Fattura elettronica ai forfettari dal 1° luglio 2022, chiesto il rinvio

L’obbligo di fattura elettronica alle partite Iva a regime forfettario scatterà a decorrere dal 1° luglio 2022. Il provvedimento non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ma varie categorie chiedono il rinvio al prossimo anno. L’obbligo di abbandonare il vecchio sistema delle fatture cartacee e di adottare il formato elettronico, tuttavia, non colpirà la generalità delle partite Iva a regime forfettario. Infatti, nel decreto si prevede l’esclusione dei lavoratori autonomi in regime di vantaggio con compensi e ricavi fino a 25 mila euro. Il decreto, inoltre, prevede l’obbligo di fatturazione elettronica fino al 31 dicembre 2024.

Fattura elettronica, si chiede che l’obbligo alle partite Iva forfettarie scatti il 1° gennaio 2023

Tuttavia, sull’estensione della fattura elettronica alle categorie finora esonerate emergono richieste di rinvio della data di decorrenza da varie parti. Ovvero di modificare la bozza del decreto entrata nel Consiglio dei ministri (e già corretta con il tetto minimo dei 25 mila euro voluto dal ministro per lo Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti) facendo decorrere l’obbligo dal 1° gennaio 2023. Il problema principale è di carattere pratico nella gestione, durante l’anno e a partire dal 1° luglio prossimo, di due tipologie di fatture, quelle cartacee e quelle elettroniche.

Fattura elettronica alle partite Iva forfettaria, cosa cambia dal 1° luglio 2022?

La bozza del decreto prevede anche un periodo di transizione per l’adeguamento al nuovo regime per le partite Iva forfettarie. Infatti, l’emissione del formato elettronico del documento può avvenire entro un mese dal giorno della corrispondente operazione. Tale periodo vige per le operazioni effettuate ad agosto e a settembre prossimi. Ciò che i rappresentanti dei professionisti e delle piccole e medie imprese lamentano è il poco tempo a disposizione per prendere confidenza con il nuovo sistema di emissione e di conservazione delle fatture elettroniche. La cui gestione può essere effettuata, gratuitamente, attraverso la piattaforma messa a disposizione dall’Agenzia delle entrate, il Sistema di interscambio (Sdi). In più il sistema prevede il pagamento del bollo sulla fattura da effettuare in via telematica.

Fattura elettronica alle partite Iva forfettarie, il limite dei 25 mila euro

Anche il limite dei 25 mila euro per l’adozione della fattura elettronica dei forfettari rischia di creare confusione. Si è espressa in questi termini l’Unione nazionale dei giovani dottori commercialisti ed esperti contabili (Ungdcec), reclamando che il cambio nel corso dell’anno rischia di creare confusione e destabilizzare la platea dei contribuenti interessati. In particolare, il tetto minimo dei 25 mila euro dei compensi e dei ricavi non sarebbe ben definito, soprattutto nelle modalità di calcolo.

Obbligo di fattura elettronica per combattere frodi ed evasione fiscale

Tuttavia, pur nelle difficoltà pratiche già incontrate dalle prime categorie di lavoratori autonomi che hanno sperimentato la fattura elettronica nel 2018, non si possono mettere da parte i vantaggi che l’adozione del formato elettronico può comportare, soprattutto nella lotta all’evasione fiscale. L’allargamento della platea delle partite Iva obbligate alla fatturazione elettronica permette al Fisco di poter avere notevoli dati da incrociare. E di bloccare sul nascere potenziali operazioni a rischio di frode. Secondo le stime, rimarrebbero fuori dall’obbligo di fatturazione elettronica circa 800 mila partite Iva a regime forfettario. I cui ricavi e compensi non arrivano a 25 mila euro.

Fattura elettronica, scatta l’obbligo per le partite Iva forfettarie fino al 2024

Arriva l’obbligo di utilizzare la fattura elettronica per tutti i soggetti finora esonerato, tra i quali i possessori di partita Iva a regime forfettario. La novità arriva dal decreto legge Pnrr che, tuttavia, prevede la soglia minima di compensi e ricavi di 25 mila euro per l’adozione del formato elettronico. L’obbligo varrà fino al 31 dicembre 2024. Altre novità sono contenute nel decreto del governo. I concorsi pubblici passeranno dal portale InPa, al quale dovranno adeguarsi gradualmente i vari ministeri ed enti locali.

Fattura elettronica, scatta l’obbligo dal 1° luglio 2022 per le partite Iva forfettarie sopra i 25 mila euro di ricavi e compensi

L’obbligo di utilizzare la fattura elettronica si estende, dunque, a tutte le partite Iva in regime di flat tax. Riguarderà dunque i soggetti finora esonerati, tra i quali le partite Iva a regime forfettario, che dal 1° luglio 2022 dovranno adottare il formato elettronico. Rimane l’esonero per le partite Iva che abbiano volumi di compensi e di ricavi entro il limite di 25 mila euro: oltre vige l’obbligo. A conti fatti, potranno continuare a utilizzare il formato cartaceo circa 800 mila partite Iva. L’obbligo di fatturazione elettronica rimarrà in vigore fino a tutto il 2024.

