In aumento gli imprenditori agroalimentari under 35

I giovani under 35 stanno tornando alle origini, e più precisamente alla terra, poiché sono sempre più attratti dai suoi prodotti, simbolo della dieta Mediterranea ma soprattutto del Made in Italy che piace di più all’estero.

Un’analisi effettuata da Unioncamere-Infocamere conferma che, a fine giugno 2017, sono state registrate 57mila imprese agricole e dell’industria alimentare guidate da under 35, in aumento rispetto all’anno scorso del 6,8%.

Si tratta di un dato importante non solo per i giovani, che intuiscono le potenzialità del settore, ma per il comparto intero, in questo periodo particolarmente sofferente e in perdita, rispetto a giugno 2016, di 2.481 unità.
Il ritorno alla terra dei giovani, dunque, arriva a rappresentare ben il 7% del sistema produttivo impegnato in questo settore.

A primeggiare, sono le regioni del Sud, con la Sicilia in testa. Si tratta di più di 30mila imprenditori agroalimentari, l’8,1% del totale delle imprese del settore.
A contendersi le prime 10 posizioni della classifica delle province a maggior presenza di giovani imprenditori agroalimentari sono 8 realtà meridionali e due piemontesi. Sul podio, Bari, Salerno e Foggia, seguite da Nuoro. Al quinto posto Cuneo, che batte di un soffio Catania. Quindi, Cosenza, Sassari, Torino e Potenza.

Sul fronte opposto della classifica per numerosità di imprese under 35 del settore agroalimentare, Trieste, Gorizia, Prato, Rimini, Monza e Brianza, Lodi e Verbano Cusio Ossola, tutte realtà in cui queste attività non raggiungono il centinaio.

Nuoro, Crotone, Massa Carrara, seguite da Belluno, Verbano Cusio Ossola e Sondrio sono invece le province in cui le imprese under 35 “pesano” di più sul totale delle attività del settore. A Nuoro i giovani rappresentano addirittura il 16,5% degli imprenditori agroalimentari della provincia, a Crotone il 12,9%, a Massa Carrara il 12,7%.
Poco rappresentata la componente giovanile nel settore agroalimentare, invece, a Rimini, Ravenna e Ferrara, dove le imprese giovanili non raggiungono il 3% del totale dell’impresa agroalimentare locale.

E’ Sassari, infine, la regina della crescita delle aziende agroalimentare di under 35. Le 1.150 imprese giovanili del settore registrate a fine giugno sono oltre il 50% in più di un anno fa.
Sono 35 le province con saldo negativo rispetto al 2016, compreso tra il -13,5% di Monza e Brianza e il -0,1% di Agrigento.

Vera MORETTI

L’agricoltura Made in Italy sostenuta dagli stranieri

Quando si tratta di agricoltura, il Made in Italy si avvale sempre più spesso della collaborazione e della manodopera degli stranieri, come ha confermato anche Dino Scanavino, presidente nazionale della Cia-agricoltori italiani.
In questo caso, sembra che l’agricoltura rappresenti uno strumento di integrazione e non di sfruttamento, perciò si tratterebbe di una buona notizia.

A confermare questa tendenza ci sono, ovviamente, i numeri, che attestano la presenza, in tutta Italia, di 25 mila aziende agricole guidate da un imprenditore straniero, e di queste ben 12 mila sono guidate da extracomunitari.
Per chi sta cominciando a storcere il naso, pensando al rischio abusivismo, si tratta di imprese che in realtà creano ricchezza, poiché perfettamente in regola, versando complessivamente 11 miliardi di oneri fiscali e previdenziali.

Inoltre, un’azienda su tre conta almeno un lavoratore straniero, per un totale di 320 mila, di cui 128 mila
Un’azienda su tre conta almeno un lavoratore straniero, in tutto sono 320 mila di cui 128 mila extracomunitari.
Questi numeri sono stati resi noti dalla Cia in occasione dell’apertura dei lavori della conferenza economica tenutasi a Bologna, e che permetterebbero quel cambio generazionale che fino a poco tempo fa sembrava irrealizzabile, anzi, era fermo da decenni e con segno negativo.

Si spera, dunque, che questo trend possa subire presto un’inversione di tendenza, perché ora, con i titolari d’azienda italiani che hanno un’età superiore ai 60 anni, si rischia che nei prossimi dieci anni si assista al dimezzamento degli addetti nel settore. E per l’Italia, dove l’agricoltura è una vera risorsa, sarebbe un vero peccato, se non un’occasione perduta.

