Ape sociale e reddito di cittadinanza, si possono percepire insieme?

Si possono percepire insieme sia la pensione con Ape sociale che il reddito di cittadinanza? Il rapporto tra le due indennità non prevede limitazioni. Infatti, il decreto legge numero 4 del 2019, che ha istituito il reddito di cittadinanza, non ha previsto alcuna forma di incompatibilità e, pertanto, di incumulabilità sia parziale che totale, con l’anticipo pensionistico. Ma è necessario fare alcune precisazioni importanti sull’importo del reddito di cittadinanza che risulta influenzato dalla percezione della pensione con Ape sociale.

Compatibilità e cumulabilità dell’Ape sociale con Naspi, Dis coll, Iscro e reddito di emergenza

Inoltre, altri per altri trattamenti corrisposti dall’Inps, come il reddito di emergenza, la Naspi, la Dis coll e l’Iscro, è necessario prestare attenzione sulla compatibilità e cumulabilità con l’Ape sociale. L’eventuale percezione di uno di questi trattamenti non avendone diritto perché già beneficiari dell’Ape sociale, comporta la situazione di percezione indebita e di recupero da parte dell’Inps.

Compatibilità di reddito di cittadinanza, Naspi, Dis coll, Ape sociale: i riferimenti normativi

Sulla compatibilità del reddito di cittadinanza e dell’Ape sociale, la disciplina di riferimento è contenuta nel comma 8, dell’articolo 2 del decreto legge numero 4 del 2019. La norma stabilisce che “il reddito di cittadinanza è compatibile con il godimento della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) e dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata (Dis coll), di cui rispettivamente all’articolo 1 e all’articolo 15 del decreto legislativo 4 marzo 2015, numero 22, e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria ove ricorrano le condizioni di cui al presente articolo. Ai fini del diritto al beneficio e della definizione dell’ammontare del medesimo, gli emolumenti percepiti rilevano secondo quanto previsto dalla disciplina dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee)”.

Prendere la pensione con Ape sociale è rilevante per la concessione del reddito di cittadinanza?

Il contribuente che percepisce, dunque, la pensione con l’anticipo pensionistico sociale può aver diritto a ricevere anche il reddito di cittadinanza. Di conseguenza, non essendoci una norma che vieti espressamente la contemporanea fruizione dei due istituti, i due trattamenti si possono considerare compatibili. Infine, nell’erogazione dell’Ape sociale, l’Inps valuta preventivamente la presenza di specifici requisiti da parte del richiedente. Tuttavia, l’importo dell’anticipo pensionistico va a concorrere a formare il reddito della famiglia. E, pertanto, incide sull’importo dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee). La fruizione dell’anticipo pensionistico sociale va a incidere direttamente sia sul diritto a ricevere il reddito di cittadinanza, sia sul suo importo mensile.

Pensioni con anticipo pensionistico sociale e reddito di emergenza: i rapporti

Peraltro, anche altri istituti si possono mettere in relazione con la fruizione del trattamento pensionistico Ape sociale. Ad esempio, il reddito di emergenza (Rem). Questa prestazione è stata introdotta a favore di specifici nuclei familiari in condizioni di necessità derivante dall’emergenza sanitaria ed economica conseguente alla pandemia di Covid-19. Il trattamento emergenziale è stato introdotto dall’articolo 36 del decreto legge numero 73 del 25 maggio 2021, poi convertito nella legge numero 106 de 23 luglio 2021. Ad oggi non è stato più reintrodotto questo istituto. Ma sono ancora in corso di pagamento alcune rate.

Chi prende già l’anticipo pensionistico sociale può ricevere anche il reddito di emergenza (Rem)?

Differentemente dal reddito di cittadinanza, chi percepisce già la pensione con Ape sociale non ha diritto a ricevere anche il reddito di emergenza. Infatti, la fruizione dell’indennità previdenziale comporta il venir meno del presupposto alla base del reddito di emergenza. Ovvero la situazione di difficoltà economica nella quale può venirsi a trovare una famiglia in conseguenza dell’emergenza sanitaria. In tal senso, emerge la funzione dell’Ape sociale quale indennità di accompagnamento del contribuente alla pensione di vecchiaia.

Perché il percettore dell’Ape sociale non può prendere il reddito di emergenza (Rem)?

Il sostegno del reddito di emergenza è riconosciuto in presenza di specifici requisiti e comporta la percezione di un importo mensile da parametrarsi in base alla situazione del percettore. L’importo massimo che l’Inps eroga come Ape sociale può arrivare a 1.500 euro lordi. Nel caso in cui dei contribuenti avessero percepito il reddito di emergenza in presenza dell’Ape sociale, i due trattamenti si sovrapporrebbero. Pertanto, ciò costituirebbe una prestazione indebita che comporterebbe il recupero da parte dell’Inps di quanto non dovuto.

Ape sociale, si può prendere insieme anche l’Iscro?

Particolare attenzione deve essere prestata da chi percepisce l’Iscro, l’indennità prevista dai commi da 386 a 400 della legge numero 178 del 2020. La circolare dell’Inps numero 94 del 30 giugno 2021 ha chiarito che la percezione dell’anticipo pensionistico sociale e l’Iscro sono incompatibili. Anche in questo caso, la percezione indebita comporta il recupero da parte dell’Inps.

 

Disoccupazione agricola: ultimi giorni per presentare la domanda

I lavoratori del settore agricolo hanno tempo fino al 31 marzo 2022 per proporre la domanda di disoccupazione agricola. Ecco i requisiti e modalità di presentazione della domanda.

