Dichiarazione Redditi 2022, come controllare le spese sanitarie nella precompilata?

Come controllare che le spese sanitarie siano state inserire in maniera corretta nel modello precompilato della dichiarazione dei redditi 2022 relativa all’anno di imposta 2021? Nella fase di raccolta dei documenti necessari per presentare la dichiarazione dei redditi o il modello 730 è necessario prestare particolare attenzione alle spese sanitarie. Queste ultime sono disponibili on line da qualche anno, ma non sempre vengono consultato. Con l’utilizzo dello Spid per accedere ai propri dati si può procedere a una verifica approfondita. E l’anno 2022 sembra essere l’anno buono per prendere confidenza con le informazioni fiscali.

Spese sanitarie nella dichiarazione dei redditi 2022: solo quelle accompagnate dal codice fiscale

Infatti, in sede di preparazione della dichiarazione dei redditi 2022 si può fare un controllo, eventualmente aiutati dal proprio consulente fiscale o dal Caf, del cassetto fiscale. Qui sono presenti tutte le informazioni relative alle spese sanitarie. Risulta opportuno ricordare che nella dichiarazione dei redditi precompilata arrivano solo le informazioni delle spese che siano state accompagnate, all’atto dell’acquisto di un prodotto o di utilizzo di un servizio, dal proprio codice fiscale.

Come controllare l’inserimento delle spese sanitarie nella dichiarazione precompilata?

Per il controllo del corretto inserimento delle spese sanitarie nella dichiarazione dei redditi 2022 precompilata si può andare nell’area riservata del sito del “Sistema Tessera Sanitaria”. Si può accedere nell’area riservata “Cittadino” in tre modi:

  • mediante l’abilitazione della Tessera Sanitaria come Carta Nazionale dei Servizi (Cns);
  • tramite lo Spid;
  • attraverso la Carta di identità elettronica (Cie).

Dichiarazione dei redditi 2022, l’opzione di opposizione alle spese sanitarie

Entrando nell’area riservata si può selezionare la scelta “Opposizione spese sanitarie” o, in alternativa, “Consultazione spese sanitarie”. La prima opzione è disponibile solo fino a domani 15 marzo 2022 e permette di visualizzare l’elenco delle spese dell’anno di imposta precedente. Dunque delle spese sanitarie sostenute nell’anno 2021. Selezionando una o più voci di spesa si può scegliere per quale o per quali spese si voglia richiedere la propria opposizione all’uso da parte dell’Agenzia delle Entrate. In tal modo, la dichiarazione dei redditi precompilata 2022 non conterrà la spesa o le spese selezionate.

Area Consultazione delle spese sanitarie ai fini della dichiarazione dei redditi 2022

Nell’altra area, quella della “Consultazione delle spese sanitarie” del Sistema Tessera Sanitaria si possono consultare tutte le spese sanitarie inserite nella dichiarazione dei redditi precompilata. In tal caso, non si può procedere con la modifica come nel precedente caso. Inoltre, le spese indicate derivano da tutte le trasmissioni effettuate dai vari soggetti obbligati, quindi medici, farmacie, altri professionisti sanitari, laboratori di analisi, ottici, ospedali e quant’altro, ai fini della dichiarazione dei redditi. Per la consultazione delle spese sanitarie non vi sono limiti di tempo.

Elenco delle spese sanitarie ai fini della dichiarazione dei redditi 2022, cosa indica?

L’elenco delle spese sanitarie visualizzabile all’interno del Sistema Tessera Sanitaria riporta, per ogni voce di costo, le seguenti informazioni:

  • la data di emissione del documento di spesa;
  • data in cui si è provveduto al pagamento;
  • l’importo pagato;
  • la denominazione e la tipologia del soggetto che ha emesso il titolo (fattura o scontrino);
  • il numero del documento.

In tal modo, il contribuente può verificare che i dati presenti nel sistema on line siano conformi a quelli risultanti dai documenti cartacei in suo possesso.

Perché alcune spese sanitarie possono non risultare nella dichiarazione precompilata dei redditi 2022?

Può succedere che di alcuni documenti relativi a spese sanitarie sostenute nel 2021 non vi sia traccia nel sistema on line ai fini della dichiarazione dei redditi 2022 perché i soggetti obbligati non hanno provveduto alla trasmissione. Le ragioni possono essere varie. Ad esempio, si può trattare di un errore. O si è fatta una spesa sanitaria presso un soggetto che non è obbligato alla trasmissione. Oppure, ancora, la spesa è stata pagata in contanti mentre doveva essere fatta mediante sistemi di pagamento tracciabile. Se la spesa è stata già rimborsata, anche solo in parte, durante l’anno, la detraibilità opera solo per la quota di spesa non rimborsata.

