Concorso ACI: brutte notizie per i partecipanti. Slittano le prove

Il Concorso ACI sembra non avere pace, infatti dopo la proroga dei termini per le iscrizioni, c’è una brutta notizia per i partecipanti: i termini slittano.

Concorso ACI: posti diponibili

L’ACI aveva indetto un concorso per l’assunzione di 235 persone in categoria C e 63 persone in categoria B nel 2019, terminate le fasi di iscrizione, a causa anche del perdurare degli effetti del Covid, la procedura rimase senza espletamento. A quel punto, nell’autunno 2021, però si ritenne opportuno riaprire anche i termini per potersi iscrivere e partecipare ai due concorsi.

Si possono trovare maggiori dettagli sul concorso all’articolo: Riapertura termini concorsi ACI: iscriviti fino al 29 novembre.

Molti pensarono che stavolta si facesse sul serio, insomma la riapertura dei termini faceva ben sperare migliaia di giovani.

Il travaglio del Concorso ACI

Inizialmente, nel mese di gennaio 2022, era stato comunicato che le prove si sarebbero tenute nel mese di aprile 2022 a Roma. Il concorso si sarebbe svolto in sessioni mattutine e pomeridiane, ognuna comprendente massimo 3.500 persone ( implica che le iscerizioni arrivate sono state numerose) . Il diario sarebbe stato pubblicato il 31 marzo.

Il 31 marzo arriva però la prima doccia fredda, la pubblicazione del diario delle prove slitta al 31 maggio 2022.

Naturalmente erano in tanti impegnati nello studio ad aspettare la data odierna per conoscere i dettagli delle prove, cioè date, luoghi e orari. Purtroppo però la notizia tanto attesa non è arrivata, anzi, forse per chi realmente era impegnato nello studio c’è stata una vera doccia fredda e tanta delusione.

In uno scarno comunicato si legge: Si comunica che a causa della difficile congiuntura attualmente attraversata dal settore dell’automotive, le cui ricadute economiche pesano inevitabilmente sull’ACI, l’espletamento delle procedure relative al concorso pubblico per titoli ed esami a n. 235 posti nell’area C e a n. 63 posti nell’area B, slitterà al 2023.

A leggere il comunicato si può intendere che in effetti l’ACI non ha soldi per provvedere alle assunzioni, a dire il vero nulla fa pensare che tra qualche mese le cose possano cambiare. Di fatto sono in molti ad essere delusi, soprattutto coloro che hanno investito soldi ed energie per questo concorso.

Coloro che sono iscritti e sono ancora interessati alle procedure dovranno attendere la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 2023 per conoscere ulteriori dettagli. Naturalmente sono in molti ad aver perso le speranze e molto probabilmente abbandoneranno il concorso più strano di sempre. Non manca chi sta mostrando il suo disappunto anche perché per poter partecipare era necessario versare la tassa di iscrizione. Insomma sono tanti a sentirsi presi in giro.

Appuntamento al 16 gennaio 2023, sperando in notizie migliori.

Contratti di sviluppo a valere sul PNRR: quali aziende possono avvalersene?

Il PNRR prevede lo stanziamento di 3,1 miliardi di euro volti a rafforzare il sistema produttivo. Al fine di dare attuazione a tale obiettivo dal giorno 11 aprile le imprese potranno proporre istanza per accedere a tali fondi attraverso i contratti di sviluppo.

Contratti di sviluppo a valere sul PNRR

Le misure previste dal PNRR sono state rese operative attraverso due decreti del MISE (Ministero per lo Sviluppo Economico) pubblicato il 25 marzo 2022. La prima cosa da sottolineare è che le risorse di 3,1 miliardi di euro saranno gestite attraverso la piattaforma di Invitalia www.invitalia.it . Le domande potranno essere presentate dalle ore 12:00 del giorno 11 aprile 2022. Il ministro Giorgetti al momento della presentazione del bando ha sottolineato che si tratta di strumenti che creano anche sviluppo e occupazione riducendo di fatto l’impatto economico e sociale della transizione digitale e green. Inoltre queste misure sono in grado di calmierare gli effetti della guerra in Ucraina.