Chi presenta la domanda per la disoccupazione agricola entro il 31 marzo 2022?

La domanda per la disoccupazione agricola relativa alle giornate lavorate nel 2021 deve essere presentata all’INPS entro il 31 marzo 2022.

Possono richiedere la disoccupazione agricola 2022 per le giornate lavorate nel 2021:

  • gli operai a tempo indeterminato;
  • operai a tempo determinato;
  • piccoli coloni, compartecipanti familiari;
  • coltivatori diretti iscritti negli elenchi nominativi e che effettuano versamenti volontari fino a 51 giornate lavorative.

Deve essere sottolineato che questo è l’ultimo anno in cui gli operai a tempo indeterminato impiegati in cooperative e loro consorzi, impegnati nella trasformazione e manipolazione di prodotti propri o conferiti dai soci potranno percepire la disoccupazione agricola, infatti, come precisato dalla circolare INPS 2 del 2022, dal primo gennaio 2022 tale categoria per i periodi di disoccupazione avrà accesso alla NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego).

Requisiti per accedere alla disoccupazione agricola 2022

Le categorie di lavoratori indicate possono accedere alla disoccupazione agricola 2022 al verificarsi di diversi requisiti.

In primo luogo devono essere iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori dell’agricoltura per l’anno a cui si riferisce la domanda o abbiano almeno due anni di anzianità nell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione. Per poter accedere alla disoccupazione agricola occorre aver maturato almeno 102 giornate lavorative nell’arco del biennio. Di conseguenza chi ha versato 102 giornate lavorative nel 2021 può accedere. Chi ha versato meno di 102 giornate lavorative per poter accedere deve cumularle con quelle del 2020 e arrivare comunque a quota 102. Per il calcolo dei contributi possono essere utilizzati anche periodi di contribuzione figurativa come quella della maternità obbligatoria e congedo parentale.

Per maggiori informazioni sugli elenchi nominativi, leggi la guida: Elenchi nominativi lavoratori agricoli: aggiornamenti normativi 

Possono richiedere l’indennità di disoccupazione anche le lavoratrici madri che si dimettono durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento.

Con la sentenza 269 del 24 giugno 2002 la Corte Costituzionale ha precisato che l’indennità di disoccupazione spetta anche ai lavoratori che si sono licenziati per giusta causa. L’INPS si è quindi adeguata a tale sentenza e possono richiedere l’indennità anche i lavoratori che si sono dimessi a causa di:

  • molestie sessuali sul lavoro;
  • mancato pagamento della retribuzione;
  • mobbing o comportamento ingiurioso di un superiore verso il lavoratore;
  • notevole peggioramento delle condizioni di lavoro in seguito a cessione dell’azienda o di un ramo della stessa;
  • trasferimento ad altra sede senza che sussistano ragioni tecniche o organizzative.

Come presentare la domanda di disoccupazione agricola

Ci sono ancora pochi giorni di tempo per presentare la domanda di disoccupazione agricola. Per poterlo fare è possibile rivolgersi a un patronato o centro di assistenza fiscale, oppure procedere autonomamente attraverso il sito dell’INPS. In questo caso è necessario avere un codice SPID, CIE o CNS per potersi identificare.

Una volta effettuata l’identificazione si deve andare alla sezione “Domande, Prestazioni a sostegno del reddito”. Da qui occorre andare alla voce “Disoccupazione e/o ANF Agricola”. A questo punto è necessario compilare il modulo Sr25.

La domanda può essere presentata anche attraverso il Contact Center INPS al numero verde 803 164 raggiungile da rete fissa e gratuito, oppure il numero06 164 164 da rete mobile con tariffa in base al proprio operatore.

Tra i documenti da allegare vi è un documento di riconoscimento in corso di validità, inoltre è necessario indicare il codice IBAN presso il quale si vuole ricevere il pagamento. Il codice IBAN deve però corrispondere a una conto intestato al richiedente (anche cointestazione). In alternativa è possibile richiedere il pagamento con bonifico presso uno sportello postale.

Come viene calcolato l’importo?

La prima nota riguarda l’Assegno Unico, infatti in passato con la disoccupazione agricola si ricevevano anche gli Assegni per il Nucleo Familiare per i figli a carico, ora questi sono stati abrogati con il decreto legislativo 230 del 2021 e sostituiti dall’Assegno Unico.

Per chi ancora non ha presentato l’istanza per l’assegno unico ricordiamo che è possibile inoltrare la stessa fino al 30 giugno recuperando anche gli arretrati dal mese di marzo. Presentandola successivamente al 30 giugno, si potrà percepire l’assegno dal mese successivo, ma senza arretrati. Per ulteriori informazioni leggi le guide:

Online il sito per l’Assegno Unico: le FAQ più importanti e casistiche

Assegno Unico: arriva il simulatore INPS per aiutare le famiglie

Gli importi della disoccupazione agricola sono calcolati in base alle giornate lavorative maturate. L’importo è del 40% della retribuzione di riferimento per gli operai a tempo determinato e 30% per gli operai a tempo indeterminato.

Agli operai con contratto a tempo determinato viene però sottratta una percentuale pari al contributo di solidarietà pari al 9% dell’indennità giornaliera per un numero di giornate massime di 150.

La Corte di Cassazione con diverse sentenze ha precisato che il calcolo dell’indennità di disoccupazione agricola non deve essere fatto sulla retribuzione media giornaliera, ma sulla tariffa prevista dal contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.

