Quando lo studio associato deve pagare l’Irap?

La Corte di Cassazione si è pronunciata nuovamente in materia di Irap. Con l’ordinanza n. 11933 del 30 maggio 2011, infatti, la suprema Corte nell’accogliere il ricorso del Fisco, ha chiarito che anche lo studio associato, che abbia dichiarato inesistenti in alcuni esercizi e modesti in altri i compensi per i collaboratori, è tenuto al pagamento dell’Irap, se “nessun dato concreto viene offerto per dare contezza dell’affermazione”. L’imposta non è invece dovuta, dal professionista che ha lo studio in casa e possiede solo un’auto.

A sancire quanto detto è la sentenza numero 11935, del 30 maggio 2011. L’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) infatti,  solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. La Suprema Corte ribadisce in particolare che: “il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse e impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione“.

Ditta individuale: i beni strumentali utilizzati dall’imprenditore nell’esercizio della propria attività sono sempre inerenti all’impresa

La Corte di Cassazione, attraverso la Sentenza n. 772 del 14 gennaio 2011, fissa il principio secondo cui le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente dalla ditta individuale, concorrono alla formazione del reddito d’impresa, a prescindere dall’eventuale iscrizione dei beni nei registri obbligatori. Secondo la Corte, quindi, gli immobili relativi a imprese commerciali individuali, aventi carattere strumentale e utilizzati dall’imprenditore esclusivamente per l’esercizio dell’impresa, sono sempre da ritenersi relativi all’impresa, in base al combinato disposto degli articoli 40 e 77 del Tuir.

I compensi degli Amministratori sono deducibili: parola di Cassazione

Dopo la questione dell’Irap per le imprese ed i professionisti con o senza organizzazione, un’altra questione che entra ed esce dalle aule della Cassazione e senza dubbio quella relativa ai compensi versati agli Amministratori delle società. Ora pare che la questione possa dirsi risolta. A risolvere (per ora) la faccenda è stata la recente sentenza n. 24957 del 10 dicembre 2010 della Corte di Cassazione, in cui la Corte ammettendo una certa confusione sul punto nella giurisprudenza di legittimità stabilisce la deducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori. È importante il passaggio contenuto nella sentenza relativo alla prevalenza della qualità del costo sulla quantità dello stesso, con la libertà per l’imprenditore di impostare la sua strategia d’impresa. La spettanza e la deducibilità dei compensi agli amministratori, afferma inoltre la Corte, è determinata dal consenso che si forma tra le parti, senza che all’Amministrazione sia riconosciuto un potere specifico di valutazione di congruità. Le norme antielusione presenti consentiranno all’Erario di valutare compensi insoliti o sproporzionati. Il testo della sentenza non riporta l’ordinanza di agosto n. 18702/10 che stabiliva, invece, l’indeducibilità del compenso all’amministratore unico e socio della società.

L’esenzione dall’Irap per i professionisti è una vera e propria telenovela

L’esenzione dall’Irap per i professionisti è davvero diventata una telenovela. Sceneggiatore delle puntate come al solito la Corte di Cassazione. Cosa c’è di nuovo in questa puntata? Secondo la Cassazione, che lo scorso 18 novembre ha depositato l’ordinanza 23370, i vari costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività depongono infatti per la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione. Un altro elemento che per la Cassazione fa emergere l’esistenza di un’autonoma organizzazione è anche l’esercizio in forma associata della professione di avvocato. Su questo la Cassazione si era già espressa con la sentenza 22781/2009 che affermava che in uno studio associato si presume l’esistenza di un’organizzazione di strutture e mezzi, anche se di non particolare onere economico, poiché i singoli professionisti che ne fanno parte sono mossi dall’intento di avvalersi della reciproca collaborazione. Questo fa presumere che il reddito prodotto non sia frutto solo della professionalità di ciascun componente dello studio, salvo prova contraria. Ricordiamo ai lettori che L’IRAP infatti è dovuta quando si è in presenza di un contribuente che eserciti l’attività con un’organizzazione autonoma, costituita da un insieme di capitale, anche se di importo non elevato, e di lavoro, coordinati in modo tale da creare valore aggiunto con un ridotto apporto personale del professionista. Elementi che da soli sono in grado di accrescerne la potenzialità reddituale.

Il professionista che impiega un apprendista part-time, dovrà pagare l’Irap

Avere un apprendista part-time presso il proprio studio professionale, vuol dire avere un’attività autonomamente organizzata, con la conseguenza che il titolare dello studio dovrà pagare l’IRAP.

Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21536 del 20 ottobre 2010, respingendo il ricorso di un avvocato che aveva chiesto il rimborso dell’imposta dato che impiegava nel suo studio una sola collaboratrice, non ritenendo sussistente il requisito dell’autonoma organizzazione.

La Corte, concordando con i giudici di merito che decidevano per la soggezione all’imposta del professionista, ha ribadito che il requisito dell’autonoma organizzazione necessario per configurare l’esercizio di attività di lavoro autonomo, diversa dall’impresa commerciale, come presupposto dell’IRAP “sussiste tutte le volte in cui il contribuente che eserciti l’attività di lavoro autonomo: sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; impieghi beni strumentali eccedenti la quantità che secondo l’id quod plerumque accidit costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo occasionale di lavoro altrui”.

