Fatturazione elettronica PA, alcuni chiarimenti

Arriva dal dipartimento delle Finanze una importante circolare che regolamenta l’estensione dell’obbligo di fatturazione elettronica a tutte le Pubbliche Amministrazioni da parte degli operatori privati a far data dal 31 marzo 2015.

La circolare (1/E/DF) definisce chiaramente l’ambito di applicazione dell’obbligo di fatturazione elettronica e sottolinea che tra le Pubbliche Amministrazioni destinatarie delle nuove norme rientrano anche le Federazioni e gli Ordini professionali, in virtù della loro natura di enti pubblici non economici.

In sostanza, quindi, l’obbligo di fatturazione elettronica alle Pubbliche Amministrazioni comprende anche le amministrazioni disciplinate dall’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 165/2001, ossia, tra le altre, anche Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, aziende e amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo, Camere di commercio, istituzioni universitarie, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti pubblici nazionali, regionali e locali di natura non economica nazionali.

Da Federarchitetti un documento per il rinnovo del Comitato delegati Inarcassa

Gli architetti italiani hanno elaborato un documento programmatico (clicca qui per scaricarlo) per la gestione Inarcassa nel quinquennio 2015-2020. La Cassa di Previdenza e Assistenza Ingegneri ed Architetti rappresenta infatti uno dei pilastri fondanti durante e dopo il percorso professionale di ciascun iscritto.

Secondo Federarchitetti le pressioni, anche concitate nel corso degli anni, prodotte da associazioni, ordini, iscritti, hanno sensibilmente migliorato i servizi erogati, mitigando la burocraticità di gestione, spesso vessatoria nei confronti degli aderenti.

Molto resta ancora da fare, dicono gli architetti, perché Inarcassa acquisisca un ruolo che possa essere di “accompagnamento” alle molte esigenze sociali di assistenza che la società richiede in modo sempre più pressante.

Nell’esercizio del proprio ruolo istituzionale di tutela sindacale, Federarchitetti ha anticipato e denunciato le molte distorsioni che ancora ci sono nel settore delle libere professioni, proponendo quanto resta da fare, ma ha anche sostenuto quanto possa essere più efficiente un’attività improntata all’azione sinergica tra Inarcassa, Sindacati ed Ordini professionali.

Nonostante questo impegno, prevalgono ancora tendenze al protagonismo che continuano a penalizzare le categorie di architetti ed ingegneri. Federarchitetti, nell’interesse dei liberi professionisti e in sintonia con quelli del Paese, vuole raccogliere le forze più attente e sensibili sulla linea di un proprio programma di intenti, perché la prossima struttura di Inarcassa attivi tutte le misure individuate, in modo che gli iscritti possano vedere in essa un supporto affidabile su cui contare.

In tal senso è stato articolato il documento programmatico dei candidati di Federarchitetti presenti nelle diverse province, al quale gli architetti auspicano la maggiore adesione possibile. Il documento rappresenta un contributo operativo del quale il futuro Comitato dei Delegati dovrà prendere atto al fine di attivare quelle riforme necessarie per rendere Inarcassa meno aliena e più sostenibile rispetto gli interessi economici e sociali dei liberi professionisti.

Gli ordini professionali investono in cultura e formazione

Tre degli ordini professionali più influenti investono con forza nella cultura delle professioni. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha sottoscritto due protocolli d’intesa con il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e con la Fondazione Scuola Superiore dell’Avvocatura per promuovere attività comuni rivolte allo sviluppo della cultura professionale e alla formazione continua, da perseguire attraverso corsi, seminari e pubblicazioni.

Il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, ha firmato un protocollo con Gerardo Longobardi e Giorgio Sganga, presidenti rispettivamente del Consiglio e della Fondazione nazionali dei commercialisti, e uno con la Scuola Superiore dell’Avvocatura – Fondazione del Consiglio Nazionale Forense, rappresentata dal vice presidente Alarico Mariani Marini. Complessivamente i tre ordini professionali rappresentano oltre 450mila professionisti iscritti ai rispettivi Albi.

La deontologia e il rispetto delle regole sono condizioni fondamentali per una informazione al servizio dei cittadini”, ha affermato Enzo Iacopino, commentando l’iniziativa degli ordini professionali e annunciando “la creazione di un osservatorio di monitoraggio sulle violazioni dei codici etici della categoria”.

