Pellet di mais: cos’è, quanto costa. Conviene?

Il caro energia ha costretto gli italiani a cercare delle alternative per risparmiare, sicuramente il diversificare le fonti può aiutare a calmierare i prezzi, ecco perché tra le alternative al metano, che ha subito i maggiori rincari, c’è il pellet, ma non solo pellet di legno, tra le alternative possibili c’è il pellet di mais.

Diversificare le fonti energetiche con il pellet di mais

Il pellet di legno, come visto in precedenti approfondimenti, pur essendo ancora conveniente rispetto al metano, ha dei costi molto lievitati rispetto al 2021, siamo ormai a oltre il doppio del prezzo praticato nel 2021. Proprio per questo le persone cercano ulteriori alternative. Il prezzo del pellet è determinato da diversi fattori, ad esempio il costo dell’energia necessaria per produrlo a cui si aggiunge il costo della materia prima cioè del legno che è impegnativo anche per quanto riguarda la gestione dei boschi, inoltre la crisi in Ucraina ha reso difficili le importazioni e le produzioni italiane sono ridottissime. Questo implica che diventa necessario andare verso biomasse prodotte in Italia. Abbiamo già parlato del nocciolino di oliva, ora parliamo del mais.

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Stufa a pellet: come trasformarla per bruciare nocciolino e risparmiare ?

Il pellet di mais: cos’è e come si ricava

Come il nocciolino è un materiale di scarto così può essere considerato il mais. Fin da subito sono infatti nate delle polemiche visto che il mais è un prezioso alimento per gli animali e distrarlo da tale finalità comporta un’elevata domanda e la salita del prezzo. Inoltre alcune varietà sono usate per produrre olio e farina di mais usata nell’alimentazione umana.

La realtà però è un po’ diversa perché, come per ogni prodotto naturale, vi sono delle porzioni inadatte agli scopi, ad esempio perché avariato, può capitare che delle scorte di mais siano attaccate dalle muffe, inoltre in alcuni casi la produzione è di bassissima qualità non adatta agli scopi per cui generalmente è prodotto. Con questo materiale di scarto si può ottenere un combustibile perfetto per le stufe a biomassa. Il costo oscilla tra i 30 e i 50 euro al quintale, molto dipende dalla tipologia e se trattasi di scarto.

Anche in questo caso occorre prestare attenzione, infatti per le stufe a biomassa (policombustibili) può essere necessario semplicemente modificare i parametri, mentre nel caso in cui la propria stufa sia solo a pellet, è necessario apportare modifiche anche alla struttura. In ogni caso è sempre consigliato l’intervento di un professionista.

Per avere una buona resa è necessario però un residuio di umidità basso, inoltre a tali condizioni il potere calorifico è molto maggiore rispetto a quello del pellet, infatti arriva anche a 6.000 Kwh/kg.

Prezzi pellet per tutte le tipologie. Abete, faggio, nocciolino, betulla, canapa

Gli italiani sono sempre più interessati al pellet perché risulta ad oggi essere più conveniente rispetto al metano. Si è visto in precedenza che ci sono diverse tipologie, ma quali sono i costi di queste?

Pellet a base legnosa: tutti prezzi delle varie tipologie

Facciamo una premessa, l’articolo avrà come riferimento pellet certificati in classe A1. Inoltre i prezzi sono indicativi, tra vari marchi e venditori possono naturalmente esservi delle differenze. Idem per il potere calorifico, infatti possono esservi delle variazioni in base all’umidità del prodotto.

Il pellet più conosciuto è quello di abete, si tratta anche di quello ad oggi più costoso, il migliore sembra essere quello dell’Austria, ma anche il Canada e l’Est Europa sono particolarmente gettonati. Il pellet di abete è anche il più costoso, ha un elevato potere calorifico, 4588 Kcal/Kg, questo vuol dire che il bruciatore impiega meno tempo a raggiungere la temperatura impostata. Attualmente il costo oscilla tra 13-14 euro per un sacchetto da 15 kg, vuol dire che costa 88,66 euro al quintale circa.

