Partite Iva, rinvio acconto novembre

Sembra essere in dirittura d’arrivo il decreto con il rinvio a gennaio 2024 dell’acconto tasse previsto a novembre, ultime novità per i lavoratori autonomi/partite Iva.

Perché abolire l’acconto tasse di novembre?

Chi ha la partita Iva lo sa, nel mese di novembre, avendo come punto di riferimento il fatturato degli anni antecedenti, deve versare il primo acconto sulle imposte generalmente dovute nell’anno successivo. Si tratta di una pratica non molto apprezzata dai lavoratori autonomi/partite Iva perché in questo mese ricadono anche ulteriori scadenze, tra cui i contributi e, di conseguenza, diventa difficile riuscire ad adempiere, inoltre gli importi sono calcolati su guadagni ipotetici e non reali.

Il Governo è però al lavoro per eliminare questa incombenza e in base alle dichiarazioni di esponenti della maggioranza già a novembre 2023 potrebbe non esservi il versamento, anche se non per tutti.

Primo passo della riforma fiscale, abolire l’acconto di novembre per i lavoratori autonomi

La riforma fiscale, come noto, si articola in diverse fasi, superata la fase di approvazione della legge di delega fiscale che segna i confini, si è passati alla fase dei dossier, ormai già consegnati e affidati a professionisti del settore ed esperti. Il Governo e in particolare il Ministro dell’Economia Giorgetti, affiancato dal vice-ministro Leo, e la Commissione attività produttive, stanno lavorando ora al dossier che prevede proprio il posticipo dell’acconto di novembre.

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Si tratta di una delle misure che non prevedono una riduzione delle entrate fiscali e di conseguenza può essere atttuata fin da subito senza necessità di coperture. Nonostante questo, per evitare un ammanco nelle casse dello Stato eccessivo per gli ultimi mesi dell’anno, si sta studiando una soluzione ponderata. Si sta quindi scegliendo la soglia di ricavi che dovrebbe beneficiare di questo slittamento già ora e le ipotesi maggiormente quotate sono quelle di fissarla a 500.000 euro.

Da novembre 2024 dovrebbero invece beneficiare dell’abolizione dell’acconto di novembre tutte le partite Iva. Il passo successivo sarà invece estendere l’abolizione degli acconti anche per i lavoratori dipendenti.

Ritocco delle sanzioni

In base alle misure ora allo studio, l’acconto di novembre dovrebbe essere spalmato in pagamenti rateali da gennaio a giugno. Si verserà poi il secondo anticipo, previsto a giugno che è già ora possibile rateizzare. Questa è solo una delle misure che dovrebbe essere attuata fin da subito, infatti tra le prime misure di riforma fiscale che il Governo vuole introdurre c’è anche la riduzione delle sanzioni tributarie al fine di allinearle a quelle dell’Unione Europea e in conformità con la sentenza 46/2023 della Corte Costituzionale.

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Indennità Iscro 2023 per lavoratori autonomi. Al via le domande

Dal giorno 8 maggio 2023 e fino al 31 ottobre 2023 i lavoratori autonomi iscritti alla gestione Separata Inps possono chiedere di accedere all’indennità Iscro 2023. Ecco chi può chiederla e come.

Cos’è L’Iscro 2023 per lavorartori autonomi?

L’Iscro, Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa, è una misura di sostegno per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata Inps, per potervi accedere è necessario che si verifichino dei requisiti economici. L?Iscro è stata introdotta in via sperimentale con Legge 30 dicembre 2020 numero 178 (Legge di Bilancio 2021) per sostenere il reddito dei liberi professionisti compresi professionisti in studi associati. Le modalità per richiedere quest’anno le prestazioni Iscro sono state rese note dall’Inps con il Messaggio 1636 del 5 maggio 2023. Con questo si ricorda inoltre che nell’arco del triennio è possibile accedere alla prestazione una sola volta.

Chi può accedere all’indennitàIscro 2023?

Possono presentare istanza per accedere all’Iscro 2023 i professionisti lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps che:

  • non sono titolari di trattamenti pensionistici o percettori di reddito di cittadinanza;
  • non sono assicurati presso altre presso altre forme di previdenza obbligatorie;
  • nell’anno precedente alla presentazione della domanda, quindi 2022, hanno prodotto un reddito da lavoro autonomo almeno il 50% inferiore rispetto alla media dei redditi percepiti nei tre anni precedenti;
  • hanno dichiarato nel 2022 un reddito non superiore euro 8.972,04;
  • sono in regola con il versamento dei contributi obbligatori;
  • alla data della presentazione della domanda devono essere titolari di partita Iva da almeno 4 anni.
  • Il Messaggio Inps sottolinea che tranne nel caso in cui i redditi da dichiarare siano già a disposizione dell’Inps, gli stessi devono essere autodichiarati dal contribuente.

Alla presenza di questi requisiti è possibile proporre domanda per accedere all’indennità Iscro 2023.

