La difficoltà di accesso al credito fa calare la fiducia nelle banche

Come era prevedibile, nel 2012 i prestiti delle banche a imprese e famiglie sono diminuiti di quasi 50 miliardi di euro: questo significa che i 200 miliardi che il sistema creditizio ha preso in prestito dalla BCE a condizioni agevolate è finito per lo più in titoli di stato italiani, investiti nel debito pubblico.

A rivelare questi dati è il Centro Studi Unimpresa, che segnala invece l’aumento dei prestiti alla Pubblica Amministrazione.
A rimetterci maggiormente sono state le imprese, mentre, per quanto riguarda le famiglie, il “giro di vite” da parte delle banche ha riguardato per di più credito al consumo (-3,8 miliardi, il 6,06%), mutui (-1,1 miliardi, lo 0,33%), altre tipologie di prestito (-2,2 miliardi, l’1,21%).

Nel 2012 le banche italiane hanno usufruito di due operazioni di rifinanziamento della BCE assicurandosi liquidità in più per 201,7 miliardi di euro a un tasso dell’1%. Di questi 200 miliardi, circa 140 sono stati usati per acquistare titoli di stato.

Paolo Longobardi, presidente di Unimpresa, ha dichiarato: “Una fotografia che certifica come è nata la stretta al credito per imprese e famiglie. Proprio in banca si è inceppato l’ingranaggio principale per sostenere la ripresa dell’economia: da una parte non viene sostenuta la piccola liquidità dell’impresa, che corre il rischio così di non poter onorare i pagamenti coi fornitori e, soprattutto, di non pagare gli stipendi ai lavoratori; dall’altra non viene concesso denaro alle famiglie e così si bloccano i consumi”.

Secondo Unindustria, “proprio il credito deve essere, insieme con un piano per ridurre il peso del Fisco, il primo punto su cui deve intervenire il nuovo Governo nella prossima legislatura”.

Anche la Banca d’Italia ha registrato il calo dei prestiti, con una flessione, pari al 3,9% del novembre 2012, che non si riscontrava dal novembre 2009.
Ciò ha portato le aziende italiane ad aumentare la sfiducia negli istituti bancari, che ora a malapena raggiunge la sufficienza.
A pesare su questi giudizi è probabilmente la difficoltà di accesso al credito: il 6,8% delle imprese ha ricevuto un rifiuto da parte delle banche e, ovviamente, maggiormente penalizzate sono le pmi.

Secondo l’ultimo bollettino statistico della Banca d’Italia, dicembre 2012, le imprese sono pessimiste sulla situazione economica. Sale al 41,9% (dal 37,1 di settembre) la percentuale di imprenditori secondo i quali nei prossimi tre mesi, dunque entro marzo 2013, le condizioni economiche in cui operano le imprese peggioreranno. Scende al 545 (dal 57%) il numero di coloro che si aspettano una sostanziale stabilità, e scende anche, al 3,9% (dal 5,8%), il già esiguo gruppo di chi invece vede un miglioramento.

Il pessimismo non diminuisce nemmeno pensando al futuro, poiché sale il numero di aziende convinte che la liquidità sarà insufficiente (al 28,6% dal 24,8) e aumentano le imprese che segnalano condizioni peggiorate nell’accesso al credito, (30,5% dal 26,1%).

Vera MORETTI

Task force per supportare i professionisti europei

E’ stato presentato un piano per aiutare i professionisti europei su semplificazione, internazionalizzazione e accesso al credito.

Ad illustrare la task force, che servirà per sostenere imprese e liberi professionisti ma anche ravvivare lo spirito imprenditoriale in Europa, è stato Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea.

Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, ha dichiarato: “La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo pone un forte accento sui liberi professionisti, particolarmente sensibili agli oneri burocratici. Infatti, le misure per la semplificazione amministrativa li vedrà coinvolti in prima persona. Ma non solo. La Commissione intende lavorare alla rimozione degli ostacoli, ingiustificati e non necessari, per accedere alla libera professione. E per poter meglio interpretare le esigenze ed i bisogni della categoria dei professionisti, l’esecutivo europeo intende creare un gruppo di lavoro che indaghi sulle questioni principali in materia di semplificazione, internazionalizzazione e accesso al credito. Temi sui quali siamo pronti fin da subito a dare il nostro contributo”.