I massimali e minimali per la disoccupazione 2022 relativa alle giornate lavorate nel 2021 sono indicati nella circolare 26 dell’INPS del 16 febbraio 2022. Il massimale è fissato in 1.199,72 mentre il minimale è 998,18. L’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell’arco dell’anno.

Non dimenticare, se hai lavorato nel settore agricolo nel 2021, entro il 31 marzo 2022 devi presentare la domanda per la disoccupazione agricola.

Contributi agricoli più cari nel 2022

I contributi a carico delle imprese agricole per i dipendenti impiegati nel settore saranno più cari nel 2022. La percentuale di contribuzione totale è fissata infatti al 46,8465%. L’aumento dei contributi nel 2022 rispetto al 2021 è dovuto a quanto prevede l’articolo 3 del decreto legislativo numero 146 del 1997. Il provvedimento fissa le aliquote dovute dalle aziende agricole per il fondo pensioni dei lavoratori impiegati nell’agricoltura e vengono riviste anno per anno. La revisione delle aliquote contributive, dunque, va a modificare le percentuali fino a raggiungere quella della generalità dei datori di lavoro del settore.

Contributi agricoli del 2022, l’aumento dell’aliquota del fondo pensioni

Pertanto, l’aliquota da versare per i contributi delle pensioni (per invalidità, vecchiaia e superstiti, detta Ivs) aumenta dello 0,20% portandosi al 29,70% rispetto al 29,59 del 2021. Di questa aliquota pensionistica, il 20,86% è a carico dell’azienda e l’8,84% a carico del lavoratore agricolo. Quest’ultima percentuale è l’unica a carico del lavoratore. Le percentuali di aumento dei contributi agricoli sono riportate dalla comunicazione dell’Inps numero 31 del 2022.

Quali altre aliquote contributive sono a carico del datore di lavoro delle aziende agricole?

Le altre percentuali di contributi agricoli dovute dai datori di lavoro consistono:

  • nella quota base dello 0,11% (non è dovuta alcuna percentuale da parte del lavoratore agricolo);
  • nell’assistenza per gli infortuni sul lavoro per una percentuale del 10,1250%. Tale percentuale Inail è rimasta invariata rispetto allo scorso anno;
  • nell’addizionale per gli infortuni sul lavoro del 3,1185%, anche questa invariata e a carico del solo datore di lavoro;
  • nella percentuale per la disoccupazione pari all’1,41%;
  • nelle prestazioni economiche relative alla malattia per una aliquota dello 0,683%;
  • nella cassa integrazione per l’1,5%;
  • nel fondo di garanzia per il Trattamento di fine rapporto (Tfr) per lo 0,20%. Questa quota non è dovuta per gli operai con contratto a tempo determinato per i quali, dunque, l’aliquota complessiva dei contributi dovuti è ridotta al 46,6465%.

Contributi per la disoccupazione Naspi dovuti per gli operai agricoli dovuti anche dalle imprese cooperative

Inoltre, la legge di Bilancio 2022 (legge numero 234 del 30 dicembre 2021), al comma 221 dell’articolo 1, ha modificato e integrato il comma 1 dell’articolo 2, del decreto legislativo numero 22 del 4 marzo 2015. In base alla modifica, a partire dal 1° gennaio 2022, risulta estesa la tutela delle prestazioni di disoccupazione Naspi anche a favore degli operai agricoli a tempo indeterminato (Oti), agli apprendisti e ai soci lavoratori con contratto alle dipendenze delle cooperative e dei loro consorzi inquadrati nel settore dell’agricoltura. Il versamento della contribuzione di finanziamento Naspi è dovuto, pertanto, ai dipendenti, ai soci e agli apprendisti che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici in prevalenza propri oppure conferiti dai loro soci secondo quanto dispone la legge numero 240 del 15 giugno 1984.

Contribuzione dovuta dalle imprese agricole per il finanziamento della Naspi: in cosa consiste?

In base a quanto spiegato dall’Inps, pertanto, dal 1° gennaio 2022 le imprese agricole, le cooperative e i loro consorzi operanti nel settore dell’agricoltura, devono versare la contribuzione di finanziamento Naspi per i lavoratori:

  • assunti a partire dal medesimo giorno a tempo indeterminato con qualifica di operaio agricolo;
  • già assunti in precedenza e ancora in forza alla data del 1° gennaio 2022 (secondo quanto spiegava la circolare Inps numero 2 del 4 gennaio 2022).

Tutti i lavoratori agricoli, per l’applicazione dell’aliquota di finanziamento della Naspi, non devono essere più assoggettati all’aliquota contributiva del 2,75% per la disoccupazione agricola secondo quanto prevedeva l’articolo 11 del decreto legge numero 402 del 29 luglio 1981. Il decreto è stato convertito, con modifiche, dalla legge numero 537 del 26 settembre 1981.

Riduzione dei contributi agricoli per le aziende del settore nell’anno 2022

Anche per l’anno 2022 sono previste le agevolazioni e le riduzioni per le imprese agricole che siano ubicate o che comunque operino in territori montani, classificati come particolarmente svantaggiati. Le stesse agevolazioni sono godute dalle imprese agricole situate nei territori delle aree della ex Cassa del Mezzogiorno. Pertanto, se i contributi agricoli sono dovuti nella misura del 100% dalle imprese del settore operanti in territori non svantaggiati, le riduzioni operano:

  • per le imprese agricole situate in territori particolarmente svantaggiati (ex zone montane) per il 75% con aliquota applicata a carico dell’azienda pari al 25%;
  • per le imprese dei territori classificati come svantaggiati. In questo caso la misura della riduzione è pari al 68%. Rimangono a carico dell’impresa agricola contributi per il 32%.

