Agricoltura: perché investire in elicicoltura e quanto si guadagna

L’agricoltura offre sempre preziosi suggerimenti per iniziare delle attività di impresa importanti e innovative. Tra le produzioni che negli ultimi anni hanno aiutato chi voleva iniziare un percorso in agricoltura ad avere buone prospettive c’è l’elicicoltura, cioè l’allevamento delle lumache.

Perché l’elicicoltura

Il diffondersi dell’elicicoltura negli ultimi anni è dovuto al fatto che le lumache oltre a poter essere utilizzate nel settore alimentare, possono essere usate anche per la produzione di bava di lumache, questa viene utilizzata in numerose preparazioni farmaceutiche e di prodotti di bellezza. A rendere la bava di lumaca molto ricercata sono i suoi particolari principi attivi in grado di favorire la cicatrizzazione, stimolare la produzione di collagene e di conseguenza prevenire la comparsa delle rughe e rendere la pelle levigata, contrastare l’acne. Questi sono solo alcuni benefici che apporta.

La prima cosa da sottolineare è che l’allevamento di lumaca rientra tra le attività del settore agricolo, di conseguenza si possono avere tutti i benefici tipici dell’azienda agricola, in fondo all’articolo potrai trovare degli approfondimenti in materia riguardanti anche contributi e agevolazioni a cui accedere.

A questo iniziale vantaggio, si unisce il costo dell’investimento piuttosto basso e, infine, l’allevamento non richiede particolare impegno dal punto di vista del tempo, contemporaneamente ha una buona redditività, questo vuol dire che è possibile avere un piccolo allevamento di lumache contemporaneamente a un altro lavoro, poi con il tempo si può scegliere come attività principale.

Come avviare un allevamento di lumache

Si può partire con un allevamento di piccole dimensioni che nel tempo può essere ingrandito. Per poter procedere è necessario quindi avere un terreno e sullo stesso occorre realizzare una recinzione. Questa deve avere caratteristiche peculiari, cioè deve essere realizzata in modo che l’appezzamento non possa essere attaccato da uccelli e roditori che manderebbero in malora l’allevamento di lumache. La recinzione deve anche evitare la fuga delle lumache. L’ideale sono teli traspiranti che lascino entrare la luce e l’aria per consentire alle piantine di vegetare bene.

A questo punto il terreno deve essere preparato e si deve provvedere a piantare delle piantine che possano fornire cibo alle lumache, quando lo spazio sarà ben fornito di cibo si potranno immettere le lumache che nel tempo si riprodurranno da sole. Comprare circa 10.000 lumache ha un costo di circa 2.000 euro, naturalmente se si vuole partire con un allevamento più grande si possono acquistare più lumache. Per 10.000 lumache bastano anche 1/4 di un ettaro, naturalmente può essere necessario avere a disposizione anche un locale per riporre attrezzi, macchinari e tutto ciò che occorre per un allevamento di lumache.

Per quanto riguarda l’impiantistica sarà necessario avere un impianto di irrigazione in modo che le piantine (insalate e verdure a foglia in genere) abbiano sempre l’acqua per vegetare, inoltre è necessario un impianto per la riproduzione. Ricorda che la piantumazione deve avvenire in modo ciclico e costante quindi dovrai dividere il terreno in spazi.

Dal punto di vista burocratico è necessario aprire una Partita IVA, iscriversi al Registro delle imprese, aprire una posizione INPS e INAIL.

Produttività di un elicicoltura

Per capire le potenzialità dell’allevamento occorre naturalmente una conoscenza almeno di base delle lumache, queste si riproducono circa 3-4 volte l’anno e il numero di uova è elevato. Le lumache per la riproduzione devono raggiungere almeno i due anni di età, per ogni accoppiamento producono circa 100 uova, tra il momento della fecondazione e il parto intercorrono 20 giorni, ulteriori 20 giorni sono necessari per la schiusa. Il tempo biologico di crescita di una lumaca in allevamento è di circa un anno. A questo punto saranno pronte per la vendita. Un chilo di lumache ha un costo di circa 10-12 euro al chilo se vendute al dettaglio, ma una buona redditività si può ottenere con la vendita della bava di lumaca.

La bava di lumaca

Chi vuole produrre bava deve preferire la varietà Helix Aspersa in quanto la bava è più pregiata. La raccolta può essere manuale, ma richiede tempo e dimestichezza, oppure meccanica, in questo caso è necessario acquistare un estrattore, il consiglio è di scegliere un estrattore cruelty free, cioè che non provoca sofferenza alle lumache, in questo modo potranno anche vivere più a lungo. Si possono acquistare anche modelli usati con un buon risparmio, in genere per un buon estrattore occorre calcolare in media 5.000 euro.

Una volta estratta la bava deve essere filtrata e microfiltrata per eliminare le impurità e a questo punto può essere venduta alle aziende specializzate in cosmetica e farmaceutica. Per avere guadagni certi è bene stipulare dei contratti di lungo periodo per la fornitura di bava, in questo modo si avranno entrate praticamente costanti.

Occorre infine ricordare che oltre a poter vendere le carni delle lumache e la bava, si possono ora vendere anche le uova, infatti tra i prodotti sempre più richiesti c’è proprio il caviale di lumaca.

Quanto si guadagna con l’allevamento di lumache

Con un allevamento iniziale di 10.000 lumache si possono guadagnare anche 1.000 – 1.500 euro al mese, facendo investimenti più importanti i guadagni aumentano. I guadagni iniziano ad arrivare da subito perché naturalmente l’acquisto di lumache ha ad oggetto animali già pronti alla riproduzione, per le carni sarà necessario attendere un anno, ma per la vendita della bava questo tempo non occorre.

Per conoscere le agevolazioni a cui accedere per iniziare un’impresa agricola nell’elicicoltura leggi gli approfondimenti:

Esenzioni IRAP in agricoltura: a quali aziende si applica;

Banche delle terre agricole: uno strumento per trovare terreni incolti

Credito per il Mezzogiorno per l’agricoltura: come funziona

Società agricola: cos’è, come funziona e i vantaggi che si possono avere

Tassazione delle aziende agricole: il regime delle imposte sul reddito

Agricoltura: credito di imposta per chi acquista macchinari

Agricoltura: vuoi far crescere la tua attività? con ISMEA Investe puoi

Nuove opportunità per le società che operano nel settore agro-industriale e agro alimentare. Si tratta del Bando Ismea Investe che finanzia progetti di investimento mirati.

