Quanto prendono di pensione i liberi professionisti?

Qual è la pensione media annuale dei liberi professionisti che continuano a svolgere la propria professione? Ad oggi, sono circa 100 mila (98.100 nel 2020) i professionisti iscritti alle Casse previdenziali che continuano a svolgere la propria attività pur essendo già in quiescenza. È da precisare che gli assegni di pensione sempre più al ribasso per una buona fetta di liberi professionisti. Nel giro di cinque anni, dal 2016 al 2020, i trattamenti pensionistici per varie categorie di professionisti iscritti alle Casse previdenziali hanno perduto, infatti, dallo 0,62% al 25%. Si tratta, soprattutto, dei commercialisti e dei giornalisti. Guadagnano qualcosa le altre categorie, ma gli assegni delle nuove Casse previdenziali (ovvero dei professionisti in attività nonostante la pensione) mediamente non vanno oltre i 6 mila euro all’anno. Ecco nel dettaglio gli importi delle pensioni del 2020 dei professionisti rapportati a quando percepivano nel 2016 secondo i dati forniti da Italia Oggi.

Pensioni giornalisti iscritti all’Inpgi, perdono tanto i dipendenti, sale l’assegno dei co.co.co. e dei liberi professionisti

A perderci di più sono i giornalisti iscritti all’Inpgi che hanno un contratto di lavoro alle dipendenze. Se nel 2016 prendevano di pensione circa 98 mila euro lordi all’anno, nel 2020 il trattamento previdenziale ha perso più del 25%, attestandosi a oltre 73 mila euro all’anno. Sale invece la pensione degli iscritti all’Inpgi nella Gestione separata con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co). Nel 2016 le pensioni erano mediamente di quasi 1.800 euro; nel 2020 sono cresciute a 2.430 euro, con un incremento di oltre il 37%. Salgono di più le pensioni dei giornalisti iscritti all’Inpgi nella Gestione separata dei liberi professionisti: nel 2016 avevano di pensione oltre 2.600 euro medi lordi all’anno; nel 2020 superano i 4 mila euro con una crescita di circa il 56%.

Pensioni, si abbassano quelle dei commercialisti e dei periti ragionieri e commerciali

A perderci, di pensione, sono anche i commercialisti e i periti ragionieri e commerciali. Gli iscritti alla Cassa dottori commercialisti (Cdc) che sono andati in pensione ma che continuano a svolgere la propria professione (Casse di nuova generazione), nel 2016 incassavano circa 49 mila euro medi lordi all’anno. Nel 2020 il trattamento pensionistico si è abbassato a poco più di 44 mila euro, con una perdita di circa il 10%. Per gli iscritti alla Cassa Nazionale ragionieri e periti commerciali (Cnpr), invece, la perdita si è fermata all’8,5%. Nel 2016 ricevevano di trattamento pensionistico oltre 25.70 euro; nel 2020 il trattamento è sceso a poco più di 23.500 euro lordi all’anno.

Avvocati, Cassa geometri e iscritti all’Enasarco: qual è la pensione per chi continua a lavorare?

Gli iscritti alla Cassa Geometri che sono andati in pensione e che continuano a lavorare nel 2020 hanno ottenuto un trattamento previdenziale di poco più di 20 mila euro. La perdita si è assestata sul 5% rispetto al 2016 quando prendevano 21.150 euro. Per gli avvocati la perdita è molto contenuta. Dal 2016 al 2020 la differenza in negativo è dello 0,6%. I trattamenti pensionistici sono passati da oltre 35 mila euro del 2016 a 34.850 nel 2020. Sotto l’1% anche la perdita degli iscritti all’Enasarco: se nel 2016 prendevano di pensione 11.390 euro, nel 2020 il trattamento previdenziale è sceso a 11.286 euro.

Pensioni liberi professionisti, quali sono al rialzo?

Le altre categorie di professionisti iscritti alle Casse previdenziali hanno tutte un saldo positivo di pensione percepita nel 2020 rispetto al 2016. I farmacisti iscritti all’Ente nazionale di previdenza e di assistenza (Enpaf) sono passati da 6.610 euro del 2016 a 6.767 del 2020, con una crescita del 2,34%. Gli ingegneri e gli architetti iscritti alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti (Inarcassa) hanno guadagnato il 3,24%. Infatti, le pensioni lorde annue del 2016 erano di poco più di 24.400 euro, quelle del 2020 hanno raggiunto mediamente i 25.200 euro.

Medici, odontoiatri, veterinari: qual è l’assegno di pensione medio per chi continua a lavorare?

Gli iscritti all’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri (Empam), in valori assoluti, sono la categoria di liberi professionisti che ha visto crescere maggiormente l’assegno di pensione lordo tra il 2016 e il 2020. Infatti, medici e odontoiatri sono passati da circa 59.500 euro a 63.203 euro, con un saldo positivo del 6,24%. I veterinari iscritti alla Cassa di previdenza Enpav, hanno visto crescere le proprie pensioni dell’8,60% circa, passando dai circa 11.700 euro del 2016 ai 12.700 euro circa del 2020.

Quali sono le pensioni degli altri professionisti iscritti alle Casse previdenziali?

A seguire, le altre categorie professionali iscritte alle Casse previdenziali:

  • i consulenti dell’Enpacl (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Consulenti del Lavoro) sono passati da 15.600 euro a 17.300 euro (+ 10,9%);
  • gli addetti e gli impiegati in agricoltura iscritti all’Enpaia sono passati da 1.426 euro a 1.646 euro (+ 15,4%);
  • chimici, geologi e attuari iscritti all’Epap (Ente di Previdenza e di Assistenza Pluricategoriale) hanno visto crescere le proprie pensioni del 18,2%, passando da 4.270 euro del 2016 a 5.050 euro circa del 2020;
  • i biologi iscritti all’Enpab (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei biologi) hanno preso un + 19,5% di pensione, passando da 4.550 euro circa a 5.435 euro;
  • gli iscritti all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per gli Psicologi (Enpap) hanno guadagnato circa il 26%, passando da poco meno di 2 mila euro medi lordi a circa 2.500 euro;
  • gli infermieri dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica (Enpapi) hanno guadagnato quasi il 30% di pensione in più dal 2016 al 2020. Infatti percepivano circa 1.730 euro nel 2016, mentre nel 2020 la pensione è salita a circa 2.250 euro;
  • infine, gli iscritti alla Cassa di Previdenza dei Periti Industriali (Eppi), hanno una pensione media cresciuta del 30%. Sono passati da 4.758 euro del 2016 a circa 6.200 euro del 2020.