Quali aziende possono accedere ai contratti di sviluppo?

I contratti di sviluppo sono destinati a particolari tipologie di aziende. Si tratta di:

  • imprese delle filiere produttive strategiche;
  • imprese che operano nei settori delle energie rinnovabili;
  • attività che operano nel comparto batterie.

Quali sono le imprese delle filiere produttive strategiche?

La prima cosa da fare a questo punto è definire quali sono le filiere produttive strategiche. Il primo decreto direttoriale è rivolto esclusivamente ad esse. In base al decreto direttoriale del 13 gennaio 2022 sono quelle che operano:

I contratti di sviluppo in favore delle imprese che lavorano nelle filiere produttive e strategiche prevedono che il 40% dei fondi vada in favore di imprese localizzate nelle Regioni del Sud Italia. Inoltre il sostegno segue la misura Misura M1C2 Investimento 5.2 del PNRR.

In fase di presentazione del progetto attraverso la piattaforma Invitalia le imprese devono garantire il rispetto del principio Principio DNSH ovvero di non arrecare un danno significativo. In merito a ciò, il decreto all’articolo 3 prevede anche che l’impresa debba impegnarsi, in caso di bisogno di aumento occupazionale, a provvedere, dove possibile, attraverso l’assunzione di:

  • percettori di forme di sostegno al reddito;
  • disoccupati a seguito di procedure di licenziamento collettivo;
  • lavoratori coinvolti in tavoli di crisi presso il MISE.

Successivamente, in fase istruttoria, al fine di distribuire i fondi, Invitalia valuterà:

  • competitività e resilienza delle filiere produttive;
  • modalità di tagging digitale ( modalità attraverso cui l’impresa intende contribuire all’obiettivo climatico e digitale, al superamento del gender gap e obbligo di protezione e valorizzazione dei giovani);
  • rispetto del divieto del doppio finanziamento;
  • coerenza tra i vincoli temporali previsti dal PNRR e lo sviluppo del progetto presentato;
  • l’applicazione degli orientamenti tecnici espressi dalla Commissione Europea 2021/C280/01.

I contributi riconosciuti potranno essere revocati in tutto o in parte nel caso in cui in seguito a verifiche dovesse emergere il mancato rispetto del principio di non arrecare danno significativo.

Con successive circolari saranno indicate le norme di dettaglio per i contratti di sviluppo.

Contratti di sviluppo per le imprese dei settori rinnovabili e batterie

Il secondo decreto si occupa dei finanziamenti per i contratti di sviluppo rivolti alle imprese impegnate nel settore delle energie rinnovabili e batterie a valere sulla misura Misura M1C2 Investimento 5.1.

In questo caso gli incentivi sono rivolti allo sviluppo di tecnologie per la produzione di energie rinnovabili con investimenti in :

  • moduli fotovoltaici;
  • industria eolica con aerogeneratori di nuova generazione di taglia medio-grande;
  • settore batterie con accumulo elettrochimico.

Anche in questo caso nella fase di presentazione deve essere garantito il principio di “non arrecare un danno significativo”. Sono previsti gli stessi limiti occupazionali che abbiamo visto in precedenza. Dove possibile, tenuto conto della formazione necessaria per le varie figure professionali da assumere, devono essere preferiti disoccupati, percettori di RdC e lavoratori coinvolti in crisi di aziende al tavolo del MISE.  A differenza dei contratti di sviluppo previsti al punto precedente, qui non solo è presente la data di apertura della piattaforma per l’invio delle domande, ma è prevista anche la data di chiusura della stessa. Sarà possibile inviare domande fino alle ore 17.00 del giorno 11 luglio 2022.

