Catasto: ecco quando e perché bisogna variare la planimetria della casa

Ogni qualvolta si fanno interventi sulla propria casa che cambiano la disposizione delle stanze o la fisionomia della stessa, occorrerebbe dare notizia al catasto. Infatti è proprio in base ai dati catastali degli immobili che questi sono tassati. Sempre dai dati catastali inoltre, si acquisiscono valori importanti anche in sede di compravendita. Molto importante la planimetria di casa. in questo caso quando la planimetria non corrisponde a quella reale i rischi non sono da sottovalutare.

Planimetria di casa non corrispondente, cosa succede?

Per planimetria catastale di una casa si intende quel disegno tecnico da cui si evince la conformità dell’immobile rispetto alle regole che il catasto prevede. È dalla planimetria che si vede la divisione dell’immobile, la sua suddivisione, i metri delle varie stanze, la destinazione d’uso dei locali e tutto quello che riguarda l’immobile in questione. La planimetria in genere nasce con la casa quando viene costruita. Non è raro però imbattersi in immobili che hanno una planimetria differente da quella originaria. Questo perché nel tempo magari si è provveduto ad una ristrutturazione o ad alcune modifiche. In questi casi se delle modifiche non è stato fatto consapevole il catasto, la planimetria presente nella sua banca dati non sarà corrispondente alla reale conformazione dell’immobile. E i problemi sopraggiungono ogni qual volta l’immobile è oggetto di compravendita o autorizzazioni.

Come fare per mettere a posto la situazione

Molti la sottovalutano ma la planimetria catastale è probabilmente il documento più importante di una casa. Infatti il disegno in scala per l’immobile è molto importante a 360°. Come dicevamo in premessa tale planimetria è importante sia per il fisco che in caso di compravendita dell’immobile. In base alla planimetria cambiano le tasse per esempio. Ma cambia il valore di vendita, oppure cambiano le esigenze dell’acquirente. La planimetria dovrebbe essere la prima cosa che va aggiornata nel momento in cui si operano degli interventi sull’immobile.

Cosa si rischia nel vendere un immobile con planimetria in catasto diversa dall’originale

Vendere un immobile con una planimetria differente da quella reale è una delle cose più sbagliate che esiste. Infatti in sede di compravendita non è raro che vengano effettuati i controlli da parte dell’Agenzia del Territorio. Il catasto infatti altro non è che una branca dell’Agenzia delle Entrate che fa capo proprio l’Agenzia del Territorio. Se si è assoggettato a controllo, il proprietario immobiliare può andare incontro a serie conseguenze. In caso di irregolarità la compravendita può addirittura essere annullata.

Meglio rivolgersi a tecnici esperti ed autorizzati

Come già detto in precedenza, occorre aggiornare la planimetria ogni qualvolta si compiono interventi sull’immobile e sulla sua conformazione. Anche semplici interventi interni come l’abbattimento di un muro o la creazione di un nuovo divisorio. Occorre rivolgersi a dei tecnici autorizzati ad effettuare questo genere di interventi in catasto. L’aggiornamento della planimetria catastale va effettuato sia in caso di divisione di un immobile che in caso di unione tra più immobili. Infatti anche il semplice chiudere una porta o demolire un muro per collegare due case tra loro, sono interventi di cui rendere edotto il catasto.

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile in catasto

Inoltre l’interessato deve fare ad ogni cambio di destinazione d’uso dell’immobile stesso la variazione. Per esempio, se da un deposito si passa a unità abitativa, oppure da una abitazione si passa a negozio. Il proprietario di casa che ha ricevuto l’autorizzazione tramite Scia ad effettuare i lavori deve entro 30 giorni dal termine di questi lavori presentare al catasto la nuova planimetria. Chi non adempie rischia una sanzione che va da 1032 euro a 8264 euro.

Bonus facciate, come si compila il 730?

Come si compila il modello 730 per il bonus facciate? Per l’anno in corso la detrazione delle spese sostenute nel 2021 è pari al 90%. Per gli interventi a decorrere dal 1° gennaio 2022 è stata disposta la proroga dalla legge di Bilancio, ma con la riduzione della detrazione fiscale dal 90% al 60%. La compilazione del modello 730 segue righi diversi sulla base delle caratteristiche dei lavori eseguiti. Inoltre, è necessario distinguere il bonus facciate eco da quello non eco.

Bonus facciate eco, come si procede con la detrazione fiscale?

Per il bonus facciate eco, la detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi del 2022 è pari al 90%. Si tratta degli interventi che vanno oltre la sola tinteggiatura esterna dell’edificio o la sola pulitura. In questa tipologia di lavori rientrano anche quelli che influiscono sull’edificio dal punto di vista termico. O, in alternativa, che interessano più del 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda totale dell’immobile.

Quali righi del modello 730 sono interessati dal bonus facciate eco e non eco?

I righi interessati dal bonus facciate del modello 730 sono l’E 61 e l’E 62 relativi alla sezione IV. Si tratta, nel dettaglio, della sezione delle spese per i lavori includenti il risparmio energetico e il superbonus. Invece, i righi del bonus facciate non eco sono l’E 41, l’E42 e l’E 43, della terza sezione “A”. Si tratta, in questo caso, di lavori che si limitano alla parte esterna dell’edificio senza incidere sull’efficienza termica dell’edificio. E pertanto, vi rientrano i lavori per recuperare il patrimonio edilizio, per la riduzione del rischio sismico, per il bonus facciate e il superbonus.

