Caro bollette: il ministro Giorgetti conferma gli aiuti, con qualche novità

Il 31 marzo 2023 sono in scadenza le misure per il contrasto agli aumenti energetici, in attesa del nuovo decreto, il ministro Giorgetti conferma le misure già adottate. Ecco di cosa potranno usufruire le famiglie contro il caro bollette.

Caro bollette: estese le tutele per le famiglie

Molti erano in apprensione, infatti con la riduzione del costo dei prodotti energetici, tariffe luce e gas in discesa anche nel secondo trimestre dell’anno, molti temevano che il governo non intendesse confermare i benefici previsti nei mesi precedenti. Il rischio era ritrovarsi di nuovo una bolletta elevata a causa del ritorno degli oneri di sistema sulla fattura della luce e dell’Iva sul gas.

Il ministro Giorgetti ha invece confermato le misure finora intraprese. In sintesi per le famiglie:

  • confermata l’Iva al 5% sul gas;
  • sarà ancora disponibile il bonus sociale per le famiglie con Isee inferiore a 15.000 euro (ricordiamo che lo stesso viene riconosciuto in modo automatico con la presentazione del modello DSU).

Non è ancora chiaro, purtroppo, se il Governo intenda procedere anche nel successivo decreto alla conferma dell’azzeramento degli oneri di sistema. Purtroppo per gli italiani un eventuale ripristino di questa voce in bolletta vorrebbe dire che non si avvertirebbero più gli effetti del calo del prezzo dell’energia perché questi sarebbero completamente compensati dagli oneri di sistema. Anzi, secondo l’associazione dei consumatori Assoutenti potrebbe generarsi un effetto ancora deteriore, cioè una bolletta più alta rispetto a quella ricevuta nei mesi passati. Ricordiamo che le nuove tariffe in calo avranno i loro effetti soprattutto sui clienti del Servizio Elettrico Nazionale.

Imprese: cambia la normativa contro il caro bollette

Delle agevolazioni ci saranno anche per le imprese, ma in questo caso non si tratterà di conferma delle precedenti, ma una rimodulazione dei crediti di imposta previsti in precedenza. In questo modo sarà possibile avere degli aiuti flessibili in grado di adattarsi all’andamento dei prezzi che, come abbiamo già sottolineato, sono in discesa.

Le novità non finiscono qui, infatti è allo studio del Governo un provvedimento destinato ad entrare in vigore dal 1° ottobre 2023, cioè con l’inizio dell’anno termico e che mira a rimborsare una quota del prezzo del riscaldamento attraverso la bolletta della luce elettrica. Sui questo provvedimento non è dato per ora sapere di più.

Riforma fiscale e concordato preventivo biennale: a chi si applica e come funziona

Tra le misure che rientrano nella proposta di riforma fiscale, vi è il concordato preventivo biennale, da considerare come uno strumento volto a migliorare i rapporti tra Fisco e contribuente e ridurre l’evasione fiscale. Ecco le principali novità introdotte.

Cos’è il concordato preventivo biennale

Il concordato preventivo è un accordo tra il Fisco e il contribuente che prevede di fissare per due anni la base imponibile, in questo modo il contribuente sa già quante tasse dovrà versare per due anni. Non si applicherà a tutti i contribuenti, ma solo a titolari di reddito di impresa e lavoratori autonomi che abbiano un fatturato non particolarmente importante.

La ratio dell’introduzione del concordato preventivo biennale risiede nel fatto che in Italia vi è un elevato livello di evasione fiscale, favorita dall’impossibilità di eseguire accertamenti fiscali su tutti i contribuenti. Attualmente, come dichiara il vice ministro all’Economia, solo il 2-2,5% delle dichiarazioni sono sottoposte a controlli. Con il concordato preventivo c’è un accordo tra le parti sulla tassazione da applicare che esclude un’ampia fetta di contribuenti dalla necessità di essere sottoposti a controlli.

La nuova riforma prevede che l’Agenzia delle Entrate in base ai dati in suo possesso basati su fatturazione elettronica e altri elementi in suo possesso, determina una base imponibile fissa per due anni, questa corrisponde alle potenzialità delle attività che accedono a questa modalità di calcolo delle imposte. Con tale metodo di calcolo della base imponibile, il contribuente sarà chiamato a versare per due anni successivi le stesse imposte sui redditi e Irap. Restano immutati nei due anni anche i contributi previdenziali da versare. Sfugge a tale modalità di calcolo l’Iva.