Incentivi ai professionisti per pc, stampanti e cloud: ecco i contributi

Partite Iva a liberi professionisti iscritti a una Cassa professionale possono accedere a tutta una serie di agevolazioni e contributi a fondo perduto per rinnovare la dotazione hardware e software. Spettano, infatti, ai lavoratori autonomi incentivi e aiuti a fondo perduto per acquistare personal computer, stampanti e servizi informatici come, ad esempio, cloud. Ma non mancano gli incentivi per il sostegno dell’attività professionale, soprattutto per i più giovani. Tra gli effetti dovuti alla crisi per l’emergenza della pandemia di Covid-19, si è registrata la crescente domanda dei contributi richiesti da commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, ingegneri e architetti. Le istanze sono state più di 26 mila negli ultimi due anni. Sono numerosi i bandi ancora aperti per richiedere ancora le agevolazioni e gli incentivi a fondo perduto.

Professionisti, bandi ancora aperti per la richiesta di contributi a fondo perduto: si può acquistare software e hardware

Sono varie le possibilità per i liberi professionisti di richiedere i contributi a fondo perduto e le agevolazioni per acquistare software e hardware. Con i contributi spettanti si possono acquistare anche tablet e servizi per effettuare le videoconferenze, strumenti per la connessione a internet e servizi cloud. Tra gli incentivi, particolarmente consigliati sono quelli messi a disposizione dalle Casse professionali. D’altra parte, i lunghi periodi di chiusura delle attività per la pandemia hanno fatto scoprire anche ai professionisti, oltre che ai lavoratori dipendenti, le nuove opzioni di svolgimento del lavoro da remoto. Anche i liberi professionisti si stanno adeguando al lavoro a distanza, con l’adozione di formule di prestazioni lavorative sempre più “smart”. Tutto ciò non ha fatto altro che far aumentare la necessità di acquistare gli opportuni hardware e sistemi informatici. Per chi volesse richiedere i contributi, risultano tuttora aperti vari bandi con i quali finanziare almeno parte della spesa per l’aggiornamento di hardware e software dello studio.

Rimborsi agli avvocati dalla Cassa forense: quali spese sono ammissibili dal bando?

Entro il 15 giugno 2022 gli avvocati iscritti alla Cassa forense potranno richiedere i contributi a fondo perduto per l’acquisto di strumenti informatici. Il bando prevede il rimborso del 50% delle spese, escludendo l’Iva. Con gli incentivi si possono acquistare:

  • personal computer portatili e fissi;
  • stampanti;
  • microfoni e auricolari;
  • tablet;
  • software;
  • abbonamenti a programmi per effettuare videoconferenze;
  • webcam;
  • dispositivi per archiviare e proteggere i dati.

Incentivi a fondo perduto Cassa forense, quanto possono ottenere gli avvocati?

La domanda degli incentivi e dei contributi a fondo perduto può essere presentata dagli avvocati della Cassa forense entro il 15 giugno 2022. Le spese devono essere state sostenute a partire dal 1° gennaio 2021 fino al 15 marzo 2022. Il tetto minimo dell’incentivo che si può ottenere è pari a 300 euro; si può arrivare al massimo fino a 1.500 euro. Il bando ha visto la partecipazione compatta da parte degli avvocati. È pervenuta alla Cassa forense un numero di domande pari a:

  • 35.843 istanze dal 2016 al 2021 con 22.808 erogazioni;
  • 12.031 domande nel 2020, delle quali quelle accolte sono state peri a 6.271;
  • 2.579 richieste di incentivi nel 2021 per 1.926 istanze accolte.

Inoltre, la Cassa degli avvocati propone ai giovani fino ai 34 anni di età, incentivi per abbattere gli interessi passivi sulle spese inerenti l’avvio dell’attività.

Bando dei commercialisti per l’acquisto di beni strumentali: aiuti per tutti per la digitalizzazione

Fino al 15 marzo scorso i commercialisti iscritti alla Cassa professionale potevano richiedere gli incentivi a fondo perduto per la digitalizzazione. Il bando era aperto non solo ai giovani, ma a tutti gli aderenti, data la situazione di crisi generata dalla pandemia di Covid-19. Dal 2020 a inizio del 2022, le domande accolte per i contributi per software,  hardware, programmi informatici e mobili da ufficio, sono state 1.360 per un totale di 2,4 milioni di euro di incentivi erogati.

Commercialisti, ecco i nuovi bandi 2022 per il supporto alla professione

Sono quattro le nuove iniziative dalla Cassa commercialisti per il supporto alla professione. Rientrano tra gli aiuti le misure volte ad aggregare i professionisti, l’acquisto di beni strumentali, i finanziamenti e la formazione. L’obiettivo dei finanziamenti è quello di supportare la crescita professionale degli iscritti. Nel dettaglio, i nuovi bandi per il 2022 sono:

  • avviso per il supporto alle attività professionali nelle fasi di aggregazione;
  • bando per la sottoscrizione di finanziamenti a sostegno dell’attività professionale;
  • avviso per acquistare o prendere in leasing beni e servizi, purché funzionali allo svolgimento dell’attività professionale;
  • Bando per la formazione e per acquisire nuove competenze.

Incentivi a fondo perduto della Cassa dei consulenti del lavoro: cosa si può acquistare?