Quale detrazione fiscale spetta per i lavori rientranti nel bonus facciate?

Le spese sostenute negli anni 2020 e 2021 e rientranti in lavori del bonus facciate beneficiano della detrazione fiscale Irpef e Ires lorda del 90%. I lavori devono essere stati effettuati nelle facciate esterne degli immobili situati nelle zone A o B secondo la classificazione del decreto numero 1444 del 2 aprile del 1968. Non vi sono limiti di spesa e il totale della detrazione deve essere beneficiata mediante quote annuali pari a dieci, di importo costante.

Come procedere con la detrazione fiscale del bonus facciate nella dichiarazione dei redditi?

Per la detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi del 2022, i contribuenti possono procedere con la prima rata di beneficio fiscale delle dieci previste purché:

  • la spesa effettuata nel 2021 sia stata pagata per intero mediante bonifico parlante;
  • non si tenga conto dello stato di avanzamento degli interventi alla data del 31 dicembre 2021;
  • le imprese invece devono tener conto dell’avanzamento dei lavori al 31 dicembre 2021 perché vige il principio di cassa;
  • il contribuente si assume i rischi della detrazione fiscale anticipata derivante da un possibile inadempimento da parte dell’azienda che svolge i lavori.

Detrazione fiscale del bonus facciate e sconto in fattura: come utilizzare il beneficio fiscale?

Fatte dunque queste premesse, il contribuente nel modello 730 del 2022, relativo all’anno di imposta del 2021, può detrarre nella dichiarazione dei redditi la corrispondente quota delle spese sostenute. Se, invece, il beneficio fiscale deriva dallo sconto in fattura applicato dall’impresa che esegue i lavori, il bonifico viene ridotto del 10% del totale dei lavori. Il restante 90%, dunque, non può essere detratto nella dichiarazione dei redditi perché il beneficio fiscale è stato trasferito dal contribuente all’impresa.

Come procedere con la compilazione del modello 730 per il bonus facciate?

La compilazione della dichiarazione dei redditi dei contribuenti e delle imprese per il bonus facciate eco e non eco, implica l’inserimento, nei rispettivi modelli 730 e Redditi, dei:

  • dati catastali che identificano l’edificio;
  • degli estremi dell’atto di detenzione dell’immobile nel caso in cui i lavori siano svolti a cura del detentore.

Se si tratta di bonus facciate eco, relativo a interventi che influiscono sull’efficienza termica dell’edificio o che interessano più del 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda totale dell’immobile, il contribuente non deve inserire i dati catastali. Lo stabilisce il paragrafo 4.1 della circolare dell’Agenzia delle entrate numero 2/E del 14 febbraio 2020.

 

Metodo prezzo-valore per calcolo dell’imposta di registro nell’acquisto di casa

Acquistare casa è il sogno di tanti italiani, ma ad essa sono collegati diversi oneri, non si tratta semplicemente di affrontare le spese per l’immobile, ma tutta una serie di oneri fiscali che vanno ad aumentare molto gli importi. Tra quelli particolarmente onerosi vi è l’imposta di registro. Questa può dare luogo a diverse situazioni dal punto di vista economico, ma soprattutto può essere calcolata partendo da due basi distinte, cioè il prezzo di vendita dell’immobile, oppure con il “metodo prezzo-valore“. Vedremo ora quali vantaggi può portare l’applicazione di questo metodo.

L’imposta di registro e i metodi di calcolo

L’imposta di registro è fissa, cioè 200 euro se si acquista l’immobile con regime IVA. Nel caso in cui la casa venga acquistata senza Iva, ipotesi prevalente (vedremo in seguito quando si può acquistare con Iva) l’imposta di registro è al 9% se l’acquisto avviene senza i benefici della prima casa e con imposta di registro al 2% se si tratta di acquisto di prima casa. In nessuno dei due casi l’imposta di registro può avere valore inferiore a 1.000 euro.

La base imponibile dell’imposta di registro può essere calcolata avendo come riferimento il prezzo dichiarato della vendita. In alternativa l’acquirente può scegliere, e deve rendere nota tale scelta al notaio, di calcolare l’imposta di registro avendo come riferimento per la base imponibile il risultato di una semplice operazione matematica, cioè il metodo “prezzo-valore”.

In questo caso si parte dal valore della rendita catastale, la stessa viene moltiplicata per 1,05. Tale risultato deve quindi essere moltiplicato per il coefficiente 120. Si ottiene quindi una base imponibile generalmente più bassa rispetto al prezzo di vendita. La formula è: (rendita catastale x 1,05) x 120.

Perché scegliere il “metodo prezzo-valore”? Vantaggi

La scelta di questo metodo comporta diversi vantaggi, infatti trattandosi di un sistema di calcolo che prende il via da una rendita determinata con le leggi previste nel settore e quindi verificata, successivamente non sono più effettuati controlli dall’Agenzia delle Entrate. Infatti quando la base imponibile è determinata con il prezzo di vendita l’Agenzia delel Entrate può effettuare successivi controlli volti a determinare se il prezzo dichiarato appare consono oppure le parti hanno indicato un prezzo inferiore con l’obiettivo di pagare minori imposte. L’Agenzia delle Entrate in questo caso non esegue neanche i controlli relativi all’Irpef.