Per poter accedere ai finanziamenti è necessario che l’attività sia caratterizzata da un progetto di ricerca e sviluppo e che ci sia un aumento della capacità di generazione di energia prodotta per le filiere eolica e fotovoltaico. Per il settore delle batterie vi deve essere un aumento della capacità di accumulo. Al fine di valutare l’accessibilità all’agevolazione/finanziamento Invitalia dovrà effettuare controlli inerenti il divieto di doppio finanziamento, la coerenza tra il progetto presentato e il PNRR e la fattibilità dal punto di vista temporale avendo riguardo alle tempistiche del PNRR.

Cosa prevedono i contratti di sviluppo

I contratti di sviluppo sono una misura articolata e prevedono l’accesso a finanziamenti agevolati, contributi in conto impianti, contributi diretti alla spesa, contributi in conto interessi.

Dal MISE infine arriva la conferma che a breve saranno pubblicati i bandi per la costruzione di autobus elettrici a cui sono destinati ulteriori 300 milioni di euro.

Si possono scaricare i due bandi sul sito del Ministero per lo Sviluppo Economico alla pagina: https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/notizie/it/198-notizie-stampa/2043275-pnrr-dall-11-aprile-le-domande-per-i-nuovi-contratti-di-sviluppo

Il Made in Italy eccelle grazie all’innovazione

Il Made in Italy, per rimanere ad alti livelli di eccellenza, deve necessariamente puntare su innovazione e tecnologie digitali e, non a caso, i settori che meglio rappresentano l’italianità all’estero, come moda, turismo e automotive, sono sempre al passo coi tempi grazie alle tecnologie digitali.
Sono proprio questi comparti che valgono il 20% del Pil totale e non hanno intenzione di fermarsi.

Di questo, e dell’importanza che ha l’innovazione nei settori chiave del Made in Italy, si è parlato durante il Deloitte Innovation summit 2017. Ciò che è emerso, tra le altre cose, è che secondo gli italiani occorre puntare su: università e centro di ricerca (26%), imprese (22%), Stato (20%), capitale umano (20%).

Come fare, dunque, per raggiungere obiettivi di eccellenza? Ciò che viene suggerito è puntare sullo sviluppo di hub innovativi, non solo guardando alla Silicon Valley, ma anche alla City di Londra, che ha saputo innovarsi pur mantenendo la sua tradizionale competenza finanziaria, oppure ricordando la Silicon Wadi israeliana e il distretto agritech della Nuova Zelanda. Tutti esempi che hanno saputo sfruttare le tecnologie mantenendo comunque un approccio metodologico e pragmatico applicato alle specificità del Paese.

L’Italia vanta posizioni di leadership nei tre settori prima citati, ovvero moda, turismo, automotive, ma anche nautica, agroalimentare, macchinari industriali. Ecco qualche dato:

  • fashion: vale oltre il 3% del pil, rappresenta il 35% del sistema fashion UE, primo posto nella competitività del commercio internazionale;
  • turismo: oltre il 3% del pil, primo paese al mondo per numero di siti Unesco, quinto per affluenza di turisti;
  • automotive: vale circa il 5% del PIL, l’Italia è il secondo esportatore di motocicli d’Europa e il primo mercato di auto a trazione alternativa;
  • macchinari industriali: vale circa il 6,5% del pil, siamo il secondo esportatore d’Europa, il primo nel mondo per le macchine di imballaggio;
  • agroalimentare: vale più del 7% del pil, ogni anno 1,2 miliardi di persone nel mondo compra almeno un prodotto alimentare italiano, l’export vale intorno ai 37 miliardi;
  • nautica: secondo produttore di imbarcazioni al mondo, leader per i superyacht.

Vera MORETTI

Automotive italiano, un 2015 in crescita

Secondo i dati preliminari di Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), nei primi 9 mesi del 2015 la produzione di autovetture in Italia ha registrato un aumento del 69%, superando le 493mila unità, circa 200mila in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Si tratta del risultato di un progressivo incremento dei ritmi produttivi del settore automotive da inizio anno, passati da +50% nel primo trimestre, a +76% nel secondo e +85% nel terzo.

Oltre alla ripresa della domanda interna, con la chiusura del mercato auto italiano a +15% nei primi 10 mesi dell’anno corrente, ha inciso su questo trend soprattutto l’export, in rialzo del 118% nei primi 9 mesi del 2015.