Per tutto l’anno in corso, i consulenti del lavoro potranno chiedere, alla propria Cassa professionale di appartenenza, gli incentivi per acquistare beni strumentali. Tra i costi ammissibili rientrano anche il materiale e i programmi informatici. Il tetto massimo di spesa è pari a 30.000 euro per una spesa minima di 5 mila euro. Anche gli interessi sono finanziati dalla Cassa professionale.

Ingegneri e architetti, quali incentivi si possono ottenere per potenziare lo studio? Su tutti, beni informatici e dotazione tecnica

Risulta aperto da poche settimane il bando a sostegno degli architetti e degli ingegneri per acquistare, in conto impianti, i beni per il potenziamento dello studio. Rientrano tra le spese ammissibili ai fini dell’ottenimento dei contributi a fondo perduto, anche i beni informatici e la relativa dotazione tecnica. L’erogazione dei contributi avviene attraverso prestiti d’onore per i lavoratori autonomi iscritti alla Cassa professionale di età non superiore ai 34 anni oppure con figli entro i 16 anni non ancora compiuti. Si possono richiedere finanziamenti via web in conto interessi.

Fattura elettronica, quali nuove partite Iva sono obbligate?

Quali sono le nuove partite Iva a regime forfettario obbligate ad adottare la fattura elettronica dal 1° luglio 2022? Il limite minimo di compensi e di ricavi di 25 mila euro, tiene fuori dall’obbligo ancora tanti professionisti, circa la metà degli avvocati e dei consulenti del lavoro in base ai compensi dichiarati nell’anno di imposta 2020. Ecco cosa avverrà a partire tra meno di due mesi.

Partite Iva a regime forfettario: nuovo obbligo di adottare la fattura elettronica, per chi?

Il decreto legge numero 36 del 2022 ha introdotto l’obbligo di adottare la fattura elettronica anche ai soggetti finora esonerati. In primis le partite Iva forfettarie. L’obbligo scatta a partire dal 1° luglio 2022 per tutti i lavoratori autonomi che, nel precedente anno, abbiano conseguito volumi di compensi e di ricavi eccedenti i 25 mila euro.

Fattura elettronica ai forfettari, fino al 30 settembre 2022 regime transitorio

I nuovi contribuenti obbligati alla fatturazione elettronica potranno beneficiare del regime transitorio dal 1° luglio al 30 settembre 2022. In questo periodo non verranno applicate le sanzioni per chi non emetta la fattura elettronica nei termini dovuti. I nuovi soggetti, infatti, avranno come scadenza il mese successivo a quello dell’operazione per emettere fattura nel formato elettronico.

Fattura elettronica, quali sono le sanzioni previste per chi non emette il documento nelle modalità previste?

Per le partite Iva che non emettano fattura nei modi e nei termini previsti, si applica la sanzione che va dal 5% al 10% del corrispettivo non documentato. Se la violazione non è rilevante ai fini della determinazione del reddito la sanzione va da 250 a 2 mila euro. L’adozione della fattura elettronica a partire dal 1° luglio per i nuovi soggetti obbligati potrebbe determinare alcune difficoltà di gestione dei documenti che fino al 30 giugno potranno continuare a essere emessi nella modalità cartacea.

Fattura elettronica ai forfettari, vantaggi e difficoltà di adozione del formato elettronico

Alcune partite Iva che rientreranno tra i nuovi soggetti obbligati potrebbero pensare di rimandare, quanto più possibile, l’adozione della fattura elettronica dopo il 30 giugno prossimo. In ogni modo, tra le obiezioni che si stanno facendo c’è quella dell’aumento dei costi per l’utilizzo di software adeguati. L’Agenzia delle entrate mette a disposizione una propria piattaforma di gestione delle fatture e di invio ai clienti tramite il Servizio di interscambio (Sdi). Il servizio è gratuito. Sulle difficoltà di utilizzo del nuovo sistema, in molti confermano che dopo poche emissioni, si prende dimestichezza e si possono valutare i vantaggi nell’aver adottato un sistema che permette l’invio e la conservazione dei documenti in maniera facilitata dall’elettronica.

Chi sono i nuovi soggetti obbligati alla fattura elettronica?

Tra i nuovi obbligati ad adottare la fattura elettronica, sono circa la metà gli avvocati che sono sotto la soglia dei 25 mila euro di compensi e di ricavi annui e che, dunque, potranno continuare ad utilizzare il formato cartaceo. Infatti, nel 2020 su 241.830 avvocati, circa la metà, pari a 118.695 avvocati, hanno dichiarato redditi alla Cassa forense non eccedenti i 25 mila euro. Proiettando il dato dei compensi e dei ricavi all’anno 2021, circa la metà dei professionisti dovrebbe rimanere fuori dall’obbligo di fattura elettronica. La stesso prospettiva riguarda i consulenti del lavoro. L’Enpacl calcola che 12.731 professionisti hanno superato la soglia dei 25 mila euro di ricavi e compensi nel 2020. Quasi altrettanti ne sono al di sotto (11.541 professionisti).

Chi dovrà aderire alla fattura elettronica tra i professionisti?

Tra i professionisti che dovranno aderire in massa al nuovo regime di fattura elettronica rientrano i commercialisti e gli esperti contabili. Considerando che avranno l’obbligo i forfettari con volumi di ricavi e di compensi da 25 mila e 65 mila euro (limite della flat tax), solo poco più di 14 mila professionisti appartenenti alla categoria sono al di sotto dei 25 mila euro. La stragrande maggioranza (oltre 67 mila professionisti) ha avuto volumi di ricavi e di compensi sopra i 25 mila euro nel 2020.