Per chi sceglie di determinare l’imposta di registro scegliendo come base imponibile il metodo prezzo-valore vi è un ulteriore vantaggio, infatti la legge prevede una riduzione del 30% dell’onorario del notaio.

Quando può essere applicato il metodo “prezzo-valore”?

Il metodo prezzo valore per determinare l’imposta di registro al momento dell’acquisto della casa non può essere sempre applicato. L’acquirente può sceglierlo in caso di:

  • acquisto di un fabbricato ad uso abitativo (anche senza i requisiti per la prima casa);
  • l’acquisto viene effettuato da un privato (quindi da soggetto che non agisce nell’esercizio di un’attività commerciale, artistica o professionale);
  • l’acquirente richieda espressamente al notaio l’applicazione del sistema prezzo-valore;
  • sia comunque correttamente indicato l’effettivo prezzo della cessione dell’immobile.

Tali condizioni devono essere tutte presenti.

Il sistema prezzo-valore si può applicare anche all’acquisto di pertinenze e ciò anche nel caso in cui la pertinenza sia acquistata con atto separato. In questo caso è importante che la pertinenza abbia una rendita catastale propria e che nell’acquisto risulti il vincolo pertinenziale.

La scelta tra il metodo da applicare deve essere fatta considerando le varie ipotesi e facendosi aiutare da professionisti, infatti le modifiche che molto probabilmente saranno effettuate nei prossimi mesi al catasto, potrebbero generare un aumento delle rendite catastali e di conseguenza potrebbero aumentare i futuri importi da versare come imposta di registro per l’acquisto di un’abitazione.

Per capire cosa potrebbe cambiare con l’applicazione delle nuove regole, leggi l’articolo: Riforma del catasto: via libera alle nuove regole su adeguamento rendite

Ricordiamo, infine che l’imposta di registro è solo uno degli oneri, infatti devono essere versate l’imposta ipotecaria e catastale, imposta di bollo e oneri catastali vari.

E’ possibile trovare tutte le informazioni necessarie per l’acquisto della casa nella Guida per l’acquisto della casa

Nasce la Banca Dati Nazionale sull’Abusivismo Edilizio

Con il decreto 8 febbraio 2022 del ministero Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, pubblicato sulla GU di sabato 12 marzo, serie generale n. 60/2022, nasce la Banca Dati Nazionale sull’Abusivismo Edilizio, BDNAE.

Cos’è la Banca Dati Nazionale sull’Abusivismo Edilizio?

Il Ministro Enrico Giovannini nel presentare il progetto ha sottolineato che si tratta di uno strumento volto a reprimere l’abusivismo edilizio e a scoraggiare il perpetuarsi di tale reato che arreca notevole danno alla vivibilità delle città e all’ambiente. La Banca Dati Nazionale sull’Abusivismo Edilizio nasce con l’obiettivo di censire tutti gli immobili abusivi presenti sul territorio nazionale.

Inizialmente potranno inserire i dati solo i Comuni, ma l’obiettivo finale è creare un database a cui possono accedere tutti i soggetti coinvolti e possono alimentare la banca dati stessa. In futuro nel progetto saranno coinvolti ulteriori soggetti come il ministero per la Transizione Ecologica, il ministero della Giustizia, dell’Interno, della Cultura, Economia e Finanze, inoltre saranno coinvolti l’Agenzia delle Entrate e le Regioni.

Tra i soggetti che potranno inserire dati vi sono amministrazione e organi a qualunque titolo competenti in materia di abusivismo edilizio. Le informazioni potranno essere condivise attraverso il sistema informatico a cui ogni soggetto potrà accedere con le proprie credenziali e identità digitale.

Finalità della BDNAE

Le finalità previste sono:

  • tutelare il territorio e la sicurezza attraverso il censimento degli immobili abusivi;
  • rendere i dati disponibili alle amministrazioni competenti in materia di abusivismo edilizio;
  • integrare e omogeneizzare le informazioni;
  • avere un costante monitoraggio degli immobili abusivi censiti.

Le informazioni saranno rese disponibili a:

  • amministrazioni statali, regionali e comunali;
  • uffici giudiziari;
  • Anci;
  • organi ed enti a qualunque titolo competenti.

Passi successivi all’istituzione della banca Dati Nazionale sull’Abusivismo Edilizio

Il decreto stabilisce che con un successivo provvedimento amministrativo, adottato di concerto tra il Direttore generale per l’edilizia statale, le politiche abitative, la riqualificazione urbana e gli interventi speciali e il Direttore generale per la digitalizzazione, i sistemi informativi e statistici, siano determinate in modo specifico tutte le informazioni che devono essere inserite nel sistema informatico, in tale provvedimento devono essere indicati anche tutti i soggetti coinvolti, le modalità di accreditamento e di abilitazione dei singoli utenti afferenti agli organi competenti.