In particolare, il piano d’azione Imprenditoria 2020 vuole sottolineare il ruolo fondamentale che ricoprono l’istruzione e la formazione, ma anche prevedere misure specifiche a sostegno degli imprenditori esistenti, con particolare attenzione ad alcune categorie quali i giovani e le donne.

Ma il piano affronta anche le maggiori criticità dell’imprenditoria, indicando anche le soluzioni da adottare: accesso ai finanziamenti, attraverso la creazione di un mercato europeo della micro finanza e la semplificazione della fiscalità per gli investimenti diretti privati, sostegno alle imprese ed in particolar modo alle start-up, semplificazione amministrativa attraverso la riduzione dell’onere normativo e facilitazione dei trasferimenti di imprese.

Tra gli obiettivi vi è anche quello di intervenire per eliminare le barriere al mercato unico, creando in tal modo le condizioni per le piccole e medie imprese per sviluppare le loro attività all’estero, evitando i fenomeni della doppia imposizione e rimuovendo gli squilibri fiscali che limitano gli investimenti esteri.

Basilare, ricorda la Commissione europea, è un ammodernamento del mercato del lavoro, che deve necessariamente passare dalla semplificazione della legislazione e lo sviluppo di contratti flessibili.

Vera MORETTI

Faccio le valigie e vado in Carinzia

 

Cinquanta imprenditori, tutti provenienti dalla Regione Veneto, pronti a fare le valigie e a trasferire la propria azienda oltreconfine, ma non troppo. Meta: la Carinzia. Provocazione o reale opportunità?

Mentre in Italia la pressione fiscale sale alle stelle, gli incentivi per piccola e media impresa si fanno sempre più ristretti, fare impresa all’estero può trasformarsi in una reale possibilità di crescita.

Ma l’Italia della piccola e media impresa è davvero come la descrivono? Si può fare qualcosa di più?

Infoiva lo ha chiesto a Alessandra Polin, imprenditrice veneta che insieme a Sandro Venzo, anima del movimento dei 50 imprenditori, in Carinzia a fare un sopralluogo ci è andata davvero.

Di che cosa si occupa la sua azienda? 
La mia azienda si occupa di produzione e vendita di filtri per l’aria (unità di trattamento aria, aziende ospedaliere, farmaceutiche, industrie) ed è nata nel 1963 dall’ingegno di mio nonno, di ritorno dagli Stati Uniti dove era emigrato. Ha iniziato il suo percorso imprenditoriale aprendo una ditta individuale e nel 1982 si è trasformata in Generalfilter Italia, mentre nel 1986 è diventata una Società per azioni. Nel 1990 abbiamo aperto la prima filiale estera, Generalfilter Iberica, in Spagna ad Arganda del Rey (Madrid) e più recentemente abbiamo installato un sito produttivo in Turchia , Generalfilter Havak (prevalentemente per il mercato del Medio Oriente) e una sede commerciale in Francia, Generalfilter France. In Italia la nostra azienda fattura circa 15.000.000 euro e dà lavoro a circa 110 collaboratori.

Che cosa spinge un imprenditore non più solo a delocalizzare la produzione ma a trasferire l’intera azienda fuori dall’Italia?
Il nostro intento non è quello di creare disoccupazione in Italia, vogliamo però che cambi in Italia il modo di percepire l’imprenditore e l’azienda, che devono essere considerati un valore aggiunto. Confesso che allo stato attuale delle cose, se dovessi pensare a investimenti futuri per la mia azienda, mi guarderei intorno perchè ci sono Paesi che offrono numerosi vantaggi per chi fa impresa. Al contrario dell’Italia, dove oggi un imprenditore è spinto ad andare all’estero dalla tassazione che ha raggiunto picchi elevatissimi (lo scorso anno l’84% del mio utile si è volatilizzato per il pagamento delle imposte), dall’IMU,  dalla burocrazia farraginosa, dalla mancanza di stabilità normativa, e ancora la difficoltà di accesso al credito, i rapporti sindacali che penalizzano gli imprenditori…insomma, per essere competitivi almeno in Europa, dobbiamo giocare tutti con le stesse regole!

