Assegno di garanzia, la nuova proposta dei sindacati per la pensione

La riforma delle pensioni è ancora al centro dell’attenzione e tra le ipotesi allo studio c’è l’assegno di garanzia, o pensione di garanzia, ma di cosa si tratta e come dovrebbe funzionare?

Assegno di garanzia a tutela dei quarantenni

I sindacati hanno più volte lanciato l’allarme: c’è una generazione, quella degli attuali quarantenni che rischia di avere una pensione da fame. Il rischio deriva da diversi fattori, in primo luogo le crisi economiche che hanno attrraversato gli ultimi decenni che hanno creato per moltissimi carriere discontinue che non hanno consentito di accumulare contributi, i numerosi contratti precari che hanno caratterizzato gli ultimi anni, l’entrata in vigore in pieno per questa generazione del sistema di calcolo contributivo, le poche nascite che faranno in modo che quando gli attuali quarantenni andranno in pensione ci sarà poca forza lavoro attiva.

I sindacati sottolineano che per questa categoria di persone si deve trovare fin da ora una soluzione, il rischio è che abbiano tutele davvero irrisorie. Tra le soluzioni che stanno prendendo piede vi è l’assegno di garanzia.

Allarme della Corte dei Conti: i quarantenni avranno una pensione da fame

La proposta dei sindacati arriva in seguito alla pubblicazione di uno studio della Corte dei Conti che sottolinea le difficoltà a cui andranno incontro coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 (riforma pensionistica). Per loro ci sono forti disparità e se i lavoratori di alcuni settori, ad esempio lavoratori del settore pubblico, quindi più stabili possono tirare un sospiro di sollievo, non è così per gli altri.

Il montante maturato da alcuni lavoratori è molto penalizzante, si tratta soprattutto di coltivatori diretti, ma anche parasubordinati e disoccupati. All’interno delle varie categorie appaiono poi ulteriormente penalizzate le donne.

La proposta dei sindacati per questi lavoratori è fare in modo che possano contribuire al calcolo del montante anche i periodi di disoccupazione, formazione e che quindi si possano integrare i periodi di fermo all’interno di carriere discontinue.

Il problema vero è trovare fondi per poter finanziare l’assegno di garanzia o pensione di garanzia. Proprio per questo si cerca di incentivare forme di pensione integrativa pagate dallo stesso lavoratore.

Il prossimo incontro tra Governo e sindacati si terrà il 15 luglio ed è probabile che si posa andare avanti nella trattativa. Ricordiamo che per ora sembra che sia accantonata l’ipotesi di una riforma strutturale per il 2024. Molto probabilmente sarà prorogata Quota 103, mentre vi sono forti dubbi per Opzione donna che potrebbe essere sostituita dalla misura Over 60.

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Bonus 200 professionisti al via le domande, ecco da quando

Lentamente sembra arrivare la luce in fondo al tunnel per i professionisti e lavoratori autonomi che ad oggi ancora non hanno ricevuto il bonus di 200 euro. La data dalla quale potrebbe essere possibile presentare la domanda dovrebbe essere il 15 settembre 2022.

Bonus 200 professionisti: la domanda potrà essere presentata a breve

Il bonus 200 euro professionisti e lavoratori autonomi è disciplinato dal decreto Aiuti al fine di aiutare i lavoratori e pensionati a far fronte ai rincari energetici. Mentre i dipendenti, pubblici e privati, e i pensionati dovrebbero averlo già ricevuto, non è così per lavoratori autonomi e professionisti. Costoro infatti stanno ancora aspettando che siano delineate le modalità per potervi accedere, la procedura è stata invece più celere per colf e badanti. Anche per lavoratori autonomi e professionisti è previsto il requisito reddituale, cioè potranno richiederlo coloro che nel 2021 hanno avuto un reddito inferiore a 35.000 euro. Il fondo previsto in favore di queste categorie di lavoratori è di 95,6 milioni di euro.