Vera MORETTI

I numeri del settore agricolo nel 2015

Da più parti e con diverse analisi si sottolinea come il settore agricolo italiano sia tornato a godere di buona salute. Una di queste interessanti analisi è data dal Rapporto AgrOsserva, realizzato da Ismea e Unioncamere, secondo il quale, lo scorso anno, il settore agricolo italiano ha visto crescere la propria redditività.

Alla crescita si accompagnano, la riduzione del calo delle nuove imprese del settore agricolo italiano, la crescita dell’occupazione, dell’export e del valore aggiunto del settore sul Pil nazionale nell’anno appena trascorso.

Entrando nel dettaglio dei numeri, lo scorso anno si è avuto un -6464 imprese rispetto al 2014; un segno meno certo, ma decisamente meno marcato di quello registrato negli anni precedenti: -18mila imprese del settore agricolo nel 2014 sul 2013 e -32mila nel 2013 sul 2012. Anche l’occupazione nel settore agricolo è cresciuta nel 2015: +4,1% di nuovi occupati nel terzo trimestre dello scorso anno.

Numeri robusti, supportati anche dai dati emersi dall’indagine di Unioncamere “Vere nuove imprese”, dai quali emerge la spinta propulsiva del settore agricolo sull’economia. Le imprese agricole sono infatti il 9% del totale delle nuove imprese aperte in Italia nei primi sei mesi dello scorso anno, +6,3% rispetto al 2014.

Come abbiamo sottolineato nei giorni scorsi in occasione della Festa della donna, la componente rosa nelle campagne italiane si fa sempre più pesante, con 4 nuove imprese su 10 aperte da imprenditrici.

Per quanto riguarda i numeri macroeconomici, l’export ha toccato quota 36,8 miliardi di euro nel 2015, +7,3% rispetto a un anno prima e quasi il doppio rispetto all’incremento medio dell’export italiano, +3,7%.

Sul fronte del valore aggiunto del settore agricolo sul Pil nazionale, lo scorso ha chiuso in crescita del 3,8%, con un exploit del +8,4% nel quarto trimestre. Un dato che rivela come il Pil agricolo sia in linea con quello industriale (+0,9%) e leggermente superiore a quello nazionale (+0,8%). Significativa anche la crescita del reddito agricolo per addetto nel 2015: + 8,7% rispetto al 2014.

L’ agricoltura italiana produce ricchezza

Che l’Italia sia diventata, oltre che un Paese di santi, poeti e navigatori, anche un Paese di contadini è raccontato dalla realtà dei numeri. Secondo un’analisi di Coldiretti, infatti, è stata l’ agricoltura a far registrare il più elevato incremento del Pil nel quarto trimestre dello scorso anno, con il valore aggiunto che è salito dell’8,4% rispetto allo stesso periodo del 2014.

L’analisi di Coldiretti sull’andamento dell’ agricoltura è stata elaborata su dati Istat relativi al Pil, che hanno visto il settore agricolo registrare la maggiore crescita anche su base annuale. Con alcune zone d’ombra che, però, preoccupano l’associazione dei produttori agricoli.

Nello specifico, il settore italiano dell’ agricoltura soffrendo il crollo dei prezzi pagati ai produttori, crollo che sta portando alcuni settori alla deflazione: si va dal -60% dei pomodori, al -30% per il grano duro, al -21% per le arance rispetto al 2015.

Per non parlare, ricorda Coldiretti, di quanto sta accadendo al settore della zootecnia e degli allevamenti di animali da macello. Oltre all’annosa questione europea delle quote latte, Coldiretti ricorda il caso delle quotazioni per i maiali nazionali destinati ai circuiti a denominazione di origine, scese ben sotto quota 1 euro e 20 centesimi al chilo o dei bovini da carne, pagati su valori di 20 anni addietro.

In un quadro, dunque, nel quale i progressi dell’ agricoltura rischiano di essere vanificati da altri settori in maggiore difficoltà, Coldiretti chiede una moratoria sui debiti degli allevamenti da latte e da carne bovina e suina: continuasse così la situazione, queste aziende sarebbero costrette a chiudere, obbligate come sono a lavorare con prezzi di vendita ben inferiori ai costi di produzione.

Servono misure nazionali di rapida attuazione con una moratoria su mutui e prestiti agli allevamenti di 24/36 mesi – afferma Coldiretti -, oltre a un riposizionamento debitorio dal breve al medio lungo termine ed un impegno straordinario sui fondi di garanzia. Una necessità che può accompagnare il position paper che l’Italia presenterà alla Commissione europea, che prevede anche l’obbligo di etichettatura di origine per fermare le importazioni dall’estero da spacciare come Made in Italy”.