Quali sono le tasse che gravano maggiormente sulle piccole e medie imprese in Italia? 
Le tasse che si pagano in Italia rispetto alla Carinzia, sono decisamente più rilevanti… L’Ires italiano è molto simile alla tassazione carinziana, ma lì non esiste l’Irap che grava in maniera pesante sulle imprese, soprattutto sulle imprese che decidono di assumere collaboratori, quindi, per assurdo è tassato di più chi crea occupazione.

Essere una piccola o media impresa in Italia è un vantaggio o uno svantaggio?
Essere una media impresa oggi nel nostro Paese è uno svantaggio a partire ad esempio, dall’articolo 18, applicabile per aziende oltre i 15 dipendenti: la riforma del lavoro sembra studiata ad hoc per disincentivare le assunzioni. Piccole imprese o start up si scontrano inoltre con il problema sempre più grave dell’accesso al credito e del supporto attivo in fase di avvio. Per non parlare della questione dei crediti incagliati, ovvero quando i clienti non pagano le fatture e il recupero di liquidità diventa difficoltoso.

La regione Veneto offre incentivi a chi vuole aprire una nuova attività imprenditoriale o per chi vuole puntare sulla ricerca e innovazione per la propria azienda?
Esistono dei bandi finanziati dalla Regione ma sono di difficile accesso e in ogni caso non coprono molte delle spese necessarie. In Carinzia al contrario è possibile usufruire di contributi fino al 60% per le aziende che fanno ricerca e sviluppo, e quindi è naturale che molti imprenditori sono incentivati a spostarsi…

Perché proprio l’Austria e la Carinzia?
Perchè è vicina e facilmente controllabile! Noi non vogliamo, come accaduto nel passato per alcuni imprenditori, andare alla ricerca del paradiso fiscale o della manodopera a basso costo (e spesso di scarsa qualità), noi vogliamo essere sostenuti nel fare impresa dal Paese. E’ questa la grande novità!

Che cosa vi aspettate dal nuovo Governo? Quali misure dovrebbe mettere in campo per evitare la fuga non solo di cervelli, ma di intere imprese?
Vogliamo una politica industriale diversa, meno burocrazia, poche regole e certe, un taglio dei costi dello Stato che possa tramutarsi in una diminuzione delle tasse per tutti, in grado di far ripartire i consumi, e ancora diversi rapporti sindacali… Dobbiamo partire dal presupposto che siamo tutti partner che servono a far andare avanti il Paese, non organismi in lotta tra loro.

Alessia CASIRAGHI

Il turismo in Italia parla straniero

 

Vedi Napoli e poi muori, recita il detto. E sembra che i turisti stranieri lo abbiamo preso alla lettera, almeno in questo 2012 appena trascorso. Il rapporto stilato da Federalberghi sull’andamento del settore turistico alberghiero nel 2012 parla chiaro: la presenza straniera in Italia è aumentata dell’1% rispetto al 2011.

Crescita lieve, ma significativa, in un periodo di profonda crisi non solo relativa al comparto turistico, ma allo scenario internazionale. “Al buon risultato della clientela straniera, – ha commentato Bernabò Bocca, Presidente di Federalberghi-  che anche nel 2012 ha continuato a scegliere l’Italia quale meta ideale per trascorrere un periodo di vacanza, mettendo a segno un lieve ma significativo incremento dell’1%, si contrappone il marcato calo della clientela interna che rispecchia fedelmente la grave crisi economica”.

