Lo Stato può ingrassare, i comuni devono tagliare

Tasse e imposte allo Stato, lacrime e sangue agli enti locali. Questo emerge, in sostanza, da un’analisi della Cgia di Mestre secondo la quale i Governi Berlusconi e Monti hanno imposto, per l’anno in corso, manovre correttive pari a 48,9 miliardi: 40,2 di nuove entrate e 8,7 di tagli alla spesa. Però, se sul totale delle nuove entrate previste l’84,4% finirà nelle casse dell’Erario, sul fronte tagli, invece, la situazione si “ribalterà”. All’Amministrazione centrale sarà richiesta una riduzione netta della spesa del 20,1% del totale, mentre gli enti locali subiranno un taglio pari al 51,4% del totale della spesa prevista e gli enti previdenziali il restante 28,6%. Un altro esempio scandaloso dell’asimmetria che lo Stato utilizza nei confronti non solo dei contribuenti ma anche degli enti non di primo livello.

L’analisi della Cgia si è poi spinta oltre e ha preso in esame alcuni dati sulla ripartizione del debito pubblico italiano per livello di governo. Lo stock di debito pubblico al 30 aprile 2012 è risultato pari a 1.948 miliardi di euro, dei quali solo il 2,6% è imputabile alle Amministrazioni comunali (50,5 miliardi). In totale, le Amministrazioni locali incidono appena per il 5,7% sul debito pubblico, mentre il 94,3% rimanente è in capo alle Amministrazioni centrali.

Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre: “Se l’enorme gettito fiscale aggiuntivo imposto dagli ultimi due Esecutivi finirà quasi tutto nelle casse dell’Erario i tagli alla spesa saranno però in capo quasi esclusivamente agli Enti previdenziali e agli Enti locali. Se i primi raggiungeranno l’obiettivo grazie alla riforma previdenziale attuata dal Governo Monti, i secondi, vista la difficile situazione di bilancio, dovranno, molto probabilmente, ritoccare all’insù le tasse locali, con un evidente appesantimento fiscale in capo ai contribuenti italiani. Insomma, comprovato che la messa in sicurezza dei nostri conti pubblici avverrà agendo quasi esclusivamente sulla leva fiscale erariale, i pochi tagli previsti ricadranno quasi tutti sulle spalle degli Enti locali e di quelli previdenziali. Con buona pace di chi attende l’arrivo del tanto agognato federalismo fiscale“. Come dargli torto?

La ricetta di Polillo

di Davide PASSONI

Meno male che c’è Polillo, altrimenti noi giornalisti che cosa avremmo da scrivere? L’ineffabile sottosegretario all’economia ne ha sparata un’altra delle sue. Dopo l’uscitona sulla tassa sui cani e gatti e l’invito caloroso agli italiani a fare una settimana in meno di ferie per salvare il Pil, Polillo torna a battere su quest’ultimo argomento sul quale, evidentemente, è convinto di aver ragione. “O noi lavoriamo di più, o questo livello salariale medio è insostenibile“. E ancora: “Sull’orario di lavoro mi permetto di insistere, questa crisi che l’Italia sta vivendo non è figlia di un destino cinico e baro ma dipende dai vizi della società italiana. Abbiamo avuto uno dei più alti tenori di vita, ora bisogna che ci rimbocchiamo le maniche e che lavoriamo come gli altri“. Botti finali: “Lavoriamo nove mesi all’anno (ancora con ‘sta storia? ndr), gli altri tre mesi se ne vanno in vacanze di varia natura. Ci sono quindi tre mesi di vacanze per ogni addetto che diventano due perché compensati dagli straordinari“. “L’alternativa è o ridurre il tenore di vita o lavorare di più“.

