Benevento: picchia la vicina e la chiude al cimitero

 

Aggredita, picchiata selvaggiamente con un bastone e poi rinchiusa agonizzante nella cappella di famiglia del cimitero. E’ quello che è accaduto ad un’insegnante in pensione di 67 anni di Benevento, che si era recata al camposanto per far visita ai propri cari defunti.

All’improvviso la donna viene raggiunta alle spalle da alcuni colpi di bastone inferti da un 83enne di Castelvetere, un vicino di casa della donna con il quale era in lite per questioni di proprietà. Dopo averla tramortita, l’uomo l’ha rinchiusa nella cappella di famiglia ed è fuggito.

Ad avvertire i carabinieri è stato il custode del cimitero che ha ritrovato per primo la donna agonizzante con ferite alla testa ed il volto interamente coperto di sangue. L’83 enne è stato subito ritrovato e arrestato nel pronto soccorso dell’ospedale di Sant’ Agata dè Goti, dove si era recato per una cefalea e un dolore toracico.  Dopo la confessione dell’aggressione, l’uomo è stato subito trasferito nel carcere di Benevento.

Alla donna è stata diagnosticata una lesione alla regione frontale ed occipitale con una prognosi di 30 giorni.

Treviso: scheletro di donna davanti alla Chiesa

 

Uno scheletro femminile, attribuibile ad una donna non ancora adulta, alta circa 1,65 metri, è stato ritrovato durante gli scavi per la sistemazione del sagrato della chiesa di San Tomaso Apostolo a Colle Umberto, in provincia di Treviso.

Gli archeologi hanno rinvenuto, a pochi centimetri sotto la pavimentazione del sagrato, una sepoltura femminile sostanzialmente intatta. Il corpo era stato deposto supinamente, con la testa volta a ovest e delimitato da una cornice pietre. Accanto allo scheletro un paio di orecchini di bronzo, in segno di omaggio.

Non è ancora stato possibile stabilire la causa della morte della giovane, occorrerà infatti attendere l’esito degli esami scientifici sullo scheletro che permetteranno anche di stabilire una data presunta della morte.

Grazie agli scavi, gli esperti di archeologia hanno potuto stabilire che, nei secoli successivi all’anno Mille, il cimitero che un tempo giaceva in prossimità della Basilica, è stato dismesso e soppiantato da un diverso tipo di insediamento, forse un villaggio con edifici di abitazione.

Passeggiata con il morto a Treviso

 

Una bara, contenente un feretro, è stata rinvenuta lungo la strada che conduce al cimitero di Crocetta del Montello, in provincia di Treviso, da un passante. L’uomo, durante la sua consueta passeggiata mattutina, ha notato uno strano ‘suppellettile’ appoggiato al muro della parete del perimetro del camposanto.

Incuriosito, si è avvicinato per capire di che cosa si trattasse, quando all’improvviso è sopraggiunta la macabra scoperta: si trattata di una bara, logorata dal tempo e in pessimo stato di conservazione, all’interno della quale si intravedeva un abito nero da uomo e alcuni resti di ossa, in particolare di una clavicola e di una scapola, come ha stabilito poi la perizia medica.

Il passante ha subito dato l’allarme ai custodi del campo santo e in pochi minuti i carabinieri di Montebelluna e il necroforo sono accorsi sul posto: una prima indagine ha escluso che si possa trattare di una bara trafugata dal cimitero, in quanto ‘nessuno manca all’appello’, mentre l’indagine autoptica sui resti rinvenuti avrebbe collocato la morte dell’uomo, e quindi la sua sepoltura, ai primi anni ’60. Quando si dice ‘weekend (oops passeggiata!) con il morto’.

I morti che fan vivere l’economia

di Davide PASSONI

Forse a qualcuno può essere sembrata insolita la scelta di trattare, in questa settimana a cavallo tra ottobre e novembre, un tema come quello delle imprese funebri in Italia. In realtà, noi di Infoiva ci stavamo pensando da mesi aspettavamo solo che arrivasse l’occasione della settimana dei defunti per poter puntare il nostro faro su un settore che, nel nostro Paese, al di là delle facili ironie e dei sorrisini che molti fanno per esorcizzare il pensiero della morte, conta su numeri, addetti, imprese di tutto rispetto.