E il secondo dato che emergenza con evidenza dall’indagine svolta da Federalberghi con metodo CAWI, è il calo del 2,5% delle presenze alberghiere in Italia nel 2012. Una perdita unitaria pari a 7 milioni di pernottamenti alberghieri, che accomunati alla flessione dell’indotto ed alla frenata delle tariffe, ha generato un calo stimabile per il settore che si aggira attorno ai 3 miliardi di euro.

Nel dettaglio il calo delle presenze italiane è stato pari ad un -5,4% rispetto al 2011, mentre i turisti stranieri che hanno scelta il Belpaese come meta delle proprie vacanze sono cresciuti del +1%.

Sono dati sicuramente negativi quelli che nel complesso registra per il 2012 l’osservatorio permanente del nostro Centro Studi – ha continuato Bocca – eppure guardando al contesto internazionale c’è qualcosa che comincia a luccicare in fondo al tunnel”.

Ma dove scorgere segnali di ripresa?

I dati occupazionali del settore alberghiero relativi al 2012 non sembrano aprire a grandi speranze: diminuzione del 3% di lavoratori occupati, quantificabile in 60 mila posti di lavoro a livello aggregato di settore.

Nel dettaglio, nel segmento dei lavoratori alberghieri a tempo indeterminato il dato annuo è stato di -3,1% con picchi variabili tra il -1,1% a gennaio il -4,8% di ottobre. Per quanto riguarda i contratti a tempo determinato il dato annuo parla di un calo del -2,8%, con picchi variabili tra lo 0% di marzo il -6% di dicembre.

La speranza che ci auspichiamo – ha concluso Bocca- è di una ripartenza nel 2013 delle spese delle famiglie italiane e straniere orientate al settore, incoraggiata da tariffe ferme da tre anni e proposte commerciali sempre più ricche di servizi aggiuntivi. Il raffreddamento dello spread, la stabilizzazione dei mercati finanziari e il contenimento del tasso d’inflazione potrebbero creare le condizioni per ridare liquidità alle famiglie e dunque nuovo vigore ai consumi turistici”.

Ma cosa si aspetta il comparto turistico dal nuovo Governo che sarà eletto? “Agevolazioni fiscali dall’Imu alla Tares, semplificazioni per l’accesso al credito, promozione massiccia verso i Paesi ad economia forte della destinazione Italia, drastica riduzione del costo del lavoro“. Più facile a dirsi che a farsi.

Alessia CASIRAGHI

In arrivo un fondo di garanzia per le pmi

E’ stato siglato un nuovo accordo tra il Consorzio Camerale per il Credito e la Finanza e siglato con il Ministero dello Sviluppo Economico, che avrà il merito di alimentare il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese con oltre 17 milioni di euro.

L’accordo è stato firmato da 19 Province italiane, ovvero Bari, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Firenze, Genova, Lecco, Mantova, Milano, Modena, Monza-Brianza, Napoli, Palermo, Pavia, Salerno, Trieste, Udine e Varese, unitamente al ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, e i Presidenti delle relative Camere di Commercio.

Le risorse che arriveranno alle pmi saranno di 600 milioni di euro e avranno come primo obiettivo quello di rafforzare la crescita e la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali, prestando particolare attenzione alle peculiarità dei sistemi economici del territorio.

Questo avverrà grazie alle garanzie statali concesse per l’accesso al credito delle pmi che chiederanno finanziamenti alle Banche, anche per investire all’estero.
Ciò significa che le imprese non ricevono denaro ma agevolazioni nell’ottenere finanziamenti senza necessità di presentare all’istituto finanziario garanzie aggiuntive.
In caso di insolvenza, dunque, sarà il Fondo di Garanzia a risarcire la banca.

Le operazioni che verranno presentate a valere sulle sezioni speciali istituite con le Camere di Commercio potranno chiedere la copertura massima del finanziamento, anche in caso di future rimodulazioni.
La garanzia può essere richiesta per qualsiasi tipologia di operazione direttamente finalizzata all’attività d’impresa, da tutte le pmi definite “economicamente e finanziariamente sane”.
La garanzia diretta del Fondo copre l’80% dell’ammontare delle operazioni finanziarie per un importo massimo di 1,5 milioni di euro.