Che cosa commentare? Quello che avevamo da dire lo abbiamo detto nel nostro articolo del 19 giugno scorso. Ci permettiamo di aggiungere una cosa e premettiamo che qui non c’entra l’antipolitica ma solo il buon senso. Gli imprenditori, i lavoratori, gli italiani tutti sono stanchi di sentirsi fare la morale, raccontare ricette, ricevere cazziatoni da personaggi che hanno passato la propria vita tra i palazzi, sulla Luna o alla corte dei partiti della prima e della seconda Repubblica. Ha ragione da vendere Polillo quando dice che la crisi dell’Italia “non è figlia di un destino cinico e baro ma dipende dai vizi della società italiana“: peccato che si dimentichi che lui ha fatto parte e continua a far parte del sistema che questi vizi li ha creati, foraggiati, fatti crescere fino a portarci dove siamo ora. E adesso spiega a noi come fare per tirarci fuori dal fango quando ha contribuito, insieme a tanti altri, a farci affondare nella melma.

E allora, cari imprenditori che fate tre mesi di ferie all’anno, fate come questo imprenditore, Andrea Zucchi, e date le chiavi della vostra azienda a Polillo. Così non c’è futuro.

Sangalli: “Governo svelto, o ci schiantiamo”

Il presidente di Confcommercio Giancarlo Sangalli non usa mezzi termini durante la relazione annuale dell’associazione: è necessario “derubricare definitivamente l’ipotesi di ricorrere all’inasprimento dell’Iva come clausola di salvaguardia dei saldi della manovra salva-Italia. Gli aumenti Iva rischiano, tra il 2011 ed il 2014, di tradursi in minori consumi reali per circa 38 miliardi di euro. Insieme al carico da 90 delle maggiori accise e dell’impennata della fiscalità energetica, sarebbe la Caporetto delle famiglie, delle imprese, del lavoro. Bisogna, dunque, procedere ad una spending review senza timidezze“. Insomma: muoversi alla svelta oppure ci schiantiamo.

Una stilettata da parte di Sangalli anche alle banche, le quali “erogano alle imprese con il contagocce. E le gocce sono insufficienti a bagnare il terreno della crescita divenuto arido, troppo arido“. Sarebbe necessario, invece, premere sul “pedale della collaborazione tra banche e imprese secondo quella relazione di prossimità territoriale che è tanta parte della storia italiana del sostegno creditizio all’economia reale“.

Per non parlare dell’Imu, che Sangalli definisce “una vera e propria mazzata per gli immobili legati all’esercizio dell’attività d’impresa“. E chiude con un monito: “Dalla parte delle imprese e del lavoro: è la scelta di campo che chiediamo alla politica tutta, ma, oggi, anzitutto allo strano governo ed alla sua strana maggioranza: il tempo stringe. La risposta è urgente“.

L’Italia deve crescere? Fate meno ferie

di Davide PASSONI

Gianfranco Polillo l’ha fatto di nuovo. Il sottosegretario all’Economia del governo Monti se n’era uscito qualche settimana fa con la boiata della tassa su cani e gatti (prontamente rimangiata, come fosse un bocconcino di Ciappi); ora ha sparato un’altra affermazione di quelle che fanno il botto: “Aumentare il tempo di lavoro per far ripartire la produttività“, ha detto. Ossia: “Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese lo choc può avvenire dall’aumento dell’input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l’anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve“. E quindi: “Se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul Pil immediato di circa un punto“. Bum! Ricetta semplice.

Vero è che, come tante volte accade, le cose semplici sono talmente semplici che nemmeno le vediamo. Però, forse, questa volta Polillo non ha tenuto conto di qualcosa. Non siamo sottosegretari all’economia, non abbiamo un bagaglio di studi, di esperienze, di capacità che ci possono portare a smentire quanto Polillo dice e pensiamo che quando un sottosegretario parla, specialmente di cifre, non parli per dare aria alle gengive ma perché sa quello che dice. Però…

