Cosa accade quando l’esclusiva viene prevista a favore del solo preponente?

Nell’ambito del contratto di agenzia la figura che affida ad un’altra la conclusione di contratti è definita come preponente. Il diritto di esclusiva, inoltre, può essere bilaterale, andando così ad interessare entrambe le parti. Così come può essere unilaterale, ovverosia in favore del solo preponente oppure solo dell’agente. Ed allora, cosa accade in particolare quando l’esclusiva viene prevista, proprio in via unilaterale, a favore del solo preponente?

Ecco cosa accade quando l’esclusiva viene prevista a favore del solo preponente

Nel dettaglio, quando l’esclusiva viene prevista a favore del solo preponente, quest’ultimo mira a tutelarsi dalla concorrenza di altre imprese. In tal caso, infatti, si va ad istituire un’obbligazione contrattuale che impedirà all’agente di poter operare e di agire nei confronti ed a favore di terzi. In questo modo, con l’esclusiva unilaterale, il proponente ha la certezza che l’agente si occuperà sempre e solo della promozione dei propri prodotti.

Di conseguenza, indipendentemente dal tipo di prodotti, ed anche dalla zona di riferimento, l’agente che opera con l’esclusiva che viene prevista solo a favore del solo preponente, non potrà che essere un agente monomandatario. Mentre l’agente plurimandatario, invece, può operare anche nella medesima zona facendo leva sulla stipula con soggetti proponenti di contratti in esclusiva per più prodotti a patto che questi non siano tra di loro in concorrenza.

Quali sono i vantaggi dell’agente in caso di esclusiva a favore del solo preponente?

L‘agente monomandatario, quando l’esclusiva viene prevista a favore del solo preponente, opera di conseguenza con forti limitazioni, ma gode nello stesso tempo, ed ai sensi di legge, di un importante vantaggio.

A meno che non sia diversamente pattuito, infatti, in tal caso l’agente avrà diritto ad incassare la provvigione anche quando il proponente chiuderà i contratti con clienti che era stato lo stesso agente a contattare per chiudere l’affare. Così come l’agente maturerà la provvigione pure quando il proponente chiude per proprio conto affari nella stessa zona che è riservata in esclusiva all’agente.

Quando l’esclusiva a favore del solo preponente è una prassi comune per le attività imprenditoriali

Ci sono inoltre tipologie di attività imprenditoriali per le quali l’esclusiva a favore del solo preponente non solo è una prassi comune, ma è pure necessaria per permettere poi l’avvio di un’attività. Il caso lampante è rappresentato dalle concessioni in franchising.

Con il concessionario che, rispetto al franchisee, ha la necessità di godere di un’esclusiva unilaterale che poi vada a giustificare gli investimenti realizzati a favore di chi usufruirà dei diritti concessi in franchising. Con l’esclusiva a favore del solo preponente che, in questo caso, spazia dalla protezione territoriale all’obbligo di rivolgersi solo alla lista dei fornitori indicata dal concessionario.

Per commercializzare determinati beni o determinati servizi, infatti, il franchisee, in base al contratto stipulato, ed a fronte di un corrispettivo pattuito, grazie all’esclusiva a favore del solo preponente acquisirà il diritto di fruizione non solo del brand e delle denominazioni commerciali. Ma in genere può sfruttare pure i brevetti, i disegni, i modelli di utilità ed anche i diritti d’autore.

Lavorare senza contratto, quali sono le possibilità?

Per chi non ha un’occupazione con un contratto a tempo determinato o indeterminato, spesso il lavoro è non solo precario, intermittente ed occasionale, ma è pure del tutto privo di tutele. In quanto a monte della collaborazione non c’è nemmeno una lettera di incarico, una scrittura privata o un contratto. Quali sono allora, in Italia, le possibilità di lavorare senza contratto? Inoltre, quando questo accade le legge viene sempre rispettata? Oppure si rischiano sanzioni?

Quali sono le possibilità di lavorare in Italia senza contratto?

In linea generale, si può dire che le possibilità di lavorare senza contratto ci sono sempre, ma con rischi e con pericoli in capo al lavoratore e/o all’impresa in base al tipo di occupazione. Per esempio, per un’impresa che fa lavorare un addetto senza contratto si rientra nell’ambito del lavoro nero. Con il lavoratore che, senza alcuna tutela, rischia poi di non essere pagato. Mentre l’impresa, in caso di controlli, rischia sanzioni pesanti.