Ticket licenziamento 2022: quando è dovuto e quando no

Novità dall’Inps in materia di Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi) e quindi novità anche per uno degli adempimenti più discussi per i datori di lavoro. Vengono aggiornate le cifre relative al cosiddetto ticket licenziamento, contributo dovuto dal datore di lavoro nel caso di interruzione del rapporto di lavoro con un proprio dipendente.

Proprio partendo dalla circolare n° 26 dello scorso 16 febbraio con cui l’Inps aggiorna i valori della Naspi, della Dis.Coll e degli altri ammortizzatori sociali, vediamo cosa è cambiato per il Ticket licenziamento. Perché inevitabilmente tale contributo, che i datori di lavoro devono versare per i licenziamenti dei dipendenti, cambia. Parliamo di dipendenti assunti a tempo indeterminato che a causa del licenziamento, rientrano nel perimetro della Naspi indipendentemente dal requisito contributivo.

Ticket licenziamento, di cosa si tratta

Il ticket licenziamento è un contributo che alcuni datori di lavoro devono erogare a seguito di licenziamento di un loro lavoratore subordinato assunto precedentemente. L’assunzione come vedremo, deve essere stata con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Un adempimento a cui sono assoggettati alcuni datori di lavoro ormai dal lontano 2013, da quando fu introdotto dai legislatori tramite nuova legge.

Fu la legge n° 92 del 28 giugno 2012 ad introdurre questo adempimento a carico dei datori di lavoro. In base ai dettami normativi introdotti con questa legge, il ticket ha iniziato a gravare sulle interruzioni dei rapporti di lavoro. Un contributo a carico del datore di lavoro dovuto come partecipazione alla spesa che lo Stato deve sostenere per la Naspi teoricamente spettante al lavoratore licenziato. Contributo dovuto nei casi d’interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con motivazioni identiche a quelle che danno diritto alla Naspi. Infatti il ticket è dovuto se l’interruzione da diritto alla Naspi per il lavoratore dipendente. In questo caso il datore di lavoro deve versare un corrispettivo.

A far data dal primo gennaio 2013 infatti, in capo al datore di lavoro ricade l’onere di versare una  somma di denaro pari al 41% del massimale mensile di indennità di disoccupazione. E il versamento varia in base alla anzianità del lavoratore licenziato, perché occorre versare il corrispettivo ogni 12 mesi di anzianità aziendale del dipendente  negli ultimi 3 anni.

Il ticket licenziamento 2022

Come dicevamo, variando i massimali Naspi spettanti a seguito della nuova circolare Inps dello scorso 16 febbraio, cambiano gli importi dovuti dai datori di lavoro come ticket licenziamento.

Il contributo, per l’anno 2022 è pari a 557,92. Lo si desume dagli aumenti delle soglie della Naspi, senza però che l’Inps abbia in qualche modo fatto riferimento a nuove soglie per questo contributo in capo al datore di lavoro sui licenziamenti. Ne parla anche il sito “dottrinalavoro.it” che ha prodottole stime sulle nuove cifre sul ticket per il licenziamento, partendo proprio dalla nuova circolare Inps sugli ammortizzatori sociali.

Infatti, dal momento che l’importo soglia della nuova Naspi 2022 è pari a 1.360,77 euro, il suo 41% è pari proprio a 557,92 euro. Stando a questa nuova soglia, su un rapporto di lavoro che si interrompe con causali che danno diritto alla Naspi, se si tratta di un lavoratore dipendente assunto con contratto a tempo indeterminato da molto tempo si può arrivare a dover versare oltre 1.670 euro (il contributo annuale moltiplicato per 3 anni). A fugare dubbi, vanno sottolineate alcune cose.

Alcune particolarità del contributo per il datore di lavoro

Il contributo è commisurato all’anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro e calcolato in mesi fino ad un massimo di 36 mesi. Il mese intero di lavoro è inteso come quello con assunzione superiore a 15 giorni. Se da un lato si deve distinguere tra lavoro a tempo indeterminato, per cui il contributo è dovuto, e lavoro a termine per cui esso non è dovuto, non si fanno altre distinzioni. Infatti nulla cambia per il ticket licenziamento tra lavoro full-time o part-time.

L’obbligo del versamento è da risolvere entro il giorno 16 del secondo mese successivo a quello in cui si materializza il licenziamento. Non si può versare a rate. Va ricordato infine che il ticket licenziamento è dovuto per le seguenti tipologie di interruzione del rapporto di lavoro:

  • Licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo;
  • Licenziamento per giusta causa o per superamento del periodo di comporto ;
  • Dimissioni per giusta causa;
  • Licenziamento nel periodo di prova o quando termina tale periodo;
  • Recesso  rapporto di apprendistato da parte del datore di lavoro;
  • Dimissioni durante la maternità indennizzata;
  • Risoluzione consensuale con conciliazione.

Naspi 2022: guida al calcolo, gli esempi con stipendi da 1000/2000 euro al mese

La Naspi è l’indennità di disoccupazione che l’Inps eroga a chi perde involontariamente il lavoro. L’indennità viene erogata mensilmente dall’Inps per la durata massima prevista e variabile in base alla durata dei vari rapporti di lavoro che l’interessato ha avuto nei 4 anni che precedono l’ultima perdita del lavoro.