Se si pensa che, annualmente, muore in Italia più o meno mezzo milione di persone, viene facile immaginare quanto questa cifra significhi in termini di necessità da soddisfare, servizi da erogare, fatturato, giro di affari complessivo. E se si pensa come questo sia un settore fortemente caratterizzato dalla presenza di piccole imprese, viene altrettanto facile capire perché abbiamo deciso di indagarlo più a fondo con l’occhio di chi guarda all’impresa sana, quale che sia il suo modello di business. Ricordando però, ogni tanto, che sdrammatizzare fa bene…

Leggi l’intervista ad Alessandro Bosi, segretario nazionale Feniof

Leggi l’intervista a Franco Cereda, Presidente dell’Associazione dei Grossisti del Mercato dei Fiori di Milano

Leggi l’intervista a Daniele Contessi, 46 anni, presidente del cda di Outlet del Funerale

Leggi l’intervista a Marco Ghirardotti, presidente di Assocofani

Leggi i numeri del turismo in questo ponte di Ognissanti

Si fa presto a dire bara…

di Davide PASSONI

Lo sapevate che, in Italia, ci sono circa 50 aziende che fabbricano cofani funebri, mentre in Germania solo 2? Che i cinesi ci fanno concorrenza anche in questo settore? Che per ogni bara artigianale servono 25-30 ore di lavoro? Noi no. Ce lo ha raccontato Marco Ghirardotti, presidente di Assocofani, l’associazione dei produttori di cofani funebri.

Che cifre muove il settore dei cofani funebri in Italia in termini di fatturato, addetti, imprese?
Per quanto riguarda i dati specifici relativi alla fabbricazione di cofani funebri, non abbiamo cifre esatte, perché non c’è una banca dati vera e propria. Per quanto riguarda invece i produttori, se a fine Anni ’80 in Italia c’erano circa 240 aziende, oggi se ne contano meno di una 50ina, di cui circa 30 molto piccole e a gestione familiare, dislocate principalmente al Sud. Il 45% del mercato di produzione è attualmente coperto dalle aziende più strutturate, che sono 5 e, come numeri, producono tra i 20mila e i 50mila pezzi all’anno ognuna.

Un numero che copre il fabbisogno nazionale?
I decessi che comunque avvengono annualmente in Italia (fonte Istat) sono nell’ ordine dei 500-550mila con uno scostamento in positivo o in negativo all’incirca del 10% annuo nel corso dell’ultimo decennio, quindi il fabbisogno annuo nazionale si attesta sugli stessi numeri.

E le aziende, come lavorano in questo contesto?
Con un occhio attento a quello che succede in giro. Per esempio, a breve sarà emanata una norma UNI che stabilirà come dovranno essere prodotte le casse funebri in legno: anticipo che la norma ribadirà l’utilizzo esclusivo di legni massicci (come già la legge Italiana in materia prevede), niente multistrato, truciolare e affini, ma con un occhio attento anche all’ambiente ed all’ecologia. Quindi chi ha sempre sognato una bara di cristallo, dovrà rassegnarsi : bella, ma non sarà a norma. Per il resto il prodotto italiano, così come avviene per altri settori, è contraddistinto per la sua qualità e il suo design unico al mondo ed è internazionalmente riconosciuto.

Concorrenza dall’estero?
Con la globalizzazione anche questo settore ha visto l’ingresso di nuovi soggetti produttivi esteri.  Infatti quasi la metà dei prodotti che sono presenti  oggi sul mercato italiano e che vengono utilizzati dalle imprese di pompe funebri italiane provengono da Paesi come Cina, Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Guatemala. Sono prodotti di qualità molto inferiore rispetto alla nostra  ma chi li commercializza , poiché attualmente non esiste l’obbligo di certificarne e dichiarane la provenienza, spesso li propone senza le dovute indicazioni o, peggio ancora, li spaccia per italiani.

Ah, la globalizzazione anche qui…
La concorrenza è forte e la lotta spesso impari, soprattutto per quanto riguarda il prezzo. In questo campo la manualità è ancora molto presente  e determinante sulla qualità della lavorazione e di conseguenza la componente prezzo della manodopera varia notevolmente in funzione di ciò; i costi orari dei Paesi emergenti non sono minimamente paragonabili a quelli che invece devono sostenere le aziende Italiane. Per non parlare poi dei costi inerenti alla sicurezza del lavoro e per l’ambiente, tasse etc…

Italians do it better anche in questo caso?
Naturalmente!! Il cofano di Luciano Pavarotti, quello di Lucio Dalla e anche quello dell’ ex presidente russo Eltsin sono usciti dalle nostre aziende. Per combattere la concorrenza estera ci dobbiamo posizionare sul mercato con prodotti medio – alti, offrendo alle imprese un mix di design-qualità e innovazione a un prezzo conveniente.  Nota dolente però è che in controtendenza stiamo assistendo a un abbassamento generale del livello della “gestione” del defunto, dovuta principalmente e sempre più spesso al depauperamento dei valori morali che hanno contraddistinto le generazioni che ci hanno preceduto. In pratica, ci sono meno attenzione e sensibilità da parte dei dolenti nei confronti dei propri cari passati a miglior vita. Non per ultima la cremazione, nata come una scelta filosofica della morte, e che sta diventando sempre più spesso invece quasi una forma di smaltimento del cadavere.

