Assegno Unico: attenzione agli errori nella compilazione della domanda

Ci sono ancora pochi giorni per presentare la domanda e accedere all’Assegno Unico e Universale per i figli a carico fino a 21 anni di età. L’INPS ha reso noto che in realtà solo una piccola parte delle persone che avrebbe diritto a percepire gli importi ha presentato la domanda. Ecco gli errori da evitare nella compilazione della stessa.

L’Assegno Unico e Universale

L’Assegno Unico prende il via dal mese di marzo 2022. Inoltrando la domanda entro il 28 febbraio sarà possibile percepirlo già a metà marzo. Per coloro che invece inoltrano entro il 30 giugno sarà possibile percepire l’assegno dal mese successivo, ma con gli arretrati decorrenti da marzo. Per coloro che presentano la domanda dal primo luglio, l’assegno sarà accreditato dal mese successivo ma senza arretrati.

Compilare la domanda per poter percepire l’Assegno Unico è abbastanza semplice, infatti, l’INPS ha reso noto che oltre ¾ delle persone ha proceduto in modo autonomo attraverso il servizio messo a disposizione sul sito dell’INPS al quale si può accedere con le proprie credenziali e quindi con il codice SPID, con la carta di identità elettronica oppure attraverso l’uso della Carta Nazionale Servizi. L’INPS per facilitare ulteriormente le operazioni ha inoltre previsto un altro servizio, cioè il sito www.assegnounicoitalia.it

Di seguito vediamo invece gli errori più frequenti nella compilazione e che potrebbero ritardare la percezione dell’Assegno Unico.

Errori nella compilazione della domanda: codice fiscale errato

Il primo errore di distrazione consiste nell’errata indicazione dei codici fiscali, basta sbagliare anche un solo carattere per impedire l’accredito, proprio per questo è consigliata un’attenta rilettura della domanda prima dell’inoltro. Attraverso il codice fiscale i richiedenti sono infatti associati a un’identità univoca e l’errata indicazione manda in tilt il sistema.

Per poter completare l’inoltro della domanda è inoltre necessario fornire l’assenso all’uso dei dati personali forniti nella compilazione della domanda. In assenza di questo piccolo adempimento non sarà possibile completare l’inoltro dell’istanza e di conseguenza non si potrà percepire l’Assegno Unico.

Per poter validare la domanda è necessario anche spuntare la casella in cui si auto-certifica che i dati forniti sono veritieri e di essere consapevoli delle conseguenze civili e penali nel caso di dichiarazioni mendaci. Si tratta delle dichiarazioni rilasciate ai sensi del DPR 445 del 2000.

Assegno Unico: attenti nella indicazione dei beneficiari

Nel caso in cui invece siano presenti due genitori, la domanda può essere inoltrata anche da uno solo di essi, ma per poter percepire l’assegno al 100% è necessario spuntare la casella in cui si dichiara che c’è accordo con l’altro genitore. Non è necessario che l’altro genitore dia conferma di tale scelta. Lo stesso può però modificare, attraverso la sua pagina personale INPS, le precedenti scelte e quindi optare per l’assegno ripartito.

Si è detto che i figli maggiorenni che abbiano meno di 21 anni e che seguono un corso di formazione, un percorso di studio, stiano prestando servizio civile, tirocinio oppure disoccupati iscritti al Centro per l’Impiego, possono ricevere l’Assegno Unico e soprattutto possono inoltrare autonomamente la domanda e indicare il loro IBAN personale. La prima cosa da sottolineare è che il figlio maggiorenne può chiedere l’Assegno Unico se è nello stesso nucleo familiare del genitore e se è fiscalmente a carico del genitore. Inoltre deve avere un reddito ( ad esempio derivante da tirocinio) inferiore a 8.000 euro al mese.

In questo caso bisogna però prestare attenzione perché se la domanda è stata già inoltrata dal figlio non può essere inoltrata anche dal genitore.

Errori nella presentazione della domanda per l’Assegno Unico: errata indicazione dell’IBAN

In secondo luogo il codice IBAN deve avere la stessa intestazione del richiedente, quindi il figlio se vuole autonomamente presentare la domanda deve inserire codice di un conto con IBAN intestato a lui, non può inserire l’IBAN del genitore. Se la domanda viene proposta dal genitore l’IBAN deve essere riferito al suo conto. Si può richiede l’accredito su un conto cointestato, ma in questo caso uno dei cointestatari deve coincidere con il richiedente il beneficio. Non è invece possibile ricevere gli importi su un conto su cui si ha solo la delega. Infine, il codice IBAN deve essere identico a quello fornito dalla banca, insomma si deve porre attenzione nella trascrizione perché in caso di errori l’accredito non sarà possibile.

Il controllo dell’IBAN viene fatto attraverso un processo telematico con le banche convenzionate e con Poste Italiane, ma nel caso in cui il conto fosse aperto presso una banca non convenzionata o istituto estero con sede in un paese dell’area SEPA il richiedente, deve allegare anche il modello di identificazione bancaria.

Domanda senza ISEE: nessuna paura non è un errore

Ricordiamo che è possibile accedere al beneficio anche senza presentare l’ISEE, in questo caso si avrà diritto alla misura minima cioè quella prevista per chi ha un reddito ISEE superiore a 40.000 euro. Inoltrando l’ISEE dopo il 28 febbraio, ma entro il 30 giugno, saranno ricalcolati gli importi ed erogate eventuali maggiori somme anche per i mesi precedenti. Se l’ISEE viene invece inoltrato dopo il 30 marzo si perdono le eventuali maggiori somme. In caso di ISEE errato, gli importi sono comunque versati, ma l’INPS chiederà la correzione dei dati e nel caso procederà anche al recupero delle somme versate in misura maggiore.

Si è visto quali potrebbero essere gli errori nella compilazione della domanda per l’Assegno Unico, occorre a questo punto ricordare che è possibile correggere gli stessi. Per conoscere la procedura c’è l’articolo: Assegno Unico: come correggere la domanda in caso di errori.

Per avere indicazioni su come compilare correttamente la domanda c’è la guida: Online il sito per l’Assegno Unico: le Faq più importanti e casistiche

Isee, reddito di cittadinanza e conti gioco: dentro anche le vincite ma come?

