Quali sono i requisiti affinché un’idea venga brevettata

Le idee spesso sono vincenti, ed in certi casi sono pure rivoluzionarie. E quando le idee sono rivoluzionarie allora è alto il rischio che queste vengano imitate e quindi copiate. Chi inventa qualcosa, infatti, in genere ha un vantaggio competitivo che, pur tuttavia, nel tempo può essere perso.

E questo avviene in genere quando a far leva sulla stessa idea è, per esempio, una società che ha ingenti mezzi e risorse finanziarie per investire e per sfruttare proprio quell’idea per assumere una posizione dominante nel mercato di riferimento.

Pur tuttavia, quando l’idea è davvero vincente e rivoluzionaria, questa si può in ogni caso proteggere  e tutelare proprio da chi vuole provare a copiarla. E questo, nella fattispecie, grazie alla brevettazione. Ed allora, vediamo nel dettaglio quali sono i requisiti affinché un’idea venga brevettata.

Quali sono i requisiti per trasformare un’idea in un brevetto

Al fine di poter trasformare un’idea in un brevetto, l’idea stessa deve rispettare dei requisiti che sono molto stringenti. A partire dal fatto che l’idea da un lato deve essere nuova e originale, e quindi non deve essere simile alle altre idee già brevettate, e dall’altro lato deve essere lecita. Ovverosia deve essere un’idea non contraria al buon costume e all’ordine pubblico.

In più, l’idea da brevettare deve essere un’opera dell’ingegno utile, ovverosia tale da poggiare su criteri non solo di utilità, ma anche di realizzabilità. Così come, presentando la domanda di brevettazione per la propria idea/invenzione, questa deve essere descritta e illustrata in maniera chiara e precisa. In quanto la brevettazione o meno dell’idea passa poi sempre attraverso la valutazione che sarà fornita da tecnici/esaminatori.

A chi rivolgersi in Italia per brevettare un’idea e per accedere agli incentivi ed ai contributi statali

In Italia per brevettare un’idea occorre rivolgersi al MiSE, ovverosia al Ministero dello Sviluppo Economico. Precisamente all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi – Direzione Generale per la Tutela della Proprietà Industriale. Per incentivare la brevettazione, specie quando le idee sono proposte da micro e piccole imprese, sono inoltre accessibili risorse pubbliche.

Ovverosia bandi per la brevettazione. Per esempio, dal prossimo 27 settembre del 2022, grazie a risorse per complessivi 46 milioni di euro, si apriranno i termini per la presentazione delle domande per l’accesso ai contributi dei bandi Brevetti+, Marchi+ e Disegni+.

Quali sono i principali vantaggi competitivi per un’impresa

Le imprese per stare sul mercato, e quindi per poter avere una base di clientela per la sottoscrizione di servizi e/o per l’acquisto di prodotti, devono necessariamente creare a regime valore aggiunto.

Ovverosia la differenza tra i ricavi ed i costi deve essere positiva, e possibilmente gli utili generati, anno dopo anno, devono crescere nel tempo. In particolare, per mantenere nel tempo questo status un’impresa ha bisogno di differenziarsi dalle altre sotto tanti punti di vista al fine di mantenere e di accrescere la propria base di clienti.

In tal caso, rispetto alle aziende che operano nello stesso settore economico, l’impresa in genere può far leva su vantaggi competitivi che, maturati nel tempo, devono essere poi difesi ed anche resi sostenibili. Vediamo allora, proprio per un’impresa, quali sono in genere i principali vantaggi competitivi su cui si può far leva.

Ecco i principali vantaggi competitivi per un’impresa, dalle materie prime all’innovazione

Nel dettaglio, uno dei vantaggi competitivi per un’impresa, rispetto ad un’altra che opera nello stesso settore economico, è dato dai costi. Perché ridurre i costi significa, a parità di vendite, far aumentare gli utili. In genere le imprese riescono a tagliare i costi, per esempio, grazie alla leva dell’innovazione che garantisce una maggiore produttività.

Ma i costi si possono tagliare anche in tanti altri modi. Dall’accesso alle materie prime ad un minor prezzo, rispetto alla concorrenza, all’accesso a sovvenzioni e sussidi, passando per un minor costo del lavoro.

