Contributi versati e non usati, possono essere riscossi?

I contributi versati dai lavoratori servono per poter andare in pensione quando si diventa anziani. Ci sono dei casi in cui non bastano, cosa fare?

Contributi versati, quando si può andare oggi in pensione

I contributi versati sono fondamentali per poter andare in pensione a fine carriera lavorativa. In questi ultimi giorni si dibatte al governo su una Riforma delle pensioni che possa chiudere definitivamente la pensione ed i rapporto tra età del lavoratore ed il valore dei contributi versati.

Ad esempio occorrono almeno 20 anni di contributi per andare in pensione all’età di 67 anni. Mentre se facciamo riferimento a quota cento è possibile andare in pensione a 65 anni e 35 di contributi. Insomma ci sono delle opzioni da dover considerare, tra cui  l’opzione donna e l’ape sociale. Ma cosa succede quando si ha l’età giusta ma non bastano i contributi?

I contributi silenti, come valutarli

L’obiettivo di un lavoratore a fine ciclo lavorativo è quello di poter avere un assegno mensile che gli permetta di vivere serenamente. Ma ci sono casi in cui il lavoratore è in età pensionabile, e non ha i contributi versati idonei. Ad esempio 67 anni di età e 18 di contributi. E allora cosa fare?

Questi contributi versati e non utili ai fini dell’assegno pensionistico sono i così detti contributi silenti. Tuttavia l’INPS non restituisce i contributi versati non utilizzati per ottenere la pensione. Però si sono alcune casse professionali, come quella dei ragionieri e dottori commercialisti che consento la restituzione dei contributi, qualora ci si cancelli dall’albo e dell’ente. Oppure l’Enpam, l’ente previdenziale dei medici, permette la restituzione dei contributi. Può ottenere la restituzione chi si è cancellato dall’ordine e non ha raggiunto il diritto alla pensione ai 68 anni.

Alcuni casi particolari

Tuttavia ci sono alcune categorie di lavoratori che hanno effettuato versamenti eccedenti rispetto alla contribuzione richiesta o a cui è stato riconosciuto un esonero contributivo o una riduzione che genera un’eccedenza di versamento. Dunque è possibile richiedere il rimborso di queste somme. Possono richiedere il rimborso:

  • gli artigiani ed i commercianti;
  • i datori di lavoro domestico;
  • lavoratori agricoli autonomi;
  • collaboratori lavoratori iscritti alla gestione separata.

Pertanto perdere i contributi versati è davvero un peccato. Quindi occorre sempre stare attenti e fare bene i calcoli prima di andare in pensione, per non incorrere in spiacevoli sorprese.

 

Bonus ricariche auto elettriche, in arrivo risorse anche per professionisti e partite Iva

In arrivo risorse anche per i liberi professionisti e le partite Iva per il bonus di ricarica delle auto elettriche. In Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato il decreto del 25 agosto 2021 del ministero per la Transizione ecologica che riprende il provvedimento di legge numero 126 del 2020. Coinvolte nel decreto le installazioni di infrastrutture utili alla ricarica di autoveicoli elettrici. Le risorse stanziate dal governo sono pari a 90 milioni di euro. Per mandare a regime il provvedimento si attendono i termini per la presentazione della domanda e i modelli necessari per l’istanza stessa.

Chi può presentare domanda per il bonus ricariche auto elettriche?

Saranno ammessi alla presentazione della domanda per il bonus ricariche delle auto elettriche le persone fisiche nell’esercizio di attività di impresa, di arti e di professioni. Ulteriori beneficiari individuati dal decreto sono tutti i soggetti passivi delle imposte sul reddito delle società.

Come sono distribuite le risorse per il bonus infrastrutture di ricariche auto elettriche?

I 90 milioni di euro stanziati dal governo per il bonus sulle infrastrutture di ricarica delle auto elettriche sono ripartiti in tre categorie. L’80% del fondo è a destinazione per l’acquisto e per l’installazione delle infrastrutture di ricarica delle imprese. Il costo dell’infrastruttura può arrivare all’importo massimo di 375 mila euro. Un ulteriore 10% delle risorse sono destinate alle infrastrutture che hanno un costo a partire dai 375 mila euro e a disposizione delle imprese. Infine, il rimanente 10% è riservato all’acquisto e all’installazione delle infrastrutture per i liberi professionisti. Il beneficio ottiene il contributo in regime de minimis.

Cosa devono fare i beneficiari del bonus infrastrutture di ricarica elettrica?

Una volta ottenuto il bonus per le infrastrutture di ricarica elettrica delle auto, i beneficiari devono mantenere per 5 anni l’infrastruttura stessa. Il termine decorre dal giorno in cui il ministero ha erogato il contributivo. Il beneficiario ha la possibilità di inviare una sola e unica domanda. Le spese ammissibili al contributo devono essere state effettuate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto.

Bonus infrastrutture ricarica auto elettriche, quali sono i requisiti dei liberi professionisti

Il requisito principale che devono possedere i liberi professionisti nell’erogazione del bonus per le infrastrutture di ricarica delle auto elettriche risiede nel volume d’affari. In particolare, il volume risultante dall’ultima dichiarazione Iva che è stata inoltrata all’Agenzia delle entrate, deve essere almeno di pari importo del valore del contributo richiesto. Il valore da prendere sulla dichiarazione è quello corrispondente al rigo VE 50. È necessario che il professionista che inoltri la domanda alleghi anche la dichiarazione Iva.

Partite Iva regime forfettario, possono chiedere il bonus ricarica auto elettriche?

Anche le partite Iva a regime forfettario possono presentare domanda per il contributo ai fini delle infrastrutture di ricarica elettrica. Tuttavia, trattandosi di un regime agevolato, il provvedimento riconosce il valore del contributo nell’importo massimo di 20 mila euro. Inoltre, le partite Iva del forfettario devono essere in regola con tutti gli adempimenti, da quelli fiscali a quelli assistenziali e previdenziali.

Quali sono le spese ammissibili al bonus infrastruttura ricarica auto elettriche?

Le spese ammissibili al bonus di ricarica auto elettriche riguardano:

  • acquisto e messa in opera delle infrastrutture di ricarica;
  • installazione degli impianti elettrici, delle colonnine, comprese le opere edili che sono necessarie all’installazione stessa e i dispositivi necessari al monitoraggio.

Il contributo da riconoscere è pari al 40% delle spesse ammissibili. L’erogazione del bonus avviene in conto capitale.

