Pensione, invalidità civile, pensione sociale, i nuovi importi

Con il Messaggio 4050 del 15 novembre 2023 l’Inps ha confermato che nella rata della pensione del mese di dicembre oltre ad essere corrisposte le somme della tredicesima, sarà corrisposto anche il conguaglio, generalmente versato nel mese di gennaio e gli arretrati del conguaglio stesso, naturalmente per 13 mensilità.

Pensioni, anticipo a dicembre della perequazione

A gennaio 2023 è stato riconosciuto un aumento delle pensioni pari al 7,3%, relativo all’inflazione registrata nel 2022 a titolo provvisorio. A titolo definitivo l’inflazione si è invece attestata all’8,1%, questo implica che i pensionati hanno diritto a un ulteriore importo a conguaglio pari allo 0.8% per ogni mensilità. Generalmente tali somme dovrebbero essere corrisposte a gennaio 2024.

L’anticipo della perequazione è previsto dall’articolo 1 del decreto-legge n. 145/2023, tuttavia, ha previsto che: “Al fine di contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per l’anno 2023 e sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche, in via eccezionale il conguaglio per il calcolo della perequazione delle pensioni, di cui all’articolo 24, comma 5, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, per l’anno 2022 è anticipato al 1° dicembre 2023”.

Gli importi della pensione a dicembre 2023

L’Inps nel Messaggio 4050 ha indicato anche i nuovi importi per le pensioni minime fissato a 567,94 , quindi i pensionati dovranno percepire la differenza tra quanto gli è stato versato e quanto dovrebbe essere versato. La perequazione viene effettuata al 100% per gli importi fino a 2.101,52, cioè 4 volte la pensione minima.

Cambiano gli importi anche per l’assegno di invalidità civile che avrà un aumento di 2,34 euro al mese per 13 mensilità, l’importo passa da 313,91 a 316,25, si tratta di un aumento di circa 30 euronell’assegno di dicembre.

L’assegno sociale passa invece da 503,27 euro a 507,03 con un aumento di 3,76 euro per 13 mensilità

Ricordiamo che nel mese di gennaio 2024 sarà corrisposto l’aumento degli assegni pensionistici, invalidità civile, assegno sociale con aumenti determinati in base all’inflazione provvisoria registrata per il 2023. Si dovrebbe trattare di un ulteriore 5% circa.

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Pensione a 74 anni, ecco a chi spetta e a quanto ammonta l’assegno

Il Consiglio Nazionale dei Giovani assieme a Eures. Ha elaborato le prospettive di pensione per chi inizia a lavorare oggi e purtroppo non sembra esservi spazio per le buone notizie, al netto del fatto che la vita media si allunga, si potrà andare in pensione a 74 anni. Ecco come sono realizzati i calcoli.

Ecco chi andrà in pensione a 74 anni

Mentre ancora si discute sulla riforma della pensione, o meglio si andrà probabilmente verso uno slittamento della riforma strutturale della pensione per ripiegare ancora una volta di Quota 103, arrivano novità per coloro che iniziano ora la carriera lavorativa.

In questo caso dsi procede a simulazioni e non è detto che tutte si verifichino in futuro, ma in realtà il quadro dipinto, sebbene non particolarmente festoso, appare essere abbastanza probabile.

L’età della pensione tende ad allungarsi e questo lo sappiamo, i fattori che incidono sull’età pensionabile sono diversi e tra questi, oltre al fatto che si vive sempre più a lungo, c’è anche la necessità di far quadrare i conti dell’INPS. Naturalmente tutti si chiedono, quando andrà in pensione? E il Consiglio Nazionale del Giovani ha elaborato un proprio calcolo.

Perché i giovani vanno in pensione a 74 anni?

Dichiara la presidente del Cng, Maria Cristina Pisani che la precarizzazione del mondo del lavoro con contratti discontinui che non consentono di avere una carriera lineare, le basse retribuzioni che spettano agli under 35 porta chi entra oggi nel mondo del lavoro a poter andare in pensione a 74 anni.