Vediamo ora come fare.

Come proporre la domanda per accedere all’indennità Iscro 2023?

Abbiamo anticipato che la finestre per proporre istanza è aperta dal giorno 8 maggio 2023 e si chiuderà il giorno 31 ottobre.

La domanda deve essere proposta dal sito Inps accedendo alla propria pagina personale con l’identità digitale ( Spid, Cie o Cns). Effettuato questo passaggio le mosse da compiere sono:

  • “Sostegni, sussidi ed indennità”;
  • “Esplora Sostegni, Sussidi e Indennità”;
  • selezionare la voce “Vedi tutti”;
  • “Strumenti” ;
  • “Punto d’accesso alle prestazioni non pensionistiche” ;
  • “Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO)” .

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Stralcio cartelle esattoriali contributi previdenziali: è allarme pensione per i lavoratori autonomi

A lanciare l’allarme è l’Inps con una nota inviata all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili: lo stralcio delle cartelle esattoriali fino a 1000 euro mette a rischio i lavoratori autonomi, artigiani, commercianti e iscritti alla Gestione Separata Inps. Al mancato versamento corrisponde il non accredito dei contributi previdenziali, ecco perché si rischia la pensione.

Stralcio cartelle esattoriali: a rischio la pensione dei lavoratori autonomi

La legge di bilancio 2023 prevede diverse misure di pace fiscale, tra queste vi è lo stralcio delle cartelle esattoriali di importo fino a 1.000 euro affidate all’agente di riscossione tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. La ratio della norma è nell’eccessiva onerosità della riscossione che potrebbe portare maggiori costi rispetto al reale rientro economico. Tra le cartelle esattoriali che sono oggetto di stralcio automatico vi sono anche quelle dell’Inps, gli altri enti previdenziali privati invece devono deliberare se aderire o meno.

In merito però a tale stralcio l’Inps ha preferito fornire delucidazioni ai professionisti che sono al fianco dei lavoratori autonomi nella gestione delle pratiche, cioè dottori commercialisti ed esperti contabili, sottolineando che il mancato versamento degli importi delle cartelle dell’Inps porta al non accredito dei contributi previdenziali e di conseguenza si allontana la pensione.

Stralcio dei contributi per i dipendenti, nessun rischio per loro

La prima cosa da sottolineare è che la cancellazione automatica dei debiti con l’istituto di previdenza per le singole cartelle esattoriali fino a 1000 euro riguarda non solo i contributi versati a proprio favore, ma anche quelli versati per i dipendenti, ma per questi non vi sono rischi, infatti il mancato pagamento delle cartelle esattoriali per i loro contributi non andranno a inficiare la maturazione del diritto alla pensione per i lavoratori dipendenti, questo perché si andrebbe ad intaccare un loro diritto anche se non hanno alcuna responsabilità inerente il mancato pagamento.

Si applica quindi in loro favore il principio di automaticità delle prestazioni previsto dall’articolo 2116 del codice civile. La stessa regola non vale però per i contributi che il lavoratore autonomo, commerciante, artigiano, iscritto alla Gestione Separata Inps versa per se stesso. In questo caso infatti al mancato pagamento dei contributi corrisponde il non accredito del relativo periodo a fini contributivi, quindi alla cancellazione del carico presso l’agente di riscossione fa da contraltare la cancellazione dall’estratto conto Inps.

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Come evitare il mancato accredito dei contributi previdenziali?

Sottolinea l’istituto di previdenza che vi è un maggiore rischio per i lavoratori autonomi agricoli in quanto il mancato pagamento anche di una sola rata comporta il mancato accredito dell’intero anno.

Per evitare questo effetto, la soluzione è procedere al pagamento delle cartelle esattoriali inerenti i contributi previdenziali che rischierebbero di essere cancellate al 31 marzo 2023. Spetta naturalmente al lavoratore autonomo valutare quale soluzione è più conveniente in base alla situazione personale.

Non manca chi propone solo per questa tipologia di cartelle esattoriali l’introduzione dello stralcio volontario in modo da evitare effetti negativi di cui molti non sono a conoscenza. In alternativa molti propongono la possibilità di recuperare questi contributi in un secondo momento con pagamenti volontari.

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Quattordicesima 2023: a chi spetta e a quanto ammonta?

La quattordicesima mensilità è una somma aggiuntiva versata sulla pensione nella mensilità di luglio. L’importo e la spettanza dipende dal reddito e in particolare sono determinati in base alla pensione minima. Naturalmente cambiando gli importi delle pensioni in base all’inflazione, cambia anche il limite dell’assegno mensile che consente di ricevere la quattordicesima mensilità. Vediamo quindi a chi spetta la quattordicesima 2023 e quanto percepiranno i pensionati.

Quattordicesima 2023: a chi spetta?

