Carburanti, il MEF conferma nessun taglio delle accise

Negli ultimi giorni abbiamo assistito a un nuovo aumento del prezzo dei carburanti, in particolare in aumento il prezzo della benzina che al servito ha raggiunto il picco massimo di 2,50 euro al litro. Il MEF ha però confermato che non vi sono i presupposti per il taglio delle accise che possa aiutare a contrastare gli aumenti.

Taglio accise carburanti, una misura non ripetibile

Nei mesi scorsi abbiamo assistito ad aumenti importanti del costo che carburanti che hanno temporaneamente indotto il Governo a un taglio straordinario delle accise. Le perdite derivanti da tale taglio era compensate dal fatto che le entrate Iva con gli aumenti dei prezzi erano comunque cresciute.

Ora che il prezzo dei carburanti ha iniziato nuovamente la sua salita in tanti hanno sperato in un nuovo intervento governativo volto a ridurre il costo dei carburanti, e in particolare della benzina, attraverso un nuovo taglio delle accise. Dal MEF, Ministero dell’Economia e delle Finanze è però arrivata una risposta negativa, ha infatti ribadito che non vi sono le condizioni per procedere in tal senso.

Il motivo per il quale non si possono tagliare le accise è legato al fatto che il prezzo internazionale del petrolio non ha registrato rispetto al bimestre precedente degli aumenti, questo implica che gli aumenti di questi giorni non possono essere considerati di lungo periodo e di conseguenza non si può procedere al taglio delle accise.

Arriva l’obbligo di esporre il cartellone con i prezzi medi di benzina e diesel

Sono comunque previste delle tutele per gli automobilisti, infatti, il Sottosegretario al MEF, Lucia Albano, ha sottolineato che dovranno essere esposti dagli impianti di distribuzione sul territorio, con l’obiettivo – sottolineato dal governo – di favorire la trasparenza- i prezzi medi dei carburanti in Italia.

Questo consentirà agli automobilisti anche si scegliere il distributore più conveniente. In autostrada il prezzo medio attuale è di 1,984 euro al litro per la benzina e di 1,854 euro al litro per il diesel al self service, i prezzi sono leggermente più alti al servito.

I picchi visti nei giorni scorsi sono frutto di scelte indipendenti del distributore e non giustificati e di conseguenza si invitano gli automobilisti a prestare attenzione anche utilizzando le app che monitorano i dati sui prezzi in tempo reale e consentono di scegliere il distributore più conveniente.

A livello territoriale i prezzi più alti in questo periodo si registrano in Puglia e nella provincia autonoma di Bolzano, Marche e Veneto hanno invece i prezzi più bassi.

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Cessione del credito Superbonus, operatori attivi

Il tema dei crediti incagliati da Superbonus continua a far discutere e nei giorni passati vi è stata un’interrogazione parlamentare a cui ha risposto il sottosegretario al MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze), Lucia Albano. Ecco le più importanti novità sui crediti incagliati e gli operatori che consentono la cessione del credito.

Cessione del credito Superbonus, cosa succede?

Con il decreto Cessioni del mese di febbraio vi è strato lo stop alla cessione del credito e allo sconto in fattura per il Superbonus e altri bonus edilizi. Questo ha creato molto scompiglio, ma soprattutto sono molte le imprese e i provati che sono rimasti con i crediti bloccati e non riescono a collocare sul mercato i crediti già maturati prima del blocco. Per molti l’unica possibilità restano le detrazioni fiscali che possono però essere godute in un arco temporale lungo, possono essere insufficienti rispetto ai crediti maturati e richiedono un anticipo delle spese da sostenere. Ecco perché il tema della cessione dei crediti incagliati desta molto interesse.

L’interrogazione parlamentare mira a definire i piani futuri del Governo per i crediti incagliati, a chiarire se Enel X ha realmente intenzione di aprire ad operazioni di cessioni del credito e a definire quali sono gli operatori ( intermediari bancari, assicurazioni) che intendono intervenire nelle operazioni di cessione dei crediti maturati.

Operatori attivi nella cessione del credito per bonus edilizi

Il Sottosegretario al Mef ha fornito delucidazioni con la risposta 5-01135. Ha indicato gli operatori che attualmente stanno effettuando operazioni di ricessione del credito al fine di liberare capienza fiscale e acquistare dagli operatori nuovi crediti.

