Altro che ripresa: in Italia, consumi al palo

Saremo anche sotto Natale, sarà che c’è chi dice che il peggio della crisi è passato, ma a giudicare dai consumi degli italiani, il quadro che emerge è un altro.

L’Indicatore dei Consumi Confcommercio relativamente al mese di settembre 2016 è infatti fermo rispetto allo stesso mese del 2015. Calma piatta per i consumi nel nostro Paese.

Rispetto al mese di agosto è persino in calo dello 0,1%. Un andamento che, secondo l’Ufficio studi Confcommercio, “riflette il progressivo deterioramento nel clima di fiducia consolidando un atteggiamento molto prudente nei confronti del consumo”.

Su base mensile, gli aumenti contenuti ci sono solo per gli alimentari, le bevande e i tabacchi (+0,3%), in recupero rispetto al calo di agosto, la spesa per gli alberghi, i pasti e le consumazioni fuori casa (+0,1%) e per i beni e i servizi per la cura della persona (+0,1%).

In calo la spesa per i beni e servizi per la mobilità (-1%), dopo il significativo rialzo di agosto guidato dalla vendita di auto e moto. In lieve flessione la spesa per i beni e servizi per la casa (-0,3%), la spesa per i beni e i servizi ricreativi (-0,2%) e per l’abbigliamento e le calzature (-0,1%).

Su base annua, invece, i consumi segnalano l’aumento della spesa per beni e servizi per la mobilità, + 2,9%, mentre il rialzo è molto contenuto per i beni e i servizi per la cura della persona (+0,7%) e la spesa per gli alberghi, i pasti e le consumazioni fuori casa (+0,6%). La spesa si è ridotta in maniera notevole, rispetto a settembre 2015, per i beni e i servizi ricreativi (-2,3%) su cui pesa il confronto con l’Expo, e per i beni e i servizi per la casa (-1,1%) che già negli ultimi due mesi avevano evidenziato un calo.

Mercato immobiliare ancora con il segno più

Prosegue il momento positivo per il mercato immobiliare residenziale, confermato sia dai dati divulgati dall’Agenzia delle Entrate (OMI) in merito alle compravendite nel III trimestre 2016, sia dalla rilevazione di Casa.it sulla domanda di abitazioni.

Secondo l’OMI, da gennaio a settembre nel mercato immobiliare residenziale si registrano 381.790 compravendite, in crescita del 20,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre dalla rilevazione di Casa.it, a ottobre 2016, rispetto all’inizio dell’anno, emerge l’aumento della domanda del +4,7%.

Se il mercato immobiliare residenziale lancia segnali positivi, cosa accade sul fronte dei prezzi e quali sono le previsioni per il 2017?

Per quanto riguarda i prezzi degli immobili residenziali in offerta sul mercato, a ottobre 2016, rispetto a gennaio, secondo i dati di Casa.it si conferma il processo di stabilizzazione (-0,7%) già analizzato nei mesi scorsi, anche se, rispetto a dieci anni, il calo è di ben il 18,5%.

Tra le città metropolitane, quella che ha sofferto maggiormente è Genova (-2,6%). Calo dei prezzi, seppur più contenuti, a Palermo (-0,8%) e Firenze (-0,5%), mentre crescono a Bologna e Napoli, entrambe del +2,1%, e a Roma (+0,9%). Stabile il mercato immobiliare residenziale di Milano e Torino.

Milano (3.900 euro/mq), Firenze (3.780 euro/mq) e Roma (3.650 euro/mq) sono le città più care. Nelle altre città metropolitane a Bologna e Napoli il prezzo è di 2.900 euro/mq, a Genova di 2.750, a Torino di 2.350 e a Palermo di 1.900 euro.

Secondo Alessandro Ghisolfi, responsabile del Centro Studi di Casa.it, “nonostante il mercato abbia perso un minimo di brillantezza rispetto ai primi tre mesi di quest’anno, il confortante aumento della domanda di abitazioni in acquisto su tutto il territorio nazionale, fa ben sperare che il 2017 si confermi come il terzo anno consecutivo di crescita degli scambi”.

Investimenti e mercati finanziari dopo il referendum

Gli italiani hanno votato NO al referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre.

Dal punto di vista politico, lo scenario è abbastanza complesso, tuttavia bisogna ricordare che due terzi dei deputati sono neoeletti, a cui scatta il diritto al vitalizio solo a fine 2017, e quindi sarà probabile un rimpasto, sostenuto dalla stessa maggioranza che ha legittimato Renzi a governare, con la sostituzione del leader e del governo, rimandando le nuove elezioni almeno dopo settembre del prossimo anno.

