Crowdsourcing imprese, ecco come funziona la condivisione di informazioni e di idee

Per crescere, per espandersi ed anche per entrare sul mercato di riferimento proponendo prodotti e servizi spesso innovativi, le imprese e le start-up possono decidere di unire le forze. E nel farlo possono condividere non solo le informazioni, ma anche le idee e le conoscenze acquisite.

Quando tutto questo avviene si parla di crowdsourcing che rappresenta, in tutto e per tutto, una forma di collaborazione ottenendo alcuni vantaggi non indifferenti. Vediamo allora, proprio per il crowdsourcing imprese, come funziona nel dettaglio la condivisione di informazioni e di idee.

Quali sono i vantaggi del crowdsourcing per le imprese e per le start-up

Per le imprese e per le start-up, il crowdsourcing può generare tanti potenziali vantaggi a partire dalle economie di scala, passando per la riduzione dei costi. Ed il tutto con l’obiettivo di massimizzare il potenziale di un’impresa o di una start-up grazie alla condivisione di informazioni e di idee.

Una condivisione che in genere avviene attraverso gli strumenti di comunicazione e di collaborazione digitale. Quando si parla di crowdsourcing, infatti, lo sviluppo di progetti e di idee condivise, tra le imprese e le start-up, è improntato sulla co-creazione. Nell’andare a sfruttare fonti esterne, inoltre, molte imprese e molte start-up possono eventualmente risolvere delle problematiche interne non solo in maniera più veloce, ma anche più efficace.

Quali sono i possibili sviluppi d’impresa grazie proprio al crowdsourcing

La condivisione di idee e di conoscenze, inoltre, sta alla base di molte imprese che operano online. Basti pensare, per esempio, all’enciclopedia Wikipedia. Ma anche a portali che sviluppano la propria attività grazie alle conoscenze ed alle informazioni fornite da terzi. Così come avviene, per esempio, per il sito e per l’app di recensioni Tripadvisor.

Quindi, il crowdsourcing spesso non solo è strategico, ma è anche essenziale per le imprese che puntano o che hanno bisogno di coinvolgere i loro clienti. Così come il crowdsourcing può permettere di raccogliere fondi più velocemente, ed in tal caso si parlerà di crowdsourcing.

Allo stesso modo, molte aziende di software mettono a disposizione liberamente i propri applicativi, quasi sempre in versione beta, per farli testare direttamente al pubblico e quindi alla potenziale base dei clienti. Ed in tal caso si parlerà di crowdtesting.

Cosa si intende per goodwill per un’azienda

Ogni impresa presente e operante sul mercato ha un valore intangibile che va sotto il nome di goodwill. Si tratta, nello specifico, del cosiddetto avviamento d’azienda che è originario quando questo valore intangibile viene creato e generato internamente.

Mentre si parlerà di avviamento d’azienda derivativo quando questo è riconducibile ad attività che sono state acquisite. Chiarito cosa si intende per goodwill per un’impresa, vediamo di chiarire e di approfondire pure tutti i principali aspetti che sono legati proprio all’avviamento d’azienda.

Cos’è per definizione la goodwill o avviamento d’impresa

Come valore intangibile, la goodwill o avviamento aziendale non è altro che il risultato di una differenza. Una differenza che in genere è positiva, e che è data dal valore in eccesso che emerge tra il valore di mercato di un’impresa, e la somma delle attività e delle passività.

Ma ci sono casi in corrispondenza dei quali la goodwill è negativa. E questo emerge, per esempio, quando un’azienda viene ceduta ad un valore che è inferiore a quello che è dato dalla somma delle sue attività e delle sue passività.

In quali casi emerge la goodwill come valore intangibile di un’azienda

La goodwill come valore intangibile di un’azienda emerge quando c’è un’operazione di cessione. In tal caso l’acquirente per rilevare l’impresa dovrà sborsare un maggior costo che è dato proprio dal valore attribuito all’avviamento aziendale. Nel quale può rientrare, prima di tutto, il valore del marchio, ma anche i brevetti, le relazioni con i dipendenti e con i fornitori, nonché la base di clienti che è stata acquisita.