Vantaggi e svantaggi del concordato

Naturalmente un professionista, lavoratore autonomo, piccolo imprenditore, nell’arco di due anni può avere delle variazioni di reddito e non è detto che le stesse siano in aumento, elemento che porterebbe con il concordato preventivo biennale a un risparmio di imposta. Può capitare, e spesso capita, che vi siano delle fluttuazioni di entrate verso il basso, questo implica che vi è il rischio che il contribuente paghi più di quanto effettivamente dovuto.

Il testo della bozza sottolinea inoltre “fermi restando gli obblighi contabili e dichiarativi. Ciò implica che non vi è il risparmio dovuto al non adempimento di tutti quegli oneri burocratici che fanno perdere tempo e che alla fine implicano un esborso di denaro dovuto alla necessità di rivolgersi a professionisti.

Deve però essere sottolineato che il contribuente è libero di aderire o meno al concordato preventivo. Tenderà a farlo nel momento in cui ritiene che nell’arco di due anni possa esservi una buona crescita e quindi si possa generare un vantaggio fiscale. Purtroppo non sempre è semplice fare tali previsioni in modo adeguato.

La bozza della riforma fiscale prevede anche ipotesi di decadenza dal concordato preventivo biennale. Ciò si verifica nel caso in cui dai controlli emerga che negli anni antecedenti rispetto a quello in cui il contribuente ha aderito al concordato, non sono stati adeguatamente documentati ricavi e compensi. Sono però previste delle soglie, quindi se la discordanza è minima non si decade.

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Iva sul pellet: ridotta al 10% dal 1° gennaio, ma fino a quando?

La legge di bilancio 2023 prevede la riduzione dell’Iva sul pellet, ma purtroppo non si tratta di una misura strutturale. Ecco cosa dice la legge di bilancio 2023.

Iva sul pellet: sospiro di sollievo per i consumatori

Il pellet è uno dei combustibili maggiormente apprezzati dagli italiani, abbiamo però scarsa produzione e questo obbliga ad importare i prodotti. Negli ultimi tempi il pellet è andato incontro a forti rincari e questo ha determinato anche un aumento dell’Iva da versare che viene calcolata sul prezzo finale. Il pellet nella vendita prestagionale (agosto/settembre 2022) costava in media 10 euro al sacchetto, nelle ultime settimane ha abbondantemente superato la quota 12 euro al sacchetto. Naturalmente i prezzi possono leggermente variare in base alla qualità, al marchio e alle politiche aziendali. Chi non ha spazio per fare scorte ha scontato i maggiori rincari.

Si è quindi generato un extra-gettito fiscale per lo Stato, ma per i contribuenti si è creato anche un esborso particolarmente importante. Proprio per questo motivo all’ultimo momento nella legge di bilancio è stato inserito l’emendamento che prevede la riduzione dell’Iva sul pellet dal 22% al 10%. A determinare questa modifica è il comma 73, dell’articolo 1 della legge di bilancio 2023 che recita: In deroga al numero 98) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per l’anno 2023 i pellet di cui al medesimo numero 98) sono soggetti all’imposta sul valore aggiunto con l’aliquota del 10 per cento.

Fino a quando l’Iva sul pellet sarà ridotta al 10%?

Si tratta però di una buona notizia solo a metà. Chi nel tentativo di risparmiare ha fatto scorta di pellet per tutto l’inverno non potrà ottenere vantaggi dalla riduzione dell’Iva sul pellet, mentre per tutti c’è la brutta notizia che questo particolare sconto potrà essere applicato solo per il 2023, non si tratta quindi di una misura strutturale, come molti auspicavano, quindi con molta probabilità il pellet dal 2024 ricomincerà ad avere l’Iva al 22%, percentuale che incide in modo davvero apprezzabile sul prezzo finale. Chi acquista il pre-stagionale ad agosto/settembre facendo scorte potrà sicuramente avere un buon vantaggio.

