Calcolo pensione con il sistema contributivo

Quella del calcolo della pensione pubblica non è mai un’operazione semplice. E questo perché ad entrare in gioco, per la determinazione della prestazione ai fini previdenziali, sono diversi fattori a partire dal criterio di calcolo che può essere di tipo retributivo e misto, oppure di tipo contributivo.

Quando e come si può andare in pensione con il sistema contributivo

In quest’ultimo caso un lavoratore, per andare in pensione con il sistema contributivo, deve essere privo di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre del 1995. Oppure se, in base agli istituti vigenti, il criterio di calcolo della pensione è basato proprio sul sistema contributivo che, tra l’altro, da quasi un ventennio ha preso il sopravvento rispetto al criterio di calcolo di tipo retributivo e misto.

Dal 2012 per la pensione INPS il criterio contributivo ha preso il sopravvento

Per le anzianità contributive che sono state maturate a decorrere dalla data dell’1° gennaio del 2012, infatti, l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale (INPS) applica a tutti i lavoratori, ai fini della determinazione dell’importo della pensione, proprio il criterio di calcolo che è basato sul metodo contributivo.

Il passaggio dal retributivo al contributivo tra conti pubblici e giustizia sociale

Il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo ha introdotto un sistema di calcolo della pensione in funzione di quanto effettivamente è stato versato in termini di contributi previdenziali. Una scelta, da parte del legislatore, che è stata dettata non solo dal garantire nel lungo termine la sostenibilità della spesa previdenziale a carico dello Stato italiano, al fine di continuare a garantire il pagamento delle pensioni, ma anche per sanare, proprio con il passaggio dal criterio di calcolo retributivo a quello contributivo, gli eccessi del passato tra pensioni d’oro, privilegi e rendite stellari.

Come viene calcolata la pensione con il sistema contributivo

Per spiegare con parole semplici come viene calcolata la pensione con il sistema contributivo, l’INPS determina la prestazione previdenziale in rapporto ai contributi effettivamente versati negli anni adottando ed applicando un criterio di rivalutazione che porta ad una somma che, detta montante, viene moltiplicata per un coefficiente di trasformazione che è funzione dell’aspettativa media di vita della generazione alla quale appartiene il lavoratore che ha maturato i requisiti per andare in pensione.

Con questo criterio di calcolo un lavoratore che ha versato di più prenderà ogni mese una pensione più alta rispetto a chi, invece, negli anni ha versato meno contributi previdenziali. Inoltre, il coefficiente di trasformazione applicato cresce all’aumentare dell’età, con la conseguenza che l’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale tende sempre a premiare con una pensione più alta coloro che si ritirano dal lavoro più tardi.

Mentre per la determinazione del montante individuale, a favore del lavoratore che ha maturato il diritto per andare in pensione, l’INPS prima va a sommare i contributi che sono stati versati negli anni, e poi li rivaluta applicando un tasso annuo di capitalizzazione che, a sua volta, si basa sulla variazione media quinquennale del Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano che viene rilevato e determinato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT).

Supplemento di pensione: come funziona e quando si richiede

Andare in pensione senza che sia necessario ritirarsi dal lavoro non solo è possibile, ma può portare pure ad ottenere un incremento dell’assegno previdenziale. Nel rispetto dei requisiti previsti, infatti, il pensionato INPS che continua a versare i contributi, dopo la data di decorrenza della pensione, può maturare per la prestazione previdenziale un supplemento.

Inoltre, maturato il primo supplemento di pensione, il pensionato continuando a versare i contributi potrà ottenere dall’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, sempre nel rispetto e delle condizioni che sono previste anche in base alla gestione di appartenenza, la liquidazione di ulteriori supplementi di pensione.

Come ottenere il supplemento di pensione INPS ed a chi spetta

Per ottenere dall’INPS il supplemento di pensione, il pensionato deve continuare a versare i contributi, nelle varie gestioni dell’Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, per i periodi di lavoro che sono successivi alla decorrenza della prestazione previdenziale che è stata maturata.

Per i pensionati che maturano il diritto alla prestazione previdenziale tramite i contributi versati nella Gestione Separata, inoltre, il supplemento di pensione potrà essere riconosciuto dall’INPS se e solo se, dopo il pensionamento, i contributi per i periodi di lavoro successivi saranno versati sempre e solo nella stessa gestione.

Ed in ogni caso, in caso di decesso, al pari della pensione INPS pure il supplemento sarà computato ai fini della concessione della prestazione previdenziale ai superstiti. Così come, in base alla loro collocazione nel tempo, i contributi INPS che sono stati versati dopo il pensionamento possono andare a ricostituire i supplementi di pensione che sono stati concessi in precedenza dall’Istituto di previdenza.

Requisiti supplemento di pensione in base alla gestione INPS di appartenenza

La liquidazione del supplemento di pensione da parte dell’INPS, continuando a versare i contributi dopo il raggiungimento dell’età di pensionamento, è comunque subordinata al rispetto di alcuni requisiti che sono definiti e fissati, come sopra accennato, anche in base alla gestione di appartenenza.

In particolare, per i contributi INPS versati nella Gestione Lavoratori Autonomi e nell’Assicurazione Generale Obbligatoria per la liquidazione del supplemento di pensione è necessario che, a partire dalla data di decorrenza della pensione, o dal precedente supplemento di pensione riconosciuto e liquidato dall’Istituto di previdenza, siano trascorsi almeno 5 anni.