Insomma, se l’agricoltura italiana è sotto attacco, non sembra certo voler soccombere senza combattere.

Festa delle donne in agricoltura

La Festa delle donne è il momento per fare analisi e trarre bilanci anche sulla situazione delle donne nel mondo del lavoro. Scopriamo così che, in Italia, c’è un settore nelle quale vanno particolarmente forte. Le donne in agricoltura, infatti, lo scorso sono aumentate del 76% nella fascia di età under 34 anni.

Si tratta di dati che emergono da un’analisi di Coldiretti riferita a donne in agricoltura che hanno scelto di lavorare come imprenditrici agricole, socie di cooperative agricole o coadiuvanti familiari. Un incremento di donne in agricoltura 3 volte superiore a quello degli uomini, cresciuti del 27% nei primi 9 mesi del 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014.

Dall’analisi di Coldiretti emerge che sono sempre di più i giovani e le donne in agricoltura che decidono di portare avanti l’azienda di famiglia, con l’appoggio, almeno morale, della famiglia stessa e degli amici nel 57% dei casi.

Un trend importante da favorire in ogni modo, tanto che i giovani della confederazione degli agricoltori hanno ritenuto opportuno costituire una apposita task force per sostenere i giovani e le donne in agricoltura interessati a sviluppare la propria attività. Le iniziative della task force vanno dal passaggio di informazioni ai servizi di tutoraggio, dai corsi di formazione ai consigli per l’accesso al credito.

Il commento di Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti è significativo: “Il risultato è che le aziende agricole dei giovani possiedono una superficie superiore di oltre il 54% della media, un fatturato più elevato del 75% della media ed il 50% in più di occupati per azienda”.

Sempre secondo Coldiretti, fino al 2020 ci sarà posto in Italia per circa 20mila persone tra giovani e donne in agricoltura, principalmente grazie all’approvazione dei diversi piani di sviluppo rurale presentati dal nostro Paese da parte della Commissione europea.

Anche l’agricoltura è hi-tech

Anche l’agricoltura può essere hi-tech e, per questo, la Camera di Commercio di Caserta ha deciso di puntare sull’innovazione erogando contributi in conto capitale a favore delle imprese di Terra di Lavoro per la copertura parziale delle spese sostenute in acquisto di macchinari e attrezzature hi-tech.

Possono accedere agli incentivi le imprese agricole, individuali o in forma societaria, che abbiano sede legale o unità locale in provincia di Caserta, iscritte al Registro delle imprese, attive e in regola con il versamento del diritto annuale e con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei dipendenti.

Finanziabili sono le spese sostenute a partire dal primo aprile e fino a 31 ottobre 2014, per l’acquisto di:

  • macchinari agricoli che apportano innovazione di processo o di prodotto;
  • macchinari finalizzati all’ammodernamento delle attrezzature aziendali;
  • macchinari o attrezzature, finalizzati all’ottimizzazione dei sistemi irrigui e al risparmio idrico, con durata pluriennale o annuale, purché realizzate con materiali esclusivamente biodegradabili;
  • prodotti finalizzati allo sviluppo dell’informatica applicata all’agricoltura;
  • dispositivi di protezione individuale e collettiva nonché piccoli investimenti finalizzati al miglioramento dei livelli di sicurezza aziendale.

Il contributo può arrivare fino a 5mila euro ad azienda, a copertura del 40% massimo delle spese ammissibili.
L’importo complessivo di aiuti pubblici non può in ogni caso superare i 15mila euro in un arco temporale di tre anni, incluso l’anno in cui viene richiesto il finanziamento (anni 2011, 2012, 2013 e 2014).

La domanda per accedere al finanziamento va redatta utilizzando l’apposito modulo predisposto dal Servizio Promozione, scaricabile dal sito internet dell’Ente, Ce.camcom.it e trasmessa, in formato pdf, esclusivamente a mezzo Pec, all’indirizzo promozione@ce.legalmail.camcom.it.
Il termine ultimo per inviare le richieste è fissato al 31 ottobre 2014.

Vera MORETTI

Coldiretti ha presentato Lavoro in campagna

Coldiretti ha presentato, in occasione dell’Assemblea elettiva di Giovani Impresa Coldiretti il portale “Lavoro in campagna”, dedicato all’agricoltura e soprattutto ai giovani che si apprestano a lavorare in questo settore, magari anche stagionalmente per il periodo della raccolta della frutta o della vendemmia.