Come si presenta la domanda per il contributo ricariche auto elettriche

La presentazione delle domande deve essere fatta a Invitalia, ente deputato alla gestione dell’iniziativa. Tuttavia è necessario attendere che il ministero stesso emetta i provvedimenti relativi alla domanda e le modalità di erogazione del bonus. In particolare sono necessari la scadenza dell’istanza e i modelli. Il richiedente deve allegare alla domanda anche la descrizione dell’intervento che intende realizzare. Devono essere descritti, altresì, i risultati che il richiedente prevede di raggiungere con l’intervento.

Invio della domanda per il bonus auto elettriche e risposta del ministero Transizione ecologica

Imprese, professionisti e partite Iva interessati al bonus auto elettriche potrebbero avere un lasso di tempo breve per la presentazione della domanda. Infatti, i contributi verranno erogati in base all’ordine cronologico di arrivo delle domande. Il termine per l’erogazione del contributo è pari a 120 giorni dall’invio della domanda. In caso di bocciatura della domanda, Invitalia comunicherà ai richiedenti i motivi del rifiuto. Il contributo si può cumulare con altri bonus previsti per la stessa spesa.

Agricoltura: credito di imposta per chi acquista macchinari

L’agricoltura è un settore strategico per il Paese, ma anche un comparto molto difficile in cui lavorare, per agevolare gli investimenti e l’uso di nuove tecnologie anche in questo importante ramo dell’economia del Paese ci sono diverse agevolazioni e tra queste il credito d’imposta a compensazione dei tributi per chi investe in macchinari.

Chi può avvalersi del credito di imposta a compensazione dei tributi

L’agricoltura è un settore strategico per il Paese, nel primo trimestre del 2021 il valore aggiunto dell’agricoltura ha raggiunto 7,89 miliardi di euro con un aumento dell’1,3% rispetto allo stesso trimestre del 2020 e del 3,9% rispetto all’ultimo trimestre del 2020. Nel primo trimestre è cresciuta anche l’occupazione nel settore e  il numero di ore lavorate, segno che l’agricoltura in Italia comincia a essere rivalutata anche dai giovani che possono ora lavorare in questo settore avvalendosi anche di nuove tecnologie. Proprio per aiutare il comparto a crescere sono previsti diversi aiuti e tra questi c’è il credito di imposta a compensazione dei tributi.

La normativa stabilisce che per il 2021 possono avvalersi di questo importante contributo tutte le imprese agricole residenti sul territorio, qualunque sia il regime fiscale applicato e quindi anche nel caso in cui abbiano scelto il regime forfettario. A differenza del passato non sono esclusi i contoterzisti, cioè coloro che lavorano in agricoltura per conto terzi, che in fondo sono i soggetti che più di altri investono in macchinari e non sono escluse le ditte individuali. La platea quindi è molto ampia e per conoscere nel dettaglio le aziende che possono essere definite agricole è possibile leggere la guida:

Di cosa si occupa un’azienda agricola: definizione, limiti, privilegi

Su quali beni/macchine agricole è possibile ottenere il credito di imposta a compensazione dei tributi

La disciplina del credito di imposta riconosciuto in seguito all’acquisto di macchinari prevede due tipologie di agevolazioni, la prima consente di ottenere una compensazione fino al 50% del prezzo di acquisto, questa però è legata all’acquisto di macchinari con tecnologia 4.0.

In particolare si può ottenere il:

  • 50% su un investimento fino a 2,5 milioni di euro;
  • 30% su investimenti di valore tra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro;
  • 10% su investimenti fino a 10 milioni di euro.

La seconda possibilità è il credito di imposta pari al 10% del prezzo di acquisto e si applica a qualunque tipologia di macchinario.

Naturalmente tutti sono attratti dalla possibilità di ottenere il 50% di compensazione e quindi si chiedono: quali sono i macchinari con tecnologia 4.0? Si tratta di attrezzature e macchinari, tra cui ovviamente i trattori, che hanno tecnologie e software di nuova generazione, gli stessi devono essere funzionali alla trasformazione tecnologica e alla facilitazione dei processi produttivi. Tra questi vi sono strumenti con meccanismi di automazione.

Per quali imposte è possibile beneficiarne

Naturalmente tutti sono interessati a capire su quali imposte è possibile portare in detrazione il 50% o altra percentuale a cui si ha diritto.

La normativa prevede che l’acquisto debba essere sostenuto entro il 31 dicembre 2021, occorre però che entro tale data sia anche versato al venditore almeno il 20% del prezzo pattuito. Si potrà beneficiare del credito di imposta dall’anno successivo. Una volta calcolato l’ammontare, lo stesso viene diviso in tre rate “riscuotibili” annualmente. Quindi facendo il caso di un trattore con tecnologia 4.0 acquistato al prezzo di 100.000 euro, entro il 31 dicembre deve essere pagato almeno l’importo di 20.000 euro. Poi dal 2022 sarà possibile portare in detrazione il 50%, ovvero 50.000 euro. Questa somma viene divisa per 3 e si ricavano rate da 16.667 euro, quindi nel 2022 la compensazione sarà di tali importi massimi, nel 2023 si avrà la seconda rata e nel 2024 la terza rata. Nel caso in cui le imposte da pagare siano inferiori a tali somme, la rimanente parte andrà persa.

Ciò che è interessante è la tipologia di imposte che possono essere portate in compensazione, infatti ci sono contributi davvero notevoli, ad esempio contributi previdenziali e assistenziali da pagare in favore dei lavoratori dipendenti, contributi previdenziali e assistenziali propri, questi assumono particolare rilievo soprattutto nelle aziende di medie dimensioni e quindi possono aiutare a portare in compensazione somme davvero importanti, inoltre si possono compensare IVA, IRPEF, IRAP, IRES, IMU.

Infine occorre ricordare che questo aiuto non ricade in quelli classificati come aiuti di Stato e di conseguenza può essere cumulato con altre agevolazioni previste per l’acquisto di macchine agricole e strumenti come la Nuova Sabatini.

Vuoi saperne di più sulle agevolazioni previste per la Nuova Sabatini? Leggi l’articolo Imprese: La legge “Nuova Sabatini” per acquistare nuovi macchinari

Contributi a fondo perduto nel turismo, in arrivo pacchetto di misure per 1,7 miliardi

Contributi a fondo perduto, superbonus, fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. È in arrivo un pacchetto di misure per gli operatori del turismo per 1,7 miliardi di euro dal Pnrr. Le misure dovrebbero entrare in vigore già prima del 31 dicembre 2021. Per fare in fretta, nei prossimi giorni il governo dovrebbe varare il decreto Pnrr destinato agli operatori di alberghi, stabilimenti balneari, imprese femminili e aziende gestite da giovani. L’obiettivo è la riqualificazione di circa 3500 strutture nei prossimi quattro anni.