Altri vantaggi competitivi per un’azienda, dal brand alla nicchia di mercato

Tra gli altri vantaggi competitivi per un’azienda, inoltre, spicca la forza del brand. Un marchio che è riconoscibile e che è sinonimo di qualità, per i prodotti e per i servizi proposti, permette in genere ad un’impresa di ottenere rispetto ai competitor dei margini di profitto più alti.

Così come pure il settore di mercato può rappresentare un vantaggio competitivo. Pure quando un’azienda opera in una nicchia di mercato in corrispondenza della quale il vantaggio competitivo acquisito è tale che l’impresa sostanzialmente non ha concorrenti. Oltre alla forza del brand, inoltre, le imprese spesso difendono i loro vantaggi competitivi attraverso i brevetti che sono delle risorse intangibili molto spesso di difficile imitazione.

Quale regime fiscale per una partita IVA, dal forfettario all’ordinario

Quando in Italia un soggetto apre una partita IVA, dietro può esserci un libero professionista, un artigiano, un piccolo imprenditore o un lavoratore autonomo. Così come la partita IVA può essere associata anche ad una media impresa e ad una grande impresa.

In base alla caratteristica dell’attività imprenditoriale, ed anche in ragione delle sue dimensioni, in Italia a fronte dell’apertura della partita IVA scatta pure il regime fiscale applicabile. Al riguardo c’è da dire che attualmente una partita IVA è associabile a tre possibili regimi fiscali. Vediamo allora quali sono i regimi fiscali per una partita IVA, e pure quali sono anche le condizioni per rientrarci.

Ecco quali sono in Italia i 3 regimi fiscali per una partita IVA

Nel dettaglio, attualmente in Italia i tre regimi fiscali possibili, per i titolari di partita IVA, sono tre. Ovverosia il regime fiscale forfettario, il regime fiscale semplificato ed il regime fiscale ordinario. Con il regime fiscale forfettario che, di fatto, è attualmente in Italia l’unico regime agevolato che permette, nel rispetto dei requisiti di accesso previsti, il pagamento di una tassa piatta al 15% sul reddito imponibile.

Con un limite di ricavi annui al di sotto della soglia dei 400.000 euro, invece, è possibile accedere al regime fiscale semplificato che, tra l’altro, non prevede l’obbligo di redigere il bilancio aziendale. Il regime fiscale ordinario è invece quello naturale, nel senso che, per le partite IVA, è quello che impone il rispetto, per un’azienda, di tutti gli obblighi che sono previsti e imposti dal codice civile.

Da cosa dipende la scelta del regime fiscale per un’impresa

Per la scelta del regime fiscale, quindi, ci sono tanti fattori da valutare. Dal tipo di impresa al volume dei compensi e dei ricavi annui. Passando anche per i costi da sostenere. Per esempio, il regime forfettario è favorevole perché sui ricavi o sui compensi, fino alla soglia dei 65.000 euro annui, si paga una tassa piatta.

Pur tuttavia, questo regime potrebbe anche non essere conveniente nel caso in cui l’attività imprenditoriale preveda rilevanti costi detraibili e/o deducibili per i quali il regime forfettario prevede invece delle forti limitazioni. Inoltre, il regime fiscale forfettario, per rientrarci, fissa pure dei paletti anche quel che che riguarda il costo del lavoro.

Quali sono per le imprese i vantaggi del cloud computing

Per le imprese l’accesso in sicurezza ai dati è fondamentale sia per l’attuazione dei processi, sia per la gestione di informazioni sensibili. L’eventuale perdita di questi dati, o la sottrazione, può spesso mettere a rischio la stessa continuità aziendale.

Ma al giorno d’oggi questi dati, attraverso un’architettura distribuita, possono essere conservati e protetti grazie al cloud computing. In particolare, con il cloud computing i servizi sono erogati attraverso la rete Internet e non sono più legati ad un particolare dispositivo.

In altre parole con il cloud computing, accedendo tramite credenziali, i dati e le informazioni sono sempre accessibili indipendentemente dal luogo e dal dispositivo utilizzato. Vediamo allora, nel dettaglio, quali sono per le imprese tutti i vantaggi offerti dal cloud computing.