Prestazioni occasionali con e senza contratto, come funzionano e cosa si rischia

Un’altra casistica diffusa di lavoro senza un contratto è quelle legata ai lavori sporadici, ovverosia alle cosiddette prestazioni occasionali. Si tratta, nello specifico, di attività che sono non abituali e non professionali che si svolgono senza la partita Iva. In genere prima di accettare un lavoro occasionale sarebbe sempre bene stipulare un contratto, ma essendo il lavoro di breve durata spesso le parti si accordano sulla parola.

Questo, pur tuttavia, non esonera le parti a rispettare le legge in quanto la prestazione occasionale per essere tale, deve rispettare dei requisiti che sono ben precisi e disciplinati ai sensi di legge. Ovverosia, la prestazione occasionale deve presentare assenza di continuità e di abitualità, così come per la prestazione occasionale deve esserci l’assoluta mancanza di coordinamento. Altrimenti si rientra nel lavoro dipendente o nel campo delle prestazioni autonome abituali. Con il lavoratore che in tal caso sarà chiamato ed obbligato ad aprire la partita Iva.

Lavorare a partita Iva senza un contratto, una prassi comune ma molto rischiosa

Un’altra prassi comune, per quel che riguarda il lavoro senza alcun contratto, riguarda i lavoratori a partita Iva. Che sono soliti fornire le prestazioni alle imprese senza alcun contratto stipulato a monte tra le parti. E questo avviene in genere quando tra le parti nel tempo si è instaurato un rapporto fiduciario.

Pur tuttavia, proprio nel tempo, i rapporti si possono deteriorare, l’impresa può cambiare proprietà, o addirittura può entrare in crisi fino a dover portare i libri in tribunale. In tal caso per il lavoratore a partita Iva, senza un contratto, ci possono essere non poche difficoltà nell’andare poi a recuperare le eventuali somme riconducibili alle fatture insolute.

La fattura insoluta, infatti, è un credito che è vantato dal titolare di partita Iva nello specifico caso. Ma questo deve essere certo ed esigibile. Per essere tale il creditore deve essere in possesso di elementi che siano sufficienti e che dimostrino l’esistenza del suo diritto. E cosa c’è di meglio di un contratto stipulato tra le parti?

Elementi accidentali del contratto: come incidono e quali sono?

Gli elementi accidentali del contratto sono condizione, termine e modo, ma come funzionano e come incidono sul contenuto del contratto?

L’autonomia contrattuale

Gli elementi accidentali del contratto sono elementi che possono essere presenti o meno nello stesso, ma nel momento in cui tali clausole vengono inserite, vanno comunque a caratterizzare il contenuto dello stesso. Il legislatore italiano ha sempre cercato di mantenere integra l’autonomia contrattuale delle persone. Di conseguenza ha indicato pochi elementi essenziali che devono essere inseriti e richiesto la forma scritta con registrazione solo per alcune tipologie di contratto che, per la loro natura, richiedono una forma che possa garantire certezza. Di fatto, le parti, restando nei limiti del lecito, possono dare al contratto un contenuto piuttosto ampio al punto che sono previsti contratti “atipici” cioè non disciplinati dal codice civile o dalla legge, si tratta soprattutto di contratti derivati da esperienze estere e che poi si sono affermati anche in Italia.

L’autonomia contrattuale deriva dall’articolo 1322 del codice civile che stabilisce “Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.

Qualunque sia il contratto che le parti decidono di stipulare, è comunque possibile inserire anche degli elementi accidentali, questi sono condizione, termine e modo, vedremo che queste clausole accidentali non possono essere inserite indistintamente in tutti i contratti. Inoltre fin da ora è bene sottolineare che il legislatore ha disciplinato in modo puntuale solo la condizione.

Elementi accidentali del contratto: condizione

La condizione, in base all’articolo 1353 del codice civile  è  una clausola che condiziona l’inizio (condizione sospensiva) o la fine (condizione risolutiva) degli effetti di un contratto a un evento futuro e incerto. Ad esempio se Tizio stipula con Caio un contratto in cui si obbliga a versare una somma di denaro nel caso in cui dovesse comprare l’auto, siamo di fronte a una condizione sospensiva, l’evento è incerto perché non si sa nel momento del contratto se effettivamente l’auto sarà comprata.