Vera MORETTI

Protocollo d’intesa tra i commercialisti casertani e Deutsche Bank

Avverrà oggi la presentazione di un protocollo d’intesa tra l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Caserta e Deutsche Bank, nell‘ambito del seminario sul tema “Accesso al credito e al capitale di rischio delle PMI campane. Politiche finanziarie delle imprese e modelli di valutazione del merito creditizio. L’istruttoria delle richieste di affidamento“.

A ideare l’iniziativa è la Commissione Finanza d’impresa e sarà caratterizzata da interventi che affronteranno le tematiche più varie, dal ruolo della finanza per superare la crisi alle politiche e scelte di finanziamento delle imprese per l’ottimizzazione del capitale.

Ad aprire i lavori, Pietro Raucci, presidente dell’Ordine, che sarà seguito dal consigliere segretario Antonio Carboni.
Si avvicenderanno poi Rosario Napolano, Region Manager Regione Campania Deutsche Bank e Pasquale Gorrasi responsabile Sviluppo Campania Deutsche Bank, che introdurranno le relazioni di Mario Mustilli, ordinario di Finanza aziendale presso la Sun, di Ludovico Vittoria, responsabile business Italia Deutsche Bank e di Michele Buonanno, presidente Commissione Finanza d’impresa dell’Ordine.

Vera MORETTI

Le pmi si affidano spesso a banche locali

Per aggirare la difficoltà di accesso al credito, ma forse anche per evitare la frustrazione che si prova quando si ricevono solo risposte negative, le pmi, quando si tratta di chiedere un prestito, si rivolgono sempre più spesso alla propria banca.

Questo risultato, che non stupisce più di tanto, è emerso dall’indagine “Banche e PMI: un rapporto in evoluzione”, presentata nel corso del convegno “Finanziare la ripresa, Banche & Imprese tra spread e territorio“, organizzato da BancaFinanza.
Se, in media, le piccole e medie imprese hanno rapporti con due diverse banche, è anche vero che, nella maggioranza dei casi, sono restie a cambiare, e la crisi dell’ultimo periodo ha contribuito a rafforzare questo trend: negli ultimi tre anni, infatti, ben il 91% delle pmi non ha cambiato banca.

La fiducia riposta al direttore della banca è sempre molto alta, 67%, anche se il 20% degli intervistati dichiara rapporti meno frequenti, contro un 13% che lo incontra personalmente più spesso.
Si segnala infine un aumento della competenza del personale allo sportello (13%) e della trasparenza delle banche (9%).

Nello stesso tempo, a causa della stretta sul credito, è presente una notevole sfiducia nelle misure che il governo ha adottato per cercare di migliorare il rapporto banca-impresa. A questo proposito, quasi la metà delle pmi (47%) ritiene che il rapporto con le banche sia peggiorato, mentre solo per il 7% è migliorato.

L’accesso al credito è ancora l’ostacolo più duro, visto che questa problematica era stata denunciata l’anno scorso dal 10% delle pmi, ma già nell’attuale 2012 la percentuale è salita al 20%.

Non si registrano invece variazioni in materia di tassi di interesse, che si confermano al livello del 2011. Altissima (91%) la percentuale di imprese che lamentano richieste più stringenti di garanzie per concedere il credito: a pesare di più sono i dati di bilancio dell’azienda.
Ciò che spicca è una nettissima preferenza per le banche a maggior vocazione locale.

Il 63% del campione ritiene che questi istituti tengano in maggior conto gli aspetti qualitativi dell’impresa, come la reputazione dell’imprenditore e dell’azienda, il 62% aggiunge che valutano anche aspetti non strettamente economici, il 58% sottolinea che analizzano la coerenza dell’attività con la realtà territoriale.
Ma, se la fiducia nella propria banca rimane alta (86%), non si può dire lo stesso per il sistema di credito in generale: qui la percentuale scende al 53%, anche se, rispetto al 47% del 2011, è aumentata di qualche punto.