La seconda opzione è il pellet di faggio con un potere calorifico di 4578 Kcal/Kg , il prezzo è leggermente inferiore, trovarlo a meno di 12 euro è però improbabile. Questo vuol dire che al quintale costa circa 80 euro.

Il pellet di betulla è particolarmente pregiato e questo perché ha un potere calorifico davvero elevato, 4800 Kcal/Kg , ma di fatto non siamo riusciti a trovarlo quindi non sappiamo il prezzo, supponiamo sia molto alto.

Il pellet di castagno ha anch’esso un elevato potere calorifico, ma è difficile da trovare perché difficilmente si taglia legno di castagno, visto che le aziende preferiscono tenere gli alberi per il frutto, inoltre è utilizzato nella produzione di mobili e parquet. Questo implica che vi è pochissimo materiale di scarto da trasformare in pellet. Il prezzo anche in questo caso non lo abbiamo trovato, o meglio non abbiamo trovato rivenditori.

Abbiamo parlato anche di pellet di canapa, ma in realtà non siamo riusciti a trovarlo in vendita.

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Nocciolino di sansa e pellet di nocciolino

Passiamo ora al nocciolino di sansa, lo abbiamo trovato a 40 euro al quintale, presso un frantoio oleario, questa è la fonte di approvvigionamento preferibile perché vi è vendita diretta, non tutti i frantoi hanno impianti per la trasformazione, ma siamo sicuri che chiedendo potranno indicarvi a chi vendono il prodotto di scarto della lavorazione delle olive per poterlo acquistare. Naturalmente il prezzo potrebbe aumentare.

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Per chi non vuole effettuare trasformazioni alla stufa la soluzione potrebbe essere il pellet di nocciolino di sansa completamente disoleato. Ricordiamo che optando per una stufa a biomassa, il problema della trasformazione non si pone.  Lo abbiamo trovato presso lo stesso frantoio a 50 euro al quintale. Il potere calorifico di entrambi oscilla tra 4,5/4,8 Kw/Kg circa , quindi è buono. L’unico consiglio è affrettarsi a prenotarlo in questo periodo perché vi è la raccolta e lavorazione delle olive.

Tra i fattori da considerare vi è anche la spesa per il trasporto quindi è sempre bene chiedere al venditore la politica adottata in merito.

Prezzo Pellet: ecco quanto costa realmente in Francia e Spagna

Circolano ormai da tempo notizie circa il prezzo del pellet che sarebbe alle stelle solo in Italia mentre in altre parti d’Europa il prezzo sarebbe in linea con quello degli altri anni, ma è vero o si tratta di una bufala? Ecco i prezzi praticati in Francia e Spagna dalle più importanti catene di vendita.

È vero che il pellet in Europa costa meno?

Circolano da giorni sui vari social media foto che mettono a confronto i costi del pellet in Italia, Francia e Spagna. Mentre in Italia il prezzo sarebbe di 10,95 euro per il sacchetto da 15 kg, lo stesso prodotto in Francia sarebbe venduto a 6,50 euro, in Spagna 6,95 euro e in Albania addirittura a 6 euro. Queste differenze farebbero intendere una speculazione particolarmente importante dei venditori di pellet in Italia. Questo sta portando molti ad attuare una sorta di sciopero dell’acquisto.

In realtà le cose non stanno esattamente così perché controllando i prezzi delle varie catene di vendita in Francia ci si accorge che il prezzo del pellet è in linea con quello italiano. Il prezzo più basso nella catena Leroy Merlin presente in Italia è di 9,90 euro ( prezzo più basso trovato)  e in Francia è di 8,90 euro. Girando però tra le varie catene ci si accorge che il prezzo del pellet in Francia arriva anche a 14,90 euro al sacco. Il prezzo che effettivamente sembra essere davvero più basso è quello della Spagna, dove il pellet è venduto a 6,95 euro.