Si tratta di:

  • Intesa San Paolo;
  • Sparkasse;
  • Unicredit.

Sottolinea che Poste Italiane ha confermato di essere a lavoro per ripristinare la piattaforma per la cessione del credito. Il Sottosegretario ha ribadito che anche Banco BPM ha annunciato l’intenzione di entrare nel mercato della cessione del credito.

Per quanto riguarda invece Enel X, non vi sono particolari novità, si sottolinea che sta normalmente operando nel suo settore, ma trattandosi di un soggetto privato, il Ministero non può intervenire il suo ruolo è limitato all’interlocuzione.

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Cessione del credito: quali novità ci sono?

Lucia Albano, nella risposta scritta all’interrogazione parlamentare, ha sottolineato che sono inoltre attive le piattaforme per l’incontro di domanda e offerta di cessione del credito. le stesse sono gestite da privati, si tratta di:

  • SiBonus;
  • FederBonus;
  • Finanza.Tech;
  • Giroconto;
  • Innova.Credit.

 

Pagamento Pos, a breve modifiche alle commissioni

A breve potrebbero esservi novità positive per commercianti e professionisti,  è stato istituito il tavolo tecnico per la modifica alle commissioni per il pagamento Pos.

Bocciata la legge di bilancio 2023, si studiano nuove ipotesi per le commissioni su pagamento Pos

La bozza della legge di bilancio 2023 prevedeva inizialmente l’eliminazione dell’obbligo di accettare pagamenti con il bancomat per importi inferiori a 30 o 60 euro. La bozza fu inviata all’Unione Europea che criticò tali misure sostenendo che incoraggiavano l’evasione fiscale. Proprio per questo motivo le norme sparirono dalla legge di bilancio 2023. La ratio della scelta di eliminare l’obbligo di accettare il pagamento con Pos era nel fatto che i commercianti quando accettano tali pagamenti pagano una commissione bancaria che varia in base alla banca. Questo implica che, per piccoli importi, i guadagni effettivi possono essere erosi in maniera considerevole da tali commissioni. Saltata la norma che lasciava i commercianti liberi di non accettare i pagamenti elettronici, resta il problema delle commissioni.

Pagamento Pos: come è costituito il tavolo tecnico?

Proprio per questo motivo è stato istituito il tavolo tecnico presso il MEF ( Ministero dell’Economia e delle Finanze) in cui sono coinvolte anche le associazioni di categoria. In particolare partecipano al tavolo tecnico:

  • Banca d’Italia;
  • Agenzia delle Entrate;
  • Agenda per l’Italia Digitale;
  • Confartigianato, Confesercenti, Confcommercio;
  • Associazione italiana prestatori servizi di pagamento;
  • ABI;
  • Ministero delle imprese e del made in Italy.

In base al decreto del Mef del 3 marzo 2023, possono partecipare anche in qualità di uditori altri soggetti interessati.

L’obiettivo è individuare soluzioni che possano sollevare i commercianti dal pagamento delle commissioni per i piccoli importi.

Commissioni pagamento Pos: doppia soglia

In base ai primi lavori sembra che si opti per individuare una doppia soglia, dovrebbero quindi essere sollevati dall’onere di pagare le commissioni gli esercenti attività di impresa, arti e professioni con ricavi e compensi relativi all’anno antecedente inferiori a 400 mila euro e per pagamenti singoli di importo fino a 30 euro.

Il gruppo di lavoro ha 90 giorni di tempo per definire una bozza equa e trasparente inerente i costi delle commissioni. In caso contrario si procederà a chiedere il versamento di un contributo straordinario pari al 50% delle commissioni introitate per le transazioni inferiori a 30 euro. Questi andranno a costituire un fondo destinato al sostegno di commercianti e professionisti.

Superbonus e crediti incagliati: cosa succede ora?

Il Superbonus mette in apprensione molti italiani, soprattutto coloro che hanno già iniziato i lavori e rischiano di dover pagare di propria tasca gli interventi, sebbene avessero fatto affidamento sulla misura introdotta dal Governo Conte e voluta dal M5S. Da quanto emerso ieri c’è però la volontà di uscire dall’empasse e risolvere il problema dei crediti incagliati. Ecco le ipotesi allo studio.

