La Cia contro le nuove norme per i patentini agricoli

Le nuove norme che riguardano il patentino per le macchine agricole, previste in vigore dal 12 marzo, non piacciono a Cia-Confederazione italiana agricoltori e Confagricoltura, i cui rappresentanti hanno inviato una lettera di protesta ai ministri competenti (Politiche Agricole Mario Catania e Lavoro Elsa Fornero) e al presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome Vasco Errani.

Il giudizio negativo che le due confederazioni hanno espresso riguarda, in particolare, l’accordo Stato Regioni che introduce l’abilitazione all’utilizzo dei trattori e di altri macchinari e la legge di stabilità che comporta la revisione delle macchine agricole.

Entrambe le norme, infatti, introducono ulteriori oneri a carico delle imprese agricole, già duramente colpite dai nuovi adempimenti riguardanti la sicurezza sul lavoro.

Si parla, in concreto, di più i 1 milione di operatori coinvolti nell’abilitazione alla guida dei trattori, con costi formativi a carico dei datori di lavoro, e di più di 2 milioni di veicoli coinvolti nelle procedure di revisione.

Oltre a ciò, viene denunciata anche la mancanza di chiarimenti amministrativi essenziali rispetto all’applicazione dell’accordo. In particolare, non vi è chiarezza sulla modalità di attestazione dell’esperienza biennale per gli operatori agricoli che dovrà comunque essere -secondo Cia e Confagricoltura- estremamente semplificata.

La proroga richiesta dalle due Organizzazioni serve, dunque, per arrivare ad una revisione dei contenuti dell’accordo e per rendere chiaro il quadro applicativo.

Vera MORETTI

Antonella Ferrone alla guida dell’Agia Campania

Una donna alla guida dell’Agia Campania: è l’imprenditrice Antonella Ferrone. “Siamo molto soddisfatti della due giorni dell’Agia/Cia – ha dichiarato Salvatore Ciardiello, Presidente della Cia – sia per l’elezione di Antonella Ferrone, bravissima imprenditrice, come presidente dell’Agia Campania, sia per il rilievo nazionale che l’appuntamento ha apportato alla nostra regione, d’altro canto noi crediamo fortemente nei giovani per il contributo che potranno dare in associazione, e più in generale al futuro del nostro Paese.”

Ringrazio coloro che hanno creduto in me dandomi fiducia con l’incarico accordatomi – ha dichiarato la Ferrone -. Spero di poter esser in grado di soddisfare le aspettative che questo ruolo mi offre.
 E che la passione nata nel mondo dell’agricoltura, mi porti in un lasso di tempo breve a risolvere eventuali gap che il sistema vive, attraverso la collaborazione non solo dei presidenti provinciali ma soprattutto dei presidenti regionali.
Cercherò di portare una ventata di concretezza permettendo sia ai giovani in fase di startup, che a coloro che hanno già anni di titolarità alle spalle di essere davvero i protagonisti del futuro attraverso le scelte imprenditoriali.

Lavoro sommerso, i dati Inps del 2011

 

Oltre 45 mila lavoratori in nero, per un’evasione calcolata che si aggirerebbe attorno ai 981 milioni di euro.  Sono i dati resi noti dal bilancio sociale dell’Inps riguardanti le indagini e le ispezioni sul lavoro sommerso in Italia nel 2011.

L’Istituto ha accertato più di 981 milioni di euro di omissioni contributive e sanzioni. A finire sotto il fuoco incrociato dell’Istituto di previdenza sociale sono stati due settori in particolare: quello dell’agricoltura e quello dell‘edilizia. Nel primo caso, le ispezioni sono state orientate all’indagine del fenomeno di utilizzo di manodopera agricola stagionale, a seconda delle principali colture effettuate nei diversi periodi dell’anno.

Nel dettaglio a passare sotto stretta osservazione il fenomeno del caporalato e delle truffe ai danni dell’Inps realizzate mediante l’instaurazione di fittizi rapporti di lavoro, attività spesso nelle mani di organizzazioni criminali, che hanno fatto emergere 66.347 rapporti di lavoro in nero. Nel dettaglio, il totale dei rapporti di lavoro “fittizi” scoperti nel triennio 2009-2011 sale a quota 246.271 con conseguente mancato incasso, per le casse dell`Istituto, di oltre 739 milioni di euro.