Iva sul pellet in Italia, Francia e Spagna

Occorre fare delle piccole precisazioni, che in realtà tanto piccole non sono. In Italia nonostante ci sia stata la proposta di abbassare l’Iva sul Pellet che in fondo in passato era già al 10%, non c’è stata la volontà di optare per tale soluzione e ritornare al 10%. Attualmente paghiamo l’iva al 22%, non poco.

In Francia l’Iva sul pellet invece è al 10%. Resta, infine, la Spagna che proprio per aiutare le famiglie a far fronte al caro energia, ha ridotto addirittura l’Iva al 5%. Partendo da un sacco che costerebbe 5 euro iva esclusa, in Italia il prezzo sale a 6,10 euro, in Francia 5,50 euro e Spagna 5,25 euro. Ecco le reali differenze di prezzo. Naturalmente si tratta di un prezzo base ipotetico, all’aumentare del prezzo iva esclusa, aumentano anche le differenze tra L’Italia e gli altri Paesi nel prezzo finale Iva inclusa.

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Pellet, tutti lo vogliono, ma nessuno a breve potrà comprarlo

Il pellet sta diventando introvabile e con un prezzo molto alto, rispetto agli anni scorsi. Diventa sempre più difficile riscaldarsi in inverno.

Pellet, tutti lo vogliono, ma pochi lo trovano

Le stufe a pellet stanno diventando il tormentone dell’inverno 2022. Grazie anche alle agevolazioni sull’acquisto, molti italiani chiudono il rubinetto del gas per interessarsi al pellet. Una scelta che grava meno sui portafogli e che rispetta l’ambiente. Ma l’aumento della domanda così esponenziale, potrebbe non trovare la giusta offerta. Il pellet potrebbe non bastare per tutti, e ritorna lo spettro di un freddo inverno.

Il problema si sta verificando anche presso le grandi catene di distribuzione. Si lamenta ritardo nelle consegne, difficoltà di reperimento e prezzi alti già all’acquisto. Dall’altra parte il consumato che si reca per comprare il quantitativo per portarlo a casa, non lo trova oppure deve spendere una fortuna. Ma cosa sta succedendo in realtà?

Pellet, perché sta diventando introvabile?

Il pellet è introvabile per una serie di motivi. Oltre alla crescita esponenziale della domanda, vi è carenza dei containers. I grandi importatori non riescono più a spedire da Brasile, Russia, Paesi Baltici – e dalle altre nazioni che erano solite esportare in Italia – per la mancanza di equipmentse per rate che decuplicano rendendo l’eventuale importazione anti-economica. Il Brasile, Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria e Croazia sono i Paesi presso cui si rifornisce il nostro Paese. Ma se mancano in containers per tutti, mancano anche per  l’Italia il pellet arriva molto a rilento.

Di fronte alle difficoltà del Brasile di spedire il pallet, il mercato nazionale italiano ha perso circa 1.300 containers al mese di pellet. Si tratta di un volume di prodotto di circa 430.000 tonnellate. Una mancanza che nel mercato si fa sentire e che contribuisce all’innalzamento del prezzo al consumatore finale. Tuttavia le grandi compagnie di navigazione hanno detto che metteranno a disposizione maggiori navi, ma gli effetti potrebbero arrivare a marzo 2022, quindi dopo il grande freddo.

Alcuni consigli per non restare al freddo

A questo punto occorre cercare di trovare il pellet girando un pò. Rivolgersi ai grandi nomi dell’edilizia e del bricolage potrebbe essere una giusta scelta. Di solito hanno possibilità di comprare grandi quantitativi e dispongono di magazzini dove fare scorta. Quando si trova il pellet, si consiglia  di comprare più sacchi, per stare tranquilli e magari usufruire di qualche sconto sulla grande quantità.

Se non si trova fisicamente, ci sono sempre i negozi online. Tra i migliori siti ci sono: Mano mano, Leroy Merlin ed Amazon. Se avete dubbi su quale prodotto comprare: il pellet di classe A1 è il migliore in assoluto, infatti ha un potere calorifero inferiore pari o superiore a 4,6 kWh per Kg.

 

 

Truffa del pellet, molti ci sono già cascati. Istruzioni per verificare gli annunci

Da qualche ora c’è un vero e proprio allarme truffa del pellet. Ecco a cosa devono stare attenti gli acquirenti.