Superbonus: i numeri della legge che consentiva di ristrutturare gratis

Con il decreto 11 del 16 febbraio 2023 il Governo ha provveduto a bloccare la cessione del credito e dello sconto in fattura per le operazioni per le quali entro il 16 febbraio 2023 non sia intervenuta la Cila (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) e per i lavori in condominio anche la delibera di assemblea.

Lo stop dello sconto in fattura non riguarda solo il Superbonus, ma anche tutti i bonus edilizi in vigore che potranno però continuare ad ottenere le agevolazioni con lo sconto Irpef a rate.

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Nelle ultime ore sono in forte apprensione i proprietari di case e le imprese edili, le seconde mettono in rilievo soprattutto la necessità di dover licenziare migliaia di lavoratori e il rischio di fallimento per circa 25.000 imprese del settore edile. La perdita dei posti di lavoro ammonterebbe a circa 100.000 unità. In questo momento vi è la certezza dello stop alla cessione dei crediti futuri. Molta apprensione vi è invece per la sorte di quelli che già sono esistenti, si parla di circa 15 miliardi di crediti incagliati. L’obiettivo dello stop alla cessione dei crediti futuri è proprio quello di favorire lo “smaltimento” di quelli pre-esistenti.

I proprietari invece scontano il blocco della cessione dei crediti maturati. Resta che, in base a quanto dichiarato dal Governo, il Superbonus avrebbe generato 9 miliardi di debito pubblico che pesa per circa 2.000 euro su ogni italiano, compresi i neonati. Il totale del debito pubblico italiano ammonta invece a 2.700 miliardi di euro.

Crediti incagliati: cartolarizzazione o uso del modello F24

Per aiutare tutte le parti a superare il problema, nella giornata del 20 febbraio 2023 vi è stato un incontro tra il Governo, l’ABI (Associazione bancari) e i costruttori dell’Ance, Cassa Depositi e Prestiti, Sace (Servizi Assicurativi e Creditizi per le Imprese). L’obiettivo è evitare il completo blocco anche dei cantieri già avviati e tra le soluzioni che sembrano essere maggiormente apprezzate e condivise tra le parti l’ipotesi dell’utilizzo del modello F24 per “scontare” i crediti vantati.

Tra le ipotesi allo studio vi è un intervento di Cassa Depositi e Prestiti, partecipata dallo Stato, che dovrebbe intervenire con una cartolarizzazione dei crediti, a questa ipoetesi sta lavorando soprattutto Forza Italia con l’aiuto del Mef ( Ministero dell’Economia e delle Finanze). La stessa ipotesi sembra però residuale.

L’intervento di Sace invece sembra confermare l’ipotesi di un aumento delle garanzie pubbliche sui crediti incagliati.

Resta infine l’ipotesi più plausibile, cioè utilizzare i crediti incagliati con il modello F24. Si tratta del modello utilizzato per il pagamento della maggior parte dei tributi e di conseguenza i crediti maturati potrebbero essere usati in compensazionee quindi smaltiti in questo modo.

 

Pedaggi autostradali: aumenti in vista dal 1° gennaio 2023

Sale l’attesa per il decreto del ministero Infrastrutture e Trasporti (Mit) di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) per l’adeguamento delle tariffe dei pedaggi autostradali. Gli aumenti attesi sono tra l’1,5% e il 3,5%.

Aumenti dei pedaggi autostradali: trepidante attesa del decreto interministeriale

Generalmente dal 1° gennaio di ogni anno ci sono gli adeguamenti delle tariffe dei pedaggi autostradali, gli stessi sono definiti a livello ministeriale, ma di fatto derivano dalle “richieste” avanzate dai gestori della rete. Nel 2022 gli adeguamenti non vi sono stati, ma molto probabilmente non andrà così nel prossimo anno. In base alle notizie raccolte e pubblicate da Il Sole 24 Ore gli aumenti dovrebbero oscillare tra l’1,5% e il 3,5%.

