Commercialisti, quali contributi spettano a supporto dell’attività professionale?

La Cassa Dottori Commerciali (Cndcec) mette a disposizione dei liberi professionisti iscritti quattro tipologie di contributi a sostegno dell’attività professionale. A sostegno dei commercialisti, infatti, la Cassa ha aperto nuovi bandi per l’aggregazione, per l’acquisto di beni strumentali all’attività, per la formazione e per usufruire di finanziamenti agevolati.

Commercialisti, quali sono i bandi a sostegno di liberi professionisti?

A sostegno dei commercialisti, la Cassa ha aperto quattro bandi per:

  • il supporto all’attività professionali nelle fasi aggregative;
  • la sottoscrizione di finanziamenti a sostegno dell’attività professionale;
  • l’acquisto o il leasing finanziario di beni e servizi connessi allo svolgimento dell’attività professionale;
  • la formazione e l’acquisizione di nuove competenze.

Commercialisti, bando per il supporto all’attività professionale e l’aggregazione tra professionisti

A supporto dell’attività professionale e dell’aggregazione, i commercialisti hanno la possibilità di partecipare al bando del valore di 500 mila euro per l’erogazione di contributi assistenziali. L’obiettivo è quello di favorire durante l’anno le aggregazioni tra i professionisti. Nel dettaglio, il bando finanzia le aggregazioni nelle formule di studi associati o di società tra professionisti (Stp). Ammessi ai finanziamenti sono i Dottori commercialisti iscritti alla Cassa al 31 dicembre 2022 che non siano titolari di pensione diretta (rientrano tra i beneficiari i percettori di pensione di invalidità).

Quanto spetta ai commercialisti come contributo per l’aggregazione e come presentare domanda

Il contributo spettante ai commercialisti per le formule di aggregazioni di studi associati e di società tra professionisti (Stp) sono pari a 2.500 euro per ciascun singolo richiedente. Se il totale dei contributi dello studio associato supera i 10 mila euro, il sostegno viene proporzionalmente ridotto. Nel caso di raggruppamento temporaneo di professionisti (Rtp), il contributo è pari a 1.000 euro con un limite massimo fissato a 5 mila euro. La domanda deve essere presentata attraverso il “Servizio online Csp“. L’apertura delle domande è previsto a partire dal 1° dicembre 2022 con termine ultimo fissato al 15 marzo 2023.

Bando per ottenere contributi a fondo perduto per finanziamenti a sostegno dell’attività di commercialista: cosa si può acquistare?

Il secondo bando, per 500 mila euro, prevede contributi a fondo perduto sui finanziamenti stipulati per gli acquisti connessi all’attività professionale dei commercialisti. Si tratta di supporti per la sottoscrizione di finanziamenti dal 1° dicembre a 31 dicembre 2022. Gli acquisti devono essere strettamente connessi all’attività professionale. Pertanto, non sono finanziabili:

  • gli acquisti di beni immobili o di beni non strettamente connessi allo svolgimento dell’attività professionale;
  • l’acquisto di mezzi di trasporto;
  • i finanziamenti i cui importi siano inferiori a 10 mila euro o di durata inferiore a 12 mesi;
  • la stipulazione di finanziamenti ottenuti prima del 1° dicembre 2022.

Ecco i requisiti per la richiesta di finanziamenti della Cassa commercialisti

I requisiti previsti dal bando per i finanziamenti ai commercialisti prevedono l’iscrizione alla Cndcec alla data del 31 dicembre 2022. Non sono previsti finanziamenti ai titolari di pensione diretta. La Cassa partecipa con un contributo di 500 euro per un finanziamento minimo di 10 mila euro. Per finanziamenti eccedenti i 10 mila euro, il contributo viene aumentato dell’1% della quota finanziata. Il limite massimo del finanziamento è pari a 30 mila euro. Si può presentare domanda a decorrere dal 1° febbraio 2023 fino al 2 maggio 2023 utilizzando il “Servizio online Csp”.

Bando Cassa commercialisti per acquistare o prendere in leasing beni e servizi connessi all’attività

Il terzo bando, di complessivi 1,5 milioni di euro, è messo a disposizione dalla Cndcec per acquistare o prendere in leasing beni e servizi connessi all’attività dei commercialisti. I contributi per gli iscritti alla data del 31 dicembre 2022, anche in forma associata, prevedono i seguenti acquisti:

  • hardware, con esclusione dei cellulari;
  • abbonamenti e licenze di software connessi all’attività, compresi quelli per conservare, gestire e proteggere i dati;
  • i mobili da ufficio.