Le brutte notizie però non finiscono qui perché gli importi dell’assegno saranno piuttosto bassi. In effetti non si tratta di notizie del tutto nuove, infatti già da anni è incentivata l’adesione ai fondi pensionistici con l’obiettivo di creare una pensione integrativa. L’importo netto maturato dovrebbe essere di 1.099 euro. Va poco meglio per i lavoratori con partita Iva, infatti questi dovrebbero maturare un assegno pensionistico netto di 1.128 euro.

Naturalmente si auspica un intervento volto a tutelare i giovani che rischiano di avere in futuro una pensione troppo bassa per avere un tenore di vita dignitoso. Restano da sciogliere i noti inerenti i conti.

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Pensioni, Quota 96 al vaglio del Governo. È una strada percorribile?

Pensione in Tunisia, vantaggi fiscali e qualità della vita

Sono sempre più numerose le persone che, una volta maturato il diritto alla pensione, decidono di trasferirsi in mete, soprattutto esotiche, dove oltre ad avere un clima gradevole, arte e cultura riescono ad avere anche una tassazione bassa. Tra le mete che negli ultimi anni stanno riscuotendo sempre più successo c’è la Tunisia. Ma conviene davvero trasferirsi in Tunisia per avere una pensione più alta?

Tassazione in Tunisia, perché conviene vivere a pensione in Tunisia?

La Tunisia è una meta molto apprezzata da coloro che vogliono ricevere un assegno pensionistico più alto, infatti si trova a breve distanza dall’Italia, inoltre ad Hammamet c’è una comunità italiana con più di 4.000 persone. Il clima è mite e arte e cultura non mancano. Il legame con l’Italia è molto solido perché già dagli anni Novanta sono iniziati i trasferimenti di molte persone e questo ha portato il Paese in un certo senso ad adeguarsi e a creare servizi che siano in linea con gli standard italiani.

Veniamo ora alla tassazione, mentre in Italia il primo scaglione Irpef è al 23% e si aggiungono addizionali regionali e comunali. La Tunisia sta invece attuando una politica volta ad attirare nuovi residenti, ha stipulato inoltre una convenzione con l’Italia. Si prevede per chi arriva dall’estero un abbattimento della base imponibile, cioè viene tassato solo il 20% della pensione. Su questo 20% si applica una tassazione con aliquota al 20%. Con un ulteriore limite, infatti la tassazione globale non può superare il 5%. Appare evidente il notevole vantaggio economico per chi decide di trasferirsi dall’Italia.

Costo della vita in Tunisia

Ciò che rende la Tunisia una meta molto ambita è anche il costo della vita ridotto rispetto a quello italiano, ad esempio il costo delle utenze è inferiore rispetto a quello che si affronta in Italia. I carburanti costano circa la metà rispetto all’Italia, per i farmaci i prezzi risultano il 70% inferiori, i ristoranti sono particolarmente convenienti.

Questo vuol dire che con l’assegno pensionistico maturato in Tunisia si può ottenere una qualità della vita molto più alta. Tutti questi motivi hanno portato la Tunisia ad essere la meta principale dei pensionati che decidono di lasciare l’Italia, seguono Portogallo, Malta e Spagna.

Come trasferirsi in Tunisia

Al fine di poter usufruire delle tassazione della Tunisia è necessario trasferire la residenza nel Paese e risiedere nello stesso per almeno 6 mesi e un giorno, non è necessario che tale periodo sia continuativo.

Naturalmente occorre dimostrare di avere un luogo in cui stare, quindi un contratto di locazione oppure l’acquisto di un immobile. Tra gli adempimenti c’è anche l’apertura di un conto corrente intestato dove si riceverà l’assegno pensionistico. Infine, occorre eseguire l’iscrizione all’AIRE ( Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).

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Indennizzo cessazione attività commerciale, ecco chi può averlo

Hai deciso di chiudere il tuo negozio perché non riesci più ad avere buoni ricavi? In questo caso se ancora non hai maturato i requisiti per la pensione ci sono strumenti che possono accompagnarti fino a tale momento. Per chi ha chiuso un negozio tra il 1° gennaio 2022 e il 30 aprile 2023 c’è un’importante novità, torna infatti l’indennizzo per la cessazione delle attività commerciali. A renderlo noto è l’Inps con il Messaggio 1782 del 2023. Per le cessazioni successive a tale data è necessario attendere la ricognizione dei fondi. Ecco cosa prevede la disciplina dell’indennizzo per cessazione dell’attività commerciale.

