Cassa forense apre al dialogo con Fornero e Severino

Alberto Bagnoli, presidente della Cassa forense, ha commentato l‘invito che il ministro del Lavoro ha rivolto agli enti previdenziali privati per discutere di previdenza in vista del prossimo 30 settembre 2012, termine per la presentazione al governo dei nuovi bilanci tecnici a 50 anni. “Apprezzo l’iniziativa presa dal ministro Fornero, e spero sia solo il primo passo di un cammino condiviso per affrontare le problematiche previdenziali dei professionisti”.

La stessa soddisfazione è stata espressa dal presidente della Cassa forense per le parole pronunciate dal ministro della Giustizia, Paola Severino, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario forense, quando ha manifestato la volontà di aprire un tavolo di consultazione con l’Avvocatura per affrontare le criticità della giustizia. “Vogliamo essere presenti ai tavoli di confronto per dare il nostro fattivo contributo affinchè le problematiche dell’Avvocatura e della sua previdenza siano affrontate parallelamente a quelle della giustizia: è solo attraverso il dialogo costruttivo -conclude Bagnoli- che si può sperare di trovare la soluzione migliore per tutelare presente e futuro dei professionisti”.

Riforma del lavoro? Una guerra tra poveri

La riforma del lavoro è realtà. Approvata lo scorso 27 giugno, entrerà ufficialmente in vigore il prossimo 18 luglio. E dopo 40 anni le regole di assunzione e licenziamento in Italia cambiano. Tutti lo sapevano ma solo ora si alza definitivamente il polverone.

La parola d’ordine del nuovo ordinamento è flessibilità. Flessibilità in ingresso e in uscita nel mercato del lavoro, stando alla nuova disciplina sostanziale che regolerà i licenziamenti.

I margini? Resta ancora da vedere quali siano i margini di suddetta flessibilità e che reale vantaggio avranno piccole e medie imprese, oltre che i lavoratori.

Flessibili nel licenziare, flessibili nel reintegrare o assumere.

Il processo sui licenziamenti sarà più veloce e saranno introdotte nuove forme di tutela della disoccupazione, ovvero, stando all’articolo 3 della Riforma di legge il deus ex machina del licenziamento per giusta causa sarà lo sfruttamento degli ammortizzatori sociali: la novità principale riguarderà l’introduzione dell’ASPI (Assicurazione Sociale per l’impiego), che sarà in vigore nel 2013 e sostituirà a regime, nel 2017, l’indennità di mobilità e di disoccupazione. A usufruire, oltre i lavoratori dipendenti, potranno essere gli apprendisti e gli artisti. Sarà possibile trasformare l’indennità Aspi in liquidazione per disporre in tal modo di un capitale per avviare un’impresa.

Già, un’impresa, stando all’Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro sarà un’impresa trovare un posto di lavoro e mantenerlo.

Addio quindi al reintegro automatico in caso di licenziamento per motivi economici, anche se per alcuni casi specifici sarà prevista un’indennità risarcitoria. Nel caso di licenziamento disciplinare, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, il giudice avrà una minor discrezionalità nella decisione del reintegro, che sarà previsto solo sulla base dei contratti collettivi.

E i piccoli medi imprenditori? Dovranno puntare sul contratto di apprendistato che diventerà la forma contrattuale dominante attraverso un sistema di incentivi e di benefici contributivi e che dovrà avere una durata minima non inferiore ai 6 mesi, unica vera novità sotto questo fronte.

E i titolari di Partita Iva? Nodo ancora irrisolto e che si appresta a diventare focolaio di discussioni e polemiche. Per i liberi professionisti la durata di collaborazione non dovrà superare gli 8 mesi e il corrispettivo pagato non dovrà superare l’80% di quello di dipendenti e co.co.co. In caso di collaborazione continuata che superi gli 8 mesi, il rapporto di lavoro si dovrà tramutare in altra forma contrattuale.

Mettiamo insieme le due cose: la guerra ai partitivisti porterà sempre meno titolari a mettersi in proprio e a fare, come accade oggi, di necessità virtù. Dall’altra parte, i piccoli medi imprenditori, ai quali mancheranno agevolazioni e aiuti nell’ acquisizione di nuove risorse, saranno costretti a trovare un mutuo accordo con chi sarà in cerca di un impiego. Che per uscire da un circolo vizioso come quello proposto dall’attuale Riforma si proceda alla mala parata e si fomenti il lavoro nero?

Mutua solidarietà tra piccolo imprenditore e lavoratore, l’uno alla ricerca di nuove commesse e l’altro alla ricerca di un nuovo lavoro?