La quattordicesima mensilità è una somma aggiuntiva pagata sulle pensioni nel mese di luglio. Non spetta a tutti i pensionati, ma solo a coloro che hanno un reddito particolarmente basso e quindi è una sorta di aiuto per coloro che possono avere difficoltà economiche. La quattordicesima mensilità viene erogata a coloro che hanno un assegno pensionistico non superiore due volte al trattamento minimo. Fino al 2017 veniva erogata esclusivamente a coloro che avevano un trattamento pensionistico fino a 1,5 volte il minimo. Questo vuol dire che ogni anno deve essere rideterminato l’importo mensile che porta ad avere diritto a questa prestazione.
La pensione minima per il 2023 passa da 525,38 euro a 563,73 euro, il totale annuo è quindi pari a 7.328,49 euro, ma per coloro che hanno compiuto 75 anni di età l’importo minimo è di 597 euro. Questo implica che l’importo massimo di reddito annuo che può portare alla corresponsione della quattordicesima mensilità è di 14.657 euro annui.

Hanno diritto alla somma aggiuntiva coloro che percepiscono:

  • pensione di vecchiaia;
  • pensione di anzianità;
  • nuova pensione anticipata;
  • pensione superstiti;
  • pensione di invalidità ordinaria (IO) e inabilità.

La quattordicesima invece non spetta a percettori di:

  • invalidità civile,
  • pensione sociale o assegno sociale;
  • rendita inail;
  • pensione di guerra

Vi sono ulteriori limiti alla percezione della quattordicesima mensilità, infatti non viene erogata a coloro che hanno un’età pari o superiore a 64 anni.

A quanto ammonta la quattordicesima mensilità?

Gli importi della quattordicesima 2023 cambiano in base ai redditi percepiti dal pensionato.

In particolare per chi ha un reddito fino a 10.992,93 euro annui, quindi fino al limite di 1,5 volte il trattamento minimo gli importi sono:

  • 436,80 € per anzianità contributiva fino a 18 anni (15 per lavoratori dipendenti);
  • 546 € con anzianità contributiva tra i 18 anni e i 28 anni (da 15 a 25 anni per lavoratori dipendenti);
  • 655,20 € con anzianità superiore a 28 anni di contributi (oltre 25 anni per lavoratori dipendenti.

Per redditi fino a 14.657,24 euro gli importi previsti sono:

  • 336 euro per anzianità contributiva fino a 18 anni (15 anni per i lavoratori dipendenti);
  • 420 euro con anzianità contributiva compresa tra 18 e 28 anni (15-25 anni per i lavoratori dipendenti);
  • 504 euro con anzianità contributiva superiore a 28 anni ( 25 anni per i lavoratori dipendenti).

Come stabilito nella circolare Inps 130 del 2015, nel computo dei redditi che danno diritto alla percezione della quattordicesima mensilità 2023, non devono essere inseriti:

  • trattamenti di famiglia;
  • assegno di accompagnamento;
  • pensioni di guerra;
  • compensi arretrati sottoposti a tassazione separata;
  • tfr;
  • reddito della casa di abitazione;
  • indennità per i ciechi parziali e dell’indennità di comunicazione per sordi prelinguali;
  • indennizzo previsto della legge n. 210 del 25/02/1992;
    sussidi economici che comuni ed altri enti erogano agli anziani in difficoltà.

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Bonus 200 euro lavoratori autonomi, sbloccati i pagamenti

Buone notizie per i lavoratori autonomi e professionisti: arrivato lo sblocco dei pagamenti dei bonus 200 euro sospesi il 19 ottobre 2022 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Bonus 200 euro lavoratori autonomi: blocco del pagamento

Il governo nei mesi scorsi al fine di aiutare le persone a far fronte ai rincari generalizzati dei prodotti, tra cui il caro energia, ha previsto due bonus: il bonus 200 euro e uno da 150 euro. Si tratta di misure una tantum. Mentre le erogazioni per pensionati e lavoratori dipendenti è stata abbastanza semplice, maggiori problemi vi sono stati per i lavoratori autonomi.

Il decreto attuativo per rendere operativo il pagamento in favore dei lavoratori autonomi ha avuto emanazione con tre mesi di ritardo e solo il 26 settembre 2022 c’è stata l’apertura delle piattaforme delle varie casse previdenziali, ad esempio Gestione Separata Inps, Inarcassa, Cassa Forense.

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A questo iniziale problema se n’è aggiunto un altro, cioè i fondi disponibili per lavoratori autonomi e professionisti per il versamento del bonus di 200 euro sono limitati. Proprio per questo nel decreto operativo veniva comunicato ai vari enti previdenziali l’onere di inviare in modo costante il flusso dei pagamenti.

Perché il Ministero ha bloccato i pagamenti?