Passando all’edilizia “le ispezioni sono state finalizzate alla verifica delle condizioni generali di tutela del lavoro – ha fatto sapere l’Inps – nonché ad un oculato monitoraggio della cantieristica esistente che ha consentito un attento esame, oltreché del lavoro irregolare, anche dello stato di attuazione, in tale ambito, della disciplina in materia di salute e sicurezza“.

Alessia CASIRAGHI

Finanziamento all’agricoltura in Sicilia

Il settore agricolo riceverà, in Sicilia, un finanziamento che riguarderà l’acquisizione da parte delle imprese agricole dei mezzi tecnici a fecondità semplice, la cui utilità cioè si esaurisce nel corso dell’esercizio produttivo, con un tempo di restituzione che va al di là dell’annata agraria.

A beneficiarne, dunque, sono gli imprenditori agricoli titolari di imprese che siano regolarmente iscritte al Registro delle imprese agricole, con sede in Sicilia.

Per quanto riguarda le imprese di produzione primaria, sono ammesse sia in forma singola che associata, mentre quelle che operano nel settore della trasformazione, lavorazione e commercializzazione dei prodotto agricoli solo ed esclusivamente in forma associata.

Questa iniziativa ha l’obiettivo di incentivare l’accumulo di scorte tramite finanziamento a tasso agevolato, che verrà concesso fino alla copertura massima del 100% della spesa ammissibile.
L’importo massimo varia a seconda del settore produttivo, e precisamente è compreso tra 5.000 e 30.000 euro per la produzione primaria, e tra 5.000 e 300.000 euro per lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e attività agrituristiche.

Ai finanziamenti sarà applicato un tasso pari al 40% del tasso di riferimento della Banca Centrale Europea, ma per le imprese di nuova costituzione e per gli agricoltori sonno i 40 anni si scende al 30%.

Il periodo di rimborso del finanziamento è di 24 mesi, con rimborso trimestrale o mensile e la richiesta di ammissibilità va fatta alla CRIAS, per via telematica, collegandosi al sito Crias.it.

Le imprese inserite utilmente nella graduatoria dovranno entro 15 giorni dalla pubblicazione della graduatoria stessa inoltrare la domanda di finanziamento con la documentazione, tramite raccomandata A/R, al seguente indirizzo:

CRIAS – Aiuti all’agricoltura
Corso Italia, 104
95129 Catania

Vera MORETTI

Estate nera per le imprese

Il bimestre estivo è stato nero per le imprese, dal momento che, nei soli mesi di luglio ed agosto ben 41mila aziende hanno cessato la loro attività.
Ma, nonostante si tratti del dato peggiore da qui al 2009, sembra che il numero di imprese che aprono sia ancora superiore a quelle che chiudono.

Il bimestre appena trascorso, infatti, ha chiuso in positivo, con un +9.668 unità, che corrisponde a un tasso di crescita dello 0,16%, come è stato confermato anche da una rilevazione effettuata da Unioncamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, elaborati da InfoCamere.

Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato in negativo queste cifre: “La crisi sta progressivamente erodendo la capacità di resistenza di tantissime nostre imprese, anche se non spegne la voglia d’impresa di tanti italiani. L’elevato numero di cessazioni e, soprattutto, il rallentamento della dinamica espansiva registrato nelle regioni settentrionali nel periodo estivo, suona come un campanello d’allarme delle condizioni difficili in cui sta vivendo il Paese e dello stato d’animo di incertezza dei nostri imprenditori. In questo contesto, si rendono ancora più urgenti le misure per la crescita che il Governo ha in programma di attuare”.