Contributi a fondo perduto per professionisti: acquistabili pc, stampanti e servizi cloud

Contributi a fondo perduto e agevolazioni spettano ai professionisti iscritti alle Casse professionali per l’acquisto di personal computer, stampanti e servizi informatici come cloud. Tra gli effetti che si sono registrati per la crisi generata dell’emergenza Covid, le domande di finanziamento presentate da avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, architetti e ingegneri hanno superato quota 26 mila da due anni a questa parte. Ma sono numerosi i bandi per i contributi a fondo perduto e le agevolazioni al momento ancora aperti.

Liberi professionisti, ancora aperti i bandi per chiedere contributi e agevolazioni per l’acquisto di hardware e software

Molteplici le possibilità per i liberi professionisti di ottenere contributi a fondo perduto per l’acquisto di hardware e di software, ma anche di tablet e di servizi per la videoconferenza, connettività a internet e cloud, grazie alle risorse messe a disposizione dalle Casse professionali. D’altronde, il lungo periodo di pandemia ha evidenziato le nuove modalità di svolgimento del lavoro da remoto, adottando formule sempre più “smart”. Il che richiede l’acquisto degli opportuni hardware e sistemi informatici. Ma tutt’ora risultano ancora aperti vari bandi per la richiesta da parte dei professionisti di contributi a fondo perduto e di agevolazioni per procedere con gli acquisti.

Rimborsi agli avvocati dalla Cassa forense: quali spese sono previste dal bando?

Fino al 15 giugno 2022 gli avvocati potranno chiedere contributi a fondo perduto alla Cassa forense per acquistare strumenti informatici. Il bando prevede il rimborso della metà della spesa (Iva esclusa) effettuata dagli avvocati per l’acquisto di vari prodotti come:

  • pc portatili e fissi;
  • tablet;
  • microfoni e auricolari;
  • stampanti;
  • webcam;
  • abbonamenti a programmi per la videoconferenza;
  • software;
  • dispositivi per l’archiviazione e la protezione dei dati.

Contributi a fondo perduto avvocati, quanto si può ottenere di aiuto dalla Cassa forense?

La richiesta può essere fatta fino al 15 giugno 2022 per le spese sostenute dal 1° gennaio 2021 al 15 marzo 2022. Il minimo del contributo ottenibile è di 300 euro, il massimo è pari a 1.500 euro. Il bando ha avuto un notevole numero di domande (22.808 erogazioni su 35.843 istanze dal 2016 al 2021); 12.031 domande nel 2020 (istanze accolte pari a 6.271); 2.579 richieste di contributi nel 2021, con domande accolte pari a 1.926. Inoltre, la Cassa forense mette a disposizione dei giovani (fino a 34 anni), contributi per l’abbattimento totale degli interessi passivi per le spese relative all’avvio dell’attività.

Bando dei commercialisti per l’acquisto di beni strumentali: aiuti per tutti per la digitalizzazione

Interessante il bando della Cassa dei commercialisti per i contributi a fondo perduto per la digitalizzazione. Il bando è aperto non solo ai giovani, ma a tutti gli aderenti, data la situazione di crisi generata dalla pandemia di Covid-19. Il bando, promosso dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza ai Dottori Commercialisti (Cnpadc) prevedeva, all’atto dell’uscita dell’avviso, la richiesta dei contributi da parte degli iscritti da non più di tre anni. In tutto, dal 2020 ad oggi, sono stati 1.360 le domande accolte per un totale di 2,4 milioni di euro di contributi erogati. Il bando è stato chiuso lo scorso 15 marzo.

Quali acquisti finanzia il bando dei Dottori commercialisti?

Il bando dei dottori commercialisti finanzia l’acquisto di hardware, di mobili da ufficio e di programmi informatici. Attualmente la misura è riservata ai commercialisti che abbiano un livello basso di reddito, da parametrare sul numero dei componenti della famiglia. Si può ottenere il rimborso della metà delle spese ammissibili.

Contributi della Cassa dei consulenti del lavoro: quali sono?

Per tutto il 2022 i consulenti del lavoro potranno richiedere, alla propria Cassa professionale di appartenenza, i contributi per l’acquisto di beni strumentali. Tra le spese ammissibili rientrano anche i programmi e il materiale informatico. Il limite massimo di spesa è fissato in 30 mila euro, quello minimo di 5 mila euro. Gli interessi sono a carico della Cassa professionale.

Architetti e ingegneri, quali contributi si possono ottenere per il potenziamento dello studio, beni informatici e dotazione tecnica?

Risulta appena aperto il bando a favore degli ingegneri e degli architetti per l’acquisto, in conto impianti, di beni per il potenziamento dello studio. Sono inclusi, tra le spese ammissibili, anche i beni informatici e la dotazione tecnica. L’erogazione avviene mediante prestiti d’onore per i professionisti entro i 34 anni di età o con figli fino a 16 anni non ancora compiuti. Si possono richiedere finanziamenti on line in conto interessi.

Gratuito patrocinio, quando spetta?

Che cosa si intende con gratuito patrocinio e quando spetta? A queste e ad altre domande sulla questione troverete risposta in questa rapida ed esaustiva guida.

Gratuito patrocinio: di cosa si tratta

Innanzitutto, partiamo dalla base della questione, ovvero specificare di cosa si tratta col gratuito patrocinio.

Il gratuito patrocinio non è altro che una istituzione garantita dallo Stato Italiano che permette a tutti i cittadini che siano in possesso di determinati requisiti di reddito di poter usufruire della tutela legale senza farsi carico delle spese processuali, come ad esempio la parcella dell’avvocato.

Una volta appurato ciò, andiamo a vedere chi può richiederlo e come farlo.

Gratuito patrocinio come fare richiesta e a chi spetta

Per poter richiedere assistenza legale in ambito civile è necessario presentare apposita domanda (c.d. istanza di ammissione) presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del luogo in cui si andrà a svolgere il processo. Tale domanda potrà essere presentata personalmente dal richiedente (o anche dal suo legale) oppure inviata tramite Raccomandata A/R.