ISMEA Investe

ISMEA è l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare, di seguito sarà indicato anche come “Istituto” e propone una serie di aiuti per le attività agricole, questi aiuti hanno l’obiettivo di sostenere il settore e sono diretti di volta in volta ad aziende che operano nell’agricoltura a diversi livelli, ad esempio in passato è stato finanziato il progetto “Donne in campo”.

Il bando in oggetto intende andare incontro alle esigenze delle attività agricole organizzate in forma di società di capitali che soffrono di una situazione di sottocapitalizzazione che non favorisce l’accesso al credito. Tale fattore che va ad incidere sulla capacità di introdurre innovazioni all’interno della filiera agricola e di conseguenza penalizza questo settore che è trainante per l’economia dell’Italia.

Nella presentazione del bando il presidente di Ismea Angelo Frascarelli ha sottolineato come anche per il settore dell’agricoltura le parole d’ordine nei prossimi anni saranno innovazione, transizione ecologica e internalizzazione in modo da rafforzare la competitività del made in Italy anche all’estero e il bando Ismea Investe intende andare proprio in tale direzione.

Chi può partecipare

Il bando ISMEA è diretto a: società di capitali, anche in forma cooperativa che siano però finanziariamente sane cioè non sottoposte a procedure fallimentari. Le società devono inoltre essere impegnate in attività di produzione agricola primaria, nella trasformazione di prodotti agricoli e nella commercializzazione di prodotti agricoli. Le società inoltre per poter beneficiare del bando ISMEA Investe devono essere partecipate almeno al 51% da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori.

La disponibilità totale di ISMEA per questo progetto è di 60 milioni di euro.

Come funziona il finanziamento ISMEA Investe

Il bando ISMEA Investe prevede la partecipazione di ISMEA in progetti che abbiano un valore minimo di 4 milioni di euro, l’aiuto dell’Istituto dei Servizi per il Mercato Agricolo per la singola ha un valore minimo di 2 milioni di euro e massimo di 20 milioni di euro, si tratta quindi di importi di una certa rilevanza. Sono naturalmente previste delle condizioni. Le aziende devono presentare dei progetti di sviluppo che devono essere eco-sostenibili e devono tendere a migliorare i processi produttivi, processi di consolidamento nella produzione, trasformazione, logistica, commercializzazione dei prodotti stessi.

Il valore dell’intervento di ISMEA Investe non potrà essere superiore al valore dell’intervento dei privati, ad esempio se il progetto ha un costo di 5 milioni di euro, il valore dell’investimento ISMEA non potrà superare 2,5 milioni di euro, l’Istituto però andrà ad operare come socio di minoranza, tale partecipazione andrà nel tempo in dismissione, quindi l’Istituto non resterà “socio” per sempre.

I versamenti dell’Istituto approvati dovranno essere successivi o concomitanti rispetto a quelli dei privati, l’apporto di questi ultimi potrà essere anche in forma di conferimento dei beni, ma questi dovranno essere funzionali rispetto al progetto presentato, inoltre saranno sottoposti a una perizia per determinarne il reale valore in modo da mantenere la posizione di socio di minoranza di ISMEA.

L’uscita dell’istituto dal progetto avviene nell’arco di 5-8 anni, ma il piano di uscita deve essere chiaro fin dall’inizio e molto dettagliato. L’Intervento ISMEA avrà comunque una remunerazione compresa tra un tetto minimo e massimo da individuare in base alla tipologia di finanziamento. Nell’accordo saranno determinate anche le modalità di uscita.

Condizioni dell’accordo

Se hai intenzione di partecipare, fin da subito devi sapere che l’articolo 12 del bando prevede che al termine della procedura di valutazione, ISMEA stipula un accordo con le società, si tratta di un vero e proprio contratto che riconosce all’Istituto un potere di vigilanza e controllo sulle attività svolte.

Tra le condizioni per poter ottenere l’aiuto previsto vi è il diritto di ISMEA di nominare almeno un rappresentante dell’organo amministrativo e un rappresentante dell’organo di controllo. Inoltre ISMEA provvederà ad acquisire budget annuali e resoconti semestrali, dovrà visionare il bilancio della società corredato dalla certificazione di una società di revisione iscritta all’albo. Infine, ISMEA monitorerà il perseguimento degli obiettivi per i quali  la società ha ottenuto l’aiuto previsto dal bando. Appare quindi evidente che ISMEA non si limita a finanziare, ma per un periodo diventa un vero e proprio partner controllore e minoranza, della società stessa.

Tipologia di finanziamento di ISMEA Investe

ISMEA Investe può finanziare il progetto in vari modi, ad esempio attraverso un intervento di equity, cioè una capitalizzazione della società che ottiene il finanziamento, prestiti obbligazionari o altri strumenti partecipativi.

Per la partecipazione al bando è necessario produrre domanda utilizzando i moduli reperibili sul sito ISMEA, la domanda può essere presentata dal 15 novembre 2021 al 14 gennaio 2022. Nonostante la domanda debba essere presentata attraverso lo sportello telematico, vi sono degli orari da rispettare, infatti lo stesso è attivo nei giorni feriali (sono quindi esclusi i festivi) dalle ore 9:00 alle ore 18:00. Le domande sono acquisite e verificate secondo l’ordine cronologico di presentazione. Naturalmente devono essere valutate sia da punto di vista della corretta presentazione che dei contenuti della domanda stessa.

Occorre ricordare che tra le cause di esclusione vi sono l’aver beneficiato del bando 2019 “Interventi finanziari a condizioni agevolate dell’ISMEA” o di precedenti bandi di ISMEA rivolti esclusivamente a società di capitali.

Inoltre non possono partecipare le società che hanno ricevuto aiuti che sono bloccati in conti e che devono essere restituiti. Ad esempio nel caso in cui siano stati ricevuti aiuti di Stato e gli stessi debbano essere restituiti.

Non possono partecipare le società in cui siano state accertate infrazioni alla normativa sulla sicurezza sul luogo di lavoro (articolo 7 del bando).