Oltre all’iscrizione, tra i requisiti è necessario godere dell’agevolazione contributiva prevista dai commi 5 e 6, dell’articolo 8, del Regolamento unitario.

Contributi a fondo perduto ai commercialisti per gli acquisti di beni e servizi: quanto spetta?

Il contributo a fondo perduto massimo ottenibile è pari al 50% delle spese ammissibili sostenute durante l’anno 2022. Nel caso di studi associati e società tra professionisti (Stp), il contributo è del 50% per ciascun singolo richiedente. Il limite massimo è pari a 5 mila euro per ciascun singolo richiedente. La domanda può essere presentata dal 1° dicembre 2022 al 15 marzo 2023 tramite il “Servizio online Csp”.

Bando commercialisti per le nuove competenze: di cosa si tratta?

Il quarto bando aperto dalla Cassa commercialisti riguarda l’acquisizione di nuove competenze e la formazione. La Cndcec mette a disposizione complessivamente 3 milioni di euro. L’erogazione dei contributi per gli iscritti alla Cassa commercialisti alla data del 31 dicembre 2022 prevede la frequenza di attività formative e di corsi idonei per il riconoscimento dei crediti formativi professionali del 2022. Il costo di ciascun corso deve essere di importo non inferiore ai 200 euro, al netto dell’Iva.

Chi può richiedere i contributi a fondo perduto dei commercialisti per la formazione e le nuove competenze?

La richiesta dei contributi a fondo perduto erogati dalla Cassa commercialisti può essere effettuata dai professionisti riconosciuti dall’Ordine territoriale dei crediti formativi per attività svolte con il versamento del contributo. Gli incentivi della Cndcec ammontano al 50% della spesa per l’attività formativa, al netto dell’Iva. Il contributo aumenta al 100% per i professionisti che, al 30 dicembre 2022, non abbiano ancora compiuto i 35 anni di età. Il limite massimo del contributo non può superare i 1.000 euro per ciascun richiedente. Per la presentazione della domanda è necessario utilizzare il “Servizio online Csp” a partire dal 16 gennaio 2023 fino al 30 settembre 2023.

I commercialisti e i Panama Papers

I commercialisti italiani sono intervenuti nei giorni scorsi sul caso Panama Papers, condannando duramente gli evasori, o presunti tali, i cui nomi sono usciti dalle carte dello studio Mossack Fonseca e ricordando, invece, l’opportunità della voluntary disclosure.

Chi si è affidato a cinici consiglieri fraudolenti e, non avvalendosi della voluntary discolsure, ha spostato le proprie disponibilità da Ginevra a Panama è sciocco e volgare – ha infatti dichiarato il presidente dei commercialisti, Gerardo Longobardi, nel corso di un convegno sulla lotta all’evasione -. Dovrebbe essere consapevole che dal 30 settembre 2015 per schivare il reato di autoriciclaggio potrà sì utilizzare le disponibilità economiche non oggetto di voluntary a Panama, ma solo per pagarsi le vacanze in quello Stato caraibico, o per metterle dentro un pouf, seguendo un noto esempio di cronaca degli Anni ’90”.

La voluntary disclosure approvata dal Parlamento italiano e terminata nel dicembre dello scorso anno – ha proseguito il presidente dei commercialistiè stata l’ultima spiaggia per chi deteneva disponibilità finanziarie all’estero, e mal gliene incolse a chi non ha aderito, restando insensibile ai molti appelli che anche la nostra categoria ha lanciato nei mesi scorsi”.

Longobardi ha ricordato poi come “da qualche anno a questa parte la sensibilità internazionale ha cambiato atteggiamento verso l’occultamento di ricchezze nei paradisi fiscali. Questi ultimi sono divenuti di fatto una nuova categoria di Stati canaglia”.

Secondo il presidente dei commercialistiper evitare il ripetersi a livello nazionale e internazionale di fenomeni di occultamento di ricchezze non dichiarate, è evidente che, nell’immediato occorre proseguire e, semmai, rafforzare il percorso intrapreso già da qualche anno dall’Ocse circa gli standard sullo scambio automatico di informazioni tra Stati. A ciò va aggiunta un’azione incisiva sulla transparency bancaria, ossia sulle regole che impongono alle banche di verificare la trasparenza della titolarità e della provenienza dei fondi da loro gestiti”.