Nel caso in cui Sempronio stipuli un accordo con Tizio in  cui stabilisce che pagherà la retta universitaria solo fino a quando Sempronio continuerà ad essere in regola con il piano di studi, se Sempronio non dovesse superare gli esami, si verificherà uno scioglimento automatico del contratto. Anche in questo caso siamo di fronte a eventi incerti, cioè che potrebbero anche non verificarsi e siamo di fronte a una condizione risolutiva.

Nullità della condizione

La condizione non può essere apposta a tutti i contratti, ad esempio non si possono sottoporre a condizione il matrimonio, la rinuncia e l’accettazione dell’eredità.  Deve essere ricordato che in alcuni casi l’apposizione di una clausola che non potrebbe esservi, non inficia il contratto o atto in sé, semplicemente si ha per non apposta la clausola, mentre in altri casi, inserire una condizione, un termine o un modo inficia tutto il contratto. E’ il caso dell’articolo 475 del codice civile che stabilisce: L’accettazione è espressa quando, in un atto  pubblico  o  in  una scrittura  privata,  il  chiamato  all’eredità  ha   dichiarato   di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede.    E’ nulla  la  dichiarazione  di  accettare  sotto  condizione  o  a termine.   Parimenti è nulla la dichiarazione  di  accettazione  parziale  di eredità.

Condizione meramente potestativa

Tra e condizioni merita particolare attenzione quella potestativa che fa dipendere l’avverarsi della condizione stessa dalla mera volontà di una delle parti.

In riferimento a questo deve essere sottolineato che l’articolo 1355 del codice civile stabilisce che “E’ nulla l’alienazione di un diritto o l’assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore”. Ciò implica che quando le parti decidono di inserire delle particolari clausole nel loro contratto devono valutare bene se le stesse possono avere effetto o meno.

Resta valida la condizione meramente potestativa risolutiva cioè che fa dipendere la fine degli effetti di un contratto dalla volontà di una delle parti, in questo caso però sarebbe più corretto parlare di diritto di recesso che deve essere esercitato tenendo in considerazione il contratto stesso e la legge.

Infine, per quanto riguarda la condizione, occorre ricordare che in pendenza della condizione, in base all’articolo 1358 del codice civile le parti devono comportarsi in buona fede, quindi non devono porre in essere dei comportamenti che possano ledere il soggetto che ha una legittima aspettativa al verificarsi della condizione stessa.

Elementi accidentali del contratto: il termine

Il termine invece è una clausola che fa dipendere l’inizio o la fine degli effetti di un contratto, da un evento futuro e certo. Ad esempio, se sottoscrivo un accordo con Tizio in cui mi impegno a versare 100 euro al mese fino al 20 giugno 2022, nel momento in cui si verifica il fatto, che comunque ha una data certa, il contratto si risolve perché era apposto un termine risolutivo. Anche in questo caso occorre ricordare che vi sono atti, o negozi giuridici, che non tollerano l’apposizione di un termine, il matrimonio è uno di questi. A questo proposito occorre ricordare che subordinare l’inizio o la fine degli effetti di un contratto ad un evento, ad esempio compleanno, non è un termine, ma una condizione perché non è certo che effettivamente la persona sopravviverà al giorno del compleanno.

Elementi accidentali del contratto: modo

L’ultimo elemento accidentale che si può inserire in un contratto è il modo,  questo impone un determinato comportamento e può essere apposto solo ai negozi a titolo gratuito, ad esempio legato, comodato o donazione. Ad esempio Tizio concede in comodato d’uso gratuito una villa a Caio, costui però deve mantenere in ordine il giardino. L’onere, o modo, può essere a favore del dante causa, cioè colui che concede il comodato o fa una donazione, o in favore di un terzo. Ad esempio può capitare che Tizio faccia una donazione a Caio con l’onere di prendersi cura del gatto fino alla sua morte naturale.

In questi casi se il modo non viene “adempiuto” il contratto si scioglie, ma solo se quell’onere era l’unico motivo per cui la persona aveva compiuto l’atto, ad esempio se io concedo la mia villa in comodato a Tizio esclusivamente perché voglio che il giardino sia curato e mi accorgo che in realtà il giardino è ormai abbandonato, posso ottenere la risoluzione del contratto.

