Contributi a fondo perduto export imprese danneggiate dalla guerra in Ucraina: 2,2 miliardi le risorse

I contributi a fondo perduto alle imprese esportatrici danneggiate dalla crisi conseguente alla guerra in Ucraina e dal conseguente caro prezzi di fonti energetiche, materie prime e semilavorati, saranno gestiti da Simest insieme al ministero degli Affari esteri. Sarà messo di nuovo in funzione il Fondo 394 con finanziamenti fino a 400 mila euro per ciascuna impresa che presenterà domanda. In tutto, le risorse e gli aiuti a favore delle aziende potrebbero raggiungere la cifra di 2,2 miliardi di euro. È quanto riporta la relazione accompagnatoria al decreto legge “Aiuti”. Il provvedimento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale lo scorso 17 maggio. Il decreto legge “Aiuti” estende i finanziamenti agevolati già previsti dal decreto legge numero 14 del 25 febbraio 2022.

Quali sono le condizioni di accesso al Fondo 394 per le imprese esportatrici?

L’articolo 5 ter del decreto legge 14 del 2022 prevede, alle lettere a) e b) del comma 1, le condizioni di ammissibilità delle imprese esportatrici ai contributi a fondo perduto Simest e di erogazione dei finanziamenti. La prima condizione impone l’aver avuto rapporti frequenti con i tre Paesi dell’Est Europa (Ucraina, Federazione Russa e Bielorussia). Ovvero, aver realizzato un fatturato pari mediamente a non meno del 20% del fatturato dell’impresa totale mediante operazioni di esportazioni dirette nei tre Paesi. La seconda condizione per usufruire dei contributi a fondo perduto è il limite dell’aiuto. I contributi, infatti, non possono superare il 40% dell’intervento complessivo a sostegno dell’impresa. Inoltre, il regime di aiuti non può prolungarsi oltre il 31 dicembre 2022.

Contributi a fondo perduto imprese dell’export, quali saranno le spese ammissibili?

Le misure di salvaguardia delle imprese esportatrici nei tre Paesi dell’Est europeo mediante l’erogazione dei contributi a fondo perduto sono accompagnate, inoltre, dalla sospensione, fino a 12 mesi, del pagamento della quota capitale e degli interessi delle rate in scadenza dei finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo 394 nel corso del 2022. Peraltro, il regime di aiuti per l’emergenza della guerra in Ucraina (il cosiddetto Temporary crisis framework), si estende alle difficoltà incontrate dalle imprese imprese esportatrici in questo periodo non solo per i prezzi aumentati dell’energia, delle materie prime, dei prodotti finiti e dei semilavorati, ma anche delle maggiori spese sostenute per il trasporto dei prodotti. Infine, concorre a determinare l’aiuto alle imprese esportatrici anche il rincaro dei prezzi per la ricerca di approvvigionamenti in Paesi alternativi alla Russia, all’Ucraina e alla Bielorussia.

Aiuti Simest alle imprese esportatrici, da oggi il Comitato agevolazioni inizia la messa a punto dei nuovi contributi

Dei nuovi contributi a fondo perduto Simest del Fondo 394 sarà il Comitato agevolazioni a fissare i paletti e le condizioni di acceso delle imprese agli aiuti. Proprio nella giornata di oggi, 26 maggio, è prevista la riunione del Comitato. È quindi probabile che si inizi a mettere a punto le condizioni di accesso ai contributi a fondo perduto Simest. Le risorse che potrebbero essere stanziate arriverebbero a 2,2 miliardi di euro. Al riutilizzo del Fondo 394, infatti, concorrerebbero:

  • le risorse avanzati nel 2021;
  • i nuovi trasferimenti disposti dalle recenti manovre;
  • i 726 milioni di euro di cofinanziamento a fondo perduto.

 

 

Bonus esportazioni, contributi a fondo perduto per le micro imprese

Si potranno presentare a partire dal 16 maggio 2022 le domande per il bonus esportazioni per le micro imprese. Le risorse messe a disposizione sono pari a 30 milioni di euro e andranno a finanziare le iniziative di internazionalizzazione delle imprese fino a dieci dipendenti e fatturato annuo non eccedente i due milioni di euro. La misura è disciplinata dalle disposizioni del direttore generale dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) numero 21 del 25 novembre scorso.