Di certo ci sarà un momento di smarrimento, poiché la nave senza il timoniere fa sempre fatica ad affrontare il mare, e in questo momento l’Italia è senza skipper.

È probabile un aumento dell’incertezza e della volatilità sui mercati finanziari, anche se le recenti elezioni americane hanno spiazzato tutte le previsioni circa la reazione negativa dei mercati. Soprattutto, per quanto riguarda i titoli bancari e i titoli di Stato Italiani, il rischio potrebbe aumentare notevolmente.

Come sempre, una buona pianificazione e una estrema attenzione a diversificare correttamente e a rendere gli investimenti efficienti ed ottimizzati, sono la migliore strategia per affrontare serenamente i mercati finanziari, in qualunque condizione si presentino.

Diversificare significa investire in settori e beni diversi, scarsamente correlati tra loro, con il fine di mantenere comunque costante il potere di acquisto del patrimonio.

I beni reali sono, per loro natura, poco correlati agli accadimenti dei mercati finanziari.

Non è detto che gli investimenti debbano essere per forza totalmente di tipo finanziario, anzi si può spaziare in molti beni reali che siano adatti alle esigenze di pianificazione, dall’oro ai terreni agricoli passando per gli oggetti d’arte. Cum grano salis.

dott. Marco Degiorgis – Consulente patrimoniale e finanziario indipendente, Studio Degiorgis

Sci no, referendum sì

Alla vigilia del voto sul referendum costituzionale del 4 dicembre, i portali Casevacanza.it e Agriturismo.it hanno condotto un’analisi congiunta sulle prenotazioni per il mese di dicembre, scoprendo come né nel fine settimana del voto né in quello dell’Immacolata gli italiani approfitteranno delle scuole chiuse per partire.

Prevale il senso civico: all’apertura della stagione sciistica gli italiani preferiranno votare al referendum.

Soltanto il 9,8% di chi partirà a dicembre lo farà nel weekend del referendum o in quello dell’Immacolata, nonostante i ponti. Il 62% di chi parte a dicembre ha preferito prenotare per il periodo di Capodanno, che si conferma il momento di altissima stagione per eccellenza.

Chi va in vacanza all’inizio di dicembre, referendum o no, ha optato per un soggiorno di durata media molto breve: 2,5 giorni che si trascorreranno soprattutto nelle città del Nord Italia (per i mercatini di Natale), o nelle città d’arte.

Per quanto riguarda gli agriturismi le località più prenotate, secondo l’analisi, sono Merano (BZ), Vigolo Vattaro (TN), Renon (BZ) e Monguelfo (BZ), tutte in Trentino Alto Adige; chi alloggerà in casa vacanza ha scelto in primis Livigno (SO), Torino, Roccaraso (AQ) e Firenze.

Referendum costituzionale: in rete vince il No

Ormai il referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre è diventato un tormentone senza fine su tutti i mezzi d’informazione. Poteva forse la rete restare fuori dalla bagarre referendaria? Naturalmente no.

Un’analisi relativa al sentiment in rete sul referendum costituzionale, realizzata da Reputation Manager, principale istituto italiano nell’analisi e misurazione della reputazione online di brand e figure di rilievo pubblico, ha rilevato che il 76,18% di commenti negativi verso il decreto legislativo proposto dal ministro Boschi. Il restante 23,55% consiste invece in commenti a favore del referendum.

L’analisi ha monitorato i contenuti sul web generati spontaneamente dagli utenti relativi al referendum costituzionale tra agosto e settembre 2016, per capire il tenore e l’orientamento del dibattito su internet fra i due schieramenti. In particolare, l’analisi ha monitorato i contenuti UGC – User Generated Content (quelli, cioè, generati dagli utenti nei diversi canali online, come ad esempio post, commenti ad articoli, blog) e sui social media (Facebook-Twitter).

La ricerca delinea anche la distribuzione dei contenuti per tipologia di canale. La maggior parte dei commenti generati dagli utenti sul referendum costituzionale si trova infatti all’interno dei siti di testate giornalistiche (36,6%), seguiti da blog (21,1%) e portali di news (19,1%).

All’interno delle conversazioni online analizzate, sono stati rilevati i protagonisti principali del dibattito costituzionale. Il protagonista assoluto delle discussioni è Matteo Renzi, che viene citato nel 54% delle conversazioni, seguito dal Movimento 5 Stelle (24%), dal Presidente Sergio Mattarella (12%) e da Massimo D’Alema (10%).