Per quanto riguarda la produzione dell’industria automotive nel suo insieme, secondo i dati Istat l’aumento tendenziale registrato a settembre è del 33%, mentre nel periodo gennaio-settembre 2015 la crescita si attesta al 27,6%. Questo in un contesto in cui l’indice della produzione industriale nel suo complesso mostra un aumento tendenziale dell’1,7% a settembre 20152 e dello 0,9% nei primi 9 mesi dell’anno.

Anche gli ordinativi confermano il trend in atto, visto che per il settore automotive mostrano un rialzo del 17% a gennaio-agosto 2015, mentre gli ordinativi totali dell’industria (escluso il comparto Costruzioni) presentano una variazione positiva del 4% nello stesso periodo. Il fatturato del settore automotive, infine, cresce del 20,4% nei primi 8 mesi del 2015, mentre per l’industria in senso stretto si registra un aumento dell’1,4%, per lo più grazie all’export (+3,6%).

Guardando alla produzione complessiva di autoveicoli in Italia, le unità prodotte nei primi 9 mesi dell’anno in corso superano le 752mila unità, con un incremento del 47% rispetto a gennaio-settembre 2014, equamente distribuito tra autoveicoli leggeri (autovetture e veicoli commerciali leggeri fino a 3.500 kg) e pesanti (autocarri sopra i 3.500 kg e autobus).

Quella dei veicoli commerciali leggeri è la tipologia di autoveicolo che ha registrato la crescita più limitata nei primi nove mesi del 2015, in termini di unità prodotte: +15,5%. Occorre, tuttavia, interpretare correttamente il dato, ricordando che questo comparto è quello che ha dato il contributo più importante nel contenere la caduta del settore automotive negli anni della crisi: tra il 2007 e il 2014, infatti, la produzione è calata del 16%, contro flessioni del 56%, del 51% e dell’80% per autovetture, autocarri e autobus rispettivamente.

Maserati e Zegna, accordo Made in Italy

Quando si parla di Made in Italy, oltre alla moda, al cibo e all’arredamento si pensa subito anche alle auto di lusso. Ferrari, Maserati, Lamborghini, sono fiori all’occhiello dell’ingegneria e del lusso italiani riconosciuti nel mondo.

Quando poi uno di questi marchi, Maserati, si accompagna a un’altra delle eccellenze storiche del Made in Italy e della moda maschile come Ermenegildo Zegna, l’eccellenza è assicurata. La Casa del Tridente ha infatti stretto un importante accordo con Ermenegildo Zegna.

La storica maison vestirà infatti gli interni dei modelli Maserati Quattroporte e Ghibli. Si tratta di fatto di una collaborazione che si rinnova tra le due aziende italiane, dal momento che questo incontro al vertice del Made in Italy si era già quando Maserati, qualche anno fa, aveva lanciato la Quattroporte EZ con interni firmati Ermenegildo Zegna.

Il rinnovo di questa collaborazione arriva in un momento delicato per Maserati, dal momento che nello stabilimento di Mirafiori è stato annunciato un blocco della produzione per 6 settimane. Uno stop dovuto al calo delle ordinazioni in un Paese che per la Casa è stato chiave negli ultimi anni, la Cina. La crisi che ha colpito l’economia del Dragone ha infatti spinto molti ricchi cinesi a tagliare i consumi e anche i marchi top del Made in Italy, apprezzatissimi nel Paese, ne stanno risentendo.

In questo modo, Maserati spera di poter potenziare l’appeal del Made in Italy anche su altri mercati, nell’attesa che la Cina ritorni a crescere.

Filiera auto e mercato, l’analisi di Federauto

Sono molte le associazioni di settore che, in Italia, hanno il polso della situazione sul comparto automotive, ma due un particolare – Anfia e Federauto – si distinguono per la lucidità di analisi di un settore produttivo che, con una filiera articolata e complessa, ha da sempre costituito l’ossatura della nostra economia, salvo essere massacrato da questi ultimi anni di crisi.