Le professioni intellettuali regolamentate devono recuperare il ruolo di presidio di garanzia per la collettività – ha invece sottolineato Alarico Mariani Marini -. Con i giornalisti condividiamo l’esigenza di riconoscere nella formazione uno strumento essenziale per lo sviluppo civile della società. Le nostre sono professioni che agiscono sul terreno dei diritti e delle libertà fondamentali e dunque devono recuperare la consapevolezza delle loro responsabilità culturali, etiche e deontologiche. Questi ultimi sono elementi che segnano la differenza delle professioni intellettuali regolamentate nella società di mercato“.

 

“Questo importante protocollo – ha chiuso l’altro rappresentante degli ordini professionali, Gerardo Longobardi, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti -, che avvia una proficua collaborazione tra professioni diverse, andrà ora riempito di contenuti e significati. La formazione è per le professioni intellettuali una grande opportunità di crescita e sviluppo culturale, oltre che un aspetto di socializzazione e condivisione di esperienze diverse. Investendo nella formazione, investiamo anche nella nostra Fondazione nazionale, fiore all’occhiello della categoria e suo braccio operativo. Ad essa il compito di concretizzare questo protocollo”.

INI-PEC online

E’ stato messo sul web l’elenco INI-PEC, ovvero l’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (PEC), che riporta tutti gli indirizzi di imprese e professionisti.

Il sito è stato realizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico e da Infocamere e verrà aggiornato in tempo reale con i dati di Registro Imprese e Ordini professionali di appartenenza.
Ad oggi, sul portale ci sono già oltre 660 mila indirizzi PEC di professionisti relativi a 970 ordini e collegi professionali, e quasi 3 milioni di indirizzi PEC di imprese, sia individuali sia a carattere societario.

Poter accedere online agli indirizzi di posta elettronica permette ai vari soggetti economici e alla Pubblica Amministrazione di interagire con professionisti ed imprese provvisti di PEC con maggiore immediatezza e, di conseguenza, rendere le comunicazioni più veloci ed efficienti.

La navigazione del sito è semplice e non richiede nessuna autenticazione: in homepage si trova il riquadro per la ricerca degli indirizzi, cliccando sul quale si accede alla pagina in cui inserire i dati dell’impresa o del professionista: i campi sono diversi e comprendono nome, cognome, codice fiscale, ordine di appartenenza, ma non sono tutti obbligatori, poiché il sistema anche solo con il cognome oppure con il codice fiscale è in grado di trovare il relativo indirizzo PEC.

D’ora in poi, l’utilizzo della PEC dovrebbe diventare più frequente, in vista della prossima scadenza del 30 giugno, alla quale anche le imprese individuali sono chiamate a munirsi di Posta Elettronica Certificata, per la ricezione di comunicazioni e notifiche dagli Enti e dalle PA.
La PEC, infatti, serve anche alla ricezione di raccomandate con ricevuta di ritorno online, che matengono, anche senza cartaceo, lo stesso valore legale.

Vera MORETTI

Caro governo, pensa alle imprese e ai professionisti…

 

Che cosa chiedono le associazioni di categoria al nuovo esecutivo? Dopo l’Ordine Nazionali dei Tributaristi, abbiamo rivolto le stesse quattro-topiche domande anche alla Presidente dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone.

Il quadro è chiaro: l’esclusività del sistema ordinistico italiano è il nostro fiore all’occhiello ma anche un gran tallone d’Achille.

Quali sono, a suo parere, le tre priorità che dovrà affrontare il nuovo governo per rilanciare domanda e consumi?
Riduzione del costo del lavoro, semplificazione amministrativa, abbattimento dei costi pubblici: sono le priorità su cui è indispensabile intervenire immediatamente per dare ossigeno al mercato.

Quali, invece, le politiche che dovrà mettere in campo per dare sostegno a imprese e professionisti, strozzati dalla crisi?
E’ indispensabile mettere al centro delle riforme di sistema le Pmi, vero motore del Paese. Senza rilanciare questo segmento non ci sarà futuro. Non bisogna mai dimenticare che il lavoro dipendente viene creato dal lavoro autonomo e che quindi, senza sviluppo di imprese e professioni, non ci sarà sollievo per la disoccupazione. In particolare, sarà necessario creare una rete di incentivi che possano permettere di uscire dalla crisi.