Questa maggiore trasparenza – ha proseguito Longobardisi tramuterebbe in una maggiore tutela del risparmio nonché dell’economia ‘pulita’. In tal modo si genererebbero dei circuiti finanziari trasparenti (di serie A) contrapposti ai residuali circuiti finanziari non trasparenti (di serie B), in cui potrebbero rafforzarsi le misure speciali di contrasto all’economia illecita”.

L’obiettivo a cui tendere, ha concluso il presidente dei commercialisti italiani, è “un sistema di piena libertà economica a condizione di una totale trasparenza, che premi i comportamenti fully compliant, vale a dire i comportamenti rispettosi delle regole”.

I commercialisti sul Patent box

I commercialisti italiani accolgono con soddisfazione l’introduzione, in Italia, del regime di Patent box, come ha sottolineato il presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi, durante il convegno “Patent box: confronto con l’Agenzia delle Entrate”, tenutosi nei giorni scorsi a Milano.

Il regime di Patent box – ha ricordato Longobardiè una misura fiscale arrivata nel nostro Paese con eccessivo ritardo, ma che ha innegabili riflessi positivi sul tax rate aziendale e che va apprezzata per i suoi aspetti procedimentali basati su una collaborazione preventiva tra fisco e contribuenti che secondo noi deve divenire sempre più la stella polare nei rapporti con l’erario”.

Il fatto che l’applicazione del Patent box preveda una vera e propria procedura di ruling per la determinazione dell’agevolazione – ha proseguito Longobardicostituisce un passaggio che giudichiamo con estremo favore, nell’ottica di una più proficua ed efficace collaborazione tra fisco e contribuente. In questo caso, infatti, l’impresa determina in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate i metodi e i criteri di calcolo del contributo economico alla produzione del reddito d’impresa o della perdita del bene immateriale utilizzato direttamente. Il Patent box – continua Longobardirappresenta proprio l’emblema del mutamento di strategia che il Fisco sta perseguendo in questi ultimi due anni e che, a nostro avviso, andrebbe sempre più spesso adottata per rafforzare la via del dialogo e della collaborazione diretta”.

Longobardi ha anche letto questa novità con l’occhio dei contribuenti: “La logica che ispira il Patent box – ha infatti sottolineato – può facilitare la tax compliance dei contribuenti. Tale agevolazione individua un nuovo approccio all’azione di contrasto all’evasione che privilegia, almeno nelle intenzioni, un modello di cooperazione basato su un potenziato rapporto di fiducia reciproco. I contribuenti vengono infatti coinvolti in maniera attiva già nella fase anteriore a quella di predisposizione delle dichiarazioni, in modo da facilitare l’adempimento spontaneo e favorire il tax planning delle imprese”.

In conclusione, secondo Longobardiquello della pianificazione dell’impatto fiscale degli investimenti può essere uno dei fattori per migliorare il contesto generale in cui si troveranno ad operare le imprese nel nostro Paese”.

Longobardi: punire le “mele marce” tra i commercialisti

Sembra quasi una beffa. A pochi giorni dall’entrata in vigore del nuovo codice deontologico dei commercialisti, diversi professionisti iscritti all’Ordine sono stati coinvolti in una inchiesta della procura di Roma su presunte sentenze tributarie pilotate da una “cricca” della quale facevano parte funzionari pubblici, giudici e professionisti, tra i quali alcuni commercialisti.

Il Consiglio nazionale dei commercialisti si è quindi sentito in obbligo di intervenire sulla vicenda con una dura dichiarazione del presidente, Gerardo Longobardi: “Il Consiglio nazionale dei commercialisti si costituirà parte civile nei processi in cui sono coinvolti professionisti iscritti all’Ordine che con il loro operato infangano il buon nome dell’intera professione. Gli oltre 116mila professionisti qualificati e competenti iscritti ai nostri Albi, tutti i giorni al servizio di cittadini, imprese e Istituzioni, non meritano di veder sfregiata la loro credibilità umana e professionale dai comportamenti sbagliati di poche mele marce”.

Solo pochi giorni fa – ha poi ricordato Longobardiè entrato in vigore il nostro nuovo codice deontologico. Regole molto stringenti alle quali affiancheremo a breve anche nuove norme sulle sanzioni disciplinari. Accadimenti come quelli che stanno emergendo in queste ore sono un affronto anche a questo impegno della categoria nel dotarsi di punti di riferimento etici sempre aggiornati. Tutto ciò è inaccettabile”.