Spese sanitarie restituite o rimborsate: cosa avviene ai fini della dichiarazione dei redditi precompilata?

Inoltre, può succedere che il Sistema Tessera Sanitaria contenga delle spese che siano state già rimborsate, o stornate, o con note di credito. Tali spese sono indicate in una colonna apposita dell’area di consultazione delle spese sanitarie ai fini della dichiarazione dei redditi 2022. In tal caso non si tratta di rimborsi già effettuati da fondi assicurativi o da enti perché il Sistema Tessera Sanitaria non dispone di questi dati. Pertanto, questi dati non si trovano nella dichiarazione dei redditi precompilata. In tal caso, è necessario prestare attenzione perché gli importi nella dichiarazione precompilata potrebbero differire rispetto a quelli reali. In tal caso, è necessario confrontare i dati del sistema on line con quelli in possesso mediante la documentazione cartacea conservata.

Assegno unico per i figli: si possono detrarre le spese mediche e scolastiche?

Le spese per i figli possono essere ancora detratte ai fini dell’assegno unico. A partire dal 1° marzo 2022 l’assegno universale costituirà l’unico strumento economico a favore delle famiglie con figli minorenni. Risultano inclusi nella disciplina anche i figli maggiorenni e fino al compimento dei 21 anni di età. L’assegno andrà a vantaggio anche delle famiglie con figli lavoratori (a basso reddito) o in cerca di occupazione, oltre che studenti. Il decreto “Sostegni ter” è intervenuto nell’ambito della detraibilità delle spese mediche e scolastiche rispetto all’assegno unico.

Spese mediche e scolastiche per i figli a carico, si possono detrarre ai fini dell’assegno unico?

In particolare, la detraibilità delle spese mediche e scolastiche a favore dei figli nell’ambito dell’assegno unico devono essere sostenute a favore dei minori e dei maggiorenni fino a 21 anni di età. Le detrazioni operano benché su queste spese non siano più spettanti le detrazioni dell’Irpef. Tuttavia, per i figli maggiorenni e fino ai 21 anni di età che non studino, né lavorino e nemmeno cerchino un’occupazione, si potrebbe verificare una situazione analoga rispetto agli “altri famigliari a carico”. Il decreto “Sostegni ter” esclude espressamente la detraibilità delle spese in questione.

Assegno unico per i figli minori o dai 18 ai 21 anni di età: le condizioni per le detrazioni delle spese

La detrazione nell’ambito dell’assegno unico per i figli relativamente alle spese mediche e scolastiche opera, pertanto, in presenza di figli minorenni o di maggiorenni (dai 18 fino al compimento dei 21 anni di età). Per quest’ultima categoria, per operare la detrazione delle spese, devono verificarsi quattro condizioni:

  • devono frequentare un corso di laurea, un corso di formazione professionale o scolastica;
  • svolgere un tirocinio oppure un lavoro con un limite di reddito non superiore agli 8.000 euro;
  • devono essere in possesso della dichiarazione di immediata disponibilità a svolgere un’attività lavorativa da ottenere dai centri pubblici per l’impiego;
  • svolgere il servizio civile universale.

Assegno unico per i figli o detrazione delle spese per i figli a carico?

Le incertezze normative relative alla detrazione per i figli a carico e fino al compimento dei 21 anni di età e l’assegno unico sono state superate dal decreto “Sostegni bis” (decreto numero 4 del 2022). In particolare, a partire dal 1° marzo prossimo, le famiglie con i figli che percepiscano l’assegno universale non avranno più la possibilità di ottenere le detrazioni per i figli a carico secondo quanto prevede l’articolo 12 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). Con l’arrivo dell’assegno universale, le famiglie beneficeranno di questo unico strumento economico sempreché si tratti di figli minorenni o di figli dai 18 anni al compimento dei 21 anni di età purché studenti, lavoratori con reddito entro gli 8.000 euro o in cerca di un’occupazione.

Assegno unico per i figli, come detrarre le spese mediche e scolastiche?

A disciplinare la detrazione delle spese mediche e scolastiche nell’ambito dell’assegno unico per i figli è intervenuta la modifica dell’articolo 12 del Tuir con il nuovo comma 4 ter operata dal comma 6 dell’articolo il quale disciplina che “ai fini delle disposizioni fiscali che fanno riferimento alle persone indicate nel presente articolo, anche richiamando le condizioni ivi previste, i figli per i quali non spetta la detrazione ai sensi della lettera c) del comma 1 sono considerati al pari dei figli per i quali spetta tale detrazione”.