Però forse Polillo non ha tenuto conto del fatto che gli imprenditori onesti e capaci alle ferie hanno già rinunciato da tempo. Chi garantirebbe loro il fatturato, tra crisi, fornitori che non pagano, imposte e ferie? Come non ha tenuto conto del fatto che i lavoratori dipendenti lavorano, lavorano, lavorano, pagano tasse, si vedono decurtare il potere d’acquisto del loro stipendio… per che cosa? Ah, e tra l’altro… chi diavolo lavora 9 mesi all’anno? Il sottosegretario Polillo, forse. Qualche insegnante non impegnato con la maturità, forse (statale, tra l’altro, non privato). Deputati e senatori, forse (ma non lo crediamo…). D’accordo, Polillo dice “mediamente 9 mesi l’anno“, ma per arrivare a questi dati devi far fare media a un sacco di lazzaroni e assenteisti.

Pensi invece, il sottosegretario, a recuperare punti di Pil abbattendo la spesa pubblica, eliminando quella improduttiva, dismettendo patrimonio pubblico, intervenendo sui costi della politica, dando alle imprese l’ossigeno per ripartire e dare un senso all’economia italiana. Imprenditori e lavoratori sono in grado di pensare loro alle proprie ferie, almeno su questo le lezioni i professori se le risparmino.

Ah, detto per inciso… Quando l’ex premier Silvio Berlusconi se ne uscì con qualcosa di analogo e mise mano anche agli italianissimi “ponti” fu massacrato, mediaticamente e politicamente. Del resto, Polillo è stato consigliere economico del Pdl. Sentire da un membro di questo governo affermazioni del genere non fa che ribadire la discutibile continuità che lo lega agli esecutivi precedenti, dai quali avrebbe dovuto distinguersi con un taglio netto. E buone ferie a tutti.

INT: dismissioni, avanti così ma…

I tributaristi italiani confermano di avere un occhio sempre attento alla e critico sulla vita economica e istituzionale italiana. Il Presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno, è infatti intervenuto sulle recenti misure del governo per le dismissioni del patrimonio pubblico e per la crescita sostenibile: accolte con favore ma, evidenzia Alemanno, per giovani e micro-imprese bisogna fare di più.

Circa la dismissione di parte del patrimonio pubblico – ha detto Alemannovorrei evidenziare che nel Gruppo di lavoro su bilancio e patrimonio pubblico, già presieduto dal Prof. Giarda oggi Ministro del Governo Monti , si è più volte richiesto un intervento concreto e controllato in tal senso, è poi evidente che il corposo pacchetto di misure per la crescita approvato dal CDM venga accolto in termini positivi, ma da una prima lettura pare sia più indirizzato alla grande impresa che non alle imprese di piccole dimensioni o meglio alle micro-imprese del settore commerciale ed artigianale che sono importantissime per l’economia del nostro Paese. Inoltre per giovani e non, si sarebbe dovuto modificare l’attuale nuovo regime dei contribuenti minimi innalzando il limite di ricavi oggi fermo a 30.000,00 euro magari portando l’aliquota dell’ imposta sostitutiva al 10% – 15% per compensare il minor gettito erariale. Ma ripeto tutto ciò che può contribuire alla crescita ed alla trasparenza ben venga, ad esempio bene l’innalzamento al 50% per la detrazione degli interventi edilizi ed il provvedimento sull’IVA per le imprese costruttrici. Positivo il contributo in forma di credito d’imposta per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato. Benissimo poi la trasparenza per le spese della P.A. Mi auguro che il CDM prosegua su questa strada e possa in futuro approvare ulteriori interventi anche di semplificazione amministrativa“.

Insomma, bravi ma non fermatevi qui.

Il governo si sveglia, ecco il Decreto Sviluppo

Vediamo se l’Italia crescerà davvero. E’ stato infatti approvato dal Consiglio dei ministri il decreto Sviluppo: 61 articoli e 70 pagine per provare a far ripartire il Paese. Ecco le principali novità: esclusione dall’Imu per le aziende, creazione dell’Agenzia Italia Digitale e via su internet ai contributi per imprese oltre mille euro. I soldi necessari a finanziare alcuni articoli del decreto saranno trovati tramite tagli alla pubblica amministrazione e ai ministeri.

