Riscatto della laurea, cambiano gli importi dovuti per effetto dell’inflazione

Si parla spesso di riscatto della laurea agevolato, ma di cosa si tratta ed è conveniente?

Andare in pensione in anticipo con il riscatto della laurea

Il riscatto della laurea è uno strumento che consente di trasformare gli anni universitari in anni di contributi previdenziali e di conseguenza di maturare in anticipo il diritto alla pensione. Possono essere riscattati solo gli anni del corso legale di studi e quindi non gli anni fuori corso. Inoltre è possibile provvedere al riscatto anche solo di una parte degli anni di università, ad esempio se manca un anno di contributi per maturare il diritto alla pensione è possibile riscattare anche solo un singolo anno.

La domanda che però tutti si pongono è: quanto costa riscattare la propria laurea e trasformarla in anni di contributi? Questa è sicuramente la nota dolente perché il costo è abbastanza importante.

Quanto costa il riscatto della laurea agevolato o ordinario?

Per capire quanto costa riscattare la laurea occorre distinguere tra il sistema retributivo e il sistema contributivo. Il riscatto agevolato è previsto dal 2019 e può essere applicato solo a riscatti calcolati con il sistema contributivo. Questo prevede una base di calcolo basata sul livello minimo imponibile per artigiani e commercianti vigente nell’anno di presentazione della domanda. Secondo i calcoli fatti da Smileconomy per l’Economia de Il Corriere della Sera, nel 2023 riscattare la laurea con la tariffa agevolata costerà rispetto agli anni passati il 7,8% in più , cioè 5.776 euro, mentre nel 2022 era 5.360 euro. L’aumento degli importi è generato dall’inflazione che ha portato a un aumento, anche se non adeguato, delle retribuzioni.

Tali aumenti ancora non sono stati confermati dall’Inps.

Scegliendo invece il calcolo contributivo ordinario la base di partenza per l’applicazione dell’aliquota è la retribuzione nei 12 mesi meno remoti, in questo caso secondo le simulazioni fatte l’importo da pagare per riscattare 4 anni è di 42.464,40 euro

Nel caso in cui il calcolo del riscatto della laurea debba essere fatto con il sistema retributivo, in caso di laurea antecedente al 1996 l’importo da versare varia in base all’età, al sesso, all’anzianità contributiva totale e alle retribuzioni degli ultimi anni.

 

Imprese: tutte le agevolazioni per assumere personale

Molte imprese vorrebbero aumentare la forza lavoro presente in azienda, ma hanno remore legate ai costi previdenziali, in realtà sono disponibili diversi incentivi che consentono di risparmiare, gli stessi mirano al collocamento di persone che hanno maggiori difficoltà a trovare lavoro o beneficiari di welfare e la cui assunzione alleggerirebbe il peso per lo Stato, ecco una breve disamina delle diverse possibilità che possono sfruttare le imprese che vogliono assumere.

Assumere personale di sesso femminile: le agevolazioni per le imprese

La prima misura di cui parlare è l’assunzione di donne svantaggiate. Questa prevede lo sgravio fino al 100% degli oneri contributivi in caso di assunzione di donne. Deve però trattarsi di donne che si trovano in particolari condizioni di svantaggio, cioè:

  • età anagrafica di almeno 50 anni e contemporaneamente disoccupate da almeno 12 mesi;
  • donne di qualsiasi età, che siano disoccupate da almeno sei mesi e che abbiano la residenza in una delle regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;
  • donne di qualiasi età ovunque residenti che siano prive di un impiego stabile da almeno 24 mesi.

L’agevolazione spetta per 12 mesi e per un ammontare dei contributi non superiore a 6.000 euro.

Leggi anche: Portale delle famiglie INPS: tutto il welfare a portata di click

Agevolazioni per l’assunzione di beneficiari del reddito di cittadinanza

Sappiamo che la normativa sul reddito di cittadinanza non prevedeva solo misure di sostegno al reddito, ma anche politiche attive per il lavoro volte ad aiutare i disoccupati a trovare un impiego. Tra le misure previste vi è lo sgravio contributivo in favore delle aziende che assumono percettori di reddito di cittadinanza. Anche in questo caso è possibile usufruire dell’esonero contributivo, non si applica però ai premi Inail, per un ammontare massimo di 6.000 euro e per la durata di un anno.

Imprese: agevolazione per assumere giovani under 36

Infine, un ultimo sgravio è previsto in favore delle aziende che decidono di assumere giovani under 36.

Lo sgravio si applica per i giovani under 36 che non abbiano mai avuto un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il medesimo datore di lavoro e con altro datore.

In questo caso la durata massima dell’incentivo è per 36 mesi che arrivano a 48 mesi se l’assunzione avviene in una delle regioni economicamente svantaggiate: Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna.

IRAP 2022: nuove istruzioni per le deduzioni del 15 luglio 2022

L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 40/E del 2022  del 15 luglio ha fornito nuove indicazioni per la compilazione del modello Irap 2022 (Imposta sul Reddito delle Attività Produttive). Le stesse hanno ad oggetto soprattutto le deduzioni che le imprese possono far valere. Fin da subito è bene ricordare che queste istruzioni possono essere utilizzate già nella dichiarazione da rendere entro il 30 novembre oppure si possono continuare a seguire le vecchie istruzioni e utilizzare le nuove disposizioni a partire dal 2023.