Detrazione fiscale figli a carico dai 18 ai 21 anni di età: quando si può applicare?

Dal decreto “Sostegni ter” arriva dunque la possibilità di detrazione fiscale per le spese mediche e scolastiche per i figli a carico entro i 21 anni di età. I genitori, anche se beneficiari dell’assegno unico, potranno continuare a detrarre le spese sostenute per i figli, ancorché da marzo prossimo non spettino più le detrazioni fiscali per ogni figlio a carico. Non potranno detrarre le spese per i figli dai 18 ai 21 anni che non lavorino, non cerchino un’occupazione e non studino.

Detrazione fiscale figli a carico di oltre 21 anni di età: come funziona?

Per i figli disabili, anche con più di 21 anni di età, oltre all’assegno unico, i genitori potranno continuare a effettuare la detrazione fiscale. In tal caso, il limite del reddito per essere considerati a carico è rimasto invariato. Il massimo lordo annuo, al lordo degli oneri deducibile, non deve superare i 2.840,51 euro oppure i 4.000 euro. I due importi vanno applicati in rapporto all’età dei figli non superiore ai 24 anni.

Riforma fiscale 2022, le ipotesi della legge di Bilancio: dal taglio Irpef all’aumento del bonus 80 euro

Ancora un mese di tempo per il governo e il Parlamento per decidere quale sarà la riforma del Fisco del 2022. L’obiettivo è quello di ridurre la pressione fiscale portandola al 41,7% del Prodotto interno lordo dalla percentuale del 42,8% raggiunta nel 2020. Sono varie le ipotesi sul tavolo della riforma: si va dal taglio delle aliquote Irpef all’aumento del bonus di 80 euro (ex Renzi, attualmente arrivato a 100 euro con il taglio del cuneo fiscale), fino alla possibilità di tagliare decisamente l’Irap. Nella legge di Bilancio 2022 il governo ha stanziato 8 miliardi di euro per attuare la riforma.

Ipotesi di riduzione delle aliquote Irpef nella riforma del Fisco 2022

La prima ipotesi di riforma del Fisco per il 2022 è quella di un intervento sulle aliquote dell’Irpef. Si tratta di una strada che già in passato si era ipotizzata con delle opportune simulazioni. Aliquota cruciale per la riforma è quella del 38% dei redditi medi, applicata dai 28 mila ai 55 mila euro. C’è distanza dell’applicazione dell’aliquota a questo scaglione rispetto a quello più basso: 11 punti percentuali rispetto al 27%.

Quali potrebbero essere le aliquote Irpef del 2022 con la riforma?

L’ipotesi della riduzione delle aliquote Irpef per attuare la riforma del Fisco andrebbe a limare le due aliquote in questo modo:

  • redditi fino a 25 mila euro aliquota del 23%;
  • fino a 55 mila euro di reddito l’aliquota sale al 33%;
  • per redditi superiori aliquota Irpef del 43%.

Peraltro, l’intervento sulle aliquote Irpef andrebbe anche ad assorbire le detrazioni e il bonus di 80 euro di Renzi (aumentato a 100 euro) per un costo complessivo di 10 miliardi di euro annui.

Riforma Fisco 2022, c’è l’ipotesi di aumentare il bonus 100 euro (ex bonus Renzi)

Proprio sul bonus Irpef è concentrata la seconda possibilità di riforma del Fisco. Si andrebbe a intervenire sul bonus aumentando il tetto di detrazione mensile dagli attuali 100 euro a 120 euro. E si potrebbe allargare anche la platea dei lavoratori coinvolti nella detrazione incrementando l’attuale limite di reddito per la misura ai redditi oltre i 28 mila euro. Con le modifiche intervenute negli ultimi anni, tra i 28 mila e i 40 mila euro di reddito annuo, il bonus viene assicurato in misura decrescente. Il sistema di decalage del bonus potrebbe essere applicato per i redditi fino a 55 mila euro.

