Cosa si intende per goodwill per un’azienda

Ogni impresa presente e operante sul mercato ha un valore intangibile che va sotto il nome di goodwill. Si tratta, nello specifico, del cosiddetto avviamento d’azienda che è originario quando questo valore intangibile viene creato e generato internamente.

Mentre si parlerà di avviamento d’azienda derivativo quando questo è riconducibile ad attività che sono state acquisite. Chiarito cosa si intende per goodwill per un’impresa, vediamo di chiarire e di approfondire pure tutti i principali aspetti che sono legati proprio all’avviamento d’azienda.

Cos’è per definizione la goodwill o avviamento d’impresa

Come valore intangibile, la goodwill o avviamento aziendale non è altro che il risultato di una differenza. Una differenza che in genere è positiva, e che è data dal valore in eccesso che emerge tra il valore di mercato di un’impresa, e la somma delle attività e delle passività.

Ma ci sono casi in corrispondenza dei quali la goodwill è negativa. E questo emerge, per esempio, quando un’azienda viene ceduta ad un valore che è inferiore a quello che è dato dalla somma delle sue attività e delle sue passività.

In quali casi emerge la goodwill come valore intangibile di un’azienda

La goodwill come valore intangibile di un’azienda emerge quando c’è un’operazione di cessione. In tal caso l’acquirente per rilevare l’impresa dovrà sborsare un maggior costo che è dato proprio dal valore attribuito all’avviamento aziendale. Nel quale può rientrare, prima di tutto, il valore del marchio, ma anche i brevetti, le relazioni con i dipendenti e con i fornitori, nonché la base di clienti che è stata acquisita.

In più, in base a quelli che sono i principi della contabilità internazionale, la goodwill a bilancio non può essere soggetta ad ammortamento, ma annualmente il valore dell’avviamento può essere comunque rivisto e corretto in presenza di cambiamenti.

Quali riferimenti per la goodwill nell’ordinamento giuridico italiano

Nell’ordinamento giuridico italiano non c’è nel codice civile un riferimento esplicito relativo all’avviamento. Ed è per questo che, come sopra accennato, il valore di avviamento emerge per un’impresa italiana quando si effettuano le operazioni di trasferimento, in tutto o in parte, delle quote societarie. Trattandosi di un valore intangibile e soggettivo, di conseguenza, le operazioni di cessione di un’azienda possono avvenire pure attraverso una sopravvalutazione del suo valore di avviamento. Il che comporterà per l’acquirente, nella fattispecie, l’assunzione di maggiori costi.

Come funzionano le operazioni aziendali di fusione e acquisizione

Tra le operazioni che sono più comuni e più frequenti, e che portano ad una variazione sostanziale dell’assetto societario, ci sono quelle che rientrano nella sigla ‘M&A’ che sta per ‘Mergers and Acquisitions‘. Ovverosia si tratta delle operazioni aziendali di fusione e di acquisizione che permettono a due o più imprese di consolidarsi e di espandersi in mercati ed in settori economici di riferimento che spesso sono sia complementari, sia sempre più competitivi. Vediamo allora, nel dettaglio, di spiegare che cos’è una fusione e che cos’è invece un’operazione di acquisizione, ed anche di definire e di fissare quali sono le differenze.

Cos’è un’acquisizione e cos’è invece un’operazione di fusione

Nel dettaglio, un’operazione societaria di acquisizione non è altro che un passaggio di proprietà. Con la società acquirente che rileva le quote societarie di un’altra impresa. Quest’ultima, inoltre, viene incorporata dalla società acquirente che diventa, in tutto e per tutto, proprietaria di tutti gli asset dell’azienda acquisita. Includendo pure i marchi e gli eventuali brevetti.

L’operazione di fusione, invece, è l’unione tra due società che è finalizzata a creare una nuova entità. Precisamente, una nuova azienda che, dalla combinazione degli asset, è più grande e, di conseguenza, è anche più forte e più competitiva sul mercato relativo ai settori economici in cui opera.