Quali tipi di cloud computing: dal modello privato a quello pubblico, passando per l’ibrido

Rispetto alle architetture centralizzate, il salvataggio e la gestione dei dati in cloud garantisce sicurezza e la minimizzazione del rischio di perdita delle informazioni. Con il cloud computing che può essere privato. Ovverosia realizzato con una infrastruttura interna all’azienda.

Ma nella maggioranza dei casi la gestione dei dati in cloud è pubblica ovverosia fornita attraverso servizi di terzi. Così come ci sono pure i modelli cloud ibridi, ovverosia realizzati attraverso un’architettura interna all’azienda, ma con alcuni servizi forniti e integrati di terze parti.

I vantaggi del cloud computing, dalla scalabilità alla riduzione dei costi

Oltre alla sicurezza nella gestione e nella conservazione dei dati, il cloud computing tra i potenziali vantaggi garantisce scalabilità e riduzione dei costi. In quanto il costo per il cloud computing pubblico, ovverosia interamente fornito da terze parti, è meno caro rispetto al cloud computing da realizzare e da gestire attraverso un’architettura interna.

Basti pensare, per esempio, al costo del lavoro per assumere dei programmatori e dei sistemisti che si devono occupare del monitoraggio costante, praticamente 24 ore su 24, di un’architettura di cloud computing interna. In più, il cloud computing pubblico, nel ridurre i costi al minimo, in genere prevede pure delle tariffe pay per use. Ovverosia il costo è a consumo.

Il cloud computing interamente fornito da terze parti accreditate, quindi, garantisce il contenimento dei costi e la virtualizzazione grazie alla condivisione delle risorse. Così come l’accesso ai dati è indipendente non solo dal dispositivo con cui ci si connette, ma anche dal sistema operativo utilizzato.

Cosa si intende per Open Innovation e quali sono i benefici per le imprese

Nel mondo imprenditoriale è possibile crescere ed espandersi anche attraverso la condivisione delle conoscenze e lo scambio di idee. In pratica, a livello operativo, l’azienda sviluppa il proprio business attraverso la collaborazione e la co-creazione con altre aziende.

In questo modo, per il know-how aziendale si viene a generare con il mondo esterno una sorta di contaminazione all’interno di una comunità di imprese e di start-up che hanno sposato lo stesso modello di crescita.

In particolare, questo modello va sotto il nome di Open Innovation, e rappresenta la nuova frontiera per il conseguimento dei risultati aziendali. Vediamo allora, nel dettaglio, chiarito cosa si intende per Open Innovation, quali sono i benefici per le imprese.

Quali differenze tra Open Innovation e innovazione chiusa

L’innovazione chiusa per molte imprese anche al giorno d’oggi rappresenta un fattore chiave ed un paradigma che si contrappone proprio all’Open Innovation. Le differenze tra i due approcci sta non solo nel modo di operare.

Ma anche nelle prospettive su come portare avanti un business. Così come, rispetto all’Open Innovation, l’innovazione chiusa differisce pure sulle tempistiche per sviluppare nuove idee e per farle conoscere al mercato.

Quali sono i vantaggi dell’Open Innovation, dalla riduzione dei costi alla condivisione dei rischi

Rispetto all’innovazione chiusa, l’Open Innovation può permettere ad imprese e start-up, in un regime di condivisione e di co-creazione, di lanciare e di sviluppare idee più velocemente rispetto all’innovazione interna. Così come si possono ridurre i costi, si possono condividere i rischi ed anche essere più aperti a nuove frontiere di guadagno.

Nell’ambito dell’Open Innovation, infatti, non importa quale sia la paternità delle idee, ma è essenziale come queste possano essere sfruttate con finalità di profitto. E quindi per stringere partnership, accordi commerciali, licenze e intese strategiche.

Tra le forme di Open Innovations spicca il crowdfunding

Tra le forme di Open Innovation, che si sono diffuse in questi ultimi anni, spicca il crowdfunding che, non a caso, per lo sviluppo di imprese e nuove idee non è altro che una formula di finanziamento collettivo.

Una formula che, in particolare, è finalizzata per lo sviluppo delle attività imprenditoriali, ed in particolare per le start-up, ad abbattere ogni barriera per quel che riguarda l’attrazione di capitali da parte di investitori di qualsiasi tipo. Investitori piccoli e grandi, privati e istituzionali. Con il crowdfunding, infatti, la mobilitazione delle persone e delle risorse parte sempre dal basso al fine di raggiungere un obiettivo comune.

