e i tuoi servizi o semplicemente la tua professionalità, possano essere utili a un’altra azienda? Bene, allora sei consapevole che la cosa che dovrai fare per trovare nuovi clienti è promuovere il tuo prodotto, il tuo servizio, le tue capacità. Se adesso stai pensando a quanto possa costare fare questo in maniera performante, se stai pensando a quale testimonial scegliere per fare bella figura con i potenziali clienti, se adesso, caro lettore, stai pensando a questo, sei fuori strada. Se credi fortemente nella tua azienda, se credi che i tuoi prodotti e i tuoi servizi o la tua stessa professionalità possano davvero essere un valore aggiunto per un’altra azienda allora vuol dire che non hai bisogno di testimonial, né di santi in paradiso, l’unico vero testimonial sei tu e le uniche tre cose che ti occorrono sono:

  1. un po’ di tempo da investire.
  2. una strategia commerciale.
  3. essere iscritto a Linkedin.

Ok, se adesso hai preso nota di che cosa ti occorre, andiamo per ordine e vediamo cosa devi fare per trovare i tuoi nuovi clienti.

Per prima cosa, definisci quali sono le aziende che potrebbero essere interessate a te, ai tuoi prodotti, ai tuoi servizi. Fatto? Benissimo, adesso prova a pensare a quale funzione in azienda potrebbe essere preposta alla valutazione della tua offerta (ad esempio, se vendi pubblicità probabilmente potrebbe essere utile parlare con il responsabile marketing oppure con il responsabile media planning; se stai cercando di offrirti come consulente, probabilmente potrebbe essere utile parlare con il responsabile della divisione per la quale vorresti proporti, lo stesso amministratore dell’azienda oppure il responsabile risorse umane). Dopo aver individuato quale potrebbe essere il tuo interlocutore, prova a pensare di averlo di fronte e di avere un solo minuto di tempo per presentare te e la tua offerta. Devi avere business-appeal, in un minuto non puoi raccontare tutto ma certamente puoi incuriosire. Adesso, stendi un elenco delle aziende che potrebbero essere interessate a te o ai tuoi prodotti, quindi cerca di localizzare geograficamente la loro sede centrale. Se fino a qui è andato tutto liscio, vuol dire che hai le idee chiare e se hai le idee chiare forse vuol dire che tu, i tuoi servizi, il tuo prodotto, potreste veramente essere un valore aggiunto per un vostro cliente. Adesso che hai scritto la strategia e stilato la mappa dei potenziali clienti, accedi a Linkedin (se non sei ancora registrato, puoi farlo in pochi minuti se conosci un po’ d’inglese). Controlla che il tuo profilo sia dettagliato e soprattutto aggiornato, ma non sforzarti a scrivere in inglese se i tuoi potenziali clienti sono in Italia, meglio scrivere in italiano, cosicché anche loro possano leggere più agevolmente informazioni sul tuo conto (ricorda che a tutti i frequentatori dei social network, compresi me e te, piace ficcare un po’ il naso nelle cose altrui). Una volta su Linkedin, attraverso la funzione avanzata “search” inserisci all’interno della stringa “keywords” una parola chiave che caratterizzi la funzione aziendale che t’interessa: ad esempio, se stiamo cercando il responsabile marketing la parola chiave sarà “marketing”, quindi scegliamo lo stato, Italia, poi all’interno della stringa “company” inseriamo il nome dell’azienda che c’interessa e vistiamo la casella “current company”, per indicare che stiamo cercando persone attualmente impiegate in quell’azienda. Adesso, se siamo fortunati, ci apparirà un elenco di contatti che corrispondono ai nostri criteri di ricerca. All’interno dell’elenco potrebbe esserci la persona che stiamo cercando. Se hai la fortuna di trovare il contatto sperato, non avere fretta di approcciare con lui, bensì leggi scrupolosamente il suo profilo e impara a conoscere la persona che vorresti contattare. Leggi le sue esperienze passate, il suo percorso di studi, i suoi interessi. Presta attenzione ad eventuali partecipazioni in gruppi su Linkedin. Se studi approfonditamente il profilo del tuo potenziale interlocutore potresti scoprire di avere punti in comune con lui, come ad esempio lo stesso percorso di studi, la partecipazione a uno stesso gruppo su Linkedin o magari potresti trovare interessante registrati a un gruppo cui lui già partecipa (così da avere un motivo in più nel tentativo di approccio). A questo punto sei pronto a richiedere al contatto di entrare a far parte del suo professional network. Cerca di personalizzare il messaggio che invierai ma non essere esplicito nel dirgli che vuoi proporgli qualcosa da comprare, in questo caso il tentativo potrebbe immediatamente fallire. Una volta ottenuta la connessione, trascorso un po’ di tempo puoi passare a un approccio più diretto. A questo punto hai due possibilità per incuriosirlo e richiedere un incontro:

  1. telefonare direttamente in azienda, chiedere di parlare con lui, quindi una volta al telefono iniziare la telefonata  rompendo il ghiaccio menzionando il fatto che già siete in contatto su Linkedin e che leggendo dal suo profilo hai pensato di contattarlo perché credi di avere qualcosa di interessante per la sua azienda. Questo è un approccio “frontale”, molto diretto, ma sicuramente il fatto di essere già in contatto con te su Linkedin disporrà in maniera più favorevole il tuo interlocutore. Lo sconsigliamo se stai provando a proporti come consulente.
  2. scrivere utilizzando direttamente il servizio di messaggistica di Linkedin, per dirgli che probabilmente hai un servizio o un prodotto che potrebbe fare al caso suo e che vorresti incontrarlo. Questo è un approccio più freddo, meno invasivo. Sappi che utilizzando questo approccio ridurrai notevolmente le possibilità di un incontro, ma qualora quest’incontro dovesse avvenire avresti forse qualche chance in più di successo.

La scelta di una delle due strade consigliate per l’approccio la lasciamo a te, alla tua sensibilità commerciale, alla tua timidezza o alla tua sfrontatezza.

Ora che hai approcciato con il tuo potenziale interlocutore, non ci resta che augurarti buona fortuna e consigliarti di non demoralizzarti ai primi rifiuti che riceverai: in fondo, questa è storia commerciale di tutti i giorni e in fondo se sei un piccolo imprenditore o un professionista da almeno più di mezz’ora un po’ dovresti esserci già abituato. Buona fortuna.

Davide SCHIOPPA

Qualifiche professionali conseguite all’estero. Come fare per il riconoscimento in Italia?

Il Ministero dello Sviluppo economico, con la Circolare del 28 maggio 2010, ha chiarito il tema del riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite all’estero, introdotto in Italia con il Decreto Legislativo del 9/11/2007, n. 206 (con il quale l’Italia ha recepito la Direttiva 2005/36/CE).

Il riconoscimento al titolo viene dato a tutti i cittadini – comunitari ed extracomunitari – che intendono esercitare una professione sul territorio italiano e che hanno ottenuto, in un Paese diverso dall’Italia, un titolo professionale o che vantino un’esperienza esercitata per un congruo numero di anni.

Richiedere il riconoscimento delle qualifiche professionali permette di accedere – ove il richiedente sia in possesso dei requisiti previsti – alla professione corrispondente a quella per la quale i soggetti sono qualificati nello Stato in cui hanno conseguito la suddetta qualifica e consente loro di esercitare in Italia la suddetta attività, alle stesse condizioni previste dall’ordinamento italiano.

Per ottenere il riconoscimento della qualifica professionale nel settore di attività cui è interessato, il cittadino  deve inviare (raccomandata a/r) al Ministero l’apposita domanda. La disciplina normativa prevede che il procedimento si concluda entro quattro mesi dall’acquisizione della documentazione completa, mediante l’emanazione di un apposito provvedimento amministrativo; questo verrà predisposto previo parere espresso dall’apposita Conferenza di Servizi, convocata periodicamente per l’esame delle istanze sulle quali si è conclusa l’istruttoria da parte dell’Ufficio competente.

Gli ingegneri lavorano tutti, ma pochi hanno il coraggio di mettersi in proprio

In Italia ci sono circa cinquecentomila ingegneri (di cui più di duecentomila sono iscritti all’Albo) e tutti – o quasi – possono dormire sonni tranquilli. Infatti secondo alcuni dati presentati dal Corriere della Sera, sembrerebbe che solo il 4% dei neolaureati in ingegneria resterebbe senza occupazione, ma se si tiene conto della negatività congiunturale dell’anno, la cifra è pari a zero.

Ma nonostante tutti siano pazzi per gli ingegneri, questi guadagnano ancora troppo poco e sono pochi quelli che trovano il coraggio per mettersi in proprio aprendosi una partita iva (soltanto circa il 18% ha una partita iva). Sono finiti i tempi in cui bastava aprire uno studio e aspettare che arrivassero i clienti. Specialmente al Sud dove gli ingegneri oggi si sentono ai margini della società e non adeguatamente valorizzati, perché in sovrabbondanza rispetto alle esigenze del territorio. E allora che fare? molti ingegneri del Sud-Italia, si trasferiscono al Nord dove scelgono un lavoro da dipendente in società o compagnie di costruzione (circa il 75% degli ingegneri ha un lavoro come dipendente).