La graduatoria delle società ammesse sarà pubblicata 15 giorni dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle domande.

Solo per curiosità si fa presente che tra le società che in passato hanno beneficiato degli aiuti di ISMEA Investe c’è Fileni, nota azienda impegnata nella macellazione, lavorazione e trasformazione delle carni.

Sei interessato a ISMEA Investe? Ecco il bando

Per una panoramica sulla sicurezza sul luogo di lavoro leggi l’articolo: Lavoro e misure di prevenzione e protezione: doveri dell’azienda

 

 

Regime Forfetario: quali sono le attività escluse? Ecco l’elenco

Il regime forfetario è un particolare regime di favore che consente di esercitare attività di impresa e avere un’imposizione fiscale di tipo forfetario e onnicomprensiva. Questo regime di favore non può però essere utilizzato indistintamente da tutti, ma vi sono dei limiti: ecco quali sono le attività escluse.

Requisiti per applicare il regime forfetario

Per poter rientrare in tale regime è previsto che non siano superati limiti di reddito, cioè l’ammontare dei compensi e dei ricavi non deve superare i 65.000 euro e le spese annue non devono superare 20.000 euro per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto.

Questi sono i limiti generali, ma vi sono anche ulteriori limiti, cioè una serie di attività escluse, cioè che non si possono esercitare in regime forfetario.

Attività escluse dal regime forfetario: limiti soggettivi

Dal punto di vista soggettivo sono esclusi dalla possibilità di accedere al regime forfetario coloro che nell’anno precedente rispetto a quello in cui hanno deciso di iniziare l’attività hanno dichiarato un reddito eccedente i 30.000 euro. La verifica del superamento della soglia non deve essere effettuato nel caso in cui il rapporto di lavoro sia comunque cessato.

Non possono inoltre accedere coloro che partecipano a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, oppure sono soci in SRL con una partecipazione che ne determina il controllo e con attività che sono riconducibili a quelle che si vogliono condurre con la nuova attività imprenditoriale con regime forfetario. Sono altresì escluse le persone fisiche che esercitano l’attività di impresa prevalentemente nei confronti dei soggetti con cui precedentemente svolgevano attività di lavoro dipendente.

Naturalmente per poter aderire al regime forfetario è necessario avere la residenza in Italia, possono però accedere coloro che hanno la cittadinanza in uno dei Paesi dell’Unione Europea e il 75% delle entrate della loro attività sia fatturato in Italia.

Attività escluse dal regime forfetario: limiti oggettivi

Le esclusioni non finiscono qui, infatti sono previsti dei limiti anche per quanto riguarda le tipologie di attività che si possono svolgere con il regime forfetario. Sono escluse quelle presenti nel seguente elenco:

  • agricoltura e attività connesse e pesca: in questo caso ci sono altri regimi agevolati a cui aderire, ad esempio la società agricola o l’impresa agricola, per maggiori informazioni sulla tassazione in agricolatura leggi QUI;
  • esercizio di attività sali e tabacchi;
  • commercio dei fiammiferi;
  • aziende operanti nel settore dell’editoria (case editrici, testate giornalistiche);
  • gestione di servizi di telefonia pubblica;
  • rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta;
  • intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al D.P.R. n. 640 del 1972;
  • agenzie di viaggi e turismo
  • agriturismo (si applica la disciplina dell’attività agricola);
  • vendite a domicilio o porta a porta;
  • rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione;
  • agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione;
  • cessione esclusiva di terreni, fabbricati, mezzi di trasporto nuovi.

Regime forfetario: escluso l’obbligo di fatturazione elettronica

Ricordiamo che coloro che aderiscono al regime forfetario non hanno l’obbligo di aderire alle fatturazione elettronica. Tale obbligo doveva decadere il 1° gennaio 2021, ma in realtà è molto probabile che lo stesso termine sarà derogato. Resta l’obbligo di emettere la fattura cartacea, la stessa deve avere una numerazione progressiva. L’obbligo di fatturazione elettronica si applica nel caso di prestazione di beni e servizi nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Per saperne di più leggi l’articolo: Fatturazione elettronica e regime forfetario: nessun obbligo dal 2021

Esonero contributivo aziende e autonomi del settore agricolo, domanda entro 30 giorni

Al via la presentazione delle domande delle aziende e degli autonomi del settore agricolo. Con la circolare di ieri, 4 novembre, l’Inps ha previsto 30 giorni di tempo per presentare l’istanza. Si tratta dell’esonero contributivo contenuto negli articoli 16 e 16 bis del decreto legge numero 137 del 2020. Il periodo di fruizione va da novembre 2020 a gennaio 2021.

Esonero contributivo agricoltura: chi può presentare domanda

Ammessi alla presentazione della domanda di esonero contributivo sono i lavoratori autonomi e le aziende rientranti nella filiera dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura. Il termine per la presentazione della domanda è fissato in 30 giorni a partire dalla data del 4 novembre 2021.

Come inviare la domanda di esonero contributivo per i lavoratori autonomi e le aziende agricole

Nel messaggio 3774 di ieri l’Inps specifica che le aziende con i dipendenti e quelle assuntrici di manodopera agricola che posseggano la Cida debbano presentare domanda mediante il modello messo a disposizione dal portale dedicato alle agevolazioni (ex DiResCo). I lavoratori autonomi invece devono presentare domanda nel “Cassetto previdenziale Autonomi in agricoltura” disponibile nella sezione “Comunicazione Bidirezionale”. Infine per inoltrare la domanda è necessario andare nella sezione “Invio comunicazione”.

Domanda autonomi agricoli, le sezioni 3.1 e 3.12

Lavoratori autonomi e aziende agricole, nella presentazione della domanda, devono indicare se concorrere all’esonero previsto dalla sezione 3.1 e/o della sezione 3.12. Nel caso in cui la domanda si presentata per entrambe le sezioni, la somma delle quote di esonero deve corrispondere all’imposto dell’esonero richiesto.

Datori di lavoro agricolo che hanno presentato domanda di esonero contributivo

I datori di lavoro riceveranno il risultato di accoglimento della domanda di esonero agricolo per posta elettronica certificata (Pec). In ogni modo, l’esito della domanda si può consultare nel Portale delle Agevolazione (ex DiResCo). L’importo accordato dall’Inps in via definitiva non può essere superiore, comunque, alla contribuzione datoriale da versare dal 1° novembre 2020 al 31 gennaio 2021.