Anche gli importi della Naspi spettante sono commisurati ai 4 anni precedenti, in questo caso alla media delle retribuzioni percepite. Sia perla durata che per il calcolo, i periodi utili sono quelli che non hanno già dato luogo ad altre indennità per disoccupati, cioè a precedenti Naspi ma anche a Requisiti ridotti, disoccupazione ordinarie, Aspi o Mini Aspi.

Il calcolo dell’indennità quindi si basa sulla media degli stipendi. Ma come si effettua il giusto calcolo della Naspi spettante e come fare a capire in anticipo quanto si prenderà? Vediamo di rispondere a questa domanda con una guida dettagliata al calcolo della Naspi con tanto di esempi chiarificatori.

Il calcolo della Naspi in base allo stipendio percepito

Il calcolo della indennità di disoccupazione Inps, meglio conosciuta come Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) si basa sulla somma degli stipendi che il lavoratore ha percepito negli ultimi 4 anni di lavoro, quelli che hanno preceduto la perdita del posto di lavoro da cui scaturisce la nuova richiesta di Naspi.

Parliamo naturalmente di stipendio imponibile ai fini previdenziali. Occorre fare la media e quindi dividere la somma di tutti gli stipendi per le settimane di lavoro svolte. La Naspi può essere percepita per la metà delle settimane effettivamente lavorate nel quadriennio che possiamo definire di osservazione (al netto delle settimane già utilizzate per precedenti indennità di disoccupazione).

Per capire quanto spetta di Naspi occorre poi moltiplicare il risultato ottenuto, cioè la media calcolata come prima spiegato, per 4,33. Ciò che si ottiene è la mensilità di Naspi spettante. Che però non è l’importo che si percepirà per tutta la durata del sussidio.

Il decalage della indennità per disoccupati dopo i primi mesi di fruizione

Di norma va applicato un decalage del 3% al mese a partire dal quarto mese di sussidio.

La Naspi spettante al disoccupato  che resta senza lavoro, può essere percepita per un massimo di 24 mesi (come detto prima, la metà delle settimane lavorate negli ultimi 4 anni).  Per le perdite di lavoro scaturite dal primo gennaio scorso, in via eccezionale per l’emergenza pandemica, si è intervenuto riducendo il decalage.

Per chi ha perduto il lavoro a partire dal primo gennaio 2022  la riduzione del 3% si avvia dal sesto mese di fruizione dell’indennità, mentre parte dall’ottavo mese per i disoccupati che  hanno già alla data di presentazione della domanda di Naspi, 55 anni di età compiuti.

Gli esempi di calcolo della indennità

Come detto, il calcolo della Naspi parte dalla somma degli stipendi imponibili ai fini previdenziali su cui si calcola una media. Ipotizzando un lavoratore con stipendio medio di 1.000 euro al mese, e con accumulo di 48.000 euro di retribuzione lorda ai fini previdenziali. Questa cifra va prima di tutto divisa per le settimane lavorate.

Ipotizzando in 200 il numero di settimane lavorate, il disoccupato si troverà a dividere 48.000 euro perle 200 settimane e poi a passare il risultato per 4,33. La Naspi percepita è pari al 75% di quello che esce che è pari a 1.039,20 euro (48.000 diviso 200 per 4,33). Sarà pari a 779,40 centesimi al mese la Naspi spettante per i primi sei mesi di beneficio che diventeranno 756,02 nel sesto mese, 733,34 nel settimo e così via per tutti i 100 giorni di Naspi spettanti (la metà delle 200 settimane prima citate)

Con lo stesso metro, un lavoratore che ha percepito uno stipendio elevato, pari a 2.000 euro al mese sempre per 200 settimane di lavoro negli ultimi 4 anni, potrà arrivare a percepire cifre più alte. Ma in questo caso occorre fare i conti con la limitazione massima di importo che la Naspi prevede. 96.000 euro diviso 200 per 4,33 produce 2.078 euro di cui il 75% è pari a 1.558,80 euro.

La Naspi prevede che se l’importo risultante è pari o inferiore a 1.195 euro, il 75% si applica proprio a 1.195. E poi si aggiunge il 25% della differenza tra l’importo risultante e 1.195 euro. Nel nostro caso, 1.558,80 meno 1195,00 cioè 363,80, di cui il 25% pari a 90,95 euro. Il nostro disoccupato percepirà quindi una Naspi pari a 987,20 euro al mese (il 75% di 1.1 95, cioè 896,25 più il 25% di 363,80, cioè 90,95).

E come già detto, cifra spettante sempre per i primi 5 mesi, con decurtazione progressiva dal sesto mese in poi.

Naspi 2022: revoca e soldi indietro all’INPS, ecco i casi in cui è possibile

Perdere il lavoro per cause differenti dalla volontà del lavoratore è un evento tutelato dalla legge. Infatti chi involontariamente perde l’occupazione può, a determinate condizioni prendere la Naspi. Nuova assicurazione sociale per l’impiego, questo il significato di Naspi, unica prestazione generica per disoccupati che l’Inps eroga (le altre sono specifiche per collaboratori e agricoli, rispettivamente Dis.Coll e disoccupazione agricola).

Non sono rari i casi in cui la Naspi viene prima erogata e poi revocata ad un lavoratore. E non sono rari nemmeno i casi in cui l’Inps, dopo aver erogato la Naspi ad un lavoratore, arriva a chiedere i soldi indietro.