Pochi sanno che anche avere un conto gioco, per scommesse sportive o per i giochi on line che prevedono vincite in danaro, possono risultare indigesti dal punto di vista dell’accesso a bonus, prestazioni agevolate e prestazioni assistenziali. Tutto dipende dall’Isee naturalmente, che resta lo strumento utile proprio ad avere accesso a queste prestazioni.

Le vincite al gioco vanno dichiarate nell’Isee e possono andare ad influenzare il diritto a determinate prestazioni proprio perché fanno salire l’indicatore. Ma c’è dell’altro in relazione ai conti gioco. Si tratta di una problematica che abbiamo riscontrato a seguito di alcune segnalazioni di utenti che rischiano di incappare in conseguenze penali perché beneficiari del reddito di cittadinanza. E parliamo di vincite al gioco senza che necessariamente i soldi vinti vengano incassati.

Una storia particolare quella di chi rischia denuncia e perdita del sussidio per un conto gioco.

“Salve, sono stato un beneficiario del reddito di cittadinanza. Parlo al passato perché da diversi mesi non lo percepisco più. L’Inps su segnalazione della Guardia di Finanza mi ha cancellato dall’elenco dei beneficiari. Anzi, l’Istituto vuole i soldi indietro perché non mi spettavano. Il problema è dipeso da un mio conto gioco presso un concessionario per le scommesse sportive e i giochi telematici. Giochi legali perché assoggettati ad AAMS e quindi del monopolio. Ciò che mi ha portato ad essere escluso dal sussidio è il fatto che dal 2019 avrei vinto qualcosa come 20.000 euro. E adesso devo affrontare una causa per presunta frode allo Stato e per fruizione indebita di aiuti di Stato. Ho 64 anni di età, senza lavoro e senza pensione, e adesso sono davvero nei guai”

Isee e reddito di cittadinanza, il pericolo dei conti gioco

La lettera sfogo del nostro lettore mette in luce il pericolo di avere un conto gioco e percepire aiuti di Stato, come può essere il reddito di cittadinanza ma qualsiasi altro.

I conti gioco fanno parte delle varie banche dati a cui l’Inps ha accesso per verificare il diritto ad un sussidio per una persona. Ma per esempio, nel modello Isee precompilato, o meglio nella DSU precompilata, questi dati non compaiono. Deve essere il diretto interessato a comunicare le vincite inserendole nella DSU. I conti gioco infatti si basano sui dati anagrafici del titolare e sul suo codice fiscale. Il problema è che nelle banche dati è la definizione di vincita che non è quella classica e in cui si è imbattuto il nostro lettore.

Le vincite che non sono vincite

Per una persona normale, vincere significa incassare dei soldi. Per la banca dati, che è quella utilizzata dalla Guardia di Finanza per il lettore, vincite sono genericamente, qualsiasi somma che un software ha ricaricato sul conto gioco del diretto interessato.

Hai giocato 5 euro su tre partite del campionato? Hai vinto 30 euro? Bene, per il conto gioco, o le incassi tramite qualsiasi metodo previsto, o le rigiochi, le hai vinte comunque. Vale lo stesso per le video lotterie, le video slot statali e così via. In pratica, se giochi pochi euro rischi di aver vinto centinaia di euro pure se alla fine del tuo “pericoloso pomeriggio di svago”, alla fine hai perso tutto. Ogni singola combinazione vincente viene considerata vincita. E così su un conto gioco dove l’utente ha versato solo poche decine di euro, si materializzano giri di soldi enormi, virtuali ma enormi. E la Guardia di Finanza con l’Inps considerano evidentemente anche i soldi virtuali come effettivi.

Una vera anomalia questa, che non toglie il nostro lettore dal fatto compiuto di aver commesso un errore visto che con i versamenti del reddito di cittadinanza non si deve giocare ma si devono soddisfare i bisogni primari. Resta il fatto che per una situazione del genere, si rischia grosso. Si rischiano almeno 3 situazioni una più spiacevole dell’altra e cioè:

  • Esclusione dal sussidio;
  • Richiesta di restituire le somme precedentemente incassate con il sussidio;
  • Denuncia per presunta frode ai danni dello Stato.

 

Partite Iva forfettarie, vantaggi elevati con l’assegno unico per i figli

Al debutto dell’assegno unico per i figli si stimano le condizioni e gli effetti con i maggiori vantaggi riscontrati per chi abbia la partita Iva a regime forfettario. Infatti, i lavoratori autonomi fino a 65 mila euro di reddito annuo, che in passato non avevano diritto alle detrazioni, con l’assegno universale potranno beneficiare di un vantaggio annuo per i figli a carico.

Assegno unico per i figli, come sostituisce nel 2022 i vecchi bonus e le detrazioni Irpef?

I vantaggi dell’assegno unico per i figli dipenderanno dall’importo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee). I precedenti bonus per i figli (bebè, mamma) e le varie detrazioni Irpef e gli assegni per i nuclei familiari verranno assorbiti dall’assegno unico. L’Isee, calcolato sia sul reddito prodotto che sul patrimonio, diventa il parametro di riferimento e prende il posto del reddito. Il passaggio comporta cambiamenti nella fruizione dei benefici e delle detrazioni. In primis per le partite Iva a regime forfettario che, fino al 2022, non avevano avuto accesso alle detrazioni Irpef.

Assegno unico per i figli, cosa avviene per le famiglie con partita Iva a regime forfettario?

I forfettari, infatti, avranno i benefici più evidenti dall’introduzione dell’assegno unico per i figli. Si tratta delle persone fisiche titolari di partita Iva a regime forfettari, con compensi e ricavi che non superano i 65 mila euro all’anno. Per una famiglia con due coniugi lavoratori autonomi con partita Iva a regime forfettaria e un figlio minorenne, il reddito di 35 mila euro prodotto da ciascun coniuge fino al 2021 non dava luogo né a detrazioni per il figlio a carico e nemmeno all’Assegno per il nucleo familiare annuo (Anf).

Partite Iva a regime forfettario, quali vantaggi dall’assegno unico per i figli?

In questa situazione, i due coniugi partite Iva a regime forfettario non avevano alcun vantaggio annuo per i figli a carico. Con l’introduzione dell’assegno unico per i figli e un Isee pari a 30 mila euro, alla famiglia spetta l’assegno unico mensile per il figlio a carico pari a 112 euro. Il vantaggio annuo con l’assegno unico è di 1.344 euro.