Il Premier viene criticato su molti fronti dal popolo del web. Gli utenti contestano ripetutamente la personalizzazione del voto, poi ritrattata, le false promesse utili solo per attirare voti, l’annuncio di possibili “catastrofi” nel caso in cui vincessero le ragioni del No.

Dall’analisi dei commenti che citano il M5S appare evidente che ai pentastellati gli utenti del web attribuiscano grandi capacità di mantenere un contatto diretto con i cittadini, una comunicazione chiara ed efficace, anche in questa campagna elettorale a favore del No.

I commenti che citano il Presidente della Repubblica si riferiscono soprattutto all’assenza di una sua presa di posizione chiara rispetto a questioni importanti come la denuncia del comitato per il No per la mancanza di visibilità nelle reti televisive, le dichiarazioni dell’ambasciatore americano in Italia, che secondo i sostenitori del No erano finalizzate a influenzare il voto degli italiani sul referendum costituzionale.

Per il popolo del web i motivi di fondo che spingono Massimo D’Alema a schierarsi a favore del No sono altri rispetto a quelli costituzionali, credendo che quest’appoggio al No sia solo un’altra arma per portare a termine la sua lotta intestina al partito, andando anche contro sue precedenti posizioni politiche.

Su Facebook, il 67% delle pagine che parlano del referendum costituzionale è a favore del No (con un totale di 64.994 fan), il 30% del (con un totale di 10.929 fan) e il restante 3% (con un totale di 224 fan) ha esclusivamente uno scopo informativo e divulgativo, senza alcuna connotazione politica.

Su Twitter sono stati invece rilevati oltre 550mila tweet riguardanti il referendum costituzionale e quasi 53mila utenti attivi su questo tema.

Prestiti, che passione

Cresce l’ammontare degli importi dei prestiti in Italia. Si registra infatti una buona tenuta della domanda di prestiti personali e anche gli importi richiesti confermano l’interesse degli italiani nei confronti di questo strumento per la gestione delle proprie spese.

Secondo l’Osservatorio sul credito al consumo di Prestiti.it e Facile.it, le cifre medie richieste sono cresciute dell’1,2% in sei mesi e del 9% in un anno, tornando ai valori di un anno e mezzo fa.

Dall’analisi, condotta su oltre 30mila domande di prestiti presentate nel periodo maggio-ottobre 2016, è emerso che gli italiani hanno cercato di ottenere in media 11.200 euro.

Il profilo tipo di chi chiede accesso al credito è piuttosto chiaro: uomo – lo è il 73% del campione esaminato, contro il 27% di donne -, 40 anni (ne aveva 2 in più sei mesi fa) e vorrebbe ripagare il denaro chiesto a banche e finanziarie contando su uno stipendio mensile di 1.570 euro (+1,3% rispetto alla precedente rilevazione).

L’unica differenza sostanziale rispetto al semestre precedente è relativa alla durata dei prestiti, che si ferma a 60 rate, contro le 66 mensilità registrate in passato.

Cambiano anche le finalità per cui il prestito viene sottoscritto: per la prima volta in tre anni la richiesta di liquidità da gestire in autonomia viene superata dalla volontà di comprare un’auto usata, che rappresenta il 21,9% delle motivazioni date.

La liquidità è seconda, con la percentuale del 15,3%, mentre a seguire troviamo la ristrutturazione di casa, con il 15%: incentivi e bonus offerti dallo Stato piacciono ancora agli italiani.

Il semestre in esame segna un rinnovato interesse per il mondo dei motori: aumentano in percentuale le domande di prestiti per comprare l’auto nuova (ora al 7,6%, mentre sei mesi fa erano al 5,9%), mentre una motivazione che cresce in maniera significativa è quella dell’acquisto di moto usate, in sei mesi passate da poco più del 2% al 7,2%.

Percentuali molto più piccole per le moto nuove, che vedono triplicare le domande di prestito (dallo 0,4% all’1,2% del totale delle finalità indicate in fase di preventivo). Raddoppiati anche i prestiti per le vacanze (dallo 0,7% all’1,5% del totale), ma in questo caso incide la stagionalità, visto che nel semestre considerato rientrano i mesi estivi.