Abolizione dell’Irap, la strada meno percorribile per la riforma del Fisco

La strada dell’abbattimento dell’Irap sui redditi delle imprese sembrerebbe la meno attuabile. Intanto perché l’uscita di scena dell’imposta regionale sarà progressivo riducendo le aliquote, come già indicato dal documento di delega fiscale. Molto probabilmente le richieste del mondo dell’imprenditoria rimarranno ferme al palo: il costo dell’abolizione totale dell’imposta regionale risulta elevato. Troppo rispetto agli 8 miliardi di euro che il governo ha stanziato per la riforma del Fisco. Più fattibile, dunque, la riduzione delle aliquote Irap per avviare il progressivo abbattimento dell’imposta regionale. Meno probabili risultano altre ipotesi richieste dalle imprese, consistenti nell’eliminazione dal calcolo della base imponibile degli interessi passivi e dalla fusione dell’Irap con l’Ires.

Accollo del mutuo, chi porta in detrazione gli interessi?

Il contribuente che accende un mutuo ipotecario per acquistare una prima casa, in sede di dichiarazione dei redditi gli viene concessa la possibilità di fruire di una detrazione dall’Irpef per gli interessi passivi pagati e gli oneri accessori.

La legge prevede una detrazione annua dall’imposta lorda sull’IRPEF pari al 19% degli interessi passivi e correlate spese accessorie, dovute dall’accollo di un mutuo ipotecario contratto su un immobile acquistato da adibire ad abitazione principale (pertinenze comprese), ma per un importo che non superiore ai 4.000 euro.

La detrazione dall’imposta lorda si può far valere in sede di dichiarazione dei redditi relativi al periodo d’imposta in cui gli interessi sono stati sostenuti.

Requisiti

  • l’accollo del mutuo da parte del contribuente che vuole fruire di una detrazione Irpef, deve riguardare l’acquisto di una prima casa. Con questa definizione s’intende l’abitazione dove il contribuente e/o i suoi familiari abitano abitualmente. E’ importante capire questo passaggio, ossia che l’immobile per cui il richiedente ha acceso un mutuo ipotecario possa divenire prima casa anche per il coniuge o per un parente fino al III grado ed affini entro il II grado. In caso di separazione legale, anche il coniuge rientra tra i familiari, ma solo fino alla sentenza di divorzio che sancisce la fine di qualsiasi rapporto di parentela. Tuttavia, il contribuente che si è accollato il mutuo, potrebbe continuare a mantenere il diritto di detrazione ma per la sola quota di competenza, situazione che di sovente si verifica sei i figli continuano ad abitare nella casa su cui pende il mutuo ipotecario. E’ importante sottolineare che l’abitazione principale può essere solo una.
  • L’immobile acquistato tramite l’accensione del mutuo ipotecario deve diventare prima casa entro un anno dall’acquisto.
  • Tale condizione deve permanere per tutto il periodo d’imposta per il quale si chiede la detrazione.
  • E’ necessaria la presenza di una garanzia di tipo ipotecario, anche se l’immobile ipotecato è un altro rispetto a quello acquistato e anche se l’immobile è di proprietà di una terza persona.
  • L’acquisto deve essere compiuto nell’anno precedente o seguente l’accollo del mutuo.
  • Per avere il diritto alla detrazione, chi eroga il mutuo deve essere residente in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione Europea.

A chi spetta la detrazione

Come già detto, hanno diritto alla detrazione d’imposta all’acquirente e contraente del mutuo ipotecario. Se ci sono più mutuatari, a ciascuno per la propria quota di competenza spetta la detrazione.

In presenza di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti, il tetto massimo di 4.000 euro sopra indicato, si riferisce all’ammontare degli interessi, oneri accessori e quote di rivalutazione sostenute.

Se il mutuo è cointestato con il coniuge fiscalmente a carico, chi sostiene per intero la spesa può fruire della detrazione per entrambe le quote di interessi passivi, ma solo nel caso in cui il coniuge a carico sia comproprietario dell’abitazione.

La detrazione spetta anche all’acquirente per la sola nuda proprietà. La detrazione, invece, non compete mai all’usufruttuario in quanto lo stesso non acquista l’immobile ma un diritto reale di godimento.

In caso di morte dell’intestatario del mutuo ipotecario, il diritto alla detrazione si trasmette all’erede o legatario o all’acquirente che si sia accollato il mutuo.

Oneri detraibili

La detrazione d’imposta spetta nell’anno in cui le spese sono state effettivamente sostenute, sia per gli interessi passivi che per gli oneri accessori, facciamo qualche esempio:

  • la parcella notarile per la stipula del contratto di mutuo ipotecario;
  • le spese di perizia dell’immobile su cui si è accesso il mutuo ipotecario;
  • le spese di istruttoria del mutuo;
  • l’imposta per l’iscrizione o la cancellazione dell’ipoteca;
  • l’imposta sostitutiva sul capitale prestato.