La truffa del pellet: ecco cosa è successo

Il pellet è uno tra i combustibili più richiesti sul mercato, questo perché il metano è ormai a prezzi improponibili e poi è impossibile mercanteggiare sul prezzo del metano o cercare il super affare. Allo stesso tempo anche il prezzo del pellet è aumentato e tutti sono alla ricerca del prezzo migliore pensando di poter fare un affare. Proprio nella costante ricerca del prezzo più basso molti utenti hanno segnalato di essere incorsi in una truffa del pellet in rete. Ecco lo schema utilizzato e quindi a cosa stare attenti.

In primo luogo i truffatori si procurano delle foto di bancali di pellet, il secondo passo è creare dei profili falsi su social e market e gruppi di compravendita e quindi creare degli annunci che sembrano veri e soprattutto appetibili.

A questo punto non resta che attendere che ignari potenziali acquirenti contattino il venditore.

Il punto in cui stare attenti è quando il venditore chiede al compratore potenziale di continuare la contrattazioni su un altro sistema di conversazione, ad esempio Whatsapp, ma spesso anche Telegram che è meno controllato. Una volta determinati tutti gli elementi della compravendita, ad esempio modalità di pagamento, solitamente la Postepay, difficilmente un conto corrente, modalità di consegna, viene chiesto all’acquirente di versare gli importi. Non è mai previsto il pagamento alla consegna o con bonifico. Effettuato il versamento il venditore purtroppo sparisce ed è difficile recuperare i soldi. Naturalmente il pellet non arriva.

A cosa stare attenti per evitare la truffa del pellet?

La truffa è avvenuta su un noto portale che agglomera diversi offerenti. Il primo consiglio è chiedere al venditore come si chiama la propria azienda, ad esempio l’azienda “pinco palla” ad Arezzo ( nome e città scelte a casa), ma fatevi dire sempre la città in cui ha sede l’attività, infatti spesso le aziende hanno nomi simili o in Italia ve ne sono diverse con lo stesso nome. Se tergiversa sull’argomento, meglio lasciar perdere.

A questo punto è bene fare una ricerca in rete per vedere se l’azienda “pinco palla” di Arezzo esiste davvero, solitamente in rete si trova molto facilmente almeno con la scheda con partita Iva e codice Ateco ( a questo punto si potrebbe anche verificare se il codice Ateco consente la vendita di pellet).

Informazioni scarne ma che possono far capire se esiste. Se vi dice che non ha un’azienda perché è un privato che ha comprato il pellet all’estero ( una sorta di borsa nera), diffidate perché sta già commettendo degli illeciti e non vi rilascerà alcuna fattura ed è molto probabile che stiate incappando in una truffa del pellet.

In secondo luogo cercate sempre in rete delle opinioni sull’azienda “pinco palla” di Arezzo per verificare le opinioni altrui. Se altri utenti parlano di truffa, state alla larga.

Se non siete sicuri e avete affettivamente trovato l’azienda “pinco palla” ad Arezzo, cercate anche il numero di telefono, in rete si trova anche quello e fate una chiamata per chiedere se veramente stanno vendendo pellet a quel prezzo.

Diffidate di prezzi troppo bassi, in Italia trovare pellet a meno di 10 euro al sacco è quasi impossibile oggi, massimo di può arrivare a 9 per un prodotto scadente.

Leggi anche: Pellet: perché il prezzo è così alto? Speculazione o aumenti dei costi?

Pellet: quanto costa? Conviene o è preferibile il metano?

Stufa a pellet: manutenzione, vantaggi e svantaggi

Negli ultimi mesi la richiesta di stufe a pellet sta aumentando vertiginosamente a causa dell’aumento del prezzo del metano. Vediamo quindi quali sono gli svantaggi e i vantaggi di questo prodotto.

Perché cresce la domanda per le stufe a pellet?