A questo requisito si aggiunge quello del compimento, così come è previsto dalla gestione di appartenenza, dell’età per la pensione di vecchiaia. Ed il tutto fermo restando che quest’ultimo requisito, invece, non è previsto e quindi richiesto per la liquidazione dei supplementi di pensione da parte di chi, raggiunta l’età del pensionamento, continua a versare i contributi nella Gestione Separata.

Il supplemento di pensione concorre pure per l’importo della 13esima mensilità

Il supplemento di pensione è una prestazione previdenziale che si va ad aggiungere alla pensione già erogata dall’INPS, il che significa che i supplementi non danno mai luogo all’emissione di certificati di pensione che risultano essere distinti tra di loro. Inoltre, il cumulo della pensione INPS con uno o più supplementi di pensione vale pure ai fini del riconoscimento della 13esima mensilità.

Pensione supplementare, cos’è e chi può richiederla?

La pensione supplementare è una maggiorazione al trattamento pensionistico pubblico. Può essere richiesta dai lavoratori dipendenti iscritti all’AGO (Assicurazione generale obbligatoria), i cui contributi versati al fine di ottenere la pensione di vecchiaia, superstiti e invalidità non siano sufficienti ad acquisire il diritto ad un’altra pensione autonoma e vale solo per i titolari di un trattamento pensionistico a carico delle gestioni esclusive e sostitutive dell’AGO.

Si ricorda che, i lavoratori dipendenti del settore privato AGO a cui sia stata già liquidata una prestazione previdenziale principale e che hanno svolto più attività dando luogo a posizioni assicurative in più fondi pensione, hanno la possibilità di esercitare il cumulo contributivo, la totalizzazione, la ricongiunzione.

A chi spetta la pensione supplementare

Chi sono i soggetti che possono fare richiesta e ottenere una pensione supplementare? Per rispondere a questo quesito, partiamo dalla categoria di pensionati che sono titolari di una pensione a carico di un Fondo sostitutivo, esonerativo o esclusivo dell’Assicurazione generale obbligatoria, oppure di assegni vitalizi sostitutivi della pensione o ai pensionati della Gestione lavoratori dello spettacolo se la contribuzione è stata versata in una o più gestioni speciali dei lavoratori autonomi;

Possono fruirne i lavoratori che hanno un conto assicurativo presso l’AGO e già titolari di pensione a carico di un Fondo sostitutivo, esclusivo o esonerativo dell’AGO; quelli parasubordinati iscritti alla gestione separata dell’Inps, se in essa non raggiungano i requisiti per il diritto a un’autonoma pensione nella gestione stessa, se sono titolari di una pensione a carico dell’AGO o delle forme esclusive e sostitutive della stessa, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi nonché delle gestioni previdenziali obbligatorie dei liberi professionisti.

La pensione supplementare spetta anche ai familiari dei superstiti, in quanto la pensione supplementare è reversibile quando gli stessi hanno conseguito il diritto alla pensione di reversibilità a carico della forma obbligatoria di previdenza sostitutiva, esclusiva o esonerativa dell’Ago.

Pensione supplementare: requisiti

Per poter accedere alla pensione supplementare, si deve avere maturato almeno un contributo settimanale o mensile versato nell’AGO; avere cessato il rapporto di lavoro dipendente; aver compiuto l’età pensionabile prevista per la pensione di vecchiaia nel fondo dove si chiede la pensione supplementare; essere in possesso del requisito sanitario previsto per ottenere l’assegno ordinario di invalidità che attesti la capacità lavorativa ridotta a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale nel caso di pensione supplementare di invalidità; non possedere i requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti per ottenere la pensione autonoma;

Sono esclusi dall’accesso alla pensione supplementare, i titolari di pensione a carico di Casse e Fondi per liberi professionisti, della Gestione Separata dei lavoratori subordinati, della Gestione lavoratori dello spettacolo per i quali è previsto un solo trattamento pensionistico per tutti i contributi versati nelle due gestioni. Non ne hanno diritto nemmeno i titolari di pensione estera di un Paese non convenzionato con l’Italia o di un Paese convenzionato, in quanto godono del diritto della totalizzazione dei periodi di lavoro svolti all’estero o in Italia e alla conseguente liquidazione pro-rata.

La domanda

La richiesta di pensione supplementare deve essere inviata all’Ente previdenziale che già eroga la pensione al pensionato o all’INPS. In quest’ultimo caso, la domanda va inoltrata esclusivamente in via telematica: attraverso il web, sfruttando i servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite il portale dell’INPS. Oppure telefonando al Contact Center (803164 da rete fissa gratuitamente o 06164164 da rete mobile secondo i costi previsti dalla tariffa dell’operatore), o ancora tramite patronati e altri intermediari dell’Istituto.

Decorrenza e quanto spetta

La pensione supplementare decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della presentazione della domanda; dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda o del riconoscimento del requisito sanitario, nel caso di pensione d’invalidità; dal primo giorno del mese successivo al decesso, in caso di pensione supplementare ai superstiti.

L’ammontare della pensione supplementare viene determinato con il sistema del calcolo retributivo, se i contributi versati nell’AGO si riferiscono a periodi antecedenti il 1° gennaio 1996; il sistema di calcolo misto viene applicato se il lavoratore può far valere la contribuzione versata nell’AGO sia per periodi antecedenti al 1° gennaio 1996 sia per periodi successivi al 31 dicembre 1995; il sistema di calcolo contributivo si applica per contributi versati esclusivamente a periodi successivi al 31 dicembre 1995 o al 31 dicembre 2011.