Assegno unico universale con Isee oltre i 40 mila euro o redditi bassi e patrimonio alto

Le famiglie che superano i 40 mila euro di Isee annuale avranno comunque il beneficio, anche se in misura minore. In tal caso, l’assegno unico per i figli sarà di 50 euro al mese per ogni figlio a carico. A perderci dal sistema dell’assegno unico saranno invece coloro che hanno redditi medi e bassi ma si ritrovano un Isee di oltre 40 mila euro. In quanto indicatore anche della situazione patrimoniale, e non solo reddituale, chi riceve in eredità un immobile consistente potrebbe vedersi abbassare l’assegno per i figli rispetto al precedente sistema delle detrazioni Irpef.

Assegno unico per i figli, la perdita per le famiglie con Isee oltre i 40 mila euro

Il superamento della soglia di Isee dei 40 mila euro di certo fa perdere qualcosa alle famiglie rispetto al vecchio sistema delle detrazioni Irpef. Infatti, in una famiglia di due coniugi con redditi da lavoro rispettivamente di 28 mila euro e di 8 mila euro, un Isee oltre i 40 mila euro e un figlio a carico di 3 ani, la detrazione spettante con il vecchio sistema determinava un importo:

  • di 860 euro all’anno di detrazioni per il figlio a carico;
  • un assegno per il nucleo familiare annuo (Anf) di 547 euro.

Il vantaggio annuo per la detrazione dei figli a carico era dunque di 860 euro. Con l’assegno unico per i figli del 2022, al superamento della soglia dei 40 mila euro di Isee si percepiscono 50 euro mensili di assegno unico per i figli. Il vantaggio annuo, dunque, si ferma a 600 euro.

Assegno unico con figli maggiorenni che non lavorano, non cercano lavoro e non studiano

Peraltro, i vantaggi dell’assegno unico per i figli si annullano se il figlio a carico è maggiorenne ricada in una delle situazioni elencate:

  • non frequenti un corso di formazione scolastica, universitaria oppure professionale;
  • non abbia un reddito da lavoro complessivo inferiore agli 8 mila euro all’anno;
  • non svolga un tirocinio;
  • sia disoccupato ma non cerchi un lavoro presso il centro pubblico per l’impiego.

Con il precedente sistema, sul reddito imponibile del coniuge con 28 mila euro di reddito da lavoro veniva applicata la detrazione per il figlio di 690 euro; tale detrazione si perde con l’assegno unico per i figli per le famiglie che si trovino nelle situazioni sopra elencate. Pertanto, alle famiglie non spetterà l’assegno unico per i figli che non studino, che non lavorino o che non stiano cercando un impiego.

Assegno universale per i figli con redditi rientranti nella no tax area e Isee fino a 15 mila euro

Di certo, ad avvantaggiarsi del nuovo sistema dell’assegno unico per i figli sono le famiglie con redditi rientranti nella no tax area con un figlio a carico minorenne. Più genericamente, si può uniformare la situazione delle famiglie con redditi prodotti entro i 15 mila euro, al netto degli oneri contributivi. A questo livello di reddito, la detrazione spettante con il precedente sistema delle detrazioni con un figlio a carico era di 741 euro. L’assegno per il nucleo familiare annuo (Anf), invece, era di 1.644 euro.

Isee fino a 15 mila euro, i vantaggi dell’assegno unico per i figli

Per chi nel 2022 dichiari un Isee fino a 15 mila euro, l’assegno unico familiare al mese è di 205 euro per un figlio a carico. Si percepirà anche il conguaglio mensile dell’assegno per il nucleo familiare annuo (Anf) pari a 7 euro. Il vantaggio con l’assegno unico ammonterà a 2.460 euro.

Isee, a quali bonus permette di accedere? La lista completa

L’Isee è un indicatore che rappresenta la base su cui vengono richiesti vari bonus. La lista completa di tutto ciò che si può portare a casa.

L’isee cos’è e come si richiede

L’isee è l’acronimo di l’indicatore della situazione economica equivalente. E’ uno strumento molto importante per conoscere la situazione economica di un nucleo famigliare. Tuttavia si compone di due elementi:

  • la dichiarazione sostitutiva unica (DSU) che contiene tutte le informazioni del nucleo familiare;
  • l’attestazione ISEE che invece indica il valore della situazione economica.

Dunque rappresenta una “fotografia” dei soggetti e dei redditi che compongono il nucleo famigliare. A redigerlo è il proprio commercialista, caf o padronato, a seguito delle informazioni fornite dallo stesso contribuente/richiedente. In base al valore che si ottiene su questo documento, è possibile fare richiesta per una serie di bonus.

Tutti i bonus che dipendono dall’Isee

Tutti i bonus, o quasi, che sono stati erogati dal Governo, dipendono dal valore dell’ISEE. Possiamo così riassumerli e poi approfondirli in seguito:

  • Reddito e pensione di cittadinanza;
  • Assegno unico universale per figli a carico;
  • Bonus affitto;
  • Bonus prima casa per i giovani under 36;
  • Esenzione dal ticket sanitario;
  • Bonus asilo nido;
  • Reddito di emergenza;
  • Bonus energia e bollette;
  • Riduzione delle tasse universitarie;
  • Bonus cultura, scuola e musica;
  • carta acquisti

Ovviamente alcuni li abbiamo raggruppati in quanto collegati o molto simili. Ma adesso è il caso di approfondirne qualcuno per maggiore completezza di informazione.

Isee, reddito e pensione di cittadinanza

Per accedere al reddito di cittadinanza occre avere un reddito familiare inferiore a 6 mila euro annuo. Mentre la soglia è di 7.560 euro ai fini dell’accesso alla pensione di cittadinanza. Inoltre se la famiglia paga una locazione mensile, la soglia è elevata a 9.360 euro.

Sia per i richiedenti il reddito che per la pensione di cittadinanza, oltre a quelli di valore ISEE, occorrono altri requisiti e sono:

  • avere la cittadinanza italiana o europea, ma anche avere avere la residenza nel nostro Paese da almeno di 10 anni, di cui gli ultimi due continuativi;
  • patrimonio immobiliare,diverso dalla prima casa, non superiore a 30 mila euro;
  • patrimonio mobiliare non superiore a 6 mila euro, che può essere incrementato in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare;
  • nessuno dei membri del nucleo familiare deve possedere autoveicoli di recente immatricolazione, autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc, navi, imbarcazioni di riporto e motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc.