E’ arrivato il momento – ha proseguito Longobardidi difendere con forza l’operato posto al servizio del Paese dalla stragrande maggioranza dei commercialisti italiani. Fermi restando il nostro assoluto rispetto per il principio della presunzione di innocenza e il nostro approccio garantista, sono convinto che sia giunto il momento – anche attraverso la costituzione di parte civile nei casi di comprovata responsabilità di colleghi – di far comprendere all’opinione pubblica quanto determinante sia il ruolo della nostra professione nella intermediazione costante tra imprese, cittadini e pubblica amministrazione, sempre finalizzata alla tenuta e alla crescita del tessuto imprenditoriale e al buon funzionamento della macchina dello Stato. Un ruolo troppo spesso misconosciuto”.

Nella difesa della trasparenza e della legalità – ha proseguito il presidente dei commercialisti italianisiamo del resto al fianco della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate, della Giustizia tributaria. Una battaglia sulla quale con i vertici nazionali di queste Istituzioni ci siamo tutti assieme espressi in numerose occasioni pubbliche”.

Le vicende che stanno emergendo in queste ore – ha concluso Longobardici obbligano però anche ad una riflessione approfondita sulla necessità di una complessiva riforma della Giustizia tributaria. Se i ministeri e gli altri soggetti competenti vorranno aprire un confronto su questo tema, i commercialisti non faranno certo mancare le loro proposte”.

Il nuovo codice deontologico dei commercialisti

Da martedì 1 marzo è entrato in vigore il nuovo codice deontologico dei commercialisti, che aggiorna il precedente testo risalente al 2008. Un aggiornamento necessario alla luce dell’evoluzione della normativa di riferimento, elaborato dalla Commissione nazionale Deontologia, coordinata dal consigliere nazionale Giorgio Luchetta.

Il nuovo codice deontologico contiene importanti  novità relative ai rapporti tra commercialisti e tra commercialisti e i clienti, con l’obiettivo di stabilire regole di condotta chiare che potessero aiutare i rappresentanti di categoria ad affrontare le criticità rilevate negli ultimi anni. Il codice deontologico sarà a breve accompagnato da un codice delle sanzioni.

Secondo Giorgio Luchetta, “il testo appena approvato, oltre all’importanza pratica che rivestirà per i colleghi nello svolgimento quotidiano della professione, rappresenta anche un insostituibile punto di riferimento etico per tutti gli iscritti. I commercialisti svolgono ruoli spesso delicatissimi, basti pensare al presidio di qualità e controllo che rappresentano all’interno dei collegi sindacali. Dotarsi di regole deontologiche sempre più stringenti e aggiornate garantisce ancor di più la qualità delle nostre prestazioni professionali”.

Ecco le novità più rilevanti contenute nel nuovo codice deontologico dei commercialisti.

  • Le disposizioni del codice si applicheranno anche alle società professionali in quanto compatibili (artt. 1 e 3);
  • Aggiornati i riferimenti ai soggetti deputati all’esercizio dell’azione disciplinare;
  • Previsto l’obbligo di copertura assicurativa per i rischi professionali, conformemente a quanto previsto dalla legge (art. 14);
  • Precisati alcuni comportamenti nei rapporti con i colleghi diretti a rendere effettivo il dovere di colleganza (art. 15);
  • Prevista la facoltà di concordare con il cliente, in caso di suo recesso, possibilità di un indennizzo del professionista (art. 20);
  • Precisata la condotta del professionista in caso di rinuncia all’incarico professionale qualora il cliente si renda irreperibile (art. 23);
  • Previsto che la misura del compenso deve essere concordata per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale con preventivo di massima comprensivo di spese, oneri e contributi conformemente a quanto previsto dalla legge (art. 25);
  • Nell’ambito dell’assunzione di incarichi istituzionali sono introdotti obblighi informativi diretti a rafforzare la trasparenza della loro attribuzione e viene espressamente vietato utilizzare alcun incarico istituzionale per fini pubblicitari o per sollecitare l’affidamento di incarichi professionali (art. 28);
  • Previsto in capo all’iscritto un dovere di collaborazione con gli organismi di categoria, anche attraverso la tempestiva, esauriente e veritiera risposta a specifiche richieste poste da questi nello svolgimento delle loro funzioni istituzionali (art. 29);
  • Rafforzate le misure di contrasto del fenomeno di esercizio abusivo della professione (art. 42);
  • Nell’ambito delle norme sulla pubblicità, sono state introdotte specifiche disposizioni in merito all’utilizzo del titolo accademico; specificato il divieto di inserire riferimenti commerciali o pubblicitari nei siti web degli iscritti (art. 44).