Regime transitorio fattura elettronica partite Iva forfettarie: fino a ottobre emissione entro un mese dall’operazione

È previsto un periodo transitorio nel decreto Pnrr, anche se temporalmente limitato. Sole per i mesi di luglio, agosto e settembre 2022, non ci saranno sanzioni se la fattura elettronica viene emessa entro il mese successivo a quello nel quale sia stata effettuata l’operazione. Al termine del terzo trimestre dell’anno (a partire da ottobre), anche per le partite Iva a regime forfettario scatterà il limite temporale di 12 giorni per emettere la fattura elettronica.

Altre misure del decreto Pnrr: obbligo di utilizzo del Pos

Lo stesso decreto anticipa le sanzioni per le attività che non accettano i pagamenti mediante il Pos. Non dal 1° gennaio 2023, ma dal 30 giugno prossimo le attività che non accetteranno i pagamenti elettronici incorreranno nella sanzione di 30 euro, aumentata del 4% dell’importo della transazione.

Concorsi pubblici, dal 1° luglio 2022 il passaggio dal portale InPa

Novità in arrivo dal decreto anche per i concorsi pubblici nella Pubblica amministrazione. A partire dal 1° luglio, infatti, i concorsi saranno centralizzati e passeranno dal portale InPa, avviato nello scorso anno dal ministro per la Funzione Pubblica, Renato Brunetta. L’obiettivo è quello di permettere agli interessati di avere un unico portale di riferimento per la ricerca dei bandi di concorso, senza dover navigare sui tanti portali dei ministeri e siti specializzati. È previsto che da luglio 2022 partano le Pubblica amministrazioni centrali. Da novembre il portale InPa aprirà le porte ai concorsi delle Regioni e degli enti locali.

Apertura partita Iva, serve il conto corrente dedicato?

Serve il conto corrente dedicato all’apertura della partita Iva? Oppure i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i professionisti possono lavorare senza avere un conto corrente da utilizzare esclusivamente per la propria attività? È questa una delle questioni di maggiore interesse nel momento in cui si voglia avviare una attività in proprio, professionale, autonoma o imprenditoriale. Oppure se tale obbligo si generi in un qualsiasi altro momento di svolgimento della propria attività. Oltre a tutti gli adempimenti da ottemperare all’Agenzia delle entrate, all’Inps, alla Camera di commercio, si deve avere anche un conto corrente dedicato? Oppure, almeno nella fase iniziale si può utilizzare il proprio conto corrente?

Conto corrente dedicato: è obbligatorio in caso di apertura di partita Iva?

In realtà, per rispondere alla domanda se sia obbligatorio o meno avere un conto corrente dedicato all’apertura della partita Iva, non esiste alcun vincolo per le partite Iva e per i lavoratori autonomi. Si tratta di una facoltà che, peraltro, potrebbe avere anche dei vantaggi. Così non avveniva in passato. Infatti, nel 2006 il decreto Bersani stabiliva l’obbligatorietà, in capo a tutte le partite Iva, di possedere un unico conto corrente, in banca o alle poste, da dove far passare tutte le somme relative all’attività autonoma. Il decreto Bersani è stato superato nel 2008 e il conto corrente dedicato è rimasto una facoltà per professionisti e partite Iva. Anche se, come avviene in tutti gli ambiti, il conto corrente esclusivo per l’attività economica rappresenta un deterrente a commettere illeciti ed evasioni fiscali.

Partite Iva, quando è obbligatorio avere uno o più conti correnti dedicati?

Secondo la disciplina attuale, l’obbligo del conto corrente dedicato per le partite Iva sussiste solo in specifiche situazioni. Ovvero, per i soggetti che hanno la partita Iva in contabilità ordinaria. E dunque, anche tutte le società di capitali, a prescindere dal volume annuale dei ricavi e da quanto tempo siano attive, devono possedere uno o più conti correnti dedicati per avere un quadro comprensibile e univoco dei flussi finanziari in uscita e in entrata della propria attività.

Professionisti, società di persone e partite Iva individuali: è obbligatorio avere il conto corrente dedicato?

Per le partite Iva individuali, per le società di persone e le società di professionisti, tutti in regime di contabilità ordinaria, l’obbligo del conto corrente dedicato sussiste solo nel momento in cui si superino specifici limiti di fatturato all’anno. Tali limiti sono nell’ordine di 400 mila euro o di 700 mila euro a seconda del codice Ateco.

Quali vantaggi hanno le partite Iva con un conto corrente dedicato?

Avere un conto corrente dedicato comporta per i lavoratori autonomi e per le partite Iva anche dei vantaggi. In primo luogo, la possibilità di avere una separazione netta tra i movimenti in entrata e in uscita relativi alla propria sfera personale e quelli relativi alla propria attività o professione. Con un conto corrente dedicato la gestione dei movimenti, inoltre, risulta più fluida e ordinata. E soprattutto si hanno sotto controllo i costi sostenuti per portare avanti la propria attività.

Conto corrente dedicato delle partite Iva e controlli dell’Agenzia delle entrate

Inoltre, il conto corrente dedicato dei lavoratori autonomi e delle partite Iva permette all’Agenzia delle entrate di effettuare in maniera più agevole i controlli fiscali relativi all’attività. Risultano, peraltro, più agevoli i pagamenti dei modelli F24 relativi alle tasse e alle imposte rientranti nell’attività. E le somme non passano da quello che rappresenta il conto corrente personale.