Questa scelta è un po’ fuori rispetto alle aspettative perché l’Italia all’interno dell’Unione Europea è uno dei Paesi con aliquota Iva sul pellet più alta. Anche prendendo come punto di riferimento la tassazione Iva alla legna da riscaldamento l’effetto è simile, infatti questa sconta un’aliquota minore. Inoltre in Italia fino al 2015 l’Iva sul pellet era già al 10% e in questo caso si trattava di un’aliquota strutturale non straordinaria applicata per breve periodo. Proprio per questi motivi sono in tanti a sperare che la scelta del Governo possa essere rivista entro l’anno in modo da rendere l’aliquota al 10% fissa.

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A ciò deve essere aggiunto che non è detto che gli effetti si possano vedere a breve sugli scaffali, infatti i venditori potrebbero anche decidere di aumentare il loro guadagno a scapito dei consumatori soprattutto nel caso in cui abbiano scorte in magazzino derivanti da ordini del 2022. Vedremo nei prossimi giorni quali effetti si verificheranno.

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Manovra finanziaria: tutte le misure in breve, sigarette, carburanti, benzina, pace fiscale

La manovra finanziaria appena varata e inviata alla Commissione Europea porta numerose novità, alcune sono state trattate sinteticamente, altre invece ancora no. Ecco una breve sintesi su tutte le novità della manovra finanziaria.

La sintesi di tutte le misure della manovra finanziaria

  • – Taglio delle accise sui carburanti: non sarà più di 30,5 centesimi, ma scende a 18,3 centesimi, dal 1° dicembre il carburante aumenta di 12,2 centesimi;
  •  aumento del prezzo delle sigarette, in media un pacchetto da 20 sigarette costerà circa 20 centesimi in più;
  • criptovalute, diminuzione della tassazione;
  • pensioni, arriva Quota 103 e sono modificati i criteri per accedere a Opzione donna;
  • riduzione Iva su assorbenti al 5%;
  • riduzione Iva prodotti per l’infanzia al 5% (pannolini, seggioloni auto, biberon, omogeneizzati);
  • reddito di cittadinanza, restrizioni dei percettori occupabili che potranno fruirne solo per 8 mesi e non 12 ( dal 2024 totale riforma);
  • superbonus al 90% con riapertura dei termini per le unifamiliari in base al quoziente familiare;
  • aumenta a 15.000 euro l’Isee per accedere al bonus energia (sconto in bolletta);
  • aumenta il credito di imposta in favore delle imprese energivore;
  • incentivi per chi assume donne under 36 e percettori di reddito di cittadinanza;
  • Rivalutazione della pensione minima al 120%;
  • proroga dei termini per applicazione sugar tax e plastic tax;
  • proroga dei termini per l’aumento delle sanzioni per le violazioni al Codice della Strada;
  • pace fiscale, cancellazione delle cartelle esattoriali fino a 1.000 euro per le cartelle affidate all’agente di riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015;
  • aumento tassazione degli extra profitti, passa dal 25% al 35%;
  • aiuti alle Marche colpite dall’alluvione recente;
  • flat tax applicata fino a 85.000 euro;
  • commercio, cade l’obbligo di accettare i pagamenti con il Pos per importi inferiori a 30 euro ( già nei mesi scorsi erano caduti alcuni obblighi per i tabaccai);
  • aumento limite all’uso del contante fino a 5.000 euro;
  • istituito fondo di 500.000 euro per la social card destinata alle famiglie con reddito inferiore a 20.000 euro e utilizzabile per acquisto beni di prima necessità;
  • maggiorazione per l’assegno unico;
  • agevolazioni per l’acquisto della prima casa;
  • ripristinato il fondo per le scuole paritarie;
  • riattivazione della società Ponte-Stretto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina;
  • detassazione delle mance ricevute dal personale impiegato nel settore ricettivo;
  • detassazione premi di produttività;
  • taglio del cuneo fiscale;
  • rifinanziamento  bonus decoder.

Salta invece l’ipotesi della Amazon tax o tassa verde che era stata ipotizzata. Ricordiamo che l’iter di approvazione della manovra finanziaria non è terminato, spetta ora al Parlamento l’ultima parola e non è detto che vi siano delle modifiche ulteriori.

Taglio dell’Iva nella manovra finanziaria. Quanto si risparmia?