Per parte vostra, quali saranno le prime istanze che porterete al nuovo esecutivo?
Chiederemo di intervenire sui settori che, colpevolmente, non sono stati oggetto di riforme strutturali. Interventi sui servizi dell’energia e su quelli bancari (con particolare riferimento ai mutui) sono indispensabili; possono innescare un meccanismo virtuoso di sviluppo sprigionando energie che restano al momento circoscritte in un ambito ristretto.

Qual è l’errore più grave commesso dai precedenti governi che non volete venga più commesso dall’esecutivo che verrà?
Non c’è dubbio che gli interventi mirati a destabilizzare il sistema ordinistico siano stati gravi errori. Siamo in presenza di un valore aggiunto del nostro Paese che offre buona occupazione sia ai giovani professionisti che ai tantissimi dipendenti degli studi professionali. I professionisti ordinistici sono interlocutori stabili della Pubblica Amministrazione per la quale operano in sussidiarietà, svolgendo funzioni che ne sostengono l’azione e sopperendo in tantissimi casi alle lacune del sistema pubblico con grande vantaggio per i cittadini.

Paola PERFETTI 

Quella legge s’ha da fare

di Davide PASSONI

L’Italia è il Paese del sole, dei campanili e delle… professioni. Non che non lo sapessimo, ma con il tour che Infoiva ha intrapreso durante la settimana attraverso il mondo delle professioni cosiddette “non regolamentate”, ne abbiamo avuto l’ulteriore conferma. Professionisti che guardano con diverso interesse e differenti punti di vista alla legge di riforma delle professioni che entro l’anno dovrebbe avere il via libera dal parlamento.

Un universo variegato, con le istanze più diverse, che si possono però riunire sotto l’auspicio che il presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi, ha espresso a Infoiva: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati“. Ci sono associazioni come Adico i cui associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda, operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti, e ci sono realtà come ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management, che ritengono fondamentale il riconoscimento della propria professionalità da parte di istituzioni e mercato.

E se il presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno è certo che “dalla riforma delle professioni deriverà un futuro importante sia per gli iscritti all’INT sia per la loro utenza“, per Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, la chiave del domani sta nella segmentazione delle professionalità, nel pragmatismo e nella capacità di fare rete.

Insomma, come avrete capito, la frammentazione delle idee e degli auspici è varia e diversa almeno quanto le professioni stesse. E se su un punto più o meno concordano tutti, Infoiva compresa (la legge di riforma delle professioni serve), sul futuro le visioni sono le più disparate. L’Italia è bella perché è varia…

Leggi l’intervista al presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi

Leggi l’intervista a Eugenio Casucci, consigliere delegato di ADICO, Associazione italiana per il marketing, le vendite e la comunicazione

Leggi l’intervista a Paola Palmerini, presidente di ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management

Leggi l’intervista al presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno

Leggi l’intervista a Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement

Professionalità e pragmatismo: il futuro delle libere associazioni

 

Concludiamo la nostra settimana dedicata alle libere associazioni professionali con un focus dedicato ai manager professionisti e alla managerialità vista in chiave più trasversale: abbiamo intervistato Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, l’associazione nata quasi 20 anni fa come ItalQuadri, allo scopo di raccogliere e valorizzare le figure di quadri e alte professionalità.

Libere associazioni professionali: quale sarà il vostro futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Se questa legge molto imperfetta passerà, le associazioni dovranno assumere un ruolo diverso: prima di tutto aiutare tutte le associazione che ne fanno parte a soddisfare gli standard della legge stessa, ma dall’altra parte le libere associazioni si dovrebbero trasformare in qualche modo. Se fino ad oggi sono state un luogo di pressione nei confronti della politica perché venissero discussi e affrontati certi argomenti, adesso occorre cambiare ‘attrezzatura’. La riforma nasconde però anche un grosso rischio: se la legge vale per tutti e ciascuno la può fare senza bisogno di nulla, il rischio di un impoverimento di coordinamenti e associazioni esiste, ed è reale. Le associazioni non potranno più essere basate unicamente sulla soddisfazione dei bisogni della certificazione, ma occorre fare il passo successivo. Con questo non intendo la nascita di nuovi ordini, ma occorre pensare piuttosto a come aumentare la qualità delle prestazioni all’interno delle varie associazioni, stando attenti a non cadere nella trappola dell’Uni. Sarà necessario poi lavorare sulla qualificazione dei vari livelli, e come terzo punto occorre capire come puntare sulla certificazione delle professione.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
I nostri associati hanno una visione politica, la nostra età media è abbastanza bassa, ci sono pochissimi pensionati, a differenza delle altre associazioni. Per noi tutto ciò che migliora e punta a rompere certi schemi viene visto in maniera positiva, per noi è una soddisfazione per il cambiamento un passo per andare verso una maggiore tutela della professionalità. Tra i nostri associati ci sono anche molti iscritti agli albi professionisti, come architetti, ingegneri, e sono critici nei confronti degli albi professionali, ne vedono i limiti e questo cambiamento indica davvero una strada e una direzione verso la quale andare, ossia diventare davvero europei, come accade ad esempio nei Paesi Anglossasoni, dove gli ordini non esistono ma ci sono associazioni fortissime che costringono a tenersi costantemente aggiornati, a rispettare determinati standard, pena l’esclusione. In Italia non mi risulta che gli ordini siano così severi. Quindi il cambiamento dovrebbe portare a un miglioramento, come la concorrenza migliora il mercato.