La pensione supplementare liquidata con contribuzione versata dal 1° gennaio 1996 è calcolata con il sistema contributivo indipendentemente dal sistema di calcolo utilizzato per la liquidazione del trattamento pensionistico principale.

Il versamento di ulteriori contributi successivi alla decorrenza della pensione supplementare dà diritto ad un supplemento di pensione.

La pensione supplementare non prevede l’integrazione al trattamento minimo.

Pensione Ape Sociale: requisiti e beneficiari dell’indennità

L’Ape sociale è una prestazione economica facente parte delle pensioni anticipate in deroga. Ovvero un’indennità che accompagna il lavoratore fino al raggiungimento di un’età che gli consenta di accedere alla pensione di vecchiaia. La legge di Bilancio ha prorogato per un anno questo trattamento pensionistico sociale anticipato, la domanda può essere presentata con scadenza fissata al 31 dicembre 2021.

L’Ape sociale: a chi spetta

L’Ape sociale (Anticipo Pensionistico Social) è una forma previdenziale che permette al lavoratore l’uscita anticipata dal lavoro. Ne possono usufruire i disoccupati, i caregivers, gli invalidi al 74% e i lavoratori gravosi.

Per avere accesso all’Ape sociale bisogna aver compiuto almeno il 63° anno d’età con una contribuzione versata di 30 anni, che diventano 36 nel caso dei lavoratori che svolgono mansioni gravose.

Requisiti specifici di categoria per l’Ape Sociale

L’Ape sociale per gli invalidi è concessa a lavoratori dipendenti o autonomi che hanno una capacità lavorativa ridotta, l’invalidità deve essere almeno del 74%.

L’Ape sociale per i lavori gravosi è concessa a determinate categorie di lavoratori. Ovvero operai agricoli, edili o manutentori di edifici, dell’industria estrattiva; addetti ai servizi di pulizia non qualificati, allo spostamento merci e ai facchini, all’assistenza di persone non autosufficienti; marittimi, lavoratori della pesca; operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti; maestri della scuola dell’infanzia e di asili nido; infermieri e ostetriche ospedaliere organizzati in turni; conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni, di convogli ferroviari e personale viaggiante, di camion e mezzi pesanti; conciatori di pellicce e di pelle.

L’Ape sociale per i caregivers, ovvero lavoratori autonomi o dipendenti che assistono da almeno 6 mesi dalla presentazione della domanda: il coniuge, la persona in unione civile, un parente di primo grado convivente disabile, un parente o un affine di secondo grado convivente nel caso abbia i genitori o il coniuge della persona portatore di handicap in grave situazione con età superiore ai 70 anni, oppure anch’essi invalidi o che siano deceduti o mancanti.

L’Ape social per i disoccupati che si trovano in tale condizione a seguito di un licenziamento individuale o collettivo o perchè ha dato le dimissioni per giusta causa o per una risoluzione consensuale. Se il contratto di lavoro è scaduto e negli ultimi tre anni ha lavorato per almeno 18 mesi e da più di tre mesi ha terminato la fruizione totale della disoccupazione (naspi, aspi, mobilità).

Domanda e scadenza Ape Sociale 2021

La domanda per ottenere l’Ape sociale 2021 nella prima parte dell’anno, deve essere presentata all’INPS entro il 31 marzo. Per chi effettua la richiesta nella seconda parte dell’anno, la data di scadenza è il 15 luglio e non oltre il 30 novembre. Oltre ad aver maturato tutti i requisti richiesti al momento della domanda, il lavoratore non deve essere titolare di pensione diretta né in Italia né all’estero.

Anticipare la pensione con la RITA: ecco come funziona la rendita integrativa

Chi sottoscrive un fondo pensione, oltre a provvedere a una forma di previdenza integrativa, si concede la possibilità di ottenere un anticipo sotto forma di rendita temporanea. Infatti, prima del raggiungimento dei requisiti necessari per ottenere la pensione di vecchiaia, il sottoscrittore può richiedere una rendita attingendo in parte o del tutto a quanto accumulato sul proprio fondo pensione. Nello specifico, permette un pensionamento anticipato di cinque anni. Tuttavia, nel caso in cui la richiesta viene effettuata quando si è inoccupati da almeno due anni, l’anticipo può arrivare con dieci anni di anticipo rispetto alla pensione di vecchiaia.

RITA: cos’è e come funziona

Quanto sopra descritto è un vantaggio offerto dalle forme pensionistiche complementari ed è denominata RITA: rendita integrativa temporanea anticipata.

La RITA è integrativa, in quanto si attinge dalla somma accumulata nel proprio fondo pensione. E’ temporanea perché non è una forma di vitalizio, infatti, viene erogata dal momento della richiesta a quello del pensionamento. Anticipata perché viene erogata prima dell’ottenimento della pensione pubblica e prima del pagamento della pensione integrativa. Ovviamente, questa possibilità va valutata con attenzione, in quanto ottenendo una rendita temporanea, il capitale destinato a costituire la pensione integrativa si riduce notevolmente.