Il provvedimento amministrativo dovrà altresì contenere l’indicazione dei dati minimi che devono essere inseriti al fine di individuare un immobile abusivo, ad esempio comune, foglio, particella. Inoltre devono essere definiti i criteri per la validazione delle informazioni inserite. Il provvedimento dovrà definire anche i criteri per l’aggiornamento costante della Banca Dati Nazionale sull’abusivismo edilizio.

La gestione tecnica e informatica dei dati a tutela della privacy sarà affidata al Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibile che sarà quindi anche il titolare dei dati. L’utilizzo dei dati dovrà essere effettuato nel rispetto della normativa sulla privacy.

Deve essere infine sottolineato che, al fine di aiutare i Comuni nel contrasto all’abusivismo edilizio, viene stanziato un fondo di 15 milioni di euro destinato a sostenere i costi per l’abbattimento di edifici abusivi.

Questo provvedimento può essere considerato preliminare rispetto alla riforma del catasto che in questi mesi sta mettendo a dura prova la maggioranza di Governo.

Riforma del catasto: via libera alle nuove regole su adeguamento rendite.

Per un solo voto di scarto, la maggioranza in Commissione Finanze alla Camera approva la riforma del catasto, proprio questa maggioranza molto risicata fa capire come si tratti di un tema caldo che spacca la maggioranza, come in passato è già stato il per tetto all’uso del contante che ha addirittura visto il Governo andare sotto. Cerchiamo quindi di capire cosa cambia con le nuove regole.

Come funziona il Catasto

La riforma del Catasto è una delle più difficili da digerire, basti pensare che l’attuale sistema è in gran parte lo stesso delineato nel 1939 e che nel tempo è diventato obsoleto, o meglio, incapace di definire il vero valore del patrimonio immobiliare italiano

Il sistema del 1939 prevedeva due “elenchi”: il Catasto Terreni comprendente aree non edificate e il Catasto Edilizio Urbano comprendente invece i fabbricati industriali, civili e commerciali.  Il Catasto Edilizio Urbano poi nel 1993 è stato trasformato in Catasto dei Fabbricati. Il classamento di fatto si realizza tenendo in considerazione la tipologia di fabbricato  attraverso la qualificazione e classificazione del Comune in cui è ubicato e tenendo conto di vani, metri cubi e metri quadri e moltiplicando il valore per la tariffa di estimo.

La rendita attualmente si determina in base alla classificazione come fabbricato civile, signorile, popolare, ultrapopolare, economico, rurale, villini, ville, palazzi, uffici e abitazioni tipiche. L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha però rilevato che l’eccessiva ampiezza delle zone censuarie, unita a criteri di classamento obsoleti e all’eterogeneità del patrimonio immobiliare, fanno in modo che i valori rilevati siano molto distanti da quelli reali.

Le varie maggioranze hanno più volte proposto la riforma, ma di fatto non si è arrivati mai alla conclusione. Questa volta sembra che proprio non ci sia intenzione di tornare indietro.

Riforma del Catasto: cosa è successo in commissione Finanze il 3 marzo?

Il 3 marzo 2022 in Commissione Finanze, per un solo voto è stato bocciato l’emendamento volto a cancellare l’articolo 6 della legge di delega che ha come obiettivo la Riforma del Catasto. L’emendamento proposto da Forza Italia andava a minare la parte essenziale della Legge di delega fiscale, infatti proponeva di eliminare dalla stessa la mappatura dei dati catastali e la revisione delle rendite con criteri aggiornati, lasciando solo la parte della legge dedicata all’emersione dei fabbricati fantasma, o meglio abusivi. Il Governo è stato però irremovibile e ha sottolineato più volte che qualunque variazione alla norma sulla Riforma del Catasto avrebbe fatto saltare tutto in quanto la stessa è fondamentale al fine di ottenere i fondi del PNRR.

Questo implica che al centro della riforma fiscale che si sta scrivendo resterà proprio tale parte definita epocale, infatti la Sottosegretaria al MEF Maria Cecilia Guerra ha affermato che si tratta di uno dei punti fondamentali della legge delega per la riforma fiscale.

Cosa prevede la riforma del Catasto?

Il primo obiettivo della riforma del catasto è realizzare un piano di revisione del sistema catastale che consenta di rilevare i dati catastali in modo immediato e quindi possa far emergere i fabbricati abusivi. Il secondo passo sarà invece compiuto il 1° gennaio 2026 e prevede l’adeguamento delle rendite catastali ai valori di mercato e patrimoniali. Uno degli obiettivi della riforma è facilitare l’accesso ai dati da parte dell’Agenzia delle Entrate e dei Comuni attraverso la condivisione degli stessi.

La Legge di delega fiscale prevede anche che l’attualizzazione delle rendite avrà una sorta di eccezione per i fabbricati di interesse storico e artistico per i quali saranno previste riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario. Ciò in considerazione del fatto che per questa tipologia di immobili ci sono maggiori oneri legati alla manutenzione ordinaria e straordinaria.

Tali valori, una volta determinati, in base al comma 2 dell’articolo 6, dovranno essere periodicamente aggiornati, ma dalle premesse fatte tali dati non saranno comunque utilizzabili al fine di determinare la base imponibile per la tassazione e quindi non avrà rilevanza a fini fiscali. C’è però da dire che se essi saranno i dati disponibili al catasto, appare evidente che dovranno essere dichiarati nei tradizionali appuntamenti fiscali degli italiani.