In più, in base a quelli che sono i principi della contabilità internazionale, la goodwill a bilancio non può essere soggetta ad ammortamento, ma annualmente il valore dell’avviamento può essere comunque rivisto e corretto in presenza di cambiamenti.

Quali riferimenti per la goodwill nell’ordinamento giuridico italiano

Nell’ordinamento giuridico italiano non c’è nel codice civile un riferimento esplicito relativo all’avviamento. Ed è per questo che, come sopra accennato, il valore di avviamento emerge per un’impresa italiana quando si effettuano le operazioni di trasferimento, in tutto o in parte, delle quote societarie. Trattandosi di un valore intangibile e soggettivo, di conseguenza, le operazioni di cessione di un’azienda possono avvenire pure attraverso una sopravvalutazione del suo valore di avviamento. Il che comporterà per l’acquirente, nella fattispecie, l’assunzione di maggiori costi.

Come funzionano le operazioni aziendali di fusione e acquisizione

Tra le operazioni che sono più comuni e più frequenti, e che portano ad una variazione sostanziale dell’assetto societario, ci sono quelle che rientrano nella sigla ‘M&A’ che sta per ‘Mergers and Acquisitions‘. Ovverosia si tratta delle operazioni aziendali di fusione e di acquisizione che permettono a due o più imprese di consolidarsi e di espandersi in mercati ed in settori economici di riferimento che spesso sono sia complementari, sia sempre più competitivi. Vediamo allora, nel dettaglio, di spiegare che cos’è una fusione e che cos’è invece un’operazione di acquisizione, ed anche di definire e di fissare quali sono le differenze.

Cos’è un’acquisizione e cos’è invece un’operazione di fusione

Nel dettaglio, un’operazione societaria di acquisizione non è altro che un passaggio di proprietà. Con la società acquirente che rileva le quote societarie di un’altra impresa. Quest’ultima, inoltre, viene incorporata dalla società acquirente che diventa, in tutto e per tutto, proprietaria di tutti gli asset dell’azienda acquisita. Includendo pure i marchi e gli eventuali brevetti.

L’operazione di fusione, invece, è l’unione tra due società che è finalizzata a creare una nuova entità. Precisamente, una nuova azienda che, dalla combinazione degli asset, è più grande e, di conseguenza, è anche più forte e più competitiva sul mercato relativo ai settori economici in cui opera.

Come avvengono le operazioni aziendali di fusione e di acquisizione in termini dimensionali

In linea generale, possiamo inoltre dire che l’operazione di acquisizione avviene tra società di dimensioni diverse. Con un’impresa più grande o molto più grande che in genere acquisisce la società più piccola. Mentre le operazioni di fusione spesso avvengono tra società che hanno all’incirca la stessa dimensione. In tal caso si parlerà infatti di operazione di fusione alla pari tra le due aziende.

Pur tuttavia, al netto delle dimensioni delle imprese in gioco, nell’ambito di un’operazione di fusione un’azienda rispetto all’altra può far spesso leva su un maggior potere contrattuale. Per esempio, un’azienda in salute che si fonde con un’azienda che, pure avendo magari dimensioni simili, è invece in qualche modo in difficoltà.

Per esempio, in quanto al momento della fusione ha perso importanti quote di mercato nel settore economico in cui opera. Oppure ha fatto registrare di recente degli indicatori economici e finanziari in peggioramento.

Quali sono per le imprese i vantaggi e gli svantaggi dell’outsourcing

Per la fruizione di uno o più servizi, che sono necessari per un’azienda, spesso le imprese si rivolgono ad altre aziende che sono esterne e che sono specializzate. Si tratta, nello specifico, della scelta di esternalizzare uno o più processi al fine di ottenere spesso, attraverso le economie di scala, dei vantaggi economici.

Ci riferiamo, nello specifico, al cosiddetto outsourcing grazie al quale viene delegata a ditte esterne la produzione di un prodotto o l’erogazione di un servizio. Vediamo allora nel dettaglio, proprio con l’outsourcing, quali sono i pro ed i contro per le imprese che fanno questa scelta.

Perché spesso le imprese fanno leva sull’outsourcing

Sul perché spesso le imprese fanno leva sull’outsourcing, c’è da dire che spesso, per un determinato processo, le aziende non sono adeguatamente strutturate. Per esempio non hanno i macchinari necessari per realizzare un prodotto.