Lavoratori autonomi in agricoltura che presentano la domanda di esonero contributivo

Per i lavoratori autonomi in agricoltura che presentano la domanda di esonero contributivo, gli importi sono già riportati nel modello precompilato. Nel modulo è riportato separatamente l’importo dell’esonero per l’anno 2020 (per i mesi di novembre e dicembre 2020) e per l’anno 2021 (il mese di gennaio, utile alla domanda).

Lavoratori iscritti alla Gestione dei contributi quali diretti, mezzadri e coloni

La circolare Inps del 4 novembre specifica che i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali dei coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni per i quali non sia avvenuto il calcolo dei contributi con l’emissione del 2021 possono, in ogni modo, inoltrare la domanda di esonero contributivo. Sarà l’Inps a provvedere a elaborare il prospetto di calcolo della contribuzione per l’emissione 2021 e a fornire gli importi delle rate da versare nel “Cassetto previdenziale Autonomi in agricoltura”.

Agricoltura: credito di imposta per chi acquista macchinari

L’agricoltura è un settore strategico per il Paese, ma anche un comparto molto difficile in cui lavorare, per agevolare gli investimenti e l’uso di nuove tecnologie anche in questo importante ramo dell’economia del Paese ci sono diverse agevolazioni e tra queste il credito d’imposta a compensazione dei tributi per chi investe in macchinari.

Chi può avvalersi del credito di imposta a compensazione dei tributi

L’agricoltura è un settore strategico per il Paese, nel primo trimestre del 2021 il valore aggiunto dell’agricoltura ha raggiunto 7,89 miliardi di euro con un aumento dell’1,3% rispetto allo stesso trimestre del 2020 e del 3,9% rispetto all’ultimo trimestre del 2020. Nel primo trimestre è cresciuta anche l’occupazione nel settore e  il numero di ore lavorate, segno che l’agricoltura in Italia comincia a essere rivalutata anche dai giovani che possono ora lavorare in questo settore avvalendosi anche di nuove tecnologie. Proprio per aiutare il comparto a crescere sono previsti diversi aiuti e tra questi c’è il credito di imposta a compensazione dei tributi.

La normativa stabilisce che per il 2021 possono avvalersi di questo importante contributo tutte le imprese agricole residenti sul territorio, qualunque sia il regime fiscale applicato e quindi anche nel caso in cui abbiano scelto il regime forfettario. A differenza del passato non sono esclusi i contoterzisti, cioè coloro che lavorano in agricoltura per conto terzi, che in fondo sono i soggetti che più di altri investono in macchinari e non sono escluse le ditte individuali. La platea quindi è molto ampia e per conoscere nel dettaglio le aziende che possono essere definite agricole è possibile leggere la guida:

Di cosa si occupa un’azienda agricola: definizione, limiti, privilegi

Su quali beni/macchine agricole è possibile ottenere il credito di imposta a compensazione dei tributi

La disciplina del credito di imposta riconosciuto in seguito all’acquisto di macchinari prevede due tipologie di agevolazioni, la prima consente di ottenere una compensazione fino al 50% del prezzo di acquisto, questa però è legata all’acquisto di macchinari con tecnologia 4.0.

In particolare si può ottenere il:

  • 50% su un investimento fino a 2,5 milioni di euro;
  • 30% su investimenti di valore tra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro;
  • 10% su investimenti fino a 10 milioni di euro.

La seconda possibilità è il credito di imposta pari al 10% del prezzo di acquisto e si applica a qualunque tipologia di macchinario.

Naturalmente tutti sono attratti dalla possibilità di ottenere il 50% di compensazione e quindi si chiedono: quali sono i macchinari con tecnologia 4.0? Si tratta di attrezzature e macchinari, tra cui ovviamente i trattori, che hanno tecnologie e software di nuova generazione, gli stessi devono essere funzionali alla trasformazione tecnologica e alla facilitazione dei processi produttivi. Tra questi vi sono strumenti con meccanismi di automazione.

Per quali imposte è possibile beneficiarne

Naturalmente tutti sono interessati a capire su quali imposte è possibile portare in detrazione il 50% o altra percentuale a cui si ha diritto.

La normativa prevede che l’acquisto debba essere sostenuto entro il 31 dicembre 2021, occorre però che entro tale data sia anche versato al venditore almeno il 20% del prezzo pattuito. Si potrà beneficiare del credito di imposta dall’anno successivo. Una volta calcolato l’ammontare, lo stesso viene diviso in tre rate “riscuotibili” annualmente. Quindi facendo il caso di un trattore con tecnologia 4.0 acquistato al prezzo di 100.000 euro, entro il 31 dicembre deve essere pagato almeno l’importo di 20.000 euro. Poi dal 2022 sarà possibile portare in detrazione il 50%, ovvero 50.000 euro. Questa somma viene divisa per 3 e si ricavano rate da 16.667 euro, quindi nel 2022 la compensazione sarà di tali importi massimi, nel 2023 si avrà la seconda rata e nel 2024 la terza rata. Nel caso in cui le imposte da pagare siano inferiori a tali somme, la rimanente parte andrà persa.

Ciò che è interessante è la tipologia di imposte che possono essere portate in compensazione, infatti ci sono contributi davvero notevoli, ad esempio contributi previdenziali e assistenziali da pagare in favore dei lavoratori dipendenti, contributi previdenziali e assistenziali propri, questi assumono particolare rilievo soprattutto nelle aziende di medie dimensioni e quindi possono aiutare a portare in compensazione somme davvero importanti, inoltre si possono compensare IVA, IRPEF, IRAP, IRES, IMU.

Infine occorre ricordare che questo aiuto non ricade in quelli classificati come aiuti di Stato e di conseguenza può essere cumulato con altre agevolazioni previste per l’acquisto di macchine agricole e strumenti come la Nuova Sabatini.