Il prezzo del pellet è in continua salita, nelle settimane passate avevamo anticipato una vendita a 10 euro per un sacco da 15 kg, ma solo chi ha spazio sufficiente ha potuto fare scorta. Chi invece deve comprare pochi sacchi alla volta, purtroppo vedrà aumenti ancora maggiori, facendo un giro nei vari spacci è difficile trovare oggi un sacco venduto a meno di 10,90 euro, mentre si trova anche a 14 euro. Molto dipende dalla tipologia e dalla qualità, non sempre al risparmio corrisponde efficienza del pellet.

Per capire le differenze tra le varie tipologie, leggi l’articolo: Riscaldamento a pellet: quanto dura un sacco? Quale resa?

Nonostante questo, visti gli aumenti del costo del metano e il rischio molto elevato di razionamento, sono in molti a cercare una stufa a pellet, vediamo però quali sono i vantaggi e gli svantaggi.

La prima cosa da sottolineare è che non sempre è possibile installare una stufa a pellet. Ne avevamo parlato nell’articolo: Pellet: requisiti per installare una stufa a pellet e quando non si può

La manutenzione della stufa a pellet: un impegno quasi quotidiano

Sappiamo che una caldaia a metano richiede poca manutenzione se non il controllo annuale. Tutto cambia per una stufa a pellet. In primo luogo spieghiamo sinteticamente come è fatta. Naturalmente c’è una camera di combustione, la stessa è collegata a un comparto per la raccolta delle ceneri e un vano per il pellet. Poi naturalmente c’è il sistema per convogliare il calore nel caso in cui la termostufa sia collegata all’impianto di riscaldamento.

Chi sceglie di comprare un bruciatore da installare all’esterno può avere il vantaggio di un vano per il pellet più ampio, questo vuol dire che una volta caricato, anche con più sacchi di pellet, è possibile stare tranquilli anche per più giorni. In caso contrario è necessario provvedere a ricaricare la stufa quando il pellet sta per finire.

In secondo luogo è necessario periodicamente svuotare il cestello della cenere, la cadenza dipende dall’uso più o meno intenso che si fa della stufa e dalla grandezza del cassetto. Generalmente la pulizia si fa una volta a settimana. In terzo luogo è necessario pulire la camera di combustione aspirando le ceneri e avendo cura di lasciare sempre ben puliti i pori presenti nella camera e che aiutano a una giusta circolazione dell’aria. Particolare attenzione deve essere posta anche alla pulizia del cannello di accensione. Questa pulizia dovrebbe essere fatta ogni 2-3 giorni, anche in questo caso dipende dal modello della stufa e dall’intensità dell’uso. Bastano comunque pochi minuti per entrambe le operazioni.

Infine, c’è la pulizia della canna fumaria, operazione che è necessario spesso delegare a un professionista. Questa operazione può essere fatta anche una sola volta l’anno, massimo due volte per un uso molto intenso.

Ora sembra che vi siano solo svantaggi, in realtà abbiamo visto che, nonostante i prezzi del pellet, continua ad essere un sistema più economico rispetto al metano, soprattutto nel caso in cui si propenda per un acquisto di una stufa a biomassa che quindi non brucia solo pellet. A ciò si aggiunge il piacere della fiamma che rende l’ambiente immediatamente più accogliente.

Iva sul prezzo del pellet: a breve potrebbe essere ridotta. Ultime novità

Presentato l’emendamento al decreto Aiuti Bis per la riduzione dell’Iva al 10% sul prezzo del pellet. Ecco quanto potrebbero risparmiare gli italiani se venisse approvato.

Presentato l’emendamento per ridurre l’Iva sul prezzo pellet

È ormai noto che il prezzo del pellet è ormai arrivato alle stelle, è raddoppiato in vendita pre-stagionale e si attendono ulteriori rincari dovuti alla scarsità del materiale e all’aumento della domanda visto che ad oggi è ancora più conveniente rispetto al metano il cui prezzo tende ancora al rialzo e soprattutto vi è un elevato rischio di razionamento.