Come avvengono le operazioni aziendali di fusione e di acquisizione in termini dimensionali

In linea generale, possiamo inoltre dire che l’operazione di acquisizione avviene tra società di dimensioni diverse. Con un’impresa più grande o molto più grande che in genere acquisisce la società più piccola. Mentre le operazioni di fusione spesso avvengono tra società che hanno all’incirca la stessa dimensione. In tal caso si parlerà infatti di operazione di fusione alla pari tra le due aziende.

Pur tuttavia, al netto delle dimensioni delle imprese in gioco, nell’ambito di un’operazione di fusione un’azienda rispetto all’altra può far spesso leva su un maggior potere contrattuale. Per esempio, un’azienda in salute che si fonde con un’azienda che, pure avendo magari dimensioni simili, è invece in qualche modo in difficoltà.

Per esempio, in quanto al momento della fusione ha perso importanti quote di mercato nel settore economico in cui opera. Oppure ha fatto registrare di recente degli indicatori economici e finanziari in peggioramento.

Cos’è la deduzione fiscale, come e chi la applica per risparmiare sulle tasse

Al pari delle detrazioni fiscali, in Italia pure le deduzioni permettono, anche se in maniera differente, di risparmiare sulle tasse. Se con la detrazione, infatti, si ottiene un risparmio secco di imposta sulle tasse da pagare, con le deduzioni fiscali, invece, l’applicazione dello sconto avviene sull’ammontare su cui andare poi a calcolare le imposte, ovverosia sul reddito imponibile lordo. Questa è, nella pratica, la risposta a cos’è la deduzione, ma vediamo al riguardo di approfondire tutti gli aspetti fiscali correlati.

Perché la deduzione fiscale si applica sempre prima della detrazione

Per quanto detto, quindi, la deduzione fiscale abbassa il reddito imponibile su cui calcolare le tasse. Dopodiché, dall’imposta lorda, se maturate, si possono poi sottrarre e quindi scaricare, in sede di dichiarazione dei redditi, le detrazioni fiscali. Il che significa che l’applicazione delle deduzioni precede sempre la fruizione delle detrazioni fiscali.

Oneri deducibili, quando lo sconto sulle imposte è parziale e quando invece è totale

Le spese che si possono detrarre fiscalmente rientrano tra i cosiddetti oneri deducibili, e si possono scaricare dal reddito imponibile lordo in maniera totale o parziale in base a quella che è la tipologia di costo sostenuto.

Per esempio, per un’attività imprenditoriale, sono totalmente deducibili dal reddito aziendale i costi sostenuti per l’acquisto dei cosiddetti beni strumentali. Che possono spaziare dai macchinari ai computer, passando per il software.

Alcuni costi, invece, sono sempre deducibili ma solo parzialmente. Per esempio, i costi legati all’acquisto di un veicolo, le spese per i contratti di leasing sui beni immobili, ed i costi sostenuti per la partecipazione a fiere e congressi.

La deduzione fiscale, chi la applica con i conseguenti benefici per risparmiare sulle tasse da versare

La deduzione fiscale è fruibile non solo dalle imprese, ed in generale da parte dei titolari di partita IVA, ma anche dalle persone fisiche quando previsto in base alla normativa fiscale vigente. Ed il tutto chiaramente a patto di essere in possesso di fattura o di ricevuta di pagamento per la spesa sostenuta.

Inoltre, l’applicazione e la fruizione della deduzione fiscale spetta sempre, con i conseguenti benefici, a chi sostiene la spesa. Includendo pure quel soggetto che ha sostenuto la spesa per conto ed a favore di un familiare che è fiscalmente a carico.

Come delegare la gestione dei propri crediti ad un’altra azienda

Alle imprese, specie a quelle piccole, capita spesso di avere dei problemi di liquidità quando ci sono dei ritardi sui crediti da incassare. Con i pagamenti dovuti che non arrivano neanche dopo ripetuti solleciti.

Per ovviare a questo problema le imprese possono delegare la gestione dei propri crediti ad altre imprese che sono specializzate proprio nella gestione e nell’incasso dei pagamenti per conto di terzi.

Si tratta, nello specifico, del cosiddetto contratto di factoring che, tra l’altro, può permettere di ottenere pure degli anticipi sui crediti ancora da incassare. Vediamo allora, nel dettaglio, come funziona il factoring ed anche quali sono i vantaggi e gli svantaggi nel delegare a società esterne la gestione ed il recupero dei crediti aziendali.