Elementi essenziali del contratto: quali sono e perché sono importanti

Gli elementi essenziali del contratto sono parti dello stesso che vanno a costituire il contratto e quindi non possono mancare. Ecco  come riconoscerli.

Gli elementi essenziali del contratto

Spesso senza neanche accorgercene, ma ogni giorno sigliamo dei contratti, ad esempio il semplice comprare il pane dal panettiere costituisce un contratto a prestazioni corrispettive, cioè il classico do ut des.  Ciò che forse non sappiamo è che in realtà questo gesto così semplice sottintende delle regole ben precise e cioè contiene tutti gli elementi essenziali del contratto. Questi sono delineati dall’articolo 1325 del codice civile che stabilisce

I requisiti del contratto sono:

  • accordo delle parti;
  • causa;
  • oggetto;
  • forma (quando risulta che è prescritta dalla legge a pena di nullità”.

Si parla di elementi essenziali per distinguerli da quelli accidentali che possono essere apposti al contratto e se vi sono vanno comunque e determinarne il contenuto e sono validi tra le parti, ovvero le obbligano. Solo per chiarezza si elencano gli elementi accidentali, cioè condizione, termine e modo.

Cosa succede se mancano gli elementi essenziali del contratto?

Ritornando agli elementi essenziali, l’articolo 1418 del codice civile stabilisce che mancando uno degli elementi essenziali del contratto, lo stesso deve ritenersi nullo, cioè come mai esistito e di conseguenza perde efficacia ex tunc, è come se non fosse mai stato posto in essere e vengono eliminati gli effetti che già si sono prodotti, tranne quelli che sono naturalmente ineliminabili.

Accordo delle parti

Il primo elemento è l’accordo delle parti, cioè le parti devono dichiarare di voler procedere a tale contratto, ad esempio in un accordo per la costituzione di una società, i soci esprimono la volontà di volerla costituire. Nel semplice acquisto del pane, il venditore è lì perché evidentemente vuole vendere il pane, l’acquirente entra con tale desiderio e lo formalizza richiedendo appunto il pane, questo anche se le parti non stipulano l’accordo per iscritto perché, come detto, la forma è obbligatoria solo quando richiesta espressamente dalla legge.  L’articolo 1362 del codice civile stabilisce che l’intenzione delle parti si desume dal comportamento complessivo delle stesse.

La causa

Per causa si intende la funzione economica e sociale che le parti vogliono realizzare.  Ad esempio nel contratto di compravendita la causa è rappresentata dalla scambio di beni, cioè il bene in cambio del denaro.

L’oggetto

L’oggetto del contratto rappresenta la prestazione, ad esempio in un contratto di compravendita di un immobile, l’oggetto è l’immobile stesso. La legge stabilisce dei requisiti per l’oggetto, cioè deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile. Andando con ordine sarebbe impossibile un contratto di compravendita della luna.

Deve essere lecito quindi non contrario alle norme giuridiche e al buon costume, ad esempio un contratto di compravendita di 10 grammi di stupefacenti sarebbe illecito. L’oggetto del contratto deve essere determinato o determinabile, quindi fin dal momento della stipula, le parti devono poter determinare l’ambito del contratto stesso, ad esempio in un contratto di compravendita di un immobile, lo stesso deve essere individuato, può anche trattarsi di un edificio in costruzione o da costruire, ma affinché si possa parlare di un valido contratto, l’immobile deve essere un concreto progetto attuabile. L’oggetto è considerato determinabile quando ci sono dei criteri direttivi per la determinazione della prestazione.

La forma

Si parla, infine, della forma, questa è elemento essenziale del contratto solo quando la legge prescrive una forma particolare per quel tipo di contratto, ad esempio per la compravendita di immobili è prevista la forma scritta, inoltre è necessaria la presenza di un notaio e gli atti devono essere registrati. Mancando uno di questi elementi il contratto è come se non fosse mai stato posto in essere. La forma scritta è richiesta anche per il contratto di mutuo, la locazione di un immobile, di fatto è la legge a determinare di volta in volta se sia necessaria una particolare forma. Quando non è espressaemnte prescritta una determinata forma, le parti possono scegliere quale forma dare al contratto. Un caso particolare riguarda il contratto di lavoro per il quale non è chiesta una particolare forma, ma di fatto, solitamente viene utilizzata quella scritta.

