Sicurezza sul lavoro, arriva il decreto con condono contributi

Gli incidenti sul lavoro sono una piaga per l’Italia e proprio per questo già nei giorni scorso il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone aveva annunciato l’avvio dei lavori per un decreto legge sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. I fatti di Firenze hanno però portato a un’accelerazione, ecco perché già nei prossimi giorni il provvedimento potrebbe essere in Consiglio dei ministri. Tra le novità annunciate vi è anche il condono per i contributi previdenziali non versati.

Condono per i contributi previdenziali non versati

Il lavoro irregolare aumenta l’incidenza degli incidenti sul luogo di lavoro perché si tratta di veri lavoratori fantasma, non tutelati in caso di incidente e quindi spesso lasciati in condizioni precarie, senza le dovute protezioni individuali e collettive. Al fine di aumentare la sicurezza sul lavoro sono quindi incentivate le regolarizzazioni attraverso la riduzione delle sanzioni applicate. Sia chiaro: la regolarizzazione prevede comunque il pagamento dei contributi, ma il datore di lavoro potrà beneficiare di una riduzione delle sanzioni applicate.

Queste non è l’unica novità che sarà introdotta. L’obiettivo è quello di contrastare il caporalato, contrastare il lavoro sommerso e aumentare la sicurezza.

Minori controlli per le aziende più sicure

Il provvedimento prevede anche la creazione di una lista di conformità in cui saranno iscritte le imprese che in seguito a controlli risultano essere in regola per quanto riguarda le norme in materia di sicurezza sul lavoro. L’iscrizione nella lista implica che per 18 mesi non saranno eseguiti ulteriori controlli.

Non vengono invece intaccate le misure già applicate, in particolare continua ad esservi l’obbligo il personale occupato dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice di avere il tesserino di riconoscimento sul luogo di lavoro.

Infine, dovrebbe venir meno la penale per la somministrazione fraudolenta di lavoro, sostituita dall’aumento dell’ammenda applicata da 20 a 30 euro per ogni lavoratore impiegato e per ogni giornata di lavoro effettuata.

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Reddito di cittadinanza/inclusione, spuntano 10.000 posti di lavoro

Prende vita il nuovo progetto contro povertà ed emarginazione.  Arrivata la firma del protocollo tra Ministero del Lavoro, Anpal Servizi e il Consorzio Elis con 10.000 posti di lavoro, opportunità destinate a percettori di reddito di cittadinanza, reddito di inclusione e a rischio emarginazione.

10.000 posti di lavoro per percettori di reddito di cittadinanza/assegno di inclusione

Il nuovo Governo fin dall’insediamento ha avuto tra gli obiettivi quello di rivoluzionare il reddito di cittadinanza, attraverso una riduzione del numero dei percettori e soprattutto come misura ad esaurimento per coloro che sono abili al lavoro.

Il nuovo protocollo si inserisce proprio in questo progetto e mira a collocare nel mondo del lavoro gli occupabili andando quindi a ridurre i percettori del reddito di cittadinanza, misura a breve sostituita dal reddito di inclusione o assegno di inclusione.

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Contributi datori di lavoro per chi assume percettori assegno di inclusione

Il progetto può essere definito triangolare perché con diverse funzioni coinvolge 3 soggetti. In primo luogo c’è il Ministero del Lavoro che mette a disposizione delle aziende che aderiscono al progetto “Distretto Italia” i dati relativi alle politiche nazionali del lavoro, come il programma GOL, Piano Nazionale Giovani, Donne e lavoro e l’elenco dei soggetti occupabili di età compresa tra 18 e 59 anni di età.

Il Consorzio Elis invece si impegna a proporre alle persone segnalate percorsi di reinserimento nel mondo del lavoro e si occupa di individuare posizioni vacanti in cui collocare le persone a rischio emarginazione. Attraverso tale triangolazione si favorisce l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Settori in cui sono disponibili posti di lavoro

Attualmente, tenendo in considerazione le aziende che hanno aderito al progetto Distretto Italia, sono stati individuati già 10.000 posti di lavoro nei settori telecomunicazioni, energia, costruzioni e trasformazione digitale. Le imprese che partecipano al progetto sono impegnate nelle politiche di parità di genere e nell’inserimento dei NEET, cioè giovani non impegnati in percorso di studio, formazione o lavoro.

In base alle stime rese note dal Ministro del Lavoro, Marina Calderone, nei prossimi mesi si arriverà alla disponibilità di 1,5 milioni di posti di lavoro che consentiranno di dare opportunità concrete di carriera a giovani e meno giovani.