Cos’è l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale?

Per il lavoratore dipendente in caso di perdita di lavoro, soprattutto se avviene in età avanzata, vi sono delle misure di welfare che accompagnano al pensionamento. Lo stesso principio si riconosce in favore dei commercianti.

L’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale è un contributo in favore dei titolari di attività commerciali cessate che però non abbiano ancora maturato i requisiti pensionistici. Introdotto per la prima volta con il decreto legislativo 207 del 1996 ed è rimasta in vigore fino al 2011. Di seguito vi è stata la cessazione del riconoscimento dell’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, nel 2014 è stato ripristinato fino al 2016 per essere poi nuovamente bloccato. Dal 2019 è ritornato in vigore in modo strutturale.

Il contributo mensile prende vita con il fondo autoalimentato dai commercianti attraverso una maggiorazione contributiva che dal primo gennaio 2022 è arrivata allo 0,48%. In passato l’aliquota era molto più bassa.

Possono richiedere l’indennizzo le attività commerciali al minuto con sede fissa, e attività svolte su aree pubbliche, anche itineranti.

L’indennizzo viene erogato a partire dal mese successivo rispetto alla presentazione dell’istanza di cessazione dell’attività e per tutto il periodo mancante rispetto al maturare i requisiti pensionistici. Per il 2023 è previsto che l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale abbia valore di 563,74 euro mensili.

Requisiti per ottenere l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale

Per ottenere l’indennizzo è necessario che si verifichino requisiti soggettivi e oggettivi. Per quanto riguarda i requisiti soggettivi è richiesto il compimento di 62 anni di età per le persone di sesso maschile e 57 anni di età per le persone di sesso femminile. Al momento della cessazione dell’attività è inoltre necessario aver maturato un’anzianità contributiva presso la Gestione speciale commercianti di 5 anni.

Dal punto di vista oggettivo per poter ottenere l’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale occorre aver cessato definitivamente il lavoro con riconsegna al Comune della licenza/autorizzazione e cancellazione dal registro di appartenenza presso la Camera di Commercio o dal Repertorio Economico e Amministrativo (REA).

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Meno partite Iva nel 2023, ma cosa sta succedendo?

Quattordicesima 2023: a chi spetta e a quanto ammonta?

La quattordicesima mensilità è una somma aggiuntiva versata sulla pensione nella mensilità di luglio. L’importo e la spettanza dipende dal reddito e in particolare sono determinati in base alla pensione minima. Naturalmente cambiando gli importi delle pensioni in base all’inflazione, cambia anche il limite dell’assegno mensile che consente di ricevere la quattordicesima mensilità. Vediamo quindi a chi spetta la quattordicesima 2023 e quanto percepiranno i pensionati.

Quattordicesima 2023: a chi spetta?

La quattordicesima mensilità è una somma aggiuntiva pagata sulle pensioni nel mese di luglio. Non spetta a tutti i pensionati, ma solo a coloro che hanno un reddito particolarmente basso e quindi è una sorta di aiuto per coloro che possono avere difficoltà economiche. La quattordicesima mensilità viene erogata a coloro che hanno un assegno pensionistico non superiore due volte al trattamento minimo. Fino al 2017 veniva erogata esclusivamente a coloro che avevano un trattamento pensionistico fino a 1,5 volte il minimo. Questo vuol dire che ogni anno deve essere rideterminato l’importo mensile che porta ad avere diritto a questa prestazione.
La pensione minima per il 2023 passa da 525,38 euro a 563,73 euro, il totale annuo è quindi pari a 7.328,49 euro, ma per coloro che hanno compiuto 75 anni di età l’importo minimo è di 597 euro. Questo implica che l’importo massimo di reddito annuo che può portare alla corresponsione della quattordicesima mensilità è di 14.657 euro annui.

Hanno diritto alla somma aggiuntiva coloro che percepiscono:

  • pensione di vecchiaia;
  • pensione di anzianità;
  • nuova pensione anticipata;
  • pensione superstiti;
  • pensione di invalidità ordinaria (IO) e inabilità.

La quattordicesima invece non spetta a percettori di:

  • invalidità civile,
  • pensione sociale o assegno sociale;
  • rendita inail;
  • pensione di guerra

Vi sono ulteriori limiti alla percezione della quattordicesima mensilità, infatti non viene erogata a coloro che hanno un’età pari o superiore a 64 anni.