Proprio questo è il punto più discusso della riforma, infatti il sospetto di molti, e in particolare della Lega, è che siano utilizzati come strumento per un aumento delle tasse.

 

Territorio Italia, la nuova rivista dell’Ade sul catasto

Territorio Italia è la nuova rivista dell’agenzia delle entrate in tema di Catasto. Un ulteriore passo avanti in tema di ammodernamento.

Territorio Italia, cos’è e perché nasce

Territorio Italia- Governo del territorio, catasto, mercato immobiliare è una rivista scientifica ope access pree-reviewed. E’ edita dall’Agenzia delle entrate. Tuttavia intende porsi come ponte tra la ricerca scientifica e gli universi della pubblica amministrazione e università. Ma il fine è sempre quello dell’ottica di ammodernare il nostro Paese.

Ebbene l’idea nasce nel 2011. Ma il progetto rientra nel processo di rinnovamento e internazionalizzazione della Rivista dell’Agenzia del Territorio- quadrimestrale di informazione tecnico-scientifica attiva già dal 2001. Da allora viene pubblicata in italiano che in inglese, promuove da sempre la ricerca del best practice a livello internazionale e internazionale.

Quali temi tratta la rivista?

I temi trattati dalla rivista sono molteplici, questo per evidenziare, attraverso la pubblicazione di contributi, il carattere innovativo e scientifico, e gli aggiornamenti nei seguenti ambiti disciplinari:

  • gestione del territorio
  • mercato immobiliare
  • analisi e previsione delle dinamiche immobiliari
  • catasto
  • gestione immobiliare
  • diritto immobiliare
  • etica immobiliare
  • pianificazione
  • gestione del rischio
  • rigenerazione e sviluppo
  • valutazione
  • osservatori del mercato immobiliare
  • economie territoriali
  • interoperabilità per le amministrazioni pubbliche
  • IT applicata al settore immobiliare
  • partnership pubblico-private
  • modelli di statistica spaziale
  • geostatistica e simulazione spaziale
  • sistemi di supporto alle decisioni.

Inoltre gli articoli sono selezioni da autori che non fanno parte del comitato scientifico. Infine la selezione avviene sulla base della coerenza gli con obiettivi editoriali della rivista, rilevanza e attualità dei temi trattati e dei risultati presentati.

Come accedere alla rivista Territorio Italia

Territorio Italia è presente nella Directory of Open Access Journals (DOAJ), che indicizza e garantisce l’accesso a riviste di elevata qualità, open access e peer-reviewed. Dunque la rivista è divisa in sezioni che contengono: documenti, la ricerca rapida e l’accesso a tutti gli articoli in modo diretto.

Inoltre è possibile pubblicare sulla rivista senza alcun costo da sostenere da parte degli autori. Anche se per sottoporre un articolo all’attenzione del Comitato scientifico è possibile inviare una e-mail a  ae.pubblicazionionline@agenziaentrate.it . Dunque l’articolo va consegnato finito, firmato insieme al documento di informativa sul trattamento dei dati personali. Infine anche questo modulo si trova sulla pagina dell’Agenzia delle entrate.

Come correggere i dati catastali di un immobile

Cosa fare quando per i propri immobili sono stati riscontrati degli errori? In altre parole, come correggere i dati catastali di un immobile? Vediamo allora qual è la procedura da seguire che, a seconda dei casi, può essere effettuata pure comodamente online. E quindi senza che sia necessario recarsi presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Così come ci sono, pur tuttavia, dei casi in corrispondenza dei quali la correzione online non è possibile. Vediamo allora come procedere caso per caso al fine di correggere i dati catastali di un immobile.

Come correggere i dati catastali di un immobile e quali canali si possono utilizzare per la correzione

Nel dettaglio, la correzione dei dati di un’immobile è un’operazione che porta ad aggiornare la banca dati del Catasto. Con la domanda di correzione che in linea generale si presenta presso gli uffici provinciali – Territorio dell’Agenzia delle Entrate. Ma in alcuni casi l’operazione è effettuabile pure tramite il servizio online ‘Contact center’ così come riporta il sito Internet istituzionale dell’Agenzia delle Entrate.

Quando i dati catastali di un immobile si possono correggere online

Nel dettaglio, per quel che riguarda i dati catastali, tramite il servizio online ‘Contact center’ dell’Agenzia delle Entrate è possibile correggere i seguenti errori: quelli sulla persona a cui è intestato l’immobile, quelli sui dati dell’immobile nonché quelle sulle segnalazioni di incoerenza. Nella fattispecie, la segnalazione di incoerenza per fabbricato rurale, e la segnalazione di incoerenza per fabbricato non dichiarato.

Quando invece i dati catastali di un immobile non si possono correggere online

Ci sono invece altri casi in corrispondenza dei quali i dati catastali non si possono correggere via web tramite il servizio online ‘Contact center’. E quindi in tal caso occorre necessariamente rivolgersi agli uffici provinciali dell’Agenzia delle Entrate che sono competenti per territorio.

Questo accade, nella fattispecie, per le istanze di revisione della rendita catastale, per le richieste di informazioni generiche, come quelle relative ai procedimenti ed agli indirizzi, e per i reclami per disservizi da parte degli uffici.