Vuoi saperne di più sulle agevolazioni previste per la Nuova Sabatini? Leggi l’articolo Imprese: La legge “Nuova Sabatini” per acquistare nuovi macchinari

Credito per il Mezzogiorno per l’agricoltura: come funziona

L’agricoltura è uno dei settori in cui è necessario effettuare investimenti elevati in macchinari e allo stesso tempo è più difficile riuscire ad avere buone entrate in breve tempo, ecco perché a sostegno di un settore comunque strategico per l’Italia, e in particolare per il Sud, è stato previsto il Credito per il Mezzogiorno, una particolare misura di sostegno che facilita gli investimenti in questo settore.

Come funziona il Credito per il Mezzogiorno per l’agricoltura

Il Credito per il Mezzogiorno consente di portare in compensazione una percentuale delle spese sostenute per l’acquisto di macchinari e strumentazione, ad esempio per l’acquisto di un trattore il cui costo è sempre molto elevato o di un accessorio di nuova generazione. La compensazione viene effettuata con l’imposizione fiscale, si tratta quindi di un credito di imposta da far valere su IVA, IMU, contributi previdenziali e altre imposte sostenute con il modello F24. Grazie alla legge di Bilancio 2021 l’agevolazione ha avuto una ulteriore proroga ed è possibile avvalersene fino al 31 dicembre 2022, non è dato sapere oggi se ci saranno ulteriori proroghe in futuro.

A chi è rivolto il Credito per il Mezzogiorno

Il Credito per il Mezzogiorno per l’acquisto di macchinari e strumentazione per l’agricoltura è un aiuto rivolto esclusivamente alle aziende agricole del Sud e di conseguenza potranno avvalersene aziende che si trovano in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna e Abruzzo. In base alla tipologia di azienda la percentuale di beneficio cambia, in particolare è previsto un credito di imposta, rispetto all’ammontare speso del:

  • 45% per le piccole imprese;
  • 35% per le medie imprese;
  • 25% per le grandi imprese.

Vuoi sapere se la tua azienda può essere classificata come Piccola, Media o Grande Impresa? Leggi la guida: Micro, Piccola, Media Impresa: definizioni e differenze

Affinché si possa ottenere il Credito per il Mezzogiorno è necessario che gli acquisti abbiano ad oggetto beni strumentali rispetto all’attività svolta in azienda, ci deve quindi essere una connessione tra il bene e le mansioni che normalmente si svolgono in azienda. Deve inoltre trattarsi di beni nuovi, quindi l’acquisto di un trattore usato non rientra nelle agevolazioni. Tra le particolarità a cui fare attenzione vi è il leasing, infatti è possibile avere le agevolazioni viste anche per i beni presi con il contratto di leasing, ma è necessario che sia esercitata l’opzione di acquisto.

Come richiedere il Credito per il Mezzogiorno per l’agricoltura

Per poter beneficiare del credito di imposta è necessario presentare una domanda all’Agenzia delle Entrate in cui devono essere elencati i beni acquistati e che possono usufruire delle agevolazioni viste. L’Agenzia delle Entrate quindi esegue una verifica e nel momento in cui rileva che tutta la documentazione è idonea, trasmette all’impresa il provvedimento di autorizzazione ad utilizzare il credito di imposta. A questo punto nel momento in cui devono essere pagate le imposte con il modello F24 si portano in detrazione le imposte.

Usufruire delle agevolazioni del Credito per il Mezzogiorno non crea problemi di compatibilità con altri aiuti e in particolare con la Nuova Sabatini. Scopri di cosa si tratta nella guida: Imprese: la legge “Nuova Sabatini” per finanziare l’acquisto di macchinari

Assunzioni in agricoltura per brevi periodi: come fare i lavori stagionali?

Quante volte è capitato di dover effettuare dei lavori agricoli e non sapere a chi rivolgersi per essere sicuri di non violare norme? Ora cercheremo di capire come si può assumere in agricoltura in periodi di raccolta intensi o per lavori di breve durata.

Assunzioni in agricoltura per brevi periodi di lavoro intenso

Può capitare che un soggetto abbia dei terreni con monoculture e di conseguenza non abbia la possibilità di assumere degli operai in quanto si occupa da solo dei lavori e ha bisogno di aiuto solo per la raccolta, capita spesso con la campagna olearia, ormai alle porte, con la raccolta di prodotti che non richiedono molto lavoro, ad esempio nocciole, castagne e simili. In tutti questi casi i lavori sono concentrati in pochi giorni, ma comunque possono verificarsi sinistri, l’agricoltura resta un settore in cui possono essere frequenti, e allora c’è la necessità di assumere rispettando le normative evitando così anche di avere denunce per lavoro nero. In seguito vedremo diverse ipotesi in cui l’assunzione può avvenire anche da parte di un soggetto che non è un imprenditore agricolo, ma un soggetto privato.

Voucher PrestO per le assunzioni in agricoltura occasionali

La prima possibilità da considerare sono i voucher PrestO: il termine PrestO sta ad indicare prestazioni occasionali, ecco perché si tratta di uno strumento utile per i periodi di raccolta intensa in agricoltura, naturalmente possono essere usati anche in altri settori. Sono stati introdotti dall’art. 54 bis della L. n. 96/2017 con l’abrogazione dei vecchi voucher. Purtroppo hanno dei limiti oggettivi e soggettivi. In particolare possono essere stipulati, o meglio utilizzati, in favore di:

  • titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità;
  • disoccupati di età inferiore a 25 anni regolarmente iscritti a un corso di studio, anche di tipo universitario;
  • disoccupati;
  • titolari di misure di sostegno al reddito.

Come funzionano i voucher PrestO

I voucher PrestO possono essere utilizzati per 10 giorni continuativi, quindi si tratta di una misura perfetta proprio per i casi che abbiamo citato in precedenza, cioè la raccolta delle olive, di nocciole, castagne, uva e simili. Ci sono anche dei limiti reddituali, cioè uno stesso soggetto con i voucher non può accumulare redditi superiori a 5.000 euro nell’arco di un anno, ma di fatto questo non osta a un ulteriore uso dello stesso lavoratore, da parte dello stesso utilizzatore, in un periodo diverso, ad esempio per altre mansioni agricole, come la pulizia del giardino, l’importante è non superare i limiti visti. I voucher PrestO possono essere acquistati anche da soggetti privati, cioè non nell’esercizio di attività d’impresa.

