Cos’è il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità?

In questi giorni si sta molto parlando del MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, perché ratificato dall’Italia con i soli voti dell’opposizione. Questa scelta è stata in un certo senso necessaria, visto il continuo pressing dell’Unione Europea e la posizione ferma del Governo contro la ratifica. L’approvazione è avvenuta con i membri della maggioranza usciti dall’aula in seguito a parere favorevole alla ratifica espresso dal Ministero delle Finanze. Presenti ma astenuti i membri del M5S, Alleanza verdi e sinistra. Ma di cosa si tratta?

Cos’è Il MES?

Il Mes istituito nel 2012 mediante un trattato intergovernativo, per essere efficace ha bisogno della ratifica degli Paesi Membri dell’Unione Europea. Questa parte è in realtà ratificata dall’Italia, la mancata ratifica vi è per le modifiche del 2021. Di fatto tutti l’hanno ratificato mentre l’Italia è arrivata con notevole ritardo. La ragione di questo ritardo è determinata dal fatto che da sempre il Meccanismo europeo di stabilità è stato guardato con una certa diffidenza, mentre Lega e Fratelli d’Italia sono sempre stati contrari. Più volte il Premier Giorgia Meloni ha ribadito che visto l’andamento dell’economica italiana e visto il Piano PNRR, all’Italia in questo momento il Mes non serve e soprattutto non c’è alcuna intenzione di utilizzarlo perché ritenuto “dannoso”. Ma cos’è esattamente il Mes?

Prestiti e linee di credito per i Paesi in difficoltà

La funzione fondamentale del Mes è fornire ai Paesi Membri assistenza finanziaria nel caso in cui si trovino in difficoltà, è però condizione necessaria che il debito pubblico del Paese sia considerato sostenibile.

Gli strumenti utilizzati possono essere prestiti sotto forma di un programma di aggiustamento macroeconomico o linee di credito precauzionali. Le principali decisioni inerenti il Mes e il suo utilizzo sono prese dal Consiglio dei Governatori, formato dai Ministri delle finanze dell’area euro. Il Mes opera a maggioranza qualificata rappresentante l’85% del capitale.

Sebbene l’Italia non abbia mai ratificato le modifiche al Mes, partecipa al fondo, infatti lo stesso è di oltre 700 miliardi di euro, di questi l’Italia ha sottoscritto un capitale di 125 miliardi circa e ne ha versati 14. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.

I problemi veri nascono nel 2021 quando sono approvate modifiche al Mes, le stesse non sono mai state ratificate dall’Italia e da lì è partito il pressing da parte degli altri Paesi dell’unione Europea, infatti senza la ratifica dell’Italia il MES non può diventare operativo.

Reddito di infanzia e assegno di gioventù, chi potrà percepirli?

Tra le proposte di Fratelli d’Italia spuntano il reddito di infanzia e l’assegno di gioventù, ma di cosa si tratta e chi potrà percepire tali somme?

Sostenere le famiglie con il reddito d’infanzia e l’assegno di gioventù

Tra gli obiettivi del governo c’è l’aumento della natalità e per arrivare a tale obiettivo sta cercando di mettere a punto diverse strategie volte a sostenere le famiglie che decidono di avere figli. Nel 2022 l’Italia ha visto il picco minimo di natalità mai registrato e proprio questo mette in allarme, stiamo infatti diventando un Paese troppo vecchio che rischia tra qualche decennio di non avere abbastanza lavoratori. Proprio per questo motivo spunta il reddito d’infanzia a cui si unisce l’assegno di gioventù.

Come funzioneranno il reddito d’infanzia e l’assegno di gioventù?

La proposta di legge per l’introduzione del reddito di infanzia porta la firma di Tommaso Foti capogruppo a Montecitorio per Fratelli d’Italia (Fdi). Secondo le prime indiscrezioni dovrebbe essere una misura aggiuntiva rispetto all’assegno unico e dovrebbe essere diretto verso i nuovi nuclei familiari. In base alla proposta di legge il reddito di infanzia dovrebbe essere di 400 euro mensili erogati per i primi 6 anni di vita del bambino. Nella proposta è previsto anche che in caso di famiglia monogenitoriale oppure in presenza di figli con disabilità, l’importo sarà aumentato.