Come presentare la domanda per il bonus 200 professionisti e lavoratori autonomi

In base a quanto finora stabilito nel decreto attuativo firmato dai Ministri del lavoro e dell’Economia, attualmente al vaglio della Corte dei Conti dal giorno 23 agosto 2022, ogni lavoratore autonomo e professionista, dovrà inoltrare la richiesta seguendo le modalità previste dalle singole casse previdenziali, ad esempio gli avvocati dovranno richiederlo seguendo le istruzioni operative fornite dalla Cassa Forense, mentre coloro che sono iscritti alla Gestione Separata Inps dovranno richiedere il Bonus attraverso le indicazioni che rilascerà l’Inps.

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Le domande per ottenere il bonus di 200 euro per lavoratori e professionisti dovrebbero essere inoltrate con molta probabilità dal 15 settembre 2022 e le stesse saranno vagliate e approvate in ordine cronologico di arrivo fino a concorrenza dei fondi messi a disposizione. In base alle prime stime fatte, a poterne godere saranno circa 477 mila professionisti e di questi 146.000 dovrebbero essere quelli iscritti alla Cassa Forense su un totale di iscritti di 243.000, insomma una larga parte degli avvocati guadagna meno di 35.000 euro l’anno.

Corte dei Conti boccia il Superbonus 110%: cosa succede?

Il Superbonus 110% continua a creare confusione e non poche polemiche. L’ultima a dire la sua è la Corte dei Conti che, impegnata nell’esame del rendiconto 2021, ha notato effetti distorsivi.

Tutte le critiche al Superbonus 110%: non solo la Corte dei Conti boccia l’agevolazione

Il primo ad essere sempre stato critico nei confronti del Superbonus 110% è stato il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha più volte sottolineato come questa misura, voluta e sostenuta dal M5S, è fortemente distorsiva e soprattutto lascia molto spazio a truffe e manipolazioni. Non solo il Presidente del Consiglio, infatti anche il ministro dell’Economia Daniele Franco ha parlato di una delle truffe più grandi mai viste in Italia.

Naturalmente queste critiche sono suffragate dai riscontri che derivano dall’attività di indagine della Guardia di Finanza che ha di fatto scoperto molti abusi che hanno comunque portato degli “aggiustamenti “ alla normativa al fine di ridurre le possibilità di truffa. A questo deve aggiungersi la tegola dei fondi esauriti e i maggiori controlli già annunciati dall’ABI, Associazione Bancari Italiani. Ora arriva l’ultima tegola per coloro che sono interessati a usufruire delle agevolazioni del Superbonus 110%, si tratta della bocciatura da parte della Corte dei Conti.

Perché la Corte dei Conti boccia il Superbonus 110%

Ricordiamo che il Superbonus 110% consente di realizzare lavori di efficientamento energetico con la possibilità di ottenere una detrazione pari al 110%, oppure lo sconto in fattura o la cessione del credito. Secondo la Corte dei Conti questa misura ha un effetto distorsivo, in quanto pesa eccessivamente sulle casse dello Stato incidendo sul PIL per alcuni punti percentuali. Inoltre in molti casi configura benefici non giustificati per gruppi specifici di soggetti con effetti distributivi non sempre auspicabili. Si tratta inoltre di una misura non facilmente sostenibile dal punto di vista fiscale.

Il Procuratore generale della Corte dei Conti Angelo Canale ha sottolineato che questa misura va in realtà a danneggiare anche le imprese che si vorrebbero favorire, infatti il ritardo nel pagamento delle fatture commerciali sta creando problemi di liquidità. Ricordiamo che molti intermediari finanziari finora impegnati nell’acquisto dei crediti ceduti dalle imprese stanno limitando le possibilità di cessione del credito.

Per capire il volume delle agevolazioni basti rammentare che nel solo biennio 2020-2021 le cessioni del credito hanno portato sconti in fattura per 38,4 miliardi di euro.

Leggi anche: Sei un professionista del Superbonus 110%? Scarica l’ultima circolare AdE

Cartella esattoriale digitale: novità per la notifica con pec

La legge di bilancio 2020 prevedeva il servizio di digitalizzazione delle cartelle esattoriali della Pubblica Amministrazione e, a due anni di distanza, è ormai pronta la piattaforma e si va verso l’attivazione del servizio che dovrebbe velocizzare le procedure, consentire risparmio economico ed evitare utilizzo del cartaceo. Ecco cosa cambia per i contribuenti che potranno ricevere la cartella esattoriale digitale.