Il 19 ottobre 2022 è però arrivata la richiesta da parte del Ministero del Lavoro alle varie casse previdenziali di bloccare i pagamenti al fine di avviare il monitoraggio e valutare la consistenza del plafond rimanente. Il Ministero aveva precisato che si trattava di un blocco solo temporaneo e dovuto alla necessità di riorganizzare il monitoraggio del flusso di informazioni vista l’ingente mole di richieste arrivate alle varie casse previdenziali.

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Nonostante il breve stop ai pagamenti, gli stessi ora sono ripresi e fino alla fine del mese i lavoratori autonomi e professionisti continueranno a ricevere i sussidi disposti con il decreto Aiuti Bis e Ter.

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Bonus 200 euro autonomi: istruzioni per richiederlo da domani 26 settembre 2022

Finalmente è arrivato il decreto attuativo che consente ai lavoratori autonomi di richiedere da domani, 26 settembre 2022, il bonus da 200 euro previsto den decreto Aiuti Bis e che gli altri lavoratori e pensionati hanno percepito a partire dal mese di luglio 2022.

Bonus 200 euro lavoratori autonomi: da domani 26 settembre è possibile presentare la domanda

Mentre molti lavoratori sono già pronti a presentare l’autodichiarazione per ricevere il bonus 150 euro previsto nel decreto Aiuti Ter ci sono molti lavoratori che ancora non hanno ricevuto il bonus da 200 euro previsto nel decreto Aiuti Bis. Ora finalmente sembra che potrà essere messo il punto. I lavoratori autonomi e professionisti da domani 26 settembre 2022 potranno fare richiesta per il bonus 200 euro.

È stato pubblicato ieri, sabato 24 settembre, il decreto attuativo, lo stesso era stato approvato già nelle settimane scorse e aveva poi dovuto superare il vaglio della Corte dei Conti. Il 20 settembre avevamo già annunciato che molto probabilmente la procedura sarebbe stata attiva dal 26 settembre, ed infatti questa data prima solo ipotizzata ora è stata confermata. Il fondo stanziato è di 600 milioni di euro.

Come richiedere il bonus 200 euro per lavoratori autonomi e professionisti?

Il Bonus 200 euro lavoratori autonomi potrà essere chiesto attraverso le piattaforme  online messe a disposizione dalle varie casse di previdenza a cui sono iscritti. I lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS dovranno andare sul sito INPS, mentre coloro che sono iscritti ad altre casse, ad esempio Inarcassa, Cassa Forense o altre dovranno andare sul sito delle singole casse. I lavoratori autonomi possono presentare le domande  a partire dalle ore 12:00. Naturalmente ognuno dovrà ustilizzare le proprie credenziali per accedere alla piattaforma di riferimento.

Riteniamo che nelle prime ore, a causa dell’elevato accesso, potrebbero esservi dei problemi di rallentamento dei vari siti. Per poter ottenere il Bonus da 200 euro per i lavoratori autonomi è necessaria l’autodichiarazione di non aver percepito nel 2022 un reddito superiore a 35.000 euro nel 2021. Inoltre per poter accedere è necessario avere un partita Iva aperta e attiva e aver versato almeno una quota di contributi alla cassa di previdenza.

Bonus Una Tantum 150 euro: a chi spetta? È necessaria la domanda?

Il governo Draghi si licenzia dal Paese con l’ultimo aiuto importante: un Bonus Una Tantum di 150 euro per coloro che hanno redditi inferiori a 20.000 euro lordi. Ecco a chi spetta.

Quando sarà erogato il Bonus Una Tantum di 150 euro?

Il primo bonus è stato stanziato con il decreto Aiuti Bis, si trattava di 200 euro in favore di pensionati, lavoratori autonomi e dipendenti con un reddito inferiore a 35.000 euro nel 2021. Questa volta la misura è ristretta, infatti mentre ci sono ancora numerosi lavoratori autonomi che non sono riusciti a percepire il bonus di 200 euro e stanno aspettando le istruzioni dalle relative casse di competenza, il Governo mette a punto un nuovo bonus, stavolta di 150 euro.

Chi sono i beneficiari del Bonus Una Tantum di 150 euro?

L’indennità Una Tantum di 150 euro sarà erogata nel mese di novembre 2022. Spetterà ai pensionati a cui sarà nuovamente erogata direttamente dall’INPS e ai lavoratori dipendenti, in questo caso con molta probabilità si procederà nuovamente alla presentazione dell’autocertificazione e potrà essere percepito con lo stipendio di competenza del mese di novembre. Da quanto emerge potranno percepire il bonus Una Tantum di 150 euro anche i lavoratori autonomi, ma i tempi probabilmente saranno più lunghi, visto che ancora non hanno ricevuto il bonus di luglio.