Il sistema di calcolo e di assegnazione della Naspi è particolare e come tale espone a controlli successivi alla sua erogazione.

Naspi, la misura in pillole

La Naspi viene erogata ai lavoratori dipendenti che perdono il lavoro per licenziamento, dimissioni per giusta causa, procedure di licenziamento collettivo o scadenza del contratto. Si può affermare con certezza che le dimissioni volontarie sono praticamente l’unico caso in cui la Naspi non viene erogata a chi resta senza lavoro.

La Naspi spetta, in misura pari al 75% del proprio stipendio lordo (grosso modo) e medio degli ultimi 4 anni di lavoro. E la durata del beneficio è pari alla metà delle settimane lavorate sempre negli ultimi 4 anni.

Naspi, le cause che la fanno cessare anticipatamente

La Naspi si percepisce fino a quando il disoccupato non trova un altro lavoro stabile o ben remunerato. Oppure si interrompe decorsi 24 mesi da quello in cui è iniziata la fruizione.

Ma ci sono casi diversi che possono portare all’interruzione del sussidio per disoccupati, prima della scadenza e senza nuovi posti di lavoro trovati. La revoca del sussidio per disoccupati come dicevamo in premessa, non è un caso del tutto raro. Revoca significa perdere il sussidio. E può capitare, se l’assegno per disoccupati è stato preso indebitamente, di dover restituire quanto percepito.

La digitalizzazione in aiuto delle procedure

In passato, quando non esistevano le banche dati, quando non si era ancora nella digitalizzazione degli adempimenti con le Pubbliche Amministrazioni, casi di restituzione delle somme indebitamente percepite erano frequenti.

Era il caso del lavoratore che tardava a comunicare all’Inps una nuova assunzione continuando a percepire quel sussidio che evidentemente non era più spettante. Ma si era ancora nell’epoca della disoccupazione ordinaria o di Aspi e Mini Aspi. Adesso con gli obblighi di comunicazione all’Inps da parte dei datori di lavoro che assumono, il pericolo di percepire una disoccupazione mentre si lavora, è stato praticamente azzerato.

Quando la Naspi può essere revocata

La revoca della Naspi riguarda sostanzialmente quelli che la percepiscono, come prassi, mese per mese (e sono la maggior parte dei disoccupati). Incassare la Naspi tutta in anticipo però è una facoltà offerta dalla normativa vigente a chi decide di mettersi in proprio, ovvero di lasciare il mondo della inoccupazione trovando una nuova attività da lavoratore autonomo o simili.

La Naspi anticipata può essere concessa al disoccupato che decide per  l’avvio di un’attività autonoma o d’impresa individuale, oppure che entra a far parte come socio lavoratore e sottoscrivendo una  quota di capitale sociale,  di una cooperativa. La revoca della Naspi non può essere adottata per chi la prende in anticipo, ma la restituzione dei soldi può avvenire in alcuni casi.

Naspi anticipata? ecco quando restituire i soldi

Per esempio, se chi ha ricevuto la Naspi tutta insieme e poi trova lavoro da dipendente prima che siano scaduti i termini di durata della Naspi (se non l’avesse presa tutta insieme), deve restituire l’anticipazione ottenuta e per intero, cioè a prescindere dai mesi che effettivamente era disoccupato.

In linea di massima si parla di revoca della Naspi, o da punto di vista del disoccupato, di decadenza del beneficio, quando viene meno lo status di disoccupato. Uno stato che si perde non solo se si trova lavoro, ma anche se si arriva all’età utile per la pensione di vecchiaia o alla soglia di età anagrafica utile per le pensioni anticipate.

Occhio alle convocazioni dei Centri per l’Impiego

Ma la revoca può sopraggiungere anche se il disoccupato non si comporta bene, nel senso che non segue le regole che fanno da corollario alla concessione della Naspi.

Saltare gli appuntamenti presso i centri per l’Impiego potrebbe essere una delle cause di revoca del sussidio per disoccupati da parte dell’Inps. Infatti con la Naspi tra gli adempimenti a cui i beneficiari devono sottostare, c’è anche il seguire i percorsi di ricollocazione lavorativa che i Centri per l’Impiego possono prevedere.

Lo prevede il patto di servizio, o meglio, la Dichiarazione di Immediata Disponibilità al lavoro.  Si tratta della dichiarazione  che il disoccupato reca all’Inps insieme alla domanda di disoccupazione Naspi. Si rammenda che la presentazione della domanda ormai equivale alla sottoscrizione della DID. Revoca anche in caso di mancata partecipazione a corsi di formazione sempre indicati dagli Uffici di Collocamento. E anche nel caso di rifiuto delle offerte di lavoro.

I limiti di reddito per continuare a percepire la Naspi mentre si lavora

Il lavoratore che trova nuova occupazione è tenuto ad avvertire l’Inps. La comunicazione serve affinché l’Inps possa rimodulare la Naspi proprio alla luce del nuovo lavoro. Va ricordato che il trovare nuova occupazione non significa automaticamente venire escluso dalla Naspi. Tanto è vero che anche con un nuovo lavoro trovato, l’interessato continua a mantenere il suo status di disoccupato se il nuovo lavoro è:

  • Con contatto di lavoro subordinato o di collaborazione, con durata in entrambi i casi, superiore ai 6 mesi, e con un reddito imponibile ai fini dell’Irpef non superiore a 8.145 euro all’anno;
  • In forma di lavoro autonomo, dal quale deriva un reddito imponibile fiscalmente non superiore a 4.800 euro all’anno.