A quanto ammonta la quattordicesima mensilità?

Gli importi della quattordicesima 2023 cambiano in base ai redditi percepiti dal pensionato.

In particolare per chi ha un reddito fino a 10.992,93 euro annui, quindi fino al limite di 1,5 volte il trattamento minimo gli importi sono:

  • 436,80 € per anzianità contributiva fino a 18 anni (15 per lavoratori dipendenti);
  • 546 € con anzianità contributiva tra i 18 anni e i 28 anni (da 15 a 25 anni per lavoratori dipendenti);
  • 655,20 € con anzianità superiore a 28 anni di contributi (oltre 25 anni per lavoratori dipendenti.

Per redditi fino a 14.657,24 euro gli importi previsti sono:

  • 336 euro per anzianità contributiva fino a 18 anni (15 anni per i lavoratori dipendenti);
  • 420 euro con anzianità contributiva compresa tra 18 e 28 anni (15-25 anni per i lavoratori dipendenti);
  • 504 euro con anzianità contributiva superiore a 28 anni ( 25 anni per i lavoratori dipendenti).

Come stabilito nella circolare Inps 130 del 2015, nel computo dei redditi che danno diritto alla percezione della quattordicesima mensilità 2023, non devono essere inseriti:

  • trattamenti di famiglia;
  • assegno di accompagnamento;
  • pensioni di guerra;
  • compensi arretrati sottoposti a tassazione separata;
  • tfr;
  • reddito della casa di abitazione;
  • indennità per i ciechi parziali e dell’indennità di comunicazione per sordi prelinguali;
  • indennizzo previsto della legge n. 210 del 25/02/1992;
    sussidi economici che comuni ed altri enti erogano agli anziani in difficoltà.

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Legge di bilancio 2023: chiusa la partita emendamenti, passa quello su iva pellet

Scaduto il termine per la presentazione degli emendamenti alla legge di bilancio 2023, ci sono importanti novità per quanto riguarda soprattutto gli emendamenti governativi. Ricordiamo  he, sebbene alcuni emendamenti siano passati, non è detto che rientrino nella versione definitiva finale.

Salvi solo 400 emendamenti alla legge di bilancio 2023

Nel momento in cui scade il termine per la presentazione degli emendamenti, il contenuto della legge di bilancio è in gran parte determinato perché vi sono già stati confronti e generalmente sono stati raggiunti accordi su quelli che sono stati i temi più caldi, anche quest’anno è andata allo stesso modo. Possiamo quindi vedere ora qual è il nuovo quadro. Inizialmente maggioranza e opposizione hanno presentato  3.000 emendamenti, 1.000 dichiarati inamissibili. Duemila emendamenti sono comunque tanti, ecco perché maggioranza e opposizione devono segnalare quelli principali e così si passa a 400 emendamenti, 200 della maggioranza e 200 dell’opposizione.

Fondi per le associazioni che aiutano i disabili e famiglie

Tra le proposte che hanno trovato spazio meritano menzione numerosi fondi in favore di associazioni che aiutano i disabili e le loro famiglie, tra cui anche all’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo .

Il Governo ha in queste ore fornito chiarimenti anche sull’emendamento che in teoria avrebbe dovuto bloccare il bonus 18app, lo stesso viene in realtà modificato probabilmente con l’inserimento del tetto Isee.

Legge di bilancio 2023: iva sul pellet, rivalutazione pensioni e Superbonus

Tra gli emendamenti supersegnalati che quindi hanno una certa priorità, c’è una buona notizia sul fronte riscaldamento, infatti tra questi favoriti c’è, presentato per l’ennesima volta, l’emendamento sulla riduzione dell’Iva sul pellet al 5%.

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Resta la partita della rivalutazione delle pensioni con Forza Italia che punta a 600 euro per le minime e la Lega che si oppone. La via di mezzo potrebbe essere l’aumento solo per gli over 75 con Isee basso per tutti gli altri rivalutazione a 570 euro.

Ancora non è sciolto il nodo del Superbonus infatti gli stessi partiti della maggioranza hanno proposto emendamenti per estendere la Cilas al 31 dicembre 2022, ma il Governo ha finora espresso parere negativo.