Per l’Imu il decreto esenta dalla tassa le aziende per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori (immobili, magazzino, fabbricati costruiti e destinati alla vendita). Sale dal 36% al 50% la quota di detrazione Irpef per la riqualificazione energetica (fino al 30 giugno 2013). Nasce, inoltre, l’Agenzia per l’Italia digitale che porta alla chiusura di DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione.

Per le imprese via al credito d’imposta del 35%, con un limite massimo di 200mila euro annui, per l’assunzione di personale qualificato. Le aziende colpite dalla crisi con prospettive di ripresa non saranno obbligate a dichiarare il fallimento ma potranno ricorrere al concordato preventivo. Via libera anche alle obbligazioni da parte delle società di progetto: i project bond saranno “appetibili per gli investitori” per realizzare nuove infrastrutture anche grazie al capitale privato.

Sugli incentivi, dice Passera, è stato fatto “un lavoro molto grosso: avevamo 43 leggi di incentivazione che sono state bloccate, interrotte e sono state recuperate parecchie centinaia di milioni, oltre 2 miliardi per il Fondo per la crescita sostenibile“. Prevista anche una Srl semplificata per tutti, compresi gli azionisti sopra i 35 anni.

Sulla green economy, il provvedimento in esame prevede finanziamenti a tasso agevolato per i progetti di investimento che prevedono l’occupazione aggiuntiva a tempo indeterminato di giovani con età non superiore ai 35 anni alla data dell’assunzione. “I decreti per l’incentivazione all’energia rinnovabile elettrica che saranno pubblicati a breve e quello in preparazione per le rinnovabili termiche e l’efficienza energetica sosteranno fortemente gli investimenti“, dice poi Passera.

Infine, viene istituito per l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone in stato di povertà nel territorio italiano. Prorogata al 31 dicembre 2012 l’emanazione del decreto con le disposizioni per impedire pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente.

Sì, premier Monti: è ora di tagliare

di Davide PASSONI

Forse il governo si è deciso. Oltre a continuare a ficcarci le mani nelle tasche per prendere tasse dove ormai non c’è più nulla da prendere, forse forse ha capito che per provare a raddrizzare i conti di uno Stato che fa sempre più fatica a uscire dalla sua “tassicodipendenza” (come la chiama il buon Oscar Giannino) bisogna vendere asset pubblici e tagliare. Tagliare davvero. Non una sforbiciatina da 4 miliarducoli pari allo zerovirgola della spesa pubblica che fa ridere i polli.

E tagliare dove ci sono le maggiori sacche di improduttività. Nei ministeri, per esempio. Uno degli obiettivi ai quali sta lavorando il governo nell’ambito della manutenzione dei conti parla proprio di 30 miliardi nel triennio 2012-14 da ottenere con tagli ai ministeri. Wow! E una parte di questi interventi potrebbe essere anticipata nel prossimo decreto legge sulla spending review.

Ma come fare a segare il giusto in queste macchine mangiasoldi che, per carità, hanno comunque i loro costi vivi? Del resto, il più della spesa pubblica non è tanto a livello centrale ma periferico, in regioni, province, comuni… Per raggiungere l’obiettivo dei 30 miliardi di tagli, i ministeri sarebbero chiamati a contribuire in modo proporzionale ai rispettivi budget. Ciascuno stabilirà poi come spalmare la sforbiciata tra i vari capitoli di spesa del proprio bilancio.

Una parte dei tagli, quelli relativi al 2012, dovrebbe essere anticipata nel decreto legge della spending review da varare entro fine giugno, mentre gli interventi sul 2013 e il 2014 dovrebbero arrivare insieme alla Legge di stabilità in autunno. Giusto per far rabbrividire, il bilancio di competenza 2012 dei ministeri, secondo una tabella elaborata dal servizio bilancio del Senato, ammonta in totale (funzionamento, interventi e spesa in conto capitale) a quasi 300 miliardi di euro.