Potranno percepire il reddito di infanzia le famiglie con un reddito inferiore a 90.000 euro. Facendo i calcoli il nucleo nell’arco dei sei anni dovrebbe ricevere una somma minima di 28.000 euro e il problema reale è rappresentato dal fatto che non è ancora stato stabilito dove saranno recepiti i fondi. Ricordiamo che la Costituzione stabilisce che ogni legge che prevede nuove spese debba indicare le risorse con cui farvi fronte.

La proposta di legge include anche l’assegno di gioventù, se approvato, dovrebbe portare all’erogazione in favore degli studenti e fino a un’età massimo di 25 anni di un assegno di 250 euro, una sorta di piccolo contributo che dovrebbe aiutare a gravare meno sulle famiglie.

Leggi anche: Assegno unico maggio 2023, importi più elevati. Ecco perché

Reddito di cittadinanza: stretta finale, si perde per rifiuto offerta non congrua

Dal Governo arriva la stretta finale al reddito di cittadinanza prima di arrivare al definitivo superamento di questa misura introdotta per la prima volta in Italia per volontà del Movimento 5 Stelle. Si perderà dopo un unico rifiuto di proposta lavorativa anche non congrua.

Reddito di cittadinanza: arriva la stretta finale

La Camera ha chiuso l’esame degli emendamenti, si passa ora al voto in aula blindato dal voto di fiducia, vuol dire che il testo è ormai definitivo e rispetto alla prima versione sono cambiate tante cose. È stato necessario reperire risorse e alla fine, tra i tagli più importanti vi sono quelli al reddito di cittadinanza e si tratta di una vera e propria rivoluzione. Già era noto che la durata massima della percezione del reddito di cittadinanza sarebbe stata di 7 mesi, tempo necessario al Governo per una riforma strutturale di questa misura di welfare sempre molto osteggiata da Fratelli d’Italia, ma non solo, infatti anche Renzi (Terzo Polo) già da prima dell’inizio della campagna elettorale aveva espresso forti perplessità sulla misura al punto di dichiarare che avrebbe iniziato la raccolta firme per un referendum abrogativo. Molti ritengono questa misura disincentivante. Resta il fatto che è una misura costosa.

Addio al reddito di cittadinanza in caso di rifiuto offerta non congrua

La nuova formulazione nella manovra di bilancio 2023 prevede non solo la riduzione a sette mesi della percezione per gli occupabili ( sarebbero salvi gli invalidi e gli anziani), ma anche che si perderà il diritto alla percezione al rifiuto di una proposta di lavoro.

Non solo, con un emendamento proposto da Maurizio Lupi dal testo sparisce la parola “congrua”. La norma ora applicata prevede la possibilità di rifiuto di un’offerta nel caso in cui il luogo di lavoro sia ubicato a una distanza superiore a 80 km dalla residenza o comunque in luogo non raggiungibile nell’arco di 100 minuti con l’uso di mezzi pubblici. Inoltre la proposta può essere rifiutata senza penalizzazioni nel caso in cui non in linea con le competenze maturate, infine,  e deve garantire una retribuzione superiore di almeno il 20% rispetto a quella percepita nell’ultimo mese.

L’eliminazione del termine “congrua”  fa saltare tutti questi paletti. Il percettore dovrà accettare una qualunque proposta anche se “dequalificante” rispetto alle proprie aspettative oppure alla propria formazione. In poche parole se anche si ha una laurea in ingegneria e viene proposto il lavoro di cameriere in un ristorante, è necessario accettare per evitare di perdere il reddito di cittadinanza. Sarà inoltre necessario accettare offerte di lavoro anche se la sede è molto distante dalla propria residenza.

Naturalmente si prevede una levata di scudi da parte del Movimento 5 Stelle e della sinistra in genere ( ma non sappiamo quale sinistra).

Superbonus: stop alla proroga. L’emergenza è lo sblocco dei crediti

Nei giorni passati avevamo parlato di una possibile proroga del Superbonus 110% per i condomini fino al 31 gennaio 2023. Arriva ora la smentita con relativa motivazione. O meglio, il Governo spiega perché gli emendamenti presentati dalla stessa maggioranza non possono essere accolti.