Le stime sugli aumenti derivano dal fatto che Roberto Tomasi, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (Aspi), qualche mese fa ha dichiarato che vi sarebbe stata una richiesta di aumento dei pedaggi dell’1,5%. Attualmente Autostrade per l’Italia gestisce il 50% della rete italiana si tratta quindi di un importante tratto. Con gli aumenti si dovrà far fronte ai lavori per il miglioramento delle rete, la stessa società ha stimato investimenti nei prossimi 10 anni pari a 21,5 miliardi di euro per l’ammodernamento della rete. Di questi 14,5 miliardi dovrebbero andare alla costruzione di nuove opere tra cui la realizzazione in molti tratti di terze e quarte corsie e della Gronda di Genova.

Anche Savio ha chiesto l’aumento dei pedaggi autostradali

Il secondo gruppo italiano per estensione della gestione della rete è Savio e in questo caso e ha confermato di avere presentato al Ministero una richiesta di aumento dei pedaggi autostradali su tutte le tratte gestite. Gli aumenti richiesti sono differenziati in base alla tratta e non sono stati resi noti i dettagli, ma per la sola tangenziale di Milano l’aumento richiesto è del 3,5%.

Naturalmente il Ministero nel valutare le richieste non potrà non tenere in considerazione i Pef, Piani economici finanziari, presentati dai gestori e di conseguenza l’aumento delle tariffe sembra essere molto probabile anche in vista dell’inflazione elevata che ha portato a un aumento anche dei costi che le società devono sostenere per poter effettuare una corretta manutenzione.

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Aumenta il tasso di interesse legale dal 1° gennaio 2022: cosa cambia?

Quando dobbiamo pagare multe e sanzioni, scaduti i termini previsti per il pagamento si applicano gli interessi al tasso di interesse legale. Purtroppo il 16 dicembre gli italiani hanno avuto una doccia fredda perché in Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la legge, composta da un solo articolo, in cui si dispone che dal 1° gennaio 2023 il tasso di interesse legale arriva al 5%. Dal punto di vista pratico ciò si traduce in un maggiore esborso, ma ecco i dettagli.

Pubblicato il decreto con aumento del tasso di interesse legale

Attualmente il tasso di interesse legale fissato per il 2022 è dell’1,25%, ma con i costanti aumenti del costo del denaro determinato dalla BCE e con la spinta inflazionistica, è stato necessario adeguarlo.

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La normativa prevede che entro il giorno 15 dicembre di ogni anno con un decreto del Mef si può prevedere un aumento o una diminuzione del tasso di interesse legale applicato. Il tasso deve essere fissato avendo come punto di riferimento due indici:

  • Il tasso di inflazione registrato nel corso dell’anno;
  • rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi.

Il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, come anticipato, si compone di un solo articolo che recita: “La misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile è fissata al 5 per cento in ragione d’anno, con decorrenza dal 1° gennaio 2023”.

Questo nuovo aumento del tasso di interesse legale avrà effetti su molti atti e in particolare sul ravvedimento operoso, procedura che prevede la possibilità per il debitore/contribuente di regolarizzare la propria posizione con il Fisco attraverso una sorta di pentimento. Questo porta a una riduzione della sanzione da versare. Il pagamento della sanzione deve essere contestuale rispetto alla regolarizzazione della posizione con il Fisco, ma con applicazione dell’interesse legale in corso maturato giorno per giorno.

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No vax: arriva l’emendamento che sospende le multe non vaccinati

Novità per chi ha ricevuto una multa per la mancata sottoposizione all’obbligo vaccinale Covid: è stato presentato un emendamento per annullare le stesse. Provvedimento accolto favorevolmente dai no vax che hanno già ricevuto sanzioni.

Rallentano le misure anti-Covid: stop mascherine e aggiornamento settimanale

Già nel pieno della crisi pandemica il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, allora all’opposizione aveva mostrato perplessità sull’obbligo vaccinale e sulla sua reale utilità. Ora iniziano i primi provvedimenti volti a chiarire determinati aspetti. In primo luogo è stata istituita la commissione di inchiesta sul Covid, dovrà delineare se vi sono stati errori nella gestione dell’emergenza e da parte di chi.  Questo nonostante il Generale Figliuolo abbia ricevuto un riconoscimento dall’Ordine dei medici di Salerno proprio per la gestione della crisi epidemiologica. In secondo luogo si è proceduto a disporre l’aggiornamento settimanale e non giornaliero sui casi Covid. Ora arriva anche la terza novità importante.