Ultimi passi verso la nuova cartella esattoriale digitale

I Ministri dell’Innovazione Tecnologica, Vittorio Colao, e dell’Economia, Daniele Franco, hanno firmato il decreto che consentirà ai contribuenti di ricevere le cartelle esattoriali della Pubblica Amministrazione tramite pec, posta elettronica certificata. Il passo successivo sarà la registrazione del decreto da parte della Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. A quel punto le nuove modalità di notifica delle cartelle esattoriali saranno attive. Non dovrebbe intercorrere molto tempo tra la pubblicazione e l’effettiva disponibilità dei nuovi strumenti visto che la piattaforma è già pronta.

La piattaforma sarà gestita da PagoPa e consentirà ai contribuenti che hanno un indirizzo di posta elettronica certificata di ricevere a tale indirizzo la notifica della cartella esattoriale digitale. Ricordiamo che a fini legali la pec per le sue modalità operative ha la stessa efficacia di una raccomandata con ricevuta di ritorno.

La PEC infatti prevede che il mittente, quindi in questo caso l’agente di riscossione o la Pubblica Amministrazione, inviino la notifica al destinatario che è titolare di un indirizzo di posta elettronica certificata attraverso un server SMTP autenticato via SSL. Questo accetta l’invio e notifica al mittente tale invio (ricevuta di presa in carico), quindi notifica al destinatario l’arrivo della “comunicazione”. Una volta arrivata a destinazione la comunicazione, il mittente riceve la notifica di avvenuta consegna. La posta elettronica certificata offre garanzie su mittente e destinatario perché trattasi di indirizzi certificati, proprio per questo ha la validità di una raccomandata.

I vantaggi della cartella esattoriale digitale

Tra i vantaggi di questo sistema vi è la riduzione delle spese di notifica che passano da 3,40 euro a 2 euro. Gli stessi 2 euro saranno destinati 1 euro per chi spedisce la cartella, ad esempio Agenzia delle Entrate, 1 euro per chi gestisce la piattaforma.

Il costo di notifica continuerà ad essere di 3,40 euro per i contribuenti che non indicano un indirizzo di posta elettronica certificata per la notifica delle cartelle.

La normativa messa a punto prevede comunque un recupero delle spese delle notifiche a carico del contribuente. Potranno essere recuperate le somme:

  • dei costi di notifica tramite cartaceo;
  • le somme spettanti a chi fornisce il servizio se la notifica è cartacea;
  • le somme spettanti al gestore della piattaforma.

Questo vuol dire che i contribuenti titolari di un indirizzo di posta elettronica certificata che ricevono la cartella esattoriale digitale potranno risparmiare sulle spese di notifica.

La notifica digitale delle cartelle esattoriali è solo l’ultimo passo verso lo snellimento della burocrazia e verso una PA economicamente più vantaggiosa, infatti già nei mesi passati abbiamo assistito al un cambio di passo con la possibilità di ottenere i certificati anagrafici online e di cambiare residenza comodamente da casa usando il computer. Per approfondimenti:

Certificati anagrafici gratuiti e online dal 15 novembre 2021. Guida

Cambio di residenza online: la guida per evitare la fila in Comune

Pensione di reversibilità: dalla Corte Costituzionale una novità per i figli dei conviventi

Il 19 aprile 2022 la Corte Costituzionale deposita un’importante sentenza, la n° 100, che riconosce ai figli minorenni nati fuori dal matrimonio, con genitori conviventi o meno, una quota più elevata di reversibilità.

Come funziona la pensione di reversibilità per coniuge e figli

Per capire bene la portata della sentenza è bene partire dalla situazione attuale. La normativa sulla pensione di reversibilità stabilisce che, alla morte di un soggetto, un eventuale coniuge ha diritto al 60% della reversibilità. In presenza di figli di minore età, a costoro si riconosce il diritto al 20% della quota di reversibilità.

Ricordiamo a questo punto che la pensione di reversibilità in seguito a una recente sentenza spetta anche al nipote disabile. Per approfondire, leggi l’articolo: Pensione di reversibilità: la Corte Costituzionale la riconosce ai nipoti

Ora appare ovvio che il figlio di genitori coniugati, oltre ad avere il vantaggio diretto del riconoscimento del diritto al 20% della quota di reversibilità, riceve anche un vantaggio indiretto determinato dal fatto che il suo genitore superstite riceve il 60% della reversibilità del coniuge deceduto, nonché padre del minore.