Assegno unico universale e bonus asilo nido

L’assegno unico universale è concesso a tutte le famiglie che hanno dei figli a carico fino al compimento dei 21 anni. Le domande devono essere presentate entro il 28 febbraio, mentre l’accredito dovrebbe arrivare già dal mese di marzo. Ma se si dovesse presentare entro giugno, l’Inps garantisce che verranno accreditati anche gli arretrati.

Mentre l’importo che spetta per ogni figlio è pari a 176 euro al mese, ma cambia in base ad alcuni fattori. Ad esempio il valore dell’Isee dei genitori ed il numero di componenti della famiglia. Infatti per chi ha redditi elevati o non presenta l’ISEE gli spetterà un minimo pari a 50 euro. In particolare per i figli successivi al secondo si applica una maggiorazione che va da 85 euro per isee minori a 15 mila euro, oppure di 15 euro per valori reddituali superiori a 40 mila euro.

Invece il bonus asilo nido è una misura che spetta alle famiglie per pagare le rette degli asili nido per i figli. Gli importi previsti sono:

  1. 3.000 euro per le famiglie con reddito ISEE di valore non superiore a 25.000 euro. L’importo da erogare viene diviso in 11 rate da 272,72 ;
  2. gli importi sono ridotti a 2.500 euro per ISEE compreso tra 25.001 euro e 40.000 euro con rata mensile di 227,27 euro ;
  3. infine, la terza fascia beneficia di 1500 euro e viene applicata alle famiglie con reddito ISEE superiore a 40.000 euro i massimo erogabile ogni mese è di 136,37 euro.

Bonus prima casa under 36 e bonus affitto

I due requisiti base per accedere al Fondo Garanzia prima casa sono: avere meno di 36 anni ed in ISEE non superiore a 40.000 euro. Ma non solo gli under 36 che compreranno casa non dovranno più pagare l’imposta di registro, ipotecaria e catastale. Per accedere al credito occorre:

  • non essere proprietari di altri immobili in Italia;
  • l’immobile non deve essere di lusso (quindi da escludere A/1, A/8 ed A/9 come categorie catastali);
  • se si è titolari, anche per quote, di una abitazione nello stesso Comune di quella da acquistare, questa andrà ceduta entro 1 anno dal rogito. Bisogna quindi spostare la propria residenza entro 18 mesi dal rogito nel Comune ove si trova l’immobile da acquistare;
  • ISEE inferiore a 40.000 euro. L’agevolazione dovrebbe trovare applicazione anche all’acquisto compiuto da due persone comprese in due diversi ISEE i quali siano ciascuno di importo inferiore a 40.000 euro, ma insieme di importo superiore;
  • se uno degli acquirenti ha i requisiti e altro acquirente ne è invece privo, il beneficio si applica alla sola parte di valore imponibile riferibile all’acquirente dotato dei requisiti richiesti.

Mentre per accedere al bonus affitto la legge di bilancio definisce alcuni parametri che i contribuenti devono avere per poter accedere al bonus affitto giovani under 31. Inoltre occorre avere un’età compresa tra 20 e 31 anni non compiuti. Ma non solo vi è anche un limite sul reddito complessivo che non deve essere superiore a 15.493.71 euro.

Bonus energia, bollette, cultura e riduzione delle tasse universitarie

E’ previsto uno sconto per le famiglie aventi diritto sul totale dovuto per il pagamento delle bollette. L’agevolazione è prevista per:

  • nuclei con un ISEE inferiore a 8.265 euro annui;
  • i beneficiari del reddito o pensione di cittadinanza;
  • nuclei numerosi con un Isee di 20 mila euro e almeno 4 figli;
  • utenti che utilizzano apparecchiature elettromedicali per problemi legati alla salute.

Il bonus cultura è un buono del valore di 500 euro che può essere usato per andare al teatro, cinema, spettacoli musicali, acquisto libri e cultura in genere. Inoltre c’è anche un’agevolazione per gli studenti che vogliono fare un percorso di studi ed hanno un reddito basso. Presentando l’attestazione ISEE in corso di validità, esclusivamente per via telematica sul portale della Facoltà di appartenenza, è possibile ottenere una riduzione sulle tasse universitarie, che varia in base al regolamento di Ateneo e appunto in base al valore ISEE fino ad arrivare all’esonero totale dal pagamento delle rette.

Isee 2022 troppo alto perché entra il reddito di cittadinanza, ecco cosa dice l’Inps

Sembra un autentico paradosso quello che in questi giorni in cui i contribuenti stanno provvedendo a rinnovare l’Isee, si ritrovano. Nel presentare la nuova Dsu per il rinnovo dell’Isee, una volta ottenuta la certificazione, i beneficiari del reddito di cittadinanza nel 2020 si ritrovano gli importi di sussidio percepiti dentro il nuovo Isee.

La conseguenza è che l’Isee aumenta e c’è chi crede di rischiare di perdere il sussidio. Iniziamo con il dire che il rischio è infondato, perché lo ha già chiarito l’Inps. Ma ciò non vuol dire che le conseguenze non ci siano per chi si ritrova un trattamento assistenziale a tutti gli effetti come è il reddito di cittadinanza, dentro la componente reddituale dell’Isee.

Isee con dentro il reddito di cittadinanza 2020, a rischio quello 2022?

Parlare di paradosso per quello che diciamo non è azzardato. Infatti nell’Isee 2022, quello che molti cittadini hanno già ottenuto, compare nella componente reddituale, il reddito di cittadinanza incassato nel 2020.

Infatti l’Isee 2022 è collegato a redditi e patrimoni del 2020. Naturalmente con il reddito di cittadinanza incassato nel 2020, oggi i potenziali beneficiari dello stesso sussidio nel 2022, si troverebbero ad aver sforato i limiti e quindi ad esserne esclusi.

Ma l’Inps ha chiarito che questo non accadrà, dal momento che non è possibile che per via di un sussidio percepito anni addietro, si perda lo stesso sussidio nel presente e nel futuro.

Cosa ha detto l’Inps

Il reddito di cittadinanza percepito nel secondo anno precedente la nuova DSU non incide sulla nuova prestazione di Reddito di cittadinanza. Questo ciò che l’Inps ha confermato.