Curiosità: quanto lavoro c’è dietro a un cofano funebre?
Se pensiamo a cofani prodotti secondo processi industriali, per ciascuno di essi servono minimo 9-10 ore di lavoro effettivo, che possono diventare 25-30 o anche più per quelli prodotti con processi artigianali. Non va dimenticato però che a monte di ciò c’è la materia prima: il legno. Per poter produrre un cofano serve una preparazione meticolosa del materiale che deve essere innanzitutto perfettamente stagionato. Questa operazione indispensabile per la perfetta riuscita del manufatto, può iniziare anche 2 anni prima della prima piallatura della tavole necessarie alla realizzazione della cassa.

Allora chi dice che sono solo di quattro assi inchiodate, valore commerciale massimo 400 euro, sbaglia?
Se fossero realmente quattro assi inchiodate lo direi anch’io. Le faccio un esempio. Per la cassa funebre utilizzata per le esequie del cardinal Martini, (realizzata da una azienda  associata Assocofani e fra le più quotate al mondo), la componente del puro materiale utilizzato superava ampiamente, a mio parere, i 1000-1500 euro; se a questi aggiungiamo le oltre e 80 ore di lavoro artigianale per la realizzazione della stessa, lascio immaginare ai lettori quale possa essere il prezzo giusto per tale prodotto, sicuramente non il prezzo delle quattro assi inchiodate.

C’è export per i cofani funebri italiani?
Sì, esportiamo all’estero, ma dobbiamo andare su mercati remunerativi. Già ad esempio tutti i mercati ricchi ma di fede musulmana sono tagliati fuori, visto che non utilizzano le bare ma sudari. C’è la Russia, per esempio, gli Usa, ed esportiamo molto in Germania e in Svizzera, dove però il cliente tipo dei nostri prodotti, spesso è una famiglia di emigranti italiani. Pensi che in Germania ci sono più decessi dei nostri ma sono solo 2 produttori.

Quanto pesano sul vostro settore le strette fiscali operate sulle imprese?
Che dire, siamo tutti nella stessa barca (o nella stessa bara? ndr). Del resto, fino a 4 o 5 anni fa veniva riscontrata nel settore una bassa insolvenza nei pagamenti, mentre oggi sono in aumento anche per noi. Imprese che negli anni scorsi hanno sostenuto grossi investimenti, oggi possono trovare non poche difficoltà a marginare come un tempo, fermo restando che i mutui a loro tempo sottoscritti devono essere onorati e questo spesso può comportare conseguenti difficoltà economiche.

Si dice sempre che il vostro è un settore che non conosce crisi: quanto c’è di vero e quanto no?
Come tutti i luoghi comuni è… un luogo comune. Negli ultimi anni sono sorte molte nuove imprese di onoranze funebri che oggi che si trovano a dividere il mercato il quale, grosso modo, è sempre la stesso (penso sia il settore più contingentato che esista!). Le quote quindi diventano più piccole e, di conseguenza, chi è poco strutturato o che gode di quote minori, soffre di più.

Crisantemo, ma quanto mi costi?

 

Si avvicina la ricorrenza di Ognissanti e come ogni anno, il 2 Novembre è il giorno dedicato al pellegrinaggio nei cimiteri cittadini per rendere omaggio ai propri defunti. E come ogni anno, cresce la polemica sui prezzi dei crisantemi, sempre troppo cari. Ma le cose stanno davvero così?

Infoiva ha intervistato Franco Cereda, Presidente dell’Associazione dei grossisti del Mercato dei Fiori di Milano. Stando a quanto rilevato dall’ultima indagine condotta da Ismea sul mercato dei prodotti florovivaistici in Italia, a giugno 2012, il 51,6% degli italiani (contro il 43,6% del 2011) acquista fiori per portarli al cimitero regolarmente, mentre la fetta di mercato destinata alle cerimonie funebri copre il 2,3% del fatturato totale (contro il 3,6% del 2011). Se si passa invece all’analisi delle piante la percentuale scende al 7,2% per abbellire le tombe dei propri cari, e allo 0,8% in occasione dei funerali.