La firma apposta dal richiedente sulla domanda deve essere autenticata dal Legale del richiedente od anche dall’interessato stesso, previa autocertificazione secondo le modalità previste dal DPR 445/2000.
Per quanto riguarda, invece, il penale l’istanza dovrà necessariamente essere presentata all’ufficio del magistrato davanti al quale penderà il processo.

Ovviamente, per comprendere a chi spetta il gratuito patrocinio occorre comprendere i limiti di reddito.

Tali limiti di reddito vengono stabiliti dal legislatore e sono adeguati ogni due anni in base all’indice ISTAT utilizzato per le rivalutazioni monetarie; l’adeguamento è stabilito con apposito decreto legge pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Attualmente, tale limite di reddito, stando all’ultimo adeguamento del 2020, è pari a 11.746,68 euro.
Va tenuto presente che ai fini della determinazione di tale limite c’è da tener conto dei redditi di tutti i componenti appartenenti allo stesso nucleo familiare del richiedente; nel computo sono compresi anche i redditi esenti da imposta e quelli per i quali è prevista un’imposta sostitutiva.
In caso di patrocinio in ambito penale il limite di reddito è, invece aumentato di 1.032,91 euro per ognuno dei familiari conviventi.

Gratuito patrocinio, cosa c’è ancora da sapere

Per quanto riguarda i tempi di accoglimento per la domanda, occorrono non più di dieci giorni successivi a quello di presentazione dell’istanza, sia per quanto riguarda il patrocinio civile che quello penale.

Entro tale periodo il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, o il Magistrato per il patrocinio penale, verificata l’ammissibilità dell’istanza, ammetteranno il richiedente ed invieranno ad esso una copia del provvedimento di ammissione.

Ovviamente, vi sono casi specifici in cui il reddito dei familiari non viene preso in considerazione.

Ciò avviene in caso in cui l’oggetto della causa riguardi i cosiddetti diritti della personalità oppure quando gli interessi del richiedente siano in contrasto con quelli degli altri familiari.
In questi specifici casi per l’ammissione della richiesta si terrà conto del solo reddito del richiedente.

Divorzio possibile con gratuito patrocinio?

Una notevole questione sull’argomento è quella legata alla possibilità di divorziare o separarsi con il gratuito patrocinio.

La risposta al seguente quesito è si. Infatti, chi intende interrompere il rapporto coniugale può beneficiare del gratuito patrocinio anche in caso di separazione consensuale o di divorzio congiunto.
I requisiti e le modalità di presentazione della domanda sono le stesse delle cause civili.

Questo dunque è quanto di più utile e necessario da sapere in merito alla questione del gratuito patrocinio e le sue modalità di richiesta.

Autonomi che continuano a lavorare dopo la pensione: chi e quanti sono?

Sono in crescita i lavoratori autonomi e, nello specifico, i liberi professionisti che continuano a lavorare anche dopo essere andati in pensione. Il numero dei pensionati attivi è raddoppiato negli ultimi 15 anni. A eccezione dei geometri, tutti i professionisti iscritti alle Casse previdenziali continuano a lavorare anche dopo aver ottenuto il primo assegno di pensione. Soprattutto gli avvocati e i commercialisti, ma anche le altre libere professioni.

Lavoratori autonomi e liberi professionisti che continuano a lavorare dopo la pensione: quali tendenze?

La crescita del numero dei liberi professionisti che continua a lavorare anche dopo la pensione, rimanendo dunque attivi nel mondo del lavoro, è in costante aumento da 15 anni a questa parte. Nei quattro anni dal 2017 al 2020 (ultimo anno per il quale si hanno a disposizione dei dati), la crescita dei lavoratori autonomi pensionati ancora attivi è pari al 19%. La percentuale ricalca quella dei professionisti pensionati iscritti alle Casse previdenziali. I numeri degli ultimi quattro anni confermano una crescita che, in realtà, è iniziata già dal 2005. Una tendenza che, analizzandola, potrebbe andare a braccetto con le misure previdenziali introdotte nel corso degli ultimi decenni.

Liberi professionisti, quali sono quelli che lavorano di più dopo la pensione?

I numeri sui lavoratori autonomi e sui liberi professionisti pensionati ma ancora attivi nel mondo del lavoro sono stati forniti da Adepp. Se per i geometri si riscontra una flessione tra chi continua a lavorare dopo la pensione, i numeri sono in crescita per tutti gli altri professionisti. I biologi e i medici non dipendenti, ad esempio, mostrano una crescita del 42%. Ma i numeri più alti si riscontrano tra i veterinari, attivi dopo la pensione con crescita del 75% dei casi negli ultimi quattro anni.

Quanti sono i liberi professionisti che preferiscono continuare a lavorare anche dopo la pensione?

In totale, dunque, su un numero pari a 150.9891 pensionati tra i professionisti nel 2020, corrispondenti al 21% del totale dei pensionati, gli attivi nello stesso anno sono stati 81.697. Ovvero il 54% medio dei liberi professionisti iscritti alle Casse previdenziali ha preferito continuare a lavorare anche dopo la pensione. Il dato esprime, negli ultimi quattro anni, la crescita del 21% del numero dei professionisti andati in pensione e, parallelamente, l’aumento del 19% di chi rimane a esercitare la professione. È possibile prevedere una classifica dei professionisti che maggiormente tendono a rimanere a lavoro dopo la pensione.

Commercialisti, psicologi e avvocati, quanti rimangono a lavorare dopo la pensione?

I commercialisti iscritti alla Cassa previdenziale che nel 2020 sono andati in pensione sono stati pari a 6.364, dei quali 4.756 hanno continuato a lavorare. Il rapporto tra pensionati attivi sul numero di pensionati è pari, dunque, al 75%. Ciò significa che tre commercialisti su quattro preferiscono continuare a lavorare dopo la pensione. Percentuali in linea anche quelle degli psicologi dell’Enpap (4.842 in pensione nel 2020 ma 3.371 ancora a lavoro) con un rapporto tra attivi su pensionati pari al 70%. E degli avvocati: 19.819 in pensione nel 2020 ma 13.735 rimasti a lavoro per una percentuale attivi/pensionati del 69%.