Contributi a fondo perduto per internazionalizzazione delle micro imprese: ammontare degli incentivi

Il provvedimento attuativo che ha dato il via ai contributi a fondo perduto per le micro imprese è quello del 12 aprile 2022. Gli incentivi verranno erogati sulla base delle soluzioni digitali che favoriranno il commercio con l’estero. Sono ammessi a presentare domanda anche le reti di impresa e i consorzi che potranno beneficiare di contributi a fondo perduto fino a 22.500 euro. I contributi sono erogati in un’unica soluzione. Alle micro imprese, prese singolarmente, l’ammontare massimo del contributo è pari a 4 mila euro.

Quali micro imprese possono presentare domande per il bonus export?

Ammesse alla presentazione delle domande del bonus export sono le micro imprese che abbiano codice Ateco “C”; inoltre, le imprese possono inoltrare domanda anche se rientranti in reti e consorzi. In tal caso, la rete o il consorzio deve essere formata a un minimo di 5 micro imprese. Il vincolo persiste sia alla data di presentazione della domanda che alla momento dell’erogazione degli incentivi. Il numero massimo di dipendenti è fissato a 10, con fatturato annuo non oltre i due milioni di euro. Inoltre, la fatturazione dei prodotti commerciali deve essere stata avviata almeno un anno prima della presentazione dell’istanza. Inoltre, le imprese richiedenti devono avere sede legale od operativa in Italia, oltre allo stabilimento produttivo nel territorio nazionale.

Requisiti necessari per presentare domanda del bonus export: ecco quali sono

Tra i requisiti richiesti per presentare domanda del bonus esportazioni rientrano:

  • l’iscrizione attiva al Registro delle imprese;
  • le posizioni contributive Inps e Inail  in regola;
  • non aver usufruito di aiuti in regime “de minimis” eccedente il massimale fissato.

Quali spese finanzia il bonus export delle micro imprese?

I contributi a fondo perduto per le micro imprese dell’avviso Ice sono destinati a coprire le seguenti spese:

  • investimenti in soluzioni digitali per le esportazioni. Le soluzioni devono essere acquistate presso un elenco di imprese abilitate dall’Ice;
  • realizzazione di sistemi di commercio elettronico per automatizzare le operazioni di trasferimento e di gestione dei beni e servizi;
  • servizi di comunicazione e di Content Management System (Cms);
  • costi per le consulenza di sviluppo di processi di organizzazione aziendale e di gestione del personale.

L’importo minimo delle spese, per ottenere il cofinanziamento, è pari a:

  • 5 mila euro per le micro imprese che presentano domanda in forma individuale;
  • 25 mila euro per le reti di imprese e i consorzi.

Come presentare domanda per i contributi a fondo perduto delle micro imprese?

Per la presentazione delle domande dei contributi a fondo perduto per l’internazionalizzazione e l’export delle micro imprese c’è tempo dalle ore 10:00 del 16 maggio prossimo fino alle ore 17:00 del 15 luglio 2022. A partire dal 10 maggio, alle ore 10:00, le micro imprese avranno la possibilità di precaricare le domande in vista dell’invio che può avvenire solo dal 16 maggio. Le domande devono essere precompilate e poi inviate tramite la piattaforma messa a disposizione da Invitalia.

Come rendicontare le spese ammissibili ai contributi del bonus export e richiedere l’incentivo?

I giustificativi di spesa per l’ottenimento dei contributi a fondo perduto del bonus export devono essere presentati soltanto in formato elettronico. L’emissione dei titoli deve avvenire in data susseguente a quella dell’invio della domanda degli incentivi. La richiesta di erogazione degli aiuti, sulla base della domanda già inviata a maggio, può avvenire in via telematica dal 30 novembre 2022 al 30 settembre 2023.

Agricoltura: Nuovo record per le esportazioni nell’agroalimentare

Il settore dell’agricoltura continua ad essere trainante per l’economia dell’Italia e gli ultimi dati resi noti da ISMEA autorizzano a essere positivi. Crescono le esportazioni nel settore agro alimentare.