La Corte Costituzionale con la sentenza n° 100 depositata il 19 aprile 2022 intende porre in essere un atto di giustizia sostanziale.

Il caso

Il caso vede il genitore non coniugato esercente la responsabilità genitoriale proporre ricorso avverso il provvedimento che riconosce al figlio solo la quota del 20% della reversibilità del padre (morto una ventina di giorni prima della nascita del bambino). La quota per i primi anni è stata innalzata al 25% in virtù del beneficio concesso ai dipendenti civili e militari dello Stato. Nel frattempo, alla coniuge separata del padre per i primi anni dal decesso si riconosce il 75% della reversibilità, poi ridotto al 60% ( sempre in virtù del beneficio prima visto).

Il genitore esercente la responsabilità genitoriale propone quindi ricorso, naturalmente INPS e Ministero della Difesa affermano che hanno applicato le quote previste dalla legge.

Il rimettente, cioè il giudice del merito che in questo caso è la Corte dei Conti, sottolinea che la Corte Costituzionale già in altre pronunce ha parificato il figlio di genitori non coniugati a un orfano di entrambi i genitori (sentenza 86 del 2009)

Il rimettente sottolinea che la situazione del figlio nato fuori dal matrimonio deve essere parificata a quella del figlio orfano di entrambi i genitori e, di conseguenza, gli spetterebbe il 70% della quota di reversibilità. La parte però osserva anche che se venisse riconosciuta la quota del 70% al figlio orfano e del 60% al coniuge separato ci sarebbe un superamento della quota del 100%, fatto comunque vietato dall’ art. 13, quarto comma, del r.d.l. n. 636 del 1939, come da ultimo sostituito dall’art. 22 della legge n. 903 del 1965 .

La Corte dei Conti rimettente propone una rideterminazione delle quote tra gli aventi diritto con decurtazione proporzionale delle due quote in modo da raggiungere comunque il 100% dell’assegno pensionistico e non superare tale misura. Suggerisce il 53,85% al figlio superstite e il 46,15 all’ex coniuge.

La sentenza della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale sposa a pieno la tesi del ricorrente/rimettente (Corte dei Conti) si ferma però di fronte alla determinazione delle quote che invece è suggerita dalla Corte dei Conti.

Nonostante questa paventata parificazione, i giudici si astengono dal determinare le quote, ma rimandano al legislatore con indicazione di esprimere un’autonoma rideterminazione delle quote avendo come punto di riferimento proprio la stessa sentenza. Infatti se il collegio indicasse anche le quote in modo vincolante, pronuncerebbe una sentenza additiva e andrebbe a invadere il campo che spetta al legislatore con un intervento che definito dalla stessa Corte Costituzionale “manipolativo”.

Proprio per questo invita il legislatore a un tempestivo intervento al fine di colmare una lacuna che compromette i valori costituzionali di solidarietà familiare, ma di fatto dichiara inammissibili le doglianze della Corte dei Conti.

Pil italiano ancora in ritardo rispetto all’Ue

Angelo Buscema, presidente di coordinamento delle sanzioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, in occasione della relazione sul rendiconto generale dello Stato, ha voluto commentare la crescita del Pil italiano ricordando che, purtroppo, si tratta di un recupero ancora modesto e insufficiente per poterci mettere in pari con gli altri Paesi Ue.

Queste le sue parole in proposito, su ciò che si dovrebbe fare per riportare il Pil a livelli ragionevoli: “L’elevato livello del debito pubblico, elemento di maggiore vulnerabilità dell’Italia, impone alla politica economica, ben di più di quanto non derivi dai vincoli fissati con le regole europei sui conti pubblici, di proseguire lungo un percorso di rientro molto rigoroso. La spending review non ha prodotto i risultati sperati. A consuntivo, le misure di riduzione, mentre sembrano aver salvaguardato l’operare di interventi a sostegno dei comparti produttivi, non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa. Resta, quindi, ancora attuale la necessità di una revisione attenta di quanto può, o non può più, essere a carico del bilancio dello Stato, in un processo di selezione della spesa attento a non incidere negativamente sul potenziale di crescita del Paese”.