Quando però noi acquistiamo il pellet il prezzo non è determinato solo dal materiale in sé, ma c’è l’aliquota Iva che in questo caso è del 22%. Naturalmente all’aumento del costo del pellet corrisponde un aumento dell’esborso dell’Iva a carico del consumatore e di conseguenza anche le entrate dello Stato ne beneficiano. Come nel caso dei carburanti si crea un extra-gettito fiscale.

Proprio per questo motivo, insieme al desiderio di aiutare gli italiani ad affrontare il prossimo inverno, Elvira Lucia Evangelista, vice presidente della Commissione Lavori Pubblici e oggi candidata al listino proporzionale al Senato per il Terzo Polo e senatrice di Italia Viva, ha presentato un emendamento al decreto Aiuti Bis che dovrebbe essere convertito all’inizio di ottobre in cui il taglio dell’Iva sul prezzo del pellet del 10%. Questa misura non andrebbe a incidere sulle entrate correnti dello Stato perché l’aumento del prezzo ha comunque determinato maggiori entrate.

Leggi anche: Pellet: perché il prezzo è così alto? Speculazione o aumento dei costi?

Emendamenti sono arrivati anche dal M5S, attraverso la deputata Elisa Tripodi, in questo caso due. Il primo volto a ridurre l’Iva al 10% e il secondo volto addirittura a ridurre l’Iva sul prezzo del pellet al 5%. In questo caso si tratterebbe di una misura eccezionale e temporanea.

Quanto si risparmierebbe con l’Iva al 10% sul prezzo del pellet?

Attualmente un sacco di pellet da 15 kg di buona qualità costa intorno a 10 euro, con oscillazioni verso l’alto. Su questo prezzo gli italiani purtroppo versano 2,20 euro di Iva, una quota di certo non trascurabile. Riducendo l’Iva al 10% gli italiani dovrebbero pagare circa 1 euro sullo stesso sacco di pellet e di conseguenza potrebbero acquistare il pellet a 8,80 euro al sacco. Considerando un consumo medio di almeno 160 sacchi in un anno, il risparmio di circa 192 euro. Di certo visti, tutti i rincari, non sarebbe male un aiuto simile.

Nel frattempo ricordiamo che fino al 5 ottobre vi è stata la proroga del taglio delle accise sui carburanti.

Pellet: perché il prezzo è così alto? Speculazione o aumento dei costi?

Il costo del pellet è ormai alle stelle, sono numerosi i movimenti che stanno proponendo scioperi degli acquisti per indurre produttori e venditori a ridurre i prezzi attraverso la riduzione della domanda, ma ad oggi non sembra esservi successo per questi. Vediamo però quali sono le cause dell’aumento dei prezzi del pellet e se i consumatori possono in qualche modo intervenire su essi.

La tempesta perfetta ha determinato il costo del pellet

Non c’è una sola causa che ha determinato l’aumento dei prezzi del pellet fino al 100% in pre-stagionale, diverse sono le concause e si cercherà di analizzarle tutte che in realtà sono spesso concatenate. Annalisa Paniz, direttrice generale AIEL, l’associazione italiana energie agroforestali, ha parlato della tempesta perfetta.

Diminuisce l’offerta e aumenta la domanda del pellet a causa della guerra in Ucraina

La prima causa è legata al fatto che in Italia si produce pochissimo pellet, il 15% del fabbisogno, 500.000 tonnellate. Questo implica la necessità di importarlo e già questo rappresenta un costo. A ciò si aggiunge che tra i maggiori produttori a cui l’Italia deve fare riferimento ci sono Paesi come Russia, Bielorussia e Ucraina. I primi due sono interessati da blocchi alle importazioni a causa delle sanzioni, mentre l’Ucraina è in ginocchio a causa della guerra.

A questo primo dato, che comporta comunque una riduzione dell’offerta del pellet, si aggiunge l’aumento della domanda, infatti ad oggi il pellet continua ad essere un combustibile di massa, molto ricercato quindi in Italia e siccome nonostante l’aumento del prezzi al 100% è ancora più conveniente del metano, ci sono molte famiglie che stanno convertendo gli impianti. Si ha quindi uno squilibrio tra la domanda che cresce e l’offerta che diminuisce ed ecco che si verifica la conseguenza più naturale sul mercato, cioè l’aumento del prezzo del pellet.