Tra i beneficiari ci saranno anche i percettori del reddito di cittadinanza che potranno riceverlo insieme all’importo mensile e in modo automatico, visto che i dati relativi al reddito per loro sono già disponibili. Infine, potranno percepire l’aiuto anche i percettori di Naspi, dis-coll e disoccupazione agricola. Gli ultimi hanno ricevuto il bonus di 200 euro insieme al sussidio di disoccupazione mentre in questo caso dovrebbero percepirlo dall’Inps separatamente. Potranno percepire, dietro domanda, l’importo anche i dottorandi e gli assegnisti di ricerca, infine i lavoratori dello spettacolo, turismo stagionale e dipendenti di impianti termali.

I requisiti per ricevere il bonus Una tantum di 150 euro

Per quanto riguarda i requisiti, si è detto che il bonus Una Tantum di 150 euro spetta a coloro che non superano i 20.000 euro lordi di reddito, si tratta quindi di un importo mensile lordo, comprensivo di imposte non superiore a 1.538 euro. Si tiene in considerazione il reddito personale e non il reddito familiare. Nell’imponibile non si considera la somma relativa ai contributi. Il bonus di 150 euro non è pignorabile e non deve essere considerata al fine della determinazione del reddito.

Per conoscere le altre misure del decreto Aiuti Ter, leggi: Decreto Aiuti Ter: le misure approvate dal Consiglio dei Ministri

Autonomi, artigiani e commercianti, professionisti: come si determinano i contributi previdenziali?

I lavoratori autonomi sono chiamati a versare entro il 30 giugno il conguaglio contributivo. Oltre a mettersi in regola con il Fisco, infatti, in questo mese i titolari di partita Iva, gli artigiani, i commercianti, i liberi professionisti e, in generale, i lavoratori autonomi hanno l’onere di versare all’Inps il conguaglio dei contributi. Che si concretizza nel versamento del saldo dei contributi dallo scorso anno e nel 1° acconto per l’anno 2022.

Lavoratori autonomi, entro il 30 giugno 2022 il versamento del saldo contributi del 2021 e l’acconto del 2022

L’onere riguarda i cosiddetti “free lance”, iscritti alla gestione separata dell’Inps. La scadenza per il versamento del conguaglio contributivo è fissata al 30 giugno 2022. Si può, in ogni modo, pagare entro il 22 agosto prossimo, ma con la maggiorazione dello 0,40%. Lo stesso Istituto previdenziale è intervenuto nei giorni scorsi per ricordare agli iscritti alle Gestioni speciali artigiani e commercianti e agli iscritti alla Gestione separata il dovere di compilare il quadro RR del modello “Redditi 2022 Pf” (persone fisiche) e la riscossione dei contributi dovuti a saldo per il 2021 e l’acconto del 2022.

Da chi deve essere compilato il Quadro RR?

In particolare, il Quadro RR del modello “Redditi 2022 PF deve essere compilato “dagli iscritti alle Gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali e del terziario, nonché dai lavoratori autonomi che determinano il reddito di arte e professione così come disciplinato dall’articolo 53, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, numero 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – Tuir), e sono iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, numero 335, per la determinazione dei contributi dovuti all’Inps”.

Artigiani e commercianti, come funziona il versamento dei contributi Inps?

Per gli artigiani e i commercianti il saldo dei contributi previdenziali deve essere calcolato sul complessivo dei redditi di impresa denunciati per il calcolo dell’Irpef. I redditi devono essere stati prodotti nello stesso anno al quale gli stessi contributi fanno riferimento. Sui contributi dovuti per l’anno 2021, i titolari delle imprese commerciali ed artigiane, nonché i soci titolari di una propria posizione assicurativa, sono chiamati ai versamenti contributivi sia per sé che per le persone che svolgono la propria attività lavorativa nell’impresa. Si tratta, dunque, dei collaboratori e dei familiari che devono completare la sezione I del Quadro RR.

Come si determina il reddito imponibile?

Per la determinazione del reddito imponibile da assoggettare al calcolo dei contributi previdenziali, gli iscritti alle gestioni Inps devono prendere in considerazione il totale dei redditi di impresa ottenuti nel 2021, sottraendo eventuali perdite dei periodi di imposta. Pertanto, la formula per il calcolo della base imponibile è la seguente:

RF63 – (RF 98 + RF 100, col. 1 + col. 2) + [RG 31 – (RG 33 + RG 35, col. 1 + col. 2)] + [somma algebrica (colonne 4 da RH 1 a RH 4 con codice 1 e 5 indicato in colonna 2 e colonne 4 da RH 5 a RH 6) – RH 12 col. 1- RH 12 col. 2] + RS 37 colonna 15.

Quali sono le aliquote da applicare per i commercianti e gli artigiani?

Le aliquote che agli artigiani e i commercianti devono applicare alla base imponibile per la determinazione dei contributi previdenziali sono:

  • il 24% per gli artigiani e il 24,09% per i commercianti sulla parte di reddito annuale che eccede i 15.593 euro e fino al limite di 47.379 euro;
  • il 24,55% gli artigiani, ovvero il 24,64% per i commercianti, tra 47.379 e 78.965 euro. Il limite sale a 103.055 euro per i contribuenti che non hanno contributi versati alla data del 31 dicembre 1995.