E lo stesso dicasi, riporta altresì il sito Internet dell’Agenzia delle Entrate, per le richieste di assistenza nell’utilizzo delle procedure informatiche, per i solleciti per la trattazione di atti presentati e non ancora evasi, e per le richieste di informazione sullo stato di avanzamento delle pratiche eccetto, in ogni caso, quelle che sono pervenute allo stesso contact center.

Il modello unico di istanza per la correzione dei dati catastali si può scaricare online

Il modello unico di istanza per la correzione dei dati catastali, da compilare e da presentare proprio agli uffici provinciali del Fisco, si può visionare e si può scaricare, in formato PDF, dal sito Internet dell’Agenzia delle Entrate. L’istanza si presenta in bollo con il tributo che, tra l’altro, si può versare pure tramite il modello F24 oppure con il pagamento a mezzo POS.

Acquisto fabbricato strumentale da privato o impresa con meno di 5 anni, quali tasse si pagano?

L’acquisto di un fabbricato strumentale comporta il pagamento di determinate tasse e imposte sia che l’acquisto avvenga da soggetto privato che da un’impresa costruttrice. In quest’ultimo caso è necessario distinguere se il fabbricato sia stato costruito da meno o da più di 5 anni. Per fabbricati strumentali si intendono quelli accatastati nella categoria catastale A/10 e nei gruppi catastali B, C, D ed E.

Comprare un fabbricato strumentale da un soggetto privato, quali tasse?

L’acquisto di un fabbricato strumentale da un soggetto privato non comporta il pagamento dell’Iva. Chiunque sia l’acquirente, è necessario pagare innanzitutto l’imposta di registro. L’aliquota, in questo caso, è del 9% come previsto dal primo periodo dell’articolo 1 del TP 1. Oltre all’imposta di registro, è necessario pagare anche quella ipotecaria. In questo caso, l’imposta è pari a 50 euro, ai sensi del comma 3 dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 23 del 14 marzo 2011.

Le imposte da pagare nel caso di acquisto di un fabbricato strumentale

In virtù della stessa norma, anche l’imposta catastale sull’acquisto da privati di un fabbricato strumentale comporta il pagamento di 50 euro. L’acquirente non deve pagare, invece, l’imposta di bollo e la tassa ipotecaria in quanto l’operazione ne è esente in entrambi i casi.

Acquisto di un fabbricato strumentale da una impresa costruttrice: quali tasse e imposte sono da pagare?

Nel caso in cui l’acquisto del fabbricato strumentale avvenga da un’impresa costruttrice, è necessario distinguere l’epoca di costruzione. Per i fabbricati costruiti meno di 5 anni prima dell’acquisto e comprati da qualsiasi soggetto a eccezione di un fondo immobiliare, sull’operazione si applica l’Iva del 22% ai sensi dell’articolo 10 numero 8 ter, articolo 16 punto 127 undecies, della Tabella A III, del decreto numero 633 del 1972.

Quando si applica l’aliquota Iva del 10% per la legge Tupini?

L’aliquota scende al 10% nel caso di edificio “Tupini”. Si tratta dell’applicazione dell’articolo 13 della legge numero 408 del 2 luglio 1949, cosiddetta “legge Tupini”, espressione dalla quale il gergo professionale deriva la qualificazione di “fabbricato Tupini” dell’edificio che presenti i criteri della legge stessa. La norma, in particolare, prende a riferimento le “case di abitazioni, anche se comprendono uffici e negozi, che non abbiano il carattere di abitazioni di lusso”.

Le agevolazioni fiscali sui fabbricati strumentali successive alla legge Tupini

Sui fabbricati strumentali, la stessa legge è stata soggetta a successive modifiche quali:

  • l’articolo 1 della legge numero 1493 del 6 ottobre 1962 che ha previsto che le “agevolazioni fiscali previste per le case di abitazioni non di lusso sono applicabili anche ai locali destinati a uffici e negozi quando, questi ultimi, sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra;
  • l’articolo unico della legge numero 1212 del 2 dicembre 1967 che ha disposto che le agevolazioni fiscali riportate nell’articolo 1 della legge 1493 devono intendersi applicabili anche ai locali destinati a uffici e negozi quando ai negozi sia destinata una superficie non eccedente il quarto di quella totale nei piani sopra terra.

Affinché siano concesse le agevolazioni fiscale è sufficiente che ricorrano, congiuntamente, le due seguenti condizioni:

  • che almeno il 50% più uno della superficie totale dei piani sopra terra sia destinata ad abitazione;
  • che non più del 25% della superficie totale dei piani sopra terra venga destinata ai negozi.

Quali altre imposte sono a carico di chi compra un fabbricato strumentale con meno di 5 anni?