Cos’è il factoring e come funziona in base al tipo di contratto stipulato

Nel dettaglio, con il contratto di factoring un’impresa delega ad un’altra impresa la gestione dei crediti che vengono ceduti e per i quali l’azienda che delega può ottenere parte di questi crediti in anticipo. Con l’anticipo dei crediti che comporta sempre il riconoscimento, all’azienda alla quale i crediti sono stati ceduti, di un guadagno percentuale sugli stessi.

In altre parole, la società di factoring gestisce, recupera ed acquisisce i crediti a fronte del riconoscimento di una commissione. Questa commissione, inoltre, può essere commisurata al controvalore dei crediti ma anche al rischio che questi non vengano riscossi.

Quali sono i tipi di contratto di factoring che possono essere stipulati

Non a caso i contratti di factoring possono essere suddivisi e distinti in due grandi categorie. Ovverosia, il factoring pro soluto ed il factoring pro solvendo. Con il pro soluto è la società di factoring che prende il pieno controllo del credito includendo pure l’eventuale rischio di insolvenza che è a suo carico. Con il pro solvendo, invece, la responsabilità in caso di insolvenza resta in capo all’azienda che ha ceduto i crediti.

I vantaggi del factoring, dal risparmio di tempo al flusso di cassa regolare

Per quanto detto, quindi, a fronte della rinuncia ad una percentuale dei crediti da riscuotere, il factoring è una formula che è in grado di garantire ad un’azienda un flusso di cassa regolare. Ed anche di risparmiare il tempo che, altrimenti, sarebbe necessario per avviare ogni volta le procedure di recupero dei crediti. Tra i solleciti e le eventuali ingiunzioni di pagamento.

Quali sono per le imprese i vantaggi e gli svantaggi dell’outsourcing

Per la fruizione di uno o più servizi, che sono necessari per un’azienda, spesso le imprese si rivolgono ad altre aziende che sono esterne e che sono specializzate. Si tratta, nello specifico, della scelta di esternalizzare uno o più processi al fine di ottenere spesso, attraverso le economie di scala, dei vantaggi economici.

Ci riferiamo, nello specifico, al cosiddetto outsourcing grazie al quale viene delegata a ditte esterne la produzione di un prodotto o l’erogazione di un servizio. Vediamo allora nel dettaglio, proprio con l’outsourcing, quali sono i pro ed i contro per le imprese che fanno questa scelta.

Perché spesso le imprese fanno leva sull’outsourcing

Sul perché spesso le imprese fanno leva sull’outsourcing, c’è da dire che spesso, per un determinato processo, le aziende non sono adeguatamente strutturate. Per esempio non hanno i macchinari necessari per realizzare un prodotto.

E magari questi macchinari sono troppo costosi per poter eseguire il processo per linee interne. In tal caso l’impresa fa leva sull’esternalizzazione anche perché spesso non è solo una questione di investimenti, ma anche di competenze.

Quali sono i vantaggi dell’outsourcing per le aziende

Per quanto detto, le aziende traggono vantaggi dall’outsourcing in quanto possono fruire di servizi in maniera rapida, efficiente ed a basso costo da parte di terzi. Senza investimenti interni e senza la necessità, spesso, di dover sostenere dei costi per la formazione del personale.

In più, l’outsourcing è flessibile in quanto l’impresa, al termine degli accordi, può decidere di esternalizzare lo stesso processo o altri processi ad altre aziende. Così come l’outsourcing può portare ad acquisire beni e servizi con un livello di qualità che l’azienda al suo interno non potrebbe raggiungere in breve tempo.

Quali sono per le imprese i potenziali svantaggi dell’outsourcing

Come per ogni cosa, pure per l’outsourcing ci sono tanti vantaggi ma anche dei potenziali svantaggi da valutare sempre con estrema attenzione. Su tutti la necessità di dover fornire, spesso necessariamente per l’attuazione dei processi tramite esternalizzazione, dati aziendali sensibili.