E magari questi macchinari sono troppo costosi per poter eseguire il processo per linee interne. In tal caso l’impresa fa leva sull’esternalizzazione anche perché spesso non è solo una questione di investimenti, ma anche di competenze.

Quali sono i vantaggi dell’outsourcing per le aziende

Per quanto detto, le aziende traggono vantaggi dall’outsourcing in quanto possono fruire di servizi in maniera rapida, efficiente ed a basso costo da parte di terzi. Senza investimenti interni e senza la necessità, spesso, di dover sostenere dei costi per la formazione del personale.

In più, l’outsourcing è flessibile in quanto l’impresa, al termine degli accordi, può decidere di esternalizzare lo stesso processo o altri processi ad altre aziende. Così come l’outsourcing può portare ad acquisire beni e servizi con un livello di qualità che l’azienda al suo interno non potrebbe raggiungere in breve tempo.

Quali sono per le imprese i potenziali svantaggi dell’outsourcing

Come per ogni cosa, pure per l’outsourcing ci sono tanti vantaggi ma anche dei potenziali svantaggi da valutare sempre con estrema attenzione. Su tutti la necessità di dover fornire, spesso necessariamente per l’attuazione dei processi tramite esternalizzazione, dati aziendali sensibili.

Inoltre, delegando a terzi l’attuazione di alcuni processi l’impresa non ha modo di migliorarli se non continuando ad affidarsi a società esterne. Con il rischio a regime di perdere letteralmente il controllo non solo sulla qualità, ma anche sulla modalità di esecuzione dei processi stessi.

Cosa sono le economie di scala e perché sono vantaggiose per le aziende

Le aziende, periodicamente, al fine di mantenere un adeguato livello di redditività hanno bisogno di tagliare i costi. E nel farlo in genere ci sono tanti potenziali e possibili soluzioni. Al riguardo, quando è possibile, le aziende riescono a calmierare i costi, con benefici per gli utili futuri, attraverso le cosiddette economie di scala. Vediamo allora, nel dettaglio, quando un’economia si definisce di scala, e quali sono, di conseguenza, tutti i vantaggi che in merito un’impresa può andare a sfruttare.

Cos’è un’economia di scala e come si ottiene

Per definizione, l’economia di scala è un fenomeno che porta l’azienda ad essere più efficiente grazie alla riduzione dei costi, permettendo inoltre di vendere più prodotti o servizi generando un conseguente aumento dei ricavi.

Per l’impresa, quindi, l’economia di scala porta sempre ad un aumento dei margini di guadagno. Cosa che può avvenire attraverso gli investimenti, oppure con operazioni di trasformazione societaria. Ovverosia, per esempio, attraverso operazioni di fusione o di acquisizione. Ma anche attraverso una riorganizzazione societaria e, quindi, per linee interne.

Esempi di economie di scala attraverso investimenti in infrastrutture materiali e immateriali

Per esempio, attraverso gli investimenti, molte imprese beneficiano di economie di scala che sono derivanti dall’ammodernamento di attrezzature e di macchinari. Il che porta a rientrare dall’investimento effettuato in tempi relativamente brevi. Non solo attraverso una maggiore produzione, ma anche attraverso, spesso, un forte miglioramento della qualità dei prodotti che possono essere messi in commercio. Avere macchinari moderni ed efficienti, infatti, significa abbassare il costo unitario di un singolo prodotto, e di produrre di più andando a ridurre le inefficienze davvero al minimo.

Gli investimenti per ottenere le economie di scala, inoltre, possono essere anche immateriali. Per esempio, un’azienda che investe rinnovando il proprio portale di e-commerce o adottando dei  software evoluti che garantiscono efficienza e sicurezza ai propri sistemi informatici.

Quando mettere in atto e quando sfruttare al massimo le economie di scala

In genere le economie di scala si sfruttano quando la domanda dei beni o dei servizi proposti al mercato è elevata. E quindi c’è bisogno, al fine di massimizzare i profitti, di dover produrre sempre alla massima capacità. Quindi, nello stesso tempo, per investire al fine di avvantaggiarsi delle economie di scala la fluttuazione della domanda, in ogni caso, può essere anche un fattore di rischio.