Commercianti e artigiani, cosa deve fare chi ha già versato un acconto nello scorso anno?

I commercianti e gli artigiani che lo scorso anno avessero versato l’acconto percentuale del reddito di impresa dichiarato per il 2020 in misura maggiore rispetto al minimale di 15.593 euro, devono versare il conguaglio. Tale somma va calcolata sui redditi conseguiti in maniera effettiva nel corso del 2021.

Versamento del primo acconto del 2022 dei commercianti e degli artigiani

Il versamento del primo acconto per il 2022 da parte dei commercianti e degli artigiani deve essere calcolato considerando l’aumento definitivo dell’aliquota contributiva al 24% (per i commercianti il 24,48%). Il minimale di reddito per il 2022 corrisponde, invece, a 15.710 euro, il massimale a 80.465 euro. Pertanto, le due categorie di lavoratori autonomi devono versare rispettivamente per il primo acconto dei contributi previdenziali:

  • il 24% gli artigiani sul reddito di impresa fino a 48.279 euro e il 25% sulla quota eventualmente eccedente fino al limite di 80.465 euro;
  • il 24,48% i commercianti sul reddito di impresa fino a 48.279 euro e il 25,48% sulla quota eventualmente eccedente fino al limite di 80.465 euro.

Per i collaboratori giovani è previsto uno sconto purché l’età non ecceda i 21 anni.

Commercianti e artigiani che nel 2021 avevano dichiarato un reddito d’impresa eccedente i 15.593 euro: cosa fare?

Pertanto, gli artigiani e i commercianti con un reddito di impresa riferito all’anno 2021 eccedente i 15.593 euro (il tetto del minimale) devono versare adesso:

  • il 22,80% gli artigiani;
  • il 23,28% i commercianti.

Queste percentuali scaturiscono dalla differenza tra il reddito di impresa risultante dall’Unico 2022 e il limite stabilito dal minimale di 15.710 euro.  Inoltre, le percentuali aumentano a:

  • 23,80% per gli artigiani;
  • 24,28% per i commercianti;

per la parte di reddito di impresa del 2021 tra i limiti di 48.279 euro e 80.546 euro. Infine, entro il 30 novembre 2022 bisogna pagare le quote del secondo acconto, applicando le medesime percentuali.

Liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps, come si calcola il saldo?

I liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps devono calcolare il saldo risultante dal reddito del 2021. Al limite di 103.055 euro deve essere applicata la percentuale del 25,98%. In alternativa si paga il 24% se si è già pensionati o assicurati. Al risultato vanno detratti gli acconti di giugno e di novembre già pagati nel 2021.

Professionisti, come calcolare gli acconti?

Ai fini del calcolo degli acconti nella percentuale del 40% è necessario considerare:

il reddito del professionista, maturato nell’anno 2021 ai fini dell’Irpef risultante dall’Unico 2022, nel tetto di 103.055 euro. Questo limite è riferito al reddito imponibile del 2021;

  • applicare la percentuale del 10,392%, pari al 40% dei contributi dovuti calcolati sul 25,98%;
  • oppure applicare la percentuale del 9,6%, pari al 40% dei contributi dovuti, calcolati sul 24% (pensionati o già assicurati).

Entro quanto è necessario procedere con i versamenti?

I commercianti e gli artigiani devono versare i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale e gli iscritti alla Gestione separata dell’Inps la contribuzione dovuta entro le scadenze fissate per il versamento delle imposte sui redditi. Per il 2022, tali scadenze sono fissate al:

  • 30 giugno (o 22 agosto 2022 per chi si avvale della rateizzazione) per il saldo 2021 e il 1° acconto 2022;  e
  • 30 novembre 2022 per il 2° acconto.

Maggiorazione dovuta dello 0,40% per chi paga dopo la scadenza del 30 giugno

Commercianti, artigiani, professionisti e partite Iva che pagano i contributi del saldo 2021 e del 1° acconto del 2022 dopo il 30 giugno 2022 devono calcolare la maggiorazione dello 0,40%. I contribuenti versano questa maggiorazione a titolo di interessi per evitare eventuali sanzioni per il ritardato pagamento. La quota della maggiorazione deve essere versata in via separata rispetto ai contributi. Si utilizzano le seguenti causali:

  • Api, per gli artigiani e codeline Inps usata per versare il corrispondente contributo;
  • Cpi, per i commercianti e codeline Inps usata per versare il corrispondente contributo;
  • Dppi per il libero professionista.

Come si effettua la rateizzazione? 