Ebbene, anche in occasione della pubblicazione dei dati sulle immatricolazioni di auto nel mese di agosto diffusi dal ministero dei Trasporti (59.203 immatricolazioni di auto nuove, +10,7% rispetto ad agosto 2014), Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto (l’associazione che riunisce i concessionari auto italiani), ha espresso un punto di vista chiaro.

L’analisi del dato di agosto – ha commentato Pavan Bernacchiè a nostro avviso molto semplice: in un mese che esprime numeri storicamente contenuti, il mercato auto rallenta la sua crescita. Se da gennaio a luglio aveva registrato mediamente un +15,2%, agosto, con il +10,7%, è cresciuto del -30%. E questo nonostante avessimo a disposizione un giorno lavorativo in più rispetto al 2014“.

Del resto, secondo Federauto, l’andamento del mercato italiano dell’auto è storicamente in linea con quello dei consumi del Paese i quali, in questo 2015, registrano segnali di ripresa ancora troppo lievi. Se si aggiunge, poi, che il quadro macroeconomico italiano non ha subito sostanziali variazioni in termini di pressione fiscale, reddito e occupazione, va da sé che questi dati non stupiscono e non lasciano spazio a entusiasmi sfrenati.

La conclusione del presidente di Federauto è obbligata: “I dati – dice Pavan Bernacchisegnalano una correzione al rialzo del PIL ma, per superare di slancio l’1% di crescita e mirare al 2% – dati che si rifletterebbero più che positivamente sul mercato automobilistico – è necessario un cospicuo impulso fiscale in grado di rianimare il mercato interno. Si parla di una legge di stabilità per il prossimo anno da 25/30 miliardi di euro. Come abbiamo dichiarato a fine luglio durante il convegno promosso dalla X Commissione del Senato, la fiscalità sull’auto, sia per le famiglie che per le aziende, è una priorità. Gli autoveicoli, per i numeri espressi, sono in pole position per una vera ripresa”.

Auto connessa e filiera automotive, le prospettive

Il mondo dell’automobile può prescindere sempre meno dalle nuove tecnologie. Quello dell’ auto connessa e dell’infomobilità è un futuro che sa già di presente, nel quale le eccellenze dell’industria dell’automotive italiana possono giocare una parte importante.

Proprio per questo, per promuovere le eccellenze dell’industria italiana nel settore della telematica e infomobilità, Anfia è presente, insieme a Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, alla prima edizione di New Mobility World, l’area espositiva dedicata alla mobilità del futuro allestita al Salone dell’auto di Francoforte, dal 17 al 27 settembre 2015.

Anfia presenta progetto “Italian Creativity in the Connected World”, al quale hanno aderito tre aziende della propria Sezione Telematica: Meta System, Targa Telematics e Vodafone Automotive, con prodotti e soluzioni tecniche per lo sviluppo dell’ auto connessa e della smart mobility.

Di fatto, il New Mobility World è il luogo d’incontro tra i rappresentanti dell’industria automotive, gli specialisti delle nuove tecnologie e i fornitori di servizi per la mobilità, che ospita oltre 150 partner ed espositori divisi in cinque aree: Connected Car, Automated Driving, E-Mobility, Urban Mobility and Mobility Services.

Il discorso dell’ auto connessa, con tutti gli addentellati che si porta con sé, può essere una straordinaria opportunità di sviluppo per le industrie italiane dell’automotive. La stessa Anfia è convinta che la prossima frontiera per le tecnologie dei veicoli sarà un veicolo “sensore”, destinato a muoversi all’interno di sistemi di mobilità integrata: il veicolo comunicherà i dati rilevati ai fornitori di servizi e riceverà i dati in tempo reale per risolvere eventuali problemi di mobilità.

I cosiddetti ITS (Intelligent Transportation Systems), di cui l’ auto connessa fa parte, coinvolgono nel loro sviluppo diverse aziende del settore industriale, molte delle quali sono chiamate a sviluppare infrastrutture adeguate che consentano una rapida implementazione di queste tecnologie. Un esempio di come il settore dell’auto possa fare da volano al rilancio di altri settori industriali complementari.