Le aree maggiormente colpite dalla crisi sono state, negli ultimi due mesi, quelle più sviluppate, dal punto di vista produttivo.
Il Centro Nord, infatti, ha registrato tassi di crescita più contenuti rispetto all’anno scorso e la zona più “sofferente” è proprio il Nord-Est, dove la crisi si misura anche dall’indicatore della natività-mortalità, ora allo 0,07%.
La situazione non cambia di molto neppure al Nord-Ovest e al centro, dove il tasso di crescita nel bimestre è pari allo 0,11%, in riduzione rispetto al +0,17% e +0,25% del 2011.
In controtendenza solo il Mezzogiorno, dove l’indicatore della crescita (+0,28%) segna un aumento rispetto a quanto registrato nel bimestre estivo 2011.

Considerando le province, sono Napoli, Palermo, Aosta e Salerno ai vertici della classifica per tasso di crescita mentre, tranne Macerata ed Oristano, sono tutte al Nord le sedici province in cui le cessazioni arrivano a superare le iscrizioni, generando così un saldo negativo che, in valore assoluto, è massimo a Vicenza (-86 imprese).

Le nuove imprese, per fronteggiare la crisi, optano per una forma giuridica più strutturata: +0,42% l’incremento delle società di capitali (in diminuzione comunque rispetto a quanto registrato lo scorso anno), +0,52% le Altre forme giuridiche, in crescita invece al confronto con il 2011. Modesti i tassi di incremento delle Ditte individuali (+0,09%) e delle società di persone (0,05%).

Il settore che perde il maggior numero di imprese è l’agricoltura, anche se la riduzione maggiore, almeno per quanto riguarda il trend attuale, è quello manifatturiero.

Le costruzioni chiudono il bimestre in positivo, pur avendo subito un consistente rallentamento che ha portato a 83 nuove imprese, contro le quasi 2mila dello stesso bimestre dello scorso anno.

Risente della congiuntura negativa anche il settore dei servizi, finora l’unico a non aver risentito della crisi, anche se le nuove attività che riguardano attività professionali, scientifiche e tecniche sono state 736, contro le mille del 2012.

L’eccezione è rappresentata da Sanità e assistenza sociale, in cui il saldo di 201 unità corrisponde a un tasso di crescita dello 0,59%, in aumento rispetto allo 0,41% del bimestre luglio-agosto 2011.

Vera MORETTI

Un triste primato in Emilia Romagna

Ravenna, città dei mosaici, è stata protagonista ultimamente nelle notizie di cronaca per episodi, ahimè, tragici, legati agli infortuni sul lavoro.

Ma non si tratta dell’unica città della Romagna ad aver registrato una quantità preoccupante di morti sul lavoro, dall’inizio del 2012, poiché infortuni mortali sono accaduti anche a Forlì-Cesena e a Rimini.
Le statistiche riportano un indice di incidenza (numero di infortuni mortali ogni milione di occupati, si tratta quindi della misurazione del rischio effettivo) del 17,2 nella regione, con Ravenna 46ma in classifica per quanto riguarda le città italiane.

In generale, comunque, l’Emilia Romagna non ha di che sorridere, perché è proprio una sua provincia, Modena, ad avere il primato italiano delle morti bianche (17) e solo l’alto numero di occupati (oltre trecentomila) abbassa l’indice di incidenza (55,9) che punisce invece Grosseto, prima in questa triste classifica.

Ma, se nella città toscana dall’inizio dell’anno ci sono stati nove morti su un numero piuttosto basso di occupati, ovvero di appena 93mila, nessuna provincia emiliano-romagnola registra quota “zero” infortuni mortali. A Ferrara ce ne sono stati 5 (indice 32,6), a Reggio Emilia 4 (17,1), a Piacenza 2 (16,2), a Parma 2 (10,1) e a Bologna 2 (4,5).
Le percentuali, per quanto riguarda dunque l’Emilia, non lasciano scampo e la mettono al quinto posto delle regioni meno sicure d’Italia.

Anche se, prendendo in considerazione i numeri assoluti, si trova al secondo posto, con 40 morti bianche, mentre la Lombardia è prima con 41 e la Toscana terza con 30.