Le nuove deduzioni Irap introdotte con il Decreto Semplificazioni 2022

Le novità sono state previste con il decreto Semplificazioni, articolo 10 del decreto 73/2022 che ha introdotto novità inerenti le deduzioni per il costo del personale. Il decreto precisa che le novità si applicano per il periodo di imposta precedente rispetto a quello in corso e quindi già dal periodo di imposta 2021 per il quale gli adempimenti devono essere effettuati nel 2022.

Le novità prevedono che per i soggetti diversi dai dipendenti a tempo indeterminato si possono dedurre:

  • contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;
  • spese relative agli apprendisti, ai disabili e spese per il personale assunto con contratti di formazione e lavoro, costi sostenuti per il personale addetto alla ricerca e sviluppo.
  • È prevista inoltre una deduzione a titolo forfettario per ogni dipendente, fino a un massimo di 5, di 1.850 euro, ma solo per soggetti con componenti positivi non superiori a 40.000 euro.

Deduzioni Irap 2022 che non è più possibile far valere

Con l’introduzione di nuove deduzioni, altre ne vengono meno si tratta di:

  • deduzione di 7.500 euro su base annua per i lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Tale deduzione era di 13.500 euro nel caso di lavoratrici donne e per i giovani under 35. Per questi soggetti viene meno anche la deduzione dei contributi previdenziali e assistenziali.
  • viene meno inoltre la deduzione di 15.000 euro per le imprese che hanno assunto con contratto a tempo indeterminato.

Con la Risoluzione 40/E del 15 luglio 2022 l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che Atteso che la novella normativa si sostanzia essenzialmente in una semplificazione nel calcolo della deduzione spettante per i dipendenti a tempo indeterminato […]si ritiene che per il primo anno sia comunque possibile compilare la sezione I del quadro IS secondo le regole attualmente fornite nelle istruzioni per la compilazione del modello Irap 2022.

Questa scelta è giustificata dal fatto che in teoria le nuove indicazioni del decreto Semplificazioni non hanno l’obiettivo di modificare il quantum dell’imposta, ma semplicemente semplificare la compilazione.

Ricordiamo che le deduzioni sono componenti negative che vanno a diminuire la base imponibile determinando quindi una minore imposta.

Come compilare il quadro IS della Dichiarazione Irap 2022

In base alle nuove indicazioni per il quadro IS del modello Redditi 2022

IS 1, colonna 2= deduzioni previste per i soggetti diversi rispetto ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato;

IS 2= non va compilata;

IS3= non è necessaria la compilazione;

IS4, colonna 3 = deduzioni spettanti per soggetti diversi dai lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato;

IS5, colonna2= deduzioni spettanti per soggetti diversi dai lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato;

IS6= compilazione non necessaria;

IS7, colonna 3= deduzione di cui all’articolo 11, comma 4-octies, del decreto IRAP comprendente:

  1.  deduzione costo complessivo personale dipendente con contratto a tempo indeterminata;
  2.  deduzione del 70% per i lavoratori stagionali assunti con un contratto di durata di almeno 120 giornate per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla cessazione del precedente contratto ( da evidenziare anche nella colonna 2).

IS9 = eccedenza delle deduzioni ammesse dai commi 1 e 4-bis.1 dell’articolo 11 del decreto Irap rispetto al limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli oneri e spese a carico del datore di lavoro ( compilazione solo se necessaria).

Ricordiamo che la Dichiarazione IRAP 2022, relativa al periodo di imposta 2021, deve essere presentata entro il 30 novembre 2022, mentre i soggetti Ires e le Pubbliche Amministrazioni il cui periodo di imposta non coincide con l’anno solare, devono presentare la dichiarazione Irap entro l’undicesimo mese successivo rispetto alla chiusura dell’anno di imposta.

Puoi scaricare la risoluzione completa seguendo il link Risoluzione_40_15.07.2022

Leggi anche: Dal 2022 addio all’Irap per 835.000 contribuenti. Ecco chi sono

 

 

Autonomi, artigiani e commercianti, professionisti: come si determinano i contributi previdenziali?

I lavoratori autonomi sono chiamati a versare entro il 30 giugno il conguaglio contributivo. Oltre a mettersi in regola con il Fisco, infatti, in questo mese i titolari di partita Iva, gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti e, in generale, i lavoratori autonomi hanno l’onere di versare all’Inps il conguaglio dei contributi. Che si concretizza nel versamento del saldo dei contributi dallo scorso anno e nel 1° acconto per l’anno 2022.

Lavoratori autonomi, entro il 30 giugno 2022 il versamento del saldo contributi del 2021 e l’acconto del 2022

L’onere riguarda i cosiddetti “free lance”, iscritti alla gestione separata dell’Inps. La scadenza per il versamento del conguaglio contributivo è fissata al 30 giugno 2022. Si può, in ogni modo, pagare entro il 22 agosto prossimo, ma con la maggiorazione dello 0,40%. Lo stesso Istituto previdenziale è intervenuto nei giorni scorsi per ricordare agli iscritti alle Gestioni speciali artigiani e commercianti e agli iscritti alla Gestione separata il dovere di compilare il quadro RR del modello “Redditi 2022 Pf” (persone fisiche) e la riscossione dei contributi dovuti a saldo per il 2021 e l’acconto del 2022.