Arturo Martucci di Scarfizi, presidente della Corte dei Conti, ha poi aggiunto: “I conti pubblici registrano nel 2016 una sostanziale tenuta, ma il rigore nella gestione della finanza pubblica resta una via obbligata. La valutazione è per vari aspetti positiva poiché si evidenzia una sostanziale tenuta dei conti entro un quadro d’assieme che vede progressivamente ricondotti all’equilibrio di bilancio alcuni principali comparti quali quelli riguardanti le amministrazioni locali, assegnandosi allo Stato centrale un ruolo strategico nel perseguimento degli obiettivi programmatici”.

Vera MORETTI

Le società di professionisti diventano realtà

Dopo che la Corte dei Conti, nei giorni scorsi, aveva registrato lo schema di regolamento delle Società di professionisti del Ministero della Giustizia, finalmente la legge è stata ufficializzata, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il nuovo modello di società proposto si basa su trasparenza e concorrenza, poiché il cliente che si rivolge alla Stp può scegliere il professionista a cui affidare l’incarico.
E’ possibile fare una scelta oculata perché i clienti vengono informati dal professionista stesso circa tutti gli aspetti che riguardano lo svolgimento dell’incarico, ma anche relativamente all’eventuale presenza di conflitti di interesse.
Il cliente deve anche essere messo al corrente di sostituzioni del professionista, nel caso avvenisse, o di presenza di ausiliari e l’elenco dei soci con finalità di investimento.
Inoltre, sono stati posti alcuni limiti per quanto riguarda il capitale, che deve essere detenuto dai soci professionisti, e le iscrizioni, poiché ogni socio può iscriversi ad una sola società di professionisti.

Per quanto riguarda i modelli societari, sono validi quelli previsti dal Codice Civile. Sono anche ammesse le società multidisciplinari per l’esercizio di più attività professionali, che devono iscriversi nell’albo previsto per l’attività che riveste un ruolo prevalente all’interno della società. Se non è indicata un’attività prevalente, la società può iscriversi in più albi.

La domanda di iscrizione deve essere presentata al consiglio dell’ordine o del collegio professionale dove ha sede legale la società, allegando l’atto costitutivo e lo statuto della società in copia autentica, il certificato di iscrizione nel registro delle imprese e il certificato di iscrizione all’albo, elenco o registro dei soci professionisti che non siano iscritti presso l’ordine o il collegio cui è rivolta la domanda.
Nel caso in cui la Stp non risultasse idonea, il consiglio dell’ordine o del collegio professionale che hanno ricevuto la domanda sono tenuti a segnalare le motivazioni e la società interessata può presentare le proprie osservazioni entro dieci giorni.

I soci della Stp devono possedere requisiti di onorabilità, non aver riportato condanne e non essere stati cancellati dal proprio albo per motivi disciplinari. Ogni socio può partecipare ad una sola Stp o società multidisciplinare all’interno della quale i professionisti devono detenere i due terzi del capitale sociale.

Vera MORETTI

Riecco i buoni vacanza

Una dotazione di 5 milioni di euro: a tanto ammonteranno i buoni vacanza, che tornano anche per quest’anno e saranno gestiti dall’Enit, l‘Agenzia nazionale del turismo.

La notizia è stata data direttamente da Andrea Babbi, direttore generale dell’Enit: “Il Ministero del Turismo ha trasferito la competenza sui buoni-vacanza all’Enit, ora la pratica è alla Corte dei Conti. Noi li gestiremo, accettando questa sfida. Il modello francese, che investe molto denaro sui buoni-vacanza, è molto interessante. Per attuarlo, serve un coinvolgimento del Ministero dell’Economia“.

Vera MORETTI

Il CNF chiede un nuovo codice del processo contabile

Era presente anche Guido Alpa, presidente del Consiglio Nazionale Forense, all’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte dei Conti.

In quell’occasione, Alpa ha dichiarato: “Da una semplice lettura delle più recenti disposizioni normative emerge un incremento molto significativo delle funzioni di controllo della Corte dei conti. Ad essa viene effettivamente riservato un ruolo chiave nel percorso di risanamento dei conti pubblici e per il coordinamento della finanza pubblica. Queste funzioni vengono, tuttavia, assegnate attraverso previsioni che si caratterizzano per la loro poca chiarezza dispositiva, per la continua mutevolezza e per la scarsa, se non nulla, sistematicità”.