Dai contributi a fondo perduto al credito di imposta, quali sono le misure attese per il turismo

Nel pacchetto di misure attese per il turismo dovrebbero rientrare:

  • il superbonus fino all’80% per la riqualificazione di alberghi, strutture ricettive e stabilimenti balneari;
  • un fondo di garanzia delle piccole e medie imprese, comprese misure per l’imprenditoria femminile e per i giovani fino a 35 anni;
  • un fondo di rotazione a garanzia degli investimenti nel settore;
  • contributi alle attività del Sud Italia;
  • una tax credit consistente nel credito di imposta per agenzie di viaggi e tour operator.

Misure per il turismo: il superbonus 80%

Una delle misure più attese è il superbonus 80% per le imprese del settore. Dovrebbero rientrare tra i beneficiari gli alberghi, le terme e gli stabilimenti balneari, gli agriturismi, i porti turistici, i congressi e le fiere, i parchi a tema. Il superbonus 80% dovrebbe essere applicato al rinnovamento delle strutture dal punto di vista dell’efficienza energetica e della riqualificazione per le barriere architettoniche e lavori antisismici.

Chi può accedere al superbonus 80% turismo?

I lavori ammessi al superbonus 80% dovranno essere effettuati e conclusi entro la fine del 2024. Tuttavia, il superbonus potrebbe finanziare anche interventi già svolti e terminati prima dell’entrata in vigore del decreto Pnrr, purché l’inizio dei lavori sia avvenuto a partire da febbraio 2020.

Come si può utilizzare il superbonus 80% con il credito di imposta?

Il superbonus 80% per i lavori effettuati su strutture turistiche potrà essere usato come credito di imposta destinato a coprire contributi e tasse. Il limite temporale di utilizzo dovrebbe essere l’anno di imposta 2025. Il credito di imposta potrà essere anche ceduto a soggetti terzi.

Fondo perduto per le imprese turistiche

I contributi a fondo perduto per le imprese del turismo dovrebbe arrivare a un importo limite di 40 mila euro. A questi dovrebbero aggiungersi ulteriori 30 mila euro se le spese per la digitalizzazione e per l’innovazione tecnologica dovessero ammontare ad almeno il 15% dell’intero intervento previsto per la struttura. Ulteriori incrementi sono previsti per le imprese gestite da giovani under 35 o da donne (20 mila euro aggiuntivi di fondo perduto). Per le imprese operati nelle regioni del Sud Italia l’incremento si attesterebbe a 10 mila euro. L’importo massimo spettante per ciascuna impresa è pari a 100 mila euro. Il contributo verrà erogato solo al completamento degli interventi, con un anticipo massimo del 30% di quanto previsto.

Turismo, atteso il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese

Il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese del turismo dovrebbe supportare oltre 24 mila investimenti. Il totale delle garanzie dovrebbe attestarsi intorno ai 2,7 miliardi di euro con un accantonamento presunto di 358 milioni di euro. Le categorie riservate sono, anche per questo strumento, le imprese operanti nel Sud Italia e quelle gestite da donne o da giovani.

Fondo di rotazione: garanzia del 35% delle spese ammissibili per digitalizzazione e riqualificazione

Un ulteriore strumento di garanzia per gli investimenti fatti nel settore del turismo sarà il fondo di rotazione. È prevista la garanzia delle spese ammissibili del 35%. Per il fondo verranno stanziati 40 milioni di euro nel prossimo anno e 50 milioni negli anni susseguenti. Gli interventi ammessi sono soprattutto quelli di digitalizzazione e di riqualificazione energetica.

Aiuti al turismo, la tax credit ai tour operator

Per i tour operator e le agenzie di viaggi è prevista la tax credit. Si tratta di un credito di imposta a copertura delle spese per la digitalizzazione dei servizi. Si può arrivare al 50% del credito di imposta sulle spese sostenute e ammissibili, fino al tetto massimo di 25 mila euro. Tra i lavori ammessi al credito di imposta risultano l’acquisto di siti web e la gestione delle prenotazioni di pernottamenti attraverso la digitalizzazione dei servizi stessi. Il fondo godrà di uno stanziamento di 98 milioni di euro da assegnare agli anni dal 2022 al 2025.

Contributi alle Pmi, due bandi Regione Lombardia per chi assume o per la formazione

Due i bandi della Regione Lombardia alle piccole e medie imprese che assumono e alle aziende e ai professionisti che fanno formazione. I fondi, oltre 41 milioni di euro, servono a incentivare le assunzioni di over 50, di donne e di giovani inoccupati, oltre alla formazione. In tutto, a favore delle fasce deboli, sono previsti fino a 12500 euro per ogni nuovo assunto per un totale per ciascuna Pmi di 50 mila euro. I voucher formazione, invece, consentono di utilizzare contributi a fondo perduto di 2 mila euro per ogni dipendente o professionista.

Bandi per contributi alle nuove assunzioni: due bandi per le imprese della Lombardia

I bandi della Regione Lombardia per le assunzioni sono stati presentati e rilanciati nella giornata del 13 ottobre dall’assessore regionale alla Formazione e Lavoro Melania Rizzoli.  L’intervento è a favore, in particolare, dei Neet, cioè dei giovani che non lavorano e non studiano, di chi è prossimo alla pensione e ha perso l’occupazione, delle donne che risultano ancor più penalizzate dal lungo periodo di emergenza sanitaria.

Bando Formare per assumere: contributi a disposizione delle Pmi

Il primo bando prende il nome di “Formare per assumere”. Rientra nei fondi stanziati dal Fondo sociale europeo (Fse) del settennato 2014-2020 per l’Asse 1 azioni 8.5.1, 8.6.1, 8.2.2, 8.5.5 e 8.1.1. Il bando è stato pubblicato a luglio e rilanciato due giorni dall’assessore Rizzole. I fondi stanziati per questo bando sono pari a 15 milioni di euro che la Regione Lombardia punta, comunque, a incrementare. La scadenza dei fondi è fissata al 30 settembre 2023.