La Cassazione “cancella” l’Irap per i piccoli imprenditori senza autonoma organizzazione

Novità importantissima dalla Corte di Cassazione, che con le sentenze depositate lo scorso 13 ottobre 2010 (n. 21122, 21123 e 21124), in relazione all’assoggettabilità o meno al tributo regionale Irap ad un tassista, ad un coltivatore diretto e ad un artigiano afferma che se il piccolo-imprenditore è oggettivamente sprovvisto di autonoma organizzazione, può risultare non soggetto all’Irap.

Seguendo  il filone già iniziato con l’esenzione dall’Irap per gli Agenti di Commercio e Promotori finanziari (sentenze n. 12108 e 12111 del 2009), nei casi in cui non sussista il requisito dell’organizzazione autonoma, la Corte di Cassazione, sottolinea che la non sussistenza del requisito dell’organizzazione autonoma deve essere applicato anche per le attività che possono essere inquadrate tra quelle dei piccoli imprenditori, in base all’articolo 2083 del Codice civile, secondo cui l’attività professionale viene organizzata prevalentemente con il lavoro proprio o dei componenti della famiglia.

Titolo II – Del lavoro nell’impresa | Capo I – Dell’impresa in generale | Sezione I – Dell’imprenditore | Art. 2083. Piccoli imprenditori. Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

Le tre sentenze della Corte di Cassazione affermano perciò che il piccolo imprenditore deve ritenersi esentato dall’assoggettamento all’Irap quando la sua attività non è autonomamente organizzata.

Irap & Agenti di Commercio: è tempo di chiarirsi le idee.

L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 28/E del 28 maggio 2010 detta le istruzioni operative agli uffici per la gestione del contenzioso pendente alla luce delle ultime sentenze della Corte di Cassazione.

In particolare la circolare prende atto che per le “attività ausiliarie del commercio di cui all’articolo 2195, primo comma, n. 5 del codice civile” ed in particolare per gli agenti di commercio e promotori finanziari, in materia Irap bisogna tenere conto dell’orientamento della Corte di Cassazione che indaga, come per i lavoratori autonomi, sull’esistenza dell’autonoma organizzazione per lo svolgimento dell’attività.

La circolare dell’Agenzia quindi prende atto che per gli agenti di commercio e promotori finanziari la Corte di Cassazione distingue ai fini dell’applicazione dell’imposta, tra impresa nella quale l’elemento organizzativo sarebbe connaturato, e lavoro autonomo, rispetto al quale sarebbe necessario un accertamento caso per caso dell’esistenza di una autonoma organizzazione, e per l’attività di agente di commercio diventa essenziale prendere in esame l’organizzazione per poter stabilire la collocazione in una o nell’altra categoria di reddito.

L’indagine si sposta cioè dall’aspetto qualitativo a quello quantitativo, per un cui un agente o procacciatore o promotore finanziario che svolge la propria attività con un peso preponderante derivato dal suo lavoro personale, senza impiego di capitali e senza l’utilizzo di lavoro altrui può essere escluso dall’applicazione dell’Irap nel presupposto che si tratta di attività non autonomamente organizzata.

Questo principio quantitativo potrà essere applicato a tutte le attività ausiliarie di cui all’articolo 2195 del Codice Civile.

Dall’esame della giurisprudenza l’Agenzia prende atto che si è in presenza di autonoma organizzazione in presenza di: affidamento a terzi, in modo non occasionale, di incombenze tipiche dell’attività (indifferente è se i terzi sono dipendenti o lavoratori autonomi);  rilevanza di disponibilità di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività.

In mancanza di questi presupposti l’autonoma organizzazione è assente e quindi anche il presupposto per l’applicazione dell’Irap.

La Cassazione boccia il rimborso Irap per il professionista che dichiara costi molto elevati.

Secondo una recente ordinanza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 18704 depositata il 13 agosto 2010), il fisco può negare al professionista il rimborso dell’Irap nel caso in cui siano esposti dei costi molto elevati nella dichiarazione dei redditi.

Nella fattispecie, il contribuente che aveva pagato l’Irap, aveva poi chiesto all’Amministrazione Finanziaria il rimborso, in quanto non aveva un’autonoma organizzazione. La Cassazione afferma, invece, che le spese di elevata entità inserite nella dichiarazione del contribuente possono essere divergenti con il requisito dell’autonoma organizzazione. Esse possono costituire un elemento significativo per il giudice che si accinge a decidere su un’istanza di rimborso negata.

Esenzione dell’Irap per le piccole imprese. Quando ci si può definire un’organizzazione autonoma?

Relativamente all’esenzione dell’Irap per le piccole imprese, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15249 del 20/06/2010, ha affermato che il requisito dell’autonoma organizzazione, da accertare da parte del giudice di merito, è insindacabile, in sede di legittimità, se adeguatamente motivato.

Quali sono i requisiti essenziali per cui un impresa o un’attività professionale può definire organizzazione autonoma?

  • l’imprenditore deve risultare, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non deve quindi essere inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  • l’imprenditore impiega beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro altrui.

Ici: la Cassazione si esprime in merito alle agevolazioni sulla prima casa.

Lo scorso 15 giugno è stata emessa dalla Corte di Cassazione un’importante sentenza relativamente all’esenzione dell’Ici sulla prima casa. La sentenza (n°14389 – 15/06/2010) ribadisce che le facilitazioni per l’abitazione principale sono previste per l’immobile adibito a dimora abituale del contribuente e dei suoi familiari. Qualora un coniuge dovesse trasferire la propria residenza in un’altra abitazione non avrebbe alcun diritto all’esenzione fiscale, salvo che non dimostri di essere legalmente separato.