La manovra di bilancio porta il taglio dell’Iva su alcuni prodotti di largo consumo, ecco su quali prodotti il prezzo subirà una diminuzione per effetto della riduzione Iva dal 10% al 5% e in alcuni casi dal 22% al 5%.

Taglio dell’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia e tampon tax

L’Iva è una voce che incide in modo importante sul prezzo dei prodotti. Naturalmente l’importanza dipende dall’aliquota applicata, inizialmente si parlava di eliminare l’Iva sui beni di prima necessità come pane, pasta, farina, latte, cioè prodotti sui quali l’Iva si applica al 4%. Poi questa strada è stata abbandonata e si è passati a una riduzione dell’Iva al 5% su altri prodotti e in particolare su prodotti per l’infanzia e la più conosciuta tampon tax.

La tampon tax

Sulla tampon tax sono anni che si discute, non solo in Italia, ma in molti Paesi del mondo. Inizialmente l’Iva applicata agli assorbenti igienici femminili era del 22%, un importo secondo molti elevato considerato che le donne per un lungo arco della loro vita hanno bisogno di assorbenti mensilmente e non si tratta certo di un capriccio. Il governo Draghi, in seguito a pressioni varie, un anno fa ha portato l’Iva sugli assorbenti femminili dal 22% al 10%, ora si passa al 5%. In media un pacco di assorbenti costa 3 euro con una riduzione dell’Iva dal 10% al 5% il risparmio è di circa 15 centesimi per una confezione. Naturalmente stiamo parlando di prezzi medi ed esigenze diverse da donna a donna.

Secondo le stime de Il Sole 24 ore, in totale, cioè tra la riduzione iniziale dal 22% al 10% e questa ulteriore, il risparmio annuale per una donna dovrebbe essere circa di 13 euro.

Riduzione Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia. Quali beni sono coinvolti?

Non solo gli assorbenti, infatti viene ridotta al 5% anche l’Iva su prodotti per l’infanzia, qui però è necessario fare un passo indietro, infatti non è ancora stato reso noto l’elenco dei prodotti che effettivamente ne beneficeranno, per ora vi è certezza solo sui pannolini. In questo caso il risparmio è notevole.

Considerando che un bambino indossa pannolini almeno per i primi due anni di vita e che ogni giorno il numero di cambio minimo è di 3 al giorno, si può ottenere un buon risparmio economico. Questa misura può essere inserita tra quelle che intendono favorire le famiglie. Tra gli altri prodotti che dovrebbero essere interessati dal taglio dell’Iva ci sono biberon e si spera prodotti alimentari, come omogeneizzati e latte in polvere, ma si dovrà aspettare il decreto attuativo per conoscere tutti i dettagli.

Taglio dell’Iva sui beni di prima necessità sarà sostituito dalla social card

Per quanto riguarda invece l’iniziale ipotesi di eliminazione dell’Iva sui beni di prima necessità, il viceministro Maurizio Leo ha dichiarato che questa proposta è per ora accantonata. Si sta studiando una social card da consegnare alle famiglie con reddito inferiore a 15.000 euro e da utilizzare per l’acquisto di beni di prima necessità presso negozi convenzionati. L’erogazione sarà gestita dai Comuni.

Come rilevato dallo stesso vice-ministro e da molti esperti del settore, il rischio vero quando si va ad operare sull’Iva è che rivenditori e produttori possano in un certo senso mangiare tale riduzione mantenendo inalterato il prezzo finale e andando a “trasformare” questa riduzione in un maggiore guadagno. Questo implica che i consumatori potrebbero neanche accorgersene delle riduzioni dell’Iva.

Amazon Tax (tassa verde) e Iva. Ipotesi allo studio

Novità in arrivo per chi ama comprare online, spunta l’ipotesi di una Amazon Tax e l’eliminazione Iva da beni essenziali.

Amazon tax o tassa verde: chi potrebbe colpire?

L’idea di aumentare la tassazione a carico dei colossi dell’e-commerce internazionale è sempre balenata nella testa dei vari governi che si sono succeduti nel tempo, ma non è semplice da attuare. Sembra però che il Governo Meloni stia per trovare un modo per riequilibrare le posizioni tra i commercianti tradizionali e i colossi, spunta infatti l’ipotesi di inserire l’Amazon Tax nella manovra di bilancio.