Per quanto riguarda i percorsi di formazione, saranno gratuiti e di durata compresa tra 5 e 20 settimane, mirano a fornire competenze da sfruttare nel mondo del lavoro in modo che vi sia una collocazione più soddisfacente.

Le aziende che decideranno di assumere potranno inoltre beneficiare degli incentivi per le assunzioni.

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Reddito di cittadinanza, arriva la proposta shock con sospensione per 6 mesi

Proposta shock da Matteo Salvini: per trovare i soldi per finanziare Quota 102 propone la sospensione del reddito di cittadinanza per 6 mesi a chi può lavorare.

Proroga di Quota 102 con il sospensione per sei mesi del reddito di cittadinanza

Che la riforma della pensione sia il cruccio di Salvini e il reddito di cittadinanza la misura odiata dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è cosa abbastanza nota, ma ora arriva una proposta che per molti italiani potrebbe cambiare davvero tutto. Si è visto negli approfondimenti passati che per ora si ipotizza di non effettuare alcuna riforma della pensione. Resterebbe quindi in vigore le legge Fornero senza alcuno scivolo. Dovrebbero invece essere prorogate l’Ape Sociale che ha un’applicazione limitata e vi rientrano una quota limitata di persone e Opzione Donna che porta comunque alla perdita di circa il 30% dell’assegno pensionistico.

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Quota 102 attualmente in vigore è invece in scadenza al 31 dicembre e per ora non hanno trovato reperibilità coperture e proprio da questo limite arriva la nuova idea di Matteo Salvini, vice premier.

Sospensione per sei mesi del reddito di cittadinanza: a rischio 900 mila percettori

L’ipotesi allo studio è tagliare per 6 mesi il reddito di cittadinanza a coloro che possono essere utilmente collocati nel mondo del lavoro. Non dovrebbero quindi rientrarvi coloro che hanno delle invalidità e i pensionati con assegno minimo che percepiscono l’integrazione. Questa misura dovrebbe consentire il risparmio di un miliardo di euro e questo dovrebbe bastare a finanziare il meccanismo di uscita dal mondo del lavoro con un’età minima di 61 anni e 41 anni di anzianità contributiva. Si tratterebbe quindi di una proroga di Quota 102.

Questa proposta di Salvini ha trovato spazio all’interno di un’intervista nel prossimo libro, in uscita il 4 novembre, di Bruno Vespa. Sulla sua reale potenzialità vi sono dubbi perché in un momento così difficile togliere il reddito di cittadinanza a 900.000 famiglia potrebbe deprimere ancora di più i consumi emettere in grave difficoltà le famiglie se realmente non si propone loro un inserimento lavorativo.

In realtà il ministro impegnato nella scrittura della riforma delle pensioni è Marina Calderone  al vertice del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La proposta che arriva dalla neo-ministra è di una Quota flessibile con possibilità di andare in pensione con un’anzianità contributiva di 35 anni e un’età compresa tra 61 e 66 anni, ma con una riduzione cospicua anche in questo caso per l’importo mensile. La riduzione sarebbe tanto più ampia quanto più si anticipa l’uscita dal lavoro.

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Quota flessibile: la nuova riforma della pensione della ministra Calderone

La neo-ministra Marina Calderone, a cui è stato affidato il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è già al lavoro e il punto di partenza è al riforma delle pensioni con l’obiettivo di individuare un possibile scivolo che consenta di evitare la legge Fornero. Tra le ipotesi fatte finora, quella che sembra più probabile è la Quota Flessibile.

Riforma della Pensione: cosa vuol dire Quota Flessibile?

Nel giorni scorsi avevamo parlato di Quota 41 voluta dalla Lega e di Opzione Uomo, ora finalmente sembra che le indiscrezioni vadano a concretizzarsi con la possibilità di uscita dal lavoro in un arco di età flessibile dai 61 ai 66 anni di età.

La proposta dovrebbe portare al pensionamento di 470 mila persone. Marina Calderone prima di arrivare al Ministero era a capo della Fondazione studi dei consulenti del lavoro e questo fa in modo che sull’argomento sia molto preparata perché di fatto conosce i numeri e quindi non fa proposte “alla cieca”.

La Ministra ha parlato di una Quota 100 o Quota 102 flessibili con possibilità di uscire dal lavoro avendo maturato almeno 35 anni di contributi e con un’età compresa tra 61 e 66 anni. Rispetto a Quota 102 come ora in vigore, e in scadenza al 31 dicembre 2022, c’è comunque una novità, infatti questa prevede l’uscita dal mondo del lavoro solo dopo aver compiuto 64 anni di età con 38 anni di contributi, mentre con la nuova norma ci sarebbe maggiore flessibilità per quanto riguarda il requisito anagrafico.