Ma non sarebbe meglio incentivare le assunzioni a tempo indeterminato liberando le pmi dalle tassazioni e dalla pressione fiscale cui sono soggette, almeno nei primi tre anni di vita dell’attività?

Una riforma apprezzabile, dunque, o solo fumo negli occhi? A dire il vero molti sono ancora i tasti dolenti e quelli poco chiari. Come essere tutelati e scegliere la più opportuna tipologia di contratto di lavoro da proporre o da accettare? Che fine faranno gli ordini professionali ancora in bilico con relative casse previdenziali al seguito? E le partite IVA finte e i lavoratori parasubordinati che esistono da sempre?

Dopo tante chiacchiere e pagine di Riforma, un punto proprio ci manca: dov’è finita la forza di trascinamento e incoraggiamento verso le piccole e medie imprese?

 

Ddl lavoro, i dubbi dei consulenti

Dal recente Festival del Lavoro di Brescia è arrivata un’altra stilettata al governo e alla sua riforma del lavoro. Questra volta è toccato ai consulenti del lavoro scagliarsi contro la “creatura” della Fornero. La Presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, ha infatti dichiarato: “La soluzione alla polemica sulla riforma del lavoro è semplicemente non chiamarla più così, perché non ne ha le caratteristiche né tecniche né di sostanza. Sembra scritta da un ispettore del lavoro orfano delle sanzioni sul libro matricola“.

La Presidente Calderone ha voluto così ribadire un concetto già espresso nei giorni scorsi nel corso dell’incontro con il Senatore Maurizio Sacconi, il quale si è dichiarato assolutamente d’accordo, sottolineando come tale aspetto sia in netta controtendenza con quella che era la linea di sostanza posta in essere quando lui era ministro.

La magia degli statali: meno impiegati, più spesa

di Davide PASSONI

La Pubblica amministrazione italiana non smette di riservarci prodigi che neanche il mago Otelma. In un periodo di vacche non magre, potremmo dire letteralmente morte di fame, scopriamo infatti che, oltre al braccio di ferro tra il ministro del Welfare Elsa Fornero – che cerca di equiparare nella riforma del lavoro i dipendenti pubblici a quelli privati – e il ministro della Funzione Pubblica Patroni Griffi – che cerca in ogni modo di tutelare i suoi pari mantenendone diritti e privilegi acquisiti – nella Pubblica amministrazione in 8 anni il numero degli impiegati è sceso di 110mila persone (pari a circa il 3% del totale) mentre la spesa per i loro stipendi è cresciuta di 40 miliardi.

Magia? No, matematica contabile, con dati estrapolati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre e commentati dal segretario Giuseppe Bortolussi: “Tra il 2001 e il 2009 i dipendenti pubblici sono diminuiti di quasi 111.000 unità, pari ad una contrazione del 3%. Tuttavia, la spesa per le retribuzioni, in termini assoluti, è aumentata di 39,4 miliardi di euro (+29,9%). Al netto dell’inflazione, invece, la stessa è stata più contenuta: solo, si fa per dire, dell’8,3%, che corrisponde, in termini assoluti, a circa 13 miliardi di euro“. Mica male…

E siccome, come recita un antico adagio, il pesce puzza dalla testa, Bortolussi azzarda un’ipotesi su dove sia finita la maggior parte di questi miliardi: “Questi aumenti non sono finiti in tasca agli infermieri, ai bidelli o alle maestre elementari. E’ molto probabile che ad avvantaggiarsene economicamente siano stati i livelli dirigenziali medio alti del nostro pubblico impiego“.

L’ufficio studi ha poi confrontato il trend di spesa dei dipendenti pubblici italiani, con quelli francesi e tedeschi. In Italia ci sono 58,4 dipendenti ogni 1.000 abitanti, valore vicino a quello della Germania (55,4 ogni 1.000 abitanti, 4,5 milioni di dipendenti pubblici) e a quello francese (80,8 ogni 1.000 abitanti, 5,2 milioni di dipendenti pubblici). Ma, e qui arriva la gabola, la spesa per le retribuzioni del settore pubblico in Italia è continuata a crescere, sia in rapporto al Pil, sia in valori assoluti: tra il 2001 e il 2009 la spesa per il personale pubblico è passata dal 10,5% all’11,2% del Pil per un valore, nel 2009, di 171 miliardi.