Elementi essenziali del contratto e casi particolari

Naturalmente queste sono le regole generali inerenti gli elementi essenziali del contratto, la casistica però è davvero varia perché di fatto si possono sempre verificare dei problemi tra le parti e nasce quindi l’esigenza di verificare se il contratto sia stato regolarmente stipulato.

Ad esempio, si è detto all’inizio che un elemento essenziale è l’accordo delle parti, queste però devono essere capaci di intendere e di volere. Non sempre però è facile determinare se la parte con cui si sta contraendo sia in realtà incapace o sia sottoposta a tutela, in tale caso può succedere che un contraente chieda l’adempimento contrattuale, mentre l’altra parte sia impossibilitata o comunque chi ha la tutela decide di impugnare il contratto. L’articolo 1425 del codice civile infatti stabilisce che il contratto è annullabile se una delle parti è legalmente incapace di contrarre.

C’è di più, infatti l’incapacità riguarda sicuramente coloro che hanno subito un provvedimento di interdizione o inabilitazione, ma anche coloro che sono in una situazione di incapacità transitoria, cioè una persona che al momento della stipula era in stato di ubriachezza, anche in questo caso il contratto può essere impugnato dal contraente, ma anche dai suoi eredi o aventi causa, se tale contratto causa loro un grave pregiudizio.

Contratto: cosa significa che ha forza di legge tra le parti?

ll contratto in Italia ai sensi di legge, e precisamente a norma dell’articolo 1321 del codice civile, è un negozio giuridico che costituisce, che regola e che eventualmente estingue un accordo tra due o più parti. Il contratto è quindi un negozio giuridico che, come minimo, deve essere necessariamente bilaterale, ma nello stesso tempo ci sono delle eccezioni come per esempio il testamento che è unilaterale.

Il contratto, inoltre, nella maggioranza dei casi si presenta come un rapporto giuridico di natura patrimoniale, ma anche in questo caso ci sono delle eccezioni che sono rappresentate, per esempio, dal matrimonio che non ha un contenuto patrimoniale. Ma detto questo, per il contratto cosa significa che ha forza di legge tra le parti?

Cosa significa che il contratto ha forza di legge tra le parti

Nel dettaglio, ai sensi di legge il contratto ha forza di legge tra le parti in quanto i contraenti sono obbligati e quindi hanno il dovere di osservarlo nella sua interezza. Per tutta la sua durata, infatti, il contratto è un negozio giuridico che è vincolante, con la conseguenza che, in caso di inadempienza, chi non lo rispetta ne sopporta la responsabilità.

E questo perché la stipula di un contratto è basata sullo scambio di consenso tra due o più parti. Con la conseguenza che c’è stato sul negozio giuridico un accordo per il quale tutte le parti si sono a priori impegnate a vicenda nel pieno rispetto dei suoi contenuti.

Quali sono le caratteristiche che deve avere un contratto per rispettare la legge

Il contratto, come negozio giuridico che definisce degli accordi tra due o più parti, deve avere come oggetto, come prestazione o come diritto dei contenuti che siano sempre rispettosi della legge.

Fatto salvo il principio di libertà della forma, infatti, l’oggetto, la prestazione o il diritto del contratto deve essere possibile, deve essere lecito e deve essere pure determinato o comunque determinabile.

Altrimenti in mancanza di questi requisiti sopra indicati si può ricadere nella causa di nullità del contratto. Per legge, tra l’altro, il contratto nullo è tale che questo non produce effetti tra le parti, e nemmeno nei confronti di terzi.

L’annullabilità, la risoluzione e la cessione del contratto

La causa di nullità, inoltre, non va confusa con l’annullabilità di un contratto, eventualmente inserita come clausola, e con la sua risoluzione. Ai sensi di legge, in particolare, la risoluzione di un contratto può essere richiesta da uno dei contraenti per sopravvenuta impossibilità della prestazione, per eccessiva onerosità e, chiaramente, in caso di inadempienza da parte di uno dei contraenti.

E questo perché il contratto è un negozio giuridico che ha validità fino a quando il vincolo resta in vita. Nel momento in cui il contratto è stato annullato oppure rescisso, questo andrà a perdere in automatico la sua efficacia originaria.