Da chi deve essere compilato il Quadro RR?

In particolare, il Quadro RR del modello “Redditi 2022 PF deve essere compilato “dagli iscritti alle Gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali e del terziario, nonché dai lavoratori autonomi che determinano il reddito di arte e professione così come disciplinato dall’articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, numero 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – Tuir), e sono iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, per la determinazione dei contributi dovuti all’Inps”.

Artigiani e commercianti, come funziona il versamento dei contributi Inps?

Per gli artigiani e i commercianti il saldo dei contributi previdenziali deve essere calcolato sul complessivo dei redditi di impresa denunciati per il calcolo dell’Irpef. I redditi devono essere stati prodotti nello stesso anno al quale gli stessi contributi fanno riferimento. Sui contributi dovuti per l’anno 2021, i titolari delle imprese commerciali ed artigiane, nonché i soci titolari di una propria posizione assicurativa, sono chiamati ai versamenti contributivi sia per sé che per le persone che svolgono la propria attività lavorativa nell’impresa. Si tratta, dunque, dei collaboratori e dei familiari che devono completare la sezione I del Quadro RR.

Come si determina il reddito imponibile?

Per la determinazione del reddito imponibile da assoggettare al calcolo dei contributi previdenziali, gli iscritti alle gestioni Inps devono prendere in considerazione il totale dei redditi di impresa ottenuti nel 2021, sottraendo eventuali perdite dei periodi di imposta. Pertanto, la formula per il calcolo della base imponibile è la seguente:

RF63 – (RF 98 + RF 100, col. 1 + col. 2) + [RG 31 – (RG 33 + RG 35, col. 1 + col. 2)] + [somma algebrica (colonne 4 da RH 1 a RH 4 con codice 1 e 5 indicato in colonna 2 e colonne 4 da RH 5 a RH 6) – RH 12 col. 1- RH 12 col. 2] + RS 37 colonna 15.

Quali sono le aliquote da applicare per i commercianti e gli artigiani?

Le aliquote che agli artigiani e i commercianti devono applicare alla base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali sono:

  • il 24% per gli artigiani e il 24,09% per i commercianti sulla parte di reddito annuale che eccede i 15.593 euro e fino al limite di 47.379 euro;
  • il 24,55% gli artigiani, ovvero il 24,64% per i commercianti, tra 47.379 e 78.965 euro. Il limite sale a 103.055 euro per i contribuenti che non hanno contributi versati alla data del 31 dicembre 1995.

Commercianti e artigiani, cosa deve fare chi ha già versato un acconto nello scorso anno?

I commercianti e gli artigiani che lo scorso anno avessero versato l’acconto percentuale del reddito di impresa dichiarato per il 2020 in misura maggiore rispetto al minimale di 15.593 euro, devono versare il conguaglio. Tale somma va calcolata sui redditi conseguiti in maniera effettiva nel corso del 2021.

Versamento del primo acconto del 2022 dei commercianti e degli artigiani

Il versamento del primo acconto per il 2022 da parte dei commercianti e degli artigiani deve essere calcolato considerando l’aumento definitivo dell’aliquota contributiva al 24% (per i commercianti il 24,48%). Il minimale di reddito per il 2022 corrisponde, invece, a 15.710 euro, il massimale a 80.465 euro. Pertanto, le due categorie di lavoratori autonomi devono versare rispettivamente per il primo acconto dei contributi previdenziali:

  • il 24% gli artigiani sul reddito di impresa fino a 48.279 euro e il 25% sulla quota eventualmente eccedente fino al limite di 80.465 euro;
  • il 24,48% i commercianti sul reddito di impresa fino a 48.279 euro e il 25,48% sulla quota eventualmente eccedente fino al limite di 80.465 euro.

Per i collaboratori giovani è previsto uno sconto purché l’età non ecceda i 21 anni.

Commercianti e artigiani che nel 2021 avevano dichiarato un reddito d’impresa eccedente i 15.593 euro: cosa fare?

Pertanto, gli artigiani e i commercianti con un reddito di impresa riferito all’anno 2021 eccedente i 15.593 euro (il tetto del minimale) devono versare adesso:

  • il 22,80% gli artigiani;
  • il 23,28% i commercianti.

Queste percentuali scaturiscono dalla differenza tra il reddito di impresa risultante dall’Unico 2022 e il limite stabilito dal minimale di 15.710 euro.  Inoltre, le percentuali aumentano a:

  • 23,80% per gli artigiani;
  • 24,28% per i commercianti;

per la parte di reddito di impresa del 2021 tra i limiti di 48.279 euro e 80.546 euro. Infine, entro il 30 novembre 2022 bisogna pagare le quote del secondo acconto, applicando le medesime percentuali.

Liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps, come si calcola il saldo?

I liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps devono calcolare il saldo risultante dal reddito del 2021. Al limite di 103.055 euro deve essere applicata la percentuale del 25,98%. In alternativa si paga il 24% se si è già pensionati o assicurati. Al risultato vanno detratti gli acconti di giugno e di novembre già pagati nel 2021.