Il Voucher PrestO è composto da due parti, una è la retribuzione netta per il lavoratore, mentre l’altra parte comprende contributi INPS e INAIL, questo vuol dire che in caso di infortunio il lavoratore è comunque coperto. I buoni hanno un valore nominale di 12 euro a ora.  Il lavoratore non può essere impegnato per meno di 4 ore lavorative al giorno.

Se vuoi maggiori informazioni sui voucher PrestO, leggi la guida: Voucher INPS PrestO e libretto di famiglia: le nuove regole

Rispetto a quanto detto deve solo essere sottolineato che ora non si può più accedere ai servizi INPS con il PIN, ma occorre uno SPID, oppure CIE (Carta di Identità Elettronica) o CNS.

Quale contratto posso stipulare se ho bisogno di un lavoratore agricolo per più di 10 giorni?

Chi ha esigenza di assumere per più di 10 giorni continuativi potrebbe trovare soluzione al problema attraverso il contratto avventizio in agricoltura, la cui disciplina purtroppo risale al 1957, ma è ancora in vigore sebbene poco conosciuta. Questo è pensato per una durata media del lavoro di 1-2 mesi. La normativa prevede che siano gli organismi provinciali a stabilire orari di lavoro nei vari mesi dell’anno in base anche alle esigenze stagionali. La particolarità di questo contratto è che funziona “a chiamata”: ogni giorno è il datore di lavoro a decidere se si lavora o meno e questo dipende per lo più dal meteo.

E’ ovvio che se i miei operai sono addetti alla raccolta delle olive e piove abbondantemente, non potranno lavorare. Il contratto di lavoro avventizio in agricoltura si può stipulare direttamente con il datore di lavoro o presso Agenzie per il lavoro. In realtà per questa tipologia di mansioni, a meno che non ci sia una conoscenza personale di soggetti interessati a questo tipo di prestazione, ci si rivolge ad agenzie o Centri per l’Impiego che possono facilmente aiutare a trovare personale.

Il contratto avventizio non deve avere una durata giornaliera superiore a 8 ore lavorative. In periodi di lavoro intenso si può richiedere dello straordinario ma in misura massima di 1 ora al giorno. Particolari regole sono previste per mietitura e trebbiatura, ma in questa sede non ci soffermiamo perché questi lavori, dal 1957 a oggi, hanno subito una modifica sostanziale e di fatto non occorre eseguire degli straordinari importanti tanto da giustificare delle deroghe.

Dal contratto avventizio devono essere distinti i contratti a tempo indeterminato e determinato che vedremo in seguito.

Contratto di somministrazione di lavoro agricolo

Tra le varie possibilità vi è anche il contratto di somministrazione, in questo caso l’operaio agricolo non viene assunto dall’imprenditore agricolo, ma dall’Agenzia che deve però avere delle particolari autorizzazioni allo svolgimento di tale attività. La durata minima è un mese, di conseguenza può essere utilizzato anche per le prestazioni agricole, il datore di lavoro può essere anche un privato che figura come utilizzatore.

Contratto agricolo a chiamata

Un’altra opportunità è data dal contratto agricolo a chiamata, anche questo può essere utilizzato per le assunzioni in agricoltura per brevi periodi. Vi sono però limiti e condizioni. Non può essere utilizzato per più di 400 giornate lavorative nell’arco di un triennio. Possono essere assunti con il contratto agricolo a chiamata persone sotto i 24 anni di età e persone sopra i 55 anni di età. Si tratta quindi di un contratto il cui obiettivo è inserire persone che non riescono a collocarsi nuovamente nel mercato del lavoro dopo aver perso la precedente occupazione oppure che studiano e hanno bisogno di avere delle entrate. Naturalmente deve essere corrisposta una retribuzione oraria non inferiore a quella prevista dal CCNL per le stesse mansioni, contributi, previdenza, malattia e si maturano le ferie.

Questo contratto prevede che sia riconosciuto a favore del lavoratore anche un’indennità di disponibilità, ecco perché è difficile da utilizzare in agricoltura per piccoli imprenditori. All’indennità di disponibilità corrisponde un obbligo di risposta da parte del lavoratore.

Finanziamenti Ismea per giovani agricoltori e donne: tutto quello che c’è da sapere

Tra le misure a favore dell’autoimprenditorialità giovanile in agricoltura particolare importanza assumono i finanziamenti Ismea con la specifica misura “Più Impresa”. Alla misura accedono i giovani imprenditori  richiamati dal decreto ministeriale numero 180228 del 20 aprile 2021. Inoltre, grazie alle modifiche introdotte dal decreto “Sostegni bis”, le disposizioni del decreto ministeriale si applicano anche alle imprese amministrate e condotte da donne.

Chi può richiedere il finanziamento Ismea per l’agricoltura?

Il finanziamento Ismea “Più Impresa” riguarda la concessione di mutui agevolati e contributi a fondo perduto per sostenere, su tutto il territorio nazionale, il subentro, ovvero il ricambio generazionale, e l’ampliamento, ovvero lo sviluppo, delle imprese agricole a prevalente o totale partecipazione giovanile. Pertanto, il finanziamento può essere concesso alle micro, alle piccole e alle medie imprese agricole, organizzate sotto forma di ditta individuale o di società, che siano amministrate da giovani tra i 18 e i 41 anni di età o da donne.

Requisiti dei giovani agricoli e donne per presentare domanda finanziamento Ismea

I 41 anni di età non devono essere stati compiuti alla data di presentazione della domanda. I richiedenti domanda devono essere in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale o di coltivatore diretto. Tale qualifica deve risultare dall’iscrizione alla Gestione previdenziale agricola. Se la domanda viene presentata da una società è necessaria la composizione per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione di giovani imprenditori tra i 18 e i 41 anni.

Requisiti delle imprese per richiedere il finanziamento Ismea

Oltre all’età dei giovani imprenditori e all’accesso alle donne, per la richiesta del finanziamento Ismea nel caso del subentro le imprese devono possedere i seguenti requisiti:

  • la costituzione da non più di 6 mesi della società subentrante rispetto alla data di presentazione della domanda di finanziamento;
  • l’esercizio esclusivo dell’attività agricola secondo quanto prescrive l’articolo 2135 del Codice civile, sempre alla data di presentazione della domanda;
  • il subentro, anche a titolo accessorio e da non oltre i 6 mesi alla data di invio della domanda, nella conduzione dell’intera impresa agricola. Il subentro può essere anche di 3 mesi se effettuato mediante atto di cessione dell’impresa;
  • la sede operativa che deve trovarsi nel territorio nazionale.