Il rapporto giuridico sussistente dalla stipula di un contratto, inoltre, può essere oggetto di un’operazione di cessione. Con la cessione del contratto, infatti, si verifica il trasferimento dell’intera posizione giuridica negoziale in favore di una terza parte.

Cause di nullità di un contratto, quali sono?

In questa rapida ed esaustiva guida andremo a scandagliare le possibilità di annullamento di un contratto, questo documento sempre più ambito e sconosciuto ai più. Andiamo a vedere, dunque, quali possono essere le cause di nullità di un contratto.

Nullità e annullamento di un contratto

Molto spesso si considera la stipula di un contratto come un qualcosa da cui è impossibile andare in rescissione, quindi qualcosa a cui non si può più venire meno. Un vincolo, nel bene e nel male, per chi sogna un lavoro indeterminato più nel bene che nel male, dal quale non si può tornare indietro. E molto spesso, infatti è così. Tuttavia, ci sono cause di nullità e possibilità di annullamento per un contratto. Quindi, fattori che lo rendono nullo e permettono di rescinderlo. Ma quali sono?

Diciamo in breve che un contratto può ritenersi nullo nei seguenti casi:

  1. quando è contrario a norme imperative;
  2. quando difetta di uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325 c.c., Ovvero, l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto del contratto, o la forma, se prescritta sotto pena di nullità;
  3. quando la causa è illecita o quando lo sono i motivi, se le parti si sono determinate a concludere il contratto esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe;
  4. quando l’oggetto del contratto è impossibile, illecito, indeterminato o indeterminabile;
  5. in tutti gli altri casi previsti dalla legge, come nel caso di contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili.

Va specificato che anche la singola nullità di qualche clausola contrattuale andrà a determinare la nullità dell’intero contratto. Il contratto nullo inoltre, non potrà essere convalidato, salvo che la legge non disponga diversamente. Può invece produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero concordemente voluto se avessero conosciuto la nullità.

Un contratto può invece annullarsi una volta ritenuto valido. Quindi con un’azione che ne possa far attuare l’annullabilità. Andiamo a vedere i casi in cui un contratto può essere annullato dalla sua validità.

  • Il contratto è annullabile qualora una delle parti era legalmente incapace di contrattare, nei casi di minore o di persona incapace di intendere e volere, ad esempio;
  • E’ ancora annullabile se il consenso fu dato per errore quando questo è essenziale ed è riconoscibile dall’altro contraente;
  • Il contratto è annullabile qualora il consenso fu estorto con violenza, anche se esercitata da terze parti;
  • Il contratto è, inoltre, annullabile se il consenso fu carpito con dolo, quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe prestato il suo consenso.

Come verificare e ottenere la nullità di contratto

Partiamo col dire che eseguire una azione di nullità può spettare a qualunque terzo, purché sia parte interessata, ovviamente. Poniamo un esempio, in cui il creditore del venditore che ha interesse a dimostrare che la cosa è ancora nel patrimonio del debitore, potrà esso chiedere la nullità del contratto.

La nullità del contratto avrà effetto anche nei confronti dei terzi e quindi, in tal caso, il venditore potrà recuperare la cosa anche presso il terzo acquirente. Tutto ciò, poiché ritenendo veritiero che il contratto è nullo non ha effetto alcuno, quindi il compratore non acquista la proprietà e di conseguenza non può trasferirla ad altri.

Sanabilità e convalida del contratto, come avviene?

Tuttavia, come faccia opposta della stessa medaglia, i contratti (qualora annullati o nulli) possono essere sanati e quindi resi validi in rari casi. Di fatto, l’articolo 1444 del cc, stabilisce che Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo.

Dunque, ora che abbiamo visto come verificare un contratto e quali possibilità vi sono nel vederselo nullo o annullato, non vi resta che tirare un sospiro di sollievo prima di mettere nero su bianco e porre apposita firma su un contratto, possibilmente valido.

Tecniche di hedging per le aziende

Le aziende che utilizzano materie prime, di qualunque genere, possono tutelarsi dai rischi di variazione dei prezzi delle medesime attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari derivati. I derivati sono nati proprio per questo preciso scopo, fissare un prezzo, una quantità e una data di consegna del bene,  tutelando venditore e acquirente.