Capitolo a parte, il buco nero sanità, che contribuirà alla spending review con un miliardo di euro di risparmi nel 2012. Con ogni probabilità gli interventi per reperire le risorse si concentreranno sull’acquisto di beni e servizi, che valgono annualmente circa 30 miliardi, il 30% del Fondo sanitario nazionale. Uno scandalo vero, visto che, senza scadere nel qualunquismo, si sa come vengono effettuati questi acquisti…

Vediamo se ce la faranno davvero. Finora abbiamo solo sentito chiacchiere e proclami sui tagli, sulla crescita non ne parliamo; il povero Passera si è sentito rispondere sempre e solo dei gran “no” dalla ragioneria generale dello Stato. La fiducia nostra comincia a venir meno. E la vostra?

Come ti stritolo la partita Iva

di Davide PASSONI

L’operazione terrorismo portata avanti dal governo sulle partite Iva ha funzionato. Brava Fornero, bravo Monti. A forza di parlare di false partite Iva e a forza di identificare i veri partitivisti come dei parasubordinati nonché potenziali evasori, una delle risorse più importanti per la nostra asfittica economia schiacciata dalla crisi ha poderosamente tirato il freno a mano.

Ad aprile 2012 sono state infatti aperte 46.337 nuove partite Iva: se nel raffronto anno su anno si parla di una flessione del 3%, rispetto a marzo 2011 il calo è stato pari al 25,8%. Non un calo, un crollo. Il dato emerge dalle cifre pubblicate dal Dipartimento delle Finanze, ovvero il gran nemico dei partitivisti. Che potrà dirsi a pieno titolo soddisfatto del risultato.

Il commercio continua a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva: il 22,1% del totale, seguito dalle attività professionali con il 14,7%. Considerando i macrosettori produttivi, solo in quello agricolo si registra un aumento di aperture (+4,5%), mentre l’industria accusa la diminuzione maggiore (-8,9%). Consoliamoci con i giovani: il 51,3% delle aperture è operato da giovani fino a 35 anni, scaglione di età unico in aumento rispetto al corrispondente mese del 2011 a +13,6%.

Che cosa pensare, dunque, se non, come detto all’inizio si tratta di un effetto dell’operazione terrorismo fatta sulle partite Iva? Lo avevamo scritto tempo fa: se passassero gli emendamenti al ddl lavoro su co.co.pro. e partite iva, la piccola impresa che vive di commesse e cerca collaboratori per i quali essere a sua volta committente, si troverebbe nell’impossibilità di offrire commesse perché non potrebbe fruire dei servizi di un professionista a partita Iva pagandolo il giusto. La piccola impresa, che vive di un rischio imprenditoriale proprio, non potrebbe permettersi di pagare un salario minimo ai co.co.pro. perché non potrebbe far fronte ai costi aggiuntivi che tale formula prevedrebbe. Per cui, non avrebbe più committenti, di conseguenza nemmeno commesse. In sostanza, fallirebbe. Questo dato sul crollo delle nuove partite Iva aggiunge amarezza ad amarezza. Non solo, infatti, la riforma del lavoro introduce minore flessibilità in entrata soffocando un mercato già ingessato; in più, la stretta sulle partite Iva chiude l’ultimo rubinetto ancora aperto per dare un minimo di lavoro e ossigeno alla piccola impresa. Prima temevamo che sarebbe successo, oggi questo dato sulle partite Iva ce ne dà la certezza.

Altro che “Cresci Italia“, qui ormai siamo “Crepa Italia“.

Ancora Carella alla guida di Manageritalia

Guido Carella è stato confermato alla presidenza di Manageritalia, durante l’assemblea nazionale svoltasi a Roma la settimana scorsa.