Microimpresa e piccola impresa, il confronto e quali sono le differenze

In Italia le imprese sono denominate e sono classificate sia in base al numero dei dipendenti, sia in ragione del loro fatturato annuo. Per esempio, in Italia ci sono tantissime microimprese, e lo stesso dicasi per la cosiddetta piccola impresa. Vediamo allora di fare il confronto tra le due, e vediamo anche di capire quali sono le differenze tra microimpresa e piccola impresa.

Cos’è una microimpresa

Nel dettaglio, in Italia sulle microimprese c’è da dire, prima di tutto, che queste rientrano tra le PMI, ed hanno meno di 10 dipendenti. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 2 milioni di euro.

Cos’è una una piccola impresa

La piccola impresa, invece, è un po’ più grande di una microimpresa. Dato che rientrano tra le piccole imprese le attività imprenditoriali che occupano meno di 50 lavoratori. Nonché hanno un fatturato o un bilancio annuo che non supera la soglia dei 10 milioni di euro.

Come si calcola il numero degli occupati nelle microimprese e nelle piccole imprese

Per il calcolo del numero degli occupati in una microimpresa, e lo stesso dicasi per una piccola impresa, sono conteggiati gli impiegati con contratto di lavoro a tempo indeterminato full time, e quelli con contratto a part-time. Mentre non sono conteggiati gli apprendisti, le lavoratrici in maternità e gli stagisti.

Quindi, una micro impresa può avere meno di 10 dipendenti, e classificarsi come tale, ma può avere pure stagisti e apprendisti, non conteggiati, così come avviene spesso per le microimprese e per le piccole imprese che sono operanti nel settore dell’artigianato.

Quali sono gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese, occhio alla fatturazione elettronica

Tra gli obblighi per le microimprese e per le piccole imprese ricordiamo che c’è quello relativo alla fatturazione elettronica. In particolare, molti contribuenti in regime fiscale forfettario rientrano tra le microimprese. Ma anche per loro, con ricavi o compensi sopra i 25.000 euro, dall’1 luglio del 2022 è scattato l’addio all’emissione di fatture cartacee.

Per la fatturazione elettronica le microimprese e le piccole imprese possono utilizzare dei software accreditati. Oppure, senza mai spendere un euro, c’è l’app FatturAE ed il portale ‘Fatture e Corrispettivi‘ dell’Agenzia delle Entrate.

Novità per le imprese: è online il sito incentivi.gov.it

E’ online dal giorno 2 giugno 2022 il sito www.incentivi.gov.it dedicato alle imprese. Qui è possibile trovare il catalogo di tutti gli incentivi governativi disponibili per le imprese.

Tutti gli incentivi per le imprese in un clic

Fare impresa è bello, questa è una delle scritte che gli utenti del sito www.incentivi.gov.it si ritrovano davanti, ma vediamo le caratteristiche del sito annunciato nei giorni passati e online dal 2 giugno 2022.

Negli ultimi anni il modo di lavorare è molto cambiato, le persone sono sempre meno attratte dal lavoro dipendente al punto che durante la pandemia sono numerosi gli italiani, soprattutto al Nord, ad aver lasciato il lavoro per iniziare nuove esperienze professionali che lasciano maggiore libertà rispetto al canonico lavoro dipendente con orari impostati e poca libertà.

Un segno di questo cambiamento è anche dato dal fatto che gli ultimi concorsi pubblici sono stati disertati e vi è difficoltà a trovare candidati idonei alla copertura dei posti disponibili. D’altronde l’impresa è il cuore del Paese, senza persone in grado di creare lavoro difficilmente il Pil potrà tornare a livelli positivi. Al fine di aiutare le aziende esistenti e che vogliono nascere sono stati introdotti molti incentivi governativi. Allo stesso tempo si è notato che famiglie e imprese fanno fatica a stare dietro a tutti i bandi, questo nonostante il fatto che quelli relativi alle imprese siano spesso gestiti da Invitalia e di conseguenza diventa più semplice reperire informazioni. Nasce così l’idea di creare un sito che raccolga tutti gli incentivi rivolti alle imprese.