Quadri e altre professionalità: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?

Noi siamo un’associazione orizzontale, non verticale come le altre e rappresentiamo una situazione un po’ anomala rispetto alle altre associazioni iscritte al Colap. Praticando trasversalmente tutte le attività, siamo nella condizione di vedere in maniera diversa dagli altri, più trasversale, quali siano i problemi che devono essere affrontati Questo perché non puntiamo alla qualificazione dei nostri iscritti, perché sono troppo variegati, quindi siamo portatori di una visione diversa. I parametri su cui noi lavoriamo come associazione sono la managerialità, intesa nel senso anglosassone di capacità di risoluzione dei problemi, presidio dei processi, gestione di budget e personale, managerialità che si esplica in tutti i campi, sia nel mondo dei dipendenti che dei consulenti. Questo mix permette di confrontare idee, di creare sinergie, di spingere al cambiamento.

Federmiddlemanagement fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Stare nel CoLAP per noi come associazione ‘orizzontale’significa avere contatti con le associazioni più ‘verticali’, che permettono la tutela della professionalità specifica e tecnica del singolo associato. Il rapporto con altre associazioni ci permette di ‘passare’ i nostri iscritti per il miglioramento della professionalità specifica di ciascuno, ma anche di avere contatti con chi è bravo in quel campo, di poter usufruire di una formazione continua. Da qualche tempo abbiamo iniziato una mappatura delle professionalità raccolte entro la nostra associazione, e per le 2 o 3 più significative abbiamo cominciato a prendere contatti con le associazioni specifiche: per gli esperti di marketing ad esempio siamo riusciti a creare una sinergia con lADICO, associazione più specifica che fa sempre parte del CoLAP.

Se un professionista è già iscritto ad un albo professionale, qual è la ragione che lo spinge a iscriversi ad un’associazione come la vostra?
Faccio un esempio: se un ingegnere iscritto all’albo si ritrova a ricoprire la posizione di quadro, nel reparto gestione e controllo all’interno di una grande azienda, avrà bisogno non solo dei crediti formativi che gli fornirà il suo albo, ma anche di contatti di tipo culturale, di servizi. La frase dell’altro giorno del Presidente Monti che ricordava come la sanità pubblica debba essere ripensata, la si traduce con ‘ognuno di noi cominci a pensare a una polizza assicurativa personale o integrativa’. Quindi il senso è proprio questo: l’iscrizione ad un’associazione come la nostra deve essere vista come una possibilità o necessità complementare, a seconda dei bisogni. Occorre cominciare ad offrire un mix di professioni e servizi entro cui il professionista possa scegliere cosa che lo aiuta a lavorare, e a vivere meglio. Un mix virtuoso che permetta anche di superare il dualismo tra albi e associazioni.