Emendamenti per la proroga del Superbonus affossati

Nei giorni passati avevamo sottolineato che Fratelli d’Italia aveva presentato un emendamento al decreto Aiuti Quater per prorogare i termini per la presentazione della Cilas al 31 dicembre 2022. Il termine attualmente è scaduto al 25 novembre. Ulteriori emendamenti sono stati presentati anche da altri partiti della maggioranza come Forza Italia, naturalmente non potevano mancare gli emendamenti del M5S che ha creato il Superbonus 110%.

Per conoscere i dettagli, leggi l’articolo: Superbonus 110%: arriva l’emendamento che sblocca la cessione

Perché non ci sarà la proroga del Superbonus 110%?

A fine di non alimentare false speranze, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari ha reso noto che non vi sarà alcuna proroga. La spiegazione è presto data: attualmente il reale problema non è riconoscere il credito di imposta al 110% o al 90%, d’altronde abbiamo già più volte sottolineato che al 110% è molto difficile ottenerlo e che le banche riconoscono una percentuale molto più bassa. Il problema reale è sbloccare i crediti incagliati di chi i lavori li ha già iniziati. In base alle dichiarazioni del sottosegretario Fazzolari, il Governo sta concentrando le sue energie su questo problema.

In base ai calcoli effettuati da Il Sole24 ore in realtà la proroga di un mese costerebbe circa 300 milioni di euro.

La priorità è sbloccare la cessione dei crediti senza rischi per i conti pubblici

Fazzolari ha dichiarato che è necessario trovare una soluzione per far in modo che le banche possano “acquistare” i crediti maturati dai proprietari senza per questo mandare all’aria i conti pubblici. Secondo le dichiarazioni del Sottosegretario questa partita vale 60 miliardi di euro. Il rischio infatti è che l’Eurostat potrebbe conteggiare i crediti di imposta acquistati dalle banche, che quindi vogliono riscuoterli dallo Stato attraverso le loro imposte, come debito pubblico e quindi con il rischio che il rating dell’Italia, e la credibilità, vengano meno in un momento particolarmente delicato.

Superbonus 110%: arriva l’emendamento che sblocca la cessione

Il Superbonus 110% è una delle misure del precedente governo più apprezzate. Con l’arrivo del Governo Meloni si è subito messo in chiaro che a quelle condizioni non era più possibile andare avanti. Interviene quindi il decreto Aiuti Quater con una stretta per l’accesso al Superbonus 110%. Con il decreto resta la possibilità di accedere al beneficio per i condomini solo in caso di Cilas presentata entro il 25 novembre 2022. Ora un’importante novità arriva da Fratelli D’Italia, partito di cui Giorgia Meloni è la più importante esponente, infatti è stato presentato un emendamento per la proroga dei termini per la presentazione della Cilas.

Superbonus 110%: Fratelli d’Italia presenta l’emendamento per la proroga

Sia chiaro, tutta questa confusione normativa non giova a nessuno, insomma chi non era riuscito a presentare la Cilas ( Comunicazione inizio lavori superbonus) entro il 25 novembre aveva già gettato l’ancora e quindi smesso di programmare/ progettare e ora si trova in un nuovo baratro visto che non sa se potrà rientrare o meno. Di fatto però ad oggi certezze non ve ne sono.

Il blocco del Superbonus 110% per i condomini ( in teoria potevano beneficiarne fino al 31 gennaio 2023) è arrivato con il decreto Aiuti Quater che ha ridotto la percentuale di credito di imposta ottenibile al 90%. Ricordiamo che non è un 90% effettivo perché, se per avvalersi di questa opportunità è necessario optare per una cessione del credito in favore di intermediari finanziari, la percentuale effettivamente riconosciuta è molto più bassa. Questo vuol dire che molti proprietari a fronte di queste modifiche, non se la sono sentita di affrontare le spese per l’efficientamento energetico e con le nuove condizioni hanno rinunciato.

Tornando al punto principale, la norma prevista nel decreto Aiuti quater prevede la possibilità per i condomini di continuare ad usufruire del 110% solo per le spese del 2023 e a condizione che entro il 25 novembre fosse presentata la cilas. L’emendamento di Fratelli d’Italia mira invece a prorogare tale termine al 31 dicembre 2023.

Considerando che l’emendamento non ha ancora ottenuto il via libera e ci vorrà ancora qualche giorno e che il 31 dicembre è davvero prossimo, sono in molti a credere che trattasi di una proposta che lascia solo ulteriore confusione e non realmente utile.