È una costante la differenza di comportamento tra uomini e donne, sia in termini di importo richiesto, sia per lo stipendio con cui restituirlo: non solo le donne ricorrono in misura minore ai prestiti, ma puntano a somme più basse (10.600 contro 11.500 euro) da rimborsare contando su uno stipendio di 1.350 euro, contro i 1.650 euro degli uomini. In comune vi è la ricerca di liquidità e di un’auto usata, anche se quest’ultima motivazione è molto più comune tra gli uomini (22,7% del totale).

Guardando alle regioni, le cifre più cospicue sono state richieste in Valle d’Aosta (12.800 euro), Sardegna (12.000) e Calabria (11.600), mentre il Molise è l’unica regione a scendere sotto la richiesta media dei 10mila (9.800 euro). La durata oscilla tra i 55 mesi del Molise e i 65 mesi della Valle d’Aosta.

C’è voglia di case

Gli italiani tornano ad amare le case (se mai hanno smesso di farlo…). L’Osservatorio di Casa.it sul mercato residenziale italiano, a ottobre 2016 rispetto all’inizio dell’anno, mostra alcuni segnali positivi per il settore, tra cui la crescita della domanda del 4,7%.

Per quanto riguarda i prezzi degli immobili residenziali in offerta sul mercato, si conferma il processo di stabilizzazione (-0,7%) già analizzato nei mesi scorsi, anche se, rispetto a dieci anni fa, il calo è di ben il -18,5%. Attualmente il valore medio di vendita al metro quadro delle case è pari a circa 1.900 euro.

Nella scelta dell’abitazione gli italiani si indirizzano prevalentemente su bilocali e trilocali situati in zone semicentrali o periferiche. Inoltre, sono disposti a investire, per un appartamento di 80 mq, circa 160mila euro, con un range che va, prendendo come riferimento i capoluoghi di regione, dai 128mila euro di Potenza e Perugia ai 312mila di Milano.

Per quanto riguarda la domanda di case (+4,7%), da gennaio a ottobre cresce in tutti i capoluoghi di regione, con valori più alti nelle città di Campobasso (+7,4%), Bologna (+6,9%), Milano (+6,4%), Roma (+6,3%), Napoli (+5,9%) e Torino (+5,9%).

Sul fronte dei prezzi degli immobili residenziali in offerta sul mercato (-0,7% a livello nazionale), tra le città capoluogo di regione segno positivo per Campobasso (+2,6%), seguita da Bologna, Napoli e Trieste, tutte con +2,1%. Soffrono invece Potenza (-3,6%), Venezia (-3,5%), Cagliari (-2,8%) e Genova (-2,6%).

Milano (3.900 euro/mq), Firenze (3.780), Roma (3.650) e Venezia (3.350) sono le città con le case più care, mentre Catanzaro (1.300 euro/mq), Potenza (1.600) e Perugia (1.600) le più economiche.

Il 2017 si presenta ancora positivo per il mercato italiano delle case, come conferma Alessandro Ghisolfi, responsabile del Centro Studi di Casa.it: “Nonostante il mercato abbia perso un minimo di brillantezza rispetto ai primi tre mesi di quest’anno, il confortante aumento della domanda di abitazioni in acquisto su tutto il territorio nazionale, fa ben sperare che il 2017 si confermi come il terzo anno consecutivo di crescita degli scambi. Le conferme di un mercato più equilibrato arrivano anche dall’andamento dei prezzi di vendita che a livello nazionale sembrano aver ormai innescato un processo di stabilizzazione che mancava da tempo. Non bisogna tuttavia dimenticare che sulle decisioni di acquisto delle famiglie pesa ancora il clima di incertezza generale di carattere socio economico che rimane di sfondo alle evoluzioni del mercato”.

Innovazione e retail: a che punto siamo?

I più importanti retailer italiani sono consapevoli che per affrontare le nuove sfide è necessario un disegno complessivo di trasformazione. Tuttavia il 65% di loro è frenato dall’assenza di una chiara strategia di innovazione digitale verso temi come la digitalizzazione del consumatore e la complessità crescente dei processi, anche se 3 su 4 si dichiarano al lavoro per definirla.

L’assenza di una chiara strategia si traduce in un livello di investimento inadeguato: anche se registra una crescita interessante, passando dal 15% del totale degli investimenti annuali nel 2015 al 17% nel 2016, la spesa in digitale dei top retailer è ancora inferiore a un punto percentuale del fatturato.

Sono queste alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e giunto alla sua terza edizione.