Quanto spetta a ciascuna impresa per ogni assunto

Nel bando l’incentivo è assicurato alle assunzioni di persone non occupate da almeno 30 giorni. Alle aziende viene corrisposto un contributo di 3000 euro per la formazione e un bonus di 1000 euro per per le aziende che hanno meno di 50 dipendenti, un bonus per la ricerca e la selezione da 500 euro e un incentivo per ogni nuovo assunto che varia nel seguente modo:

  • 4000 euro per assunzioni di lavoratori fino a 54 anni di età;
  • 6000 euro per lavoratrici fino a 54 anni;
  • 6000 euro per lavoratori dai 55 anni;
  • 8000 euro per lavoratrici dai 55 anni.

Come partecipare al bando contributi per nuove assunzioni Regione Lombardia

Per partecipare al bando Formare per assumere della Regione Lombardia le imprese interessate possono presentare domanda (già a partire dallo scorso 26 luglio) tramite il sistema informativo dei Bandi online del sito istituzionale della Regione. Il termine della scadenza per richiedere i contributi è fissato alle ore 12 del 30 settembre 2023.

Bando per la formazione: ecco a chi spettano i voucher da 2000 euro

Il secondo bando prende il nome di Formazione Continua – Fase VI, Voucher aziendali, ed è finanziato dal Por Fse 2014/2020 per 26,5 milioni di euro. Non ci sono scadenze temporali e, come affermato dall’assessore Rizzoli, “basta un click per accedere al finanziamento”.

Chi può partecipare al bando Formazione continua della Regione Lombardia?

Al bando possono partecipare tutte le imprese ubicate nella Lombardia che appartengano alle seguenti categorie:

  • iscritte alla Camera di commercio;
  • le imprese familiari;
  • gli enti del terzo settore che svolgano attività economica;
  • le fondazioni e le associazioni riconosciute che svolgano attività economica;
  • le cooperative;
  • i liberi professionisti o la relativa associazione nel caso in cui svolgano la professione in forma associata.

A chi sono rivolti gli interventi finanziati dal bando?

Gli interventi finanziati dal bando sono rivolti:

  • a chi è dipendente delle micro, piccole, medie e grandi imprese della Regione Lombardia;
  • ai titolari e ai soci delle stesse imprese menzionate;
  • ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi che abbiano domicilio fiscale in Lombardia e che svolgano la professione autonomamente o in forma associata.

Cosa finanzia il bando Regione Lombardia Voucher formativi?

Il bando prevede l’erogazione di voucher formativi del valore massimo di 2 mila euro. Tutti i soggetti ai quali sono rivolti gli interventi (dipendenti, titolari e soci, liberi professionisti e autonomi) possono fruire di percorsi formativi (anche più di uno) fino a raggiungere il valore del voucher stesso. Ogni impresa può essere beneficiaria di voucher per un totale di 50 mila euro.

Come presentare domanda per il voucher formativo della Regione Lombardia?

Le imprese interessate possono selezionare l’offerta formativa dal Catalogo della Regione Lombardia. In alternativa è possibile procedere direttamente tramite l’ente formativo per la scelta dei contenuti della formazione necessaria. Una volta scelta l’offerta formativa alla quale partecipare, la domanda deve essere presentata direttamente in via telematica nel Sistema Informativo dei Bandi. Maggiori dettagli sono presenti nella sezione bandi del sito istituzionale della Regione Lombardia.

Contributi volontari pensione: quando, come si versano e quanto costa?

I contribuenti che rimangono senza lavoro e a pochi anni dalla pensione possono valutare di versare i contributi volontari per arrivare ai requisiti di uscita. I lavoratori autonomi o dipendenti, infatti, possono proseguire versando di tasca propria i contributi utili alla pensione tramite la prosecuzione volontaria. Si tratta di un meccanismo previdenziale che consente a chi, per varie ragioni, dovesse interrompere di versare i contributi, di non perdere quelli già pagati e di maturare il diritto al pensionamento.

Chi può chiedere di versare i contributi volontari per la pensione?

Possono chiedere di versare i contributi per raggiungere i requisiti della pensione tutti i lavoratori iscritti all’Inps, inclusi i lavoratori del pubblico impiego che:

  • abbiano cessato oppure interrotto il proprio lavoro. In questo caso i contributi volontari sono utili a raggiungere i requisiti minimi per il pensionamento;
  • abbiano già maturato i requisiti per andare in pensione ma intendono proseguire la contribuzione per aumentare l’importo del proprio assegno mensile. In questo caso è necessario che non ricevano già una pensione diretta.

Per quali pensioni si possono versare i contributi volontari?

Per la finalità di raggiungere i requisiti della pensione, è utile sottolineare che il versamento dei contributi volontari consente di perfezionare il diritto alla pensione di vecchiaia, di anzianità, l’assegno ordinario di invalidità e l’inabilità. Tra le forme indirette di pensionamento, versare i contributi volontariamente permette di arrivare alle formule di reversibilità e di trattamento ai superstiti.

Contributi volontari, i quattro casi in cui si possono richiedere per la pensione

Si può richiedere di versare i contributi per la pensione in quattro specifici casi:

  • per l’interruzione o la sospensione dell’attività lavorativa avvenuta per situazioni contrattuali o per disposizioni di legge;
  • per integrare i contributi figurativi nei casi di congedo parentale. Connessa a questa situazione è anche la possibilità di riscattare i contributi figurativi per un periodo massimo di tre anni;
  • nelle situazioni di lavoro intermittente al fine di integrare la contribuzione obbligatoria nei casi in cui la retribuzione o l’indennità sia inferiore a quella convenzionale per lavoro part-time o orario ridotto;
  • per i lavori socialmente utili.

Come fare domanda di contributi volontari?

Per versare i contributi volontari è necessario presentare domanda all’Inps. L’istanza può essere inoltrata attraverso il canale on line del sito dell’Inps, accedendo al portale e avvalendosi dei servizi telematici. In alternativa, si può contattare il Contact Center al numero 803 164 o allo 06 164164 da rete mobile. Infine ci si può rivolgere a un patronato o a tutti gli intermediari dell’Inps.

Autorizzazione Inps al versamento dei contributi volontari

L’Istituto previdenziale, tuttavia, concede l’autorizzazione ai contributi volontari se sono stati versati almeno tre anni di contributi nei cinque anni precedenti la domanda stessa. Se dovesse mancare questo requisiti, la contribuzione volontaria è ammessa in presenza di almeno cinque anni di contributi, a prescindere dai periodi di versamento.

Riscatto dei contributi per proseguire i versamenti volontari

Ai fini dei requisiti per poter richiedere il versamento dei contributi volontari, il lavoratore può perfezionarli anche mediante riscatti, ricongiunzioni e alcune contribuzioni figurative come la Cassa integrazione guadagni. Sono esclusi dal perfezionamento dei requisiti i periodi di gravidanza, di servizio militare, di infortuni e malattia, di disoccupazione indennizzata o di lavoro all’estero in nazioni non convenzionate.