Amara la conclusione di Bortolussi: “Se in Italia i costi per il pubblico impiego al netto dell’inflazione fossero cresciuti seguendo il trend tedesco (-6,2%), la spesa per tale voce nel 2009 sarebbe stata di 148,1 miliardi, anziché 171, vale a dire 22,9 miliardi in meno. Si tratta di una simulazione che presenta ovviamente dei limiti di comparazione tra le istituzioni pubbliche dei due Paesi, ma che rende bene l’idea di quanto si possa ancora migliorare in Italia in questo settore, nonostante i progressi effettuati finora non siano affatto trascurabili“.

Capito Patroni Griffi? Capito Giarda? Per tagliare spese e costi senza tagliare le persone non serve il mago Otelma, bastano buona volontà e voglia di farlo.

Ddl lavoro, Alemanno risponde a Elsa Fornero

Le problematiche inerenti a norme contenute nel Ddl lavoro, come le false partite Iva, e l’aumento dell’aliquota previdenziale del Fondo di gestione separata dell’Inps, sono i temi affrontati dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Elsa Fornero, in un messaggio scritto a Riccardo Alemanno, Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT).
Nel messaggio del Ministro si legge: “Le questioni sollevate dall’Istituto che lei presiede in merito al disegno di legge di riforma del mercato del lavoro sono oggetto della mia attenzione e valutazione”.

Dopo aver analizzato gli emendamenti presentati al Senato al Ddl lavoro, Alemanno ha così risposto: “Ho preso atto, degli emendamenti presentanti da Relatori e Governo al Ddl sul lavoro, ma non ho trovato alcuna modifica sull’incremento dell’aliquota previdenziale del fondo di gestione autonoma dell’Inps. Ho anche ascoltato il Suo intervento in merito, al video forum del Corriere della Sera, e condivido il fatto che con il sistema contributivo si debba arrivare ad un versamento (risparmio) importante per avere una assegno pensionistico decente, ma il suddetto incremento deve essere maggiormente dilazionato nel tempo e soprattutto, i professionisti (veri) privi di cassa autonoma non possono essere considerati, dal punto di vista della precarietà come i parasubordinati, la loro attività è strutturata e continuativa e l’aliquota previdenziale del 33% rischia di diventare un prelievo dal reddito eccessivo e difficilmente sostenibile, soprattutto da parte dei più giovani. Ribadisco quindi la necessità di un incontro con Lei al fine di valutare, anche al di fuori del Ddl lavoro, un percorso per dare chiarezza alla posizione previdenziale dei professionisti, nella consapevolezza che le loro esigenze previdenziali e le dinamiche del loro reddito sono estremamente differenti rispetto ai parasubordinati ed al mondo del precariato in genere”.

Francesca SCARABELLI

Uno tsunami si abbatte sulle imprese

“Sulle imprese, in questi due anni, è come se si fosse abbattuto uno tsunami”. E’ l’allarme lanciato dal Presidente di turno Marco Venturi nella relazione presentata oggi, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, all’Assemblea annuale di Rete Imprese Italia, il soggetto di rappresentanza unitario che riunisce Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti. “Una parte rilevante delle imprese è stata travolta e gli imprenditori vedono andare in fumo investimenti, frutto dei sacrifici di un’intera vita di lavoro”. Partecipano i Presidenti di Casartigiani, Giacomo Basso, di CNA, Ivan Malavasi, di Confartigianato, Giorgio Guerrini e di Confcommercio, Carlo Sangalli.

All’Assemblea l’intervento del Ministro dello Sviluppo Economico e dei Trasporti e delle Infrastrutture Corrado Passera e il collegamento in diretta video con il Ministro per il Lavoro e le Politiche Sociali Elsa Fornero.
Presenti rappresentanti delle istituzioni, esponenti della politica e del mondo economico, sindacale ed imprenditoriale, tra cui il segretario del Pd Pierluigi Bersani ed il leader del Terzo Polo Pier Ferdinando Casini, il segretario della Cgil Susanna Camusso e della Uil Luigi Angeletti.

Fonte: Confesercenti.it

Anche i prof sbagliano. E lo ammettono

di Davide PASSONI

Incredibile. I professori fanno autocritica. E non un professore qualunque, no: la più prof delle prof, il ministro del Lavoro Elsa Fornero. Quella che con il ditino alzato, non più tardi di qualche giorno fa aveva etichettato la media degli studenti italiani come dei somari (forse con qualche ragione). Proprio lei, quella che con le lacrime agli occhi parlava dei sacrifici chiesti ai pensionati, anziché ai parlamentari, per raddrizzare l’economia dell’Italia. Un’autocritica che ha come oggetto proprio, tra gli altri, i pensionati: Fornero ha infatti ammesso che riguardo “all’attenzione ai segmenti più deboli, forse siamo in ritardo. Ammetto una qualche mia responsabilità, è mancata forse una maggiore attenzione a quelli che sono i più sofferenti nel Paese“.