Partite Iva e coltivatrici dirette, maggiori tutele per congedi parentali e indennità di maternità

Per le partite Iva, i liberi professionisti e i lavoratori autonomi arrivano maggiori tutele sui congedi parentali e sulle indennità di maternità. Le nuove disposizioni rientrano nella bozza del decreto legislativo di attuazione della direttiva europea numero 1158 del 2019. In particolare, ai lavoratori autonomi spettano maggiori tutele sulla maternità difficile e sul congedo parentale per quanto attiene le indennità.

Partite Iva e professionisti, quali le novità in arrivo per la maternità e i congedi parentali?

Le nuove disposizioni comprese nel decreto legislativo prevedono che, i liberi professionisti e le lavoratrici autonome abbiano diritto alle indennità giornaliere anche nei periodi prima dei due mesi antecedenti il parto. Sarà estesa l’indennità di congedo parentale per i liberi professionisti e le partite Iva. Inoltre, per gli iscritti alla Gestione separata Inps, si innalzerà da sei a nove mesi il periodo di congedo parentale e la fruizione sarà allargata dai tre ai dodici anni del figlio.

Lavoratori autonomi e libere professioniste, le novità della maternità difficile

La prima disposizione in arrivo per le libere professioniste riguarda le iscritte alle Casse previdenziali autonome e le partite Iva per la maternità difficile. Tra le lavoratrici autonome rientrano:

  • le mezzadre, le colone e le coltivatrici dirette;
  • le commercianti e le artigiane;
  • le pescatrici autonome.

Professioniste iscritte alle Casse previdenziali e lavoratrici autonome avranno maggiori tutele in caso di maternità difficile. In particolare, entrambe le categorie autonome potranno beneficiare di un’indennità estesa a prima dei due mesi antecedenti il parto.

Cosa cambia per il parto difficile per le lavoratrici autonome e le professioniste?

La bozza del decreto legislativo, dunque, pone modifiche all’attuale disciplina sulla maternità difficile. Quest’ultima avviene nel caso di “gravi complicazioni della gravidanza o nel caso di persistenti forme morbose che potrebbero aggravare lo stato della gravidanza”. La maternità difficile deve essere accertata dalla Asl. Per tutti questi casi, la bozza del provvedimento estende il diritto a ottenere l’indennità. Attualmente, l’indennità è dell’80% di 5/12 del reddito professionale denunciato ai fini fiscali per le libere professioniste; per le lavoratrici agricole l’indennità è fissata all’80% della retribuzione minima giornaliera.

Partite Iva, in arrivo l’estensione del congedo parentale anche agli uomini

Ancora, il decreto legislativo pone maggiori tutele anche alle partite Iva e ai lavoratori autonomi per quanto attiene al congedo parentale. La misura attualmente in vigore prevede che il congedo parentale spetti alle lavoratrici autonome per un periodo di tre mesi da fruirne entro il compimento di un anno di vita del bambino. Se si tratta di adozione, entro il primo anno dall’entrata in famiglia. La bozza del provvedimento estende la stessa misura anche ai lavoratori autonomi padri.

Congedo parentale, le novità in arrivo per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps

Infine, novità in arrivo anche per i professionisti senza la Cassa previdenziale. Si tratta di lavoratori autonomi, uomini e donne, iscritti alla Gestione separata Inps, che sono tenuti a versare contributi previdenziali con importi maggiorati. In tal caso, il congedo parentale verrebbe elevato da sei a nove mesi (per un periodo di almeno tre mesi da fruire da parte di ognuno dei due genitori). L’attuale normativa consente un periodo di fruizione del congedo parentale di sei mesi nei primi tre anni di vita del bimbo. Complessivamente, la coppia può usufruire di sei mesi di congedo parentale.

Congedo parentale, come potrebbe cambiare per partite Iva e professionisti della Gestione separata Inps?

Il cambiamento, rispetto all’attuale normativa, del congedo parentale per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps prevederebbe:

  • un periodo di fruizione incrementato dagli attuali sei mesi a nove mesi;
  • si potrebbe usufruire del congedo parentale entro i primi dodici anni di vita del figlio;
  • ciascun genitore potrebbe beneficiare di un periodo minimo di tre mesi del congedo parentale;
  • a uno dei due genitori spetterebbe un periodo aggiuntivo di tre mesi (dunque, il congedo spetterebbe per tre mesi a un genitore e per sei mesi all’altro);
  • non si può superare il limite dei nove mesi sommando i congedi parentali dei due genitori.

 

 

Acconto partita Iva: che cos’è, come si calcola e qual è il metodo più conveniente?

Che cos’è l’acconto delle partite Iva, come si calcola e quando si paga? A fine anno del 2021 era scaduto l’ultimo termine di versamento dell’acconto Iva relativo allo scorso anno. Il versamento è a carico dei lavoratori autonomi, delle ditte individuali e delle società, di persone e di capitali. È un adempimento obbligatorio al quale sono tenute tutte le partite Iva a eccezione di quelle ricadenti nel regime forfettario, e consiste in un acconto dell’Iva per le liquidazioni periodiche relative alla chiusura del mese o dell’ultimo trimestre dell’anno. Il pagamento può avvenire anche nel momento in cui si presenta la dichiarazione Iva annuale.

Come si calcola l’acconto Iva?

Per calcolare l’acconto Iva ci sono tre procedure. La prima rientra nel metodo storico, la seconda in quello analitico e l’ultima in quello previsionale. Le partite Iva obbligate all’acconto possono scegliere, di anno in anno, la procedura di calcolo da utilizzare. La procedura del metodo storico è quella più utilizzata e si basa sull’annualità precedente. Oppure, si può prendere in riferimento l’ultima liquidazione Iva effettuata, trimestrale o mensile.