E quindi, nessun rischio di perdere il sussidio, anche perché sia l’Isee, che le domande del reddito di cittadinanza vanno presentate all’Inps che è anche l’Ente che eroga i soldi del reddito di cittadinanza.

Le prestazioni di natura analoga non possono andare ad incidere negativamente l’una sull’altra, questo ciò che l’Inps sostiene e precisa a tutti gli effetti. In pratica l’Inps andrà a togliere dal valore del nuovo Isee quanto i beneficiari del reddito di cittadinanza hanno percepito di ricarica in ricarica nel 2020. Ma non è solo il reddito di cittadinanza ad essere prima calcolato e poi scorporato in sede di concessione del sussidio. La stessa sorte tocca per esempio al Reddito di Inclusione e a qualsiasi altra misura di carattere simile magari erogata dalle Regioni o dai Comuni.

Ma le altre prestazioni sono a rischio

Nessun rischio per il reddito di cittadinanza, ma ciò non vuol dire che non ci saranno conseguenze per i beneficiari del sussidio. Sono innumerevoli le agevolazioni e i bonus che possono essere fruiti da famiglie in condizioni di disagio reddituale e sociale che poi sono alcune delle condizioni utili a percepire il reddito di cittadinanza stesso.

Spesso vengono erogati da Enti diversi dall’Inps ed è evidente che la situazione reddituale che comprende i soldi del reddito di cittadinanza può a ragione essere considerata un rischio tale da non ammettere questi soggetti dentro le altre agevolazioni.

L’anomalia, anche se l’Inps non lo considera un problema, potrebbe diventarlo.

Isee genitore assente: quando è possibile anche senza l’ex coniuge

L’Isee ormai è diventato un certificato diffuso a tutte le famiglie, anche a quelle che magari fino allo scorso anno non erano interessate ad ottenerlo. L’avvento dell’assegno unico per i figli, impone questo adempimento ormai a tutte le famiglie.

Per evitare di prendere la quota minima da 50 euro a figlio fino a 21 anni di età, come prevede l’assegno unico universale per i figli, occorre avere un Isee in corso di validità. Anche perché l’assegno andrà a sostituire detrazioni per figli a carico, assegni familiari e tutte le altre misure di welfare per le famiglie fino ad oggi fruibili. E quindi 50 euro non bastano a sanare l’ammanco. Fatta questa premessa per capire l’importanza ormai diffusa di uno strumento che fino a ieri era utile solo a chi aveva interesse a richiedere prestazioni assistenziali, bonus e agevolazioni, vediamo di capire come fare ad ottenere l’Isee in quelle famiglie dove oggettivamente ci possono essere delle difficoltà.

Parliamo per esempio, delle famiglie con genitori separati e reciprocamente dispettosi. La legge prevede che l’Isee rispecchi la situazione familiare. Quindi l’Isee solo del genitore con cui stanno i figli, non è possibile. Come si fa se l’altro genitore è assente o se non vuole consegnare i documenti all’altro per completare l’Isee?

Isee genitori divorziati e separati, alcuni chiarimenti

Il genitore che sia separato o divorziato non va indicato nell’Isee. Infatti non avendo la residenza con ex coniuge e figli, non è necessario che si indichino nella DSU i suoi dati reddituali. Infatti quando si va a compilare la Dichiarazione Sostitutiva Unica, l’Inps ammette questa fattispecie di situazione potendo indicare la presenza di un unico genitore. Questo però se il genitore non convivente ha contratto nuovo matrimonio.

Infatti se l’ex coniuge non ha un’altra famiglia, questi entra nell’Isee dei figli pur non essendo con loro convivente. Naturalmente se non esiste sentenza di divorzio.

L’Isee in questione viene definito Isee minorenni perché utile alle prestazioni rivolte ai figli al di sotto dei 18 anni di età. Entrambi i genitori devono comparire nell’Isee dei figli (il non convivente come componente aggiuntiva), tranne che nei casi di sentenze dei Tribunali che prevedono assegni di mantenimento.

L’Inps così facendo elimina la potenziale anomalia di un doppio inserimento del genitore non convivente che comparirebbe nell’Isee sia per il mantenimento erogato, il cui inserimento nella DSU è in capo all’altro coniuge, che con i suoi redditi.

Al riguardo va detto che i genitori separati non fanno parte dello stesso nucleo familiare e non devono presentare insieme la Dsu nei seguenti casi:

  • Separazione legale;
  • È stata pronunciata nullità di matrimonio (anche se c’è una semplice ordinanza ma manca ancora la sentenza definitiva);
  • Provvedimento giudiziario, anche temporaneo che permette una diversa residenza;
  • Al venire meno della patria potestà sui figli;
  • Divorzio;
  • Abbandono del coniuge.

L’ex coniuge non vuole fornire i documenti all’altro

Il caso spinoso è quello in cui è necessario inserire anche l’ex coniuge nella DSU e quindi nell’Isee. Un ex coniuge che per dispetto o per qualsiasi altro motivo nega i documenti utili all’altro. Come è noto per poter ottenere l’Isee occorre presentare la DSU e tutta una serie di documenti a corredo dell’istanza. Tra questi, i redditi e i patrimoni di tutti i componenti la famiglia richiedente.

Per i patrimoni servono saldo e giacenza media dei conti correnti bancari, postali, dei buoni fruttiferi, dei libretti e di qualsiasi altra forma di risparmio o detenzione di soldi negli istituti di credito.

Documenti che solo l’intestatario può recuperare o chi per lui è delegato ufficialmente. Nel caso del genitore separato, dovrebbe essere lui stesso a fornire questi documenti all’altro coniuge. Così come deve fornire i suoi dati reddituali, da 730, Modello Redditi PF o CU.

Tutte operazioni impossibili da effettuare se ci si trova muro contro muro. E se non si completa l’iter per ottenere l’Isee, il rischio di perdere l’assegno universale sui figli (o perdere parte dell’assegno visto che senza Isee spetterebbero 50 euro al mese a figlio) e tutte le altre prestazioni che è possibile richiedere per la prole con l’Isee minorenni, è assai probabile.