Ecco il sito incentivi.gov.it

Scopriamo insieme come funziona il sito. Nel sito cliccando alla voce “Chi Siamo” si scopre che trattasi di uno strumento messo a disposizione dal Ministero dello Sviluppo economico che ha l’obiettivo di facilitare la ricerca di incentivi da parte delle imprese e dei professionisti.

La parte essenziale del sito è il catalogo, qui sono disponibili le schede degli incentivi in arrivo segnalati con il colore giallo ocra e di quelli attivi, segnalati dal colore verde, ci sono quindi i bandi chiusi caratterizzati dal colore rosso. Ogni scheda è caratterizzata dal nome dell’incentivo, ad esempio: Contratti di sviluppo filiere, contratti di sviluppo “Rinnovabili e Batterie”… Il lettore potrà quindi cliccare su quelli di suo interesse, oppure potrà visionarli tutti.

A questo punto si apre una scheda con la sintesi del bando, con indicazione della data di apertura e della data di chiusura dell’incentivo. Se leggendo questa scheda ci si accorge che lo stesso è fruibile, o comunque se si è interessati al bando, si può selezionate il tasto “scopri i dettagli” e quindi leggere l’intero bando.

Sul sito è anche disponibile la sezione Glossario, questa mira ad aiutare cittadini che vogliono fare impresa e imprese già esistenti a capire i termini tecnici presenti all’interno dei vari bandi.

La ricerca dei bandi con incentivi per le imprese

La ricerca dei bandi può essere fatta anche in base alle proprie caratteristiche, infatti nella homepage, si può selezionare tra diverse voci:

  • sono un aspirante imprenditore;
  • sono un’impresa o un professionista;
  • sono un ente, un’istituzione;
  • sono un cittadino.

Cliccando su una delle voci si può compilare una piccola scheda che aiuta a trovare l’incentivo adatto alla propria situazione, ad esempio chi clicca su “sono un aspirante imprenditore” potrà trovare una scheda in cui viene chiesto sesso ed età. In base alla risposta, sono selezionati i bandi disponibili per l’imprenditoria femminile oppure per i giovani imprenditori. L’obiettivo è facilitare la ricerca degli incentivi disponibili.

Scorrendo invece la homepage è possibile selezionare i bandi per categorie. Si può scegliere tra:

  • Start up/ sviluppo d’impresa;
  • imprenditoria femminile;
  • digitalizzazione;
  • innovazione e ricerca;
  • sostegno liquidità;
  • sostegno investimenti;
  • crisi di impresa;
  • transizione ecologica;
  • inclusione sociale;
  • internazionalizzazione.

Il sito è semplice e di facile navigazione, questo implica che anche le persone meno avvezze all’uso delle nuove tecnologie possono trovare informazioni e bandi in modo molto semplice.

Rating di legalità: a cosa serve, quali imprese possono richiederlo, requisiti

Per l’accesso a numerosi bandi, tra cui quelli che mettono a disposizione i fondi del PNRR, è necessario possedere il rating di legalità. Di cosa si tratta e come si può ottenere?

Cos’è il rating di legalità?

Il rating di legalità viene rilasciato, su richiesta, dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), questa agisce in accordo con i Ministeri degli Interni e della Giustizia. Possono richiederlo le aziende che abbiano un fatturato superiore a due milioni di euro (maturato nell’anno precedente rispetto a quello della richiesta) e che siano iscritte da almeno due anni alla Camera di Commercio. Naturalmente per poterlo ottenere devono avere almeno una sede in Italia.

Il rilascio del rating di legalità è gratuito. In seguito alla richiesta c’è una sorta di “indagine” volta a valutare se sono rispettati i requisiti per poter ottenere il rating di legalità. Il riconoscimento prevede diversi livelli. Il livello base è costituito da una stelletta, questa indica che l’azienda rispetta i limiti legali previsti per ottenere il rating di legalità. Vi sono poi gli ulteriori livelli contraddistinti da due o tre stellette e che indicano che l’azienda rispetta ulteriori requisiti oltre gli obblighi di legge.

Il rating di legalità come influenza la partecipazione a bandi?