Perché in Italia gli albi professionali e il corporativismo sono così forti, a suo avviso?
Propongo due riflessioni: il provvedimento sull’obbligatorietà della media conciliazione e il ruolo svolto dall’ordine degli avvocati, che ne hanno svuotato completamente i punti di forza perché hanno letto nel provvedimento una diminuzione delle loro capacità e possibilità e quindi del loro mercato. La foRza degli albi professionali in Italia è presto detta: quanti avvocati siedono nel Parlamento italiano? A mio avviso per la soluzione non è attaccare gli ordini come ‘cattivi’ ma riuscire a far capire la politica, che però è interpretata molto spesso dagli stessi iscritti agli ordini, che è un errore. Noi continuiamo a parlare di Europa però l’Italia è l’unico Paese che porta avanti ancora il discorso degli ordini, mentre il modello anglosassone è oggi quello che viaggia in tutto il mondo: il famoso ‘tesserino’ all’estero non viene riconosciuto per la maggior parte delle professioni, quello che conta è la laurea, i voti, le esperienze maturate. Un giorno o l’altro capiremo anche noi che è necessario fare un passo avanti, o forse saranno gli altri a costringerci a farlo.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Aumentare la capacità di far capire al sistema quanto sia importante la segmentazione delle professionalità, che potrebbe portare a costruire modelli diversi per ognuno, con una base unificata e unificante e con obiettivi che siano ‘alti’. Questo porterebbe le associazioni ad affrontare temi di etica e dare un significato più ampio alla parola ‘associazione’, sul modello anglosassone che significa pragmatismo, creazione della ‘rete’ che non è data solo dai numeri ma intesa come condivisione di azioni, in modo che altri come loro possano identificarsi nelle soluzioni. E’ una strada lunga, ma è l’unica da percorrere.

 

Alessia CASIRAGHI

Temporanei per scelta, professionisti per vocazione

di Davide PASSONI

Sarà che in Italia nulla è più duraturo del temporaneo, fatto sta che esiste una professione – guarda caso non regolamentata – che con il perdurare della crisi economica e l’evolversi delle esigenze “manageriali” delle aziende assume sempre maggiore valore, ma che pochi conoscono. Si tratta del temporary manager, professione le cui istanze sono sostenute e difese da ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management. Quattro chiacchiere con la presidente Paola Palmerini, aiutano a capire perché un manager temporaneo non è “figlio di un dio minore” rispetto ai colleghi “stanziali”.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Il disegno di legge 3270 è frutto di un grande lavoro eseguito dal CoLAP, con il quale ATEMA ha sempre cooperato, in particolare con il comitato scientifico, presieduto da Angelo Deiana. Si comincia finalmente – mediante il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini e collegi – a riconoscere che esistono attività che sono vere professioni al di fuori di quelle regolate da ordini o albi. Il Temporary Manager è una di queste: una identità professionale che ATEMA ha contribuito a delineare nelle specificità e contestualità di applicazione nel nostro mercato, la cui qualificazione è promossa da ATEMA mediante un processo non autoreferenziale che funge da indirizzo per l’aggiornamento continuo del singolo professionista e da trasparenza e equità al mercato delle imprese che intendono usufruire del servizio di temporary management.

E per il temporary manager in particolare, quale futuro?
E’ un momento molto importante, un percorso iniziato già dalla legge 206/2007 della Comunità Europea alla quale come Associazione ci siamo adeguati, e per i TM: una figura professionale che diventa visibile anche in Italia, che è costituita da manager preparati a svolgere la professione del manager come liberi professionisti, generando valore economico nelle imprese indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro con il quale il loro apporto è regolato. Siamo consapevoli, e ATEMA è in questo impegnata,  che ciò implica competenze, abilità, formazione continua, multidisciplinarità, merito e competitività professionale. Ma ciò rende anche trasparente e competitivo il mercato, ed anche in questo .

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Dicono “finalmente!!!” se la legge sarà approvata, anche se l’umore oggi è più condizionato dalla situazione economica, dal lavoro sempre meno riconosciuto come valore economico in particolare nei servizi. Riconoscono l’impegno che ne consegue sia personale che della associazione, ma credo vedano cominciare ad aprirsi spiragli di maggior applicazione del temporary management. Il problema: le culture  – imprenditore e manager esterno – che devono imparare ad avvicinarsi, trovare sinergia nella distinzione di responsabilità e di abilità, nella esecuzione di un progetto comune per l’azienda.  ATEMA ha sviluppato su questo una specifica formazione sia per imprenditori che per manager. Attraverso un networking sempre più di contenuti, ATEMA ha poi generato possibili contatti con nuovi soci che vengono dai Paesi in cui il temporary management è normale professione manageriale, come Regno Unito e Usa, ha generato la possibilità di incontro tra soci che hanno creato nuove imprese, ACTISS Italia ne è un esempio (opera nel campo delle risorse umane e consulenza per temporary manager e imprese) e altre in campi di servizi o industriali.