Emendamenti legge di bilancio su sgravi contributivi, Pos, limiti al contante

Tra le proposte di Forza Italia per la legge di bilancio 2023 c’è anche l’aumento degli sgravi contributivi per l’assunzione degli under 36.

Partita ancora aperta anche per quanto riguarda il Pos, infatti, si sta studiando la possibilità di abbassare il limite dell’obbligo di accettare i pagamenti con carta a 30 euro rispetto agli attuali 60 previsti nella legge di bilancio. Sembra invece finita la partita sul tetto all’uso del contante a 5.000 euro.

Modifiche potrebbero esservi alla disciplina prevista per la tassazione delle criptoattività, attualmente la norma è abbastanza confusionaria, e la tassazione dovrebbe essere al 26% con possibilità di versare il 14% sulle criptoattività detenute al 1 gennaio 2023 e non dichiarate. Ora si pensa di introdurre una tassazione al 14% per tutti.

Nessuna novità sembra esservi per il reddito di cittadinanza che resta quindi a 8 mesi per gli occupabili.

Tra le proposte saltate c’è anche l’aumento dell’età pensionabile per i medici in servizio presso il Servizio Sanitario Nazionale a 72 anni.

Cos’è il Bonus Maroni e chi può percepirlo? Le ultime novità

Negli ultimi giorni si sente sempre più spesso parlare di Bonus Maroni, ma di cosa si tratta e come funziona? E soprattutto: conviene avvalersene?

Cos’è il bonus Maroni?

Il Bonus Maroni nacque per la prima volta con la legge 243 del 2004, prende il nome dal suo ideatore, Roberto Maroni, recentemente scomparso, che in quella legislatura era Ministro del Lavoro. Il Bonus Maroni prevedeva la possibilità per i lavoratori di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro, ci troviamo comunque in un periodo in cui si andava in pensione molto prima rispetto ad oggi. Allora, come oggi, l’obiettivo era risparmiare sulle spese previdenziali attraverso un incentivo al lavoratore a non lasciare l’impiego. L’incentivo era giustamente una busta paga più pesante attraverso una riduzione degli oneri previdenziali, cioè i contributi Inps a carico del lavoratore. Questi ammontano a circa il 9,19% dello stipendio lordo.

Conviene il Bonus Maroni?

C’è però una particolare penalizzazione perché, a fronte di uno stipendio più alto, di fatto non vengono più versati i contributi pensionistici al lavoratore e di conseguenza la pensione non aumenta più. Questo implica che di fatto ciò che si ha in busta paga mensilmente per il lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui si potrebbe andare in pensione e vi si rinuncia e il periodo in cui effettivamente si va in pensione, si perde successivamente al momento del pensionamento che avviene con un assegno più leggero.

La perdita in realtà potrebbe essere più elevata, infatti tra il periodo in cui maturano i requisiti pensionistici e quello in cui effettivamente si va in pensione generalmente non intercorre molto tempo, massimo qualche anno, ma con un’aspettativa di vita alta, si perdono importi rilevanti sulla pensione per il resto della vita.

Perché oggi si parla di nuovo di Bonus Maroni?

Oggi si parla nuovamente del Bonus Maroni per un motivo semplice, infatti la manovra di bilancio prevede una nuova applicazione di questa misura. Coloro che quindi maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103, ma decidono di restare a lavoro, ricordiamo età minima 62 anni e almeno 41 anni di contributi, possono avere la decontribuzione Inps corrisposta quindi in busta paga. In cambio ricevono circa il 10% in più in busta paga, ma congelano la pensione futura.

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Opzione Uomo: la riforma della pensione con assegno tagliato

Tra i nodi che deve sciogliere il prossimo Governo c’è la riforma delle pensioni. Dal primo gennaio infatti torna in vigore la legge Fornero con tutta la sua rigidità e vengono meno gli scivoli pensionistici come Quota 102. Tra le ipotesi allo studio c’è Opzione Uomo, cioè la versione maschile di Opzione Donna. Ecco cosa dovrebbe prevedere.

Quota 102, Opzione Donna e Opzione Uomo: i conti tornano?