 

Qual è il valore del know-how aziendale e come si tutela

Tutte le imprese per operare e per stare sul mercato fanno leva su informazioni e su processi che non solo sono interni, ma che rendono le imprese stesse uniche. E quindi sono in grado di distinguersi, spesso fortemente, da tutte le altre imprese operanti nello stesso settore economico di riferimento.

Questo insieme di informazioni e di processi, che sono spesso coperti da brevetti, rientra nel cosiddetto know-how aziendale il cui valore, chiaramente, è intangibile. Vediamo allora di approfondire, proprio per il know-how aziendale, tutti quelli che sono gli aspetti chiave. In più, vediamo anche come il know-how aziendale può essere tutelato.

Cos’è il know-how aziendale tra conoscenze, tecniche e segreti industriali

Il know-how aziendale è l’insieme di tutte quelle conoscenze che permettono all’impresa di stare sul mercato, con la vendita di prodotti e/o di servizi, e di potersi distinguere dalle altre anche attraverso dei vantaggi competitivi.

Quindi, nel know-how aziendale rientrano le conoscenze sulle tecniche di produzione e di vendita, ed in generale tutte quelle informazioni che, anche protette da brevetti e proprietà industriale, permettono di creare  valore per tutti gli stakeholder. Per questo, come sopra accennato, il valore del know-how aziendale da un lato è intangibile, ma dall’altro è essenziale per la generazione nel tempo di utili e di ricavi.

Come viene tutelato il know-how aziendale, dall’obbligo di riservatezza ai patti di non concorrenza

Molte di queste conoscenze per l’impresa, al fine di evitare lo spionaggio industriale, devono essere non divulgabili. E per questo l’impresa in genere, anche a livello contrattuale, impone ai dipendenti e soprattutto ai propri manager l’obbligo non solo di massima riservatezza, ma anche l’obbligo di fedeltà. Al riguardo, tra l’altro, spesso le grandi imprese con i manager stipulano pure dei patti di non concorrenza.

Quando e come il know-how aziendale può essere commercializzato

Sebbene si tratti di conoscenze, di informazioni e di tecniche che sono quasi sempre non divulgabili, in realtà il know-how aziendale, pur essendo un valore intangibile, può essere in ogni caso commercializzato. E questo chiaramente, attraverso dei contratti di licenza, avviene sempre su autorizzazione e su via libera da parte dell’impresa. Generalmente i contratti di licenza sull’utilizzo del know-how aziendale, da parte di soggetti terzi, hanno una durata limitata e prevedono pure il riconoscimento di un compenso.

Quando una prestazione è davvero occasionale e come viene pagata

Quando le collaborazioni sono saltuarie, le attività di lavoro autonomo rientrano nell’ambito delle cosiddette prestazioni occasionali. Pur tuttavia, le regole da rispettare per il lavoro tramite prestazione occasionale sono molto stringenti. E quando queste regole non vengono rispettate il lavoratore autonomo non solo è obbligato ad aprire una partita IVA. Ma deve pure iscriversi, ai fini previdenziali, alla Gestione Separata dell’INPS.

Vediamo allora di chiarire tutti gli aspetti legati alle prestazioni occasionali che sono molto diffuse nel nostro Paese. A partire da quando una prestazione è davvero occasionale, passando per come viene pagata da parte del committente.

Quali sono le principali caratteristiche di una prestazione occasionale

Nel dettaglio, una prestazione occasionale, prima di tutto, è senza vincoli di subordinazione così come non rientra tra le prestazioni coordinate e continuative. Quindi, una prestazione occasionale presenta spiccatamente il carattere della non abitualità. Così come quella occasionale non può essere una prestazione di natura professionale.

In più, per non far scattare l’apertura di partita IVA e l’iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS, come sopra accennato, gli incassi da prestazione occasionale non possono superare il limite annuo dei 5.000 euro lordi. In più, la durata della prestazione, con uno stesso committente, non può superare nell’anno solare i 30 giorni.

Come viene pagata una prestazione occasionale e quando ci vuole il bollo

Per ricevere il compenso da prestazione occasionale da parte del committente, il lavoratore deve emettere un’apposita ricevuta. Quindi non è obbligato alla fatturazione elettronica anche perché la prestazione occasionale è IVA esente.