Il suo mandato, dunque, continuerà fino al 2016 e al suo fianco, in qualità di vicepresidenti, Carella troverà ancora Alessandro Baldi e Mario Mantovani. Ricordiamo che era subentrato come presidente l’anno scorso dopo la scomparsa di Lorenzo Guerriero, che ricopriva quella carica.

Il discorso di apertura dei lavori della 79ma assemblea Managertialia, da parte del rieletto presidente, non lasciava nulla di sottinteso e, se si volesse riassumere, si potrebbe dire che l’associazione punta in modo ancora più deciso a portare il contributo del management a livello economico e sociale per la ripresa del Paese.

Nei confronti del Governo, le parole di Carella sono state chiare: “Il Governo Monti deve mantenere quanto promesso e quanto abbiamo chiesto e delegato ai tecnici. Proceda speditamente con le riforme, solo così ha e avrà sicuramente l’appoggio, se non dei poteri forti, della maggioranza sana del Paese. È tempo di passare alle misure e riforme indispensabili per crescere (infrastrutture immateriali, riforma PA, Giustizia, liberalizzazioni ecc.) e di tagliare non solo la spesa pubblica, ma anche i troppi comportamenti contrari all’interesse comune”.

Vera MORETTI

La crescita ammazzata dalle tasse

di Davide PASSONI

La Corte dei Conti e l’acqua calda. Quando l’organo di controllo in materia di entrate e spese pubbliche parla o presenta rapporti è un po’ come quando parla il presidente della Repubblica e ci fa pensare: ma bisogna essere presidenti per dire una cosa tanto ovvia? Con tutto il rispetto che la carica merita. Ecco, ieri la Corte dei Conti, che pure si pronuncia dopo studi e analisi e deve comunque tradurre in termini comprensibili ai più quanto emerge dalle proprie ricerche, se n’è uscita con una ovvietà: nel suo Rapporto 2012 lamenta che il peso eccessivo della pressione fiscale rischia di comportare “impulsi recessivi” nell’economia reale. Insomma, troppe tasse fermano la crescita.

Un’ovvietà che, però, fa arrabbiare e non poco. Chiedetelo alle imprese che, grazie alla lungimirante politica fiscale dei professori ora e dei governi politici prima, si ritrovano con uno Stato che intermedia oltre il 70% del loro fatturato. Chiedetelo alle famiglie, che grazie alla crescente pressione fiscale (che non è solo Imu) si ritrovano con un potere d’acquisto ai minimi storici e con lo spauracchio di un aumento dell’Iva per il prossimo autunno che significherebbe la vera morte dei consumi. Chiedetelo ai giovani, sempre più senza lavoro e senza prospettive non tanto e non solo per colpa della crisi, quanto per le responsabilità di una classe dirigente che 30 anni a questa parte ha saputo solo far crescere la spesa corrente.

E non basta sentirsi dire dalla Corte che i margini per riequilibrare il “sistema di prelievo” fiscale conciliando “rigore, equità e crescita” sono esauriti e per questo “si rafforzano le ragioni per puntare” sull’ampliamento della base imponibile attraverso “la lotta all’evasione, all’elusione e al ridimensionamento dell’erosione“. No. Perché se la lotta all’evasione, all’elusione e ai furbetti dello scontrino sono sacrosante, la Corte è bene che faccia ricordare a chi di dovere che esistono altri metodi non tanto per aumentare un “gettito fiscale rimasto al di sotto delle previsioni, penalizzato dalla mancata ripresa dell’economia“, quanto per far risparmiare soldi a uno stato bulimico di tasse che pensa solo a ingrassare e mai a dimagrire. Questi metodi si chiamano privatizzazioni, dismissioni di asset pubblici, dismissione delle partecipazioni in società in perdita, razionalizzazione delle spese, lotta alla corruzione e all’improduttività.

Perché la crisi è la crisi, la crisi è globale ma le dinamiche che hanno portato l’Italia in questa situazione si sono innescate ben prima. E se troppe tasse frenano la crescita, perché il governo continua a metterne di nuove? Ah, i professori