Metodo storico per il calcolo dell’acconto Iva

Con il metodo storico di calcolo dell’acconto Iva si va a pagare l’88% del versamento fatto per la scadenza dell’ultimo trimestre o dell’ultimo mese dell’anno precedente. L’importo va preso al lordo dell’acconto dovuto per l’anno precedente. Pertanto, prendendo ad esempio l’ultimo versamento dell’anno, per chi versa mensilmente l’acconto Iva, la base di calcolo è la liquidazione periodica del mese di dicembre; per chi versa trimestralmente, la base di calcolo è la liquidazione dell’Iva relativa al 4° trimestre. Anche per la semplicità di calcolo, questo metodo risulta quello più utilizzato.

Base di calcolo dell’acconto Iva con il metodo storico

In altre parole, la base di calcolo per l’applicazione dell’88%, è corrispondente al debito di imposta risultante per:

  • i versamenti mensili dalla liquidazione periodica inerente il mese di dicembre dell’anno precedente;
  • per i soggetti trimestrali ordinari dalla dichiarazione annuale dell’Iva;
  • per i soggetti trimestrali “speciali” (ovvero i distributori di carburante, gli autotrasportatori, le imprese di somministrazione di energia, di gas, di acqua) alla liquidazione periodica del quarto trimestre dell’anno precedente.

Metodo previsionale per calcolare l’acconto Iva: che cos’è?

Con il metodo di calcolo previsionale dell’acconto Iva si considera la stima delle operazioni passive e attive che si ritiene di dover effettuare entro la fine dell’anno. Anche per questa procedura la percentuale di acconto è corrispondente all’88% dell’Iva, sia per il versamento mensile che per quello trimestrale. In particolare:

  • per il mese di dicembre, per i contribuenti mensili;
  • nel momento della dichiarazione dei redditi, per i contribuenti trimestrali ordinari;
  • per il 4° trimestre per i soggetti trimestrali “speciali”.

Calcolo previsionale dell’acconto Iva, quando conviene utilizzarlo?

In confronto alla prima procedura di calcolo, con il metodo previsionale si formulano delle vere e proprie ipotesi circa l’andamento delle attività nell’ultimo scorcio dell’anno. Per molti lavoratori autonomi non sempre risulta facile fare delle previsioni, soprattutto nelle fasi di incertezza economica dettate da emergenze sanitarie e del caro energia. Questo metodo, inoltre, in caso di errore prevede delle sanzioni: per questo motivo non risulta molto utilizzato. Risulta particolarmente utilizzato solo se si ha la certezza di aver avuto un anno peggiore rispetto al precedente in termini di risultati economici.

Metodo analitico per il calcolo dell’acconto Iva: come si procede?

L’ultimo metodo per il calcolo dell’acconto Iva è quello analitico. Si calcola prendendo in considerazione le operazioni effettuate dal principio del mese o del trimestre fino (per il 2021) al 20 dicembre. Pertanto, pochi giorni prima della scadenza del versamento dell’acconto dell’Iva. L’acconto è corrispondente al 100% dell’importo risultante da una specifica liquidazione che tenga conto dell’Iva inerente le seguenti operazioni:

  • quelle iscritte nel registro delle fatture emesse (o nel registro dei corrispettivi) nel periodo 1°-20 dicembre (per i contribuenti mensili) o nel periodo 1° ottobre-20 dicembre (per i contribuenti trimestrali);
  • le operazioni già effettuate, ma non ancora fatturate o registrate, nel periodo dal 1° novembre al 20 dicembre;
  • quelle iscritte nel registro delle fatture degli acquisti nel periodo dal 1° al 20 dicembre (per i contribuenti mensili) o nel periodo dal 1° ottobre al 20 dicembre (per i contribuenti trimestrali).

Metodo analitico del calcolo dell’acconto Iva, quando conviene?

Il metodo di calcolo analitico dell’acconto Iva non produce errori di stima a differenza del metodo previsionale. Si tratta, pertanto, di una procedura sicura. È adottato soprattutto dalle partite Iva che hanno subito riduzioni del fatturato in confronto all’anno prima. Consente, quindi, di evitare di versare più di quanto dovuto mediante un calcolo che tiene conto dell’andamento reale dell’ultimo periodo.

Come si paga l’acconto Iva ed esenzione per le partite Iva a regime forfettario

Il pagamento dell’acconto Iva avviene mediante l’uso del modello F24. Si può pagare in modalità solo telematica mediante i servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate. Per il calcolo di quanto dovuto si possono portare in compensazione eventuali contributi a disposizione o crediti di imposta. Non sono sottoposte al pagamento dell’acconto Iva le partite Iva:

  • a regime forfettario;
  • che abbiano effettuato esclusivamente operazioni esenti e non imponibili;
  • la cui cessazione dell’attività sia avvenuta entro il 30 novembre (per i versamenti mensili) o il 30 settembre (per quelli trimestrali);
  • con un credito Iva per le operazioni svolte nell’ultimo trimestre o mese del 2020;
  • le partite Iva che abbiano un importo dovuto a titolo di acconto non eccedente i 103,29 euro.

Serve la partita Iva per creare contenuti online?