Quando si può richiedere la RITA: requisiti

La rendita integrativa temporanea anticipata può essere richiesta almeno cinque anni prima della pensione di vecchiaia a determinate condizioni:

  • Quando viene inoltrata la richiesta deve essersi verificata la cessazione dell’attività lavorativa che deve essere attestata con una dichiarazione sostitutiva di certificazione o la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Tuttavia, la Covip precisa che è possibile riprendere a lavorare durante l’erogazione della RITA;
  • avere versato almeno 20 anni di contributi presso la gestione di previdenza pubblica di appartenenza;
  • avere un’età inferiore di massimo cinque anni rispetto a quella richiesta per la pensione di vecchiaia;
  • nel caso di inoccupazione da 24 mesi, stessi requisiti ma con la possibilità di avere un’età inferiore di dieci anni prima della pensione di vecchiaia.

Come fare richiesta

Se l’aderente è in possesso di tutti i requisiti necessari per ottenere il pagamento della RITA, può effettuare la richiesta. L’erogazione avverrà con frequenza mensile o al massimo trimestrale, fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia. E’ possibile scegliere se fruire del pagamento di una parte del capitale accumulato nel fondo pensione o di tutto l’ammontare. Nel primo caso, il 50% verrà erogato dal gestore come rendita temporanea, il restante 50% sotto forma di rendita vitalizia.

Le rate della rendita temporanea variano a discrezione della forma pensionistica di appartenenza, anche a seconda delle esigenze degli aderenti. In ogni caso, la Commissione di Vigilanza dei fondi pensione consiglia che la rata non sia superiore ai tre mesi.

Nel periodo di percezione della RITA, ciò che è accumulato e frazionato nel fondo pensione continua ad essere gestito e investito. Questo consente di continuare a beneficiare dei rendimenti e le rate vengono ricalcolate di conseguenza.

RITA tassazione e benefici fiscali

La rendita integrativa temporanea anticipata gode della tassazione agevolata, così come per la pensione integrativa. La sua parte imponibile è tassata con un’aliquota del 15%, ed è prevista un’ulteriore agevolazione fiscale della riduzione dell’aliquota del 15% dello 0,30% per ogni anno di partecipazione ad un fondo pensione eccedente il quindicesimo. La riduzione massima consentita è pari al 6%. L’aliquota applicata alla RITA può scendere fino al 9%.

Cosa può fare chi richiede la RITA

Mentre viene percepita la RITA l’aderente può sempre:

  • revocare la richiesta effettuata interrompendo la ricezione del pagamento della RITA;
  • trasferire il capitale accumulato ad un’altra forma pensionistica integrativa, con conseguente revoca automatica dell’erogazione della RITA;
  • chiedere delle anticipazioni o il riscatto totale o parziale della posizione maturata non utilizzata per la RITA;
  • continuare a contribuire al fondo pensione risparmiando grazie alla deducibilità fiscale ed i versamenti successivi vanno a costituire un nuovo capitale separato, o si aggiungono a quello parziale non convertito in RITA, per la successiva pensione integrativa.

La RITA è cumulabile con altri redditi?

Chi ha accesso ad una delle forme pensionistiche anticipate, come quota 100, opzione donna, ape sociale, lavoratori precoci, può anche percepire la rendita integrativa temporanea anticipata. Lo stesso vale per chi fruisce dell’isopensione, della NASPI o di redditi lavorativi percepiti successivamente all’erogazione della RITA.

Nel caso venga richiesta la RITA totale (utilizzazione di tutto il capitale accumulato), i contributi successivi si cumulano separatamente, andando a formare un nuovo capitale nel comparto scelto del fondo pensione. In caso di richiesta di RITA parziale, i contributi versati successivamente si aggiungono alla parte di capitale accumulato nel fondo pensione non utilizzato per la R.I.T.A., ma per la futura pensione integrativa.

In caso di decesso dell’aderente nel corso di percezione della RITA, il capitale residuo composto dalle rate non ancora erogate, è riscattato dagli eredi o dagli altri beneficiari.

 

 

Maggiorazione contributiva invalidi: a chi spetta e come funziona

Tanti si chiedono come richiedere la maggiorazione contributiva, in caso di invalidità e quanto sia la sua valenza ai fini della pensione. Ebbene, con questo rapido approfondimento, cercheremo di rispondere a queste e ad altre domande, come ad esempio scoprire a chi spetta e come funziona la maggiorazione contributiva.

Come funziona la maggiorazione contributiva invalidi?

Innanzitutto, iniziamo col dire che con la maggiorazione contributiva si intende quella parte contributiva riconosciuta ai lavoratori invalidi e inerente a 2 mesi di contributi figurativi per ogni anno in cui si è effettivamente lavorato con una invalidità superiore al 74%. Dunque, per ognuno degli anni di lavoro non saranno riconosciuti soltanto 12 mesi di contribuzione, bensì 14. Ad ogni modo, vi sono una serie di precisazioni da anteporre alla situazione, che elenchiamo di segui:

  • la contribuzione figurativa così accreditata è utile solo ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione. Questi, quindi, saranno utili per anticipare l’accesso alla pensione, ma non per aumentare l’importo dell’assegno almeno per le pensioni calcolate con il sistema contributivo;
  • Vi è un limite di contribuzione figurativa accreditata a titolo di maggiorazione sociale per gli invalidi. Nello specifico, non si potranno accreditare più di 5 anni di contributi;
  • Tale contribuzione figurativa può essere accreditata solo ed esclusivamente previa domanda del diretto interessato;
  • Solo i servizi di lavoro effettivamente svolti presso pubbliche amministrazioni o in aziende o cooperative private, potranno dar luogo alla contribuzione figurativa di 2 mesi presso.