Temporary manager: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Sono buoni, anzi devono essere ottimi manager – perché lavorano con tempi e condizioni di solito di emergenza, si pensi al turnaround, o di start up, le quali non devono durare come start up in eterno… altrimenti addio reddittività ordinaria. Sono Liberi Professionisti, e quindi marketing, commerciale si deve affiancare alle capacità gestionali e di problem solving, e perché no anche a quelle di natura imprenditoriale, quindi assunzione di rischi, sapendoli valutare. Tutte queste ed altre sono oggetto del ns processo di qualificazione della professione del temporary manager.

ATEMA fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
E’ stato fondamentale, sia per la forza di impatto quantitativo che da soli – in un mercato ancora così lontano dall’anglosassone nel tema del temporary management – non avremmo avuto la forza, sia per aver favorito, e oggi credo ancor più,  le alleanze tra associazioni: fattore determinante a mio parere per il prossimo futuro. E poi si è fatto squadra, e credo sia significativo oggi più che mai.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Rendita di posizione, forti personalismi ed interessi, anche non sempre palesi conflitti, difficoltà nel ricercare conciliazioni (win-win) rispetto ad una più facile e meno complessa gestione del mantenimento dello status quo, scarsa propensione a guardare oltre il proprio confine e interpretare bisogni delle comunità civili.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Non c’è dubbio: avere il riconoscimento da Istituzioni e mercato (quindi le norme e la comunicazione) della professione del temporary manager e della Associazione (siamo  l’unica aggregazione in forma Associativa regolamentata, che da tempo promuove il temporary management e da prima del 2007 rappresenta secondo le regole della legislazione in vigore la identità della professione del temporary manager). Abbiamo da poco incontrato UNI per avviare il nostro gruppo di lavoro per la norma tecnica della professione temporary manager. Ovviamente il numero degli iscritti, non solo per la rappresentanza, ma ancor più per la qualità del confronto e la cooperazione che deve essere il più ampio possibile per una professione così trasversale.

Poi?
Infine, ma non ultimo, la cooperazione con le Imprese e le aggregazioni, associative e non, di impresa: il valore del temporary management è una grande forma di flessibilità e progettualità, senza perdere in qualità professionale e del servizio, anzi!

Albi professionali: ma servono davvero?

Dopo il faccia a faccia con Giuseppe Lupoi, Presidente di CoLAP, oggi Infoiva cerca di sondare più da vicino quali sono gli umori e le dinamiche interne delle associazioni di professionisti che fanno parte del Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

E lo fa con Adico, l’associazione che raggruppa i direttori di marketing, vendite e comunicazione, che non possono fregiarsi di un albo professionale vero e proprio. Ma quanto conta davvero? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Casucci, consigliere delegato di Adico.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
In senso generale la riforma delle professioni dovrebbe portare un maggior peso nell’azione di regolamentazione dei servizi resi all’utenza, quindi il vantaggio è chiaramente per chi fa uso dei servizi del professionista. E’ chiaro che questo vantaggio per l’utente finale dipende molto dal tipo di professione che viene rappresentata dalla singola associazione: questo tipo di garanzia e il fatto stesso che il professionista appartenga ad un’associazione riconosciuta, che gli ha dato delle regole, è tanto più importante quanto il rapporto è di tipo professionale. Il caso più classico riguarda i possessori di partite Iva nei confronti di azienda o privati ai quali forniscono servizi.

Qual è, oggi, l’ “umore” dei vostri associati?
Abbastanza tiepido. In buona parte i nostri associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda quindi operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti. Dall’altra parte, in un contesto come quello che stiamo vivendo, interessato da un continuo mutamento delle dinamiche del mercato del lavoro, molti manager sono diventati consulenti, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Per questa categoria, ovvero per chi opera come consulente con partita Iva, in linea teorica l’esigenza della creazione di un albo professionale dovrebbe essere maggiormente avvertita, e in effetti è quello che avviene, ma non la avvertono come prioritaria. Storicamente infatti la professione del direttore commerciale, marketing o vendite non si riconoscono nei confronti del loro rapporto di lavoro con la proprietà dell’azienda in termini di ‘tesserino’ o iscrizione ad un albo, ma in termini di professionalità: quello che conta è quello che sanno fare e la capacità di ottenere risultati per l’azienda indipendentemente dal fatto di essere riconosciuti da un albo professionale.

Direttori commerciali, vendite e marketing: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Capacità di affrontare e risolvere rapidamente i problemi di un mercato in rapidissima e continua evoluzione, sia a livello di scenario (aziende, prodotti, etc) nei confronti di una concorrenza sempre più globalizzata, sia a livello degli strumenti con cui operare, dal web ai social. Il mondo di internet oggi riveste un’importanza determinante, anche al di là delle singole categorie di prodotto: dai siti, ai blog, alla web reputation. Quello che oggi viene richiesto in termini di professionalità ai nostri associati è che sappiano capire in tempi rapidi che cosa occorre fare a livello di marketing e il saper vendere bene.