Saldo attivo per l’export nel settore agricoltura

ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) nei giorni scorsi ha reso noti i dati sull’export del 2021. Il valore è giunto a 52 miliardi di euro. Rispetto al 2020 la crescita è stata dell’11%. I dati possono essere divisi in due comparti: quello dei prodotti agricoli registra un aumento delle esportazioni più contenuto, cioè 8,8%, mentre i prodotti alimentari hanno una crescita dell’11,6%. Deve essere sottolineato che nel 2021 crescono anche le importazioni nel settore agroalimentare, l’aumento in questo caso rispetto al 2020 è quasi del 12% con un valore di 48 miliardi di euro. Dalla differenza tra export e import emerge quindi un saldo attivo, cioè le esportazioni hanno un valore maggiore rispetto alle importazioni.

Esportazioni: ottime prestazioni per vini e formaggi

Tra i prodotti più apprezzati all’estero ci sono sicuramente i vini, infatti nei primi 9 mesi del 2021 le sole esportazioni di vino hanno avuto un incremento del 15,1% rispetto allo stesso periodo del 2020 per un valore di 5,13 miliardi di euro. Tra i consumatori più accaniti di vini italiani ci sono la Svizzera, ma anche Austria, Germania e, a sorpresa, la Francia. Domanda alta anche da parte degli Stati Uniti, Canada, Cina e Giappone.

Se sei produttore di vini e uve leggi l’articolo: Agricoltura: scopri il Piano Nazionale di sostegno al settore vitivinicolo

Assolatte ha invece reso noto che anche le esportazioni di formaggi italiani nel 2021 ha avuto buoni risultati. In questo lasso di tempo i consumi interni sono tornati ai livelli pre-covid, mentre le esportazioni hanno avuto un forte incremento. Lo stesso è in parte dovuto all’azzeramento dei dazi aggiuntivi che erano stati introdotti da Trump. Nel solo primo quadrimestre del 2021 le esportazioni sono cresciute dell’8,1% rispetto alla stesso periodo del 2020. Da registrare anche il fatto che oltre alla crescita dell’esportazione di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, si registra una crescita di domanda dall’estero anche per i formaggi freschi italiani e in particolare per il gorgonzola.

ISMEA sottolinea invece problemi con l’olio extravergine di oliva, ma questi sono determinati soprattutto dal calo della produzione.

Agricoltura: la regina della tavola è la pasta

Buoni risultati si registrano per l’esportazione di pasta. Nel 2021 l’Italia si conferma leader nella produzione internazionale di pasta. Secondo i dati ISMEA in Italia si producono 3,9 milioni di tonnellate di pasta con una filiera che conta 120 imprese, 200.000 aziende agricole e oltre 10.000 addetti. A fare la differenza c’è anche la riscoperta di grani antichi come il grano Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla .

Naturalmente anche i vantaggi legati ai contratti di filiera stanno aiutando il settore. Per saperne di più leggi l’articolo Contratti di filiera del grano duro e contributi pubblici del MIPAAF

Oltre il 62% della pasta di produzione italiana è destinata all’estero. I principali clienti sono Germania, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Giappone che assorbono oltre la metà dell’export di pasta italiana. In crescita anche la domanda da Cina, Canada, Spagna e Arabia Saudita. Secondo Coldiretti l’aumento dell’export di pasta è del 7% in più rispetto al periodo pre-covid.

Ricordiamo che negli ultimi anni, le politiche del Paese stanno cercando di aiutare questo settore con importanti incentivi. Per saperne di più leggi gli approfondimenti:

Progetto Nocciola Italia: le opportunità per l’agricoltura di questa filiera

Coltivazione della lavanda: costi e guadagni della nuova agricoltura

Organizzazione dei Produttori Agricoli: vantaggi per le aziende agricole

Banca delle Terre Agricole: ISMEA mette a disposizione Terreni in Puglia

Agricoltura: vuoi far crescere la tua attività? Con ISMEA Investe puoi

 

 

Export: ecco le aziende italiane che esportano di più

L’export è un’importante risorsa per l’Italia e consente di aumentare il PIL, far conoscere le aziende italiane in tutto il mondo, ma quali sono le aziende che hanno esportato di più?

Tra i leader dell’export ci sono pochi “big”

In linea generale l’export in Italia è in costante crescita, dai dati ISTAT emerge che dal 2010 ad oggi c’è stata una crescita regolare e costante. La prima cosa da sottolineare è che molto probabilmente la maggior parte delle persone da questa classifica si aspetta di scorgere i nomi dei grandi colossi italiani conosciutissimi e invece non è proprio così. Si tratta di aziende che in Italia non sempre sono conosciutissime, ma che con il loro saper fare, la resilienza, l’impegno costante e la qualità dei prodotti, sono riuscite a farsi conoscere e di conseguenza a meritare questo ambito premio.