Ricordiamo che il 31 dicembre oltre a scadere Quota 102, scadono anche Opzione donna che prevede il pensionamento 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) ma con taglio sulla pensione calcolata solo con il sistema contributivo e Ape Sociale che consente il ritiro anticipato a 63 anni per i lavori gravosi.

Secondo quanto dichiarato dalla neo-ministra al quotidiano Repubblica, l’obiettivo non è semplicemente favorire il pensionamento evitando la legge Fornero, ma sostenere le nuove assunzioni e il ricambio generazionale nelle aziende. Rispetto all’applicazione della Quota 102 rigida la nuova soluzione porterebbe al pensionamento del doppio delle persone.

Quale sarà il prezzo da pagare per la Quota Flessibile?

Purtroppo sembra che anche in questo caso potrebbero esservi dei riflessi sull’importo della pensione, due sono le ipotesi allo studio: un ricalcolo andando a preferire il sistema contributivo rispetto a quello retributivo/misto, la seconda ipotesi invece sarebbe una riduzione rapportata agli anni di anticipo del pensionamento rispetto alla legge Fornero.

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Professionisti in difficoltà a causa del calo del fatturato

La crisi economica si è abbattuta anche sui professionisti, che hanno visto il loro fatturato diminuire sensibilmente, soprattutto nelle fasce di lavoratori più giovani.
Ad esempio, i professionisti dell’area giuridica hanno perso in sei anni il 23% del loro fatturato, mentre nell’area tecnica la percentuale è del 15%.

La tendenza, inoltre, non sembra si sia fermata, quindi le categorie interessate hanno deciso di reagire, con un’adunata degli Ordini territoriali svoltasi lo scorso sabato, con un coro univoco di proteste che chiedevano, in primo luogo, l’equo compenso.

Secondo i professionisti l’ondata di liberalizzazioni e l’eliminazione dei minimi tariffari ha finito per favorire una corsa al ribasso che ha fatto male a tutti ma soprattutto alle fasce più deboli di ogni categoria.
Il problema quindi è quello dei compensi, ma anche lo split payment, il pagamento esente da Iva da parte delle pubbliche amministrazioni, delle loro controllate e delle società quotate, ha suscitato non poche polemiche, colpevole di danneggiare ulteriormente i professionisti, equiparati alle aziende ma vissuto come tassa in grado di mettere ancora di più in ginocchio i fatturati dei professionisti di tutte le categorie

Il Cup, Comitato unico delle professioni, ha riconsiderato la questione dell’equo compenso, confrontandolo quando avviene fuori dai confini italiani. In Spagna per esempio è previsto un tariffario orientativo, mentre in Germania le tariffe sono obbligatorie e il mancato rispetto da parte del professionisti è sanzionato a garanzia dei cittadini che hanno dei riferimenti certi. Ciò, dunque, dimostrerebbe che non è stata una direttiva comunitaria a stabilire l’abolizione delle tariffe, come è avvenuto per i professionisti italiani.

Sparite le tariffe, sono entrati in vigore i parametri giudiziali, che servono al giudice per stabilire il valore della prestazione professionale nel caso si instauri su di essa una controversia. Il punto è che si tratta di dati non utilizzabili nel corso dell’ordinaria attività. Gli ordini professionali sono in agitazione proprio per questa lunga serie di motivazioni e le iniziative si fanno sempre più decise per arrivare ad un risultato concreto.
Per questi motivi, il Cup ha richiesto, in occasione dell’audizione sul Jobs Act del lavoro autonomo alla Camera, di ripristinare le tariffe, anche per arginare la crisi.

Ad esprimersi è stata Marina Calderone, presidente del Cup e del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro: “Si torna a parlare di equo compenso per vari motivi. Innanzitutto perché a pagare gli effetti della crisi economica degli ultimi anni sono stati soprattutto i liberi professionisti italiani, che molto spesso costituiscono la parte più debole del rapporto contrattuale. Nella nostra Costituzione il lavoro è protetto in tutte le sue forme ed applicazioni. Lavoratore è il termine con cui ci si riferisce a tutti coloro che lavorano, senza alcuna distinzione di categoria. È evidente, quindi, che anche il professionista ha diritto a un compenso che sia correlato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto, come sancito dall’art. 36 della Costituzione. A garanzia della dignità dei liberi professionisti e dei loro committenti”.