Chi è escluso dal versamento volontari dei contributi?

Sono esclusi dal versamento volontario dei contributi i lavoratori che non abbiano cessato o interrotto il rapporto di lavoro che ha generato l’obbligo contributivo stesso. Inoltre, sono esclusi dai contributi volontari anche i contribuenti che già percepiscono una qualsiasi formula di pensione diretta.

Decorrenza possibilità di versare i contributi volontari

Rispetto al momento in cui è stata presentata domanda di versamento dei contributi volontari, la decorrenza dell’autorizzazione Inps avviene:

  • il sabato successivo per i contribuenti subordinati;
  • dal primo giorno del mese in cui si è presentata la domanda per i commercianti e gli artigiani.

Quanto si paga per versare i contributi volontari?

Il calcolo di quanto si paga per versare i contributi volontari parte dalla media delle retribuzioni, inclusa la tredicesima mensilità, dell’ultimo anno di lavoro. Alla media va applicata l’aliquota contributiva in vigore che, per i lavoratori dipendenti, è pari al 33%. L’Inps, in ogni modo, prevede un minimo di versamento contributivo. Tale limite è calcolato applicando l’aliquota contributiva del 33% al 40% della pensione minima. Per il 2021 il trattamento minimo è fissato a 515,58 euro.

Quanto devono pagare artigiani e commercianti di contributi volontari?

Il calcolo di quanto devono pagare artigiani e commercianti di contributi volontari è fatto direttamente dall’Inps. Per il calcolo, l’Inps considera la media del reddito d’impresa risultante ai fini Irpef degli ultimi 3 anni. Dal calcolo, i contributi volontari vengono suddivisi in otto diverse fasce di reddito e sono dovuti su base mensile.

Calcolo contributi volontari dei coltivatori diretti

Il calcolo dei contributi volontari dei coltivatori diretti, dei mezzadri e dei coloni stabilisce il contributo settimanale determinato dalla media settimanale dei redditi dei precedenti tre anni. I tre anni sono determinati sulla base delle 156 settimane di lavoro. I contributi dei coltivatori diretti non possono essere, in ogni modo, inferiori a quelli previsti per i lavoratori dipendenti.

Quando si pagano i contributi volontari?

Il pagamento dei contributi volontari deve avvenire per periodi di tre mesi ed entro la fine del trimestre successivo. Pertanto, il primo trimestre dell’anno (gennaio, febbraio e marzo) deve essere pagato entro il 30 giugno susseguente. Analogamente, il secondo trimestre (aprile, maggio e giugno) deve essere pagato entro il 30 settembre successivo. Il terzo trimestre (luglio, agosto e settembre) va pagato entro il 31 dicembre. Infine, l’ultimo trimestre dell’anno (ottobre, novembre e dicembre) deve essere saldato entro il 31 marzo dell’anno successivo.

Vantaggi fiscali dei contributi volontari

I contributi volontari devono essere pagati interamente per la somma spettante. In caso di versamento inferiore a quanto dovuto, il contribuente subisce la riduzione proporzionale del periodo assicurato. Infine, è utile ricordare i vantaggi fiscali dei contributi volontari. Quanto versato rientra tra gli oneri deducibili dal reddito complessivo per l’intero importo. La deducibilità opera anche se il versamento viene sostenuto dai familiari fiscalmente a carico.

Esonero contributivo, come funziona per turismo, stabilimenti termali e commercio, cultura e spettacolo

Non c’è alcuna limitazione particolare per i datori di lavoro che operano nei settori del turismo, degli stabilimenti termali e del commercio, del settore creativo, cultura e dello spettacolo che, avendo beneficiato dei trattamenti di integrazione salariale nel periodo da gennaio a marzo 2021, vogliano utilizzare l’esonero dei contributi previsto dall’articolo 43 del decreto legge numero 73 del 2021.

Esonero contributivo e datori di lavoro che hanno usato la Cassa Covid da gennaio a marzo 2021

Sulla questione è intervenuta l’Inps con la circolare numero 140 del 2021. Secondo quanto spiegato dall’Istituto previdenziale nella comunicazione, l’esonero contributivo può essere richiesto e ottenuto a prescindere dal tipo di ammortizzatore usato nei primi tre mesi del 2021. Pertanto, potranno fare richiesta non solo i datori di lavoro che hanno utilizzato la Cassa Covid, ma anche coloro che hanno presentato richiesta per causali differenti.

Cosa prevede il decreto Sostegni bis sull’esonero contributivo

Nel dettaglio, il decreto legge numero 73 del 25 maggio 2021 (decreto Sostegni bis), poi convertito nella legge numero 106 del 2021, prevede al comma 1 del comma 43 che “ai datori di lavoro privati dei settori del turismo e degli stabilimenti termali e del commercio, nonché del settore creativo, culturale e dello spettacolo, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è riconosciuto, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, fruibile entro il 31 dicembre 2021, nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021, con esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’Inail. L’esonero è riparametrato e applicato su base mensile”.

Esonero contributivo e integrazione salariale

Dunque, come descritto espressamente dall’articolo in questione, l’esonero contributivo è riconosciuto dal 26 maggio 2021 nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale già utilizzate nei mesi da gennaio a marzo del 2021. Pertanto, nel predetto periodo, i datori di lavoro devono aver fruito, anche parzialmente, dei trattamenti di integrazione salariale.

Chi può accedere all’esonero dei contributi?

Al beneficio dell’esonero contributivo previsto dall’articolo 43, possono accedere i datori di lavoro privati dei settori del turismo, degli stabilimenti termali e del commercio, del settore creativo, culturale e dello spettacolo, che abbiano fatto uso dei trattamenti di integrazione salariale tra gennaio e marzo 2021. L’individuazione dei settori di attività richiede il richiamo ai codici Ateco corrispondenti alle diverse attività.

Requisiti dei datori di lavoro del turismo e spettacolo per l’esonero contributivo

Il requisito fondamentale affinché l’Inps riconosca l’esonero contributivo dei datori di lavoro dei settori enunciati, dal turismo allo spettacolo, è che lo stesso, identificato dalla matricola Inps, abbia fruito di trattamenti di integrazione salariale tra gennaio e marzo scorsi, indipendentemente dal fatto che i lavoratori in forza nei mesi in cui si fruisca dell’esonero siano gli stessi o meno di quelli che erano in forza durante l’utilizzo dei trattamenti di integrazione salariale.