A mali estremi soluzioni estreme, anche per ottenere l’Isee

Il genitore che nega tutto ciò per fare dispetto all’ex coniuge con cui i figli vivono, fa un torto agli stessi figli. Ma ci sono anche altri aspetti diversi dalla semplice negligenza, superficialità o assenza di un genitore.

Il non convivente, magari ai ferri corti con l’ex coniuge, potrebbe non voler far vedere, legittimamente, all’altro, le dotazioni bancarie, i propri redditi e qualsiasi altro dato che più personale di così non si può. Quando si arriva ai ferri corti, come si dice in questi casi, tutto è lecito. L’unica soluzione per ovviare a questo è l’eliminazione della patria potestà. Una soluzione estrema questa, ma a volte l’unica percorribile.

Cos’è la patria potestà

Con la patria potestà vengono sanciti degli obblighi per un genitore rispetto ai figli. E parliamo di obblighi ulteriori rispetto a quelli canonici che sono:

  • Sostentare economicamente i figli;
  • Provvedere all’istruzione dei figli;
  • Fornire una dimora stabile ai figli;
  • Permettere ai figli una vita dignitosa;
  • Rappresentare la prole davanti alla legge.

Il venire meno ad alcuni obblighi da parte di un genitore, può portare alla revoca di questo diritto/dovere che è la patria potestà.

Nel caso in cui al venire meno di alcuni obblighi al genitore non convivente vengano tolti i diritti relativi alla patria potestà, l’altro genitore può richiedere l’Isee senza problemi.

Si tratta comunque di un adempimento complicato a carico di quel genitore che vorrebbe far togliere all’altro questa patria potestà. Occorre rivolgersi ad un giudice. E va sottolineato che, in base alle statistiche, un giudice leva la patria potestà ad un genitore quando:

  • I genitori abusano del loro ruolo;
  • I figli vengono trascurati;
  • I figli vengono abbandonati;
  • I genitori non mantengono i figli;
  • Violenza di qualsiasi genere;
  • I genitori non forniscono ai figli gli elementi utili ad una vita dignitosa;
  • Maltrattamenti.

Naturalmente molto dipende da cosa decide il giudice e da ogni singola situazione. Infatti il negare la possibilità di poter ottenere l’Isee non è di per sé una situazione che può essere la base su cui cercare di eliminare la patria potestà ad un genitore. Bisogna vedere se le prestazioni che vengono meno senza Isee incidono sulla vita dei figli per esempio, ed anche in che misura incidono.

Contributo per genitori con figli con disabilità: via alle domande. Guida

L’INPS con il messaggio 471 del 2022, pubblicato il 31 gennaio 2022, rende noto che dal primo febbraio è possibile inoltrare le domande per ottenere il contributo per genitori con figli con disabilità che siano monoreddito oppure non abbiano reddito.

Contributo per genitori con figli con disabilità: dal 1° febbraio via libera alle domande

Il contributo per famiglie con disabili è previsto dall’articolo 1, commi 365 e 366, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021) ed è rivolto ai nuclei familiari in cui sia presente una persona con una percentuale di invalidità riconosciuta almeno del 60%. Tale beneficio è rivolto però alle famiglie con disabili che si trovano in particolari condizioni di reddito, cioè con genitore disoccupato oppure famiglia monoreddito che percepisca un reddito inferiore a 8.145 euro annuali se lavoratore dipendente e 4.800 euro se autonomo. Viene naturalmente riconosciuto anche alle famiglie in cui sia presente un unico genitore.

Affinché si possa ottenere questo aiuto sono però necessari anche ulteriori requisiti, in particolare il genitore che presenta la domanda deve:

  • essere residente in Italia;
  • avere un ISEE di valore non superiore a 3.000 euro (abbiamo quindi il doppio requisito, reddito e ISEE);
  • avere uno o più figli a carico con una disabilità non inferiore al 60%. Si considera come figlio a carico colui che, se inferiore a 24 anni ha un reddito non superiore a 4.000 euro e se di età superiore a 24 anni ha un reddito non superiore a 2.840,51 euro. Ricordiamo che coloro che hanno ottenuto il riconoscimeto della disabilità possono comunque lavorare e di conseguenza avere un reddito.

A quanto ammonta il contributo per famiglie con disabili?

L’ammontare del contributo dipende dal numero di figli con disabilità presenti in famiglia. Nel caso in cui ci sia un solo figlio disabile l’importo è di 150 euro al mese. Se in famiglia ci sono due disabili l’importo è di 300 euro, per famiglie con più di due disabili, si potranno percepire 500 euro mensili.

Come si può notare la percentuale di disabilità che permette di maturare il diritto a percepire il contributo per genitori con figli con disabilità è del 60%, cioè molto più bassa rispetto a quella richiesta per poter accedere all’indennità di invalidità.

Questo beneficio può essere cumulato con altri strumenti del welfare, ad esempio è compatibile con la percezione del reddito di cittadinanza. Un altro dettaglio molto rilevante è dato dal fatto che le domande possono essere presentate dal primo febbraio 2022, ma in realtà il contributo per famiglie con disabili è previsto per il triennio 2021-2023, quindi una volta inoltrata la domanda, seguendo la procedura che a breve vedremo, si potranno ottenere anche gli arretrati del 2021 e dei primi mesi del 2022. Questa operazione può essere eseguita spuntando semplicemente la voce “Dichiaro di voler presentare domanda anche per l’anno 2021”.

Come inoltrare la domanda?

La prima cosa da fare è collegarsi al sito dell’INPS e accedere con le proprie credenziali, cioè SPID, CIE o CNS. A questo punto è necessario andare alla voce “Prestazioni e servizi”. Da qui si deve raggiungere la voce “Contributo genitori con figli con disabilità”. Per poter inoltrare a domanda è necessario inserire i dati del figlio disabile per il quale si chiede il contributo in favore di famiglie con disabili e monoreddito o monoparentale e il codice IBAN dove effettuare l’accredito. La domanda deve essere presentata una volta l’anno e quest’anno deve essere presentata anche per ricevere gli arretrati maturati dal 1° gennaio 2022.

La domanda può essere inoltrata anche attraverso i patronati, gli stessi entrano nella pagina INPS e possono accedere alla piattaforma per l’inoltro attraverso la voce “Portale dei Patronati” .