L’Osservatorio ha condotto una ricerca sui top retailer italiani (i primi 300 retailer per fatturato, presenti in Italia con negozi fisici) analizzandone la maturità digitale attraverso lo studio del livello attuale di adozione e dell’intenzione di adozione futura delle tre principali categorie di innovazione: nel back-end (processi di interazione retailer-fornitori o processi interni del retailer), nella customer experience in punto vendita e a supporto dell’omnicanalità.

Le innovazioni digitali nel back-end sono le più diffuse e consolidate tra i top retailer italiani: il 93% del campione ne ha adottata infatti almeno una. Gli investimenti nel 2016 sono stati maggiormente focalizzati su soluzioni di CRM (25% del campione), soluzioni a supporto della fatturazione elettronica e dematerializzazione (19%), sistemi ERP (18%), sistemi di business intelligence analytics (18%) e soluzioni per incrementare le performance di magazzino, come il voice picking (16%).

Per il 2017, oltre il 40% dei top retailer dichiara un potenziale interesse di investimento in altro tipo di innovazione come sistemi per il monitoraggio dei clienti in negozio (attraverso telecamere e sensori), sistemi di tracciamento dei prodotti lungo la supply chain (attraverso RFId) e soluzioni di intelligent transportation system.

L’80% del campione di top retailer ha sviluppato almeno una innovazione digitale nel front-end a supporto della customer experience in punto vendita. Le soluzioni su cui si sono concentrati maggiormente gli investimenti nel 2016 sono sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (22%), sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty (19%) chioschi, totem e touchpoint (15%), sistemi di cassa evoluti e Mobile POS (15%) e digital signage e vetrine intelligenti (13%).

Per quanto riguarda l’omnicanalità, infine, la quasi totalità dei retailer utilizza i canali digitali per supportare le fasi di pre-vendita o post-vendita, o per abilitare la vendita. Più precisamente, l’88% dei retailer (era l’80% nel 2015 e il 65% nel 2014) è presente sia online sia su mobile, mentre il 10% è presente solo online e l’1% solo su mobile.

Sull’online, il 35% del campione ha sviluppato un sito istituzionale per supportare il pre e post-vendita, mentre il 65% (era il 61% nel 2015) ha un sito di eCommerce per vendere online. Sul mobile, il 34% del campione ha un’iniziativa, App o Mobile site, per offrire funzionalità nel pre e post-vendita e il 55% (era il 42% nel 2015) ha un’iniziativa di Mobile Commerce.

All’interno del negozio, l’attenzione per il futuro è focalizzata su innovazioni volte a rendere il processo di acquisto più personale, ossia più rispondente alle esigenze del singolo cliente, e più esperienziale, ossia indirizzato a stupire – ha affermato Valentina Pontiggia, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano -. Oltre Il 55% dei retailer dichiara infatti di voler investire nel 2017 in sistemi di indoor positioning, digital signage e vetrine intelligenti, specchi e camerini smart, tecnologie basate sulla realtà aumentata e stampanti 3D. Il successo dell’eCommerce e l’aumento della competizione da parte delle Dot Com costringono poi a una riflessione più profonda sul ruolo futuro dello store in ottica omnicanale”.

Assicurazioni professionali: chi le cerca e perché

Avvocati, medici e altri professionisti cercano di tutelarsi da cause di clienti insoddisfatti o di pazienti scontenti e le assicurazioni legate alla professione, nel solo ultimo mese sono aumentate del 10%; tanto da convincere Facile.it ad analizzare nel dettaglio il profilo di chi, oggi, richiede una copertura assicurativa di questo genere.

Sulla base di un campione di oltre 2.000 richieste di preventivo di assicurazioni presentate a ottobre 2016 attraverso il web, il 24,2% è stato compilato da avvocati che precedono di pochissimo i medici, che si fermano al 19,2%. Alle loro spalle si trovano gli architetti, cui sono associati il 13,3% dei preventivi analizzati e gli ingegneri, quarti per poco meno di due punti percentuali (11,6%).

Continuando a scorrere la lista delle professioni se ne incontrano alcune che era prevedibile trovare (commercialisti, geometri, consulenti del lavoro), ma altre più sorprendenti. Oltre il 4% di chi ha richiesto un preventivo per assicurazioni professionali è un agente immobiliare e vi sono anche gli amministratori di condominio i quali, con il 2,4% dei preventivi superano agenti finanziari, revisori legali e mediatori creditizi.

Quando dai preventivi delle assicurazioni si passa alle polizze la classifica cambia e al primo posto si trovano consulenti del lavoro, periti e commercialisti. Per ciascuna di queste categorie professionali, che già da molti anni hanno a che fare con contenziosi e cause intentate contro di loro, la conversione di preventivi in polizze è pari a circa il 30%.