Arriva l’emendamento per i No Vax: sospese le multe

Il Parlamento è alle prese con la conversione del decreto Aiuti Ter, l’ultimo del Governo Draghi e all’interno di questo ha trovato spazio un emendamento volto ad annullare le sanzioni predisposte per coloro che si sono sottratti all’obbligo vaccinale. Si tratta della multa di 100 euro per coloro che senza nessuna reale giustificazione non hanno aderito alla somministrazione del vaccino anti Covid-19.

La proposta di emendamento arriva direttamente con una nota del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Mira a sospendere fino al 30 giugno 2023 le attività e i procedimenti di irrogazione della sanzione nei casi di inadempimento dell’obbligo vaccinale Covid-19.

Nel frattempo i medici hanno già espresso perplessità sull’abolizione dell’obbligo di uso di mascherine negli ospedali. Sottolineano che in questo momento la diffusione è sotto controllo, ma che non è ancora il caso di abbassare la guardia in particolare nei presidi ospedalieri dove ci sono numerose persone con difese immunitarie compromesse. A esprimere timori è Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, il maggiore sindacato dei medici ospedalieri, il quale sottolinea anche che in realtà vi è l’esigenza di incrementare la somministrazione delle quarte dosi per evitare nuovi focolai pandemici.

Superbonus 110%: come si calcola il 30% del SAL?

La data del 30 settembre è ormai alle soglie e i proprietari di abitazioni unifamiliari che stanno usufruendo del Superbonus 110% entro tale data devono aver completato il 30% dei lavori previsti al fine di non perdere l’agevolazione. Molti si stanno però chiedendo come deve essere calcolata tale percentuale. A chiarire coma calcolare il Sal 30% è il MEF ( Ministero dell’Economia e delle Finanze).

Come calcolare il 30% del SAL (Stato di Avanzamento dei Lavori)?

I termini entro i quali poter usufruire del Superbonus sono diversi a seconda della tipologia di edificio sul quale si effettua l’intervento. Per le abitazioni/villette unifamiliari il termine finale è il 31 dicembre 2022, ma entro il 30 settembre 2022 è necessario comunicare il SAL, Stato di Avanzamento dei Lavori, con lavori eseguiti almeno al 30%.

In base ai chiarimenti dati dal MEF, il 30% non si riferisce solo ai lavori trainanti e trainati compresi nel Superbonus, ma deve essere inteso in senso complessivo e quindi può includere anche lavori diversi rispetto a quelli che rientrano nelle agevolazioni fiscali previste nellarticolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020.

Nello stesso documento c’è anche un’altra precisazione, infatti si sottolinea che i proprietari delle villette unifamiliari che non sono certi di poter terminare il 30% dei lavori entro il 30 settembre, non possono semplicemente anticipare le somme, ad esempio acquistando materiali ed effettuando pagamenti fino a copertura del 30% dei lavori. La nota del MEF sottolinea che “è necessaria la realizzazione di almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo, atteso che la norma fa espresso riferimento alla percentuale dei lavori effettuati.”

Nel caso in cui i beneficiari non riusciranno a completare i lavori nei termini previsti, la detrazione del 110% spetterà solo per le spese documentate ed eseguite entro tale data, mentre la rimanente parte resterà a carico del contribuente.

Ecco il documento del MEF proroga_super

Controlli stringenti sul SAL per la cessione del credito

Ricordiamo che con la circolare 23/E/2022 dell’Agenzia delle Entrate sono state disposte misure più stringenti per la cessione del credito al fine di evitare truffe proprio relative allo stato di avanzamento dei lavori. Per conoscere i dettagli leggi:

Superbonus 110%: come sbloccare la cessione del credito

e

Villette a schiera e superbonus 110%: quale scadenza deve essere rispettata?

 

 

 

Attività Fisica Adattata (A.F.A.): come funziona il credito di imposta?