Subentro e ampliamento di imprese agricole con il finanziamento Ismea

La misura, secondo quanto prevede il decreto Sostegni Bis poi convertito nella legge numero 106 del 23 luglio 2021, prevede inoltre che l’azienda cedente sia attiva da non meno di 2 anni e che sia economicamente e finanziariamente sana. Inoltre, l’azienda cedente, ditta individuale o società, deve svolgere in maniera esclusiva l’attività agricola, essere iscritta alla Camera di Commercio con titolarità di partita Iva. La seconda situazione prevista per il finanziamento Ismea è quella dell’ampliamento. Si intende per ampliamento l’intervento di miglioramento, di ammodernamento o di consolidamento dell’impresa esistente. Anche in questo caso, l’azienda agricola deve essere attiva da almeno 2 anni, con sede nel territorio nazionale ed economicamente sana.

Cosa finanzia l’Ismea e quali spese sono ammissibili?

Il progetto Ismea finanzia i progetti di sviluppo e di consolidamento delle imprese agricole, inerenti alla produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli. Inoltre è compresa anche la diversificazione del reddito agricolo. Queste tipologie di interventi sono finanziabili nella misura massima del 10% dei costi totali dell’intervento da realizzare.

Quali altre spese sono finanziabili dall’Ismea

Inoltre, le altre spese ammissibili nel finanziamento Ismea riguardano:

  • le spese per i nuovi impianti di trasformazione. In questo caso, la potenzialità non deve essere superiore al 100% della capacità produttiva dell’azienda rientrante nell’intervento;
  • gli oneri per lo studio di fattibilità nella misura del 2% del valore complessivo del progetto da realizzare;
  • i costi per le opere agronomiche sono ammissibili solo per investimenti nella produzione agricola primaria;
  • gli oneri relativi alle opere edilizie per il rilascio della concessione;
  • opere dell’edilizia per la costituzione o per il miglioramento dei beni immobili;
  • l’allacciamento, gli impianti, i macchinari e le attrezzature;
  • i beni pluriennali;
  • l’acquisto dei terreni;
  • le opere agronomiche o di miglioramento del fondo;.

In cosa consiste il finanziamento Ismea?

L’intervento complessivo del finanziamento Ismea può arrivare fino a 1.500.000 euro, Iva esclusa, con una durata che va dai 5 ai 15 anni. Le agevolazioni, sull’intero territorio nazionale, possono essere concesse mediante:

  • un mutuo agevolato per un importo fino al 60% delle spese ammissibile e applicazione del tasso zero;
  • il contributo a fondo perduto per un importo fino al 35% delle spese ammissibili.

Sono altresì finanziabili le attività di agriturismo e le altre attività di diversificazione del reddito agricolo: per questi interventi sono previste agevolazione in regime de minimis per un importo complessivo di spesa fino a 200.000 euro. Infine, le spese effettuate e oggetto di finanziamento devono essere rendicontate per stato di avanzamento dei lavori nel limite massimo di cinque.

Cosa non finanzia l’Ismea

Non sono finanziabili dall’Ismea le spese sostenute per:

  • la costituzione o la ristrutturazione dei fabbricati rurali che non sono connessi strettamente all’attività oggetto del progetto;
  • l’acquisto dei diritti di produzione, o dei diritti all’aiuto e piante annuali, i costi di impianto di piante annuali, i lavori di drenaggio, gli investimenti fatti per la conformità alle norme dell’Unione europea, l’acquisto di animali, gli investimenti inerenti il settore della produzione agricola primaria;
  • i costi del capitale circolante;
  • le spese sostenute per sostituire i beni preesistenti, pertanto i beni di investimenti finanziabili devono essere nuovi di fabbrica;
  • i lavori in economia;
  • i costi dell’Iva;
  • gli investimenti negli impianti per la produzione di biocarburanti;
  • i costi per gli impianti riguardanti la produzione di energia elettrica e termica da fonti rinnovabili;
  • tutti gli interventi o acquisti fatti prima della data di ammissione al finanziamento.

Le garanzie a sostegno del finanziamento Ismea

L’azienda agricola che ottiene i finanziamenti Ismea deve fornire garanzie pari al 100% del valore del mutuo agevolato concesso. La durata della garanzia deve essere pari a quella del mutuo agevolato. Rientrano tra le garanzie ammissibili al finanziamento Ismea:

  • quelle ipotecarie di primo grado inerenti i beni oggetto delle agevolazioni, o su altri beni dell’impresa beneficiaria o ancora di terzi;
  • in alternativa o a supporto dell’ipoteca, è possibile ricorrere alla fideiussione di banche o assicurazioni.

Esenzione IRAP in agricoltura: a quali aziende si applica?

L’IRAP è l’Imposta Regionale Attività Produttive e si applica a tutti coloro che svolgono attività di impresa, si è visto che sebbene sia un’imposta regionale, le Regioni hanno un limitato potere. In precedenza abbiamo delineato in modo generico chi sono i soggetti che devono presentare la dichiarazione IRAP e tra questi abbiamo visto che vi sono le imprese che operano nel settore agricolo. In merito ad esse occorre però fare delle precisazioni, infatti vi è l’esenzione IRAP in agricoltura per alcune tipologie di aziende.

Vuoi conoscere chi sono i soggetti che devono presentare la dichiarazione IRAP? Leggi:  Chi è obbligato a presentare la dichiarazione IRAP? Scopriamolo insieme

 Esenzione IRAP in agricoltura 2021

La Legge 2008 del 2015 ha previsto importanti novità per il settore dell’agricoltura e in particolare l’esenzione IRAP a partire dal periodo di imposta 2016.

L’esenzione non riguarda tutti e in particolare riguarda esclusivamente il reddito agrario rientrante nella disciplina dell’articolo 32 del TUIR .