Professionisti, come calcolare gli acconti?

Ai fini del calcolo degli acconti nella percentuale del 40% è necessario considerare:

il reddito del professionista, maturato nell’anno 2021 ai fini dell’Irpef risultante dall’Unico 2022, nel tetto di 103.055 euro. Questo limite è riferito al reddito imponibile del 2021;

  • applicare la percentuale del 10,392%, pari al 40% dei contributi dovuti calcolati sul 25,98%;
  • oppure applicare la percentuale del 9,6%, pari al 40% dei contributi dovuti, calcolati sul 24% (pensionati o già assicurati).

Entro quanto è necessario procedere con i versamenti?

I commercianti e gli artigiani devono versare i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale e gli iscritti alla Gestione separata dell’Inps la contribuzione dovuta entro le scadenze fissate per il versamento delle imposte sui redditi. Per il 2022, tali scadenze sono fissate al:

  • 30 giugno (o 22 agosto 2022 per chi si avvale della rateizzazione) per il saldo 2021 e il 1° acconto 2022;  e
  • 30 novembre 2022 per il 2° acconto.

Maggiorazione dovuta dello 0,40% per chi paga dopo la scadenza del 30 giugno

Commercianti, artigiani, professionisti e partite Iva che pagano i contributi del saldo 2021 e del 1° acconto del 2022 dopo il 30 giugno 2022 devono calcolare la maggiorazione dello 0,40%. I contribuenti versano questa maggiorazione a titolo di interessi per evitare eventuali sanzioni per il ritardato pagamento. La quota della maggiorazione deve essere versata in via separata rispetto ai contributi. Si utilizzano le seguenti causali:

  • Api, per gli artigiani e codeline Inps usata per versare il corrispondente contributo;
  • Cpi, per i commercianti e codeline Inps usata per versare il corrispondente contributo;
  • Dppi per il libero professionista.

Come si effettua la rateizzazione? 

Per artigiani e commercianti la rateizzazione si può fare solo per i contributi dovuti sulla parte di reddito oltre il minimale imponibile a saldo per il 2021 e per il 1° acconto del 2022. Vanno escluse, dunque, le quote contributive entro il minimale. I professionisti, invece, possono procedere con la rateizzazione sia sul saldo del 2021 che sul 1° acconto del 2022. La prima rata deve essere versata entro la data di scadenza del saldo o dell’acconto differito. Le restanti rate, invece, hanno la scadenza indicata nel modello “Redditi 2022 Pf”. In ogni modo, il versamenti delle rate devono terminare entro il 30 novembre 2022. Per stabilire l’importo delle rate è necessario far riferimento alle modalità inserite nelle istruzioni al modello “Redditi 2022 Pf”, nella sezione relativa alle Modalità e termini di versamento – Rateazione.

Pensioni, il riscatto laurea include anche i crediti formativi extra universitari

Emergono novità dalla circolare dell’Inps che ha fornito ulteriori sul riscatto della laurea ai fini della pensione. I chiarimenti dell’Istituto previdenziale, infatti, allargano il campo del riscatto degli anni di studio anche ai crediti formativi ottenuti con corsi extra universitari. Pertanto, rientrano nei periodi riscattabili sia gli anni di corso degli studi universitari che i crediti maturati in percorsi extra universitari. La condizione essenziale è che la somma dei due periodi non deve superare la durata legale del corso di laurea.

Crediti universitari ricattabili con la laurea ai fini delle pensioni

Ai fini delle pensioni, sono dunque riscattabili i crediti formativi extra universitari ritenuti utili dalle università ai fini della carriera. È quanto ha chiarito l’Inps con il messaggio numero 1512 del 2022. Di norma, al conseguimento del diploma di scuola media superiore si accede all’università. Tuttavia, vi sono dei casi in cui l’accesso è consentito dalle università mediante riconoscimento di conoscenze e di certificate abilità professionali. Tali percorsi possono essere maturati anche al termine del diploma di scuola media. In tutte queste situazioni, lo studente può accedere all’università partendo da un anno di corso superiore al primo.

Come riscattare i periodi di corsi extra universitari per andare prima in pensione?

Questi periodi di frequentazione di corsi extra universitari, utili alla frequenza del corso di laurea universitario, possono essere riscattati ai fini contributivi. Le condizioni essenziali sono due: al pari degli anni di corso universitario, anche i periodi di corsi extra universitari non devono essere già coperti da contribuzione lavorativa o extra lavorativa. In secondo luogo, la somma dei due periodi (gli anni di corso universitari e la formazione valutata come credito formativo, anche se extra universitaria) non deve eccedere la durata legale del corso di laurea stesso.

Come fare per riscattare il riscatto della formazione extra universitaria?

Nel messaggio, l’Inps ha anche chiarito come procedere per il riscatto dei periodi di formazione extra universitaria. La possibilità di riscattare questi periodi vale sia per le nuove domande che arriveranno all’Istituto previdenziale che alle domande che risultano in giacenza. Le domande che sono state respinte possono essere riesaminate ma solo su domanda degli interessati. Inoltre, il riscatto della laurea, anche per i periodi di formazione extra universitaria, può avvenire con le regole del costo agevolato stabilito dal decreto numero 4 del 2019. In base al provvedimento, per ciascun anno oggetto di riscatto, il contribuente paga una cifra di poco superiore ai 5 mila euro.