Architetti, ingegneri e ragionieri: quanti preferiscono continuare a lavorare dopo la pensione?

A scorrere la classifica si ritrovano gli architetti e gli ingegneri dell’Inarcassa. A fronte di 22.869 pensionamenti nel 2020, il numero dei professionisti rimasti a lavoro è stato pari a 15.657. I rapporto tra pensionati attivi su pensionati è pari al 68%. A seguire i medici liberi professionisti dell’Enpam. Su 44.699 nuovi pensionati nel 2020, 24.950 sono rimasti a lavorare (il 56%). I ragionieri iscritti alla Cassa previdenziale andati in pensione nel 2020 sono stati 7.293, metà dei quali (49%) hanno preferito continuare a lavorare (3.539).

Tutte le libere professioni e quanti lavorano dopo la pensione

A seguire nella classifica dei liberi professionisti che rimangono a lavoro anche dopo essere andati in pensione si ritrovano:

  • i biologi dell’Enpab (1.610 in pensione, 710 rimasti a lavoro, il 44% degli attivi rispetto ai pensionati);
  • i periti industriali (4.413 in pensione, 1.963 ancora attivi, pari al 44%);
  • i pluricategorie (2.704 in pensione, 1.353 ancora attivi pari al 41%);
  • i consulenti del lavoro (8.427 in pensione, 3.641 rimasti a lavoro, il 43% ancora in attività);
  • i periti agrari (602 in pensione, 234 ancora attivi pari al 39%);
  • i geometri (19.094 in pensione, 6.635 ancora attivi ma in discesa del 7%, il 35% del totale dei nuovi pensionati continua a esercitare la professione);
  • gli agrotecnici (39 in pensione, 12 ancora attivi pari al 31%);
  • gli infermieri dell’Enpapi (2.776 in pensione, 419 ancora attivi pari al 15%);
  • i veterinari dell’Enpav (4.873 in pensione, 722 ancora attivi con percentuale di crescita del 75% per un totale del 15% dei nuovi pensionati ancora attivi).

Lo smart working attrae i professionisti: 1 su 4 continua dopo la pandemia

Lo smart working è stato un regime ordinario in tempo di pandemia, ma ora che molti sono ritornati in ufficio c’è chi borbotta e vorrebbe proseguire l’esperienza del lavoro da casa e a manifestare interesse sono anche i professionisti e i dipendenti di piccoli studi professionali.

Lo smart working tra pubblico e privato

La necessità di ridurre il contagio, evitare assembramenti e restare “isolati” ha portato nel 2020 a una massiccia adozione dello smart working. Pian piano le cose sono poi tornate alla normalità e mentre il ministro Brunetta ritiene che non sia necessario ora continuare a far lavorare i dipendenti pubblici da casa, sebbene ormai molte funzioni siano state digitalizzate e ad esempio i cittadini possono scaricare gratuitamente molti certificati prima richiesti agli uffici pubblici, nel settore privato le cose vanno un po’ diversamente, infatti dopo aver sperimentato lo smart working, sono in molti a voler proseguire questa esperienza. Almeno uno studio professionale su 4 pensa di continuare a lavorare in smart working anche dopo la pandemia.

Lo smart working attrae i professionisti

Confprofessioni (organizzazione che rappresenta i liberi professionisti) ha pensato di intervistare i professionisti per capire come valutano l’esperienza con lo smart working. L’indagine ha coinvolto i professionisti, ma anche i dipendenti degli studi professionali. Il 40% dei professionisti intervistati ha dichiarato di voler proseguire questa esperienza, la percentuale sale al 50% se si considerano solo gli avvocati. Nell’82% dei casi gli intervistati hanno dichiarato di aver dovuto utilizzare per lo smart working soprattutto strumenti di loro proprietà, quindi il datore di lavoro non ha fornito computer o altri dispositivi per poter lavorare da casa o connessioni. In realtà questa soluzione può essere molto pericolosa e cioè espone maggiormente ad attacchi cibernetici in quanto gli stessi dispositivi sono utilizzati sia per lavoro sia per motivi personali e quindi i software aziendali e le piattaforme di lavoro diventano più vulnerabili.

Per saperne di più sulle strategie per aumentare la sicurezza, leggi l’articolo: Cyber Security: l’importanza per le aziende e i professionisti del settore

Tra i professionisti solo 1 su 4 è riuscito ad ottenere aiuti economici da parte dello Stato per poter organizzare il lavoro da casa. Nonostante questo, l’esperienza ottiene un giudizio positivo.

A mettere in atto lo smartworking sono stati il 58% degli studi professionali, di questi 1 su 3 ha preferito sperimentarlo solo durante il periodo emergenziale, mentre 1 su 4 dichiara di continuare su questa strada e pensa di introdurlo in maniera strutturale come modalità di lavoro.

Cosa pensano dello smart working i dipendenti degli studi professionali?

Naturalmente le opinioni non sono tutte positive, molti hanno apprezzato la possibilità di poter lavorare da casa e la maggiore facilità di conciliare i tempi di lavoro e di famiglia, anche considerando che i ragazzi sono stati in DaD e quindi vi era l’esigenza di “monitorare” i piccoli di casa. Per i dipendenti e per i professionisti un altro elemento da salvare è la riduzione dei tempi dedicati agli spostamenti, cioè il tempo dedicato al tragitto casa-ufficio che in molti casi doveva essere fatto anche 4 volte al giorno. A questo si aggiunge la possibilità di avere orari più flessibili.

Un dato particolare è dato dal fatto che il 43,5% dei dipendenti degli studi professionali apprezza la maggiore responsabilizzazione derivata dal non dover lavorare tutti i giorni a stretto contatto e sotto il controllo del datore di lavoro. Non mancano però criticità, alcuni hanno lamentato il senso di isolamento che si vive lavorando da casa, lamentato da circa 2 dipendenti su 3, mentre la metà dei professionisti ha notato un calo di produttività.