Se si rimane nelle soglie prima citate, non si decade dal beneficio della Naspi, ma si subisce la decurtazione dell’assegno in misura pari all’80% del reddito prodotto.

La Naspi può anche essere solo sospesa. Ma questo si verifica solo se la nuova occupazione trovata è di durata pari o inferiore a 6 mesi. In questi casi l’indennità non viene revocata e nemmeno decurtata a prescindere dal reddito che viene fuori dal nuovo lavoro. Dopo la fine del nuovo lavoro, la Naspi riprende da dove era stata lasciata.

Leggi anche:Naspi: entro 31 gennaio comunicazione reddito presunto, per chi?

NASpI: comunicazione entro il 31 gennaio per non perdere l’indennità

Per i percettori della NASpI c’è una data importante da tenere in considerazione, cioè il 31 gennaio 2022. Si tratta del termine ultimo per presentare la comunicazione del reddito annuo presunto.

Cos’è la NASpI e come funziona?

La NASpI è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e viene erogata ai lavoratori dipendenti che perdono il lavoro per un termine massimo di due anni. Questa misura è stata introdotta dal decreto legislativo 22 del 2015 e ammonta al 75% della retribuzione media percepita in costanza di lavoro. Con il tempo l’ammontare dell’assegno diminuisce con l’applicazione del meccanismo del decalage. Con la legge di bilancio 2022 il meccanismo del decalage è stato leggermente modificato, infatti non si applica più dal 4° mese ma, solo per coloro che perdono il lavoro dal 1° gennaio 2022, si applica dal sesto mese e per coloro che al momento della presentazione della domanda hanno già compiuto 50 anni di età si applica dall’ottavo mese.

Perché inviare la comunicazione dei redditi presunti entro il 31 gennaio 2022?

La normativa prevede però dei motivi di decadenza o sospensione dalla NASpI ed è proprio questo il caso che ci interessa.

L’indennità mensile NASpI si perde, naturalmente, al momento in cui si trova un nuovo lavoro a tempo indeterminato, ma non solo. Infatti il soggetto che presenta la domanda, entro un mese dalla presentazione deve anche comunicare i redditi che eventualmente percepisce da lavori part time, lavori occasionali o contratti di lavoro subordinato ancora esistenti.

Sempre entro un mese dalla presentazione della domanda è necessario comunicare anche il reddito annuo presunto derivante da lavori part time ancora attivi.

Naturalmente il lavoratore deve inviare la comunicazione anche nel caso in cui inizi successivamente alla presentazione della domanda un lavoro autonomo o parasubordinato.

La percezione della NASpI si interrompe nel caso di sottoscrizione di un contratto di lavoro full time a tempo determinato. In questo caso si può nuovamente percepire al momento in cui cessa il rapporto di lavoro.

Limiti di reddito per la percezione della NASpI

Le comunicazioni che abbiamo ora visto sono necessarie in quanto la normativa stabilisce dei limiti reddituali entro i quali si può beneficiare della NASpI. Tale limite è di 8.145 euro annui. Ecco perché, oltre alla comunicazione necessaria entro un mese dalla presentazione dell’istanza, per non vedere sospesa l’erogazione dell’assegno NASpI il lavoratore disoccupato entro il 31 gennaio di ogni anno deve presentare la comunicazione del reddito annuo presunto per l’anno in corso.

Questo implica che entro il 31 gennaio 2022 chi sta percependo la NASpI, deve comunicare all’INPS il reddito presunto per il 2022. Se il reddito resta inferiore alla soglia vista, si può percepire la NASpI, la stessa si riduce in proporzione a quanto dichiarato come proveniente da rapporto di lavoro a tempo determinato.

Il reddito presunto deve essere comunicato utilizzando il modulo Naspi-Com esteso che può essere reperito sul sito dell’INPS. Naturalmente è possibile farsi assistere da un patronato per ottemperare a quest’onere.

Per chi vuole maggiori informazioni sull’obbligo di comunicazione dei redditi presuti per il 2022 entro il 31 gennaio 2022, c’è la possibilità di accedere all’assistente virtuale NASpI. Per sapere come funziona, leggi l’articolo: NASpI 2022: tra le novità l’assistente virtuale INPS, come funziona? Guida

L’assistente virtuale è al fianco degli utenti anche per ulteriori curiosità e informazioni.

NASpI gennaio 2022: importi minori per decalage non applicata nel 2021

Sei un percettore NASpI e nel mese di gennaio ti sei accorto che il tuo assegno è molto diminuito rispetto a quello percepito a dicembre 2021? Il motivo è piuttosto semplice, è stato riattivato il meccanismo di decalage, ma purtroppo è anche retroattivo. Ecco come sono calcolati gli importi NASpI gennaio 2022.

Il decalage applicato alla NASpI

La NASpI è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e viene corrisposta a coloro che hanno involontariamente perso il lavoro, è stata introdotta dal decreto legislativo 22 del 2015. La disciplina generale prevede che trascorsi i primi 4 mesi dalla percezione, l’assegno inizia a diminuire della misura del 3%, questa misura viene comunemente denominata decalage. Per gli over 55 il decalage inizia a decorrere dall’ottavo mese. Il decalage si applica mensilmente, quindi ogni mese si percepisce di meno.