Vera MORETTI

Calderone: consulenti del lavoro accanto alle aziende per difenderle dalle illegalità

Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro, intervenendo al convegno Caporalato, appalti e somministrazione, organizzato dai professionisti alla Camera dei Deputati, ha voluto ricordare ancora una volta come la categoria dei consulenti del lavoro sia da sempre impegnata a sostenere le aziende virtuose, aiutandole a combattere contro la legalità.

A questo proposito, Calderone ha dichiarato: “Non possiamo pensare a un mercato del lavoro inclusivo senza ribadire quanto l’attenzione verso il rispetto e la legalità sia fondamentale. Servono buone norme e soprattutto che siano applicabili, generalmente differenziando i percorsi, e mettendo in evidenza chi vuole mantenere la regolarità nel mondo del lavoro”.

Obiettivo primario dei consulenti del lavoro, deve, quindi, rimanere la qualità del lavoro, che ovviamente significa anche rispetto delle regole, che spesso vengono sottovalutate , se non del tutto ignorate.
Ha aggiunto la presidente dei Consulenti del Lavoro: “I consulenti del lavoro sono per l’etica, per la deontologia professionale, per l’accompagnamento di aziende e lavoratori verso quella applicazione ragionata di principi e regole che possano garantire che mercato del lavoro sia basato su reali possibilità e non drogato da fenomeni di sfruttamento”.

Vera MORETTI

Accordo Equitalia-Consulenti del lavoro

Importante accordo di collaborazione tra Equitalia e Ordine dei Consulenti del Lavoro. La collaborazione, resa nota da Equitalia con un comunicato diramato nei giorni scorsi, punta a “offrire un servizio di assistenza sempre più attento ai contribuenti in materia di cartelle di pagamento, rateizzazioni e procedure di riscossione”.

Il protocollo d’intesa è stato firmato il 26 aprile scorso dall’amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini, e dalla presidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro, Marina Calderone.

In base all’accordo, le due realtà potranno utilizzare canali di contatto online, incontri formativi e tavoli tecnici, anche attraverso l’intervento degli enti impositori. Il valore aggiunto dell’accordo sta però nei diversi accordi sottoscritti a livello locale.

In base a essi, i consulenti del lavoro iscritti all’Ordine avranno la possibilità di accedere allo sportello telematico dal sito del Gruppo per richiedere assistenza per conto dei loro assistiti, attraverso pagina Associazioni e Ordini dalla quale è possibile interloquire con le sedi provinciali di Equitalia per richiedere informazioni sui diversi casi in gestione dai consulenti.

Parità di genere e professioni, la voce dei consulenti

La parità di genere non deve essere solo uno slogan ma una solida realtà. Anche e soprattutto nel mondo delle professioni. Ne è convinta Marina Calderone, presidente del Comitato Unitario delle Professioni (CUP) e dei Consulenti del Lavoro, che nei giorni scorsi è intervenuta sul tema del lavoro autonomo e della parità di genere.

La riforma del lavoro, iniziata con il Jobs Act – ha affermato Calderone -, potrà dirsi conclusa con un piano normativo efficace anche sul fronte del lavoro autonomo, che possa favorire le esigenze dei professionisti iscritti agli ordini professionali”.

Secondo i consulenti, con il Jobs Act fa un passo avanti positivo il tema della parità di genere, mentre sul fronte del lavoro autonomo il percorso è ancora tutto da perfezionare. Se, da una parte, Calderone commenta positivamente la parte del Jobs Act che regola la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, dall’altra aggiunge che “è necessario però mettere in campo ulteriori riflessioni anche sul ruolo che le donne ricoprono all’interno della società e sulle difficoltà d’integrazione lavorativa che ancora oggi riscontrano. Tutto questo ricordando sempre l’apporto importante che le donne possono offrire allo sviluppo dell’economia italiana e alla gestione dell’economia familiare”.

Inoltre, il mondo delle professioni vive una contraddizione di fondo sul piano della parità di genere. Se, da un lato, è molto forte in esso la componente femminile, dall’altro, secondo i Consulenti del lavoro, vi è un differenziale nella retribuzione tra donne professioniste e uomini professionisti che va a discapito delle prime.

Per ovviare a questa stortura nella parità di genere, dice Calderone, occorre approntare “strumenti di welfare flessibili che offrano alle professioniste sostegni aggiuntivi al congedo di maternità obbligatorio”. Un aspetto nel quale, ricorda Calderone, i consulenti del lavoro si sono sempre dimostrate parte attiva a sostegno delle donne professioniste.

Liberi professionisti, la difesa dei consulenti del lavoro

I liberi professionisti sono da sempre trattati, almeno dalla politica e dal mondo sindacale, come figli di un Dio minore. Dal Fisco no, tant’è vero che i liberi professionisti sono le vacche (sempre più magre) da spremere con tasse e balzelli, così come gli imprenditori.