Quattordicesima 2022 pensionati: chi potrà percepirla e a quanto ammonta?

Coloro che ricevono pensioni particolarmente basse, nel mese di luglio di ogni anno ricevono la quattordicesima mensilità. La platea degli aventi diritto varia di anno in anno al variare dell’importo dell’assegno sociale. Vediamo ora chi riceverà la quattordicesima mensilità nel mese di luglio 2022.

Cos’è la quattordicesima mensilità?

La quattordicesima mensilità è una somma erogata in favore di pensionati che abbiano compiuto 64 anni di età e che abbiano un reddito non particolarmente alto. Si tratta di una somma corrisposta a carattere previdenziale, non costituisce reddito, non va ad incrementare la base imponibile, la quattordicesima inoltre non è tassata.

A chi spetta ?

La disciplina della quattordicesima mensilità prevedeva inizialmente la corresponsione in favore dei pensionati che avessero compiuto 64 anni di età il cui reddito non superava 1,5 volte il trattamento minimo. Nel 2016 sindacati e governo hanno poi siglato un accordo che estende l’applicabilità della quattordicesima mensilità a coloro che hanno un importo pensionistico fino a 2 volte il minimo previsto per l’assegno sociale. Cambiano però gli importi.

A quanto ammonta la quattordicesima mensilità per i pensionati nel 2022?

La prima cosa da sottolineare è che gli importi devono essere considerati lordi, cioè non si deve avere come riferimento il netto percepito, ma l’importo con le imposte incluse.

La prima fascia di reddito che può ottenere la quattordicesima mensilità nel mese di luglio 2022 è quella fino a 10.224,82 euro.

In questo caso ci sono tre fasce delineate in base ai contributi versati:

  • coloro che hanno versato fino a 15 anni di contributi (18 per i lavoratori autonomi) possono percepire 436,80 euro;
  • i contribuenti che hanno versato dai 15 ai 25 anni di contribuzione (fascia 18-28 per i lavoratori autonomi) possono ottenere 546 euro;
  • coloro che hanno una contribuzione oltre i 25 anni ( 28 per i lavoratori autonomi) percepiscono nel mese di luglio 2022 655,20 euro.

Quattordicesima mensilità per pensionati con redditi superiori a 10.224,82 €.

Si è detto che dal 2016 con percezione dal luglio 2017 la quattordicesima mensilità è stata estesa anche a coloro che hanno un reddito fino a 2 volte superiore rispetto all’assegno sociale, ma per loro gli importi sono ridotti, vediamo quindi i limiti per il 2022.

Coloro che hanno un reddito compreso tra 10.224,82 euro e 13.633,10 € potranno ricevere:

  • se hanno fino a 15 anni di contributi (18 per i lavoratori autonomi) 336 euro;
  • se hanno maturato da 15 a 25 anni di contributi ( da 18 a 28 anni per i lavoratori autonomi) ricevono 420 euro;
  • coloro che hanno versato oltre 25 anni di contributi (oltre 28 anni per i lavoratori autonomi), ricevono 504 euro.

Per percepire la quattordicesima mensilità non è necessario proporre domande, infatti gli importi sono accreditati direttamente dall’INPS nel mese di luglio di ogni anno.

Disabilità: chi assiste i disabili ha diritto alla contribuzione

La normativa italiana prevede diverse tipologie di sostegno per i familiari di persone con disabilità, i principali sono i permessi retribuiti, previsti dalla legge 104 del 1992, e il congedo straordinario biennale contenuto nel decreto legislativo 42 del 2001. La normativa riconosce per i permessi fruiti anche la contribuzione figurativa.

Contribuzione per i permessi retribuiti legge 104 del 1991

I permessi retribuiti sono previsti dall’articolo 33 della legge 104 del 1992, stabilisce che i lavoratori del settore pubblico e privato che assistono un disabile possono avere tre giorni al mese di permessi retribuiti, gli stessi possono essere utilizzati in misura intera o frazionata. In ogni caso con l’entrata in vigore  dal 28 marzo 2000 della legge 53 del 2000, tali giorni sono validi a fini pensionistici e non solo consentono di accedere alla pensione, ma contribuiscono anche al suo incremento.

I contributi figurativi vengono riconosciuti anche a coloro che decidono, in alternativa ai tre giorni mensili di astensione dal lavoro, di usufruire di due ore di permessi giornalieri. In questo caso la retribuzione figurativa si quantifica avendo come punto di riferimento il valore massimo dell’assegno sociale su base annua e moltiplicandolo per 200. Tale valore può essere integrato con contributi volontari da parte dell’interessato oppure con riscatto.