Nel caso di fabbricato strumentale con meno di 5 anni acquistato da un soggetto qualsiasi dall’impresa costruttrice sono da pagarsi anche:

  • l’imposta di registro per 200 euro, ai sensi del comma 10 ter 1, dell’articolo 35 del decreto legge numero 223 del 4 luglio 2006, poi convertito nella legge numero 248 del 4 agosto 2006;
  • imposta ipotecaria del 3%, ai sensi della Nota all’articolo 1 bis della Tariffa allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • l’imposta catastale dell’1%, ai sensi del comma 1, dell’articolo 10, del decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990;
  • imposta di bollo di 230 euro, del comma 1 bis, numero 1) dell’articolo 1, della tariffa Allegata A al decreto del Presidente della Repubblica numero 642 del 26 ottobre 1972;
  • la tassa ipotecaria di 90 euro, ai sensi dei punti 1.1 e 1.2 dell’articolo 1, della Tabella delle Tasse ipotecarie allegata al decreto legislativo numero 347 del 31 ottobre 1990.

Tasse e imposte da pagare se l’acquirente è un fondo immobiliare

Nel caso di acquisto di un fabbricato dall’impresa costruttrice e l’acquirente è un fondo immobiliare, l’Iva da pagare è del 22%. L’aliquota scende al 10% nel caso si tratti di “edificio Tupini”. Le altre tasse da pagare consistono:

  • nell’imposta di registro per 200 euro;
  • l’imposta ipotecaria dell’1,5% con la riduzione dal 3% disposta dal comma 10 ter, dell’articolo 35, del decreto legge numero 233 del 4 luglio 2006;
  • nell’imposta catastale dello 0,5%, dimezzata dalla stessa legge precedente;
  • dall’imposta di bollo e dalla tassa ipotecaria rispettivamente di 230 euro e 90 euro.

Come scoprire se su un immobile o un terreno grava una servitù?

La servitù di passaggio è un diritto reale di godimento su beni altrui. Rispetto ad altri tipi di godimento dei beni altrui, ha comunque dei limiti, infatti il fondo servente non può essere utilizzato per la coltivazione o per costruire, ma solo per il passaggio.

Sintesi sulla servitù di passaggio

La servitù di passaggio è regolata dall’articolo 1027 del codice civile che dice: La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario. Prevede la presenza di due fondi: il fondo dominante che ha bisogno del passaggio e il fondo servente che è appunto utile al passaggio. Questo vincolo può essere stabilito volontariamente tra le parti, che si accordano e stabiliscono gli elementi del contratto, oppure in modo coattivo, quindi anche contro la volontà del proprietario del fondo servente che vede limitati i suoi diritti.

In base alla normativa, la servitù coattiva può essere costituita a favore di un soggetto che ha un fondo senza accesso alla via pubblica o con un accesso non utile allo scopo in quanto insufficiente o inutilizzabile. In questo caso viene riconosciuto il diritto di passaggio che però deve prevedere l’uso del tragitto più breve per l’accesso alla pubblica via e quindi con il minor sacrificio possibile per il proprietario del fondo servente. Il proprietario del fondo servente deve comunque essere remunerato, anche quando la servitù viene costituita in modo coattivo con sentenza. Una volta stabilita, coattivamente o volontariamente la servitù di passaggio, hanno diritto al passaggio non solo il titolare, ma anche tutti coloro che devono accedere al fondo, ad esempio ospiti del proprietario del fondo dominante, ecco perché è bene porre attenzione prima di concedere una servitù prediale.

Come scoprire se su un immobile grava una servitù di passaggio

Fatta questa premessa, è importante capire come scoprire se sul proprio fondo, su quello che si vuole acquisire oppure oggetto di eredità, c’è una servitù di passaggio. In concreto cosa può succedere, magari si è permesso per anni al proprio vicino per comodità di passare sul proprio terreno, ma ad un certo punto si vuole utilizzare quella porzione per propria utilità, ad esempio per un piccolo orto.

Il vicino obietta dicendo che in realtà su quella porzione lui ha una servitù di passaggio, oppure il terreno è stato ereditato e quando si entra nel fondo per coltivarlo, c’è il vicino che pretende la servitù di passaggio. A questo punto si può avere interesse a scoprire se effettivamente il vicino può vantare un diritto. Se sei sempre stato proprietario di quel terreno, dovresti ricordare se c’è stato un contratto con il vicino con cui hai costituito una servitù prediale oppure se c’è stata una sentenza che lo ha stabilito.

Servitù di passaggio acquisita per usucapione

Se il proprietario del fondo dominante dice di averlo acquisito per usucapione,  possiamo fin da ora dire che l’usucapione della servitù è possibile solo se la stessa è apparente (art.1061 del codice civile), cioè se vi sono delle opere visibili che lascino presupporre la stessa servitù di passaggio, ad esempio la creazione di una vera e propria strada che arriva fino al fondo dominante. Non solo, infatti la sentenza 5733 del 2011 della Corte di Cassazione stabilisce che tali opere devono essere presenti fin dal momento iniziale in cui si ritiene sia iniziato il possesso continuato e non violento del bene. In ogni caso anche l’usucapione della servitù di passaggio deve essere trascritta nei pubblici registri e deve attivarsi il proprietario del fondo dominante per farla trascrivere.

Per saperne di più su come evitare l’usucapione leggi la guida .