In realtà è bene chiarire: è un errore chiamare la tassa Amazon Tax e lo è per un limite importante che ha la norma, cioè colpisce tutti coloro che effettuano la spedizione di merci o semplicemente ordinano online, infatti questa tassa dovrebbe essere un balzello sulle consegne. L’obiettivo dichiarato è ridurre l’uso di mezzi inquinanti, proprio per questo quella che impropriamente si definisce Amazon Tax, è chiamata anche tassa verde e dovrebbe indurre le persone a ricominciare ad acquistare nel negozio sotto casa.

Le reazioni del settore e-commerce

Naturalmente le reazioni a questa ipotesi non si sono fatte attendere e arrivano da Netcomm, l’associazione del settore e-commerce, che sottolinea come questa tassa non tenga in considerazione il reale impatto economico e ambientale di questo settore, in particolare in questo periodo in cui le vendite online stanno già subendo gli effetti della inflazione e dell’aumento dei costi tecnologici.

A pagare sarebbero soprattutto le piccole e medie imprese che in questi anni hanno fatto sacrifici e investimenti per mettere su piccoli e-commerce che in molti casi hanno affiancato le attività tradizionali e hanno consentito di affrontare le chiusure del Covid. Secondo i dati resi noti da Netcomm, in Italia il digital Retail genera 58,6 miliardi di euro occupando il terzo posto tra le 99 attività economiche che registrano maggiore fatturato. La tassa verde o Amazon Tax andrebbe a creare difficoltà a queste imprese, ma anche a tutte le persone che si sono abituate alle consegne a domicilio.

All’ipotesi della Amazon Tax si affianca anche quella di una eliminazione, ma per un solo anno, dell’Iva su pasta, pane, latte e prodotti per l’infanzia. Si tratat di prodotti che hanno l’iva al 4%.

Prezzo Pellet: ecco quanto costa realmente in Francia e Spagna

Circolano ormai da tempo notizie circa il prezzo del pellet che sarebbe alle stelle solo in Italia mentre in altre parti d’Europa il prezzo sarebbe in linea con quello degli altri anni, ma è vero o si tratta di una bufala? Ecco i prezzi praticati in Francia e Spagna dalle più importanti catene di vendita.

È vero che il pellet in Europa costa meno?

Circolano da giorni sui vari social media foto che mettono a confronto i costi del pellet in Italia, Francia e Spagna. Mentre in Italia il prezzo sarebbe di 10,95 euro per il sacchetto da 15 kg, lo stesso prodotto in Francia sarebbe venduto a 6,50 euro, in Spagna 6,95 euro e in Albania addirittura a 6 euro. Queste differenze farebbero intendere una speculazione particolarmente importante dei venditori di pellet in Italia. Questo sta portando molti ad attuare una sorta di sciopero dell’acquisto.

In realtà le cose non stanno esattamente così perché controllando i prezzi delle varie catene di vendita in Francia ci si accorge che il prezzo del pellet è in linea con quello italiano. Il prezzo più basso nella catena Leroy Merlin presente in Italia è di 9,90 euro ( prezzo più basso trovato)  e in Francia è di 8,90 euro. Girando però tra le varie catene ci si accorge che il prezzo del pellet in Francia arriva anche a 14,90 euro al sacco. Il prezzo che effettivamente sembra essere davvero più basso è quello della Spagna, dove il pellet è venduto a 6,95 euro.

Iva sul pellet in Italia, Francia e Spagna

Occorre fare delle piccole precisazioni, che in realtà tanto piccole non sono. In Italia nonostante ci sia stata la proposta di abbassare l’Iva sul Pellet che in fondo in passato era già al 10%, non c’è stata la volontà di optare per tale soluzione e ritornare al 10%. Attualmente paghiamo l’iva al 22%, non poco.