Flat tax incrementale: cosa vuol dire? Ecco una simulazione

La flat tax è stato il cavallo di battaglia della campagna elettorale. Fortemente voluta dalla Lega che propone la peropone anche per i lavoratori dipendenti al 15%, è stata fortemente criticata da quasi tutti i partiti perché impossibile da realizzare in questo momento storico visto che richiede ingenti risorse economiche. Sostenuta con molti distinguo da Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia, ma come flat tax incrementale. Cosa vuol dire per le tasche degli italiani?

Differenza tra flat tax e flat tax incrementale

Parlare oggi di una tassa piatta per tutti al 15% sarebbe una scelta irrealistica, in primo luogo perché difficile, se non impossibile, da sostenere economicamente e in secondo luogo perché Fratelli d’Italia, partito che ha ottenuto la percentuale di voti più alta nella tornata elettorale del 25 settembre e all’interno della coalizione vincente, non ha in realtà mai parlato di tale ipotesi, ma sempre di una flat tax incrementale. Cosa vuol dire?

Secondo quanto presente nel programma elettorale, la flat tax incrementale prevederebbe l’applicazione di un’aliquota al 15% solo sui redditi eccedenti rispetto a quelli dichiarati nell’anno precedente. In poche parole nella dichiarazione dei redditi 2023, relativa ai redditi 2022, quindi la prossima campagna, se la misura venisse approvata, si applicherebbero le aliquote progressive già previste per gli stessi redditi prodotti nell’anno precedente, mentre per i redditi in più prodotti si applicherebbe l’aliquota del 15% fissa.

Un caso pratico con flat tax incrementale

Facciamo caso Tizio abbia dichiarato nel 2022 (redditi 2021) 16.000 euro e quindi aliquota Irpef del 23% fino a 15.000 euro e del 25% per i redditi compresi da 15.001 a 16.000. Nel 2023(redditi 2022) invece dichiara 18.000 euro, quindi 2.000 euro in più rispetto all’anno precedente. In questo caso si potrebbe delineare questa soluzione:

  • fino a 15.000 euro aliquota del 23%;
  • da 15.001 euro a 16.000 euro aliquota del 25%;
  • da 16.001 a 18.000 euro si applicherebbe la flat tax incrementale al 15%.

Quindi con un buon risparmio rispetto al passato in cui anche a questa quota di 2.000 euro avrebbe visto l’applicazione dell’aliquota al 25%. Ricordiamo che le deduzioni vanno ad incidere sulla base imponibile e quindi possono fare la differenza sullo scaglione applicabile.

Ad oggi non è possibile capire gli effetti sul gettito fiscale della flat tax incrementale. Di sicuro il vantaggio per i contribuenti sarebbe relativo e limitato ai contribuenti che riescono ad avere un incremento del reddito.

La soluzione di una flat tax incrementale potrebbe essere l’ideale per evitare tutte le lungaggini che potrebbero essere richieste con l’applicazione della tassa piatta secca. Infatti, anche limitando i danni sul gettito fiscale che potrebbero conseguire con la proposta di Forza Italia di una flat al 23%, ci sarebbe lo scoglio della Costituzione che prevede un sistema fiscale progressivo, cioè che consenta di far pagare più tasse in misura più che proporzionale, quindi progressiva, a chi guadagna di più.

La proposta di Fratelli D’Italia prevede inoltre l’estensione del regime forfetario con flat tax al 15% fino a 100.000 euro. Ricordiamo che il regime forfetario è opzionale.

Cartelle esattoriali: allo studio il maxi condono fiscale. Le ipotesi

Iniziano a trapelare le prime informazioni su quelli che saranno i primi provvedimenti del prossimo governo. Tra le promesse elettorali c’era la pace fiscale e proprio in merito a questa ci sono le prime indiscrezioni. Vediamo cosa potrebbe profilarsi.

Le ipotesi di maxi condono fiscale

Ad annunciare la sanatoria, o condono fiscale, è stato Maurizio Leo, responsabile economico di Fratelli d’Italia. Non c’è una sola ipotesi in ballo, ma diverse, cercheremo quindi di delinerare i tratti delle varie possibilità.