Quando serve la partita Iva nel caso in cui si faccia un lavoro che consiste nel creare contenuti on line? E come gestire dal punto di vista fiscale tutta l’attività? Si tratta di professioni che prevedono la creazione dei contenuti sul web, di youtuber con pubblicazione di video, di storie sui social network o anche di post. A volte possono rappresentare dei passatempi, ma spesso le professioni indicate possono far guadagnare anche cifre importanti, magari anche con gli incassi pubblicitari. Ecco allora una guida su come comportarsi dal punto di vista fiscale.

Partita Iva per attività abituale o occasionale: ecco il primo parametro da valutare per l’apertura

Il primo parametro da valutare per scegliere se aprire o meno la partita Iva è quello dell’abitualità oppure dell’occasionalità. Ovvero se le professioni on line procurino un vero e proprio reddito da lavoro autonomo o di impresa, nel caso in cui è necessaria la partita Iva. Diversamente, se l’attività è puramente svolta in maniera occasionale, non qualificandosi come professionale e nemmeno viene svolta con sistematicità e regolarità, i proventi non necessitano dell’apertura della partita Iva. In tal caso, i redditi prodotti si identificano come redditi diversi secondo quanto prevede la lettera i ed l, del comma 1, dell’articolo 67 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).

Quali adempimenti fiscali occorrono se non si apre la partita Iva?

Nel caso dunque di non apertura della partita Iva, i redditi diversi devono essere presentati unicamente nella dichiarazione annuale dei redditi. Se, invece, il lavoratore autonomo ha deciso di aprire la partita Iva perché il lavoro di creazione di contenuti per il web risulta professionale e svolto in maniera continuativa, allora occorre adempiere a tutte le richieste fiscali conseguenti. Ciò indipendentemente dal reddito prodotto.

Secondo parametro per l’apertura della partita Iva: quali sono le fondi di guadagno?

Tuttavia, per procedere nella scelta di aprire o meno la partita Iva nel caso in cui si creino contenuti on line, è necessario anche verificare quali sono e quante sono le fonti di guadagno. Infatti, spesso, può capitare che nella creazione dei contenuti on line si abbiano più committenti, o più clienti, e più attività esercitate. Se si fanno attività commerciali, come la vendita di prodotti, è importante avere una partita Iva già dall’inizio del lavoro. Si tratta, in questo caso, di una vera e propria attività di impresa. Contrariamente, se i contenuti non consistono in vendite, almeno inizialmente si può rimandare la scelta. Almeno per vedere come procede l’attività, ad esempio. In un primo momento, dunque, i compensi possono essere dichiarati come redditi diversi.

Con cosa si guadagna con le attività on line?

A esclusione della vendita di prodotti o di servizi, sono molteplici le attività on line che possono generare dei guadagni. Ad esempio, caricare dei video su Youtube può portare a guadagnare sul numero dei follower posseduti. E, dunque, sul numero delle visualizzazioni di un video. Si possono, altresì, creare dei contenuti web per la vendita dei prodotti brandizzati oppure a favore di piattaforme di commercio elettronico o anche fisico. Anche in questo caso, i guadagni derivano dal numero dei follower e delle visualizzazioni prodotte tramite la creazione dei contenuti on line. Si possono dare anche delle informazioni oppure creare delle presentazioni di prodotti di brand e invitare i follower all’acquisto. In questo caso si possono ottenere dei compensi fissi, in base al numero delle storie pubblicate ad esempio. O dei video realizzati.

Youtuber e content creator, quando svolgere l’attività con partita Iva e quando no

In tutti i casi che abbiamo visto precedentemente, dunque, si può essere qualificati come youtuber oppure come content creator. E la conseguente produzione di guadagni può essere qualificata come rientrate in un’attività occasionale oppure d’impresa o professionale. Nel primo caso, come abbiamo visto in precedenza, si creeranno dei guadagni che finiranno nei redditi diversi della dichiarazione dei redditi. Aprendo, invece, la partita Iva per un’attività professionale o che generi un’attività di impresa, occorre tener presente di tutte le regole fiscali e contabili conseguenti.

Lavoratore autonomo che produce contenuti per il reddito: conta dove si svolge il lavoro?

Infine, occorre anche considerare dove, ovvero il posto, nel quale vengono prodotti i guadagni. Un lavoratore autonomo tradizionale in genere ha una sede identificata, ciò che spesso non avviene per i creatori di contenuti digitali. Anche se si può avere uno studio, un creatore content creator può svolgere la sua attività ovunque. Pertanto, anche il luogo dove il creatore di contenuti digitale effettua normalmente il proprio lavoro può essere importante per la tassazione dei redditi ottenuti. Se si tratta di un lavoratore autonomo fiscalmente residente nel territorio italiano, allora i redditi sono imponibili in Italia, indipendentemente dal luogo di produzione. Se il lavoratore, invece, non ha residenza fiscale in Italia è occorrente identificare esattamente quali siano le fonti di guadagno per distinguere la tassazione italiana da quella applicabile da uno Stato estero.

Aprire partita Iva quando si ha già un lavoro alle dipendenze: quali contributi si pagano?