Ma non è tutto. Nell’ambito di uno scenario europeo sempre più attento ai temi dell’ auto connessa, Anfia segnala la necessità di un quadro regolamentare italiano chiaro ed efficace. A beneficiare di un quadro normativo che possa supportare l’ulteriore sviluppo della telematica assicurativa come tecnologia capace di accrescere la sicurezza sulle strade e abbattere i costi assicurativi potranno essere tutti gli automobilisti. Del resto, i nostri costi assicurativi sono tra i più alti d’Europa, con un premio medio rc auto pari a 401 euro, rispetto ad una media europea di 257 euro.

Ecco perché non solo la filiera auto potrebbe ripartire da uno sviluppo serio e intelligente delle tecnologie collegate all’ auto connessa.

Automotive in crescita, ma servono nuove politiche fiscali

L’ automotive è sempre stato un settore trainante per l’economia italiana e, come se non più degli altri settori produttivi, ha sofferto i colpi della crisi. Ora, però, i segnali incoraggianti non mancano e l’ automotive guarda con meno ansia al futuro, anche se occorreranno anni per recuperare le perdite sofferte.

Secondo i dati preliminari di ANFIA (Associazione nazionale filiera industria automobilistica), nei primi 7 mesi del 2015 la produzione di autovetture in Italia ha registrato un aumento del 64%, mentre nel mese di luglio la crescita è stata del 72%.

Grazie al buon andamento della domanda interna e delle esportazioni, nel 2015 la produzione complessiva di autovetture potrebbe attestarsi attorno a 650mila unità, vale a dire un surplus di 250mila vetture rispetto al 2014. Bel colpo per l’industria automotive.

Il mercato dell’auto italiano ha infatti riportato un incremento del 15% nei primi 8 mesi dell’anno e la stima ANFIA per il 2015 è di 1,52 milioni di autovetture immatricolate. Anche il mercato europeo dell’ automotive ha registrato volumi di vendita in crescita, con buone performance dei marchi Fiat e Jeep. I nuovi modelli recentemente lanciati e prodotti nello stabilimento di Melfi – Fiat 500X e Jeep Renegade – continuano a riscuotere un buon successo tra i consumatori italiani ed europei.

I cinque major market UE, che rappresentano oltre il 73% del totale immatricolato dell’Unione europea, hanno registrato oltre 6,8 milioni di vendite di auto nuove nei primi 8 mesi 2015, pari all’8,9% in più rispetto allo stesso periodo del 2014.

Per quanto riguarda la produzione dell’industria automotive nel suo insieme, secondo i dati Istat l’aumento tendenziale registrato a luglio è stato del 31,4%, mentre nel periodo gennaio-luglio 2015 la crescita si è attestata al 25,9%. Il tutto, in un contesto in cui l’indice della produzione industriale nel suo complesso ha mostrato un aumento del 2,7% a luglio 2015 e dello 0,7% nei primi 7 mesi dell’anno, conferma ulteriormente il trend di ripresa del comparto automotive.

Vale lo stesso discorso anche per l’andamento del fatturato, che per il settore automotive nel suo insieme è cresciuto del 18,6% nel periodo gennaio-maggio, mentre la variazione tendenziale positiva del fatturato complessivo dell’industria in senso stretto è stata appena dello 0,1%, nello stesso periodo, grazie all’export.

Secondo Gianmarco Giorda, Direttore di ANFIA, “dopo la buona chiusura del 1° semestre, con la produzione italiana di autovetture in crescita del 63%, l’ingresso nel secondo semestre si rivela, quindi, ancora positivo. Questo trend crescente della produzione interna, assicura anche un buon livello di commesse alla filiera italiana della componentistica: sempre secondo i dati ISTAT, la produzione di parti ed accessori per autoveicoli registra una crescita del 17,5% nel mese e dell’8,7% nei primi sette mesi dell’anno, proprio grazie al sostegno degli ordinativi interni, in crescita dell’11,1% a gennaio-maggio 2015 (gli ordinativi totali crescono del 4,8%)”.