Il primo gennaio 2023, se non si introduce un nuovo scivolo pensionistico, decadono Quota 102, che consente di andare in pensione raggiungendo la quota 102 tra anni di contributi e anni di età, e Opzione Donna. Rientrerebbe in vigore in modo secco la Legge Fornero che non consente di andare in pensione prima dei 67 anni di età. Naturalmente questo spaventa tutti coloro che sono vicini all’età della pensione e vorrebbero uscire dal mondo del lavoro prima dei 67 anni di età. Fin dalle prime battute della campagna elettorale il centro destra aveva però promesso il superamento della legge Fornero. Proprio per questo Giorgia Meloni, oltre ad essere in affanno nel cercare un equilibrio tra i vari partiti riconoscendo incarichi e ministeri, sta cercando di disegnare le possibili riforme, naturalmente conti alle mani.

Abbiamo già detto che tra le ipotesi vi è un taglio di circa 1/3 dei fondi destinati al reddito di cittadinanza. Ma gli occhi sono puntati sulla riforma delle pensioni.

Come dovrebbe funzionare Opzione Uomo?

Secondo quanto emerge dalle indiscrezioni trapelate, l’ipotesi allo studio sarebbe una riforma con possibilità di pensionamento a 58-59 anni, ma con almeno 35 anni di contributi e calcolo della pensione con il solo sistema contributivo. Opzione Uomo, così come descritta, porterebbe a una riduzione drastica dell’assegno che invece potrebbe maturare con un sistema misto contributivo/retributivo.

Secondo le prime stime la riduzione dell’importo percepibile oscillerebbe tra il 13% e il 30%.

Il taglio degli importi diventa essenziale, infatti le stime dicono che la spesa per le pensioni nel 2022 è stata di i 297,3 miliardi, si prevede un aumento fino a 320,8 miliardi nel 2023. Questo vuol dire che potrebbe essere difficile per Meloni trovare la copertura per Opzione Uomo e Opzione Donna. Forse potrebbe invece costare meno la Quota 41 ipotizzata da Matteo Salvini. Con questa misura la pensione di vecchiaia resterebbe fissata a 67 anni, mentre coloro che hanno maturato almeno 41 anni di contributi possono uscire dal mercato del lavoro senza limiti di età.

Pignoramento: come evitarlo senza commettere reati

Il pignoramento è un atto che piace a davvero poche persone, o forse a nessuno, ma può essere evitato senza cadere nell’illecito? Ecco qualche possibile soluzione da attuare prima della notifica dell’atto.

Tipologie di esecuzione forzata sui beni del debitore

Il pignoramento è una procedura messa in atto quando vi sono debiti insoluti e di conseguenza il creditore che possa dimostrare di vantare un credito, chiede all’autorità giudiziaria di emettere un atto di esecuzione sui beni del debitore. Si ha quindi il pignoramento, che può avvenire su diverse tipologie di beni (ad esempio su beni immobili quali abitazioni o terreni, oppure su beni mobili come l’auto, infine è possibile il pignoramento presso terzi, cioè avente ad oggetto i crediti che il debitore a sua volta vanta da terzi). Il creditore solitamente cerca vie brevi, ecco perché spesso si richiede il pignoramento del conto corrente oppure il pignoramento dello stipendio/pensione. Il pignoramento del conto corrente rappresenta il caso classico di pignoramento presso terzi. Vi sono però dei metodi per evitare in modo del tutto legale questa procedura.

Come evitare il pignoramento del conto corrente

I pignoramento del conto corrente e dello stipendio hanno comunque dei limiti, infatti possono essere pignorate le somme eccedenti 3 volte la misura prevista per l’assegno sociale, mentre per lo stipendio il tetto massimo è 1/5.  Per quanto riguarda la pensione, il tetto è stato portato a 1.000 euro.

Un conto corrente in rosso non può essere pignorato. Proprio per questo il primo consiglio è quello di spostare i fondi su un conto corrente intestato a un’altra persona, ad esempio un genitore o un amico fidato. Naturalmente è bene prestare attenzione perché la movimentazione di somme importanti potrebbe destare sospetti. In questi casi è importante, affiancare il trasferimento delle somme a una scrittura privata in cui le parti si accordano sulla titolarità delle somme. Lo spostamento deve avvenire prima che il provvedimento sia notificato.