Il podio

Al primo posto c’è Ascot Industrial, questa azienda sicuramente sbaraglia ogni aspettativa, infatti si trova nel profondo Sud, in Sicilia o meglio a Gela ed è diretta da Michele Greca. Si tratta di un’azienda con una lunga storia alle spalle, è nata infatti nel 1986. Specializzata nella produzione di generatori elettrici alimentati a diesel e gas naturale o gas di petrolio liquefatti. Nel tempo le sue produzioni si sono diversificate e ora comprendono anche sistemi ibridi fotovoltaico/diesel e costruiti su esigenze specifiche dei clienti. Il fatturato di questa azienda è di 20 milioni e ha 74 dipendenti. Ascot Industrial è poco conosciuta in Italia perché di fatto esporta il 99,34% della sua produzione e lavora per colossi come Vodafone.

Leader dell’export nel settore meccanico

Tra le imprese che esportano di più vi è inoltre Lu-Ve che produce scambiatori di calore per il settore industriale. La società è nata nel 1985 ed è quotata in Borsa e la sua sede è in provincia di Varese.

Un’altra importante azienda del settore meccanico che esporta molto è Pedrollo specializzata nella produzione di elettropompe.

Arte culinaria in tutto il mondo

In Italia sicuramente sappiamo fare bene molte cose e l’arte culinaria di certo non ci fa sfigurare e se anche importiamo molto, ad esempio le varie catene di fast food, esportiamo altrettanto bene. Tra le società che si sono contraddistinte nelle esportazioni vi sono Italpizza, Emilia Foods, la Rustichella.

Italpizza ha la sua sede principale in provincia di Modena, non Napoli, ed è specializzata nella produzione di pizze surgelate. Produce pizze per ogni gusto di diverse dimensioni e forme, prodotti tipici come la Pinsa o la pizza alta, ci sono naturalmente anche tanti gusti. Italpizza ha una storia relativamente recente, infatti è nata nel 1991.

Emilia Foods SRL è un altro colosso del cibo pronto che nel 2020 ha registrato dati da record, nata solo nel 2013 ha un fatturato di tutto rispetto e soprattutto esporta in tutto il mondo. Produce secondi, dessert, verdure e tanti piatti pronti da riscaldare semplicemente in forno e degustare.

La Rustichella d’Abruzzo nata nel 1924, parte dalla produzione di pasta fresca artigianale, disponibile in diversi formati, ma nel tempo la produzione si moltiplica e quindi ci sono i sughi pronti, ad esempio carbonara, ma anche olio extravergine di oliva, biscotti e dolci della tradizione italiana e con tutte queste specialità non appare così strano che sia campione di export.

Sempre nel settore alimentare un posto di tutto rispetto nell’export spetta anche al limoncello Villa Massa di Sorrento.

Altri marchi dell’export

Tra i marchi molto conosciuti anche in Italia e che sono campioni di export c’è Brembo specializzata nelle produzione di componenti per veicoli e in particolare impianto frenante, ma anche i pennarelli Carioca, Manteco leader nella produzione della seta di Como conosciuta in tutto il mondo. Gli amanti del lusso possono invece fare affidamento sulla qualità e maestosità delle imbarcazioni di Absolute Yachts la cui sede è in provincia di Piacenza. Naturalmente l’Italia si contraddistingue per le sue produzioni di qualità, ecco perché tra i campioni di export c’è anche Aerospace che lavora nel settore dell’aeronautica e aerospaziale utilizzando macchinari ad elevata tecnologia.

I Paesi verso cui le industrie italiane esportano di più sono Stati Uniti, Russia, paesi dell’Unione Europea.

I dati arrivano da una ricerca condotta da Il Sole24 ore e Statista.