Non possono rientrare nella detrazione le seguenti spese:

  • la parcella notarile per l’atto di compravendita;
  • le imposte di registro, ipotecarie e catastali, l’IVA;
  • le eventuali spese di mediazione immobiliare;
  • le spese di assicurazione dell’immobile, nonostante sia l’istituto di credito concedente il mutuo ipotecario a richiederla come garanzia a copertura di eventuali danni all’immobile.

 

Acquisto auto con IVA agevolata: non basta il riconoscimento della 104

L’acquisto auto con IVA agevolata è un beneficio previsto per coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell’invalidità, molti però ritengono che basti il riconoscimento della 104 per poter accedere, in realtà non sempre è così perché non tutte le patologie aprono la strada a tale diritto. Vediamo in quali casi si può ottenere tale agevolazione.

La legge 104 del 1992: quadro generale

La legge 104 del 1992 regola diritti e agevolazioni spettanti a coloro che sono colpiti da disabilità, è rubricata “legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e diritti delle persone handicappate” e disegna un quadro abbastanza meticoloso, ma soprattutto cerca di dare a ogni disabile, in base alla gravità della condizione e alla tipologia di limitazione, un supporto adeguato, cioè mirato. Non tutti i benefici e le agevolazioni previste vengono riconosciute a tutti indistintamente, ma si procede in base alla condizione del singolo.

Per chi vuole conoscere le varie tipologie di aiuto per i disabili c’è la guida: Acquisti agevolati per invalidi con legge 104: quali sono e a chi spettano

Acquisto auto con IVA agevolata per disabili

In questo caso ci occuperemo in modo dettagliato dell’acquisto auto con IVA agevolata. Il beneficio prevede la possibilità di acquistare un veicolo con il pagamento dell’IVA al 4% e non al 22% (aliquota ordinaria), come si può notare il risparmio è davvero notevole, inoltre si può beneficiare dell’esenzione dal pagamento del bollo auto e la detrazione IRPEF al 19%. Questi benefici però non sono automatici , cioè non vengono riconosciuti a tutti i soggetti con legge 104, ma solo per alcune patologie, si tratta di:

  • non vedenti, tra cui ciechi totali, parziali e ipovedenti gravi;
  • sordità congenita o preverbale;
  • soggetti con handicap fisico o mentale per i quali è prevista anche l’indennità di accompagnamento;
  • soggetti pluriamputati o con gravi limitazioni alla capacità di deambulare;
  • disabili con ridotte o limitate capacità motorie, in questo caso l’agevolazione è riconosciuta solo nel caso in cui sia necessario effettuare degli adattamenti al veicolo.

C’è comunque un’altra condizione per poter accedere al beneficio, cioè il veicolo deve essere utilizzato in via esclusiva o prevalente per il trasporto del disabile.

A ben vedere si tratta quindi di soggetti che hanno capacità di movimento gravemente limitate, in assenza di gravità non si può accedere a questi benefici. Per valutare se si ha diritto a ottenere il riconoscimento del diritto all’acquisto auto con IVA agevolata per disabilità si deve fare riferimento al verbale redatto dalla commissione che ha riconosciuto il diritto al riconoscimento della legge 104. Se in esso è scritto che il paziente ha una capacità di deambulazione sensibilmente ridotta, non c’è spazio per ottenere i benefici previsti.

Chi può ottenere l’acquisto auto con IVA agevolata

Dal punto di vista soggettivo, il beneficio può essere richiesto dal disabile o dal familiare che lo ha in carico. Il disabile è a carico di un familiare quando è minorenne oppure se maggiorenne con reddito inferiore a 4.000 euro, se di età inferiore a 24 anni e 2.840,51 euro annui, se di età inferiore.

Quali veicoli si possono acquistare

Non tutti i veicoli possono beneficiare dell’acquisto auto con IVA agevolata, deve infatti trattarsi di vetture con cilindrata non superiore 2.000 cc se a benzina o 2.800 cc con alimentazione diesel.

Per i veicoli elettrici non è possibile ottenere l’IVA agevolata in quanto la stessa è subordinata ai limiti di cilindrata, mentre si può usufruire per le vetture ibride, quindi con doppia alimentazione. L’agevolazione non è prevista neanche per le minicar, che possono essere guidate anche senza patente. Si può invece ottenere per le motocarrozzette, da intendersi come veicoli a tre ruote destinati al trasporto di persone, con massimo 4 posti, compreso quello del conducente ed equipaggiati con idonea carrozzeria. Un’altra particolarità sta nel fatto che si può ottenere l’IVA agevolata per l’acquisto anche di autocaravan per il trasporto massimo di 7 persone compreso il conducente.