Adico fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Adico fa parte del CoLAP e si attende che questa normazione produca degli strumenti validi per tutti, anche se ci rendiamo conto che non si tratta di un’impresa facile, considerate le peculiarità e le differenze delle singole professioni. Per rendersi conto di questa varietà e disomogeneità basta scorrere la lista delle associazioni iscritte al CoLAP. Questa varietà è evidente che porti con sé delle difficoltà intrinseche nello stilare una norma che sia quanto più stringente e facilmente attuabile: il rischio infatti e di fare una norma troppo generica, che alla fine non soddisfa nessuno. Credo che in questo senso il CoLAP abbia esaurito, in positivo, la sua necessità d’essere: nel momento in cui verrà approvata una norma, molte delle ragioni per cui il CoLAP esiste verrebbero a cadere, perché finalmente si arriverebbe a una norma condivisa.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Gli organi professionali regolamentati (giornalisti, medici, avvocati, architetti…) dovrebbero servire a garantire il livello base di servizio all’utenza, dalla conoscenza accurata della propria professione al rispetto della deontologia. A questo vanno aggiunti altri due aspetti importanti: in Italia gli albi professionali fissano anche le tariffe minime per l’erogazione dei servizi, e gestiscono i fondi pensionistici e sanitari. Inoltre costituiscono una barriera di ingresso, e per i professionisti, essere iscritti ad un albo significa in larga parte ‘vantaggi’. Quindi è fuori di dubbio che farne parte è interesse di ogni professionista. Volendo però mettere in luce quelli che sono i limiti, in Italia, dell’istituzione degli albi professionali è che nessuno garantisce direttamente alcuna forma di aggiornamento professionale obbligatorio nel tempo. Occorrerebbe maggiore controllo, ma il corporativismo resta forte perché chiaramente ogni albo professionale offre dei vantaggi.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
La principale motivazione per appartenere ad un’associazione che ponga paletti o regole nell’iscrizione e nel mantenimento della qualifica dovrebbe stare in una richiesta formale da parte della clientela: nel caso di Adico non si tratta dei privati ma delle aziende, medie, grandi e piccoli, che scelgono i propri manager indipendentemente dall’esistenza di un albo. Se non c’è la richiesta non nasce nemmeno la necessità.

 

Alessia CASIRAGHI

Lupoi: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati”

di Davide PASSONI

Poteva Infoiva cominciare la settimana dedicata alle professioni non regolamentate in Italia, senza ascoltare il presidente di CoLAP, l’ing. Giuseppe Lupoi, che da anni si batte per dare futuro e dignità a un esercito di professionisti in bilico tra un riconoscimento che non arriva e una professionalità sempre più elevata? Certo che no, ecco l’intervista…

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
La legge di regolamentazione delle associazioni professionali rappresenta in assoluto una grande opportunità di crescita e di ammodernamento del sistema delle professioni in Italia, in quanto pone al centro l’utenza e la qualità dei servizi professionali. Con questa legge, infatti, le associazioni assumono un ruolo fondamentale come strumento di garanzia nei confronti dell’utenza e come soggetto in grado di valorizzare le competenze dei professionisti associativi;  soltanto quelle in possesso di ben definiti requisiti (democraticità interna, deontologia, rappresentatività, formazione permanente, polizza assicurativa) potranno essere inserite nell’elenco web tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Quale sarà, in questo senso, il compito del CoLAP?
Sarà proprio quello di vigilare affinché soltanto le associazioni davvero in grado di rispondere ai requisiti richiesti dalla legge possano essere inserite in questo elenco e che tutto sia fatto con correttezza, trasparenza e veridicità. L’elenco e la legge nel suo complesso dovranno rappresentare uno strumento di  eccellenza e servire da stimolo alla crescita, all’implementazione e al miglioramento di tutte le associazioni e dei loro professionisti.