Si può aprire una partita Iva quando si ha già un lavoro alle dipendenze? E quali contributi si pagano? La risposta alla prima domanda è affermativa. Per la seconda occorre verificare lo sconto sui contributi previdenziali. Si può aprire una partita Iva per svolgere una seconda attività cercando di incrementare i guadagni rispetto al lavoro che si ha alle dipendenze. E lo si può fare anche alle condizioni fiscali più vantaggiose del regime forfettario. Molto spesso è richiesto che il lavoro da autonomo non sia in concorrenza con quello svolto in azienda.

Cosa fare per aprire una partita Iva quando si ha già un lavoro alle dipendenze?

A queste condizioni, si può aprire una partita Iva sfruttando eventualmente anche i vantaggi fiscali del regime forfettario. Rispetto al lavoro alle dipendenze, con contribuzione previdenziale obbligatoria Inps, il lavoro autonomo è regolato dall’iscrizione alla Gestione separata Inps. Ed è a questa gestione che dovranno essere versati, pertanto, i contributi. Non sono previste delle esenzioni dei versamenti previdenziali. Tuttavia la percentuale dei versamenti contributivi è più bassa rispetto al caso in cui non si abbia un lavoro alle dipendenze, ma solo uno autonomo.

Qual è l’aliquota contributiva nel caso di partita Iva che ha anche un lavoro alle dipendenze?

Il caso dell’apertura di una partita Iva per svolgere un’attività autonoma è regolato dalla legge numero 335 del 1995. Al comma 26 dell’articolo 2 e successive modifiche, viene riportata la situazione nella quale ci si iscriva alla Gestione separata Inps da liberi professionisti, senza avere tuttavia una cassa previdenziale di appartenenza. In tal caso, l’aliquota contributiva della Gestione separata Inps è pari al 24 per cento, più bassa rispetto al caso in cui non si ha un lavoro alle dipendenze. Vi è, pertanto, un sconto sull’aliquota dei contributi, ma non vi è alcuna esenzione contributiva.

Quando vanno versati i contributi per le partite Iva che hanno un lavoro alle dipendenze?

Il versamento dei contributi delle partite Iva (anche a regime forfettario) che abbiano parallelamente un lavoro alle dipendenze deve effettuato mediante due acconti. Sia il primo acconto che il secondo hanno misura pari al 40% e devono essere effettuati entro le medesime scadenze riguardanti la dichiarazione dei redditi. È previsto un saldo che deve essere versato alla stessa scadenza del versamento del primo acconto.

 

Partite Iva forfettarie, conviene utilizzare la fattura elettronica?

Quanto e perché conviene utilizzare la fattura elettronica per le partite Iva a regime forfettario? Ad oggi, non è ancora obbligatorio l’utilizzo della fattura elettronica per i lavoratori autonomi che aderiscono al regime fiscale agevolato. Ma chi la utilizza, anche se non obbligato, ha potuto notare dei vantaggi sia in termini pratici che fiscali e contabili. In attesa dell’obbligatorietà dell’adozione della fattura elettronica ai soggetti che, ad oggi, non risultano tenuti a emettere, ricevere e conservare le fatture in formato elettronico, vediamo quali sono le possibili convenienze.

Fattura elettronica, come e quando arriverà l’obbligo anche per le partite Iva a regime forfettario?

Le partite Iva a regime forfettario finora non hanno dovuto adeguarsi all’obbligatorietà dell’emissione, della ricezione e della conservazione delle fatture in formato elettronico. Tuttavia, tra le misure in arrivo per contrastare l’evasione fiscale e le frodi nelle attività professionali e imprenditoriali, anche per i forfettari arriverà tale obbligo. Ottenuto l’ok dall’Europa, infatti, si attende il provvedimento (che potrebbe essere il decreto di delega fiscale) e la data a partire dalla quale le partite Iva forfettarie dovranno adeguarsi al nuovo metodo di contabilizzazione.

Fattura elettronica, si può continuare a utilizzare il formato cartaceo?

In attesa che arrivi il provvedimento che sancisca l’obbligatorietà della fattura elettronica anche alle partite Iva del forfettario, l’adozione del formato elettronico rimane una scelta facoltativa, a differenza dei soggetti che vi sono già obbligati. Diversamente, chi non è obbligato può continuare a emettere fatture nella modalità cartacea. Ma l’utilizzo della fattura elettronica, grazie al formato Xml, permette di beneficiare di alcuni vantaggi sia dal punto di vista fiscale che contabile.

Passare alla fattura elettronica, quali sono i vantaggi fiscali?

La scelta di passare alla fattura elettronica può comportare, anche per le partite Iva a regime forfettario, dei vantaggi fiscali. Proprio per i forfettari si riducono i termini per l’accertamento. Infatti, l’utilizzo di strumenti elettronici per gestire l’emissione delle fatture, aiuta l’accertamento di quanto dovuto ai fini dell’Iva, contrastando l’evasione anche di tutte le altre imposte inerenti l’attività professionale o imprenditoriale. Risulta necessario integrare lo strumento con gli incassi e i pagamenti in maniera tracciabile. Pertanto, chi sceglie la modalità elettronica delle fatture ha diretto alla riduzione di due anni dei termini di accertamento. E la riduzione vale sia per l’Iva che per tutte le altre imposte sui redditi dell’impresa o del lavoro autonomo.

Fattura elettronica e pagamenti tracciabili: di cosa si tratta?