L’acquisto può riguardare un’auto nuova o usata, inoltre non si può godere dello stesso più di una volta nell’arco di 4 anni. Ci sono però deroghe a tale limitazione, infatti se il precedente veicolo viene demolito, è possibile ottenere l’agevolazione anche prima dei 4 anni. In caso di furto, si può ottenere il beneficio prima del quadriennio dal precedente acquisto.

Disabilità: IVA agevolata per le modifiche al veicolo

Naturalmente può capitare che un disabile abbia bisogno di apportare delle modifiche sul veicolo acquistato al fine di rendere possibile il trasporto del disabile, oppure per far in modo che possa guidare nonostante le menomazioni. In questo caso l’IVA agevolata si estende anche a tali “optional” o modifiche. L’IVA agevolata si estende quindi alle sue riparazioni degli adattamenti. Ad esempio se si adatta il cambio per rendere possibile la guida al disabile, si può ottenere l’IVA agevolata e la detrazione al 19% su tale modifica, se lo stesso è danneggiato e va riparato, i benefici si ottengono anche sull’intervento di riparazione, ma se si rompe a un’altra componente che non sottoposta ad adattamento, non si può usufruire dell’IVA agevolata.

Documenti da presentare per l’acquisto auto con IVA agevolata legge 104

Il venditore applica in modo diretto l’IVA agevolata al 4% per l’acquisto di auto a uso prevalente o esclusivo del disabile, ma ci sono delle procedure da espletare, in particolare è necessario consegnare al venditore la documentazione che prova la disabilità, quindi il verbale di accertamento da cui emerge la tipologia e la gravità della patologia.

Occorre inoltre presentare:

  • autocertificazione con cui si dichiara che nei precedenti 4 anni non si è usufruito del beneficio;
  • Se l’acquisto è effettuato dal soggetto a cui il fiscalmente a carico occorre fornire l’autocertificazione di tale status.

Chi vende deve emettere la fattura da cui emerge l’agevolazione applicata e comunicare all’Agenzia delle Entrate (sede territorialmente competente) la vendita indicando anche le generalità dell’acquirente, la targa del veicolo e la data dell’operazione.

Superbonus 110%, cos’è e come beneficiare della detrazione fiscale

Il superbonus 110% rappresenta un’agevolazione prevista per determinati lavori sugli immobili eseguiti tra il 1° luglio 2020 e il 30 giugno 2022. L’agevolazione della quale si può beneficiare consiste nella detrazione dell’imposta, pari al 110%, delle spese sostenute. La detrazione si può utilizzare per ridurre il carico delle imposte da versare negli anni successivi a quelli nei quali i lavori sono stati fatti.

Superbonus 110%, l’alternativa della cessione del credito o dello sconto in fattura

Oltre alla detrazione dell’imposta, e in alternativa, si può usufruire della cessione del credito oppure dello sconto in fattura. Le due possibilità si riferiscono alle spese sostenute durante il 2021 e il 2022. Tuttavia, per gli interventi non coperti dal superbonus 110%, è possibile beneficiare delle agevolazioni già presenti nella legislazione. Ci si riferisce, in particolare, agli ecobonus, al bonus facciate, al sismabonus e al bonus per le ristrutturazioni edilizie.

Modalità di fruizione del superbonus 110%: detrazione, sconto in fattura e cessione del credito

Il beneficiario ha, dunque, tre modalità di fruire del superbonus 110%. La prima consiste nell’accedere direttamente alla detrazione: il beneficiario paga l’interno importo dei lavori e riceve il 110% delle spese ammesse dilazionate in cinque anni. La seconda modalità è quella di ricevere direttamente uno sconto in fattura pari al 110% dell’importo dei lavori sostenuti. Sarà quindi chi realizza gli interventi a beneficiare nei 5 anni successivi della detrazione. Infine, con la cessione del credito a un terzo soggetto, che può essere anche un istituto finanziario o assicurativo, il beneficiario paga l’importo ridotto dei lavori di una quantità pari all’attualizzazione all’anno zero della quota ceduta. Sarà il soggetto terzo a beneficiare dei 5 anni di detrazione.