Bisogna però ricordare che queste cifre non includono le morti in itinere, ovvero gli incidenti stradali mortali accaduti a chi si recava al lavoro.
In Italia sono 308 le vittime del lavoro registrate nei primi sette mesi del 2012 contro le 300 del 2011 con un incremento del 2,7 per cento. Nei soli mesi di giugno e luglio sono morti 100 lavoratori.

La principale causa di morte sul lavoro è provocata da una caduta dall’alto (22,7%), seguita dal ribaltamento di un mezzo in movimento (22,1%). Al terzo posto lo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti pesanti dall’alto (17,5%). Seguono eventi atmosferici e sismici (6,2%) a pari merito contatto con ingranaggi in movimento.

La maggior parte degli incidenti sul lavoro avviene nel settore dell’agricoltura (37,8% del totale), seguito dal settore delle costruzioni, 24,8.
Meno frequenti gli incidenti mortali nel settore del commercio e delle attività artigianali, 8,1, e nei trasporti, magazzinaggi e comunicazioni, 6,2.

La quasi totalità delle vittime, ovvero il 98,4%, sono uomini e nel 12,9% dei casi si tratta di vittime straniere, soprattutto rumeni. Le fasce di età più colpite sono quelle che vanno dai 45 ai 54 anni (77 vittime), quella dei 35 – 44enni (63 morti), degli ultra sessantacinquenni (62).

Vera MORETTI

Agriturismo, vero trend dell’estate 2012

 

di Alessia CASIRAGHI

Diario di un albergatore di campagna. Gli agriturismi sono risultati, secondo i dati emersi dalla relazione di Federalberghi diffusa ieri, l’unico comparto turistico italiano ad aver superato indenne questa tormentata (e torrida) estate 2012. Anzi che ha registrato una seppur lieve crescita: presenze in aumento dell’1 % nel 2012, con un boom pari a 1,5 milioni di turisti registrato nel solo mese di agosto, complici i soggiorni ‘mordi e fuggi’, il classico weekend fuori porta, e i prezzi rimasti invariati rispetto agli scorsi anni.

Ma qual è l’aria che si respira tra chi, come imprenditore, ha deciso di intraprendere questa attività, quasi sempre coniugandola con quella più prettamente agricola? Infoiva lo ha chiesto a Giuseppe Ganbin, Presidente di Turismo Verde, l’associazione nazionale agrituristica della Cia-Confederazione italiana agricoltori.

Un primo bilancio a caldo sull’andamento per il settore degli agriturismi della stagione turistica che si sta concludendo.
Anche se è un po’ presto per avere dati precisi, posso dire che il bilancio di questa estate 2012 è stato positivo, anche se abbiamo registrato una contrazione nella durata dei soggiorni e una spesa minore, perchè il turista media cercava di risparmiare il più possibile. Tutto sommato non ci possiamo lamentare. I numeri sulle presenze si sono mantenuti stabili rispetto al 2011 anche perchè i nostri prezzi sono invariati da 2-3 anni, nonostante l’aumento dello sgravio fiscale che pesa sul settore agricolo. L’agriturismo è oggi l’unico settore in crescita, che continua ad assumere manodopera, e ad avere un bilancio in attivo.

Quali sono le Regioni che hanno registrato maggior affluenza?
Toscana, la Puglia sta crescendo molto, è la regione del sud che registra la maggior crescita. Non se la cava male nemmeno la Sicilia, un po’ meno la Sardegna, più penalizzata quest’anno. Mantengono una buona posizione Veneto e Emilia Romagna.

Qual è la durata media del soggiorno in agriturismo?
Il soggiorno massimo dura una settimana, ma il weekend resta il più gettonato. Il picco delle richieste si è registrato nel mese di agosto, ma solo nelle aree balneari e montane, e nelle zone limitrofe, che hanno visto crescere il numero delle prenotazioni. Più penalizzate le zone all’interno e le aree continentali, anche a causa del clima torrido che si è respirato il mese scorso.

Perchè scegliere una vacanza in un agriturismo?
Per la posizione, la maggior parte delle nostre strutture si trovano in campagna o nelle aree vicino alle zone balneari, e poi per i cibi genuini che la nostra agricoltura è in grado di offrire. Dal produttore al consumatore in maniera diretta.