I vantaggi fiscali connessi all’utilizzo della fattura elettronica anche per le partite Iva a regime forfettario sono conseguibili purché si utilizzino mezzi di pagamento tracciabili, sia in entrata che in uscita. In particolare, la tracciabilità dei pagamenti è richiesta per le operazioni di imposto eccedente i 500 euro. Si procede inviando le fattura in formato Xml al Sistema di interscambio (Sdi) e gestendo i relativi pagamenti solo con mezzi tracciabili. Sono ammissibili, dunque, le carte di credito, i bonifici e tutti gli altri strumenti tracciabili. Risulta escluso, ovviamente, il denaro contante.

Passare alla fattura elettronica, quali sono i vantaggi contabili?

Dal punto di vista contabile, il passaggio dalla fattura cartacea alla fattura elettronica permette di ottenere vantaggi dal punto di vista contabile sintetizzabili nella comodità di utilizzare strumenti al passo con i tempi. Infatti, molti fornitori e soggetti preferiscono emettere e ricevere fatture nel formato elettronico, soprattutto per la comodità di poter gestire volumi e quantitativi elevati di documenti mensili. Chi si interfaccia, pertanto, con questi soggetti potrebbe trovare vantaggioso adeguarsi al formato Xml e al Sistema di interscambio (Sdi) per regolarne i rapporti.

Fattura elettronica, conviene passare subito al modello Xml?

Il passaggio alla fattura elettronica subito, inoltre, potrebbe inoltre risultare utile alle partite Iva che ancora non utilizzano il formato Xml ad essere pronte nel momento in cui lo strumento diventerà obbligatorio. In tal senso, si può utilizzare il periodo facoltativo di utilizzo della fattura elettronica per “prendere confidenza” con il Sistema di interscambio. Si potrebbe evitare di riscontrare problemi operativi ed errori quando il formato elettronico diventerà obbligatorio.

Come si passa alla fattura elettronica?

Il passaggio dalla fattura tradizionale alla fattura elettronica è facilitato dalla scelta di uno dei tanti software che il mercato mette a disposizione per l’invio, la ricezione e la gestione della documentazione. Molti dei software sono inoltre gratuiti e, a tal fine, si possono utilizzare i servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate. Per prendere confidenza con il sistema dell’Agenzia delle entrate è necessario andare sul portale “Fatture e corrispettivi” oppure utilizzare l’applicazione mobile “FatturAE”. Grazie alle due piattaforme si possono predisporre le fatture in formato elettronico (Xml), senza dover spendere nulla. Per le partite Iva a regime forfettario è necessario indicare in fattura il codice natura “N2.2”. Si tratta infatti di operazioni che non sono soggette all’Iva.

 

 

Per svolgere più attività servono più partite Iva?

Per svolgere più attività serve una sola o più partite Iva? Ovvero si possono svolgere due o anche più attività con una sola partita Iva? E quali adempimenti devono essere ottemperati per procedere? Si tratta del caso di imprenditori o di liberi professionisti che hanno già una partita Iva individuale, ma che potrebbero decidere di aggiungere una nuova attività. Ad esempio, chi ha un’attività di commercio elettronico potrebbe pensare di aggiungere anche l’attività di social media manager. Oppure si può avviare una partita Iva con più attività.

Si possono svolgere due o più attività con un’unica partita Iva?

In tutti questi casi, la risposta è positiva. Ovvero si possono svolgere più attività autonome con la medesima partita Iva. Anche se le attività risultano molto diverse tra di loro. Il titolare della partita Iva dovrà naturalmente prestare attenzione alla posizione fiscale e agli adempimenti richiesti per le due attività. La scelta, inoltre, può avvenire sia all’atto dell’apertura della partita Iva sia, come avviene spesso, nel corso della propria carriera lavorativa. In tutte e due i casi è occorrente soddisfare specifici adempimenti burocratici, con la scelta o l’aggiunta di uno o di più codici Ateco. Pertanto, se il lavoratore autonomo ha già un codice Ateco per la propria attività e partita Iva, ne può aggiungere un altro o più di uno.

Partita Iva, la scelta del codice Ateco: cosa è necessario sapere?

La scelta del codice Ateco è il primo adempimento che deve essere svolto all’atto dell’apertura della partita Iva. Si tratta di un codice numerico classificato dall’Istat in collaborazione con la Camera di Commercio, con l’Agenzia delle entrate e con gli enti preposti alle pratiche amministrative relative alle imprese. Lo scopo è quello di classificare e identificare le attività professionali ed economiche, sia a fini fiscali che statistici.

Codice Ateco, come procedere con la scelta?

Ogni attività professionale ed economica ha un proprio codice Ateco. La scelta deve già avvenire all’atto dell’apertura della partita Iva. Il lavoratore autonomo deve conoscere a quale codice Ateco corrisponde la propria attività e inserirla nel momento in cui compili il modello AA9/12. Lo stesso avviene se all’apertura della partita Iva il contribuente voglia indicare più codici Ateco che corrispondano a due o a più attività professionali che il richiedente intende svolgere. Non vi sono, in generale, dei limiti alla scelta delle attività che un lavoratore autonomo voglia portare avanti, anche contemporaneamente. L’attenzione deve essere risposta al possesso di tutti i requisiti professionali richiesti.

Come aggiungere un codice Ateco a una partita Iva già aperta?