E il CoLAP, che cosa si aspetta dalla riforma delle professioni?
Il CoLAP si aspetta che la riforma dia dignità e status agli oltre 3 milioni di professionisti non regolamentati che quotidianamente prestano i loro servizi professionali e sono utili alla collettività. Si tratta di un universo professionale che è stato fino ad oggi oggetto di immotivate accuse di abusivismo da parte degli ordini professionali. Finalmente con questa legge si da piena legittimazione al secondo pilastro sul quale si regge un sistema professionale moderno: accanto agli ordini, enti pubblici dove si iscrivono obbligatoriamente i titolari di una patente statale per l’esercizio di determinati atti di professione indicati dalla legge, ci sono le associazioni professionali, soggetti privati con il compito di promuovere e valorizzare le competenze dei professionisti che volontariamente decidono di aderire.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Certamente variabile, ma allo stesso tempo in fibrillazione. Sono anni che attendono la regolamentazione e sanno di non essere mai stati così vicina ad ottenerla: mai di un testo di legge di regolamentazione delle associazioni professionali si era discusso in una Aula parlamentare e tanto meno era stato votato con maggioranza quasi bulgara da ben due rami del Parlamento. Il nostro lavoro è stato di far comprendere ai parlamentari le potenzialità di questo mondo ed i benefici economici e sociali di una sua regolamentazione. Diciamo che siamo fiduciosi. Quel che è certo è che dall’esito di questa legge dipenderà il nostro umore futuro, quando saremo chiamati a votare in primavera. Per quel tempo sapremo sicuramente chi è davvero un nostro sostenitore e chi si è soltanto professato tale.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
La principale causa dell’immobilismo e della perdita di competitività del nostro Paese sono proprio la forza delle corporazioni. Quelle degli ordini sono tra le più forti. Basta fare un giro sui siti di Camera e senato per vedere che la stragrande maggioranza dei componenti è iscritto ad un ordine professionale (avvocati, commercialisti, giornalisti).

Che cosa significa per voi questo stato di cose?
Significa che non abbiamo una rappresentazione reale della società ma una espressione delle lobby di potere e delle corporazioni. Ed il concetto di lobby non sarebbe nemmeno sbagliato; lo è però  quando muove la politica soltanto per fare i propri interessi personali a scapito della collettività ; lo è quando mira soltanto a difendere il proprio orticello e le proprie posizioni di potere a danno del sistema economico e sociale. Per farle un esempio: lo scandalo della controriforma forense che ancora tiene banco in Parlamento e che sembra venga approvata entro Natale, che aumenta le riserve di legge alla consulenza legale, cosa inaudita in ogni parte del mondo!

I limiti e i vantaggi del sistema ordinistico italiano, secondo il CoLAP.
Gli ordini professionali sono ormai anacronistici. Il loro principale limite è quello di legittimarsi solo per il fatto che i loro iscritti hanno superato un esame di stato una volta nella vita e solo  questo fatto di considerarsi composti da “bravi professionisti”. Questo è sbagliato e fuori tempo. Oggi, in una società come la nostra che vive di “sapere” ed è in continua evoluzione, dove nascono sempre nuove esigenze che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze professionali per stare sul mercato, questo sistema è superato e limitativo. Faccio spesso un esempio: un laureato in medicina un giorno supera l’esame di stato e diventa medico. Ad un certo punto della sua vita decide di trasferirsi in India e fare il santone. Al suo ritorno in Italia , diciamo dopo venti anni, lui è e continua ad essere un medico. Surreale non crede? Lei si sentirebbe sicuro di lasciare nelle mani di questo professionista la sua vita?

Me lo dica lei…
Oggi, con la riforma degli ordinamenti professionali del Governo Monti, in apparenza le cose stanno cambiando. Gli ordini hanno accettato una sorta di verifica nel tempo della formazione del professionista, però, avendo voluto tenere in loro mano tutto il percorso formativo, lo hanno condannato al fallimento: l’esperienza degli ECM insegna al riguardo. Forse da questa riforma potremo ricavare dei vantaggi…al momento vantaggi del sistema ordinistico italiano non mi sovvengono (e lo dico da iscritto ad un ordine).

CoLAP è un coordinamento che “dà fastidio” a tanti: perché?
Dà fastidio perché introduce logiche meritocratiche e competitive, perché massifica l’innovazione e anticipa il cambiamento, in un sistema statico che tende a equiparare tutte le competenze.

Che cosa chiedete a al prossimo governo per “contare di più”?
Semplicemente che si dia avvio ad un processo di riforma capace davvero di rendere merito al nostro Paese e ai nostri professionisti e che ci permetta di competere alla pari con gli altri stati europei dove il sistema associativo esiste ed è un sistema vincente.