Scarse le chance che le pmi danno alle misure previste dal governo: per il 41% non produrranno alcun effetto nel rapporto banche imprese, per il 37% addirittura prevede conseguenze negative, mentre è limitata al 22% la percentuale di coloro che considerano le misure efficaci.

Vera MORETTI

Economia digitale e piccole imprese

 

Start up digitali, internet economy e internazionalizzazione delle imprese in una fase non propriamente florida di congiuntura economica. Sono questi i temi affrontati dal nono Rapporto Piccole Imprese stilato da UniCredit. Al centro la digitalizzazione delle aziende del made in Italy: la presentazione del rapporto è stata infatti accompagnata da una tavola rotonda sul tema “La digitalizzazione delle imprese italiane: efficienza, innovazione e conquista di nuovi mercati”, introdotta da Gabriele Piccini, Country Chairman Italy UniCredit.

Punto primo: la digitalizzazione ha profondamente cambiato l’interazione tra sistema scientifico-tecnologico e apparato produttivo, sempre più imperniata su due risorse immateriali: l’informazione e la conoscenza. Le tecnologie digitali hanno mutato il modo di produrre, di scambiare e di comunicare delle aziende di qualsiasi dimensione.

Ma quali sono le differenze e come ha impattato in misura diversa la nuova economia digitale su piccole, medie e grandi imprese in Italia? A questo quesito hanno cercato di rispondere gli analisti di Unicredit, su un campione di 6.000 interviste a piccoli imprenditori italiani, a cui si vanno aggiunti 1.000 imprenditori medi e 300 grandi, tutti clienti UniCredit.

Questi i risultati:

Indice di fiducia 2012:  l’anno corrente registra il più basso valore dell’indice di fiducia mai raggiunto dal 2004 (73 su un valore che varia da 0 a 200, dove 100 rappresenta la soglia oltre la quale prevalgono le opinioni positive), con una perdita di 8 punti rispetto allo scorso anno e di ben 20 punti rispetto al 2008.  Se si concentra però l’attenzione sull’utilizzo delle tecnologie digitali, sia le piccole sia le medie imprese si dichiarano molto più fiduciose  (+6% per le piccole, +7 per le medie). A convincere soprattutto è il settore dell’e-commerce.

Accesso al credito per le start-up digitali: il problema per le piccole, medie e grandi imprese resta quello di come finanziare i processi di digitalizzazione: la nuova economia digitale e difficilmente bancabile, perchè necessita di interlocutori e finanziatori in grado di comprendere la loro portata innovativa. E di assumersi il rischio di investire.

Internet Economy: la sua diffusione in Italia è ancora inferiore rispetto agli Stati Uniti e a nazioni europee come Svezia, Gran Bretagna, Francia e Germania. L’Italia sconta infatti un consistente digital divide, dovuto a ritardi nell’infrastrutturazione, nell’utilizzo di Internet e nell’impatto della Rete in diversi ambiti. Il “divario digitale” colpisce soprattutto le piccole imprese: in particolare a essere meno diffuse e utilizzate sono le cosiddette tecnologie avanzate (rete intranet aziendale, rete extranet, profilo su social network), mentre persiste un minore utilizzo di strumenti Internet che richiedono maggiore interazione (rapporti online con la PA, ecommerce).

Internazionalizzazione: ancora esigua la quota di piccole imprese che puntano e investono sull’ internazionalizzazione (12%, contro il 48,1% delle medie e il 56,4% delle grandi). Va sottolineato però il fatto che la quota di piccole imprese che guardano a nuovi mercati sia molto dinamica: negli ultimi dieci anni, un numero crescente di piccole imprese ha rivolto la propria attenzione ai mercati internazionali e questo processo è avvenuto con un’accelerazione progressiva proprio a partire dal 2007.