Misura dell’esonero contributivo

L’importo dell’esonero di cui all’articolo 43 del decreto Sostegni bis è corrispondente al doppio delle ore di integrazione salariale già utilizzate nei primi tre mesi del 2021. Sono esclusi i contributi Inail e i premi. Dunque per stabilire la misura dell’esonero è necessario calcolare la contribuzione datoriale che non è stata versata in rapporto al doppio delle ore degli ammortizzatori sociali usufruite da gennaio a marzo 2021.

Quali contributi non sono oggetto di esonero?

Inoltre, ai fini dell’esonero contributivo, il richiedente non deve far riferimento:

  • al contributo relativo al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto;
  • ai contributi dovuti ai fondi di solidarietà degli articoli 26, 27, 28 e 29 del decreto legislativo numero 148 del 2015;
  • allo 0,30% destinato al finanziamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua.
  • ai contributi destinati alla previdenza complementare o fondi di assistenza sanitaria;
  • ai contributi di solidarietà a favore dei lavoratori dello spettacolo e a quelli per gli sportivi professionisti.

Condizioni di regolarità per ottenere l’esonero contributivo

Il beneficio dell’esonero contributivo è inoltre sottoposto a ulteriori condizioni. In particolare:

  • il richiedente deve essere in regola con gli obblighi di contribuzione previdenziale;
  • non vi devono essere state violazioni sulla tutela delle condizioni di lavoro e altri obblighi previsti dalla legge;
  • devono essere stati rispettati gli accordi e i contratti collettivi nazionali.

Cumulabilità esonero contributivo con altre misure

L’esonero contributivo è cumulabile con altre tipologie di esoneri contributivi contemplati dalle norme vigenti. Il limite di spettanza è rappresentato dalla misura della contribuzione dovuta. È tuttavia da verificarsi che gli altri esoneri, a loro volta, non prevedano la non cumulabilità con altre misure.

Esonero contributivo: su cosa viene applicato per rate e acconti di artigiani, commercianti e professionisti

Come funziona l’esonero parziale dei contributi, la cui domanda scade il 30 settembre 2021? Lo sconto sui contributi spetta nel limite massimo per ogni partita Iva di 3 mila euro su base annuale. Tuttavia, l’esonero va riparametrato su base mensile tanto per i lavoratori autonomi e professionisti, quanto per gli artigiani e i commercianti.

Esonero dei contributi previdenziali: cosa prevede la misura?

La legge di riferimento che ha previsto l’esonero parziale dei contributi per i lavoratori autonomi e i professionisti è la legge numero 178 del 2020. Il decreto di attuazione della legge 178 del 2020 è quello interministeriale del 17 maggio 2021. Il provvedimento dispone i meccanismi per avvalersi dell’esonero contributivo. Regole fondamentali per accedere allo sconto sui contributi sono quelle che prevedono la regolarità contributiva e l’esclusione dei percettori di pensione diretta e degli autonomi che abbiano anche un contratto di lavoro subordinato.

In che modo avviene l’esonero contributivo?

L’esonero contributivo dei lavoratori autonomi concerne la possibilità accordata agli iscritti alle gestioni previdenziali di non versare la contribuzione previdenziale relativa all’anno 2021. Tuttavia, l’applicazione dello sconto dei contributi segue meccanismi diversi a seconda che si tratti di artigiani e commercianti o di liberi professionisti iscritti alla Gestione separata Inps o ad altre forme previdenziali.

I contributi oggetto di esonero vengono accreditati come contributi figurativi

I contributi oggetto dell’esonero e, dunque, non versati, saranno accreditati figurativamente sull’estratto conto del lavoratore autonomo. Tuttavia, ai fini della possibilità di esonero, è necessario che il lavoratore autonomo versi la quota parte della contribuzione obbligatoria che non rientra nello sconto dei contributi.

Esonero contributivo di artigiani e commercianti, l’agevolazione vale per le rate del 2021

Per gli artigiani e i commercianti lo sconto sui contributi riguarda il minimale previsto dalla legge numero 233 del 1990. L’esonero, dunque, si applica sui contributi oggetto della tariffazione annuale del 2021, con scadenza fissata al prossimo 31 dicembre. L’esonero va applicato al netto delle altre agevolazioni o riduzioni della previdenza obbligatoria, di competenza del periodo di riferimento dello sconto stesso.

Quali rate rientrano nell’esonero contributivo di artigiani e commercianti?

Le rate che rientrano nell’esonero contributivo degli artigiani e dei commercianti sono la prima, la seconda e la terza del 2021. Dunque, lo sconto si applica solo per gli importi dovuti nel 2021 purché la scadenza del pagamento avvenga entro il 31 dicembre prossimo. Non rientra nell’esonero, pertanto, la contribuzione relativa al 2021 ma con scadenza di versamento susseguente al 31 dicembre 2021.

Quale contribuzione è esclusa dall’esonero contributivo 2021?

E dunque, la quarta rata 2021, con scadenza fissata al 16 febbraio 2022, risulta esclusa dall’esonero contributivo. Non sono da conteggiare nemmeno, ai fini dello sconto contributivo, gli importi di competenza degli anni precedenti.

Esonero contributivo dei liberi professionisti: come funziona?

Diverse sono le regole dello sconto sui contributi per i professionisti iscritti alla Gestione separata Inps. A differenza degli artigiani e dei commercianti, i professionisti non versano la contribuzione su quattro rate annuali, ma su due acconti e saldo nell’anno susseguente agli acconti. L’esonero contributivo, dunque, per i professionisti riguarda i contributi complessivi dovuti in acconto per il 2021.

Aliquote previdenziali applicate ai professionisti per l’anno 2021

L’aliquota di riferimento della contribuzione dei professionisti iscritti alla Gestione separata Inps è pari, per l’anno in corso, al 25,98%. Per i professionisti appartenenti ad altre forme di contribuzione previdenziale obbligatoria, lo sconto sui contributi si applica per quelli dovuti in acconto per l’anno in corso e calcolati con l’aliquota del 24%.

Come si applica l’esonero dei contributi per gli autonomi professionisti?

L’esonero dei contributi per i lavoratori autonomi professionisti riguarda i contributi dovuti a titolo di acconto nell’anno di imposta 2021. Tali acconti sono quelli in scadenza entro il 31 dicembre 2021, calcolati su quanto dichiarato nell’anno di imposta 2020. Pertanto, l’applicazione dello sconto sui contributi, nel limite di 3 mila euro, riguarda il primo e il secondo acconto 2021.

Scontro sui contributi, chi sono i lavoratori autonomi esclusi?