Un altro codice Ateco, corrispondente a una seconda attività che il lavoratore autonomo voglia svolgere, può essere inserito anche in un momento successivo rispetto a quello di apertura della partita Iva. Può trattarsi di un’attività secondaria rispetto a quella principale per la quale il contribuente aveva aperto in passato la partita Iva, ad esempio. Anche per aggiungere un codice Ateco alla partita Iva è necessario compilare il modulo AA9/12. Può essere, inoltre, necessario fornire informazioni sulla sede dell’attività alla Camera di commercio, all’Inps o al Comune.

Si paga per aggiungere un codice Ateco a una partita Iva già esistente?

Si devono sostenere dei costi per aggiungere un codice Ateco corrispondente a un’altra attività a una partita Iva già esistente? In linea generale, la risposta è negativa, ovvero l’aggiunta del codice Ateco tramite il modello AA9/12 è del tutto gratuita. Ciò avviene quando non è necessario procedere con l’iscrizione alla Camera di commercio. Se invece si tratta di un’attività commerciale o artigianale, è occorrente procedere con la richiesta di variazione anche alla Camera di commercio e all’Agenzia delle entrate. I costi, consistenti nell’acquisto di una marca da bollo e dai diritti di segreteria, ammontano a 17,50 euro e a 18 euro.

A cosa fare attenzione all’aggiunta di un codice Ateco a una partita Iva?

Come già detto, in linea generale non vi sono limiti all’aggiunta di un codice Ateco a una partita Iva. E quindi a svolgere più attività autonome contemporaneamente. L’attenzione deve essere posta da alcune categorie professionali e alla compatibilità delle attività economiche svolte e da svolgere e, dunque, dei codici Ateco. Ad esempio, alcune attività professionali che necessitano l’iscrizione a un ordine professionale (gli ingegneri, i commercialisti, gli architetti), difficilmente potranno condurre più attività in contemporanea avendo già quella principale. Anche gli agenti immobiliari non possono svolgere l’attività di mediazione creditizia. Risulta indispensabile, pertanto, verificare la compatibilità dell’attività o delle attività secondarie rispetto a quella principale.

Fattura elettronica per tutti e due anni di scivolo flat tax: le misure in arrivo con la delega fiscale

Obbligo di fattura elettronica per tutti, anche per le partite Iva a regime forfettario, e scivolo di due anni per chi supera i 65 mila euro di tetto di reddito della flat tax: sono due tra le principali novità contenute negli emendamenti alla legge fiscale. Il provvedimento contiene anche lo stop all’Irap per gli studi associati e la diminuzione dell’Irpef tagliando gli sconti fiscali e detrazioni trasformate in accrediti diretti sui conti correnti dei contribuenti (cashback fiscale). Inoltre, troverà attuazione la “mensilizzazione” progressiva dei saldi e degli acconti dei lavoratori autonomi e, principalmente, per i soggetti Isa con l’addio alla ritenuta d’acconto.

Flat tax per le partite Iva a regime forfettario, arriva lo scivolo di due anni: cosa significa?

Nel testo della legge fiscale rielaborato al ministero dell’Economia e delle Finanze entra la novità dello scivolo di due anni della flat tax. Alle partite Iva a regime forfettario che superino il tetto annuale dei compensi e dei ricavi di 65 mila euro si applicherebbe un’altra aliquota piatta, in ogni caso superiore a quella del 15%. L’aliquota non potrà essere superiore a un limite che dovrà essere specificato nel decreto legislativo.

Fattura elettronica per tutti, anche per le partite Iva a regime forfettarie

Con la legge fiscale dovrebbe arrivare anche l’obbligo di fattura elettronica esteso a tutti i soggetti, anche a quelli finora esenti. In particolare, alle partite Iva a regime forfettario che finora erano rimaste fuori dall’emissione delle fattura in modalità digitale. La novità vede le forze politiche d’accordo, compreso il ministero dell’Economia e delle Finanze, per una misura che si preannuncia come necessaria per la lotta all’evasione fiscale. Tra le misure accompagnatorie dell’obbligo della fattura elettronica, anche l’emissione degli scontrini telematici e l’utilizzo delle banche dati per la lotta all’evasione.

Legge fiscale, ecco le altre misure in arrivo

Tra le altre misure in arrivo con la legge delega, anche l’abolizione dell’Irap per gli studi associati. Il superamento dell’Imposta regionale sulle attività produttive avverrà in maniera progressiva e riguarderà anche le società di persone e le società di professionisti. L’abolizione dell’Irap non dovrà generare, in ogni modo, aumenti delle addizionali per i dipendenti e per i pensionati.

Cashback fiscale, il rimborso subito sui conti correnti dei contribuenti

Trova spazio nella legge fiscale anche il cashback fiscale. Si tratta del rimborso sui conti correnti dei contribuenti delle detrazioni di imposta. Condizione essenziale per il rimborso è che le relative spese dovranno essere state effettuate con modalità di pagamento tracciabili. Il rimborso avverrà in tempi celeri anche mediante l’utilizzo di applicazioni che già hanno funzionato per altre finalità, come l’App Io.

Lavoratori autonomi soggetti Isa, versamenti mensili e stop alla ritenuta

La legge fiscale apre ai versamenti mensili dei saldi e degli acconti per i lavoratori autonomi e in particolare dai soggetti Isa. Si tratterà di un sistema di “progressiva mensilizzazione”dei pagamenti con lo stop alla ritenuta d’acconto. Nulla cambia nel sistema attuale dei calcoli dei saldi e degli acconti. Il meccanismo non dovrà produrre dei costi per la finanza pubblica.