Questo buon andamento del comparto – prosegue Giordaci spinge a sottolineare l’effetto trainante che l’ automotive è in grado di produrre sull’economia nazionale, rappresentando una filiera che conta oltre 1,2 milioni di addetti diretti e indiretti – pari al 7,6% del totale degli occupati in Italia nelle imprese dei settori industria, commercio e servizi – di cui 265mila nella filiera produttiva automotive, pari al 7% del settore manifatturiero italiano. Di qui il nostro appello alle istituzioni sull’importanza di sostenere il comparto con politiche industriali e fiscali adeguate a rilanciarne appieno lo sviluppo, coerentemente con le potenzialità e il know-how presenti sul territorio”.

Robusta ripresa per l’ automotive italiano

Qualche robusto segno di ripresa sembra arrivare dal settore italiano dell’ automotive. Secondo i dati preliminari di Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, nel 1° semestre 2015 la produzione di autoveicoli in Italia ha superato di oltre il 40% i livelli del 1° semestre 2014, per un totale di quasi 520mila unità, il miglior risultato dell’ automotive, per il periodo gennaio-giugno, dal 2009 ad oggi.

Per il comparto delle autovetture, l’incremento della produzione nel 1°semestre 2015 è del 63%, con oltre 343mila unità prodotte, circa 130mila in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Alla crescita dei volumi produttivi di oltre il 50% nel 1° trimestre, ha fatto seguito un’ulteriore spinta nel 2° trimestre, che ha chiuso a +75%.

Questo brillante risultato del settore automotive si deve soprattutto al lancio dei nuovi modelli prodotti nello stabilimento di Melfi – Fiat 500X e Jeep Renegade – che hanno riscosso un buon successo tra i consumatori italiani ed europei, e al sostegno di una domanda interna in ripresa. Il mercato italiano dell’ automotive ha infatti chiuso i primi 6 mesi 2015 a +15,2%, con una crescita del 17% per le marche nazionali, mentre in Europa (EU28+EFTA) l’aumento tendenziale delle immatricolazioni è stato dell’8,2% (+12,6% le vendite di FCA) nello stesso periodo.

Buoni i risultati anche per il settore dei veicoli commerciali leggeri, la cui produzione, nel 1° semestre 2015, è cresciuta del 12%, per un totale di circa 160mila unità prodotte. Anche per questo comparto, il rialzo dei volumi produttivi è stato maggiore nel 2° trimestre, con una variazione positiva del 16%, pari al doppio dell’aumento tendenziale registrato nel 1° trimestre, anche grazie ad un mercato interno in recupero (+7,7% nel 1° semestre 2015).

Dopo una contrazione del 23% nel 2014, anche la produzione di autocarri (di portata superiore a 3.500 kg) ha segnato un’inversione di tendenza nel 1° trimestre 2015, totalizzando circa 7.800 unità, pari al 51% in più rispetto allo stesso periodo del 2014. Un ulteriore incremento del 64% ha portato il 2° trimestre a quota 9.200 unità prodotte. Il 1°semestre 2015 chiude, quindi, a 17mila unità prodotte, miglior dato degli ultimi 4 anni, in crescita del 58% rispetto a gennaio-giugno 2014, mentre il mercato autocarri risulta in rialzo del 15,1%.

Un discorso analogo vale per il comparto autobus che, tuttavia, si attesta su volumi produttivi ridottissimi nel panorama dell’ automotive. Dopo una produzione di appena 289 unità nell’intero 2014, nei primi 3 mesi 2015 sono uscite dagli stabilimenti italiani circa 190 unità, mentre nel 2° trimestre, la produzione non raggiunge le 300 unità. Nel complesso, nel primo semestre del 2015, la produzione di autobus ammonta a circa 480 unità e riguarda prevalentemente il segmento dei minibus.