Inoltre, delegando a terzi l’attuazione di alcuni processi l’impresa non ha modo di migliorarli se non continuando ad affidarsi a società esterne. Con il rischio a regime di perdere letteralmente il controllo non solo sulla qualità, ma anche sulla modalità di esecuzione dei processi stessi.

Quanti impiegati ha una piccola impresa e quali sono i limiti ed i valori di fatturato

Il numero degli impiegati, ed i valori del fatturato, sono i parametri chiave che in Italia si utilizzano per identificare le imprese. Ovverosia, per distinguerle tra micro imprese, piccole imprese, medie imprese e grandi imprese.

Vediamo allora di approfondire, nel dettaglio, quali sono i parametri che nel nostro Paese identificano un’attività imprenditoriale come rientrante tra le piccole imprese. E quindi andiamo a vedere, nello specifico, quanti impiegati deve avere una piccola impresa, ed anche quali sono i limiti ed i valori di fatturato che devono essere rispettati per essere definita tale.

Cos’è una piccola impresa e quando può essere definita come tale

Sulla piccola impresa in Italia, prima di tutto, c’è da dire che questa forma, in tutto e per tutto, l’ossatura del sistema imprenditoriale nel Paese. La piccola impresa, insieme alla micro impresa, infatti, copre numericamente oltre il 95% delle imprese italiane.

Con la micro, la piccola e la media impresa che sono identificate con la sigla PMI. Detto questo, una piccola impresa per essere definita tale deve avere meno di 50 impiegati, e deve avere pure un fatturato annuo al di sotto della soglia dei 10 milioni di euro.

Inoltre, una piccola impresa con meno di 50 impiegati è definita tale pure quando non il fatturato, ma il suo bilancio è inferiore sempre alla soglia dei 10 milioni di euro. La differenza sta nel fatto che per il fatturato si guarda ai ricavi dell’anno precedente, mentre per il valore del bilancio si considerano le previsioni di ricavo dell’anno corrente o di quello a seguire.

Come si conteggiano gli impiegati di una piccola impresa per il rispetto del limite dei 50 lavoratori

Per il calcolo del numero dei dipendenti, inoltre, non tutti i lavoratori sono conteggiati allo stesso modo. Sono infatti esclusi dal conteggio non solo gli stagisti, ma anche le lavoratrici in maternità ed i lavoratori con il contratto di apprendistato. Così come il conteggio per i lavoratori part-time, rispetto a quelli a tempo pieno, è sempre parziale.

Qual è il limite di essere una piccola impresa

Per dimensioni, inoltre, la piccola come la media impresa spesso ha difficoltà non solo ad accedere al credito, ma anche ad attrarre capitali e quindi nuovi investitori. Per questo in Italia, a livello statale come regionale, sono costanti le politiche economiche ed anche finanziarie di sostegno alle PMI.

Cosa sono le economie di scala e perché sono vantaggiose per le aziende

Le aziende, periodicamente, al fine di mantenere un adeguato livello di redditività hanno bisogno di tagliare i costi. E nel farlo in genere ci sono tanti potenziali e possibili soluzioni. Al riguardo, quando è possibile, le aziende riescono a calmierare i costi, con benefici per gli utili futuri, attraverso le cosiddette economie di scala. Vediamo allora, nel dettaglio, quando un’economia si definisce di scala, e quali sono, di conseguenza, tutti i vantaggi che in merito un’impresa può andare a sfruttare.

Cos’è un’economia di scala e come si ottiene

Per definizione, l’economia di scala è un fenomeno che porta l’azienda ad essere più efficiente grazie alla riduzione dei costi, permettendo inoltre di vendere più prodotti o servizi generando un conseguente aumento dei ricavi.

Per l’impresa, quindi, l’economia di scala porta sempre ad un aumento dei margini di guadagno. Cosa che può avvenire attraverso gli investimenti, oppure con operazioni di trasformazione societaria. Ovverosia, per esempio, attraverso operazioni di fusione o di acquisizione. Ma anche attraverso una riorganizzazione societaria e, quindi, per linee interne.