Riciclaggio, il manuale dei commercialisti

I commercialisti italiani sono in prima linea nella lotta al riciclaggio. Lo dimostra la redazione, da parte del Consiglio nazionale della categoria, del Manuale delle procedure operative antiriciclaggio per gli studi professionali.

Si tratta di uno strumento operativo a tutti gli effetti che ha come obiettivo quello di facilitare il lavoro dei commercialisti italiani qualora si trovino ad avere a che fare con sospetti casi o pratiche di riciclaggio.

In questo modo i commercialisti si mettono al pari di altre categorie professionali nelle pratiche di sorveglianza e di lotta al riciclaggio, ispirandosi ai principi generali della normativa antiriciclaggio, la quale prevede che i professionisti applichino “idonei e appropriati sistemi e procedure in materia di obblighi di adeguata verifica, di segnalazione di operazioni sospette, di conservazione dei documenti, di controllo interno, di valutazione e gestione del rischio”.

Del resto, lo stesso ministero della Giustizia aveva auspicato e suggerito che professionisti e revisori individuassero apposite procedure interne in grado di garantire omogeneità di comportamenti di fronte a presunti casi di riciclaggio, assicurando una “pronta ricostruibilità a posteriori delle decisioni assunte”.

Secondo Attilio Liga, consigliere nazionale dei commercialisti delegato all’antiriciclaggio, “l’elaborazione del manuale ha costituito l’occasione per fornire ulteriori spunti di riflessione per l’individuazione e la valutazione del rischio di riciclaggio. Anche in tal caso i suggerimenti operativi presenti nel manuale costituiscono semplicemente una indicazione per agevolare i colleghi nella definizione di una procedura nell’ambito del proprio studio, tenendo conto della propria dimensione e della propria struttura organizzativa”.

I commercialisti: in Italia corporate tax rate al 44%

Un altro studio meritorio sulle tasse che colpiscono le imprese italiane. Questa volta non c’entra la Cgia, poiché l’analisi è stata effettuata dall’Osservatorio bilanci del Consiglio nazionale dei commercialisti insieme al dipartimento di Economia dell’Università di Genova.

Ebbene, da questo studio emerge che il corporate tax rate mediano (non medio, per evitare che numeri estremi influenzino erroneamente le medie) che ricade sulle imprese italiane (riferito al 2013) è del 44%. Inoltre, i commercialisti rilevano che tra il 2009 e il 2013 questo tax rate mediano ha avuto delle notevoli oscillazioni, tanto che nel 2011 quello sulle grandi imprese è arrivato persino al 53%, mentre il valore più basso è stato registrato nel 2012 dalle piccole imprese, con il 38,7%.

Per capire meglio l’analisi in questione è bene ricordare che in essa non viene preso in esame il total tax rate (che secondo la Banca Mondiale è pari, per le imprese italiane, al 65,4%) ma il corporate tax rate, ossia il costo per imposte correnti e differite relativo a Ires e Irap.

L’analisi sul corporate tax rate mediano è stata condotta sulle Pmi e sulle grandi imprese dei settori commercio, industria e servizi. Per una maggiore omogeneità dei risultati, sono state escluse le imprese del settore finanziario e le micro imprese.

Inoltre, calcolo del tax rate in questione è stato effettuato considerando unicamente le imprese con un utile ante imposte, pari al 75% del campione analizzato. Nonostante questo, sottolineano i commercialisti, c’è un 11-14% di imprese che registrano una perdita ante imposte e un costo per imposte, ovverosia oneri fiscali per imposte comunque presenti.

I commercialisti e la crisi di impresa

Quali sono i limiti della definizione di crisi di impresa in Italia? Sono limiti stringenti o adeguati? E come superarli? Si tratta di domande estremamente attuali alle quali i commercialisti italiani provano a rispondere con un documento messo a punto dal Consiglio nazionale dei commercialisti, proprio per superare i limiti tuttora presenti, secondo la categoria, nella definizione di crisi di impresa.

Una scelta, quella di intervenire nel dibattito sulla definizione di crisi di impresa, sintetizzata così dal presidente nazionale dei commercialisti, Gerardo Longobardi: “Abbiamo ritenuto necessario predisporre questo documento in considerazione della crescente attenzione dimostrata negli ultimi anni dal legislatore per la disciplina delle procedure concorsuali, tanto da istituire una Commissione ministeriale di esperti per la riforma organica della materia e tanto da intervenire con continue modifiche sulla legge fallimentare”.