Questa situazione comporta una remunerazione ancora troppo bassa per una professione che, sebbene basata su logiche imprenditoriali, conserva un intrinseco carattere intellettuale. Così oggi un giovane ingegnere al primo impiego riesce a guadagnare non più di 1.300 euro al mese, che dopo cinque anni si tramutano in appena 1.680 euro. Chi si accontenta resta in Italia, magari al Nord, e chi invece vuole provare a guadagnare di più, si sposta all’estero dove i livelli retributivi sono in media superiori del 25-30%.

Ma chi sono gli ingegneri a partita Iva?
Si tratta prevalente di ingegneri operanti nel settore delle costruzioni (circa il 90% degli ingegneri a partita Iva), organizzati perlopiù in piccoli studi singoli o associati (massimo cinque associati).

I grandi studi associati in Italia sono pochi, ma riescono comunque ad avere la meglio nei grandi appalti, riuscendo a ribassare anche di molto i costi delle performance lavorative. A discapito della qualità del lavoro complessivo. Secondo i colleghi piccoli professionisti.

Siamo tutti persuasori!

Che tu te ne renda conto o no, ogni giorno entriamo in contatto con persone a cui vogliamo vendere qualcosa o che, a loro volta, vogliono venderci qualcosa. Non importa se fai il venditore di professione o se fai tutt’altra cosa: anche solo convincere la tua ragazza a guardare un film horror che tanto ti piace anziche l’ultimo film di Muccino, o convincere il tuo amico ad andare a sciare assieme a Plan de Corones piuttosto che nella solita pista che ormai fai ad occhi chiusi, rappresentano vendite che possono rivelarsi non poi così facili. Quando vendiamo qualcosa, che sia un’idea, un prodotto, un servizio, ecc. abbiamo a che fare con due aspetti importanti: la persuasione e la negoziazione. Il primo, che sarà il tema che tratterò in questa rubrica, riguarda la capacità di ottenere un “si” utilizzando leve motivazionali a costo zero. Il secondo ha sempre lo stesso scopo (ottenere un consenso) ma va ad utilizzare altre leve, ovvero le concessioni, il cui costo sarà più o meno considerevole. Come suggerisce Jim Thomas “Always persuade first. Negotiate only when persuasion fails” (“Persuadi sempre per prima. Negozia solo quando la persuasione non ha funzionato”). Di tecniche, metodi, modi di persuasione ce ne sono un’infinità, più o meno validi. Personalmente credo che tutti si possano raggruppare nei famosi sei principi del prof. Robert Cialdini, noto professore di psicologia dell’Università dell’Arizona e autore di alcuni bestseller nell’ambito della persuasione. A questi sei principi vanno aggiunti due aspetti che reputo importanti: la legge del contrasto e tutta quella macroarea attinente alla persuasione che chiamerò “linguistica” (es. l’utilizzo di certe espressioni verbali, di certi gesti, di alcune implicazioni più o meno veritiere…). Nei prossimi post andrò quindi ad analizzare i vari principi corredati da esempi concreti ed utili per capire come vengono usati e come poterli applicare alle nostre vendite. Infine, chiudo con una citazione che Sebastiano Zanolli riportò durante la serata di presentazione della rivista “Vendere di più” di martedi 2 marzo 2010: “le aziende vanno bene perchè vendono; le aziende vanno male perchè non vendono”. A mio avviso, questo vale anche per tutti noi.

Carlo Zampiva

Coloro che volessero esprimere un commento a questo articolo possono farlo inviando una mail a info@ilcommercialethesalesman.com o rispondendo direttamente a Carlo nella rubrica da lui tenuta “Fatti dire di Sì” sul sito ilcommercialethesalesman.com.

IVA e pensioni sul sito dell’INPS

Niente più busta arancione con il prospetto dei contributi versati e la previsione della pensione.

Pessima notizia per chi corrisponde all’Inps i tributi spettanti dall’aver aperto una partita IVA? Non del tutto.

A proposito di liberi professionisti, a loro sarà comunque garantito l’accesso alla posizione previdenziale direttamente dal sito Internet dell’Inps.

La modalità è quella usuale dell‘utilizzo del codice Pin rilasciato a tutti gli assicurati all’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.