Per artigiani e commercianti la rateizzazione si può fare solo per i contributi dovuti sulla parte di reddito oltre il minimale imponibile a saldo per il 2021 e per il 1° acconto del 2022. Vanno escluse, dunque, le quote contributive entro il minimale. I professionisti, invece, possono procedere con la rateizzazione sia sul saldo del 2021 che sul 1° acconto del 2022. La prima rata deve essere versata entro la data di scadenza del saldo o dell’acconto differito. Le restanti rate, invece, hanno la scadenza indicata nel modello “Redditi 2022 Pf”. In ogni modo, il versamenti delle rate devono terminare entro il 30 novembre 2022. Per stabilire l’importo delle rate è necessario far riferimento alle modalità inserite nelle istruzioni al modello “Redditi 2022 Pf”, nella sezione relativa alle Modalità e termini di versamento – Rateazione.

Partita Iva, ecco tutte le novità in arrivo con la legge delega fiscale

In arrivo numerose novità per le partite Iva dalla legge delega di riforma fiscale. È stato infatti depositato un pacchetto di emendamenti alla legge delega che prevede, tra le varie novità, anche la mensilizzazione degli acconti e la riduzione progressiva della ritenuta di acconto. Il tutto al fine di riformare il metodo di calcolo delle imposte da versare delle partite Iva e dei lavoratori autonomi.

Legge delega di riforma fiscale: a che punto è l’approvazione?

Ad oggi, sono 27 gli emendamenti presentati alla legge delega di riforma fiscale. A questi si aggiunge anche l’emendamento relativo al catasto. Sugli emendamenti si concentrerà dunque il lavoro delle Commissioni parlamentari in vista dell’accordo della maggioranza parlamentare. A essere revisionati, in particolare, saranno gli articoli 2 di riforma Irpef e superamento del sistema duale, e l’articolo 6 relativo alla riforma del catasto.

Legge delega di riforma fiscale: tutte le novità delle partite Iva

L’elenco degli emendamenti presentati nella legge delega di riforma fiscale per le partite Iva e i lavoratori autonomi prevede, nel dettaglio:

  • l’eliminazione del sistema duale di tassazione;
  • l’exit tax per 2 anni per le partite Iva che superino il tetto dei 65 mila euro;
  • l’introduzione del principio dell’equità orizzontale;
  • il ribasso dell’Irpef per i redditi medi e bassi;
  • l’avvio del sistema di rimborso tramite cashback fiscale per le spese sanitarie;
  • l’abolizione dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap) per gli studi associati, le società di persone e le società di professionisti;
  • la riforma del catasto con l’introduzione dei valori del mercato con allentamento del valore patrimoniale;
  • l’armonizzazione delle tasse sul risparmio;
  • i controlli fiscali mediante l’utilizzo di algoritmi.

Quali altre novità sono previste per le partite Iva dalla legge delega di riforma fiscale?

Sono previste inoltre, altre novità dalla legge delega di riforma fiscale per le partite Iva. In particolare:

  • l’allargamento degli adempimenti da effettuare per via telematica;
  • l’integrazione delle banche dati fiscali;
  • la revisione delle sanzioni amministrative che saranno improntate sulla proporzionalità e sulla gradualità;
  • la mensilizzazione, da adottare in via progressiva, degli acconti e dei saldi;
  • il ribasso della ritenuta di acconto;
  • la garanzia del rispetto dell’autonomia tributaria a favore degli enti territoriali;
  • la revisione dei costi indeducibili, in via parziale o totale, dell’Ires;
  • la destinazione di una parte delle imposte del contribuente al suo comune di residenza;
  • la revisione periodica della legislazione tributaria codificata.

Partite Iva, le novità in arrivo sulla revisione dell’Irpef

Sulla revisione dell’Irpef delle partite Iva con obiettivo di rispetto del criterio di progressività, le novità in arrivo consistono:

  • nel considerare le modalità di versamento dell’Ipef degli imprenditori individuali, dei lavoratori autonomi e dei lavoratori ai quali si applicano gli Indicatori sintetici di affidabilità fiscale;
  • nel mantenimento del meccanismo attuale di calcolo dei saldi e degli acconti;
  • nella revisione del carico fiscale con la mensilizzazione in via progressiva degli acconti e dei saldi stessi;
  • nell’abbassamento della ritenuta di acconto.

In cosa consiste nella pratica la riforma dell’Ipef delle partite Iva per saldi e acconti?

Le novità sull’Irpef delle partite Iva e dei lavoratori autonomi potrebbero consentire, già a decorrere dal 2022, di far pagare la metà delle imposte a novembre rateizzate nell’anno susseguente. Inoltre, a decorrere dal prossimo 1° gennaio, si procederebbe alla riduzione del 20% della ritenuta di acconto versata dalle partite Iva e dai lavoratori autonomi. Siffatto meccanismo andrebbe ancora ampliato affinché possano essere tutelati i redditi medi e bassi dei lavoratori autonomi. A tal proposito, è previsto dalla legge delega fiscale la progressiva diminuzione delle aliquote medie dei redditi più bassi.

Detrazioni e deduzione delle partite Iva nella legge delega fiscali: quali sono le novità in arrivo?