Per collegare, dunque, i datori di lavoro e i potenziali dipendenti, il sistema informatico che supporta il portale conterrà tutte le richieste di manodopera delle imprese, unitamente ai curricula e le disponibilità dei lavoratori.

Ma i servizi erogati dal portale non si esauriscono in una mera ricerca di collaboratori e lavoro, poiché offre anche servizi alle famiglie, che magari sono alla ricerca di colf o badanti,a ma anche stage aziendali o voucher per i giovani o per i pensionati che sentono la necessità di arrotondare la propria pensione.

Lo strumento informatico sarà accessibile presso ogni sede e sportello territoriale della struttura Coldiretti con personale qualificato che provvede anche a rendere un vero e proprio servizio di accompagnamento ed assistenza a imprese e lavoratori, sia nel compito di caricamento e aggiornamento dei dati, sia soprattutto nella vera e propria fase di incontro tra domanda ed offerta di lavoro.
È infatti previsto che tale fase di incontro tra impresa e lavoratori non sia gestita in automatico dal sistema, ma sia accompagnata e guidata dai servizi Coldiretti che provvederanno a segnalare all’impresa l’esistenza nell’archivio del sistema web di candidature compatibili con le necessità espresse provvedendo, se di interesse dell’impresa, ai necessari contatti con i candidati.

Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, ha affermato: “Si tratta di una risposta concreta alla domanda di agricoltura di un numero crescente di giovani (e non solo) che desidera fare una esperienza di lavoro in campagna. In agricoltura il lavoro c’è sia per chi vuole intraprendere con idee innovative che per chi vuole trovare una occupazione lontano dalla città”.

Non a caso il portale è stato presentato ora, perché, con la bella stagione, aumenteranno le richieste di collaborazione, a cominciare dalla raccolta degli ortaggi fino ad arrivare alla frutta e, a settembre, la vendemmia.

Per i giovani che hanno l’intenzione di lavorare nei campi, seppur stagionalmente, questa scelta rappresenta l’occasione per venire a contatto con il mondo del lavoro, ma anche di entrare in contatto con la natura e i suoi prodotti, che hanno fatto la storia dell’Italia.

Dal primo giugno i giovani lavoratori dai 16 ai 25 anni di età regolarmente iscritti ad un ciclo di studi possono essere remunerati con i voucher, i buoni lavoro che comprendono già la copertura assicurativa e previdenziale e non sono soggetti a ritenute fiscali.

I voucher rappresentano uno strumento che offre interessanti opportunità di reddito e occupazione a categorie particolarmente deboli e risponde coerentemente alle richieste di semplificazione del lavoro nei campi che può così meglio esprimere le proprie potenzialità in un momento di crisi, senza con ciò destrutturare il mercato del lavoro agricolo.

Vera MORETTI

Santi, navigatori e burocrati

All’ultima assemblea generale di Confartigianato il presidente Giorgio Merletti è stato chiaro: “Le imprese italiane corrono contromano e a occhi bendati e sembra si faccia di tutto per spingerci oltre confine per trovare condizioni normali per fare impresa: il fisco italiano tassa il 68,3% degli utili lordi d’impresa, in Svizzera appena il 30,2%“.

Un’accusa durissima e circonstanziata, basata su cifre reali. Secondo Merletti, chi dovrebbe determinare le sorti dell’Italia “non comprende che l’artigianato e le piccole imprese sono il cuore, le mani e l’intelligenza del made in Italy” e che tasse e burocrazia le stanno uccidendo.

Dall’inizio della legislatura tecnica a oggi, il Parlamento ha approvato ben 491 norme a contenuto fiscale, ciascuna corredata da decreti attuativi e circolari esplicative. Una zavorra che, secondo Merletti, “non possiamo più permetterci il lusso di indossare la maglia nera in Europa per la pressione fiscale e burocratica. Vorremmo cominciare a scalare la classifica. E non diteci che non ci sono risorse per cambiare le cose. Molti interventi si possono fare a costo zero. Però bisogna volerlo“.

Sul fronte della burocrazia, nell’ultimo anno le Pmi italiane hanno buttato in oneri amministrativi la bella cifra di 31 miliardi e l’ultimo anno e mezzo è stato particolarmente difficili per le imprese e per il Paese. Da metà novembre 2011 a giugno 2013 il numero delle aziende italiane è calato dell’1%, pari a circa 60mila imprese, 44mila delle quali artigiane per un calo pari al 3%. Un calo che, secondo Confartigianato, è legato a quello del Pil (-3,4%), del credito alle imprese (-6,4%) e inversamente proporzionale (guarda un po’…) all’incremento del debito pubblico (+6,4%).