Edifici e soggetti ammessi al superbonus 110%

Sono ammessi alla misura del superbonus 110% gli edifici a uso residenziale, monofamiliari o condomini, e gli spogliatoi delle società sportive. Sono esclusi dalla misura le unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali  A/1, A/8 e A/9 non aperte al pubblico. I soggetti che possono beneficiare del superbonus sono nell’ordine:

  • le persone fisiche;
  • i condomini;
  • gli istituti autonomi delle case popolari o enti similari;
  • le cooperative di abitazioni a proprietà indivisa;
  • le organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
  • le società sportive dilettantistiche;
  • le associazioni.

Interventi trainanti e trainati ammessi al superbonus 110%

Secondo quanto prevede l’articolo 119 del decreto legge numero 34 del 2020, il superbonus 110% spetta per gli interventi cosiddetti “trainanti” e “trainati”. Gli interventi trainanti sono quelli per i quali spetta direttamente la detrazione (o la cessione o lo sconto in fattura). Gli interventi trainati, invece, devono essere eseguiti congiuntamente agli interventi trainanti per poter dar luogo all’applicazione del superbonus. Pertanto, gli interventi trainanti vedono l’applicazione del superbonus per i lavori ad essi assoggettati, ma permettono, contestualmente, anche l’applicazione del superbonus per gli altri interventi che altrimenti rimarrebbero fuori dall’ambito di beneficio della misura.

Quali sono gli interventi trainanti del superbonus?

Gli interventi trainanti sono di tre tipologie:

  • l’isolamento termico degli edifici, altrimenti detto “cappotto”. La superficie opaca sulle quale effettuare l’intervento di isolamento termico deve essere di oltre il 25% la superficie disperdente. I materiali ammessi all’intervento devono essere sostenibili;
  • la sostituzione degli impianti invernali di climatizzazione;
  • gli interventi antisismici. Per questa tipologia di interventi è necessario far riferimento al sismabonus previsto dall’articolo 16 del decreto legge numero 63 del 2013.

Requisiti isolamento termico e sostituzione impianti climatizzazione per il superbonus 100%

Per beneficiare del superbonus 100%, gli interventi relativi all’isolamento termico e quelli per la sostituzione degli impianti di climatizzazione devono soddisfare due requisiti. Il primo è rappresentato dal rispetto dei requisiti tecnici elencati dal decreto ministeriale del 6 agosto 2020. Il secondo requisito da soddisfare consiste nel garantire il miglioramento di due classi energetiche dell’edificio o, nel caso in cui questo risultato non fosse possibile, la classe energetica più elevata. Tale risultato deve essere dimostrato dall’attestato di prestazione energetica ante e post intervento la cui redazione deve essere fatta da un tecnico abilitato. I requisiti del miglioramento termico non sono richiesti per gli interventi di adeguamento sismico.

Interventi trainati nel superbonus 110%

Il soggetto che realizzi un intervento trainante ha la possibilità di estendere il superbonus 110% anche agli interventi trainati o secondari. Ciò significa che se svolgesse solo interventi trainati non avrebbe diritto ad accedere ai benefici del superbonus. Gli interventi secondari sono di quattro categorie:

  • gli interventi di efficientamento energetico o ecobonus;
  • i lavori per l’installazione degli impianti solari fotovoltaici e i sistemi di accumulo integrati;
  • l’installazione delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici;
  • l’eliminazione delle barriere architettoniche.

Detrazioni carichi familiari: lavoro autonomo e dipendente a confronto

Ogni anno, prima di trasmettere al Fisco la dichiarazione dei redditi, il contribuente ha la possibilità di fruire di benefici fiscali, attraverso il meccanismo della detrazione di imposta, se ci sono familiari a carico. In particolare, se il reddito del familiare nell’anno non ha superato la soglia dei 2.840,51 euro, allora questo sarà considerato fiscalmente a carico. E lo sono pure tutti i figli che, aventi un’età non superiore ai 24 anni, non superano il limite di reddito dei 4.000 euro. Ma detto questo, sempre in materia di detrazioni carichi familiari, quali sono le differenze nella fruizione tra il lavoratore autonomo ed il lavoratore dipendente?

Lavoro autonomo e dipendente a confronto sulle detrazioni fiscali per familiari a carico

Al riguardo la prima cosa da dire è che la prima differenza tra il lavoratore dipendente e quello autonomo, per quel che riguarda le detrazioni sui carichi di famiglia, sta nel modello dichiarativo da andare ad utilizzare. Se per le detrazioni carichi familiari, infatti, il lavoratore autonomo utilizza il modello 730, il lavoratore autonomo, invece, deve indicare il codice fiscale dei familiari a carico andando a compilare il modello Redditi.