Pur tuttavia, quando l’importo supera la soglia dei 77,47 euro, l’emissione della ricevuta sconta sempre l’applicazione di una marca da bollo da 2 euro da assolvere in modalità virtuale o cartacea.

Nella ricevuta, emessa con ritenuta d’acconto, occorre indicare i dati delle due parti, l’importo lordo, l’ammontare della ritenuta d’acconto ed il totale al netto da pagare. In più, come per le fatture, pure nella ricevuta per prestazione occasionale, oltre alla data di emissione, occorre indicare anche il numero progressivo del documento.

Cosa succede per le prestazioni occasionali sopra i 5.000 euro annui lordi

Per la parte eccedente i 5.000 euro lordi annui, a carico del lavoratore occasionale scatterà il pagamento dei contributi previdenziali. Nella Gestione Separata INPS come sopra accennato. Inoltre, con l’obbligo di apertura di partita IVA il pagamento dei corrispettivi sarà poi effettuato non più tramite ricevuta, ma con l’emissione di fattura.

Crowdsourcing imprese, ecco come funziona la condivisione di informazioni e di idee

Per crescere, per espandersi ed anche per entrare sul mercato di riferimento proponendo prodotti e servizi spesso innovativi, le imprese e le start-up possono decidere di unire le forze. E nel farlo possono condividere non solo le informazioni, ma anche le idee e le conoscenze acquisite.

Quando tutto questo avviene si parla di crowdsourcing che rappresenta, in tutto e per tutto, una forma di collaborazione ottenendo alcuni vantaggi non indifferenti. Vediamo allora, proprio per il crowdsourcing imprese, come funziona nel dettaglio la condivisione di informazioni e di idee.

Quali sono i vantaggi del crowdsourcing per le imprese e per le start-up

Per le imprese e per le start-up, il crowdsourcing può generare tanti potenziali vantaggi a partire dalle economie di scala, passando per la riduzione dei costi. Ed il tutto con l’obiettivo di massimizzare il potenziale di un’impresa o di una start-up grazie alla condivisione di informazioni e di idee.

Una condivisione che in genere avviene attraverso gli strumenti di comunicazione e di collaborazione digitale. Quando si parla di crowdsourcing, infatti, lo sviluppo di progetti e di idee condivise, tra le imprese e le start-up, è improntato sulla co-creazione. Nell’andare a sfruttare fonti esterne, inoltre, molte imprese e molte start-up possono eventualmente risolvere delle problematiche interne non solo in maniera più veloce, ma anche più efficace.

Quali sono i possibili sviluppi d’impresa grazie proprio al crowdsourcing

La condivisione di idee e di conoscenze, inoltre, sta alla base di molte imprese che operano online. Basti pensare, per esempio, all’enciclopedia Wikipedia. Ma anche a portali che sviluppano la propria attività grazie alle conoscenze ed alle informazioni fornite da terzi. Così come avviene, per esempio, per il sito e per l’app di recensioni Tripadvisor.

Quindi, il crowdsourcing spesso non solo è strategico, ma è anche essenziale per le imprese che puntano o che hanno bisogno di coinvolgere i loro clienti. Così come il crowdsourcing può permettere di raccogliere fondi più velocemente, ed in tal caso si parlerà di crowdsourcing.

Allo stesso modo, molte aziende di software mettono a disposizione liberamente i propri applicativi, quasi sempre in versione beta, per farli testare direttamente al pubblico e quindi alla potenziale base dei clienti. Ed in tal caso si parlerà di crowdtesting.

Cos’è Fisconline, il servizio telematico dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, per gli adempimenti fiscali comodamente online, mette a disposizione dei contribuenti due canali telematici. Uno è Entratel, che è in prevalenza utilizzato dalle imprese, e l’altro è Fisconline che, invece, è un canale telematico utilizzato in prevalenza dai privati cittadini in qualità di persone fisiche. Vediamo allora, nel dettaglio, di capire cos’è Fisconline, il servizio telematico dell’Agenzia delle Entrate, e soprattutto come si accede e come funziona.