Il registro dei beni immobili

Se hai acquistato il bene rispetto a chi dice di avere una servitù di passaggio sei un terzo e per risolvere il dubbio puoi “interrogare” il registro immobiliare più conosciuto come catasto.  I beni immobili in Italia sono soggetti a iscrizione nel pubblico registro dei beni immobiliari detenuto da ogni Regione. I pubblici registri vanno a racchiudere quella che può essere considerata la storia dei beni stessi, quindi in essi sono iscritti gli acquisti del beni immobili per compravendita, a titolo originario, per donazione o per successione mortis causa. Inoltre devono essere iscritti tutti gli atti inerenti il bene stesso, ad esempio un’ipoteca, privilegi agrari e speciali.

Ciò implica che chi detiene un atto, ad esempio una contratto per la costituzione di una servitù di passaggio, oppure una sentenza, deve farla trascrivere sul registro, solo in questo modo può essere opposta ai terzi. Di conseguenza i terzi possono tranquillamente andare al catasto e verificare i pesi gravanti sull’immobile, senza particolari formalità,  prima dell’acquisto, o in seguito a pretese da parte del vicino.

Servitù di passaggio non citata nel contratto

Nel caso in cui tu abbia acquistato il bene, devi sapere che il venditore ha l’obbligo di informare il compratore prima dell’acquisto dei diritti altrui gravanti sul fondo. Nel caso in cui non lo abbia fatto, puoi chiedere la risoluzione del contratto di compravendita dell’immobile e il risarcimento del danno. Il principio generale dice che la servitù di passaggio è un “diritto ambulatoriale” cioè segue il bene, quindi se il terreno su cui vi è la servitù di passaggio viene venduto, la servitù segue il bene, ma l’eventuale acquirente non consapevole viene tutelato, quindi:

  • deve risultare trascritta la servitù di passaggio;
  • oppure deve esser menzionata in modo esplicita nel contratto di compravendita.

Se nessuna delle due ipotesi si verifica, l’acquirente che non poteva sapere, riceve tutela chiedendo la risoluzione del contratto.

Il principio di ambulatorietà della servitù è valido anche nel caso in cui sia il proprietario del fondo dominante a cedere l’immobile, in questo caso il nuovo proprietario “acquista” anche la servitù di passaggio.

Il caso

Nel caso concreto, io decido di acquistare un terreno in una zona urbana e voglio usare lo stesso per costruire una casa, inizio i lavori e arriva il vicino che mi dice che non posso usare una porzione di quel terreno perché lui ha la servitù di passaggio, ma nel contratto non c’era menzione di questo diritto altrui. E’ ovvio che se io compro il terreno con lo scopo di costruirci la mia casa e poi non posso farlo perché un terzo vanta dei diritti, io debba essere tutelato, soprattutto nel caso in cui il precedente proprietario non ha provveduto alla registrazione del contratto che costituisce la servitù oppure della sentenza. Infatti se avesse provveduto alla trascrizione dell’atto nei pubblici registri, il notaio prima di redigere l’atto di compravendita avrebbe capito dal controllo degli atti che sullo stesso insisteva un diritto altrui.

In sintesi: per capire se su un immobile esiste una servitù di passaggio è necessario controllare presso il registro degli immobili se risulta la trascrizione di tale atto, oppure se ne fa menzione il contratto/atto (ad esempio contratto di compravendita o testamento) che ha ad oggetto il bene. Se non risulta, è possibile opporsi alle pretese altrui. Se il soggetto titolare del fondo dominante comunque dimostra di avere la servitù ( sebbene non ci sia menzione di ciò nel contratto e non risulti dai pubblici registri), l’acquirente può chiedere la risoluzione del contratto di compravendita e il risarcimento dei danni.

Nulla di fatto per la riforma del Catasto

Si aspettava il via libera definitivo e, invece, la procedura è stata insabbiata.
La riforma del Catasto, che sembrava ormai cosa certa, ha subìto un brusco arresto e, ad oggi, non si hanno notizie né date entro cui verrà finalmente portata a termine.

Il motivo è molto chiaro: la riforma degli estimi catastali su cui tutto si basava, si sarebbe dovuta compiere mantenendo inalterato il gettito fiscale, quindi senza aumento alcuno delle tasse sugli immobili.
Poiché, invece, questo non sembrava possibile, e considerando che le tasse che pesano sul mercato immobiliare sono già pesanti, è stato mandato tutto all’aria, in attesa di tempi più propizi.

In realtà, la notizia non è del tutto nuova, perché gli addetti ai lavori, ovvero gli operatori del settore immobiliare, avevano già sostenuto l’impossibilità dell’invarianza fiscale una volta modificato il calcolo degli estimi.

A persuadere l’esecutivo sono state le simulazioni effettuate dall’Agenzia delle Entrate che, nei giorni scorsi, ha presentato a Matteo Renzi e ai suoi ministri un resoconto dettagliato di ciò che, in termini numerici, avrebbe significato riformare il Catasto nei modi previsti e dichiarati fino a pochi giorni fa.

È dunque questo il motivo che ha fatto sparire dall’ordine del giorno del consiglio dei ministri del 23 giugno 2015 la discussione del decreto attuativo che riguardava la delega fiscale in materia di immobili. Per adesso, quando mancano pochissimi giorni alla scadenza della delega, pare che la discussione venga rimandata a settembre, anche se in pochi credono che dopo l’estate si riuscirà a trovare una soluzione valida a mantenere inalterata la pressione fiscale sugli immobili.

Vera MORETTI