Una volta inoltrata la domanda, la ricevuta della stessa è disponibile alla voce “Ricevute e provvedimenti” con il relativo numero di protocollo. Si dovrà quindi attendere l’esito dell’istruttoria. L’INPS fa sapere che ci sarà una seconda comunicazioen avente ad oggetto le modalità di riscossione degli importi e degli arretrati.

Reddito di cittadinanza: quando Isee e comunicazioni lo fanno decadere

Tutti i beneficiari del reddito di cittadinanza, o chi si accinge a richiederlo una prima volta, devono effettuare un primo passaggio che è identico per tutti.

Si tratta dell’Isee. Tutti indistintamente devono richiedere la certificazione, rilasciando la Dichiarazione Sostitutiva Unica.

Nuova DSU significa nuovo Isee, e soprattutto per chi è già beneficiario del reddito di cittadinanza, questo significa che la misura viene di fatto messa in discussione, sia come diritto che come importi.

Nuovo Isee per reddito di cittadinanza

Il possesso di un Isee in corso di validità è obbligatorio per permettere all’Inps di attuare due diverse azioni. La prima è la verifica del diritto a percepire la misura. La seconda è la rivisitazione degli importi.

Il nuovo Isee è parametrato a redditi e patrimoni del nucleo familiare al 31 dicembre 2020. Se qualcosa è cambiato tea 2019 e 2020, evidente che per qualcuno ci sarà il rischio di prendere di meno. Per altri invece c’è il rischio di non prenderlo proprio.

Per questo, per il reddito di cittadinanza rinnovare l’Isee non basta per continuare a percepirlo.  Occorre fare attenzione a eventuali, sopraggiunte, differenze rispetto alla DSU 2021. Se le differenze reddituali e patrimoniali possono, come è naturale che sia, produrre delle differenze di Isee a tal punto da far perdere il diritto perché vengono superate le soglie di accesso alla misura stessa, ci sono altri parametri da considerare.

Reddito di cittadinanza e Isee, cosa accade se cambia il nucleo familiare?

Quando si parla di nucleo familiare che varia, si fa riferimento a due situazioni distinte. Può capitare che il nucleo familiare si riduca, per un figlio che esce fuori perché si sposa, per il nonno che muore e così via. Ma può captare il contrario, con una nascita, un rientro in famiglia e per qualsiasi altro motivo.

Per chi percepisce il reddito di cittadinanza non c’è solo l’obbligo di rinnovare l’Isee. Ogni variazione che rischia di incidere su importo e diritto al sussidio, va comunicata all’Inps. Una delle variazioni più frequenti è quella di cui trattiamo oggi, cioè il caso di una variazione nel nucleo familiare.

Al verificarsi di una variazione del nucleo familiare rispetto a quanto indicato nell’ultima DSU sul beneficiario del reddito di cittadinanza ricade l’obbligo di informare l’Inps. Ed occorre provvedere a questo obbligo entro due mesi dalla variazione. Senza adempiere a questo obbligo c’è il rischio di decadere dal beneficio del sussidio stesso.

Ma occorre prestare attenzione a che genere di dichiarazione inviare. Infatti se non si tratta di variazioni relative a decessi o nascite che incidono sul numero dei componenti il nucleo familiare, occorre andare a presentare una nuova domanda di reddito di cittadinanza.

La motivazione principale di questi adempimenti è che il nucleo familiare variato, non può continuare a percepire il sussidio senza rendere l’Inps edotto di queste variazioni. Soprattutto perché il nucleo familiare incide sull’Isee e di conseguenza anche sul diritto e sulla misura del reddito di cittadinanza.

Cosa accade oggi con queste variazioni significative che i beneficiari del Rdc non comunicano

A dire il vero la macchina dei controlli Inps non è virtuosa in questo senso. Ne è la dimostrazione il fatto che non abbiamo grandi segnalazioni di soggetti che non comunicando le variazioni del nucleo familiare hanno perduto il beneficio. Capita spesso che una famiglia continua a percepire il sussidio nella stessa misura di sempre nonostante la  variazione che poi viene prodotta e incide sul beneficio, solo l’anno successivo, al rinnovo della DSU e con il nuovo Isee.

La perdita del beneficio si materializza solo l’anno successivo, quando l’Inps scoprirà la variazione del nucleo familiare sopraggiunta per motivi diversi da decessi o nascite. In questo caso come detto, occorre una nuova domanda di reddito di cittadinanza (ma vale pure per la pensione di cittadinanza). L’Inps quindi blocca il sussidio e il beneficiario deve produrre nuova istanza.

Occhi puntati alle classiche differenze economiche del nucleo familiare

Che vari la composizione del nucleo familiare o meno, un fattore da tenere in considerazione è quello reddituale. Infatti redditi, ma anche patrimoni, vanno indicati per tutti i componenti della famiglia che ne hanno. Se cambia il nucleo familiare è evidente che cambiano anche questi dati.

I nuovi redditi possono andare ad incidere sulla soglia Isee utile a rientrare nella misura, che resta sempre pari a 9.360 euro. Ma anche restando al di sotto di questa soglia, occorre tenere a mente che ci sono altri parametri utili a fruire del reddito di cittadinanza. L’Indicatore della situazione reddituale di una famiglia è altrettanto importante. Se si migliora di gran lunga rispetto all’Isee precedente, il valore dell’ISR, anche questo può portare alla decadenza dal beneficio.

E il reddito familiare di 6.000 euro, aumentato per la scala di equivalenza ed aumentato in base al numero dei componenti la famiglia stessa ma anche dal numero di soggetti invalidi presenti, va sempre tenuto inconsiderazione per poter continuare a percepire il sussidio.

Come uscire dall’Isee familiare abbassando il proprio

L’Isee ormai è un documento o certificato, che riguarda tutte le famiglie o quasi. Se fino a ieri si trattava di un certificato utile a chi doveva chiedere prestazioni, servizi o agevolazioni, adesso riguarda anche famiglie che devono semplicemente richiedere l’assegno unico sui figli a carico.

Infatti la misura universale che sostituisce detrazioni, assegni familiari e altri benefit relativi al welfare per le famiglie, richiede l’Isee. Non per la sua erogazione, perché anche senza Isee si può lo stesso percepire l’assegno, ma per quanto riguarda gli importi, che sono collegati proprio all’Indicatore della Situazione Economica Equivalente del nucleo familiare.