Questa settimana si celebra la ricorrenza di Ognissanti e del 2 novembre. In media, di quanto aumenta il vostro fatturato in questa occasione? In percentuale, quando si vende di più?
Ci aspettavamo un aumento significativo il weekend appena trascorso, ma a causa del cattivo tempo gli affari non sono andati secondo le previsioni, anzi il fatturato è diminuito. E’ difficile fare una stima, in teoria nella giornata del primo novembre il fatturato generalmente raddoppia, ma complice la crisi quest’anno le previsioni non sono rosee. Ma soprattutto si tratta di un’attività legata al tempo: se, come previsto, le temperature scenderanno e la pioggia continuerà, il timore è che le vendite subiscano un calo anche in occasione del Ponte di Ognissanti.

Quest’anno il Mercato dei Fiori di Milano resterà aperto anche il primo Novembre? Come mai?
Perché abbiamo bisogno di vendere e di offrire un servizio maggiore ai nostri clienti. Aumenteranno i costi ma c’è bisogno di fare fatturato. Visto che molte gente non ha acquistato lo scorso weekend, si spera che acquistino in occasione della festività.

Ogni anno in questo periodo cresce la polemica riguardante i prezzi dei crisantemi, e in generale dei fiori. Complice la crisi, quest’anno si pagheranno di meno?
Quest’anno le vendite dei crisantemi sono scese del 50%, quindi costeranno meno. E’ difficile fare una stima percentuale, perché chiaramente il prezzo scende in misura diversa in base alla varietà e alle dimensioni dei fiori: diciamo che si va dal -20% al -50% rispetto al 2011. Occorre poi tener conto del fatto che una volta si acquistavano crisantemi di grandi dimensioni, mentre oggi, complice la realizzazione di tombe e lapidi sempre più piccole, si comprano in occasione di Ognissanti fiori e composizioni sempre più piccole.

Nell’ultimo anno, complice la contrazione dei consumi in Italia, il vostro business ha subito un brusco calo?
Sicuramente le vendite si sono contratte in media del 20- 30 %, anche di più, soprattutto per quanto riguarda la vendita al dettaglio. La crisi si è fatta molto sentire, molti negozi sono stati costretti a chiudere.

Sul totale del fatturato annuo generato dal mercato florovivaistico italiano, riuscirebbe a fare una stima della percentuale dell’indotto generato dalla parte funeraria?
Le opere funarie vengono gestite da società specializzate che si occupano principalmente di cerimonie funebri. Una volta per realizzare le corone ci si rivolgeva al fioraio, oggi non più o si tratta comunque di un business molto limitato perché viene delegato quasi tutto all’agenzia di pompe funebri. Le agenzie a loro volta si rivolgono a grossisti e produttori di fiori, ma è difficile fare una stima: la fetta di mercato destinata alle opere funerarie varia da caso a caso, dall’1% al 20%, perché ogni commerciante ha il suo prodotto con una destinazione d’uso differente. Ogni anno l’Ismea elabora delle stime su base regionale, è il dato più affidabile.

Imprese funebri tra crisi e tradizione

di Davide PASSONI

Sono gli imprenditori con cui non vorremmo mai avere a che fare, ma prima o poi ci tocca. Buon per loro, altrimenti fallirebbero dopo una settimana dall’apertura della loro attività. Parliamo delle imprese che operano nelle onoranze funebri, un settore che fattura quasi 1 miliardo e mezzo all’anno e che, agli occhi dei più, non ha le dimensioni e l’importanza in termini di giro d’affari che, invece, riveste. Noi di Infoiva, curiosi per natura e “ispirati” dalla settimana che porta alla celebrazione della festa dei defunti, abbiamo posto qualche domanda ad Alessandro Bosi, 42 anni segretario nazionale Feniof, la Federazione Nazionale Imprese Onoranze Funebri, per saperne di più.

Qual è lo stato di salute del vostro settore?
Lo stato di salute del nostro settore sconta una problematica. Se è vero che la morte è un evento sociale cui non ci si può sottrarre – pur con alcune variazioni, ogni anno i decessi in Italia sono circa 560mila – quello che cambia, specialmente sulla spinta della crisi, è l’orientamento crescente da parte del cittadino a chiedere forniture e servizi più economici, che significa spesso di minor livello qualitativo. In questo senso, anche l’incremento del ricorso alla cremazione gioca un ruolo importante e comporta, per esempio, la scelta di bare più economiche: che differenza c’è tra una bara che viene bruciata subito e una che, esumata dopo 20 anni, è
completamente sfatta? Scelgo quella che cosa meno. Insomma, cambia l’evidenza pubblica dell’onoranza, ci si orienta verso uno “smaltimento” del defunto più che verso un commiato. Un segno dei tempi.