Già nei giorni passati avevamo parlato di una rottamazione quater, ma ora iniziano a delinearsi meglio i dettagli.

La prima ipotesi in circolo riguarda i debiti fiscali inferiori a 1.000 euro che potrebbero essere cancellati, ecco perché si parla di stralcio.

La seconda ipotesi possibile è uno stralcio al 20% delle cartelle esattoriali di importo compreso tra 1.000 e 3.500 euro. In particolare il contribuente dovrebbe pagare solo il 20% del debito fiscale, mentre l’80% dovrebbe essere condonato. Da quanto trapela questi importi dovrebbero essere pagati in breve tempo, senza rateizzazioni, dovrebbero quindi consentire di fare cassa.

Sanzioni ridotte per le cartelle esattoriali superiori a 3.500 euro

Per le cartelle di importo superiore a 3.500 euro invece sarebbe previsto un mini condono, cioè l’applicazione all’importo iniziale di una maggiorazione solo del 5% senza ulteriori sanzioni. In questo caso verrebbe applicata in automatico una rateizzazione degli importi in 10 anni.

Secondo le indicazioni di Maurizio Leo, si tratterebbe di misure una tantum finanziate con l’extra gettito fiscale derivante dal caro bollette. Precisa però il responsabile economico di Fratelli d’Italia che per definire meglio il condono fiscale è necessario attendere il NADEF, la nota di aggiornamento al DEF ( Documento Economico Finanziario). Dalle prime indiscrezioni,  sembra sia disponibile un tesoretto da 20 miliardi, di questi 10 dovrebbero andare al contrasto dei rincari delle bollette.

Non è ancora nota la portata di questi provvedimenti che ad ora sono solo ipotesi, infatti non è stato delineato l’arco temporale interessato e se nel maxi condono fiscale o rottamazione quater dovrebbero rientrare anche le cartelle esattoriali che sono state oggetto di rottamazione ter e saldo e stralcio da cui i contribuenti sono decaduti per non aver rispettato i termini.

L’obiettivo del maxi condono fiscale sarebbe migliorare i rapporti tra fisco e contribuenti aprendo una nuova era caratterizzata dalla reciproca fiducia.

Per quanto riguarda i tempi, ricordiamo che solo il 13 ottobre vi sarà la prima seduta del Parlamento, stringendo al massimo i tempi, il 15 potrebbe esservi la designazione dei presidenti di Camera e Senato e subito dopo la convocazione del potenziale Presidente del Consiglio. La formazione del governo potrebbe però essere più difficile del previsto visto i primi screzi che sembrano esservi con la Lega.

Rottamazione quater per le cartelle esattoriali nei primi 100 giorni di governo

La rottamazione quater è uno dei provvedimenti di pace fiscale che alcuni partiti stanno promuovendo e sia Fratelli d’Italia, sia la Lega propongono questo provvedimento nei primi 100 giorni di Governo. Ecco le proposte.

Ci sarà la rottamazione quater delle cartelle esattoriali?

La Lega parte dalla rottamazione ter, questo provvedimento contenuto nell’articolo 3 del decreto legge 119 del 2018 ha previsto il pagamento agevolato per le cartelle esattoriali emesse fino al 31 dicembre 2017. Questo vuol dire che per gli anni successivi il pagamento è stato ordinario con applicazione di tassi di interesse e sanzioni. La Lega propone quindi un nuovo provvedimento di pace fiscale, denominato Rottamazione Quater il cui obiettivo è arrivare alla definizione agevolata per le cartelle esattoriali che sono rimaste fuori dai precedenti provvedimenti.

Un discorso più articolato è invece quello proposto da Maurizio Leo, responsabile del dipartimento Economia e Finanza di Fratelli d’Italia propone per i contribuenti che non abbiano ancora ricevuto le cartelle esattoriali la possibilità di usufruire per i debiti fiscali di una dilazione lunga, fino a 5 anni, senza applicazione di interessi e con una sanzione ridotta al 5%.

La proposta prevede anche lo stralcio delle cartelle esattoriali di piccolo importo ( fino a 1.000 euro) antecedenti al 2015, quindi cartelle per le quali non si è provveduto alla pace fiscale.

Ricordiamo che con la riforma del processo tributario si è provveduto anche alla definizione agevolata per debiti fiscali sottoposti al giudizio della Corte di Cassazione, per conoscere i dettagli, leggi l’articolo:

Pace fiscale e definizione agevolata nella riforma del processo tributario.