La normativa prevede che le pubbliche amministrazioni nei bandi per l’ottenimento di benefici, concessioni, agevolazioni possono valutare il rating in diversi modi, nel bando naturalmente deve essere precisato in che modo viene valutato il rating di legalità. Tre sono le possibilità:

  1. viene attribuito un maggior punteggio;
  2. viene concessa una preferenza in graduatoria (ad esempio se due imprese hanno lo stesso punteggio, viene preferita quella con rating di legalità);
  3. possono essere riservate quote di fondi esclusivamente alle aziende che hanno il rating di legalità.

Tali criteri sono indicati nell’articolo 3 del decreto interministeriale MEF-MISE 57 del 2014.

Ad esempio per il bando Cultura Crea è previsto per gli enti del Terzo Settore un maggiore importo per coloro che hanno il rating di legalità.

Il sistema di premialità viene scelto in base alla tipologia e all’oggetto del bando, all’entità e alla finalità del finanziamento e altre caratteristiche che possono far ritenere un sistema maggiormente adatto rispetto a un altro.

Il rating di legalità oltre a poter essere usato da pubbliche amministrazioni, può essere usato anche dai soggetti privati. Ad esempio dalle banche che possono inserire questa valutazione tra i parametri da utilizzare per la concessione di prestiti e finanziamenti alle imprese. Inoltre possono tenere in considerazione il rating per definire in modo più veloce le pratiche (articolo 4 decreto 57).

Le banche nel caso in cui utilizzino tale parametro per la concessione di crediti e per velocizzare le pratiche, devono comunque verificare e monitorare che persistano le condizioni per tale rating.

Quali sono i requisiti per ottenere il rating di legalità?

I requisiti per ottenere il rating di legalità di base sono contenuti nell’articolo 2 della delibera n. 28361 del 28 luglio 2020 anche conosciuta semplicemente come “Regolamento”. Al fine di ottenere il rating di legalità l’impresa deve dichiarare:

  • non ci sono a carico dei “rappresentanti dell’azienda” condanne, misure di prevenzione, misure cautelari (personali e patrimoniali) per reati in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, reati tributari, traffico di influenze illecite, turbativa d’asta, mancato adempimento di obblighi contrattuali, frode nei contratti di fornitura, trasferimento fraudolento di favori, estorsione 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355, 356, 512-bis, 629 e 644 del codice penale).Tale misure sono da considerare in base alle varie figure apicali che sono all’interno dell’impresa, dal titolare, ai soci, amministratori…
  • Non essere destinataria di provvedimenti di condanna dell’Autorità e della Commissione Europea per illeciti antitrust gravi, pratiche commerciali scorrette divenuti inoppugnabili o confermati.
  • Di non essere destinatari di provvedimenti per mancato pagamento di contributi previdenziali, assistenziali, tasse e contributi .
  • di rispettare la disciplina sull’uso del contante;
  • nessuna revoca di finanziamenti pubblici
  • di non essere destinatari di provvedimenti dell’ANAC in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza;
  • l’impresa deve inoltre dichiarare di non essere controllata di diritto o di fatto da società o enti esteri dei quali non è possibile l’identificazione dei soggetti che detengono quote societarie o comunque hanno il controllo dell’impresa stessa.

L’articolo 2 del Regolamento precisa che il rating di legalità non si rilascia a imprese destinatarie di comunicazioni o informazioni antimafia interdittive, salvo che ne sia sospesa la relativa efficacia. Vi sono impedimenti anche per le imprese commissariate.

Requisiti per implementare il rating di base

Con il rispetto dei requisiti previsti dall’articolo 2 del Regolamento (sinteticamente indicati) è possibile ottenere una stellina, cioè il rating di legalità di base, lo stesso può però essere incrementato fino a raggiungere 2 o 3 stelline . I requisiti da tenere in considerazione per implementare il punteggio base sono indicati nell’articolo 3 del regolamento.

  • adesione ai protocolli o alle intese di legalità finalizzati a prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale, sottoscritti dal Ministero dell’Interno o dalle Prefetture-UTG con associazioni imprenditoriali e di categoria;
  • adesione a sistemi di tracciamento dei pagamenti anche ulteriori rispetto ai minimi previsti da legge (scegliere pagamenti tracciabili anche sotto la soglia);
  • esecuzione di controlli di conformità delle attività aziendali;
  • adozione di protocolli volti a una maggiore sostenibilità dell’attività aziendale (risparmio energetico, tutela ambientale, energia green);
  • di essere iscritta in uno degli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa istituiti ai sensi delle vigenti disposizioni di legge (white list)
  • aver aderito a codici etici di autoregolazione;
  • aver adottato modelli organizzativi di prevenzione della corruzione.