A rivelare queste informazioni è l‘ACTA, Associazione Consulenti Terziario Avanzato, che, dopo essersi chiesta dove fosse finita “quella busta arancione” promessa, ha trovato la soluzione sul web.

Nessuna proiezione, quindi, sull’entità della pensione che i professionisti autonomi andranno a percepire dopo la storia lavorativa (ACTA ha avanzato il sospetto che questa soluzione sia stata scelta per evitare di rivelare proiezioni di pensioni troppo basse per chi, senza altre casse previdenziali, versa lauti contributi all’Istituto), ma una costante lettura online, così come vuole il progresso tecnologico e della comunicazione.

Fonte

Paola Perfetti

Commercialisti e risarcimento danni da responsabilità professionale

La Corte di Cassazione (con Sentenza n. 9917 del 26 aprile 2010) ha stabilito che la  domiciliazione della documentazione contabile presso il commercialista non vale a dimostrare l’esistenza di un rapporto di opera professionale.

La Sentenza è stata emessa con rigetto dell’appello di un contribuente che richiedeva il risarcimento di danni da responsabilità professionale proposta contro il suo commercialista,  professionista del quale si era avvalso in occasione della sua attività di gestore di un bar.

Il Tribunale di Roma aveva già rifiutato la richiesta di risarcimento del gestore dopo che questi era incorso in una gravosa sanzione economica da parte della Guardia di Finanzia, che lo aveva multato per alcune irregolarità nella tenuta formale dei libri contabili.

Ciò avveniva perchè il professionista commercialista non aveva utilizzato la documentazione contabile che gli era stata trasmessa dal contribuente-gestore per la compilazione della dichiarazione dei redditi e della determinazione dell’imponibile ai fini Irpef e IVA, così come non aveva proporso ricorso alla Commissione Tributaria per l’accertamento, nonostante si fosse fatto rilasciare l’apposita procura dal contribuente.

Il contribuente-gestore aveva quindi ritenuto il commercialista inadempiente dal punto di vista professionale così come causa del danno economico, e si era rivolto al Tribunale per il risarcimento, rigettato però sia in Primo che in Secondo Grado.

L’opposizione della Corte era avvenuta proprio perchè andava a escludere  l’esistenza di un rapporto professionale tra il contribuente ed il commercialista, nonostante la presentazione di documenti indicanti il luogo di conservazione della contabilità, e un testimone (poi ritenuto non decisivo in quanto figlio del contribuente). In aggiunta, nel verbale contestato della Guardia di Finanza, risultava quale luogo di conservazione della contabilità del bar lo studio di consulenza del commercialista sito in Roma.

In Appello, il contribuente si è visto ulteriormente respingere il ricorso poichè i giudici, una volta esaminate le risultanze probatorie, avevano definito come generico l’incarico del professionista e quindi non responsabile delle inadempienze.

La Corte di Appello, infatti, rilevava che, anche a voler ritenere che un incarico professionale fosse stato conferito, per poter accogliere la richiesta di risarcimento dell’attore questi avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di eventuali errori da parte della Finanza e le probabilità di successo del ricorso.

La Sentenza (Cassazione civile Sentenza, Sez. III, 26/04/2010, n. 9917):
La responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista ed il pregiudizio del cliente e, in particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente seguita. (Fonte, ndr).

Paola Perfetti

Documento Revisione legale dei conti: la parola al Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili

Il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec) ha emanato un nuovo Documento in merito alla questione della revisione legale dei conti.

Un ambito importante nonchè una specifica necessaria dopo le modifiche intervenute per effetto del D.Lgs. n. 39/2010.

In questo modo, vengono analizzati i fattori adeguatezza delle ore di lavoro preventivate e idoneità tecnico professionale che i sindaci devono tenere in considerazione prima di conferire l’incarico ad un revisore.

Il Documento contiene una serie di valutazioni che il revisore deve effettuare prima di accettare l’incarico, come la modalità di svolgimento della revisione, l’adeguatezza dei tempi previsti e l’idoneità delle risorse professionali da impiegare.

Infine, il Documento contiene anche un fac-simile per la proposta motivata sul conferimento dell’incarico di revisione legale dei conti.

Paola Perfetti

Più facile e veloce anche in Italia impedire la registrazione di un marchio confondibile con il proprio

Con il decreto n. 33 del 13 gennaio 2010, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 10 marzo 2010, entra finalmente in vigore il Regolamento di Attuazione del Codice della Proprietà Industriale, che rende esecutiva la procedura di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa. Il nostro Paese si allinea quindi alla gran parte degli Stati comunitari e fa propria una procedura amministrativa adottata già da diversi anni dall’Ufficio comunitario (Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno di Alicante), seppur con qualche differenza relativamente ai motivi per poter depositare un’opposizione, più ristretti in Italia che in Unione Europea.