Altissima anche la percentuale di chi acquista un’assicurazione fra gli amministratori di condominio (25% dei richiedenti preventivo) e gli agenti immobiliari (20%). Avvocati e medici, invece, sembrano essere ancora in fase di studio della possibilità loro offerta con questo nuovo genere di prodotto e la trasformazione di preventivo in polizza si ferma al 16% nel caso degli avvocati e al circa il 10% in quello dei medici.

Se si considera il profilo di chi compila un preventivo per l’acquisto di assicurazioni professionali secondo un altro aspetto socio demografico e dal punto di vista regionale, si scopre che il 69% di chi richiede un preventivo è uomo e i più attenti a questo genere di copertura sono i professionisti di età compresa fra i 35 e 44 anni: quasi una richiesta su due (45,2%) è compilata da loro. Curiosamente, se si guarda alle sole coperture legate alla professione medica, a primeggiare nella ricerca di polizze professionali sono i giovani camici bianchi (età 25-34 anni); fa capo a loro il 32,2% delle richieste.

Le variabili che concorrono a determinare il premio annuo da corrispondere alla compagnia di assicurazioni sono molte; oltre al genere di professione, si considerano anche gli anni (tanto di anzianità anagrafica quanto di lavoro e iscrizione ad albi ove presenti), il massimale da impostare, l’eventuale retroattività della copertura rispetto alla data di stipula, il fatturato annuo del professionista; in virtù di questo, ci sono assicurazioni che costano poche centinaia di euro annui e altre che superano la decina di migliaia. In entrambi i casi, però, rifondere di tasca propria un eventuale danno sarebbe molto più oneroso.

Nuda proprietà fra necessità e occasione di investimento

Necessità e difficoltà economiche da un lato, vantaggi e opportunità dall’altro: è la doppia faccia della nuda proprietà. Una modalità che consente ai proprietari di avere liquidità derivante dalla cessione dell’immobile, pur continuando a vivere nell’appartamento per il resto della propria vita, e a chi vuole investire nel “mattone” di acquistare immobili a prezzi inferiori a quelli di mercato in rapporto all’età del venditore.

Se nel 2015, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate-OMI, le compravendite di abitazioni in nuda proprietà sono state quasi 21.600 (+1,9% rispetto al 2014), anche nel 2016 la tendenza è buona.

Secondo il Centro Studi di Casa.it (www.casa.it), a livello nazionale resta molto alto l’interesse per l’acquisto di abitazioni in nuda proprietà, con la domanda cresciuta negli ultimi tre anni in media del 35% e che vede il Veneto (+45%), la Liguria (+44%) e la Toscana (+38%) ai primi posti per tasso di crescita.

Stabile, invece il numero di proprietari che decidono di mettere in vendita l’abitazione con la nuda proprietà: le regioni con la crescita maggiore dell’offerta sono la Liguria (+8% negli ultimi tre anni), il Piemonte (+7%), l’Emilia Romagna (+6,4%) e il Veneto (+5,2%).

Diverse sono le motivazioni che spingono i proprietari a vendere la propria abitazione in nuda proprietà, come conferma Alessandro Ghisolfi, Responsabile del Centro Studi di Casa.it: “Chi decide di mettere in vendita la sua casa con la formula della nuda proprietà, nel 70% dei casi lo fa perché, trovandosi in difficoltà economica, ha la possibilità di avere liquidità immediata per mantenere un certo tenore di vita, nel 22% dei casi per far fronte ad esigenze legate all’avanzare dell’età o per sostenere i figli nell’acquisto della casa, e l’8% dei casi, non avendo eredi, decide di regalarsi una sorta di “pensione integrativa” per migliorare la qualità della propria vita”.

Chi vende in nuda proprietà è prevalentemente uomo (60%), ha in media un’età vicina ai 70 anni, vive nelle grandi città, è nel 60% dei casi solo (celibe/nubile – separato/divorziato- vedovo) e offre un’abitazione fra gli 80 e i 100 mq, soprattutto localizzata nelle aree centrali e semicentrali.

Il valore di un immobile in nuda proprietà cambia in rapporto all’età del venditore. Se il venditore appartiene alla prima fascia di età (45-50 anni), lo sconto percentuale rispetto al valore di mercato sarà circa del 75%, mentre se il venditore appartiene alle ultime fasce di età lo sconto per il compratore si riduce tra il 25% e il 10% se il proprietario ha oltre 80 anni.