Tuttavia, va aggiunto che tale beneficio è valido per il raggiungimento del requisito contributivo di qualsiasi altra misura previdenziale, perciò sarà valido anche anche al raggiungimento dei 41 anni e 10 mesi di contributi necessari alle donne per poter accedere alla pensione anticipata. Come detto, in pratica, va considerato che per ogni anno di attività effettuato vengono riconosciuti 2 mesi di contribuzione aggiuntiva.

Ma cosa accade quando l’anno di lavoro non viene completato?

Ovviamente ci sono quei casi in cui l’anno di lavoro non viene completato al termine effettivo di lavoro e quindi ci si chiede cosa può accadere al fine del conseguimento della maggiorazione contributiva. Ebbene, nel caso in cui un anno di lavoro non venisse completato, ovvero anche quando si avrà svolto attività lavorativa per i periodi inferiori all’anno, spetterà 1/6 di contribuzione figurativa per ogni settimana di lavoro. Nel caso in cui, ponendo ad esempio, un lavoratore avesse lavorato per soli sei mesi, gli verranno riconosciute (in un periodo probabilmente di 30 settimane) soltanto 5 settimane.

Maggiorazione contributiva per il diritto alla pensione, come funziona

Come funziona la maggiorazione contributiva per il diritto alla pensione, è certamente un’altra domanda frequente nel novero dei contribuenti. Va detto, pertanto, che l’INPS specifica sul suo stesso sito chiaramente che la maggiorazione convenzionale di cui all’articolo 80, comma 3, non assume rilevanza nel calcolo della quota di pensione contributiva, per quanto nel calcolo contributivo l’importo della quota di pensione è determinato moltiplicando, difatti, il montante individuale dei contributi per il coefficiente di trasformazione inerente all’età dell’individuo specifico nel momento del suo pensionamento.

Dunque, dopo questa rapida lettura sull’argomento, ora non vi resta che attendere il conseguimento della maggiorazione contributiva, sempre ammesso che ne siate spettanti diritto, s’intende.

Riscatto servizio militare: come utilizzare i contributi ai fini INPS

Il periodo di servizio militare, sia obbligatorio che volontario, può essere scomputato ai fini INPS. Viene fatto su richiesta dell’interessato, ed ecco come.

Servizio militare: i contributi figurati

E’ possibile che un contribuente voglia scomputare degli anni ai fini pensionistici. E’ il caso del riscatto degli anni dedicati allo studio per la laurea, o del servizio militare. Secondo quanto riportato dall’INPS i periodi di servizio militare, sia volontario che obbligatorio, sono utili per la determinazione del trattamento pensionistico. Il servizio deve essere prestato nelle Forze Armate Italiane, compresa l’Arma dei Carabinieri. L’accredito dei contributi figurati può essere richiesto per i lavoratori iscritti:

  • nelle gestioni speciali di lavoratori autonomi
  • nell’assicurazione obbligatoria per i dipendenti;
  • nei fondi speciali di previdenza gestiti dall’Inps.

L’accredito può essere richiesto anche dai superstiti dell’assicurato o del pensionato deceduto. Anche se il decesso è avvenuto prima del 30 aprile 1969. Non si può usufruire di questi contributi, se il periodo è già stato considerato utile ai fini della concessione della pensione statale, o se a carico di altro trattamento pensionistico sostitutivo.

Servizio militare: accredito dei contributi

Esistono due periori contributivi che permettono l’accredito:

  • dopo il 30 giungo 1920, per i servizi di leva obbligatori o volontario, prestato sia durante la guerra che non;
  • il richiamo alle armi va anche considerato;
  • tra il 10 giungo 1940 e  il 15 ottobre 1946, arco di tempo relativo alla seconda guerra mondiale.

Devono anche essere accreditati i periodi in seguito al congedo, se rientrano in queste categorie di licenze:

  • coloniale;
  • di convalescenza senza assegni di infermità non dipendente da cause di servizio e di durata superiore a 30 giorni;
  • straordinaria per temporanea inabilità al servizio militare;
  • in attesa di abbreviazione di ferma;
  • illimitata o straordinaria senza assegni a condizione che nn sia stata concessa per motivi privati;
  • in attesa di nomina ad ufficiale di complemento;
  • di convalscenza anche se dovuta ad infermità non dipendente da cause di servizio;
  • immitato o straordinaria in attesa di disposizioni concesse nel corso e nel termine del secondo conflitto mondiale, incluse quelle relative a periodi successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943. Inoltre, sul foglio matricolare occorre che sia apposta la dicitura “militare considerato in servizio”.
  • speciale senza assegni di durata prestabilita, purchè non concessa per motivi privati, a domanda o in attesa di trattamento di quiescenza.

Come presentare la domanda?

L’accredit può essere richiesto anche dai supersisti dell’assicurato o del pensionato deceduto. Anche se il decesso è avvenuto prima del 30 aprile 1969. Non si può usufruire di questi contributi, se il periodo è già stato considerato utile ai fini della concessione della pensione statale, o se a carico di altro trattamento pensionistico sostitutivo.

  • in occasione della presentazione di una domanda di prestazione;
  • contestualmente alla domanda di pensione;
  • per richiedere l’aggiornamento del conto assicurativo, indipendentemente, dalla richiesta di prestazione.