In Francia l’Iva sul pellet invece è al 10%. Resta, infine, la Spagna che proprio per aiutare le famiglie a far fronte al caro energia, ha ridotto addirittura l’Iva al 5%. Partendo da un sacco che costerebbe 5 euro iva esclusa, in Italia il prezzo sale a 6,10 euro, in Francia 5,50 euro e Spagna 5,25 euro. Ecco le reali differenze di prezzo. Naturalmente si tratta di un prezzo base ipotetico, all’aumentare del prezzo iva esclusa, aumentano anche le differenze tra L’Italia e gli altri Paesi nel prezzo finale Iva inclusa.

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IVA al 5% su gas: l’agevolazione si applica sull’intera fornitura di gas

Con la Risoluzione 47 del 6 settembre 2022 l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a fornire chiarimenti circa l’applicazione dell’Iva al 5% sul consumo di gas metano.

Agenzia delle Entrate chiarisce: Iva al 5% sul gas si applica per tutti gli scaglioni di consumo

L’articolo 2 del decreto legge 27 settembre 2021, n. 130, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 2021, n. 171, recante “Misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale” ha introdotto la riduzione temporanea e urgente dell’aliquota Iva al 5% per l’acquisto di gas metano. L’agevolazione è stata poi prorogata diverse volte e attualmente è in vigore fino al 31 dicembre 2022 al fine di agevolare famiglie e imprese attraverso un intervento che va a incidere sui costi energetici.

La disciplina generale prevede l’applicazione dell’Iva al 10% limitatamente agli usi civili fino a 480 metri cubi annui, mentre per i consumi eccedenti si applica l’Iva al 22%. Per quanto riguarda invece il gas metano per usi industriali, è prevista l’aliquota al 10% per le imprese estrattive, agricole e manifatturiere, comprese le imprese poligrafiche, editoriali e simili, mentre le altre sono assoggettate ad Iva al 22%.

Tali differenze hanno indotto molte persone e imprese del settore ad avere dubbi sull’aliquota da applicare, e in particolare si sono chiesti se la riduzione al 5% valesse solo per la porzione di consumo generalmente assoggettato al 10% oppure per il consumo complessivo.

L’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 47 del 6 settembre ha specificato che: per quanto riguarda gli usi civili con la disposizione in esame si intende ridurre al 5% l’aliquota IVA applicabile alle somministrazioni di gas metano, (…), indipendentemente dallo scaglione di consumo”.

Sottolinea l’Agenzia che dalla lettura congiunta delle varie norme emerge l’obiettivo del legislatore di ridurre il più possibile il costo finale del gas per gli utenti e proprio per questo motivo, chiarisce l’Agenzia deve ritenersi che l’aliquota agevolata del 5% debba applicarsi anche agli oneri generali di sistema.

Risoluzione-n.47-2022

Decreto bollette: le nuove misure fino a settembre 2022

La preoccupazione degli italiani per il caro bollette non accenna a diminuire a causa dei costanti allarmi che vengono lanciati. Per far fronte a questa che sta diventando una vera e propria emergenza, il Governo ha varato il decreto bollette che prevede nuove misure che dovrebbero contribuire a ridurre i costi a carico dei cittadini per il trimestre luglio, agosto e settembre 2022.

Arrivato il nuovo decreto bollette terzo trimestre 2022

Il nuovo decreto comprende 8 articoli che in parte ripercorrono le misure già adottate nei precedenti provvedimenti  per il contrasto ai rincari energetici. Prevede un fondo di poco più di 3 miliardi di euro destinati alla proroga delle misura vigenti, in particolare l’annullamento delle aliquote relative agli oneri di sistema applicate alle utenze domestiche e non domestiche con potenza fino a 16,5 kW. Questo comporta un vantaggio anche per le imprese e per gli studi professionali. Per questa sola misura è previsto lo stanziamento di 1,9 miliardi di euro.

Inoltre per quanto riguarda la bolletta del gas c’è la riduzione dell’aliquota Iva applicata che è fissata al 5%. Questa misura viene prorogata per un ulteriore trimestre e i fondi destinati sono 480 milioni di euro, poco meno di mezzo miliardo di euro. Per quanto riguarda la bolletta del metano, il decreto bollette prevede che Arera (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente) mantenga inalterati gli oneri generali di sistema già vigenti nel secondo trimestre 2022. Il costo previsto per questa misura è 290 milioni di euro.

Sarà inoltre prorogato il bonus sociale in misura tale da lasciare inalterata la spesa per l’energia delle famiglie con reddito Isee basso.