Valutazione contribuzione nel congedo straordinario

Diversa è la valutazione del congedo straordinario previsto, lo stesso è previsto dall’articolo 42 comma 5 del decreto legislativo 151 del 2001. Questo consente a chi ha un familiare disabile di ottenere un congedo straordinario della durata massima di due anni, da utilizzare anche in modo frazionato. Il congedo straordinario spetta:

  • al coniuge del disabile;
  • al padre o alla madre (anche adottivi) del disabile, ma solo nel caso in cui non sia presente un coniuge convivente;
  • figlio convivente anche adottivo, ma solo nel caso in cui il coniuge del disabile sia deceduto oppure non si trovi in condizione di poter assistere il disabile;
  • infine, il diritto al congedo straordinario si riconosce anche a fratelli e sorelle, ma in questo caso deve esservi assenza di coniuge o impossibilità per lo stesso di assistere il disabile e assenza di figli.

Insomma vi è una sorta di graduatoria tra persone tenute ad assistere il disabile.

Anche in questo caso la normativa prevede il riconoscimento della retribuzione e della contribuzione.

Indennità di congedo straordinario e contribuzione

L’indennità di congedo è pari all’ultima retribuzione comprensiva di tredicesima mensilità e altre indennità, come gratifiche, mensilità aggiuntive e premi vari. Per quanto riguarda la contribuzione è stato introdotto un tetto che nel 2022 ammonta a 49.663,88 euro questa cifra comprende i versamenti a titolo di stipendio e la contribuzione, deve quindi essere sottratto al totale quanto effettivamente il lavoratore riceverà come mensile e la restante parte andrà ad incrementare la quota contributiva.

L’indennità economica non può superare il tetto massimo di 37.341,00 euro, pari a circa 102 euro al giorno. L’indennità economica non può superare quanto avrebbe effettivamente percepito il lavoratore.

Si ricava da ciò che la contribuzione versata nel periodo del congedo straordinario non solo contribuisce a raggiungere i requisiti pensionistici, ma contribuisce anche a determinare l’ammontare della pensione.

La somma di 49.663,88 euro è il massimale questo vuol che che se corrispondendo ai lavoratori quanto dovuto come retribuzione e aggiungendo l’aliquota del 33% per i contributi, non si raggiunge tale massimale, comunque non sono dovuti ulteriori versamenti a titolo di contributi.

Sconto contributivo, qual è il limite di retribuzione mensile per il taglio dello 0,8%?

Arrivano le istruzioni dell’Inps sull’applicazione dello sconto contributivo con tetto mensile della retribuzioni pari a 2.692 euro. Il limite rappresenta il limite massimo per applicare il taglio dello 0,8% dei contributi nella busta paga. Sulla tredicesima mensilità lo sconto contributivo opera solo se il suo ammontare non ecceda la stessa somma. Sono le indicazioni riportate nella circolare numero 43 dell’Inps del 22 marzo 2022. La nota comprende le indicazioni sull’applicazione dell’esonero di 0,8 punti percentuali sulla quota dei contributi previdenziali per la pensione di vecchiaia, per l’invalidità e per i superstiti a carico del lavoratori.

Sconto contributivo Inps, quali lavoratori possono accedere?

Secondo quanto chiarito dall’Inps sulla base dello sconto contributivo introdotto dalla legge di Bilancio 2022 (la legge numero 234 del 2021), possono accedere alla riduzione dei contributi tutti i lavoratori dipendenti di datori di lavoro privati e pubblici, indipendentemente dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore. Pertanto, il taglio dei contributi trova applicazione per tutto il periodo temporale di applicazione (dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022) per tutti i rapporti di lavoro alle dipendenze a esclusione di quelli domestici (compresi gli apprendisti), purché venga rispettato il limite della retribuzione mensile.

Sconto contributivo, cosa succede se la retribuzione mensile risulta superiore al limite di 2.692 euro?

Ciò significa che la retribuzione imponibile ai fini previdenziali deve essere al massimo pari a 2.692 euro al mese. Se la retribuzione mensile risultasse eccedente, il lavoratore non avrebbe diritto alla facilitazione. L’unica eccezione al superamento del limite fissato mensilmente è rappresentata dalla tredicesima mensilità di dicembre. In questo caso, secondo le indicazioni fornite dall’Inps, si prospetta un doppio limite di pari importo.

Sconto contributivo, come considerare la retribuzione mensile e la tredicesima mensilità di dicembre?

Ovvero l’importo di 2.692 euro deve essere applicato, in via separata, sia alla retribuzione relativa allo stipendio ordinario, sia alla tredicesima mensilità. Pertanto, il limite non si deve eccedere né come tetto della retribuzione mensile ordinaria, né come mensilità aggiuntiva. Il controllo del doppio limite per l’applicazione dello sconto contributivo vale solo per il singolo mese e non per l’anno completo. Ciò significa che i contribuenti che speravano che l’applicazione del limite valesse per l’anno completo, ovvero un limite complessivo di 2.692 euro per 13 mensilità pari a 34.996 euro (con recupero a conguaglio delle mensilità non agevolate) dovrà rivedere i calcoli.

Sconto contributivo, perché non si può considerare il limite annuale e bisogna considerare il tetto mensile?

Su questo punto, infatti, l’Inps ha chiarito che l’interpretazione della norma non può ritenersi estensiva. Pertanto, il limite di 2.692 euro va inteso per la retribuzione mensile ordinaria, mentre per il rateo della tredicesima mensilità, il rispetto del limite deve essere calcolato come riferimento a un dodicesimo di 2.962 euro, pari a 224 euro.