Per fortuna ogni tanto qualcuno alza la voce in difesa dei liberi professionisti e del lavoro autonomo, ricordando a tutti come il settore sia vitale per l’economia del Paese, oltre che per il bagaglio di cultura e di formazione che si porta dietro.

Ora questo qualcuno sono i consulenti del lavoro, che attraverso la voce del presidente Marina Calderone ribadiscono con forza la necessità di tutelare il lavoro autonomo: “Come liberi professionisti, dobbiamo puntare sempre di più sulla nostra preparazione e formazione, sulla nostra capacità di ascolto e anche di proposizione. Anche perché il 2015 si apre con delle riforme in materia di lavoro che vedranno impegnati i consulenti del lavoro in primis, e tutte le professioni in generale. Per questo, ancora una volta vorremmo chiedere al governo un maggiore attenzione per un segmento spesso dimenticato ma che invece è molto importante: il lavoro autonomo“.

Calderone parla a difesa dei liberi professionisti anche in qualità di presidente del Cup, il comitato unico delle professioni: “Staremo a guardare e vigileremo sui decreti delegati al Jobs Act. Vorremmo vedere un’inversione di tendenza, una maggiore attenzione a tutti quelli strumenti che servono ad accompagnare le persone al lavoro, soprattutto le persone che non hanno un’occupazione perché l’hanno persa“.

Dopo aver espresso gli auspici per il 2015 per i liberi professionisti, Calderone chiude con uno sguardo al 2014 che si è appena concluso: “Il 2014 che si chiude è stato sicuramente un anno caratterizzato dal fenomeno che ci accompagna da qualche anno cioè la crisi che, abbiamo visto, ha contratto ancor di più i consumi e la capacità di spesa delle famiglie e ha amplificato i temi che i consulenti del lavoro seguono nello specifico: la crisi dei posti di lavoro. Questo è l’elemento caratterizzante di quest’anno, una situazione estremamente complicata. Ecco perché noi guardiamo con attenzione agli scenari futuri guardando anche agli strumenti che il governo vorrà mettere in campo per cercare di dare una riposta in termini di incentivi agli investimenti e di creazione di posti di lavoro“.

Intesa Giovannini-Calderone su legalità e semplificazione

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha stipulato un protocollo d’intesa con l’Ordine Nazionale dei Consulenti del Lavoro, volto a garantire la regolarità delle imprese per quanto riguarda contribuzione e retribuzione.

Alla firma erano presenti il ministro del Lavoro Enrico Giovanni e il presidente del Consiglio dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, che desiderano portare avanti, con questo accordo, lo sviluppo e la diffusione della cultura della legalità e la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.

Da una nota comune: “L’asseverazione, denominata Asse.Co., verrà rilasciata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, anche attraverso la propria Fondazione Studi; consentirà di certificare la regolarità rispetto a lavoro minorile, orario di lavoro, contratti collettivi, obblighi contributivi e pagamento della retribuzione, relativi al lavoro subordinato e parasubordinato instaurati dai datori di lavoro. La garanzia della regolarità così certificata dai consulenti del lavoro consentirà ai datori di lavoro di fare affidamento sulla correttezza dei propri adempimenti semplificandone la gestione. L’Asse.Co., rilasciata esclusivamente su istanza volontaria del datore di lavoro, avrà validità annuale e prevede idonee verifiche quadrimestrali rivolte a constatare il permanere delle condizioni di regolarità“.

Questa convenzione prevede l’applicazione dei regime sanzionatorio in caso di falsa attestazione da parte del datore di lavoro e del consulente e quest’ultimo sarà anche soggetto ai relativi provvedimenti disciplinari.
L’elenco dei datori di lavoro che otterranno l’Asse.Co. sarà pubblicato sul sito del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e da quello del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro.

Enrico Giovanni ha dichiarato a proposito: “Mi sembra veramente un risultato importante perché è un passo decisivo nella semplificazione e nel lavoro che insieme facciamo per far funzionare meglio il nostro Paese. E’ una collaborazione e una valorizzazione utile per tutti“.

Marina Calderone ha poi aggiunto: “Io credo molto nella funzione sussidiaria degli Ordini professionali e, nello specifico, in quella dei consulenti del lavoro. Questo è un atto di responsabilità dei professionisti; per questo faremo un’attività di formazione specifica sul processo di certificazione. Sono convinta che si debba contare sempre di più sulla specializzazione e sulle competenze, altrimenti trasmetteremmo ai nostri ragazzi il messaggio che si può fare tutto con pochi sforzi“.

Vera MORETTI