La pandemia falcidia gli studi professionali

Purtroppo dalla relazione di Conprofessionisti emerge anche che durante la pandemia sono stati persi 38.000 studi di professionisti, con una perdita di lavoratori di circa 194.000 unità, un aumento delle chiusure del 2,7% rispetto al 2019. Anche se può sembrare strano, la percentuale più alta di chiusure si è registrata al Nord.

Contributi previdenziali Casse professionali: tutte le aliquote e i nuovi aumenti

Continuano i ritocchi sui contributi previdenziali delle Casse professionali. Aumenti sono registrati per i medici, gli odontoiatri, i giornalisti e i veterinari. Per i geometri e i periti industriali, l’integrativo è al 5% per le commesse fatte a favore della Pubblica amministrazione. Ecco tutte le percentuali dei contributi, il contributivo integrativo e la quota di maternità (quasi sempre fissa) inerenti la dichiarazione dei redditi del 2021 per compensi maturati nel 2020.

Dichiarazione redditi 2021, a chi sono aumentati i contributi? I giornalisti dell’Inpgi

I contributi calcolati sul reddito netto dei professionisti del 2020 sono in aumento per gli odontoiatri, i medici, i giornalisti e i veterinari. I contributi integrativi, invece, quest’anno sono aumentati per i soli giornalisti. Nel dettaglio, i giornalisti iscritti all’Inpgi, l’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, pagano:

  • un contributo soggettivo del 12% sul reddito professionale netto fino al limite di 24 mila euro;
  • per redditi oltre i 24 mila euro la percentuale sale al 14%;
  • il contributo integrativo del 4% del reddito lordo;
  • a scelta del professionista il contributo aggiuntivo di almeno il 5% sul reddito netto.

Il modello di reddito GS/2021 deve essere inviato in via telematica entro il 30 settembre 2021.

Contributi previdenziali di avvocati e consulenti del lavoro

Gli avvocati iscritti alla Cassa Forense pagano il contributo soggettivo sul reddito della propria professione aumentato dal 14,5% al 15%. L’aumento tuttavia è in vigore dal 1° gennaio 2021, pertanto per la dichiarazione dei redditi da presentare entro il 30 settembre 2021 la percentuale è ancora del 14,5%. In più gli avvocati pagano un contributo soggettivo del 3% sul reddito netto e un integrativo del 4% sul volume di affari. Per i consulenti del lavoro, il contributo soggettivo è del 12% sul reddito netto e l’integrativo del 4%.

Dichiarazione redditi di commercialisti e notai

Per i commercialisti il contributo soggettivo varia dal 12% al 100% del reddito netto, l’integrativo è del 4%. La Cassa dei Ragionieri e Periti commerciali (esperti contabili) applica un soggettivo dal 15 al 25%, un soggettivo supplementare dello 0,75% e un integrativo sul volume di affari del 4%. I notai iscritti alla Cassa nazionale del Notariato, versano il 22% del valore del repertorio notarile del mese precedente per atti del valore negoziale fino a 37 mila euro. Tutti gli altri atti hanno una percentuale del 42%.

Medici e odontoiatri, quanto pagano di contributi previdenziali alle Casse?

Per i medici e gli odontoiatri iscritti all’Enpam, il contributo sulla quota A è fisso in base all’età. Il contributo sulla quota B è del 19,5% sul reddito professionale netto (lo scorso anno era del 18,5%). Oltre il limite dei 103.0555 euro di reddito annuo, la quota B sull’incremento è pari all’1%. Per gli attuari, i chimici e i fisici, i dottori agronomi e forestali, e i geologi iscritti all’Epap, il contributo soggettivo è del 10% sul reddito netto fino a 103.055 euro all’anno, sull’eccedenza si paga il contributo di solidarietà dello 0,2%. È prevista la percentuale integrativa del 2% sul volume di affari mentre il contributo maternità è fisso.

Agrotecnici, periti agrari e biologi: quanto pagano di contributi previdenziali?

Gli agrotecnici e i periti agrari iscritti alla Fondazione Enpaia (Ente nazionale di previdenza per gli addetti e per gli impiegati in agricoltura), versano il contributo soggettivo pari al 10% sul reddito professionale netto. Cambia il contributo integrativo che è del 2% per gli agrotecnici e dal 2% al 5% per i periti agrari. Per entrambe le categorie il contributo di maternità è fisso. I biologi, iscritti all’Ente nazionale di previdenza e assistenza a favore dei Biologi, il contributo soggettivo è del 15% sul reddito netto della professione, mentre l’integrativo è del 4% sul volume di affari. Dal 1° luglio 2019 il 4% si paga anche sulle prestazioni a favore della Pubblica amministrazione.

Farmacisti, infermieri, psicologi e veterinari: quanto pagano alla dichiarazione dei redditi?

Per i farmacisti iscritti all’Enpaf sono previsti i contributi previdenziali e assistenziali fissi per il 2021. Diversamente gli infermieri dell’Enpapi, versano un contributo soggettivo del 16% sul reddito netto e un integrativo del 4% (anche sulle prestazioni verso la Pubblica amministrazione dal 16 maggio 2019). Per gli psicologi iscritti all’Enpap il contributo soggettivo è del 10% sul reddito netto, l’integrativo del 2% sul volume di affari. Resta fisso il contributo di maternità. Per i veterinari dell’Enpav, il contributo soggettivo è del 15,5% sul reddito netto fino a 95.150 euro (sullo scaglione più alto è del 3%). È previsto un integrativo sul volume di affari del 2% e un contributo di maternità fisso.