Sconto contributivo, va applicato anche alla quattordicesima mensilità?

Per i contribuenti che ricevono anche la quattordicesima mensilità, l’Inps ha chiarito inoltre che il riconoscimento del taglio dello 0,8% dei contributi nel mese di erogazione della mensilità aggiuntiva non avviene se l’imponibile previdenziale mensile eccede il limite dei 2.962 euro. Pertanto, nel caso della quattordicesima, se il cumulo della retribuzione mensile e la quota aggiuntiva eccede la soglia di 2.962 euro, lo sconto dello 0.8% non deve essere applicato.

Sconto contributivo dello 0,8%, cosa avviene se il contribuente chiude il rapporto di lavoro prima della fine del 2022?

Cosa avviene se il rapporto di lavoro si chiude prima del termine del 2022 ai fini dello sconto contributivo e del taglio dello 0,8% sui versamenti? In questa situazione, l’Inps ha chiarito che devono essere valutate separatamente la retribuzione ordinaria e le quote della tredicesima liquidati. Il che significa che il mese del termine del rapporto di lavoro deve essere valutato come se fosse quello di dicembre 2022.

Sconto contributivo, cosa avviene se l’imponibile previdenziale si abbassa per un indennizzo dell’Inps?

Un caso singolare potrebbe capitare nel momento in cui l’imponibile previdenziale si riduca a causa di un evento per il quale l’Inps corrisponde un indennizzo. La situazione potrebbe presentarsi per i lavoratori che percepiscono una retribuzione lorda di 2.700 euro mensili e siano costretti alla malattia per alcuni mesi. Ottenere l’indennità dall’Inps potrebbe comportare la riduzione retributiva mensile al di sotto del limite di 2.962 euro. Di pari passo, l’aliquota contributiva pensionistica, pari al 9,19%, si ridurrebbe all’8,39%.

 

Pensione di vecchiaia, come cambia l’età di uscita dal 2022 al 2030

Arrivano novità sull’età di uscita della pensione di vecchiaia. Nei giorni scorsi, infatti, sono state rese note le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato in merito alla speranza di vita e alla possibilità che il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia rimanga congelato fino al 2026. Il che significa che, per andare in pensione, serviranno 67 anni di età, unitamente a 20 anni di contributi, fino al 31 dicembre 2026. Poi l’età della pensione continuerà a salire ogni due anni.

Pensione di vecchiaia, età bloccata sicuramente a 67 anni fino al 31 dicembre 2024

La novità sulle pensioni di vecchiaia arriva dal Documento sulle tendenza del medio e del lungo periodo del sistema pensionistico, sociale e sanitario della Ragioneria Generale dello Stato. Il rapporto sintetizza l’andamento della speranza di vita e dei requisiti necessari per andare in pensione. Tali requisiti dovrebbero rimanere costanti anche nel biennio del 2025 e del 2026. Infatti, proprio nelle scorse settimane l’età della pensione di vecchiaia era stata confermata a 67 anni anche negli anni 2023 e 2024. Tale conferma è arrivata dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 ottobre 2021, poi reso operativo dall’Inps con la circolare numero 28 del 18 febbraio 2022. In base a quanto stabilito dal ministero, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà congelata a 67 anni fino al 31 dicembre 2024.

Pensioni di vecchiaia nel biennio 2025 e 2026: ecco le tendenze della speranza di vita che fanno pensare al blocco età

Il congelamento dell’età della pensione di vecchiaia anche oltre il 2024 dovrà risultare dalle tendenze demografiche e della speranza di vita che verranno rilevate e confermate nei prossimi anni. Ad oggi, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato costituisce una base solida per le proiezioni della speranza di vita. Il congelamento anche al 2025 e 2026 dell’età di uscita per la pensione deriverebbe dall’entrata nel calcolo della speranza di vita degli anni 2020 e 2021, segnati dal cambio di tendenza della mortalità a causa della pandemia da Covid-19.

Pensione di vecchiaia, a che età si potrà uscire da lavoro dal 2027 al 2030?

Per effetto del Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato, dunque, l’età della pensione di vecchiaia dovrebbe tornare a salire solo a partire dal 1° gennaio 2027. E dovrebbe tornare ad aumentare ogni due anni a seconda delle stime sulla speranza di vita osservate nei prossimi anni. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto nei giorni scorsi, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà costante fino al 31 dicembre 2026 a 67 anni. Poi, nei due anni del 2027 e 2028 dovrebbe salire di 2 mesi, decretando l’età di uscita a 67 anni e due mesi. Più consistente sarebbe l’aumento nel 2029 e 2030, quando si accederà alla pensione di vecchiaia all’età di 67 anni e 5 mesi, con un aumento di tre mesi.

Pensioni di vecchiaia, le proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato negli anni dal 2030 al 2065

Peraltro, la Ragioneria Generale dello Stato ha stimato anche l’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia nei decenni successivi al 2030. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto, per andare in pensione occorrerà l’età di:

  • 68 anni e due mesi a partire nel 2035;
  • 68 anni e sei mesi nel 2040;
  • 69 anni nel 2045;
  • 69 anni e 4 mesi nel 2050;
  • 69 anni e 9 mesi nel 2055;
  • 70 anni nel 2060;
  • 70 anni e 4 mesi nel 2065.