Costo del pellet determinato dal caro energia

A questo primo fattore scatenante dell’aumento dei prezzi del pellet, si aggiunge l’aumento delle spese per i carburanti. Qui si ritorna al primo problema, cioè l’Italia importa pellet per la maggior parte del suo fabbisogno e l’aumento del costo del carburante va naturalmente ad essere spalmato proprio sul prezzo del pellet.

Il caro energia però non va solo ad incidere sul costo del trasporto del pellet ma anche sul costo di produzione dello stesso, infatti gli impianti che producono pellet possono essere considerati energivori e naturalmente chi produce ha l’obiettivo di lucrare, quindi non può vendere il pellet ad un prezzo inferiore a quello di produzione, anche l’aumento della spesa energetica del produttore deve essere spalmato sul pellet.

Scopri anche quanto dura un sacco di pellet.

All’aumento del prezzo del pellet, consegue anche l’aumento naturale dell’Iva che ricordiamo è al 22%.

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I consumatori possono intervenire sulle speculazioni sul prezzo del pellet?

Infine, non manca l’elemento speculativo, è ovvio che in un inverno che si palesa come molto complicato dal punto di vista dei prezzi, i produttori e i distributori sanno di poter agire sui prezzi e lucrare e quindi provano a calcare la mano sui rincari. Solo su questa porzione dell’aumento potranno effettivamente agire i consumatori, ma non di certo fino a riportare il sacco di pellet al costo di un anno fa, cosa attualmente molto improbabile, ma solo al fine di determinare una leggera flessione verso il basso. Fino a quando il consumatore può agire? Relativamente poco, perché il pellet di fatto è poco e a breve ci sarà la corsa all’acquisto per paura di restare al freddo.

I produttori sanno che potrebbe esserci una leggera flessione, dovuta al fatto che le persone dovranno per forza di cose rinunciare al comfort ottimale e fare qualche sacrificio, ma la stessa è anche voluta perché anche loro hanno difficoltà con le materie prime, cioè anche a reperire la legna da trasformare. Proprio per questo una riduzione della domanda, che potrebbe anche non esservi a fronte del costante aumento del costo del metano, per i produttori non appare essere un problema. In conclusione è molto probabile che vi siano ancora aumenti di prezzo del pellet.

Pellet, metano e gasolio: quanto ci costerà in più il riscaldamento quest’anno?

Con l’autunno per gli italiani arriva la stangata dell’aumento dei prezzi. Sarà difficile per i nuclei familiari affrontare i rincari che toccano ogni settore. Ma ancora più difficile sarà il gestire i primi freddi visto che uno dei settori più colpito dai rincari è proprio quello relativo al riscaldamento delle abitazioni.

A prescindere da cosa si utilizzi per riscaldare, infatti, l’aumento ci sarà e andrà da un minimo del 49% ad un massimo del 99%. In qualsiasi modo si alimenti il caldo in casa, quindi, l’aumento sarà salatissimo.

Pellet, metano e gasolio di quanto aumentano?

Secondo uno studio effettuato dalla Federconsumatori, i costi che le famiglie dovranno sostenere per l’inverno 2022/2023 saranno salitissimi. Lo studio è stato svolto prendendo in considerazione un appartamento di 100 metri quadri da riscaldare.

Per quel che riguarda il gas metano nel 2021/2022 il riscaldamento è costato in media per tutta la stagione fredda 912 euro. In base agli ultimi aggiornamenti sulle tariffe del gas per il terzo trimestre 2022, invece, si stima un costo di 1.479 euro, con un aumento del 62% rispetto allo scorso anno.

Per chi alimenta i propri termosifoni con gasolio, che è la tipologia di riscaldamento più diffusa per i condomini, la spesa per il 2021/2022 è stata di 1.545 euro. Nel 2022/2023, invece, sarà di 2.309 euro con un aumento del 49%.