Leggi anche: Pignoramento: cosa succede se prelevo dal conto corrente pignorato?

Un’altra soluzione sarebbe quella di chiedere alla banca di aprire una linea di credito che preveda la detenzione di una determinata somma di denaro, in questo modo l’ammontare della linea di credito non può essere aggredita dai creditori. Si tratta di una soluzione dispendiosa, consigliata soprattutto alle imprese che hanno l’esigenza primaria di avere liquidità.

Infine, è possibile chiedere alla banca di emettere in favore della persona soggetta a pignoramento assegni circolari. In questo caso le somme del conto sono disponibili su assegni, il conto risulta in rosso e gli assegni possono essere utilizzati per avere liquidità.

Naturalmente il consiglio migliore è cercare di avere un buon rapporto con i creditori e stabilire un piano di ammortamento del debito dilazionato nel tempo, oppure se si ritiene che il pignoramento non sia giustificato, si può contestare l’atto.

Accertamento di esistenza in vita, partono i controlli INPS

Con il Messaggio 3286 del 6 settembre 2022 l’INPS ha reso noto che dal giorno 14 settembre parte l’accertamento di esistenza in vita dell’INPS. Questa fase saà conclusa entro il 12 gennaio 2023. In caso di esito negativo l’assegno di marzo non sarà pagato. Ecco chi deve effettuare la comunicazione.

Accertamento esistenza in vita INPS: i Paesi interessati

L’Inps ogni anno avvia la campagna di accertamento di esistenza in vita per i pensionati italiani che vivono all’estero. Si tratta della seconda fase dei controlli per il biennio 2022-2023. La prima fase era stata annunciata con il Messaggio 4659 del dicembre 2021 e aveva riguardato i pensionati residenti nel Continente americano, Asia, Estremo Oriente, Paesi scandinavi, Stati dell’Est Europa e Paesi limitrofi.

La seconda fase invece prenderà il via il 14 settembre 2022 e riguarderà i pensionati residenti in Europa, Africa e Oceania, a esclusione dei Paesi Scandinavi e dei Paesi dell’est Europa già interessati dalla prima fase.

Le fasi dell’accertamento di esistenza in vita

L’accertamento di esistenza in vita sarà gestito da Citibank NA che curerà la spedizione delle richieste di attestazione di stato in vita nei confronti dei pensionati italiani residenti all’estero. Il modulo dovrà essere consegnato compilato alla Citibank NA seguendo le modalità indicate nella comunicazione stessa. Tale adempimento deve essere eseguito entro il 12 gennaio 2023, in caso contrario l’INPS provvederà ad erogare la prestazione del mese di febbraio 2023 in contanti presso le agenzie Western Union del Paese di residenza, se possibile. In caso di mancata riscossione personale dell’assegno pensionistico tramite le agenzie, o mancata presentazione dell’attestazione di esistenza in vita, entro il 19 febbraio 2023 dal mese di marzo 2023 sarà sospesa l’erogazione del trattamento pensionistico.

Inoltre l’INPS rende noto che, al fine di evitare l’indebita percezione di assegni pensionistici da parte di persone non più in vita, indipendentemente dall’accertamento di esistenza in vita “alcuni gruppi di pensionati potranno essere interessati dalla verifica generalizzata dell’esistenza in vita indipendentemente dalla propria area geografica di residenza o domicilio, quali, ad esempio, i beneficiari di pensioni di nuova liquidazione non compresi nella prima fase dell’accertamento”. In questo modo si riducono i rischi derivanti dalla necessità del recupero di somme indebitamente percepite.

Soggetti non sottoposti a controllo

L’accertamento di stato in vita non viene effettuato nei confronti di pensionati residenti in Paesi con i quali vigono accordi di scambi di informazioni, ad esempio Germania e Svizzera, pensionati residenti in Belgio che beneficiano di trattamenti pensionistici comuni con il Service fédéral des Pensions (SFP) e i pensionati che riscuotono personalmente agli sportelli delle Agenzie Western Union.

In fondo all’articolo è possibile scaricare i moduli fac simile, gli stessi sono redatti in doppia lingua, cioè l’italiano e la lingua del Paese di destinazione in modo da facilitare la comunicazione.

Messaggio_numero_3286_del_06-09-2022

Allegato 1

Allegato 2

Allegato 3