Esempi di economie di scala attraverso investimenti in infrastrutture materiali e immateriali

Per esempio, attraverso gli investimenti, molte imprese beneficiano di economie di scala che sono derivanti dall’ammodernamento di attrezzature e di macchinari. Il che porta a rientrare dall’investimento effettuato in tempi relativamente brevi. Non solo attraverso una maggiore produzione, ma anche attraverso, spesso, un forte miglioramento della qualità dei prodotti che possono essere messi in commercio. Avere macchinari moderni ed efficienti, infatti, significa abbassare il costo unitario di un singolo prodotto, e di produrre di più andando a ridurre le inefficienze davvero al minimo.

Gli investimenti per ottenere le economie di scala, inoltre, possono essere anche immateriali. Per esempio, un’azienda che investe rinnovando il proprio portale di e-commerce o adottando dei  software evoluti che garantiscono efficienza e sicurezza ai propri sistemi informatici.

Quando mettere in atto e quando sfruttare al massimo le economie di scala

In genere le economie di scala si sfruttano quando la domanda dei beni o dei servizi proposti al mercato è elevata. E quindi c’è bisogno, al fine di massimizzare i profitti, di dover produrre sempre alla massima capacità. Quindi, nello stesso tempo, per investire al fine di avvantaggiarsi delle economie di scala la fluttuazione della domanda, in ogni caso, può essere anche un fattore di rischio.

Cos’è un Business Angel e quali sono le differenze con il Venture Capital

Tra le attività di una nuova impresa, che sono caratterizzate da idee spesso innovative e rivoluzionarie, spiccano le start-up. Si tratta, nello specifico, di imprese in fase di sviluppo che, per la loro natura, presentano un elevato tasso di insuccesso. Mentre le imprese che escono dalla fase di start-up riescono poi ad entrare sul mercato grazie ad un’idea o ad un progetto che si è poi rivelato vincente.

In tutto questo c’è una figura all’interno delle start-up che spesso fa la differenza. Si tratta, nello specifico, del cosiddetto Business Angel. Vediamo allora, nel dettaglio, chi è e cosa fa un Business Angel e quali sono le differenze che caratterizzano questa figura chiave, per le start-up a partire da quelle innovative, rispetto al Venture Capital.

Chi è il Business Angel e cosa fa a supporto delle start-up a partire da quelle innovative

Nel dettaglio, un Business Angel, a differenza del Venture Capital che in genere investe in imprese che sono già consolidate, è una figura che offre ad una start-up promettente non solo il capitale, ma anche la conoscenza che spazia dalla consulenza strategica all’assistenza tecnica.

Quindi, rispetto agli istituti di credito, che in genere possono sostenere le start-up solo attraverso la concessione di capitale, per esempio attraverso dei prestiti, il Business Angel per l’attività di nuove imprese si presenta, in tutto e per tutto, come un investitore informale.

Come, quando e perché il Business Angel investe i propri capitali e le proprie competenze in una start-up

Tra le conoscenze, le competenze ed i capitali, il Business Angel, quindi, investe denaro ed esperienza in una o più start-up al fine di sviluppare le loro idee. In genere, con il conferimento di capitali, il Business Angel acquisisce una quota della start-up che può avvantaggiarsi del fatto di sfruttare l’apporto di competenze a costo zero durante le prime fasi di vita.

Rispetto alle società di Venture Capital, inoltre, i Business Angel sono in tutto e per tutto delle persone fisiche che spesso ad una start-up offrono capitale e competenze per ragioni che non sono prettamente di natura economica, e quindi non necessariamente orientate al profitto. Ma lo fanno, semplicemente, perché quell’idea innovativa piace e può offrire un contributo importante alla collettività. Per esempio, un progetto medico-sanitario innovativo che può salvare molte vite.

Chi sono le persone giuridiche e quali sono le differenze con le persone fisiche

In Italia a livello fiscale i contribuenti possono essere suddivisi e identificati all’interno di due grandi categorie. Ovverosia le persone fisiche e le persone giuridiche. Con queste ultime che, a loro volta, possono essere costituite da due o più persone fisiche.

In altre parole, la persona giuridica è un soggetto di diritto che, nel momento della sua costituzione, acquisisce dei diritti ma ha pure dei doveri. Vediamo allora, nel dettaglio, chi sono le persone giuridiche. Ed anche quali sono le differenze con le persone fisiche.