Beh, se n’è accorta adesso, ma non è il caso di dire meglio tardi che mai. Pensionati, esodati, famiglie monoreddito, piccole imprese, artigiani: una minima parte dell’elenco dei sacrificati sull’altare del salva-Italia. Perché, anche se Fornero sostiene che l’Esecutivo ha puntato sul rigore per uscire dalla crisi pensando a una crescita a breve “che non si è avuta e si è pensato che ci sarebbe stata più attenzione ai segmenti più deboli“, non basta come autocritica. Sbagliare sulla pelle e sulla vita delle persone non è accettabile, né se lo fanno i politici né se lo fanno i tecnici.

Un’affermazione tanto irritante quanto quella fatta dal premier Monti in riferimento ai suicidi di imprenditori e lavoratori dipendneti provocati dalla crisi: “Le conseguenze umane come quelle economiche che derivano dalla crisi sono grandi visibili ed evidenti” salvo poi aggiungere che quanto accade “dovrebbe far riflettere chi ha portato l’economia in questo stato e non chi da questo stato sta cercando di farla uscire“. Un’autoassoluzione che lascia basiti. Noi non siamo di quelli alla Di Pietro che sostengono che il Governo sia responsabile delle morti per crisi, ma pensiamo che, con certe misure, abbia peggiorato una situazione già tetra. Abbiamo chiesto da queste pagine che il premier battesse un colpo sull’argomento con una parola di vicinanza a quanti hanno subito un lutto. Ha scelto il modo peggiore per non farlo, scaricare la colpa su chi lo ha preceduto e dimostrare ancora una volta una freddezza sconcertante. Forse è giusto così, forse il personaggio Monti e il suo ruolo non prevedono che si sbilanci ma solo che salvi il Paese dall’abisso. Caro Monti, lo si può fare anche dimostrando un minimo di umanità, glielo assicuriamo.

Riforma del lavoro, l’INT alza la voce

L’Istituto Nazionale Tributaristi alza la voce sulla riforma del lavoro. L’INT ha infatti inviato una richiesta di incontro al Ministro del Lavoro e Politiche Sociali Elsa Fornero. Come già preannunciato nei giorni scorsi, infatti, il Presidente dell’INT, Riccardo Alemanno, ha inviato al Ministro una lettera con la quale chiede un incontro per potere avere un confronto diretto su tematiche inerenti il DDL Lavoro e in particolare sugli aumenti di aliquota contributiva del Fondo di gestione separata dell’Inps.

Non è solo in per sollecitare modifiche su temi come la lotta alle false partite IVA o sull’aumento contributivo della gestione separata” dichiara Alemanno. “Sull’urgenza di modificare alcune norme del DDL Lavoro, abbiamo già inviato nei giorni scorsi, a rappresentanti del Senato, le nostre proposte modificative e ora attendiamo la discussione in Commissione. Con il Ministro, oltre a verificare da parte del Governo spazi di modifica, vorremmo iniziare un percorso che portasse ad una maggiore equità e sostenibilità degli obblighi contributivi che ad oggi devono sostenere i tributaristi e tutti i professionisti privi di cassa autonoma, obbligati all’iscrizione nel Fondo di gestione separata dell’Inps. Sono certo che il Ministro Fornero, date le Sue competenze in materia e la Sua sensibilità, comprenderà le nostre ragioni“.

La riforma del lavoro ridiscussa da imprese e PMI

di Vera MORETTI

La riforma del lavoro subirà alcune modifiche, come conseguenza del “pressing” da parte delle imprese e di Confindustria, nella persona del presidente uscente Emma Marcegaglia, nonché di forze politiche, in primis Pierluigi Bersani, e rappresentanti delle PMI, con Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia, in prima linea.

I cambiamenti riguardano i temi “caldi” della riforma, come, ad esempio, la questione spinosa delle partite Iva. A questo proposito, il testo originario del Ddl prevedeva che i contratti di consulenza diventassero collaborazioni coordinate e continuative e fossero trasformati in contratti a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro durava da più di sei mesi.
Le imprese, invece, chiedono che i sei mesi diventino un rapporto pluriennale e il lavoro sia un regime di mono-committenza. Inoltre, che la postazione di lavoro debba essere, prevalentemente, nei locali del committente e che venga eliminata la clausola sulla trasformazione automatica del rapporto di lavoro.