Inoltre, se in genere il lavoratore dipendente non ha difficoltà a sfruttare a pieno le detrazioni per i familiari a carico, lo stesso non vale spesso per il lavoratore autonomo nel caso in cui questo dichiari al Fisco un reddito basso. In tal caso, infatti, potrebbe non avere capienza fiscale sufficiente per fruire totalmente, per esempio, delle detrazioni fiscale per il coniuge e per il figlio a carico.

Proprio per i figli a carico, nel rigo corrispondente del modello dichiarativo, bisogna inoltre indicare ‘100’ se la detrazione per il figlio fiscalmente a carico è richiesta per intero. Bisogna indicare ‘50’ se la detrazione è ripartita tra i genitori, mentre bisogna riportare ‘0’ se la detrazione, invece, è richiesta per intero dall’altro genitore.

Come funzionano le detrazioni fiscali per i familiari a carico per gli autonomi ed i lavoratori dipendenti dipendenti

Per il resto, il meccanismo per le detrazioni fiscali per i familiari a carico per lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti è lo stesso a partire dalle soglie sopra indicate affinché, in base al reddito personale, un familiare sia o meno fiscalmente a carico.

Inoltre, tanto per gli autonomi quanto per i lavoratori dipendenti, l’ammontare delle detrazione fiscale per ogni familiare a carico parte da una base, che è rappresentata dal valore massimo fruibile per pagare meno tasse, o per maturare un credito di imposta, per poi decrescere fino ad azzerarsi all’aumentare del reddito che sarà dichiarato al Fisco.

Non a caso, nelle istruzioni che sono allegate ai modelli dichiarativi, è proprio l’Agenzia delle Entrate a far presente che, a seconda di quella che è la situazione reddituale del contribuente, le detrazioni fiscali per i carichi di famiglia possono spettare per intero, possono spettare solo in parte, oppure non possono spettare. Per esempio, in base alla normativa fiscale vigente, la detrazione fiscale per il coniuge a carico, che parte da una base massima di 800 euro, si azzera per i redditi dichiarati oltre la soglia di 80.000 euro.

Nuove norme per il Bonus Mobili

Nuove regole per il Bonus Mobili che prevede, lo ricordiamo, una detrazione Irpef del 50% in 10 anni per l’acquisto di arredamento e grandi elettrodomestici abbinato ad una ristrutturazione edilizia.

Passata in Senato la legge, è stato deciso di reintrodurre la possibilità di portare in detrazione anche gli acquisti di mobili di importo superiore al valore delle ristrutturazioni, eliminando il limite precedentemente disposto.

Resta invece il tetto massimo per le spese agevolabili di 10.000 euro, mentre per le ristrutturazioni il tetto è fissato a 96.000 euro per unità immobiliare.

Il Bonus Mobili riconosce la detraibilità del 50% sulle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni) per le apparecchiature per cui è prevista l’etichetta energetica, ovvero:

  • frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi per la cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici;
  • letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli , sedie, comodini , divani , poltrone, credenze, materassi , apparecchi di illuminazione.

Sono detraibili anche le spese di trasporto e montaggio dei beni acquistati, mentre è escluso per l’acquisto di porte, pavimentazioni (es.: parquet), tende e tendaggi, altri complementi di arredo.

Vera MORETTI

Via libera alla proroga degli Ecobonus

Il Consiglio dei Ministri di venerdì 31 maggio ha confermato la proroga agli Ecobonus, la cui scadenza era stata originariamente fissata al 30 giugno 2013.
La detrazione Irpef/Ires del 55% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici non solo è stata prorogata al 31/12/2013, ma è stata innalzata la percentuale al 65%.
Se si tratta di lavori eseguiti dal condominio, questa detrazione è valida fino al 30/06/2014.

La detrazione Irpef del 50% per le ristrutturazioni edilizie, con tetto massimo di spesa agevolabile pari a 96.000 euro, è stata prorogata fino al 31/12/2013 ed è stata estesa anche agli immobili colpiti dal terremoto del maggio 2012 ed a quelli delle aree territoriali a rischio.
Questa detrazione è valida anche per l’acquisto di mobili destinati all’arredamento dell’abitazione da ristrutturare, fino ad un ammontare di 10.000 euro (con un bonus pari, quindi, a 5.000 euro).

Per entrambe le agevolazioni, 65% e 50%, l’importo spettante a titolo di bonus è ripartibile in dichiarazione dei redditi in 10 rate annuali di pari importo.

Vera MORETTI