Grandi alleate della burocrazia sono le tasse. Secondo un rapporto dell’Ufficio studi di Confartigianato, nel 2013 gli italiani ne pagheranno 38 miliardi in più, vale a dire 639 euro di maggiori imposte pro capite, rispetto alla media dei cittadini dell’eurozona. Il divario tra Italia ed Europa è dato dall’aumento della pressione fiscale che quest’anno in Italia raggiungerà il 44,6% del Pil: 2,4 punti in più rispetto al 42,1% registrato nella media dei Paesi dell’eurozona. Ma c’è dell’altro. Secondo il rapporto, se si considera il mancato gettito dell’economia sommersa, la pressione fiscale effettiva sale al 53,4% del sempre peggio. Torniamo a dire: come si fa a fare impresa così?

La burocrazia si mangia 100 giorni di lavoro all’anno

In un mondo perfetto gli imprenditori dovrebbero lavorare, fare business, produrre ricchezza e benessere. Nel mondo e nel Paese imperfetto nel quale viviamo perdono tempo, un sacco di tempo, a sbrogliare pratiche burocratiche.

La conferma arriva da Coldiretti, che in un’analisi ha stimato come nelle aziende la burocrazia faccia perdere fino a 100 giorni di lavoro all’anno che vengono sottratte all’attività di impresa per l’innovazione e la ricerca di nuovi mercati, in un difficile momento di crisi.

Nell’analisi si evidenzia anche come la burocrazia rappresenti uno dei fattori indicati come principale ostacolo dai giovani che vogliono aprire una attività agricola. La situazione, secondo Coldiretti, è particolarmente grave, ad esempio, in uno dei settori simbolo del made in Italy come il vino dove, dalla produzione di uva fino all’imbottigliamento e vendita, le imprese devono assolvere a oltre 70 attività burocratiche e relazionarsi con 20 diversi soggetti: dal ministero delle Politiche agricole alle Regioni, dalle Province ai Comuni, fino ad Agea, Organismi pagatori regionali, Agenzia delle Dogane, Asl, Forestale, Ispettorato Centrale qualità e repressione frodi, Nac, Guardia di Finanza, Nas, Camere di Commercio, organismi di controllo, consorzi di tutela, laboratori di analisi. Giusto quattro gatti…

Secondo l’associazione, il peso della burocrazia è anche nella quantità di norme di settore del vino: sono oltre 1000, contenute in circa 4000 pagine di direttive, regolamenti, comunicazioni, note e decisioni del Consiglio e della Commissione europea, leggi, decreti, provvedimenti, note, circolari e delibere nazionali e regionali.

Il carico sovrumano rischia ora di gravare ancora di più sulle imprese, con la messa a regime del nuovo sistema di certificazione e controllo dei vini a Denominazione. Secondo Coldiretti, “dimezzare il tempo perso dalle imprese con la burocrazia, attuando misure per un rapido processo di digitalizzazione della PA, per il coordinamento delle competenze nazionali e regionali, per l’unificazione di tutti gli adempimenti burocratici nel fascicolo aziendale” è uno degli obiettivi principali da perseguire, come illustrato nel documento “L’Italia che vogliamo”, presentato a tutti i gruppi politici.

Da grande faccio l’agricoltore

Nessun futuro da avvocato o medico ma, piuttosto, da agricoltore.
I genitori di oggi si fanno più pragmatici e, forse influenzati dalla crisi, vorrebbero per i propri figli una professione a contatto con la terra, ovvero nel settore agricolo.

La motivazione più diffusa è che l’agricoltura viene considerata “di primaria importanza con un alta produzione di valore sociale”.

Si tratta, sicuramente, di un dato sorprendente, che è emerso da una ricerca Coldiretti Swg divulgata a Bologna, durante l’assemblea di Coldiretti Giovani Impresa di sette regioni del Centro Italia (Emilia Romagna, Toscana, Sardegna, Lazio, Abruzzo Marche e Umbria).

Ma sono i numeri a dare manforte a questa convinzione, poiché le aziende agricole guidate da giovani registrano un livello di fatturato del 79% maggiore rispetto alla media e il 55% di occupati in più.
Il settore dell’agricoltura è particolarmente giovane, poiché gli under 40 che lavorano nelle oltre 450 mila aziende appartenenti alle sette regioni interessate sono ben 117 mila, e un terzo sono addirittura titolari delle proprie aziende.

Solo in Emilia Romagna i giovani under 40 occupati in azienda sono 17.901, il 31% dei quali titolari delle proprie aziende.

Vera MORETTI