Contrasto all’evasione e semplificazione degli adempimenti

Per quanto riguarda invece i partiti del centro- sinistra l’obiettivo è contrastare soprattutto l’evasione fiscale andando ad agire sugli strumenti a disposizione dell’amministrazione fiscale per contrastare gli illeciti. Il M5S all’interno dell’alleanza di centro- sinistra propone una maxi rateazione.

Il terzo polo (Renzi- Calenda) punta invece alla semplificazione degli adempimenti fiscali e contemporaneamente nel contrasto all’evasione, non si dimentichi che ad oggi l’evasione stimata è di 110 miliardi l’anno.

Leggi anche: Cartelle esattoriali: dilazioni facilitate, compensazione e altre novità

Avvisi bonari Agenzia delle Entrate: si accorciano i termini di pagamento

Pensioni: si ritorna alla legge Fornero a gennaio?

La legge Fornero è una delle riforme pensionistiche meno amate dai cittadini italiani. Nel tempo il suo effetto è stato mitigato da riforme temporanee come Quota 100, Quota 102, Opzione donna e altre norme che consentivano, al presentarsi di determinati requisiti, di uscire prima dal mondo del lavoro. Attualmente però siamo in periodo di elezioni, fino all’inizio di ottobre non ci sarà un nuovo governo e quando questo entrerà nel pieno delle funzioni dovrà occuparsi della legge di bilancio al fine di evitare o almeno limitare, l’esercizio provvisorio. Ecco perché sono in molti a temere che con il 2023 si ritornerà alla legge Fornero senza alcuna mitigazione.

Pensioni: a gennaio si va in pensione con la legge Fornero o saranno approvati correttivi?

Ricordiamo che la legge Fornero richiede il raggiungimento di 67 anni di età per poter raggiungere l’agognata pensione, inoltre è previsto un adeguamento periodico all’aspettativa di vita.

Leggi anche: Pensioni: cosa cambia con il blocco dell’aspettativa di vita?

Cosa succederà però nel 2023?

Per una riforma strutturale del sistema pensionistico ci vuole naturalmente tempo quindi molti auspicano una conferma all’ultimo minuto di Quota 102, difficile sperare in un ritorno di Quota 100. Questi due correttivi consentono di andare in pensione raggiungendo Quota 102 (100 in passato) tra età anagrafica e anni di contributi.

Leggi anche Legge Fornero: applicazione totale dal 2023 o ci saranno correttivi?

Le proposte dei partiti per la riforma del sistema pensionistico

Per quanto invece riguarda le proposte dei partiti, ricordiamo che Forza Italia è concentrata soprattutto sull’aumento delle pensioni minime a 1.000 euro. Più cautela è mostrata da Fratelli d’Italia che auspica un aumento delle pensioni minime, ma non lo quantifica e propone di trovare le risorse attraverso l’eliminazione/correzione del reddito di cittadinanza.

Chi avanza proposte più ardite è la Lega, guidata da Matteo Salvini, che propone la pensione di vecchiaia a 63 anni di età con 20 anni di contributi (un vero e proprio superamento delle Legge Fornero) e ha già annunciato la volontà di confermare Opzione Donna. Sempre la Lega propone una pensione minima garantita di 1.000 euro per i giovani che hanno versato i contributi esclusivamente con il sistema contributivo, meno conveniente rispetto al retributivo e al misto.

Leggi anche: Pensione: quando si applicano il calcolo contributivo, retributivo e misto?

C’è da dire che una proposta di riforma simile a quella della Lega arriva anche da Verdi e Sinistra Italiana (alleati del Pd). Anche in questo caso si prevede la pensione per coloro che hanno maturato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, oppure 62 anni e un minimo contributivo di 20 anni.

Tra le proposte del M5S c’è invece il riconoscimento di ulteriori agevolazioni e l’estensione del trattamento pensionistico riservato ai lavori usuranti

Reddito di cittadinanza e programmi elettorali: cosa cambierà?