Con il decreto 5 maggio 2022 è stato previsto il credito di imposta per Attività Fisica Adattata, anche conosciuto come bonus attività fisica adattata, anche se tale dicitura è impropria. Lo stesso ha ottenuto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 16 giugno 2022. Nel frattempo che si è in attesa del decreto attuativo, da emanare entro 90 giorni dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale  ( 15 settembre 2022), vediamo chi sono i soggetti che possono beneficiare di questa particolare agevolazione fiscale e quanto si può risparmiare.

Attività Fisica Adattata: a chi spetta il credito di imposta?

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ( comma 737 articolo 1) prevede che le persone fisiche che sostengono spese documentate per Attività Fisica Adattata nel periodo di imposta che va dal 1 gennaio 2022 al 31 dicembre 2022 possono ottenere un credito di imposta da utilizzare nella dichiarazione dei redditi relativa allo stesso periodo di imposta.

In poche parole il credito di imposta si potrà far valere nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2023 e relativa ai redditi del 2022. Proprio per questo, sebbene le modalità operative ancora non siano del tutto chiare, non vi è particolare fretta. Nel decreto è inoltre già previsto che nel caso in cui il credito maturato non possa essere fatto valere per intero nella dichiarazione 2023 relativa ai redditi 2022, potrà comunque essere frazionato e utilizzato in periodi di imposta successivi. Questo vuol dire che in nessun caso si potrà perdere parte del bonus attività fisica adattata. Deve però essere tenuto in considerazione che è previsto un limite allo stanziamento di 1,5 milioni di euro relativo al 2022.

Cos’è l’Attività Fisica Adattata A.F.A. e perché si riconosce il bonus?

A questo punto è importante capire cosa sia l’Attività Fisica Adattata, infatti appare evidente che non ci si riferisca semplicemente all’iscrizione in palestra. Per capire il perimetro di questa agevolazione fiscale è necessario avere come punto di riferimento l’articolo 2 del decreto legislativo 36 del 2021 dove viene fornita la definizione di A.F.A. (Attività Fisica Adattata).

Si tratta di “programmi di esercizi fisici, la cui tipologia e la cui intensità sono definite mediante l’integrazione professionale e organizzativa tra medici di medicina generale (MMG), pediatri di libera scelta (PLS) e medici specialisti e calibrate in ragione delle condizioni funzionali delle persone cui sono destinati, che hanno patologie croniche clinicamente controllate e stabilizzate o disabilità fisiche e che li eseguono in gruppo sotto la supervisione di un professionista dotato di specifiche competenze, in luoghi e in strutture di natura non sanitaria, come le «palestre della salute», al fine di migliorare il livello di attività fisica, il benessere e la qualità della vita e favorire la socializzazione”.

Appare chiaro quindi che si tratta di attività che rientrano in un ambito ben definito e che hanno l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dal punto di vista sanitario e sociologico di persone con patologie croniche e disabilità. Rientrano tra le patologie croniche che possono portare al beneficio fiscale morbo di Parkinson, artrosi, osteoporosi, patologie neurologiche e neuro-degenerative,  disturbi neuromotori e post-ictus. Nel decreto è specificato che le attività fisiche adattate devono essere svolte sotto la guida di personale qualificato, specificamente formato. Tale attività può anche essere sostitutiva di fisioterapia e volta al mantenimento di funzionalità motoria in patologie degenerative muscolo-scheletriche o neurologiche. Si ritiene che possano ottenere l’agevolazione anche soggetti affetti da Alzheimer.

Tra le discipline che potranno godere dei vantaggi fiscali ci sono la riabilitazione funzionale.

Come presentare la domanda per ottenere il credito di imposta AFA?

Naturalmente le istanze possono essere presentate solo da persone fisiche per attività svolte personalmente o da soggetto fiscalmente a carico, ad esempio un figlio disabile. I costi sostenuti devono essere provati, nulla è precisato circa la tracciabilità delle spese, cioè se le stesse devono avvenire con bonifici, carte di creddito/debito o possano avvenire pure in contanti. Generalmente le spese sanitarie sostenute presso strutture private ( non convenzionate e non pubbliche) richiedono il pagamento tracciabile per poter dar luogo a detrazioni fiscali.

Nonostante non siano ancora state definite le modalità operative specifiche, sono già disponibili delle indicazioni sulle procedure da seguire al momento in cui sarà aperta la piattaforma per l’inoltro delle domande. In primo luogo la domanda dovrà essere presentata telematicamente, molto probabilmente con procedure simili a quelle generalmente utilizzate per ottenere agevolazioni tramite credito di imposta.