Capitolo Imu. Che impatto ha avuto e avrà sul settore degli agriturismi italiani?
L’agriturismo è riconosciuto dallo Stato come realtà agricola, non come azienda turistica, e per questo presenta delle limitazioni per legge sotto moltissimi punti di vista, sia per quanto riguarda i giorni di apertura, il numero massimo di ospiti che possiamo accogliere, solo per citarne alcuni. Dall’altra parte però si trova gravato della medesima tassazione cui sono sottoposte le imprese turistiche e commerciali: dall’Imu  alla Tarsu, senza dimenticare che per noi la tassa sui rifiuti si moltiplica per tre. Oltre alla Tarsu, come imprese agricole ci troviamo a far fronte alla tassa sui rifiuti agricoli, più quella sugli scarti di lavorazione agricola. Per usare una metafora, è come comprare una Ferrari, ma non poter fare più del 50 all’ora.

L’applicazione della tassa di soggiorno ha inciso negativamente sul turismo?
La tassa di soggiorno è un altro capitolo discusso. In Veneto, ad esempio, la tassa di soggiorno sugli agriturismi è equiparata a quella degli hotel 4 stelle, anzi si trova a cavallo fra i 4 e 5 stelle  (3 euro per gli hotel 5 stelle, 2,50 euro per gli agriturismi e 2 euro per gli hotel 4 stelle). E le nostre tariffe di prezzo non sono certo quelle degli hotel a 5 stelle! Il nostro però è un settore numericamente debole (1%)  e troppo poco ascoltato perchè le cose cambino in tempi brevi.

Il rincaro dei carburanti e la stretta del fisco quanto hanno inciso sull’afflusso di turisti nella Regione?
Ha pesato tantissimo, sia per quanto riguarda l’afflusso dei turisti, sia per quanto riguarda, come aziende agricole, la coltivazione: l’agricoltura oggi è totalmente meccanizzata e l’aumento dei carburanti è stato il colpo di grazia.

Com’è attualmente l’umore dei vostri associati? C’è ottimismo, pessimismo…
L’umore è positivo, anche se va sottolineato che il buon andamento dell’estate non si è tradotto in un vero e proprio guadagno: ci ha permesso di mantenere il capitale, ma non certo di riuscire ad aumentare gli introiti, che si ritrovano volatilizzati in tasse, rincari e pressione fiscale in aumento.

Se potesse fare un appello al ministro Gnudi, che cosa chiederebbe come priorità per il vostro settore?
Dovremmo rivolgerci piuttosto a Catania, al Ministro dell’agricoltura Cattaneo non essendo riconosciuti come strutture ricettive turistiche. Quello che chiederei è l’aumento degli investimenti a favore del settore agricolo e una maggiore facilità nell’accesso al credito per chi decide di aprire un agriturismo o per chi già ha intrapreso questa attività. Rappresentiamo una risorsa preziosa per il Paese in questo preciso momento storico ed economico, un’economia quasi di ritorno dal momento che molti giovani che si trovano senza lavoro decidono di ricominciare ‘in campagna’, comprandosi o affittando un appezzamento per aprire una propria attività turistica. Chiediamo di essere valorizzati e non stretti dalla morsa degli oneri fiscali.

 

 

Caldo e siccità, produzione agricola in forte calo

Dati a dir poco preoccupanti quelli derivanti dalla stima effettuata dal primo monitoraggio della Coldiretti in occasione dell’arrivo di Minosse. Ammonterebbero infatti a oltre 400 milioni di euro i danni provocati alle coltivazioni agricole dalla siccità che con il grande caldo provocato da tre anticicloni sta “soffocando” da oltre un mese l’Italia.

Il mais – spiega Coldiretti – è la coltura agricola più colpita con le piante appassite in decine di migliaia di ettari che non potranno neanche essere raccolte nelle regioni del nord, ma danni pesanti sono stimati anche per il pomodoro destinato alla trasformazione industriale con un crollo del 20% in media sulla produzione attesa”.