Il bene oggetto del contratto si definisce “sottostante”. Per evitare di impegnare troppi capitali, il derivato serve anche ad impegnare le controparti con un esborso ridotto di denaro, rispetto al valore della quantità complessiva del bene in oggetto.

Coprirsi dal rischio aiuta le imprese a raccogliere più facilmente capitale sul mercato. Attraverso le tecniche di hedging le imprese sono in grado di ridurre i costi di raccolta di capitale esterno, con la conseguenza di essere avvantaggiate rispetto ad altri competitor.

Le più recenti ricerche condotte negli Stati Uniti, in particolare rispetto alla copertura del rischio sui tassi di cambio e sul prezzo delle commodities, avvalorano questa ipotesi: le imprese che decidono di adottare tecniche di hedging su ricavi e costi operativi sono significativamente più favorite nel raccogliere capitale sul mercato, sia sotto forma di debito, che di equity.

L’abbattimento del rischio, ottenuto riducendo la volatilità dei flussi di cassa, consente innanzitutto di ridurre il costo del capitale. Inoltre la decisione di ricorrere a tecniche di hedging rappresenta un “buon segnale” rispetto agli

investitori, che apprezzano la maturità manageriale dell’impresa ritenendola più capace di affrontare eventuali crisi di liquidità e di gestire in modo più professionale i propri investimenti.

In questo momento di crisi industriale e di incertezza creditizia, coprirsi dal rischio – attraverso contratti derivati – può quindi costituire un vantaggio competitivo non indifferente.

Gli studi professionali che sono in grado di aiutare l’azienda ad acquisire questo vantaggio, sono senz’altro pochi e quindi ricercati da quei potenziali clienti che abbiano la lungimiranza di comprenderne i benefici.

Inoltre, lo studio professionale che propone un servizio di copertura dal rischio è valutato positivamente anche dai clienti meno attenti a queste problematiche, in quanto si evidenzia loro un problema e si fornisce la soluzione contemporaneamente. Può essere anche un’occasione per ottenere contatti da nuovi clienti.

Da ricordare che la maggior parte delle materie prime è quotata in Borsa e quindi le aziende che le utilizzano possono coprirsi dal rischio. A titolo di esempio posso citare oro, argento, palladio, nichel, rame, grano, caffè, cotone, carne di maiale, succo d’arancia, petrolio…

Inoltre possono essere coperte le variazioni dei tassi di cambio tra euro ed altre valute. Ricordo che le materie prime sono quotate in dollari Usa ed è quindi necessario coprirsi anche dal rischio cambio euro/dollaro.

dott. Marco Degiorgis – Life Planner / Consulente indipendente per la gestione dei patrimoni familiari, Studio Degiorgis

Pmi: necessaria la flessibilità in entrata

Le imprese sono in forte difficoltà a causa della crisi, del peso fiscale e della fase recessiva. Una riforma del lavoro troppo dirigista che non tenga adeguatamente conto dei fattori di difficoltà potrebbe produrre effetti inaspettati”.

In audizione presso la Commissione Lavoro del Senato della Repubblica, una delegazione di Rete Imprese Italia guidata dal presidente portavoce Marco Venturi ha illustrato le perplessità del mondo del terziario, del commercio, dell’artigianato e dell’impresa diffusa sul disegno di legge n. 3249 per la riforma del mercato del lavoro. Tra le necessità delle imprese, ha sottolineato Venturi, “la flessibilità in entrata”.

“‘Abbiamo parlato soprattutto – ha detto Venturi – del problema dell’elevata flessibilita’ che serve alle piccole e medie imprese, che sono quelle che danno piu’ occupazione. In questo ddl ci sono meccanismi che aumentano il costo del lavoro, noi dobbiamo mantenere la flessibilita’ per continuare ad occupare”.

Discussi diversi punti critici, tra cui la causale per il tempo determinato, contratto di inserimento, lavoro accessorio, contributo Aspi su apprendistato, lavoro intermittente e fondi di solidarietà bilaterali, licenziamento individuale e lo spostamento in caso di dimissioni degli adempimenti dal lavoratore alle imprese.

Fonte: confesercenti.it

In aumento i contratti di lavoro a chiamata. Ecco quando può essere stipulato.