La domanda può essere presentata telematicamente avvalendosi dei servizi messi a disposizione del cittadino sul sito www.inps.it. L’accesso al servizio deve essere fatto tramite il PIN univoco e identificativo rilasciato al momento dell’iscrizione. E’ possibile presentare domanda anche tramite telefono. In questo caso, si deve chiamare il numero verde 803164 se si chiama da rete fissa. Ma anche al numero 06164164 se si utilizza il cellulare. Il costo della chiamata è relativo al proprio gestore. Infine, è possibile rivolgersi anche ai patronati o a tutti gli intermediari dell’istituto.

Quale documentazione deve essere presentata?

Il richiedente deve presentare alcuni documenti. Il primo è una dichiarazione sostitutiva di certificazione per attestare l’avvenuto adempimento o meno degli obblighi già elencati. Sarà poi l’istituto di previdenza stesso a verificare quanto dichiarato presso il Distretto o Ufficio militare indicato dal richiedente.

Altri contributi figurativi utilizzabili

Oltre a quelli già descritti, ci sono dei contributi figurativi che sono considerati equiparati al servizio di leva. In questa categoria rientrano:

  • prigionia subita da militare o militarizzato;
  • servizio prestato nelle Forze armate austriache dal 1915 al 1920;
  • il riconoscimento della qualifica di partigiano;
  • internamento nei lager nazisti;
  • servizio prestato nel Corpo di Polizia dell’Africa Italiana;
  • servizio presso l’Unine nazionale protezioni antiaerea;
  • Milizia volontaria per la sicurezza nazionale;
  • vigili del fuoco con qualifica di ausiliario;
  • Pubblica sicurezza.

Inoltre rientrano anche il servizio militare volontario degli ex militari volontari dell’esercito, carabinieri o marina militare. Infine, fa parte anche il servizio civile prestato in paese in via di sviluppo. Ma anche servizi civile attivati dopo il primo gennaio 2006.

 

Pensione avvocati: aliquote, importi e requisiti

La pensione di vecchiaia, quella di anzianità e quella di vecchiaia contributiva, ma anche la pensione di inabilità. Sono queste, per quel che riguarda la pensione avvocati, le principali prestazioni previdenziali che sono corrisposte, al richiedente in possesso dei requisiti previsti, dalla cassa previdenziale di riferimento, ovverosia da parte della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.

Ma detto questo, per la pensione avvocati, quali sono le aliquote, gli importi ed i relativi requisiti? In particolare, per la pensione avvocati le aliquote, gli importi ed i requisiti variano in ragione del tipo di prestazione che, maturato il diritto, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense sarà chiamata ad erogare.

Requisiti pensione di vecchiaia avvocati ed integrazione al minimo

Nel dettaglio, per la pensione di vecchiaia avvocati, dal primo gennaio del 2021, servono 70 anni di età ed almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. Ma l’avvocato, nel rispetto del requisito di anni di effettiva iscrizione e di contribuzione alla Cassa, ha comunque la facoltà di anticipare il pensionamento al compimento del 65esimo anno di età.

L’importo della pensione di vecchiaia avvocati è dato dalla somma di due quote, la quota di base che è calcolata secondo il criterio retributivo, e la quota modulare che, invece, è calcolata secondo il criterio contributivo. Ed in ogni caso è prevista l’integrazione al trattamento minimo che è pari ad un importo annuo rivalutabile di 10.160 euro prendendo come base l’anno 2008.

Pensione di anzianità avvocati, i requisiti anagrafici e quelli contributivi

Per la pensione di anzianità avvocati, invece, a partire dall’1 gennaio del 2020 i requisiti anagrafici e contributivi con la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense sono i seguenti: 62 anni di età e 40 anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa. In questo caso la prestazione previdenziale viene erogata se e solo se, da parte dell’avvocato, si verifica la cancellazione dall’albo ed anche dall’albo speciale per il patrocinio.

Quando l’avvocato può accedere alla pensione di vecchiaia contributiva

Gli avvocati che, per la pensione di vecchiaia, rispettano il requisito dell’età anagrafica ma non quello dell’anzianità contributiva, possono comunque andare in pensione con la prestazione di vecchiaia contributiva nel rispetto di opportune condizioni. Nel dettaglio, servono almeno 5 anni di contribuzione e di effettiva iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.

E serve pure che l’avvocato, che vuole andare in pensione con la prestazione di vecchiaia contributiva, non si sia avvalso dell’istituto della ricongiunzione verso un altro ente previdenziale. Se questi requisiti sono rispettati, allora l’avvocato potrà chiedere ed ottenere la pensione di vecchiaia contributiva oppure potrà optare per la prosecuzione del versamento dei contributi al fine di raggiungere una maggiore anzianità o punta alla maturazione di requisiti per l’accesso a prestazioni pensionistiche di tipo retributivo.

I requisiti di accesso alla pensione di inabilità con la Cassa Forense

Se in modo permanente o totale, l’avvocato perde la capacità di esercitare la professione, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense può riconoscere all’avvocato pure la pensione di inabilità. Ma a patto che la malattia o l’infortunio siano sopravvenuti durante l’iscrizione alla Cassa con almeno 5 anni di iscrizione e di effettiva contribuzione, e che l’iscrizione sia stata continuativa a partire da una data anteriore al compimento, da parte dell’iscritto, dei 40 anni di età.

Pensione complementare: a chi conviene la pensione integrativa?