I titolari di marchi non saranno più costretti ad adire le vie giudiziarie per chiedere la cancellazione di un marchio illecitamente registrato ma potranno agire in via amministrativa davanti all’Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) per opporsi alla concessione di un marchio contrastante con il loro diritto anteriore. Da un lato, quindi, si potrà agire prima che il titolo venga concesso e, dall’altro, ci si potrà avvalere di una procedura amministrativa più snella e certamente meno onerosa rispetto ad un normale procedimento giudiziario. Sono legittimati a depositare un’opposizione, entro il termine di tre mesi dalla data di pubblicazione del marchio nel Bollettino Ufficiale, i titolari di marchi registrati identici o simili per prodotti identici o affini. L’opposizione dinanzi all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi potrà essere depositata anche in caso di assenza di consenso degli aventi diritto relativamente a ritratti di persone, nomi e segni notori. Le parti avranno la possibilità di raggiungere un accordo prima della chiusura della procedura amministrativa, che dovrà comunque concludersi entro 24 mesi dal deposito dell’atto di opposizione.

Ad oggi, l’UIBM non effettua una verifica sulla sussistenza di un contrasto tra un marchio depositato e le registrazioni precedenti; spetta invece al titolare di un marchio monitorare le richieste di registrazione che pervengono all’Ufficio. Per fare ciò, è necessario avvalersi di un consulente specializzato per il monitoraggio costante dei Registri dei marchi implicati e porre in essere azioni in difesa del proprio diritto qualora si ravvisi un conflitto con il proprio titolo anteriore. La coesistenza tra marchi di diverse imprese rischia di svilire l’importanza del marchio, principale strumento di comunicazione e collettore di clientela per l’impresa, con conseguenti perdite economiche e rischio di confusione per il consumatore, che potrebbe essere portato a confondersi tra prodotti aventi origine imprenditoriale differente a causa della somiglianza tra i marchi. L’introduzione della procedura di opposizione rappresenta dunque un’importante opportunità per impedire la concessione di un marchio che si ritiene in contrasto con il proprio diritto di esclusiva e per rafforzare, di conseguenza, il segno distintivo di cui si è titolari: con un’azione tempestiva in difesa dello stesso se ne accrescerà infatti il valore, grazie alla sua unicità sul mercato.

Tuttavia, per l’effettivo l’utilizzo di tale procedura manca ancora il decreto del ministro dello Sviluppo Economico che fissa termini e modalità di pagamento dei diritti per il deposito dell’opposizione che, a questo punto, si attende a breve.

Avv. Helene Regnault de la Mothe

Agevolazioni Irpef sui trasferimenti di residenza per motivi professionali

Alcune novità riguardanti l’Irpef sui dipendenti che decidono di trasferire la propria residenza per motivi professionali o nel comune di lavoro o nel comune limitrofo entro tre anni dalla richiesta della detrazione.

Il contribuente deve essere titolare di un qualunque tipo di contratto di locazione di unità immobiliari che costituisca la sua abitazione principale e che si trovi nel comune di residenza a non meno di 100 Km di distanza dal precedente e comunque fuori dalla propria regione.

A costui  spetta una detrazione di imposta così ripartita solo nei primi 3 anni di trasferimento della residenza:
– 991,60 euro per il reddito complessivo entro i 15.493,71 euro;
– 495,80 euro per il reddito compreso tra i 15.493,71 e i 30.987,41.

Ciò significa che il contribuente che, ad esempio, abbia cambiato residenza e Comune nel mese di ottobre 2007, ha diritto alle detrazioni d’inmposta per gli anni 2007, 2008 e 2009.

In questo periodo di crisi del lavoro, però, è da considerare anche la situazione in cui il contribuente cessi di essere lavoratore dipendente.

In tal caso, nel corso del periodo di spettanza della detrazione, il contribuente perde il diritto alla detrazione a partire dall’anno successivo a quello nel quale non sussiste più tale qualifica.

Infine, ecco in che come compilare il modello per la dichiarazione dei redditi.

Parliamo naturalmente del modello 730: bisogna compilare il rigo E42 e in particolare

nella colonna 1 il numero dei giorni nei quali l’unità immobiliare locata è stata adibita ad abitazione principale;

nella colonna 2 la percentuale di spettanza della detrazione nel caso in cui il contratto di locazione è cointestato a più soggetti.

Paola Perfetti