Con il successivo decreto sarà anche indicato il codice tributo per il credito di imposta per Attività Fisica Adattata, lo stesso dovrà essere inserito nel modello F24 da utilizzare per il pagamento delle imposte derivanti dalla dichiarazione dei redditi.

Attualmente non è indicata neanche la soglia dell’agevolazione, ad esempio 30% del costo sostenuto, infatti si dovrà attendere l’apertura della procedura per inoltrare le domande, a quel punto, terminata la fase dell’inoltro saranno indicate le quote in base alla capienza del fondo e al numero delle domande inoltrate. In poche parole maggiore sarà il numero delle domande inoltrate e minore sarà la percentuale di credito di imposta riconosciuto.

Il credito di imposta per Attività Fisica Adattata non è cumulabile con altre agevolazioni di natura fiscale riconosciute sugli stessi importi.

Arriva il 14 giugno la proroga termini per la dichiarazione degli Aiuti di Stato Covid

Importanti novità in arrivo per le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato, si va verso la proroga dei termini per l’auto-dichiarazione.

Proroga auto-dichiarazione aiuti di Stato: ultime notizie

Avevamo annunciato nei giorni scorsi che le associazioni dei commercialisti e associazioni di settore avevano chiesto la proroga del termine del 30 giugno per l’invio dell’auto-dichiarazione degli Aiuti di Stato. Inizialmente si era pensato che le possibilità di ottenere tale agevolazione fossero limitate e questo perché il MEF ( Ministero dell’Economia e delle Finanze) aveva espresso un categorico No a questa possibilità.

Leggermente più aperta su questo fronte era invece l’Agenzia delle Entrate. Questa aveva semplicemente sottolineato che un’eventuale proroga del termine del 30 giugno per l’invio dell’auto-dichiarazione degli Aiuti di Stato non era impensabile, ma la stessa doveva essere accompagnata da una proroga del “termine finale per la registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato con opportuno intervento normativo”.

Tale registrazione è un onere ricadente sull’Agenzia delle Entrate da espletare entro il 31 dicembre 2022. Naturalmente vista la mole dei dati da gestire, l’Agenzia chiedeva un congruo termine per poter operare. Ecco perché inizialmente il Ministero aveva escluso la possibilità di proroga dei termini.

Leggi anche: Dichiarazione aiuti di Stato: istruzioni e termini. Il 30 giugno è definitivo?

Quando ci sarà la proroga termini dell’autodichiarazione di aiuti di Stato?

Dalle ultime indiscrezioni emerse sembra proprio che si vada in tale direzione, infatti, dovrebbe arrivare il giorno 14 giugno 2022 il decreto del Consiglio dei Ministri che fa slittare il termine del 30 giugno all’autunno 2022 e il termine per la registrazione nel registro nazionale degli aiuti di Stato alla primavera 2023. L’Associazione Nazionale Commercialisti aveva chiesto una proroga al 31 ottobre, per ora non è dato sapere se sarà proprio questo il termine oppure si andrà verso un termine più breve.

Ricordiamo che nell’auto-dichiarazione l’impresa deve anche rendere noto se intende restituire le eccedenze e in che modo. Inoltre deve essere sottolineato che l’Associazione Nazionale Commercialisti, nell’esporre le motivazioni della richiesta ha inserito il ritardo con cui si è provveduto a mettere a disposizione il modello da utilizzare per la autodichiarazione degli aiuti di Stato disponibile solo dal 27 aprile 2022.

L’Associaizone ha chiesto anche che l’obbligo di comunicazione abbia ad oggetto solo gli aiuti di Stato i cui dati non siano ancora in possesso della Pubblica Amministrazione. In molti casi infatti per poter presentare una nuova domanda per gli aiuti di Stato è necessario inserire un’autodichiarazione o atto notorio da cui si possa evincere che non sono stati superati i limiti previsti dal Temporary Framework, quadro temporaneo di aiuti di Stato in deroga vigente nel periodo della pandemia.

Naturalmente per conoscere l’esatta estensione della proroga e i contenuti si dovrà attendere il 14 giugno.