Pensioni anticipate, quanti anni di contributi serviranno per uscire da lavoro fino al 2026?

Se l’età della pensione di vecchiaia è ancora in bilico nel biennio 2025-2026, per la pensione anticipata fino al 31 dicembre 2026 serviranno:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Il blocco dei requisiti contributivi, a prescindere dell’età di uscita da lavoro, è stato decretato dal provvedimento numero 4  del 2019. Si tratta del decreto che ha istituito la quota 100. Per effetto del provvedimento, dunque, i contributi per le pensioni anticipate rimarranno congelati ancora per oltre quattro anni.

Pensione anticipata, come cambieranno i contributi per uscire da lavoro dal 2027?

Solo a partire dal 1° gennaio 2027 potranno cambiare gli anni di contributi richiesti per le pensioni anticipate. In particolare, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato stima gli aumenti dei bienni:

  • 2027 e 2028: 43 anni di contributi per gli uomini, 42 per le donne;
  • 2029 e 2030: 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini, 42 anni e 3 mesi per le donne;
  • 2035: 44 anni di contributi per gli uomini, 43 anni per le donne;
  • 2040: 44 anni e 4 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 4 mesi per le donne;
  • 2045: 44 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2050: 45 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 2 mesi per le donne;
  • 2055: 45 anni e 7 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 7 mesi per le donne;
  • 2060: 45 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2065: 46 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 45 anni e 2 mesi per le donne.

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Esonero contributivo agricoli, la domanda si può presentare fino al 13 dicembre

Qualche giorno in più di tempo per la presentazione della domanda dell’esonero contributivo dei lavoratori agricoli. Il messaggio Inps numero 4293 del 3 dicembre 2021 ha infatti fatto slittare la scadenza delle istanze per l’esonero contributivo dal 4 al 13 dicembre. Nella stessa comunicazione l’Inps specifica che entro il 13 dicembre 2021 dovranno essere presentati i versamenti delle quote eccedenti dell’esonero contributivo del primo semestre del 2020.

Esonero contributivo, la scadenza dei lavoratori agricoli slitta a lunedì 13 dicembre 2021

Si potrà presentare domanda per l’esonero contributivo dunque fino a lunedì 13 dicembre 2021. L’esonero è relativo ai mesi di novembre e dicembre del 2020 e di gennaio 2021. Possono inoltrare la richiesta le aziende appartenenti alle filiere dell’agricoltura, della pesca, dell’acquacoltura, della produzione di vino e di birra. La disciplina dell’esonero contributivo è contenuta negli articoli 16 e 16 bis del decreto legge numero 137 del 2020.

Scadenza della domanda di esonero contributivo in agricoltura: perché lo slittamento?

Lo spostamento della domanda per l’esonero contributivo dei soggetti che svolgono la propria attività in agricoltura è stato determinato dalle difficoltà tecniche di presentazione dell’istanza stessa. Infatti, la data di scadenza del 4 dicembre scorso coincideva con altri adempimenti inerenti varie misure a sostegno delle imprese per le difficoltà dell’emergenza sanitaria ed economica. La scadenza del 4 dicembre era stata determinata dai 30 giorni stabiliti per presentare la domanda a partire dal decreto istitutivo della misura stessa.

Restituzione quote non dovute di esonero contributivo imprese agricole: scadenza al 13 dicembre 2021

La seconda proroga riguarda il versamento delle quote di eccedenza relativa all’esonero contributivo che non spettava per il primo semestre del 2020. Chiamate al versamento sono le aziende delle filiere agrituristiche, brassicole, apistiche, vitivinicole, cerealicole, florovivaistiche, dell’allevamento, delle ippicolture, della pesca e dell’acquacoltura. In questo caso il termine per il pagamento era l’11 dicembre 2021. Due giorni in più di tempo, con scadenza al 13 dicembre 2021, per il versamento oppure per richiedere di pagare a rate.

Quali sono le quote di esonero contributivo che devono restituire le imprese agricole?

Le quote di esonero contributivo che le imprese agricole devono restituire sono quelle in eccedenza rispetto a quanto spettante dei primi sei mesi del 2021. L’Inps, nella circolare numero 57 del 2021, aveva specificato che il termine di pagamento sarebbe stato fissato ai 30 giorni successivi alla comunicazione che le imprese agricole avrebbero ricevuto. Tale comunicazione è arrivata l’11 novembre scorso, ragione per la quale i 30 giorni scadono l’11 dicembre. Trattandosi di un sabato, il termine del pagamento slitta direttamente a lunedì 13 dicembre.

Domanda per versare a rate le quote da restituire dell’esonero contributivo 1° semestre 2021

Entro la stessa data del 13 dicembre 2021, le aziende agricole che devono restituire le quote dell’esonero contributivo possono presentare richiesta di pagamento a rate. Se l’azienda presenta tale richiesta entro il 13 dicembre, infatti, oltre alle rate dovranno essere pagati solo gli interessi della dilazione. Per le domande presentate a partire dal 14 dicembre, invece, oltre agli interessi dovranno essere pagate anche le sanzioni civili per l’omissione.