Una valutazione a parte merita questo settore dell’ automotive. Nonostante lo sforzo industriale che si sta tentando di fare per garantire all’Italia di continuare ad avere una produzione nazionale di autobus, la domanda pubblica rimane del tutto asfittica, se non inesistente. Siamo ancora in attesa dell’emanazione del piano di riparto delle risorse stanziate per il 2015. Secondo Gianmarco Giorda, direttore di Anfia “il comparto del trasporto pubblico locale, nel nostro Paese è privo di una programmazione adeguata delle risorse e di una strategia di intervento a medio termine, che punti all’efficienza e alla qualità del servizio, mentre negli altri major market europei rappresenta un settore di importante sviluppo delle politiche di mobilità. Con oltre 12 anni di età media, il parco autobus italiano è il più ‘anziano’ tra le diverse tipologie di veicoli circolanti in Italia, con conseguenze molto negative per l’ambiente (emissioni e consumi) e per la sicurezza del trasporto collettivo”.

Le proposte di Federauto per rilanciare l’automotive

C’è un settore dell’economia italiana che ha subito più di altri i colpi della crisi ma che, più di altri, ha strumenti e idee per rialzarsi. Quello dell’automotive. Lo dimostra il piano targato Federauto illustrato alla Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato in occasione della presentazione della ricerca su “Il settore automotive nei principali Paesi europei”, a cura di Unioncamere e Prometeia: tre anni per rilanciare il settore dell’auto in Italia, che potrebbe registrare un ulteriore +23% (966mila unità) in 36 mesi senza gravare sulle risorse pubbliche.

Se il 2015 confermerà il trend di crescita attuale – ha detto ai Senatori membri della Commissione, Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto -, l’anno si chiuderà a circa 1 milione e 500mila auto immatricolate, registrando un +15%. Peccato che questo volume ci riporti indietro di 35 anni: era il 1980 quando l’Italia esprimeva questi numeri. Serve con urgenza una nuova fiscalità sugli autoveicoli, sia per i privati sia per le aziende, per favorire il rilancio del settore a costo zero per lo Stato. Un’aliquota Iva agevolata per i privati, con beneficio decrescente, potrebbe generare in un triennio 756mila immatricolazioni aggiuntive, mentre il credito o deduzione d’imposta innescherebbe un’ulteriore domanda di 210mila vetture delle partite Iva. Il tutto sostenuto dalle conseguenti maggiori entrate fiscali e il minor ricorso a misure quali gli ammortizzatori sociali”.

In alternativa Federauto chiede al Governo di alleggerire la pressione fiscale sul comparto, in particolare su chi utilizza gli autoveicoli, come pure di eliminare il superbollo per le auto prestazionali. Sono questi i punti cardine delle proposte di Federauto per stimolare il rinnovo del parco circolante italiano, che oggi conta quasi 11 milioni di autovetture altamente inquinanti e riportare il mercato a un livello di sostenibilità per l’intera filiera.

Negli ultimi 7 anni – ha aggiunto il presidente dei concessionari italianiil comparto ha perso quasi il 50% delle immatricolazioni, con un crollo della domanda dei privati (-53%) e una forte contrazione del numero degli occupati. In questo quadro di forte crisi l’unica risposta istituzionale degli ultimi Governi è stata quella dell’aumento della tassazione sugli autoveicoli: nel solo 2014 lo Stato ha incassato 71,6 miliardi di euro con una crescita negli ultimi 8 anni dell’1,7%. Tutto ciò ha determinato una perdita di posti di lavoro nel mondo della sola distribuzione di 20mila addetti. Una cifra che sale a oltre 200mila considerando anche le case automobilistiche, le officine, i fornitori e l’indotto allargato: 20 volte in più rispetto al dramma occupazionale dell’Ilva di Taranto; ma nel disinteresse generale. Ciononostante il settore vale ancora l’11% del Pil, occupa 900mila addetti e partecipa alle entrate fiscali per il 16%”.

In conclusione il presidente di Federauto ha sollecitato il mondo della politica ad affrontare in modo organico il comparto degli autoveicoli che fornisce alla collettività il prezioso bene della mobilità.