Cifre da record per il Made in Italy, grazie ad USA e Brics

L’export del Made in Italy sta registrando cifre da record e, nonostante un andamento negativo nel mese di aprile, il 2017 si sta rivelando molto più che soddisfacente, con una crescita del 7,3% e un bilancio che, da gennaio a settembre, ha raggiunto la cifra record di 331 miliardi.
Nel mese di settembre le vendite sono aumentate del 5,7%, pari a 38,05 miliardi di euro, superiori di ben 2 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2016.
Un miliardo in più arriva dall’area Ue, registrando +4%, mentre per quelli extra Ue il progresso è superiore dell’8,1%.

Le performance europee sono cresciute grazie a Paesi come Spagna, Polonia e Belgio, con Francia e Germania un po’ indietro rispetto alle abitudini solite.

Tra i macrosettori, in crescita i beni di consumo (5,8%), strumentali (4,6%), ed intermedi (4,9%).
Considerando invece i singoli settori, molto bene gli alimentari (6,5), i metalli (7,6%) e i macchinari (4,9%).
In controtendenza, invece, quello dell’auto, che registra -1,4%.

A confronto con gli altri maggiori paesi manifatturieri appartenenti all’Unione europea, l’Italia rimane in pole position, con un tasso di crescita superiore di un punto rispetto alla Germania (6,4%), e quasi raddoppiato rispetto a quello della Francia (4,1%).

Nonostante i Paesi Ue abbiano dimostrato ampio interesse nei confronti del Made in Italy, rimangono ancora gli Stati Uniti il primo mercato esterno, anche se i tassi di crescita maggiori arrivano dai Brics, dove si tratta di aumenti a doppia cifra. Nel dettaglio, 25 punti in Cina, quasi 23 in Russia e poco meno di 9 in India, e si tratta in tutti i casi di performance superiori a quelle registrate in Europa.

Traducendo queste percentuali in cifre, dall’inizio dell’anno ad oggi, ad esempio, il contributo aggiuntivo di Pechino vale 2 miliardi, quello di Mosca più di un miliardo.

Questi risultati hanno portato l’Organizzazione Mondiale del Commercio a rivedere al rialzo le stime di crescita 2017: progresso del 3,6 e non del 2,4 come stimato in precedenza.

Vera MORETTI

Made in Italy da record, ma il falso prolifica

Coldiretti, in una sua analisi basata sui dati Istat relativi al commercio estero di agosto 2017, ha confermato che il Made in Italy alimentare, tra prodotti agroalimentari e bevande, ha registrato un aumento del 9,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Considerando che l’anno scorso l’export aveva raggiunto 38,1 miliardi, se il trend positivo si manterrà stabile fino a fine 2017 si supererà quota 40 miliardi, un record assoluto per l’agroalimentare Made in Italy.

Questo exploit è stato ottenuto grazie alle performance positive nei Paesi dell’Unione (+9,5%) e di quelli fuori dell’Europa (+8,6%).

Tra i Paesi più affezionati ai prodotti italiani ci sono Germania, Francia e Stati Uniti, che dimostrano di apprezzare particolarmente il vino e l’ortofrutta fresca.

Ovviamente, occorre tenere gli occhi aperti sull’agropirateria, che all’estero propone prodotti taroccati due volte su tre, a cominciare dai formaggi, con Parmigiano e Grana Padano in testa, ma anche salumi e olio d’oliva sono particolarmente colpiti dal mercato del falso.

A preoccupare, inoltre, anche gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui per la prima volta nella storia l’Unione Europea si legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele.

Il danno non è limitato al solo Canada, dove viene venduto un formaggio chiamato Parmesan, falso clone del Parmigiano Reggiano, poiché anche altri Paesi emergenti potrebbero arrivare a chiedere le stesse concessioni, e questo non farebbe altro che diffondere ancora di più prodotti che di italiano non hanno nulla.

Vera MORETTI

Made in Italy in continua crescita grazie a Brics ed Europa

Il Made in Italy gode di ottima salute, tanto che, ad agosto, l’export mostrava segno positivo dell’8,4%, di oltre quattro punti superiore al mese precedente.
Le performance positive riguardano sia i mercati extra Ue sia quelli intercontinentali, con i Bric’s che segnalano aumenti in doppia cifra in Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Austria e Paesi Bassi.
Bene anche Francia e Spagna, con crescite di poco inferiori a 10 punti, mentre la Germania rimane indietro, pur incrementando gli acquisti di merci italiane del 3,8%.
Per quanto riguarda i settori, quelli che registrano i migliori dati sono l’energia, ma anche i beni di consumo durevole e intermedi.