L’articolo 32 del Testo Unico Imposte sul Reddito  prevede che rientrino tra le attività agricole idonee a produrre l’esenzione IRAP quelle:

  • dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
  • le attività di allevamento con connessa coltivazione di terreno che producono alimentazione per animali e riescono a garantire almeno ¼ dei mangimi necessari per l’allevamento stesso;
  • attività di agricoltura mediante l’uso di strutture fisse o mobili (serre), le stesse però non devono occupare più della metà della superficie disponibile;
  • rientrano nella esenzione IRAP anche le attività previste dall’articolo 2135 del codice civile comma terzo. Lo stesso recita: “ Si  intendono  comunque  connesse  le  attività,  esercitate   dal medesimo  imprenditore  agricolo,   dirette  alla   manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione  e  valorizzazione che  abbiano  ad  oggetto  prodotti  ottenuti  prevalentemente  dalla coltivazione del fondo o del bosco  o  dall’allevamento  di  animali, nonché le  attività  dirette  alla  fornitura  di  beni  o  servizi mediante  l’utilizzazione  prevalente  di  attrezzature   o   risorse dell’azienda   normalmente    impiegate    nell’attività    agricola esercitata,  ivi  comprese  le  attività   di   valorizzazione   del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero  di  ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. In sintesi vengono considerate rientranti nel reddito agrario le attività di trasformazione dei prodotti, ad esempio la realizzazione di marmellate con i frutti dell’azienda agricola.

Cosa succede per cooperative e consorzi

I soggetti ora visti, cioè le aziende agricole, in realtà rientravano già in un regime agevolato IRAP, in quanto la loro aliquota era ridotta rispetto a quella generalmente applicata ed era dell’1,9%, ma a partire dal periodo di imposta 2016 non devono presentare la dichiarazione IRAP e non sono tenute al pagamento. .

Ai fini dell’esenzione IRAP sono equiparati agli imprenditori agricoli anche le società cooperative e i consorzi che  forniscono servizi ai settori selvicolturali, ad esempio cooperative che si occupano di realizzare opere idrauliche, e alle cooperative che si occupano di allevamenti di animali con mangimi ottenuti per almeno ¼ dai terreni degli altri soci della cooperativa. In questo caso si parla anche di stalle sociali.

Attività agricole che non godono dell’esenzione IRAP

Non rientrano nelle previsioni dell’articolo 32 del TUIR i redditi derivanti da:

  • attività di allevamento con terreni che non siano in grado di assicurare una certa autosufficienza e cioè la capacità di produrre almeno ¼ dei mangimi necessari per lo stesso allevamento;
  • agriturismi se aderiscono al regime forfettario;
  • attività connesse alla produzione di energia elettrica oltre la franchigia prevista nella legge 266 del 2005 comma 423. Lo stesso assimila al reddito agrario, assimilabile a quello previsto dall’articolo 2135 del codice civile, comma 3°  l’energia prodotta da fonti rinnovabili agricole sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli. Di conseguenza eccedendo tali limiti di produzione non si è più nell’ambito del reddito agrario ed è necessario presentare la dichiarazione IRAP;
  • attività dirette alla produzione di servizi.

Pensioni con 2 anni di contributi gratis anche nel 2021 per nuovi agricoltori

Le pensioni, si sa, sono una preoccupazione all’ordine del giorno per tantissime categorie di lavoratori ed anche di non lavoratori, che sognano di arrivare ad averne una. Sebbene, in questo preciso momento storico, parrebbe quasi una “fonte salvavita”, rispetto alle incertezze del “piatto a tavola” di chi lavora, o ha smesso di lavorare, in piena pandemia. In questo ballo di preoccupazioni, scopriamo come la legge di bilancio 2021 ha deciso di agevolare chi avvia un’attività agricola, preservando due anni di contributi gratis nel 2021 ai nuovi agricoltori.

La proroga dello sgravio contributivo per le attività agricole

E’ stato, dunque confermato dalla suddetta legge di bilancio 2021 lo sgravio per le attività agricole per un ulteriore anno. Tutti coloro che attueranno una nuova forma di attività agricola avranno lo sgravio contributivo. Quindi, una proroga a due anni inerente al versamento dei contributi per chi esordisce nell’iscrizione all’ attività agricola, nell’ arco di tempo che va dal 1 gennaio 2021 al prossimo 31 dicembre 2021.

Una sorta di attività, o potremmo dire di riproposizione, quella della proroga, che già avevamo visto avvenire nel 2018, dopo essere stata introdotta l’anno prima, nel 2017, poi prorogata nuovamente nel 2020.

Quanto sarà lo sgravio contributivo nei 2 anni?

Si rivela particolarmente vantaggioso lo sgravio contributivo nei 2 anni per chi avvia una nuova attività agricola. L’ esonero contributivo, di fatto, sarà del 100% per tutti coloro che rientreranno nella categoria di coltivatori diretti e per gli imprenditori agricoli professionali che hanno un età inferiore ai 40 anni e che, ovviamente, inizino una nuova attività di imprenditoria nel settore agricolo nell’ anno in corso, ovvero questo 2021.

Ovviamente, dunque, si tratta chiaramente di un beneficio che non riguarderà coloro che hanno un’età superiore o pari ai 40 anni ed escluderà tutti coloro che già si erano iscritti, negli anni precedenti, alla previdenza agricola.

Il vantaggio consiste nel fatto che, oltre ad un risparmio da parte di chi si iscrive, saranno regolarmente conteggiati nella aliquota di computo della pensione, anche i contributi non versati in questi due anni di sgravio.

Insomma, un bell’ incentivo per avviare un’attività agricola, in questo periodo di disarmo economico e sociale, dove spesso ci si lamenta dello stato attuale di uno dei nostri settori più ricchi, specie nel sud del paese, ma che spesso viene lasciato un po’ in balìa delle onde.

E che, forse, in questo periodo di emergenza Covid sta vedendo attivare una piccola serie di misure di tutela del settore, a partire dai vari decreti “Cura Italia”, il “Ristori” e “Liquidità” che, sulla carta avrebbero messo in primo piano proprio il settore agricolo e quello della pesca, a salvaguardia della produzione di beni primari e quindi della produzione del Made in Italy. Quindi è giunto il tempo di non rubare più braccia all’ agricoltura e far si che nuova imprenditoria si avventuri a salvaguardia del settore.