Ma c’è di più, come spiega il consigliere nazionale delegato alla materia, Raffaele Marcello, secondo il quale c’è “opacità nella definizione di crisi di impresa e, ancora più, c’è carenza di conoscenze da parte dei soggetti che non hanno dimestichezza con la gestione dinamica aziendale, sia sotto il profilo della governance di aziende in bonis che possano presentare tensione finanziaria, sia sotto quello dei dati informativi finanziari e di bilancio che permettono una rilevazione dei vari stadi di crisi che possono caratterizzare la vita, anche ordinaria, delle imprese”.

Il documento del Consiglio nazionale sulla crisi di impresa, prosegue Marcello, “indica dunque le linee di indirizzo per i commercialisti che svolgono la propria attività in contatto con l’imprenditore, al fine di tentare una qualificazione della crisi aziendale, che ne consenta anche il monitoraggio e l’emersione, fornendo un eventuale paragone del concetto aziendalistico di crisi alla possibile definizione giuridica di crisi d’impresa e insolvenza attuale e in chiave prospettica”.

Certificazione unica, i commercialisti chiedono uno slittamento

Così come accaduto lo scorso anno, anche per il 2015-2016 la certificazione unica sta creando dei grattacapi ai commercialisti, tanto che il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili Gerardo Longobardi, durante un’audizione alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, ha proposto uno slittamento al 15 marzo per la trasmissione telematica della nuova certificazione unica integrata all’Agenzia delle Entrate.

Oltre a questo spostamento dei termini per la certificazione unica, Longobardi ha chiesto di limitare l’obbligo d’invio alla sola certificazione unica che si riferisce ai soggetti ammessi all’uso della dichiarazione.

Oltre a questi passaggi, il Cndcec ha chiesto alla Commissione di azzerare o ridurre le sanzioni per errori, omissioni o ritardi almeno per il primo anno di invio dei dati della certificazione unica da parte dei professionisti sanitari al sistema Tessera sanitaria nazionale. Tutto questo in previsione dell’inserimento anche dei dati sanitari nel 730 precompilato.

Un’ulteriore prova del fatto che, se sulla carta lo strumento della certificazione unica è sicuramente un passo avanti sulla strada della semplificazione, dall’altra la sua implementazione è tutt’altro che aliena da intoppi.

Dai commercialisti italiani un dossier per l’Italia

Il recente congresso nazionale dei commercialisti italiani che si è svolto a Milano ha avuto un titolo significativo – “Semplificare per crescere. I Commercialisti energia per lo sviluppo” – e ha visto svilupparsi un ampio e interessante dibattito su ciò che questa categoria professionale può offrire per migliorare il futuro del Paese.

Dal confronto è scaturito un dossier con proposte concrete per l’Italia, che i commercialisti italiani hanno presentato durante la chiusura dei lavori del congresso nazionale e che è poi stato consegnato ai rappresentanti politici presenti alla tavola rotonda conclusiva.

Negli auspici dei commercialisti italiani, questo documento sul futuro serve per condividere in maniera fattiva e decisa insieme a tutti gli interlocutori istituzionali le proposte che la categoria ha in mente per semplificare e far crescere l’Italia.

Nel loro dossier, i commercialisti italiani hanno posto particolare attenzione ai settori nei quali il sistema Paese mostra i suoi punti di maggior forza o maggiore debolezza: dall’efficienza della Pubblica amministrazione alla fiscalità, dalla lotta alla corruzione al mercato del lavoro, agli strumenti per l’internazionalizzazione.

Le proposte raccolte in questo dossier – hanno commentato i consiglierisono ispirate ed accomunate dalla consapevolezza dello stretto rapporto che lega semplificazione e crescita. Non si tratta però di una semplificazione intesa come mera eliminazione di vincoli ed adempimenti, non si tratta di rendere banale ciò che è strutturalmente complesso e che richiede competenze specialistiche. Si tratta, invece, di pianificare e razionalizzare il sistema e di rendere l’insieme delle norme idoneo a stimolare una crescita sostenibile, incentivando la competitività delle nostre aziende e riconoscendo il valore di dedicare risorse anche allo sviluppo di enti con finalità socio culturali”.

Clicca qui per scaricare il dossier dei commercialisti italiani.