Questa debita premessa serve per stabilire l’importanza dell’Isee. Per esempio, l’assegno universale varia in base all’Isee, così come varia il reddito di cittadinanza. E con Isee troppo alto, si può uscire fuori dal perimetro dei beneficiari delle riduzioni delle tasse universitarie, della riduzione della mensa scolastica e di tanti altri benefici previsti dalla normativa assistenziale italiana.

Ma si può abbassare l’Isee? La risposta è affermativa, ma probabilmente l’unica via lecita per farlo è il ridurre o aumentare la composizione del nucleo familiare. Tutte le altre fantomatiche vie possibili per abbassare la soglia dell’Isee sono illecite o quasi.

Abbassare un Isee, le vie possibili tra lecite ed illecite

Partiamo dalla considerazione che abbassare l’Isee eludendo un reddito, celando un patrimonio, o dichiarando il falso espone a sanzioni e rischi non certo bassi. Senza considerare che se per il tramite dell’Isee si recuperano prestazioni assistenziali o bonus, si entra nel campo di un vero e proprio reato che è la truffa ai danni dello Stato o la fruizione indebita di aiuti di Stato.

Non si scherza quindi. Anche se ormai queste pratiche sono abbastanza rare e difficili da mettere in pratica. Questo per via delle banche dati e degli incroci che ormai hanno fatto diventare un “Grande Fratello” tutta la posizione economica, reddituale e patrimoniale di un contribuente.

Difficile nascondere un reddito quindi. Forse più semplice farlo con un patrimonio, spostando dei soldi donandoli ad un figlio magari. Più facile e lecito invece, intervenire sui nuclei familiari, aumentandoli o diminuendoli per abbassare un Isee.

Infatti anche la composizione di un nucleo familiare incide sugli Isee di una famiglia. Ogni componente incide con i suoi patrimoni e i suoi redditi e fa ad influire sulla scala di equivalenza fissata per calcolare l’indicatore.

Evidente che eliminare da un nucleo familiare un soggetto che apporta consistenti redditi o patrimoni, serve per abbassare l’Isee. Ma inserire nel nucleo familiare un soggetto privo di redditi e patrimoni ha lo stesso effetto.

Come uscire da un nucleo familiare

Più persone compongono la famiglia, più si abbassa l’Indicatore della situazione economica equivalente, ma è altrettanto vero che se queste persone hanno redditi propri e patrimoni altrettanto propri elevati, l’Isee di contro si alza. Occorre fare bene i conti quindi.

Un modo per abbassare l’indicatore è rivedere la composizione del nucleo familiare.  Avete un figlio che lavora e ha redditi? Se avete la possibilità meglio “cacciarlo “ di casa, usando un eufemismo. Se c’è la possibilità di cambiare la sua residenza, magari in un’altra casa, meglio farlo perché così si porta via anche i suoi redditi ed i suoi patrimoni.

Certo, occorre fare bene tutte le considerazioni, dal momento che il tutto viene fatto presentando una DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) che fa riferimento a redditi e patrimoni del 2020, cioè di due anni prima. Ed anche l’utilizzo dell’Isee corrente (per rapportare la situazione di una famiglia più vicina alla realtà del momento),deve seguire precise tempistiche. Non si può ottenere l’Isee corrente da un giorno all’altro, solo spostando un figlio nella seconda casa del nucleo.

CI sono regole che vanno meglio conosciute per procedere a questi cambiamenti. Un figlio con meno di 26 anni di età, se non ha redditi tali da essere indipendente, anche con residenza diversa finisce nello stesso nucleo familiare dei genitori. Ma in questo caso, non avendo redditi, è utile averlo nell’Isee, perché essendo non autosufficiente abbassa l’Isee.

Bonus 2022 senza Isee, ecco quali sono

Bonus 2022 senza Isee, come ottenerli e a chi spettano, ecco quali sono e tutto ciò che c’è da sapere in merito alla questione.

Bonus senza Isee 2022, vediamo quali sono

Stando alla nuova legge di bilancio sono state riconfermate diverse agevolazioni fiscali; nello specifico, andiamo a vedere quali sono i bonus senza Isee disponibili in questo 2022. A chi spettano e come ottenerli: ecco tutte le regole da conoscere e le indicazioni da seguire.

Come detto poco sopra, all’interno della nuova legge di bilancio sono stati riconfermati diversi bonus per il sostegno degli italiani. Tra questi bonus ve ne sono alcuni per i quali non è necessario presentare la propria dichiarazione Isee per poterne beneficiare. Ecco quali sono e a chi spettano.

  • l’ assegno unico, entrato in vigore all’inizio di quest’anno per sostituire i precedenti sussidi per la famiglia e che consiste in un sostegno riservato ai genitori con figli a carico dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età.
  • il bonus nido emesso dall’Inps su domanda del genitore e, quindi destinato a rimborsare le spese sostenute per l’iscrizione e le rette degli asili dei propri figli. Va detto che il bonus asilo nido viene riconosciuto alle famiglie con figli non oltre i 3 anni di età.
  • l’ecobonus moto e scooter, che sarà disponibile fino ad esaurimento fondi;
  • il bonus cultura, ovvero 500 euro che sono spendibili dai diciottenni per acquistare musica, libri, biglietti per cinema e teatro e simili;
  • la carta docente, ovvero un bonus di 500 euro per tutti i docenti di ruolo da spendere in formazione.

Questi sono i bonus sostanziali di cui si può usufruire con la nuova legge di bilancio del 2022.

Bonus senza Isee per la casa

Ad aggiungere ai bonus sopra elencati c’è, però, anche il bonus per la casa. Andiamo a vedere in rapida successione quali sono nello specifico le categorie per il bonus spendibili per la propria casa.

  • il Superbonus 110%;
  • il bonus verde per gli interventi di rinnovo di aree verdi, giardini e balconi;
  • bonus mobili: una detrazione Irpef del 50% sulle spese per l’acquisto di elettrodomestici di classe A+ o superiore e mobili destinati ad un immobile in ristrutturazione;
  • bonus tv: uno sconto del 20% sul prezzo d’acquisto di un televisore nuovo, fino a un importo massimo di 100 euro;
  • il bonus acqua potabile.

Questo è quanto di più utile ed essenziale in merito ai bonus senza Isee 2022.

Leggi anche:Come abbassare l’ISEE legalmente: le 3 mosse da fare