Come si accede al servizio telematico dell’Agenzia delle Entrate Fisconline

L’accesso al canale telematico Fisconline è possibile solo tramite le credenziali. Ovverosia, per le persone fisiche residenti in Italia, muniti di SPID, che è il Sistema Pubblico di Identià Digitale. Con la Carta di Identità Elettronica (CIE) e con la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Inoltre, Fisconline è accessibile tramite le credenziali sia ai cittadini italiani che sono residenti all’estero, sia alle società ed ai soggetti che sono diversi dalle persone fisiche. Ma a patto che, si legge sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, si tratta di contribuenti che, diversi dalle persone fisiche, presentano la dichiarazione dei sostituti d’imposta per un numero massimo di 20 soggetti percipienti.

Cosa si può fare grazie a Fisconline, dal pagamento delle tasse alle fatture

Avere le credenziali di accesso a Fisconline, per un privato cittadino e per una micro e piccola impresa, significa poter assolvere a tutti gli obblighi fiscali senza mai doversi recare sul territorio in un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. E questo anche perché, tra l’altro, per la stragrande maggioranza degli adempimenti fiscali l’accesso al canale telematico del Fisco è obbligatorio.

In quanto quasi sempre non è più ammesso, per esempio, il pagamento delle tasse con i moduli cartacei. E lo stesso dicasi pure per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi. In più, grazie alle credenziali di Fisconline i contribuenti possono accedere, per le fatture elettroniche, pure al portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ dell’Agenzia delle Entrate.

Da Fisconline alla gestione di tutto il ciclo della fatturazione elettronica

Questo significa che la persona fisica o la piccola impresa, che è titolare di partita IVA, grazie all’accesso a Fisconline, dal portale ‘Fatture e Corrispettivi’, dopo l’accesso tramite le credenziali, può generare, può trasmettere e può ricevere le fatture elettroniche attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) che è gestito dall’Agenzia delle Entrate.

A che cosa servono gli incubatori d’impresa e come guadagnano

Le imprese in fase di start-up, e quindi all’inizio della propria attività, hanno spesso bisogno di risorse e di servizi al fine di accelerare il proprio sviluppo. In tal caso la figura chiave, per soddisfare questa esigenza, è rappresentata dal cosiddetto incubatore d’impresa.

Vediamo allora di approfondire questo aspetto. Ovverosia a che cosa servono nel dettaglio gli incubatori d’impresa, ed inoltre come questi guadagnano quando intervengono al fine di accelerare lo sviluppo per uscire dalla fase di start-up.

Cosa fa l’incubatore d’impresa per il supporto alle attività in fase di start-up

Per lo sviluppo delle attività imprenditoriali in fase di start-up, l’incubatore d’impresa accudisce così come fa la gallina con i pulcini. E questo con il fine di validare sia i prodotti e/o i servizi proposti dall’impresa in startup, sia per validare, di conseguenza, il suo modello di business.

E questo perché, nella fase iniziale, la start-up è un’impresa fragile, ma con il supporto dell’incubatore può poi a regime entrare sul mercato, e affermarsi, potendo poi andare avanti da sola e quindi in piena autonomia.

Come guadagna l’incubatore quando sostiene le imprese in start-up

L’incubatore all’impresa in start-up, tra l’altro, può fornire i locali dove sviluppare le idee, ma anche e soprattutto consulenza specializzata al fine di perfezionare i prototipi. Il guadagno per l’incubatore d’impresa passa spesso attraverso l’acquisizione di una quota della start-up che questo sostiene.

Ma altrettanto spesso per le attività imprenditoriali in fase iniziale l’accesso ai servizi offerti dall’incubatore è gratuito. E nella maggioranza dei casi questo avviene attraverso enti di ricerca e Università che a loro volta si avvalgono dell’accesso a fondi pubblici.

Chi sponsorizza l’incubatore e quali sono quelli più diffusi

L’incubatore che sostiene un’impresa, a sua volta, ha dietro uno sponsor. Che può essere un soggetto pubblico come un ente di ricerca, come sopra accennato, ma anche un’impresa di medie e spesso di grandi dimensioni. Quindi, esiste pure una distinzione tra gli incubatori pubblici e quelli privati.

Con gli incubatori che a loro volta possono essere dei social incubator in quanto il loro operato punta al benessere sociale. Ma ci sono pure, tra l’altro, i fintech incubator che sono specializzati nel supporto alle tecnologie finanziarie, ed i medtech incubator che, invece, sono specializzati nel supporto delle tecnologie mediche.