Rimangono esclusi dalla misura dello sconto dei contributi i professionisti titolari di rapporto subordinato e i titolari di pensione diretta. In particolare per gli autonomi che abbiano anche un rapporto di lavoro subordinato l’esonero non spetta nei mesi coincidenti con l’attività autonoma che dà diritto allo sconto stesso.

 

Pensione di invalidità civile e pensione di vecchiaia: spettano entrambe?

La pensione di invalidità civile e la pensione di vecchiaia spettano entrambe? Per rispondere a questa domanda è necessario chiarire che entrambe possono essere godute da un contribuente, ma le due misure di pensione non sono cumulabili. Ovvero non possono essere percepite entrambe nello stesso momento. Per arrivare a questa conclusione è necessario verificare quando decorra la pensione di invalidità civile e quando quella di vecchiaia, con subentro di quest’ultima alla maturazione dei relativi requisiti.

Che cos’è la pensione di invalidità civile?

La pensione di invalidità (o di inabilità) civile è una prestazione riconosciuta e pagata dall’Inps per le persone in stato di bisogno. Rientrano nello stato di bisogno i soggetti che hanno un’invalidità civile riconosciuta nella misura pari al 100%. Tuttavia, l’Inps riconosce lo stato di necessità se il richiedente non supera anche determinati tetti di reddito.

A chi spetta la pensione di invalidità civile?

La pensione di invalidità civile spetta ai cittadini che:

  • hanno un’età compresa tra i 18 e i 67 anni;
  • sono stati riconosciuti con una riduzione della capacità di lavorare nella misura del 100%;
  • sono cittadini italiani, europei o extracomunitari (è necessario il permesso di soggiorno da minimo un anno);
  • risiedono stabilmente e continuativamente in Italia;
  • hanno un reddito che non supera i 16.982,49 euro all’anno, per il 2020 e il 2021.

Quanto si prende di pensione di invalidità civile?

Per l’anno 2021, l’importo della pensione di invalidità civile è pari a 287,09 euro. La rata mensile è uguale a tutti gli invalidi civili, sia totali che parziali. Tuttavia, per gli invalidi civili totali la rata può essere ulteriormente aumentata grazie alle recenti novità normative che hanno disposto per i maggiorenni l’incremento al milione. Ciò significa che gli invalidi civili totali di almeno 18 anni, con redditi annui non superiori a 8.476,26 euro, possono ottenere l’aumento sino a 651,51 euro al mese. Il limite di reddito aumenta a 14.459,90 euro per il 2021 se l’invalido risulta coniugato. Chi, invece, riceve ha un reddito annuo tra 8.476,26 e 16.982,49 euro continua a percepire la pensione di inabilità di 287,09 euro.

Chi prende la pensione di invalidità può avere anche la pensione di vecchiaia?

Il soggetto che percepisce già la pensione di invalidità civile non può prendere, contemporaneamente, anche la pensione di vecchiaia. La motivazione risiede nel fatto che l’assegno di invalidità che si percepisce si trasforma d’ufficio in pensione di vecchiaia alla maturazione dei requisiti anagrafici previsti dalla legge Fornero per le pensioni di vecchiaia. Tale principio tutela chi percepisce la pensione di invalidità civile. Infatti, il soggetto beneficiario non può vedersi revocato l’assegno mensile per il venir meno del requisito sanitario connesso alla prestazione.

Pensioni, come avviene il passaggio dall’invalidità civile alla vecchiaia?

La trasformazione dell’assegno di invalidità civile in pensione di vecchiaia avviene in maniera automatica. Ad agire è proprio l’Inps senza che il beneficiario debba presentare alcuna domanda. L’Istituto previdenziale, al compimento dell’età pensionabile fissata attualmente a 67 anni, unitamente alla verifica dei contributi minimi (20 anni), provvede alla trasformazione dell’assegno mensile.

Quali vantaggi nascono dalla trasformazione della pensione di invalidità civile in vecchiaia?

Alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, che per il 2021 e il 2022 decorre dai 67 anni, la trasformazione della pensione di invalidità civile comporta due vantaggi. Il primo riguarda la possibilità, per il pensionato, di cumulare senza limiti la pensione con eventuali altri redditi da lavoro. Tali redditi potranno maturare sia in un rapporto di lavoro da dipendente, che da lavoratore autonomo. Con la prestazione di pensione di invalidità civile, invece, la cumulabilità dell’indennità con redditi da lavoro può essere solo parziale per la decurtazione dell’indennità stessa.

Reversibilità della pensione di vecchiaia e dell’invalidità civile

Il secondo vantaggio della trasformazione dell’indennità di invalidità civile in pensione di vecchiaia risiede nel fatto che, in caso di decesso del pensionato, gli eredi possono godere della pensione di reversibilità. L’assegno di invalidità civile, invece, non è reversibile verso gli eredi. Gli stessi, in caso di morte del lavoratore titolare di un’assicurazione obbligatoria, dovranno verificare la sussistenza di requisiti contributivi ai fini della pensione indiretta.

Contributi ai fini della pensione di vecchiaia

I periodi nei quali il percettore dell’invalidità civile ha ottenuto l’assegno e non ha lavorato, sono utili ai fini del perfezionamento del diritto a maturare la pensione di vecchiaia, ma non sono decisivi per la determinazione della misura della pensione stessa. Dunque, se un soggetto ha ricevuto l’assegno di invalidità con quindici anni di contributi, e per dieci lo ha ricevuto senza svolgere alcuna attività lavorativa, l’Inps accrediterà i 25 anni di contribuzione ai fini dei 20 anni minimi richiesti a 67 anni per la pensione di vecchiaia. Ma la misura dell’assegno mensile di pensione sarà determinato solo sui 15 anni di contributi effettivamente versati. Verranno pertanto esclusi i 10 anni in cui il lavoratore non ha effettuato versamenti.

Invalidità civile e pensione anticipata

La trasformazione dell’assegno di invalidità civile può avvenire solo con i requisiti della pensione di vecchiaia dei 67 anni. Lo stesso non può dirsi per la trasformazione in pensione anticipata. Pertanto, se il lavoratore invalido dovesse raggiungere i 42 anni e dieci mesi richiesti per la pensione anticipata, continuerà a percepire l’indennità di invalidità fino alla maturazione dei 67 anni della pensione di vecchiaia.

Quando può essere anticipata l’età dei 67 anni della pensione di vecchiaia per un invalido civile?