Secondo i dati dell’INPS i nuclei familiari che beneficiano del reddito di cittadinanza sono 1.686.416 per un totale di 3.790.744 di persone coinvolte, il provvedimento bandiera del M5S, che ha sicuramente agevolato molte famiglie, potrebbe però subire importanti modifiche a partire dal mese di ottobre 2022 quando il peso delle elezioni del 25 settembre e del nuovo governo si farà sentire. Ecco cosa prevedono le varie coalizioni e i partiti nei loro programmi elettorali.

Reddito di cittadinanza e M5S: deve essere rafforzato anche con monitoraggio antifrode

Il reddito di cittadinanza è stata la misura bandiera del M5S, ha permesso a nuclei familiari senza reddito o con un reddito Isee inferiore a 9.360 euro all’anno di ottenere un’integrazione economica commisurata al reddito percepito. L’erogazione media nazionale è di 553,68 euro, ma ci sono nuclei che percepiscono meno e altri che invece percepiscono nettamente di più. Si tratta di una misura divisiva perché, mentre chi lo percepisce riceve sostegno, gli altri sono titubanti su questa misura ritenendola un costo eccessivo.

Leggi anche: Cambia il modello di domanda per il reddito di cittadinanza. Cosa fare?

Naturalmente il reddito di cittadinanza, insieme al bonus 110%, continua ad avere il sostegno incondizionato del M5S. Lo stesso ha però dichiarato che deve essere rafforzato, ma soprattutto deve essere migliorato il sistema di monitoraggio antifrode. Il problema c’è ed è evidente.

Programmi elettorali del centro-destra sul reddito di cittadinanza

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ad oggi dai sondaggi è il partito con maggiori consensi, ritiene che disincentivi la ricerca di un lavoro, fino a definire questa misura come metadone di Stato. Questo nonostante alcune modifiche rispetto all’impostazione iniziale. Attualmente dopo la prima rinuncia a una proposta di lavoro, parte la decurtazione dell’importo percepito e alla seconda proposta invece si perde il beneficio.

Nel centro-destra è più defilata la posizione di Antonio Tajani, Forza Italia, che ha dichiarato l’obiettivo di ridurre il numero di beneficiari del reddito di cittadinanza, riconoscendolo solo a chi realmente si trova in uno stato di bisogno. Da questa riduzione dovrebbe derivare un risparmio di 4 miliardi di euro da destinare all’aumento delle pensioni minime. La Lega invece vorrebbe mantenere la misura sono in favore degli inidonei al lavoro, mentre negli altri casi punta all’abolizione, soprattutto ritiene che i controlli debbano essere delegati agli Enti Locali perché sarebbero maggiormente in grado di scoprire le frodi.

Renzi e Calenda: passo indietro di Matteo Renzi

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, aveva proposto una raccolta di firme per chiedere un referendum costituzionale per la sua abolizione, ma ha dovuto cedere il passo. Dall’accordo stipulato con Carlo Calenda per le prossime elezioni, il leader di coalizione sarà proprio quest’ultimo, è emerso che si propenderà per una riforma. Insomma Matteo Renzi ha ceduto e come molti altri leader di partito assume una posizione intermedia per non lasciare il malcontento a nessuno. La proposta di Calenda è quella di ridurre a una sola la proposta di lavoro dal cui rifiuto deriva la perdita del beneficio.

Leggi anche: Renzi e il referendum abrogativo del reddito di cittadinanza. È un bluff?

D’altronde Calenda ha dichiarato che molto probabilmente il nuovo governo resterà in carica 3 mesi e dopo si dovrà ritornare a un governo “istituzionale” sulla scia del governo Draghi o che comunque porti avanti la famosa “agenda”. Proprio Draghi  aveva dichiarato che il reddito di cittadinanza deve essere riformulato.

Programmi elettorali del centro sinistra per il reddito di cittadinanza

Il Pd, non intende abolire il reddito di cittadinanza, anche in questo caso si parla di una riformulazione, il cui obiettivo dovrebbe essere non ledere le famiglie numerose.  La coalizione di centro-sinistra pensa di introdurre l’integrazione pubblica alla retribuzione (in-work benefit), si tratterebbe di una misura volta ad agevolare lavoratori e lavoratrici che hanno un reddito eccessivamente basso.

Enrico Letta, leader della coalizione di centro-sinistra che comprende Pd, +Europa, Sinistra Italiana di Fratoianni, Verdi e Di Maio e Tabacci con “ Impegno Civile”.