Ultime informazioni

L’impresa inoltre potrà ottenere un segno “+” nel caso in cui denunci tentativi di infiltrazioni o comunque di induzione alla commissione dei reati visti. Se invece nel Casellario Informatico delle imprese risultino delle segnalazioni a carico dell’impresa si perderà un segno +. Naturalmente tali segnalazioni devono arrivare da atti non oppugnabili (sentenza passata in giudicato).

Si è visto all’articolo 2 che i requisiti sono autocertificati dall’impresa, naturalmente sono possibili dei controlli con tutte le conseguenze del caso se le stesse dovessero risultare mendaci ( articolo 4 regolamento).

La procedura per l’attribuzione del rating di legalità ha una durata non superiore a 60 giorni dalla richiesta. Il rating di legalità ha una durata di 2 anni e si rinnova su richiesta. Naturalmente le variazioni devono essere comunicate dall’impresa nel più breve tempo possibile.

 

Come funziona la compliance dell’Agenzia delle Entrate per le imprese e i lavoratori autonomi

Il Fisco quando, a carico di un contribuente, rileva delle anomalie, degli errori e/o delle incongruenze, adotta sempre un approccio morbido. Ovverosia, l’Agenzia delle Entrate, prima di far scattare un contenzioso. mira ad attivare un canale di dialogo con il contribuente. A partire dalla possibilità di avvalersi di strumenti deflativi come l’autotutela e come l’acquiescenza.

In più il Fisco italiano, proprio nel rapporto con i contribuenti, promuove la compliance. E questo vale pure nei confronti dei professionisti e dei titolari di partita IVA. Vediamo allora, nel dettaglio, come funziona la compliance dell’Agenzia delle Entrate per le imprese e per i lavoratori autonomi.

Su cosa si basa la compliance dell’Agenzia delle Entrate

Nel dettaglio, la compliance dell’Agenzia delle Entrate per le imprese e per i lavoratori autonomi, ma anche per le persone fisiche, si basa sulla possibilità, per il contribuente, di correggere e di sanare in maniera spontanea gli errori e/o le omissioni rilevate dal Fisco. Potendolo peraltro fare anche dopo che il contribuente ha presentato la dichiarazione dei redditi. Si tratta, quindi, di un invito da parte dell’Agenzia delle Entrate a correggere in maniera spontanea gli errori e/o le omissioni che sono state riscontrate.

Basata sull’adempimento spontaneo, la compliance dell’Agenzia delle Entrate per le imprese e per i lavoratori autonomi consiste sostanzialmente nella predisposizione e nell’invio di apposite comunicazioni. Che hanno il fine di invitare il contribuente a sanare la propria posizione, in merito alle irregolarità e/o alle anomalie riscontrate, attraverso il ravvedimento operoso.

L’adempimento spontaneo facendo leva sull’istituto del ravvedimento operoso

Ovverosia, con il ravvedimento operoso che è un istituto che, tra l’altro, permette pure una riduzione delle sanzioni quando l’invito alla compliance prevede il versamento di maggiori imposte. Così come in molti casi il contribuente, in base ai rilievi del Fisco, è chiamato pure alla presentazione di una dichiarazione integrativa.

Quindi, il Fisco invia ai lavoratori autonomi ed agli altri soggetti passivi IVA delle comunicazioni. Ovverosia, delle lettere di compliance dove sono indicate le omissioni e/o le irregolarità riscontrate. Nel confronto tra i dati dichiarati dal contribuente e quelli che, invece, sono posseduti dall’Agenzia delle Entrate nelle proprie banche dati.

Coma rispondere alle lettere di compliance dell’Agenzia delle Entrate

Se il contribuente non ritiene legittima la pretesa tributaria del Fisco, con la lettera di compliance, c’è sempre la possibilità di far valere le proprie ragioni. Ovverosia, inviando tutti i dati e tutti i documenti utili di cui il Fisco non è a conoscenza. L’invio è possibile attraverso il canale telematico Civis anche avvalendosi di un intermediario abilitato. Per esempio, incaricando il proprio commercialista di fiducia. Oppure presentandosi presso la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate che è competente per territorio.