Ulteriori novità sono in arrivo per le partite Iva e per i lavoratori autonomi dalla legge di delega fiscale per quanto concerne le detrazioni e le deduzioni. La revisione dei due istituti, infatti, saranno oggetto di trasformazioni che metteranno al primo posto le detrazioni spettanti per le spese sanitarie e sociale. Si punterà, per l’acquisto di beni e servizi rientranti nel paniere delle spese sociali e sanitarie, al rimborso immediato attraverso l’utilizzo di piattaforme telematiche che consentano l’accredito diretto del 19%.

Legge delega fiscale, in arrivo il cashback sulle spese socio-sanitarie con rimborso immediato del 19%

Pertanto, tali piattaforme di cashback fiscale consentiranno al contribuente di poter ottenere il rimborso immediato del 19% di detrazione. Il meccanismo prevede il trasferimento dello sconto sull’Iban comunicato dal contribuente tramite l’applicazione IO. Un meccanismo, dunque, che riproduce quello già sperimentato tra la fine del 2020 e il 2021 del Cashback di Stato.

Partite Iva a regime forfettario: ecco quanto si paga di tasse mediamente con la flat tax

Dall’elaborazione dei dati sulle statistiche fiscali del ministero dell’Economia e delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi del 2021 emergono i guadagni delle partite Iva a regime forfettario. Tra aderenti alla flat tax e vecchi minimi, sono 1,7 milioni le partite Iva iscritte al regime fiscale di vantaggio. Tuttavia, considerando le nuove aperture di partita Iva, potrebbe essere stato già superato il tetto dei due milioni di contribuenti che scelgono il regime agevolato. In tutto, dalla flat tax arriva un gettito di imposte pari a 2,3 miliardi di euro per un prelievo fiscale di oltre 1.550 euro per partita Iva.

Partite Iva a regime forfettario, quante sono nel 2022?

Dall’elaborazione dei dati del ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che il numero di partite Iva a regime agevolato (forfettari e vecchi minimi) ha superato quota 1,7 milioni. Se si aggiungono le nuove aperture (nel 2021 sono state più di 239 mila le nuove partite Iva forfettarie) e quelle del 1° trimestre del 2022 (all’incirca 100 mila nuove aperture), nell’anno in corso si supereranno abbondantemente i due milioni di partite Iva a regime di flat tax.

Partite Iva flat tax, quanto guadagnano mediamente?

I dati, inoltre, evidenziano che le partite Iva a regime di flat tax (con imposta del 15% o del 5% nei primi cinque anni di attività), pagano un volume di imposte pari a 2,3 miliardi di euro. Le informazioni sono tratte dalle dichiarazioni dei redditi del 2021 per l’anno di imposta 2020. Il valore medio di imposta pagato mediamente, dunque, è di 1.556 euro all’anno per ciascuna partita Iva. Il reddito imponibile, sul quale calcolare il carico fiscale, è di 18,9 miliardi di euro che, suddiviso per tutte le partite Iva a regime agevolato, produce un reddito medio di 12.961 euro. Il valore è in diminuzione rispetto all’anno di imposta 2019 (prima del Covid). Infatti, tre anni fa il guadagno medio era di 13.895 euro.

Quante sono complessivamente le partite Iva in Italia?

In totale, considerando tutti i regimi fiscali, il numero delle partite Iva in Italia è pari a 3,7 milioni di contribuenti. Meno della metà aderisce alla partita Iva forfettaria o al regime dei minimi. Sette partite Iva forfettarie su dieci concentrano la propria attività in quattro macro settori:

  • attività professionale, tecnica e scientifica pari al 35%;
  • commercio al dettaglio e all’ingrosso, pari al 14,6%;
  • sanità e assistenza sociale per l’11,9%;
  • altre attività di servizi per l’8%.

Qual è l’imposta media che pagano le partite Iva forfettarie a seconda dei settori di attività?

I dati forniscono anche le differenze di imposta media pagata dalle partite Iva a regime forfettario a seconda del settore di attività. In particolare, dai dati del ministero dell’Economia e delle Finanze emerge che:

  • attività immobiliari con partita Iva a regime forfettario pagano mediamente 2.230 euro all’anno;
  • le attività finanziarie e assicurative, 2.040 euro all’anno;
  • attività professionali, tecniche e scientifiche 1.910 euro all’anno;
  • attività di estrazione di minerali da cave e miniere, 1.890 euro;
  • le attività di costruzioni, 1.870 euro;
  • attività di fornitura di acqua; di reti fognarie; di attività di gestione dei rifiuti e di risanamento 1.820 euro;
  • attività sanitarie e di assistenza sociale, 1.570 euro;
  • le attività di fornitura di energia elettrica; gas; di vapore; di aria condizionata 1.520 euro;
  • i servizi di informazione e di comunicazione, 1.500 euro;
  • le attività manifatturiere, 1.330 euro.