Le persone giuridiche con e senza fine di lucro

Le persone con capacità giuridica, in particolare, possono essere suddivise in due grandi categorie. Ovverosia le persone giuridiche con scopi di lucro, e quindi orientate al profitto, e quelle che invece non perseguono delle finalità economiche.

Per semplificare, una società è una persona giuridica che, rappresentante un’organizzazione di persone, ha scopi di lucro. Mentre un’associazione è sempre costituita da un insieme di persone, ma tra i suoi scopi non ha quello di promuovere e di portare avanti attività per fini di lucro.

Quali sono le persone giuridiche pubbliche e quelle private

Inoltre, le persone giuridiche possono essere distinte tra pubbliche e private. Per esempio, rientrano tra le persone giuridiche pubbliche i comuni, le regioni, gli enti territoriali ed altri enti pubblici come le Università. Mentre un’associazione o una fondazione è una persona giuridica privata al pari delle varie forme di società che si possono costituire. Dalla società a responsabilità limitata alla società per azioni.

Quali sono gli obblighi per le persone fisiche e per quelle giuridiche

Tra gli obblighi che possono accomunare le persone fisiche a quelle giuridiche, se questi sono soggetti passivi IVA, c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, l’obbligo della fatturazione elettronica è stato introdotto l’1 gennaio del 2019 per poi essere stato ulteriormente esteso anche ai forfettari, a partire dall’1 luglio del 2022, con un volume dei ricavi o dei compensi superiore alla soglia dei 25.000 euro.

Mentre l’obbligo di fatturazione elettronica verso la PA, anche per i forfettari, era invece già in vigore. Questo significa che, a partire dall’1 luglio del 2022, le persone fisiche titolari di partita IVA, e con ricavi o compensi sopra la soglia dei 25.000 euro, sono sempre obbligati ad amettere ed a trasmettere tutte le fatture attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) che è gestito dall’Agenzia delle Entrate.

Microimpresa e piccola impresa, il confronto e quali sono le differenze

In Italia le imprese sono denominate e sono classificate sia in base al numero dei dipendenti, sia in ragione del loro fatturato annuo. Per esempio, in Italia ci sono tantissime microimprese, e lo stesso dicasi per la cosiddetta piccola impresa. Vediamo allora di fare il confronto tra le due, e vediamo anche di capire quali sono le differenze tra microimpresa e piccola impresa.

Cos’è una microimpresa

Nel dettaglio, in Italia sulle microimprese c’è da dire, prima di tutto, che queste rientrano tra le PMI, ed hanno meno di 10 dipendenti. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 2 milioni di euro.

Cos’è una una piccola impresa

La piccola impresa, invece, è un po’ più grande di una microimpresa. Dato che rientrano tra le piccole imprese le attività imprenditoriali che occupano meno di 50 lavoratori. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 10 milioni di euro.

Come si calcola il numero degli occupati nelle microimprese e nelle piccole imprese

Per il calcolo del numero degli occupati in una microimpresa, e lo stesso dicasi per una piccola impresa, sono conteggiati gli impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, e quelli con contratto a part-time. Mentre non sono conteggiati gli apprendisti, le lavoratrici in maternità e gli stagisti.

Quindi, una micro impresa può avere meno di 10 dipendenti, e classificarsi come tale, ma può avere pure stagisti e apprendisti, non conteggiati, così come avviene spesso per le microimprese e per le piccole imprese che sono operanti nel settore dell’artigianato.

Quali sono gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese, occhio alla fatturazione elettronica

Tra gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese ricordiamo che c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, molti contribuenti in regime fiscale forfettario rientrano tra le microimprese. Ma anche per loro, con ricavi o compensi sopra i 25.000 euro, dall’1 luglio del 2022 è scattato l’addio all’emissione di fatture cartacee.

Per la fatturazione elettronica le microimprese e le piccole imprese possono utilizzare dei software accreditati. Oppure, senza mai spendere un euro, c’è l’app FatturAE ed il portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ dell’Agenzia delle Entrate.