Male, invece, i settori delle auto, le cui vendite estere sono in contrazione del 13,8%, e pongono fine ad un lungo periodo positivo che, nel bilancio degli ultimi otto mesi, rimane comunque un guadagno di circa 16 punti.

Ma si tratta comunque di una goccia nel mare, poichè segni positivi appartengono a tutti gli altri settori, dalla farmaceutica alla chimica, fino all’elettronica e ai macchinari e i prodotti in metallo.

Non solo l’export sta marciando bene, ma anche le importazioni stanno crescendo, e precisamente dell’8,2%, grazie ad energia, beni intermedi, strumentali e prodotti di consumo durevole.

Vera MORETTI

Libero scambio: vantaggio per l’agroalimentare Made in Italy

L’Italia, oltre ad essere uno dei massimi esportatori di agroalimentare, è anche un grande importatore, in particolare verso i Paesi Ue, che poi vengono esportati verso i mercati extra Ue.

Questo è emerso in occasione della prima edizione di Grow!, piattaforma creata da Agrinsieme, coordinamento delle associazioni agricole che riunisce Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative e Copagri, che ha offerto un importante momento di confronto tra imprese e operatori del settore.

Nel dettaglio, oltre un terzo delle vendite Made in Italy è diretto ai mercati extra Ue: su un totale di 30,9 miliardi di prodotti agroalimentari esportati nel 2016, l’incidenza dei mercati extraeuropei è stata del 36%, determinando una crescita, dal 2000 ad oggi, del 150%.

Ma quali sono i prodotti Made in Italy favoriti? In cima alle preferenze ci sono olio d’oliva e vino, quest’ultimo soprattutto proveniente da zone di prestigio come i rossi Dop della Toscana e i bianchi Dop del Trentino Anto Adige e Friuli Venezia Giulia, per i quali l’incidenza dei mercati extra-Ue supera il 60% dei valori esportati.

Per ora la Ue ha concluso 30 accordi con altri Paesi, 43 sono in vigore provvisoriamente e 20 in fase di negoziazione e ovviamente si auspica di portare a termine entro il 2020 tutti gli accordi di libero scambio ora in discussione, e che entrino pienamente in vigore entro il 2030. Occhi puntati, dunque, verso l’agroalimentare europeo, sul quale si scommette.

Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, ha dichiarato in proposito: “Personalmente sono favorevole alla conclusione di nuovi accorsi di libero scambio basati sulla reciprocità. Per l’Italia l’apertura dei mercati è cruciale, ma è un tema sul quale bisogna impegnarsi per sensibilizzare nel modo corretto l’opinione pubblica. Inoltre dobbiamo assicurarci clausole di salvaguardia che funzionino realmente. Sul settore agroalimentare pesa una responsabilità specifica: il ripiegamento su politiche protezionistiche non è quello di cui abbiamo bisogno, ma l’Europa da sola non basta per spiegare i vantaggi dell’apertura dei mercati, anche le imprese devono impegnarsi. L’Italia deve essere leader di una certa idea di globalizzazione, favorevole a mercati aperti ma con regole forti e massima trasparenza“.

Giorgio Mercuri, coordinatore nazionale di Agrinsieme, ha aggiunto: “Imprese e cooperative agricole possono trarre grandi benefici dall’apertura dei mercati e il ritorno ai protezionismi avrebbe un impatto negativo sul settore, nonchè sui consumatori. Siamo convinti che gli accordi di libero scambio debbano essere basati su principi di equilibrio e reciprocità e avere come principale obiettivo l’eliminazione delle barriere tariffarie e non tariffarie che, di fatto, risultano essere l’ostacolo maggiore all’export dei nostri prodotti. Occorre fissare allo stesso tempo principi base a livello europeo e salvaguardare le certificazioni di qualità“.

Vera MORETTI

Le imprese di Calabria a scuola di export

Le imprese del settore agroalimentare calabresi sono state inserite in un programma che vede Confartigianato Calabria e ICE-Agenzia collaborare per dare la possibilità alle pmi di confrontarsi direttamente con gli operatori esteri e capire se i propri prodotti hanno chance ed attrattiva nei confronti dei mercati esteri.