I dubbi dell’Avvocatura riguardano la reale efficacia degli interventi da parte della magistratura contabile, soprattutto in mancanza di strumenti adeguati e in presenza e di norme processuali che chiedono un intervento di aggiornamento.

Ha voluto sottolineare Alpa: “Nulla si è fatto per la definizione delle garanzie che devono essere introdotte nella fase preprocessuale del giudizio di responsabilità, con la previsione, in particolare, di una disciplina adeguata della fase dell’archiviazione”.

Ciò che viene invece richiesto, perché indicato necessario, è un nuovo codice del processo contabile, con una completa e organica revisione del regolamento di procedura, che potrebbe risolvere le problematiche legate all’effettività del giudizio di conto, le caratteristiche dell’iniziativa del Pubblico Ministero e le fonti di conoscenza degli illeciti,oltre alla domanda introduttiva del Pubblico Ministero e il contraddittorio, l’acquisizione e la formazione delle prove nonché l’esecuzione delle decisioni di condanna.

La preoccupazione del CNF riguarda alcune iniziative di alcune procure regionali, così come un recente orientamento giurisprudenziale, che insieme ipotizzano responsabilità amministrative in capo ai componenti dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati per i pareri favorevoli rilasciati alla liquidazione delle parcelle per il rimborso delle spese legali per gli amministratori degli enti locali, coinvolti, per ragioni d’ufficio, in procedimenti giudiziali penali, conclusisi con piena assoluzione, quando vi sia una normativa che preveda l’obbligatorietà del visto dello stesso Consiglio.

Il presidente del CNF ha infine voluto ricordare che il nuovo ordinamento forense contribuirà a migliorare l’efficienza dell’esercizio della funzione giurisdizionale, compresa quella amministrata dalla Corte dei Conti, con un’avvocatura più preparata ed aggiornata, specializzata, e selezionata mediante un accesso più rigoroso ed ha proposto di avviare una collaborazione, con la stipula di un Protocollo d’intesa con la Corte dei Conti nell’ambito dell’Osservatorio sulla giurisdizione per avviare indagini sui rapporti tra economia e giustizia, per confutare con dati e proposte “ricette semplicistiche fornite anche da prestigiose istituzioni internazionali sulla base di studi che hanno a monte solo dei burocratici questionari”.

Vera MORETTI

Redditometro: franchigia da 12mila euro

Le ultime novità sul Redditometro riguardano l’intenzione, da parte del Fisco, di introdurre una franchigia da 12mila euro l’anno di scostamento fra presunta capacità di spesa e reddito dichiarato.

Si attende, comunque, una circolare che possa chiarire tutti i dubbi ancora esistenti, e già evidenziati dall’Ordine dei commercialisti.

A rassicurare gli scettici, comunque, ha pensato Marco di Capua, vicedirettore dell’Agenzia delle Entrate. Di Capua ha infatti confermato che il Redditometro punta a smascherare “forme di evasione spudorata e finti poveri”.
Inoltre, il Fisco sembra voler privilegiare, nei controlli, le spese effettivamente sostenute ma, in questo caso, emerge la questione dell‘onere della prova.

A questo proposito, esiste una recente sentenza della Cassazione che va incontro al contribuente: i dati statistici, o comunque non relativi a spese concrete, possono portare al massimo a una “presunzione semplice” di reddito, non a una “presunzione legale”.

Ma i dati statistici possono diventare un’arma a doppio taglio: se il Fisco si basa su essi, il contribuente si trova a dover dimostrare di non aver fatto qualcosa, c’è insomma un ribaltamento dell’onere della prova.
Sembra però che nella circolare sia previsto un accertamento da parte dei Fisco solo se quest’ ultimo è in possesso di prove concrete di spesa effettivamente sostenuta incompatibile con il reddito dichiarato.

Per questo, Luigi Giampaolino, presidente della Corte dei Conti, mette in guardia sugli “inconvenienti che l’uso di informazioni non corrispondenti alla realtà economico-sociale può determinare in sede di applicazione di sofisticati strumenti di accertamento quali il nuovo redditometro”.

Vera MORETTI