A sorpresa gli aumenti maggiori si riscontrano con il pellet. Un impianto di riscaldamento alimentato a pellet, infatti, lo scorso anno è costato per tutta la stagione fredda 670 euro. Ma è da considerare che un sacchetto da 15 kg di pellet che lo scorso anno costava 5 euro, ora ne costa 10. Si registra in questo caso un aumento del 99% con una spesa complessiva, per tutto il periodo freddo, di 1.333.

Sicuramente il pellet è ancora la tipologia di riscaldamento che costa meno ma alla luce di questi aumenti la convenienza è stata limata di molto.

Riscaldamento a pellet: quanto dura un sacco? Quale resa?

Si è visto in precedenza che per il costo del pellet c’è un vero e proprio allarme perché, rispetto al pre-stagionale di un anno fa, il prezzo è praticamente raddoppiato, per capire se però effettivamente conviene occorre determinare in linea di massima quanto dura un sacco di pellet.

Da cosa dipende la durata del sacco di pellet?

La durata di un sacco di pellet da 15 kg dipende da diversi fattori, proveremo qui ad elencare i principali e poi procederemo a una simulazione media, solo in questo modo sarà possibile capire quanto consuma una stufa a pellet in una giornata.

Le variabili da considerare sono:

  • fascia climatica: l’Italia è divisa in sei regioni climatiche, ad esempio nelle zone del sud solo raramente le temperature arrivano sotto lo zero, in queste zone i consumi sono ovviamente ridotti. Una stufa fa più fatica, quindi impegna più energia a riscaldare se l’immobile è collocato in una fascia climatica fredda;
  • dimensioni dei locali da riscaldare: non contano solo i metri quadri, ma anche il volume, lo stesso può essere leggermente ridotto con uso di cartongesso che ha anche un buon livello di isolamento termico;
  • isolamento termico dell’immobile;
  • temperatura che ci vuole raggiungere;
  • qualità del pellet utilizzato.

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Simulazioni: quante ore dura un sacco di pellet?

Queste sono le principali variabili. La simulazione fatta riporta i risultati di un immobile con un buon isolamento termico, in fascia climatica appenninica, quindi intermedia caratterizzata da inverni lunghi, ma con precipitazioni nevose solo ad elevata quota. L’immobile della simulazione consiste in 120 mq calpestabili e adotta un bruciatore a pellet collegato all’impianto di riscaldamento con potenza 14Kw e ha una temperatura impostata intorno a 21°C.

Questa tipologia di stufa funziona in automodulazione, cioè appena messa in funzione brucia una maggiore quantità di pellet, la stessa va poi a diminuire nel momento in cui la temperatura del liquido riscaldante diventa man mano più elevata. Raggiunta la temperatura pre-impostata il bruciatore ha un consumo ridotto, circa 700 grammi a ora. Naturalmente vi possono essere delle piccole varianti in base alle varie marche di bruciatore per il pellet.

In tali condizioni un sacco di pellet, di qualità medio-alta (abete), ha una durata di circa 7 ore continuate. La stufa a pellet consuma di più se durante l’arco della giornata viene accesa e spenta più volte. Ad esempio la mattina presto e poi di nuovo al pomeriggio, mentre ha un consumo inferiore se si opta per un’unica accensione.

Ricordiamo che un immobile con un buon isolamento termico disperde poco calore, questo vuol dire che in una zona climatica intermedia, al mattino la casa è ancora calda.

Come gestire la stufa a pellet senza sprechi

Dalla premessa fatta emerge che nei periodi non particolarmente freddi, ad esempio nei primi mesi dell’autunno e in primavera è possibile con una buona gestione consumare meno di un sacco di pellet al giorno, nei mesi invece con temperature più basse si può arrivare ad avere la stufa a pellet in funzione per 12 ore con 1,5 sacchi di pellet al giorno. Naturalmente un appartamento più piccolo consuma meno, uno più grande tende a consumare di più. Così come incrementi vi possono essere in zone climatiche molto fredde, ad esempio Valle d’Aosta o Piemonte.

Per risparmiare è bene anche installare delle valvole termostatiche.