Anche la questione dei contratti a termine è stata ampiamente discussa, e, in questo caso, le imprese vorrebbero eliminare l‘obbligo di causale per il primo contratto, che il ddl prevede solo per sei mesi. In pratica, il primo contratto a termine non andrebbe più motivato.
Lo scopo di tale richiesta è anche di rendere applicabile a tutti gli stagionali l’esenzione dal contributo aggiuntivo dell’1,4% (quello che va a finanziare l’Aspi), per ridurre i tempi fra un contratto e l’altro, e per non considerare nel computo dei 36 mesi (dopo i quali dovrebbe scattare l’assunzione a tempo indeterminato) i periodi di lavoro somministrato.
Si chiede, infine, che l’apprendistato possa essere applicato fino a 32 anni (e non 29) e che possa essere allungato da tre a quattro anni.

Nota dolente era anche quella dei licenziamenti, sui quali le imprese si sono mostrate contrarie su due punti. Per i licenziamenti disciplinari, perciò, è stata chiesta l’eliminazione del riferimento alla “sanzione conservativa” in base alla quale il giudice può decidere il reintegro (in pratica, si vuole limitare la discrezionalità del giudice di disporre il reintegro). Mentre per i licenziamenti economici, durante la fase di conciliazione obbligatoria, si pensa a una sorta di “moratoria” della malattia.

Emma Marcegaglia si è mostrata soddisfatta, considerando la questione di contratti a tempo determinato e partite Iva “due aspetti molto significativi” per le imprese mentre gli aggiustamenti sulla flessibilità in uscita sono minori e più tecnici.
In Bersani la presidente uscente di Confindustria ha visto “comprensione e anche condivisione” di alcune preoccupazioni, e ha concluso che su alcuni punti c’è l’accordo mentre su altri si è aperta una riflessione per “trovare soluzioni condivise“.

Bersani, dal canto suo, ha affermato che sono al vaglio alcune proposte per cercare soluzioni “che uniscano e non dividano” manifestando disponibilità su alcuni punti, insistendo sul concetto che l’impianto di fondo della riforma non va toccato.

Per Diego Della Valle (Tod’s), la modifica dell’articolo 18 “non era tra i più importanti per il mercato del lavoro, lo era invece come segnale ai mercati: gli imprenditori devono far sentire ai lavoratori di essere loro vicini“.

Venturi: trattative per la riforma del mercato del lavoro privato

Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ha dato importanti “assicurazioni” alle aziende del terziario, dell’artigianato e dell’impresa diffusa sulla riforma del mercato del lavoro. Ai microfoni di “L’economia in tasca, su Radio1 Rai, il presidente di Rete Imprese Italia Marco Venturi fa il punto sulle trattative in corso per la riforma del mercato del lavoro privato. “Ho parlato con il ministro del Lavoro Elsa Fornero, che mi ha dato assicurazioni su alcuni temi”, dice Venturi. A partire dai “contratti a tempo determinato per la stagionalità, ad esempio nel turismo”. Ma anche “sull’apprendistato, e il costo dell’Aspi, che diventa scoraggiante”, e “l’eccessiva burocratizzazione delle forme di lavoro intermittente”. Tutti punti, dice il presidente di Rete Imprese Italia, “che rischiavano di essere messi in discussione: spero che a questo punto questa parte rimanga stabile”. Nel provvedimento attualmente allo studio per le imprese ”ci sono poi altri punti, come quello riguardante la flessibilità in entrata – spiega Venturi – su cui ragionare. E’ la cosa che stiamo facendo insieme alle altre confederazioni di imprese”. Da parte delle aziende del terziario, dell’artigianato e dell’impresa diffusa, sottolinea il presidente di Rete Imprese Italia, “non c’è alcun pregiudizio nei confronti del Governo o della riforma”. Anzi, secondo Venturi “se le risposte che la Fornero mi ha dato vengono confermate ufficialmente, per noi la riforma va bene, ritengo che sia un passo avanti anche per il Paese”. Nel corso dell’intervista il Presidente Venturi approfondisce anche altri temi d’attualità per le imprese, come la riforma fiscale, su cui si attendono novità nel breve periodo. Centrale, nell’analisi di questo tema di importanza vitale per le imprese, la questione del peso attuale dell’imposizione tributaria. “C’è l’Imu – enumera Venturi, “poi l’Iva che aumenterà ad ottobre”. Un intervento, questo, dice il presidente di Rete Imprese Italia, “che è una follia: invece di ridurre l’Iva per diventare più competitivi si continua a mettere le mani nelle tasche delle imprese e delle famiglie”. Una tendenza che “bisogna assolutamente invertire, agendo sulla spesa pubblica. Ci sono enormi margini di tagli degli sprechi e di cose di cui possiamo fare a meno, a partire dalla razionalizzazione del sistema istituzionale”.

Fonte: confesercenti.it