La pensione complementare o integrativa permette, al termine del proprio ciclo lavorativo, di percepire una prestazione previdenziale che è aggiuntiva rispetto alla pensione pubblica. La pensione integrativa, quindi, non è sostitutiva di quella pubblica che è obbligatoria, ma è aggiuntiva con l’obiettivo di avere, a livello economico, un miglior tenore di vita quando si andrà in pensione.

Inoltre, la pensione complementare offre il vantaggio di percepire una prestazione previdenziale anche quando il lavoratore, magari perché non ha mai versato contributi all’INPS, non matura il diritto all’accesso alla pensione pubblica. Ma detto questo, a chi conviene davvero la pensione integrativa?

Quando iniziare a costruire la propria pensione integrativa

Essendo quella integrativa una prestazione previdenziale da affiancare a quella pubblica, al fine di vivere poi da pensionati con serenità a livello economico, è chiaro che bisogna pensarci in tempo. In genere la scelta migliore è quella di iniziare a costruire la propria pensione integrativa quando iniziano ad essere versati i primi contributi all’INPS o ad altra cassa di appartenenza, e quindi in giovane età. Giusto per fissare le idee, per chi punta su un futuro sereno a lungo termine dovrebbe iniziare a costruire la propria pensione integrativa non più tardi dei 30 anni di età.

Previdenza integrativa con i fondi pensione: chi, come e quando

Per la pensione complementare occorre versare i contributi integrativi in un fondo pensione. Ci sono, tra gli altri, i fondi pensione che sono aperti a tutti, indipendentemente dal loro status lavorativo. Il che significa che anche coloro che non lavorano con un contratto a tempo indeterminato hanno la possibilità di accedere alla pensione integrativa con l’assegno che, a fine ciclo lavorativo, sarà proporzionale all’ammontare dei contributi versati e del rendimento di gestione anno dopo anno.

L’accesso alla pensione complementare, pur tuttavia, è ancor più vantaggioso per i dipendenti pubblici e privati che, in base ad accordi tra i sindacati e le associazioni datoriali, possono accedere ai cosiddetti fondi chiusi o negoziali. E questo perché il dipendente può conferire nei fondi chiusi il proprio trattamento di fine rapporto (TFR) anziché lasciarlo in azienda.

I Piani Individuali Pensionistici (PIP) tra gli strumenti per la previdenza complementare

Per coloro che non possono accedere ai fondi chiusi o negoziali, come sopra accennato, ci sono strumenti per la previdenza complementare che sono accessibili a tutti. Tra questi spiccano i PIP, ovverosia i Piani Individuali Pensionistici ai quali possono aderire, non a caso, pure coloro che non hanno attive delle posizioni previdenziali con il sistema pensionistico pubblico.

Per esempio, giusto per rendere l’idea, pure le casalinghe e di studenti possono sottoscrivere i Piani Individuali Pensionistici che, tra l’altro, sono degli strumenti previdenziali molto flessibili. E questo perché, nel costruirsi nel tempo la propria pensione integrativa, il contraente di un PIP può pure sospendere ed eventualmente riprendere il versamento dei premi prestabiliti.

Proposti dalle compagnie di assicurazione che sono abilitate ed autorizzate, sui Piani Individuali Pensionistici a vigilare, a tutela del risparmio che viene conferito liberamente dai sottoscrittori, è la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP).

Pensione anticipata in deroga: guida alle misure

Si parla di pensione anticipata, quando si accede a un trattamento pensionistico prima di aver raggiunto l’età che consente l’ottenimento della pensione di vecchiaia (67 anni fino al termine del 2022 per tutte le categorie di lavoratori che hanno maturato almeno 20 anni di contributi). In questo articolo ci siamo occupati delle pensioni anticipate in deroga, approfondendo misure e requisiti che lo permettono. Qui abbiamo trattato la pensione anticipata ordinaria.

Pensione anticipata, proroga opzione donna

Si tratta di un trattamento pensionistico introdotto dalla Legge Maroni del 2004, l’opzione donna è stata poi inserita nella Legge Fornero e più volte prorogata, l’ultima volta dalla Legge di Bilancio 2021. Attualmente, possono accedere alla pensione anticipata con opzione donna le lavoratrici che al 31 dicembre 2020 hanno maturato 35 anni di contributi e che hanno compiuto 58 anni nel caso di lavoratrici dipendenti, 59 anni se sono lavoratrici autonome.

Per questa tipologia di pensione anticipata è previsto il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno che, a differenza del computo con il sistema misto, ne provoca una decurtazione del 20-30% circa. La variabilità di questa percentuale dipende dall’età, dal tipo di carriera, dalla retribuzione e dalla contribuzione maturata dalla lavoratrice. La decorrenza avviene dopo 12 mesi di finestra per le lavoratrici dipendenti, che aumenta a 18 mesi per le lavoratrici autonome. Tuttavia, l’opzione donna non è considerata conseguita nel regime contributivo a tutti gli effetti, in quanto è possibile applicare l’integrazione al minimo.

Pensione anticipata, quota 100

Anche questo trattamento pensionistico è stato adottato in via sperimentale per tre anni (2019-2020-2021). Per quanto concerne l’età, il requisito per accedere a Quota 100 è aver compiuto 62 anni. Con riferimento ai contributi, non devono essere meno di 38 anni, inoltre, per tutti, sussiste il requisito dei 35 anni di contribuzione che non comprendono i contributi figurativi accreditata a copertura di periodi di malattia, infortunio o disoccupazione. Per raggiungere i 38 anni di contributi si possono cumulare i versamenti accreditati presso gestioni diverse, eccezion fatta per le casse professionali.