Innovazione: in Italia la presenza di imprese innovative nel triennio 2010-2012 è ancora insufficiente. Più propense all’innovazione sono le aziende di dimensione maggiore, ma il dato curioso è che l’innovazione di prodotto sembra portare un beneficio maggiore sul fatturato delle piccole imprese, a riprova di quanto ricerca e innovazione siano strategice anche per gli operatori di minori dimensioni (fatto 100 il fatturato totale realizzato nel 2011, la quota media ascrivibile a nuovi prodotti o servizi immessi sul mercato è pari al 30,9% nelle piccole imprese, contro il 25,7% delle medie e il 23,6% delle grandi).

Alessia CASIRAGHI

 

Bpvi e Confcommercio Verona insieme per l’accesso al credito

Per favorire l’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese veronesi, Banca Popolare di Vicenza e Confcommercio Verona hanno siglato un accordo che prevede, per le 8mila imprese associate a Confcommercio Verona, un plafond di 5 milioni di euro a condizioni dedicate per finanziamenti che contribuiscano a sostenere investimenti, capitalizzazioni aziendali e immissione di liquidità.

Paolo Arena, presidente di Confcommercio Verona, ha dichiarato: “Si tratta di un’intesa molto concreta e di larga scala che va sempre nella direzione di agevolare e sostenere le imprese del terziario di mercato nostre, associate in questo momento di grave crisi economica”.
Le aziende associate a Confcommercio, infatti, possono accedere alla vasta gamma di conti correnti SemprePiù a condizioni loro riservate.

Continua Arena: “L’iniziativa si concentra soprattutto sui pagamenti con moneta elettronica, sempre più diffusi nelle transazioni commerciali, anche per importi modesti. Le operazioni eseguite con Pagobancomat, infatti, saranno completamente gratuite, senza spese fisse mensili, mentre per chi sceglie la carta di credito la commissione sarà di 0,99% sul traslato“.
Banca Popolare di Vicenza non è nuova a queste iniziative, poiché, nel solo 2012, ha erogato finanziamenti alle imprese per un importo totale di 100 milioni di euro e il 54% delle aziende beneficiarie sono pmi.

Emanuele Giustini, vicepresidente di Banca Popolare di Vicenza, ha confermato: “L’accordo che abbiamo firmato con Confcommercio rafforza il rapporto di collaborazione che da anni abbiamo con l’associazione. La nostra banca, che ha sempre prestato molta attenzione all’economia del territorio, ha voluto mettere a disposizione strumenti concreti per il rilancio, l’innovazione e la crescita delle imprese. Nei primi 6 mesi 2012 il gruppo Banca Popolare di Vicenza ha erogato 1,3 miliardi di euro, di cui metà al sostegno delle pmi, che rappresentano uno dei segmenti più importanti per l’attività di finanziamento della banca“.

Vera MORETTI

Accesso al credito per le imprese pesaresi

L’accesso al credito, spesso grande cruccio delle pmi, è al centro di una iniziativa della Provincia di Pesaro Urbino.
Per agevolarlo, infatti, vengono proposti incentivi per lo smobilizzo del credito attraverso anticipo fatture pro-solvendo.

A beneficiare di questo progetto saranno le imprese fornitrici e creditrici della Provincia di Pesaro Urbino, alle quali verranno concessi finanziamenti con riserva di valutazione del merito creditizio da parte degli intermediari finanziari aderenti, alternativa alla cessione formale dei crediti assistiti da certificazione di sussistenza, liquidità ed esigibilità del credito.

La durata di ogni anticipo è variabile, ma comunque compresa tra un minimo di 3 mesi ad un massimo di 18, mentre il suo importo può essere anche del 100%.
Il tasso debitorio è pari all’Euribor 365 a 3 mesi lettera maggiorato di uno spread in funzione del rating del richiedente con un massimo pari a 1,75 punti.

Coloro che volessero farne richiesta, hanno tempo fino al dicembre 2015, presso gli sportelli degli intermediari finanziari aderenti all’iniziativa.

Per avere maggiori informazioni sul finanziamento, è possibile leggerne il testo disponibile online.

Vera MORETTI