Il lavoro a chiamata è uno speciale contratto di lavoro subordinato e può essere stipulato con obbligo di risposta alla chiamata e quindi con riconoscimento di un’indennità di disponibilità oppure senza obbligo di disponibilità alla chiamata e quindi senza nessuna indennità. Questo particolare tipo di contratto per lavoro a chiamata può essere stipulato sia a tempo indeterminato, sia a tempo determinato, senza che si applichi, in questo ultimo caso, la disciplina dei contratti a termine di cui al D.Lgs. n. 368/2001. Ciò significa che per l’instaurazione del contratto a chiamata a termine non devono ricorrere le causali oggettive previste da citato decreto, né devono applicarsi le altre regole, come, ad esempio, il rispetto di alcuni limiti nel caso di proroga o di un intervallo temporale minimo nel caso di reiterazione di contratti.

Lo stesso lavoratore può stipulare:

  • più contratti di lavoro a chiamata con più datori di lavoro;
  • un contratto di lavoro a chiamata in contemporanea con altre tipologie contrattuali

Il contratto di lavoro a chiamata non è compatibile:

  • con il part-time;
  • con l’apprendistato e il contratto di inserimento in quanto sono entrambi contratti che prevedono l’obbligo formativo;
  • con il lavoro a domicilio in quanto la retribuzione è proporzionata alle ore effettivamente lavorate e non alle tariffe di cottimo;

Il contratto di lavoro a chiamata può essere stipulato in qualsiasi settore, ma soltanto nel rispetto di determinati requisiti oggettivi e soggettivi:

  1. per lo svolgimento di attività discontinue o intermittenti (requisiti oggettivi):
    • individuate dai C.C.N.L. o, in attesa che i contratti disciplinino le attività per le quali è consentito il ricorso al lavoro a chiamata, dal Ministero del lavoro con rinvio alla tabella delle occupazioni discontinue annessa al R.D. n. 2657/1923;
    • per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese e dell’anno, che il Ministero ha così definito
    – week-end: periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le 13,00, fino alle ore 6,00 del lunedì mattina;
    – vacanze natalizie: dal 1° dicembre al 10 gennaio;
    – vacanze pasquali: periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo al lunedì dell’Angelo;
    – ferie estive: i giorni compresi nel periodo 1° giugno – 30 settembre.
  2. in ogni caso, per prestazioni rese da lavoratori (requisiti soggettivi):
    • con meno di 25 anni di età (24 anni e 364 giorni);
    • con più di 45 anni di età (45 anni e 1 giorno), anche pensionati.

I requisiti soggettivi sono alternativi rispetto ai requisiti oggettivi sopra descritti e in questa ipotesi non devono essere verificate le condizioni oggettive.
Il lavoratore intermittente o a chiamata non deve ricevere, per i periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e a parità di mansioni svolte.
Il trattamento economico, normativo e previdenziale è proporzionato alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita, come pure tutti gli istituti contrattuali (13.ma e 14,ma mensilità, ferie, permessi, ex festività e Tfr).
Il ricorso al lavoro a chiamata è vietato:

  • per sostituire lavoratori i sciopero;
  • presso unità produttive nelle quali, nei 6 mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata, ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a chiamata;
  • da parte di imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi.

Secondo una recente rilevazione Istat, nel 2009 le posizioni lavorative a chiamata hanno raggiunto le 111 mila unità in media annua facendo registrare un incremento del 75 per cento circa rispetto al 2007. Il dettaglio per attività economica mostra che nel settore degli alberghi e ristoranti si concentra circa il 60 per cento del totale dei lavoratori intermittenti. La restante quota è occupata prevalentemente nei settori dell’istruzione, sanità, servizi sociali e personali (12 per cento circa) e del commercio (circa il 10 per cento). Il job-on-call non risulta affatto utilizzato, invece, nel settore dell’intermediazione monetaria e finanziaria.

Le imprese ricorrono al contratto di lavoro intermittente quasi esclusivamente per coprire posizioni lavorative con qualifica operaia, che rappresentano il 90 per cento circa del totale, rileva ancora l’Istat, con un massimo di oltre il 98 per cento nel settore degli alberghi e ristoranti. I dipendenti a chiamata inquadrati come impiegati costituiscono una quota significativa solo nel settore del commercio (36 per cento circa nel 2007 e 30 per cento nel 2009). La regione in cui viene fatto maggiore uso del lavoro a chiamata è il Veneto.