Geometri, ingegneri, architetti e periti industriali: contributo soggettivo e integrativo

I geometri iscritti alla Cassa italiana di previdenza e assistenza Geometri liberi professionisti (Cipag) versano un contributo soggettivo del 18% sul reddito netto fino a 156.800 euro. Per redditi oltre la soglia è previsto un contributo soggettivo del 3,5%. Il contributo integrativo è del 5% sul volume di affari, del 4% nel caso in cui si tratta di lavori fatti per la Pubblica amministrazione. per gli ingegneri e gli architetti il contributo soggettivo è del 14,5% sul reddito netto, con un contributo integrativo del 4% calcolato sul volume di affari. Per i periti industriali iscritti all’Eppi, Ente di previdenza dei periti industriali e periti industriali laureati, il contributo soggettivo è del 18%, da calcolare sul reddito netto. Il contributo integrativo è del 5% sul volume di affari. La percentuale è salita dal 25 febbraio 2019 dal 2% al 5% anche per lavori fatti per la Pubblica amministrazione.

 

Pensione avvocati: aliquote, importi e requisiti

La pensione di vecchiaia, quella di anzianità e quella di vecchiaia contributiva, ma anche la pensione di inabilità. Sono queste, per quel che riguarda la pensione avvocati, le principali prestazioni previdenziali che sono corrisposte, al richiedente in possesso dei requisiti previsti, dalla cassa previdenziale di riferimento, ovverosia da parte della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.

Ma detto questo, per la pensione avvocati, quali sono le aliquote, gli importi ed i relativi requisiti? In particolare, per la pensione avvocati le aliquote, gli importi ed i requisiti variano in ragione del tipo di prestazione che, maturato il diritto, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense sarà chiamata ad erogare.

Requisiti pensione di vecchiaia avvocati ed integrazione al minimo

Nel dettaglio, per la pensione di vecchiaia avvocati, dal primo gennaio del 2021, servono 70 anni di età ed almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. Ma l’avvocato, nel rispetto del requisito di anni di effettiva iscrizione e di contribuzione alla Cassa, ha comunque la facoltà di anticipare il pensionamento al compimento del 65esimo anno di età.

L’importo della pensione di vecchiaia avvocati è dato dalla somma di due quote, la quota di base che è calcolata secondo il criterio retributivo, e la quota modulare che, invece, è calcolata secondo il criterio contributivo. Ed in ogni caso è prevista l’integrazione al trattamento minimo che è pari ad un importo annuo rivalutabile di 10.160 euro prendendo come base l’anno 2008.

Pensione di anzianità avvocati, i requisiti anagrafici e quelli contributivi

Per la pensione di anzianità avvocati, invece, a partire dall’1 gennaio del 2020 i requisiti anagrafici e contributivi con la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense sono i seguenti: 62 anni di età e 40 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. In questo caso la prestazione previdenziale viene erogata se e solo se, da parte dell’avvocato, si verifica la cancellazione dall’albo ed anche dall’albo speciale per il patrocinio.

Quando l’avvocato può accedere alla pensione di vecchiaia contributiva

Gli avvocati che, per la pensione di vecchiaia, rispettano il requisito dell’età anagrafica ma non quello dell’anzianità contributiva, possono comunque andare in pensione con la prestazione di vecchiaia contributiva nel rispetto di opportune condizioni. Nel dettaglio, servono almeno 5 anni di contribuzione e di effettiva iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.

E serve pure che l’avvocato, che vuole andare in pensione con la prestazione di vecchiaia contributiva, non si sia avvalso dell’istituto della ricongiunzione verso un altro ente previdenziale. Se questi requisiti sono rispettati, allora l’avvocato potrà chiedere ed ottenere la pensione di vecchiaia contributiva oppure potrà optare per la prosecuzione del versamento dei contributi al fine di raggiungere una maggiore anzianità o punta alla maturazione di requisiti per l’accesso a prestazioni pensionistiche di tipo retributivo.

I requisiti di accesso alla pensione di inabilità con la Cassa Forense

Se in modo permanente o totale, l’avvocato perde la capacità di esercitare la professione, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense può riconoscere all’avvocato pure la pensione di inabilità. Ma a patto che la malattia o l’infortunio siano sopravvenuti durante l’iscrizione alla Cassa con almeno 5 anni di iscrizione e di effettiva contribuzione, e che l’iscrizione sia stata continuativa a partire da una data anteriore al compimento, da parte dell’iscritto, dei 40 anni di età.

Obbligo di preventivo per tutti i professionisti

Novità in arrivo per i professionisti, che d’ora in poi dovranno necessariamente e sempre indicare il proprio preventivo agli eventuali clienti, che dunque hanno il diritto di sapere quanto andranno a spendere e, nel caso, rifiutare e chiedere un consulto ad un altro professionista.

Questo significa che tutti, compresi avvocati, commercialisti, e chiunque eserciti una prestazione professionale, dovranno presentare ai propri utenti un preventivo che riassuma la prestazione richiesta, dettagliato in ogni sua voce e con la distinzione tra spese, diritti e onorario.

Ad accogliere con maggiori resistenze la novità sono gli avvocati, che a quanto pare avrebbero più difficoltà nel fare un preventivo che possa prevenire i diversi scenari possibili.
Per il servizio legale, dunque, non potendone prevedere durata e complessità, si chiederà che vengano ammessi integrazioni e aggiornamenti se la situazione dovesse cambiare in corsa.

Ad accettare con più serenità questi cambiamenti sono i commercialisti, che a quanto pare si erano già portati avanti, creando un software gratuito per i professionisti, con diversi format disponibili, a seconda dell’attività richiesta, che fornisce in primis un facsimile di contratto, comprensivo di preventivo, ma anche il necessario per la privacy e l’antiriciclaggio.

In ogni caso, comunque, si tratta di una norma accolta favorevolmente, perchè ha il pregio di evitare spiacevoli sorprese o polemiche inutili quando si arriva al dunque, ovvero al pagamento della prestazione. Con il preventivo in mano, infatti, le cattive sorprese sono ridotte al minimo, e le polemiche idem.

Vera MORETTI