Tempi di crisi?
Tempi in cui si scelgono funerali più economici e si registra un crescente problema nei pagamenti da parte delle famiglie.

Onoranze funebri in Italia: di che giro d’affari parliamo?
Se si considera il costo medio di un funerale intorno ai 2700 euro, sulla base di 540mila servizi utili svolti durante un anno si arriva più o meno al miliardo e 350 milioni. Resta escluso un indotto su cui l’impresa funebre non ha incidenza e che è pari a 2 miliardi e 800mila euro.

Sarebbe?
Parliamo di budget riferito a interventi di ambito cimiteriale: 1 milione e 300mila euro per marmi e monumenti funebri, 1 milione e 100mila euro per vari diritti comunali e/o sanitari, 400mila euro per l’intervento di fioristi, giardinieri, manutentori ecc.

All’inizio parlava di aumento del ricorso alla cremazione: che cosa comporta?
La cremazione abbassa non in costi del funerale ma del decesso: affidando l’urna ai familiari o disperdendo le ceneri, si evita il pagamento della concessione del loculo cimiterale. Anche se alcune città sono passate da chiedere 0 euro per la creazione a chiederne tra 400 e 500, in base a quella che è una tariffa ministeriale. Questo per evitare fenomeni di lucro sul processo di cremazione.

Funerali low cost: chi li organizza dice che sono paragonabili ai funerali più cari in termini di qualità e servizio. Ha ragione?
Sarò di parte, ma penso di no. Io paragono il servizio funebre alle auto; posso viaggiare da Roma a Milano su una 500 o su una Maybach: a Milano ci arrivo in entrambi i casi, ma secondo lei è paragonabile la qualità del viaggio? Le differenze ci sono eccome. Oggi chi vende un servizio funebre “classico” lo fa perché il cliente ne apprezza la qualità e l'”abbraccio” che ne deriva. L’imprenditore fa una scelta: non essere un trasportatore di defunti ma un erogatore di servizi collaterali che poi, naturalmente, incidono sulla fattura ma anche sulla qualità.

Vabbè, non mi dica che nessuno fa il furbo…
Certo, ricarichi più o meno giustificati ci possono essere, così come ci sono soggetti meno o più virtuosi. Ma, mi creda, un funerale da 2mila euro non è offre un servizio comparabile a quello da 8mila.

C’è chi accusa le imprese di onoranze funebri di fare tra loro cartello nelle varie città. Che cosa risponde?
Che non è assolutamente vero, al di là di quella che è percezione dell’opinione pubblica. Il settore è partecipato da un numero di operatori che è raddoppiato negli ultimi anni, ora siamo circa 6mila; tra questi c’è sicuramente gente “aggressiva”, la concorrenza è tanta e non c’è un tavolo di concertazione per stabilire tariffe unitarie. E questo per il cliente è un bene. Il mio consiglio è quello di chiedere sempre il preventivo a diverse imprese e paragonarli a parità di servizi, prima di effettuare una scelta. Tutti sono capaci di dire “Ti vendo un funerale a 1200 euro”; poi però la fattura è più alta perché comprende voci accessorie non specificate.
La trasparenza è a tutela degli imprenditori virtuosi.

E il fenomeno delle imprese funebri che si presentano in anticipo alle famiglie del moribondo o che, negli ospedali, si propongono per gestire le esequie?
Lancio un avvertimento ai cittadini: diffidate di chi, negli ospedali, si propone autonomamente per gestire il servizio funebre. Si tratta di una pratica illegale, truffaldina: non ci sono convenzioni né accordi esclusivi con alcun ospedale in Italia, chi propone il contrario è un delinquente.

Si dice sempre che il vostro è un settore che non conosce crisi: quanto c’è di vero e quanto no?
Si tratta di una frase che vacilla: i problemi di pagamento da parte dei cittadini ci sono. E ci sono anche imprenditori che, nel tempo, hanno fatto investimenti importanti che devono essere ammortizzati in un mercato che, oggi, pare prediligere lo “smaltimento” del morto più che l’onoranza funebre. Un fenomeno che si nota più nelle grandi città, mentre nei paesi è ancora sentita l’importanza del commiato. Un fenomeno che mette in difficoltà un imprenditore, se non riesce a marginare a dovere.