Nel decreto bollette di luglio 2022 sono anche confermate le misure per incrementare lo stoccaggio di gas naturale. L’obiettivo è affrancarsi il più possibile dal gas russo visti i dissidi che comunque stanno caratterizzando in questo particolare periodo la politica economica del Paese.

Iva al 10% estesa: ecco le novità del decreto legge ‘Semplificazioni fiscali’

Arriva l’ok al nuovo decreto legge “Semplificazioni fiscali” e alle novità in esso contenute con l’approvazione avvenuta la scorsa settimana in Consiglio dei ministri. L’Iva agevolata al 10% viene estesa ai settori sanitari e sulle prestazioni mediche e di ricovero. Il provvedimento, tuttavia, contiene altre misure relative all’esterometro, ai modelli Intrastat e alle fatture elettroniche.

Decreto ‘Semplificazioni fiscali’, quali sono le misure previste?

All’interno del decreto “Semplificazioni fiscali” sono contenute varie misure fiscali. Eccole nel dettaglio:

  • estensione dell’aliquota Iva agevolata del 10% sulle prestazioni aventi a oggetto il ricovero e le cure offerte dai soggetti convenzionati e non convenzionati;
  • esenzione Iva sulle prestazioni sanitarie offerte dalle case di cura non convenzionate che vengono addebitate ai pazienti;
  • per l’esterometro, l’esclusione degli acquisti extraterritoriali fino a 5 mila euro;
  • passa dal 16 al 30 settembre la scadenza per presentare la comunicazione delle liquidazioni periodiche Iva (Lipe) dei mesi di aprile, maggio e giugno 2022;
  • si incrementa da 250 euro a 5 mila euro il tetto entro il quale si può differire il versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche ai tre mesi successivi (solo a partire dal 2023);
  • proroga a tutto il 2026 dell’inversione contabile su personal computer, tablet, telefoni, gas, energia, microprocessori e certificati verdi.

Iva, con il decreto ‘Semplificazione’ arriva l’estensione dell’esenzione: ecco per chi

Con il decreto “Semplificazioni” arriva l’estensione dell’esenzione dell’Iva. Il provvedimento va dunque a integrare l’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972. In particolare, l’ampliamento dell’esenzione spetta anche alle prestazioni sanitarie di ricovero o di cura, effettuate pure dai professionisti. In particolare, l’esenzione spetterà anche alle:

  • prestazioni rese dai professionisti sanitari (odontoiatri, medici e infermieri);
  • le prestazioni di cura e di ricovero, compreso il vitto e la somministrazione di farmaci. Tali prestazioni devono essere rese da cliniche o case di cura convenzionate;
  • per le prestazioni rese dalle case di cura non convenzionate, che spesso si servono di professionisti terzi, il decreto allarga il regime di esenzione fiscale come se il servizio fosse reso dalle case di cura direttamente al paziente. Il limite all’esenzione è costituito dall’importo che la casa di cura deve al professionista terzo.

Caso di esenzione di paziente che ottiene prestazioni presso una casa di cura

Ad esempio, se una casa di cura riceve la parcella del professionista terzo di 15 mila euro per un intervento e il professionista richiede al paziente 25 mila euro quale prezzo totale della prestazione, si procederà nel seguente modo:

  • il professionista fatturerà 15 mila euro in regime di esenzione;
  • lo stesso fatturerà 10 mila euro in regime di imponibilità della prestazione.

Estensione dell’Iva al 10%, per quali settori?

Il provvedimento allarga anche l’applicazione dell’Iva agevolata al 10% al settore sanitario. Infatti, l’aliquota Iva agevolata si applicherà per:

  • le prestazioni di maggior confort alberghiero e alberghiere verso persone che sono ricoverate nelle strutture sanitarie convenzionate. Si tratta di un allargamento rispetto alle esenzioni previste ai commi 18 e 19 dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica numero 633 del 1972;
  • l’alloggio a persone che accompagnano i pazienti ricoverati presso strutture di cura, sia convenzionate che non convenzionate, con applicazione di aliquota ridotta al 10%.

Nel caso di ricovero di pazienti in strutture sanitarie non convenzionate, l’aliquota Iva rimane quella ordinaria.