Con l’avvento della pandemia per le famiglie sono arrivati momenti difficili anche dal punto di vista economico, inoltre è più difficile trovare lavoro. Proprio per questo, al fine di sostenere le famiglie, con il decreto Sostegni Bis era stato sospeso il meccanismo di decalage. Si trattava però solo di una sospensione, infatti l’INPS nel messaggio 2309 del 16 giugno aveva precisato che da gennaio 2022 non solo sarebbe ripreso il meccanismo del decalage, ma addirittura sarebbero state calcolate anche le riduzioni dei mesi in cui il meccanismo era sospeso.

NASpI gennaio 2022, ecco come effettuare il calcolo

La NASpI gennaio 2022 risulta quindi essere formata dagli importi rimanenti dopo aver sottratto il 3% di giugno 2021. Alla somma risultante viene quindi sottratto il 3% del mese di luglio, di seguito i mesi di agosto, settembre, ottobre, novembre, dicembre e quindi gennaio. Naturalmente per i lavoratori che non avevano ancora maturato i requisiti per l’applicazione del decalage, lo stesso si applica solo dal momento in cui questi sono stati raggiunti.

Un esempio aiuterà a capire meglio il meccanismo con cui viene calcolato l’assegno NASpI gennaio 2022. Se Tizio a giugno percepiva l’intero ammontare dell’assegno NASpI e aveva percepito solo il primo assegno, per il mese di giugno, luglio e agosto comunque non sarebbe stato applicato il decalage. Da ciò consegue che si applica solo per i mesi di settembre, ottobre, novembre, dicembre e gennaio. Sempre sottraendo il 3% per ogni mese.

Se il lavoratore percepiva 800 euro, viene sottratto il primo 3%, raggiungendo 776 euro. A questa somma si sottrae il 3% riferito al mese di ottobre, per un importo di 752,72 euro. Si prosegue per il mese di novembre con un importo “virtuale” di 730,13, per dicembre avrebbe dovuto percepire 686,98 euro. Infine, viene calcolato l’importo di gennaio che è pari a 666,37 euro. Il disoccupato ipotetico, quindi percepisce tale somma a gennaio. Ovviamente non deve restituire le somme maggiori percepite per i mesi in cui il decalage è stato sospeso.

Se hai domande sull’assegno NASpI, ricorda che ora è disponibile anche l’assistente virtuale NASpI a cui si accede senza SPID. Trovi la guida all’articolo: NASpI 2022: tra le novità l’assistente virtuale INPS, come funziona? Guida

Naspi 2022: tra le novità l’assistente virtuale INPS, come funziona? Guida

Con il messaggio interno n° 91 del 10 gennaio 2022 l’INPS ha comunicato l’attivazione del servizio di assistenza virtuale per la NASPI 2022, ecco come funzionerà l’assistente virtuale.

NASpI 2022: le novità per la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego

La NASpI è la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego e può essere richiesta in caso di perdita involontaria del lavoro, dal primo gennaio 2022 ci sono però delle novità, in primo luogo è stato riattivato il decalage e in secondo luogo, in via sperimentale, è disponibile l’assistente virtuale a cui è possibile accedere senza SPID.

Per avere maggiori informazioni sul decalage, leggi la guida: Da gennaio 2022 riparte il decalage sull’assegno NASpI

Come accedere all’assistente virtuale NASpI 2022

L’assistente virtuale NASpI dell’INPS funziona tramite una chat che può essere attivata dai percettori di questa indennità di disoccupazione anche senza doversi prima identificare con l’uso dello SPID.

La prima cosa da fare è andare al sito www.inps.it, da qui si deve andare alla pagina https://www.inps.it/inps-comunica e cliccare sulla voce “Dossier” che si trova nella barra laterale a sinistra.

A questo punto cliccando si apre un menù a tendina dal quale è necessario selezionare la voce “La NASpI”, sempre avendo lo sguardo sulla barra laterale a sinistra.

A questo punto si apre un ulteriore menù a tendina dal quale è necessario selezionare “FAQ- domande frequenti sulla NASpI”. Cliccando su questa voce appare una pagina ricca di notizie inerenti la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, inoltre facendo attenzione, in basso a destra si potrà vedere una piccola icona dell’INPS, si tratta di un riquadro di pochi centimetri con la scritta “Posso aiutarti sulla NASpI??  Selezionando questa voce, prende vita l’assistente virtuale NASpI 2022.

Cliccando sull’icona si apre una finestra di dialogo e per poter iniziare la conversazione occorre spuntare il riquadro in cui si dichiara di aver preso visione dell’informativa sulla privacy. Ora è possibile inviare le proprie domande, inoltre nella finestra di dialogo c’è la possibilità di ampliare in riquadro per avere una visuale migliore, chiudere la finestra utilizzando la “X”, oppure scaricare dei documenti che potrebbero essere inoltrati tramite la chat stessa.

Altri modi per accedere ai servizi di assistenza virtuale INPS

Trattandosi di un servizio attualmente attivo in via sperimentale, è disponibile solo dalle ore 14:00 alle ore 17:00. Ho provato il servizio e devo dire che non ci sono “ingorghi” quindi non c’è necessità di attendere un operatore libero.

Naturalmente anche per i percettori della NASpI oltre ad essere attivo l’assistente virtuale dedicata, è anche possibile accedere ai servizi MyINPS, in questo caso l’assistente è attivo 24 ore su 24, ma è necessario identificarsi con lo SPID, oppure con la Carta di Identità Elettronica o con la CNS.