Come per Opzione donna, anche la pensione anticipata quota 100 fa ricorso alla presenza delle finestre. Per i dipendenti aziendali, professionisti ed enti privati, la decorrenza è di tre mesi. Per i dipendenti pubblici la finestra è di sei mesi, fanno eccezione i lavoratori del comparto Scuola e Afam, per i quali viene applicata la finestra annuale. Fino alla maturazione dei requisiti d’accesso alla pensione di vecchiaia, quota 100 non è cumulabile con i redditi dal lavoro autonomo o dipendente che sia svolto in Italia o all’estero. Sono esclusi i redditi da lavoro occasionale fino a 5.000 euro lordi all’anno, ma anche alcune tipologie specifiche reddituali.

Pensione anticipata, lavoratori precoci

Per i lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno versato almeno 12 mesi di contributi derivanti da lavoro effettivo prima del compimento del diciannovesimo anno di età, vi è la possibilità di accedere alla pensione anticipata con soli 41 anni di contributi.

I lavoratori precoci che possono accedere alla cosiddetta quota 41 sono quelli che rientrano in uno dei profili di tutela previsti anche per l’Ape sociale, ovvero: disoccupati, caregiver, invalidi, addetti alle mansioni gravose o usuranti.

Sono esclusi dal beneficio coloro che risultano privi di contribuzione al 31 dicembre 1995. La misura esclude la possibilità di cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione fino al teorico raggiungimento del requisito di accesso alla pensione anticipata ordinaria (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, un anno in più per gli uomini).
Per l’accesso alla misura è prevista una doppia domanda all’INPS, quella di riconoscimento del beneficio, da presentare nell’anno di raggiungimento del requisito contributivo entro il 1 marzo, e quella di pensione vera e propria. E’ richiesto, inoltre, il rispetto di una finestra di attesa di 3 mesi per la decorrenza del trattamento previdenziale dal raggiungimento dei requisiti di accesso.

Pensione anticipata, addetti ai lavori usuranti e notturni

Anche gli addetti ai lavori usuranti o ai turni notturni possono accedere alla pensione anticipata in deroga. E’ necessario avere almeno 61 anni e 7 mesi d’età, con una contribuzione minima di 35 anni, ma ci sono altri requisiti che il lavoratore deve avere maturato, validi fino al 31 dicembre 2026 (esclusi gli adeguamenti alla speranza di vita a questa data):

  • avere ottenuto quota 97,6 sommando l’età (minimo 61 anni e 7 mesi d’età) e i contributi (minimo 35 anni).

Per quanto concerne i lavoratori che svolgono turni notturni, le quote differiscono in base al numero di notti annue lavorate:

  • per almeno 78 notti sono necessari 35 anni di contribuzione e un’età di almeno 61 anni e 7 mesi, con il raggiungimento di quota 97,6;
  • tra 72 e 77 notti sono richiesti 35 anni di contributi e almeno 62 anni e 7 mesi d’età, con il raggiungimento di quota 98,6;
  • tra 64 e 71 notti sono necessari 35 anni di contribuzione e almeno 63 anni e 7 mesi d’età, con il raggiungimento di quota 99,6.

Se l’interessato è in possesso anche di contribuzione derivante da lavoro autonomo, i requisiti sono aumentati di un anno.

Pensione di anzianità in totalizzazione

Per accedere alla pensione di anzianità, il lavoratore ha la possibilità di cumulare la contribuzione versata in più gestioni, senza limiti d’età. Sono necessari 41 anni di contributi, l’attesa è però lunga, con una finestra di 21 mesi. Il richiedente non deve essere titolare di una pensione autonoma presso una delle gestioni prese in considerazione (non conta il diritto acquisito). Inoltre, la totalizzazione è possibile se l’aspirante pensionato non ha richiesto e accettato la ricongiunzione dei periodi assicurativi. Al raggiungimento dell’anzianità contributiva non possono concorrere i contributi figurativi per disoccupazione o malattia, tuttavia, se ne tiene conto per il calcolo pro-quota a carico delle diverse gestioni coinvolte.

Pensione anticipata a 64 anni

Gli aventi diritto al calcolo interamente contributivo del trattamento pensionistico, fino al 31 dicembre 2022 possono ottenere la pensione anticipata a 64 anni con almeno 20 anni di contribuzione effettiva (non sono inclusi i contributi figurativi) e un assegno di pensione di almeno 2,8 volte l’assegno sociale, ovvero 1288,78 euro al mese per il 2021. Possono accedere alla pensione anticipata contributiva coloro che non hanno contributi accreditati al 31 dicembre 1995 o che, pur possedendoli, hanno scelto per il computo dei contributi nella gestione separata dell’INPS.

Ape sociale

L’Ape sociale è un’indennità che accompagna il lavoratore dai 63 anni fino al raggiungimento d’età utile per accedere alla pensione di vecchiaia. Con l’ultima proroga, ne possono fruire tutti coloro che maturano i requisiti necessari fino al 31 dicembre 2020. Accedono al beneficio con almeno 30 di contribuzione: disoccupati, caregiver, invalidi al 74%, ma anche gli addetti alle mansioni gravose per cui, però, occorrono 36 anni di contributi. Le donne hanno diritto a una riduzione del requisito contributivo di un anno per ogni figlio, sino a un massimo di 2 anni.