Capire, dunque, le opportunità commerciali di export delle imprese italiane del settore agroalimentare è il principale obiettivo di questa collaborazione, e cruciale, considerando l’impatto che i prodotti di questo comparto esercitano all’estero, secondi solo al manifatturiero.

L’evento prevede una prima fase, che avrà luogo a novembre 2017 e per il quale sono state selezionate 25 imprese, e che si dedicherà allo studio approfondito dei paesi target e le tecniche di packaging e comunicazione. A gennaio 2018, invece, ci sarà la possibilità di incontrare i 10 buyers provenienti da Belgio, Austria, Ungheria, Corea del sud, Spagna e Svizzera.

Si tratta indubbiamente di una opportunità importante e da non perdere, poiché i mercati esteri sono molto aperti alla possibilità di importare prodotti italiani, e i numeri lo dimostrano: nel 2016, le esportazioni delle micro e piccole imprese italiane hanno superato i 117 miliardi di euro, con un incremento dell’1,3% rispetto all’anno precedente.
Sono proprio i mercati esteri a sostenere le piccole imprese italiane, che sono uscite dalla crisi malconce e penalizzate da un mercato interno ancora in difficoltà. E, in questo caso, la Calabria è tra le ultime regioni per numero di imprese che esportano.

Roberto Matragrano, Presidente di Confartigianato Calabria, ha dichiarato in proposito: “Questa è un’occasione di business per le imprese associate per conquistare nuove e più ampie fette di mercato. L’agroalimentare è uno dei principali comparti della nostra economia regionale, che in termini di export ha già conseguito importanti risultati nel corso del 2016, confermati al rialzo nel primo semestre dell’anno in corso, e che, unitamente agli altri settori, dobbiamo e vogliamo sostenere con iniziative di questo genere“.

Vera MORETTI

Export Made in Italy in aumento nel prossimo quadriennio

Il Rapporto Export pubblicato da SACE “Export Unchained. Dove la crescita attende il Made in Italy” delinea, per l’export italiano, quattro anni di profondi cambiamenti, ma caratterizzati da una profonda accelerazione.
Ciò significa che nonostante gli allarmi circa le limitazioni al commercio e l’incertezza di alcuni fattori, le opportunità per le esportazioni Made in Italy non sono destinate a diminuire. Per questo, lo studio SACE prevede per il quadriennio 2017-2020 una crescita dell’export del 4%.

Queste stime sono state rese possibili da mercati in grado di generare 85 miliardi di export italiano nel 2016, che rappresentano circa il 20% del totale e che nel 2020 varranno più di 100 miliardi.
Dopo i Paesi europei ad alto reddito, dunque, saranno quelli emergenti a fare la differenza, a cominciare da Arabia Saudita, Brasile, Cina, Emirati Arabi, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Qatar, Repubblica Ceca, Russia, Stati Uniti, Sudafrica e Vietnam a diventare destinazioni imprescindibili e quindi vere e proprie risorse.
Anche grazie a queste geografie, che rappresentano un quarto della variazione delle vendite all’estero tra il 2017 e il 2020, l’export italiano tra tre anni sfiorerà i 490 miliardi.

I dati sono positivi, nonostante un 2016 deludente, che ha portato ad un aumento esiguo dell’1,2%, probabilmente causato anche dalla Brexit e dalla vittoria di Donald Trump.

Il 2017, invece, si sta muovendo in controtendenza, con una netta ripresa dell’export italiano e, più in generale, del commercio internazionale, aumentato del 3,5%.
Se la media dell’incremento dell’export a fine anno sarà del 3,8%, nel settore dei servizi sarà invece del 4,3%, con le esportazioni dei beni che cresceranno del 4%.

Tra le aree geografiche più dinamiche si segnalano i tradizionali partner europei e nordamericani, oltre alle economie asiatiche e dell’Europa emergente. In Nord America è attesa la performance migliore nel 2017 (+4,9%). Nell’area asiatica, le opportunità per le nostre imprese sono ampie e diffuse. Le criticità di diverse economie dell’Africa Subsahariana, invece, non consentiranno di andare oltre una stabilizzazione delle vendite nell’area nell’anno in corso, con le eccezioni positive di Ghana, Kenya e Senegal. L’America Latina sperimenterà infine nel prossimo biennio una lenta ripresa, dopo aver registrato una contrazione dell’attività economica nel 2016.

Vera MORETTI