Ambiente e imprese: il nuovo testo degli articoli 9 e 41 della Costituzione

Svolta ambientalista nella Costituzione: cambiano gli articoli 9 e 41 della Costituzione che hanno a oggetto ambiente e imprese. Ecco i nuovi testi che portano novità anche per le imprese che dovranno impegnarsi a un maggiore rispetto verso l’ambiente.

Ambiente e imprese: nuovo testo degli articoli 9 e 41 della Costituzione

Il nuovo testo dell’articolo 9 della Costituzione recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

Il nuovo testo dell’articolo 41 invece è: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali” .

Le parti in grassetto sono aggiunte.

Perché è importante la riforma della Costituzione

La Costituzione è la legge fondamentale della nostra Repubblica, gli atti normativi gerarchicamente subordinati, ad esempio le leggi ordinarie, devono essere in linea con essa, questo vuol dire che non può esservi una legge ordinaria, un atto parificato alla legge, una legge regionale, o altre fonti normative, che siano in contrasto con la Costituzione. In caso contrario tali atti saranno incostituzionali (non è questo il luogo per dedicarci alla procedura per arrivare alal declaratoria di incostituzionalità, ma un ruolo essenziale è svolto dal Presidente della Repubblica) e sulle sue conseguenze.

Questa precisazione fa capire quanto sia ampia la portata di questa modifica per i singoli cittadini, ma anche per le imprese che da ora dovranno fare riferimento a un quadro normativo da interpretare in senso ambientalista.

Il nuovo testo è stato approvato prima dal Senato con la maggioranza dei 2/3, mentre l’8 febbraio è stato approvato dalla Camera dei Deputati quasi all’unanimità, infatti ha ottenuto 468 voti favorevoli, un voto contrario e 6 astenuti. Dal punto di vista pratico vuol dire che su questa epocale riforma non è possibile richiedere il referendum costituzionale e quindi questo è l’attuale testo definitivo della Costituzione. Esprimono particolare entusiasmo il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e il Presidente della Camera Roberto Fico. Apprezzamenti arrivano anche dal WWF.

Tutela dell’ambiente in Costituzione: cosa cambia per le imprese

Uno degli elementi caratterizzanti di questa riforma è in primo luogo il fatto che viene modificata la prima parte della Costituzione riconosciuta come il nocciolo duro o nucleo fondamentale ed è la prima volta dall’approvazione ed entrata in vigore della Costituzione che questa parte è oggetto di modifiche. In questo articolo la tutela dell’ambiente non è indicata in modo generico, ma in tre dimensioni, come tutela dell’ambiente, della biodiversità e dell’ecosistema, quindi non si mira solo ad avere aria più pulita e minori emissioni, ma anche tutela delle varie specie animali e vegetali, in particolare quelle più a rischio, come possono essere le api e gli altri “insetti buoni” che sono il segreto dell’agricoltura biologica.  Inboltre la tutela dell’ecosistema implica anche una propensione ad affrontare l’emergenza climatica che è strettamente connessa alla riduzione dell’inquinamento.

Per le imprese c’è un’importante innovazione, infatti l’articolo 41 è rivolto proprio ad esse e sottolinea che le attività imprenditoriali non possono essere svolte in danno dell’ambiente, questo apre a nuove modifiche legislative che mirano a ridurre l’impatto ambientale delle varie attività economiche, soprattutto quelle più impattanti.

La modifica dell’articolo 41 va nella stessa direzione del Green New Deal e del piano di Transizione 4.0. Il primo prevede aiuti per le imprese che decidono di investire in economie circolari, riduzione dell’uso di plastiche, sostituzione della plastica, turismo sostenibile.

Naturalmente ora con la riforma dell’articolo 41 della Costituzione questi piani possono essere ulteriormente rafforzati, ma soprattutto tutte le future riforme, i programmi e le leggi dovranno rispettare questi principi fondamentali della nostra Costituzione.

Un primo passo in tale direzione è rappresentato dalle risorse messe a disposizione dal MISE. per saperne di più, leggi l’articolo: PMI: dal MISE arrivano 2,5 miliardi per transizione ecologica e digitale