La Coldiretti sottolinea che “a soffrire sono anche le verdure e la frutta per effetto della cosiddetta evapotraspirazione (la perdita di acqua dal terreno e dalle piante). Le coltivazioni infatti in questa fase stagionale si trovano in un momento critico di sviluppo e hanno bisogno dell’acqua per completare il ciclo produttivo. Il caldo ha pesanti effetti anche – continua la Coldiretti – nel mondo animale: nelle stalle si registra un crollo delle produzioni del 10% per effetto dello stress a cui sono sottoposte le mucche. L’afa e le temperature hanno tolto l’appetito anche ai maiali che stanno consumando fino al 40% in meno della consueta razione giornaliera di 3,5 chili di mangime” conclude.

Tra le regioni più colpite dalla siccità c’è l’Emilia Romagna. La Cia prevede perdite di produzione dal 30 al 60%. “I danni da siccità sono, purtroppo, ormai un dato di fatto anche in Emilia Romagna, soprattutto nel versante centro orientale” spiega l’associazione rimarcando che il caldo torrido e l’assenza di piogge stanno mettendo in ginocchio l’agricoltura: “i danni alle colture sono ingenti e la situazione sta peggiorando” precisano gli agricoltori.

“Le risorse idriche non sono sufficienti a coprire il fabbisogno d’acqua e le campagne sono le prime ad essere colpite dagli effetti disastrosi di questo caldo torrido – precisa la Cia – dove a subire le conseguenze peggiori sono soprattutto il mais, oltre ad altre coltivazioni estensive come soia, girasole e, anche se in misura minore, sorgo da granella”.

La crisi è “innegabile” per l’agricoltura piemontese

Secondo quanto emerge dai dati del sesto censimento generale dell’Agricoltura, è diminuito il numero delle aziende agricole in Piemonte, per contro c’è da registrare la superficie media di quelle attive. Dati che comunque non soddisfano la Confederazione italiana agricoltori di Torino, secondo cui ”la crisi del settore è innegabile: se da un lato l’accresciuta superficie media aziendale è il riflesso del positivo spirito di imprenditorialità che caratterizza il settore – spiegano – non è sufficiente a sostenere il buono stato di salute delle attività del territorio, pesantemente afflitte dalla crisi che ha colpito il comparto a livello nazionale”.

Secondo la Cia torinese ”la diminuzione del numero di aziende agricole, sebbene di dimensione sempre maggiore, corrisponde anche a una diminuzione della manodopera aziendale, in cui continua a prevalere il carattere familiare, ma con un conseguente aumento della manodopera salariata”.

Istat: le aziende agricole sono diminuite del 32,4% nel giro di 10 anni

Dai dati Istat relativi al sesto censimento generale dell’agricoltura emerge un dato abbastanza preoccupante. Nei 10 anni che vanno dal 2000 al 2010 è diminuito sensibilmente il numero delle aziende agricole, anche se c’è parallelamente una crescita della dimensione media. Nel 2010 sono, infatti, 1.620.844 le aziende agricole e zootecniche attive in Italia (-32,4% rispetto al 2000). La dimensione media è di 7,9 ettari di Superficie agricola utilizzata (+44,2%). La Sau complessiva è pari al 42,8% del territorio nazionale (12,9 milioni di ettari totali), in diminuzione del 2,5% rispetto al 2000.

Negli ultimi dieci anni si è assistito in tutte le regioni di Italia ad una diminuzione del numero di aziende, fenomeno questo che ha interessato prevalentemente quelle di piccola e media dimensione (inferiori a 30 ettari), mentre quelle con 30 ettari e oltre di Sau sono aumentate sia in numero che in superficie: nel 2010 esse rappresentano il 5,3% delle aziende italiane e coltivano il 53,8% della Sau nazionale.

Allo stesso tempo si è riscontrata una crescita della dimensione media delle aziende, in particolar modo nell’Italia insulare (+79,8%) e nel Centro (+51,1%). Nonostante ciò, le aziende del Nord continuano ad avere le maggiori dimensioni medie (14,4 ettari di Sau per azienda nel Nord-ovest e 9,8 nel Nord-est), mentre al Sud si rileva il valore più basso (5,1 ettari per azienda).