L’unico caso in cui il lavoratore invalido può anticipare la pensione di vecchiaia dei 67 anni è quello disciplinato dal comma 8, dell’articolo 1 del decreto legislativo numero 503 del 1992. Secondo quanto prescrive la norma, infatti, l’età per la pensione di vecchiaia può essere ridotta a 61 anni per gli uomini e a 56 per le donne che hanno un’invalidità pari o superiore all’80%. È utile ricordare che la norma riguarda i lavoratori dipendenti del settore privato. Inoltre,  alla maturazione dei requisiti, l’invalido deve attendere i 12 mesi di finestra mobile.

Ricostituzione e supplemento di pensione: quali differenze?

Supplemento e ricostruzioni sono due istituti in base ai quali l’assegno della pensione viene ricalcolato sulla base di contributi non considerati ai fini dell’importo del trattamento stesso. Con il supplemento di pensione si conteggiano i contributi che sono stati versati dopo la decorrenza della pensione. Con la ricostruzione, invece, vengono riconosciuti i contributi già maturati prima di andare in pensione ma non conteggiati.

Cos’è il supplemento di pensione?

Il supplemento si concretizza, dunque, in un aumento della pensione sulla base dei contributi relativi a periodi successivi alla data di decorrenza della pensione stesa. I contributi maturati successivamente alla decorrenza del primo supplemento comportano la liquidazioni di ulteriori supplementi. Pertanto, il supplemento spetta a tutti i pensionati che continuano a lavorare e a versare all’Inps, nelle svariate gestioni, i contributi relativi a periodi lavorativi successivi alla pensione.  I pensionati ex autonomi della Gestione separata possono richiedere il supplemento di pensione solo per i contributi versati, dopo la decorrenza della pensione, nella stessa gestione Inps.

Chi può richiedere il supplemento di pensione?

I pensionati che continuano a lavorare dopo la pensione, appartenenti all’Assicurazione Generale Obbligatoria o alla Gestione lavoratori autonomi, hanno diritto alla liquidazione di un supplemento per gli ulteriori contributi. Tuttavia, si ottiene il supplemento trascorsi cinque anni dalla data di decorrenza della pensione o dal precedente riconoscimento del supplemento. In ogni caso deve essere stata raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia di 67 anni, requisito non richiesto per la liquidazione dei supplementi della Gestione separata Inps.

La richiesta anticipata di supplemento di pensione rispetto ai 5 anni

Il pensionato può, una sola volta, chiedere la liquidazione del supplemento, che sia il primo o uno dei successivi, al trascorrere di soli due anni della decorrenza della pensione oppure dalla precedente richiesta di supplemento. In entrambi i casi, l’Inps richiede che sia stata raggiunta l’età della pensione di vecchiaia. La domanda del supplemento anticipato (2 anni), presentata già all’Assicurazione obbligatoria, comporta l’impossibilità di presentare la stessa richiesta alla Gestione separata.

Quanto spetta di supplemento di pensione?

L’importo del supplemento va a integrare il trattamento di pensione, anche ai fini della tredicesima mensilità. Pertanto il supplemento non dà luogo a un’emissione separata rispetto alla pensione normalmente percepita. Il calcolo della quota di supplemento, dal 1° gennaio 2012, avviene con il metodo contributivo. Il supplemento decorre dal primo giorno del mese susseguente a quello nel quale si è presentata la domanda.

Come presentare domanda per il supplemento di pensione?

La domanda per il supplemento di pensione può essere presentata in tre modalità. Nel dettaglio:

  • telematicamente, attraverso il sito internet dell’Inps, accedendo direttamente con le proprie credenziali;
  • attraverso il contact center, ovvero contattando il numero 803 164 gratuito da rete fisso, oppure lo 06 164164 da cellulare, a pagamento a seconda del proprio piano telefonico;
  • tramite i patronati e tutti gli intermediari dell’Inps.

Ricostruzione di pensione, cos’è?

Con l’istituto della ricostruzione di pensione si procede con la variazione dell’importo del trattamento pensionistico già percepito mediante l’accreditamento di contributi versati o dovuti per periodi di lavoro anteriori alla decorrenza originaria della pensione stessa. La ricostruzione della pensione può essere richiesta sia per la contribuzione obbligatoria che per quella figurativa e da riscatto. In tutti e tre i casi, la contribuzione deve essere maturata prima della decorrenza della pensione. Il termine per presentare domanda di ricostruzione della pensione è di tre anni. Trascorso questo periodo la ricostruzione va in prescrizione e la possibilità di avvalersi di questo istituto decade.

Ricostruzione della pensione, per cosa si può fare domanda?

La presentazione della domanda Inps per la ricostruzione della pensione può avvenire per tre motivazioni. Nel dettaglio:

  • per l’accreditamento di contributi non valutati in sede di prima liquidazione della pensione;
  • in caso di esclusione di contributi nella prima liquidazione di pensione;
  • per la modifica del valore retributivo o contributivo già considerato nella prima liquidazione.

Al verificarsi di queste tre motivazioni, l’Inps ricalcola la pensione in base alla normativa vigente al momento della prima decorrenza della pensione.

Domanda di ricostruzione per contributi non calcolati correttamente

In merito al terzo punto, ovvero per la modifica del valore retributivo o contributo già considerato in sede di primo calcolo della pensione, la relativa domanda deve essere presentata, come di consueto, entro 3 anni dal provvedimento di liquidazione della pensione. Se invece i fatti sono “sopravvenuti“, ovvero non vanno a variare gli elementi di calcolo della pensione originaria, non vi è alcuna decadenza. Solo gli eventuali arretrati sono corrisposti nel termine di prescrizione fissato in 5 anni.

Da quando decorre la ricostruzione della pensione?

La decorrenza della ricostruzione della pensione avviene dalla decorrenza originaria del trattamento pensionistico mediante applicazione di coefficienti di perequazione. Con questo istituto, dunque, si procedere ad accertare tutti i requisiti e a ricalcolare la pensione come se si trattasse di una nuova liquidazione. Per i ratei di pensione maturati dopo il 6 luglio 2011, la prescrizione è quinquennale. Pertanto, il limite temporale per il ricalcolo della pensione è quello del 7 luglio 2016.

Come si presenta domanda di ricostruzione della pensione?

La domanda di ricostruzione della pensione si presenta nelle stesse modalità dell’istituto del supplemento di pensione. Pertanto, il pensionato può inoltrare domanda:

  • dal sito Inps attraverso l’apposita sezione e previo accesso con le credenziali;
  • attraverso il contact center dell’Inps ai consueti numeri;
  • tramite i patronati e gli intermediari dell’Istituto previdenziali.