Si può continuare a lavorare se si va in pensione con quota 102?

Si potrebbe continuare a lavorare nel caso in cui si vada in pensione con la nuova quota 102? La richiesta, per svariati versi, ricalca ciò che successe con la quota 100. Ovvero, la possibilità di continuare a lavorare e, dunque, di cumulare redditi da lavoro con redditi da pensione è circoscritta a specifiche situazioni e condizioni da rispettare. In mancanza di queste condizioni, il neopensionato dovrebbe rinunciare a eventuali contratti di lavoro. La rinuncia riguarda anche i casi di iscrizione alla gestione separata. O per i rapporti di collaborazione. Nel momento in cui si effettui la domanda di pensione per quota 102 è necessario non avere attività lavorative alle dipendenze o autonome in essere.

Quando un neo-pensionato con quota 102 può continuare a lavorare?

Un contribuente che va in pensione con quota 102 (analogamente a quanto avviene con la quota 100) può continuare a lavorare a determinate condizione. Ovvero, può cumulare il reddito da lavoro con quello da pensione solo nel caso in cui svolga un lavoro autonomo occasionale. L’importo massimo ammesso di reddito lordo annuo dall’attività lavorativa occasionale è pari a 5.000 euro.

Cosa succede se il lavoratore occasionale supera il tetto dei 5.000 euro nel caso di pensione a quota 102?

Il pensionato con quota 102 che dovesse svolgere un lavoro autonomo occasionale e sforare il tetto di reddito da lavoro di 5 mila euro, andrebbe incontro all’incumulabilità della pensione con il reddito da lavoro. Secondo quanto prevede il comma 87 alle lettere b) e c) dell’articolo 1, della legge numero 234 del 2021 (legge di Bilancio 2022) che modifica il comma 1, dell’articolo 14, del decreto legge numero 4 del 2019, in tal caso il lavoratore occasionale, nonché percettore di pensione con quota 102, potrebbe andare incontro alla sospensione del trattamento pensionistico.

Cosa deve fare il lavoratore per andare in pensione con quota 102?

Ai fini dell’andata in pensione con quota 102, il contribuente deve cessare il rapporto di lavoro alle dipendenze prima di presentare domanda di pensione. Per la stessa finalità, ai lavoratori autonomi non è richiesta la cessazione dell’attività. Ovvero, il lavoratore autonomo non deve procedere con la cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi, oppure cancellare l’iscrizione camerale, o dagli albi professionali o chiudere la partita Iva. Rimane, tuttavia, sottinteso che il conseguimento della pensione a quota 102 comporta l’incompatibilità della stessa con il continuare a svolgere l’attività lavorativa autonoma, se non meramente occasionale.

Sospensione del pagamento della pensione con quota 102 in caso di incumulabilità con i redditi da lavoro

Il pagamento della pensione da quota 102 è sospeso nell’anno nel quale siano stati percepiti redditi da lavoro:

  • da attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale;
  • per sforamento di redditi da lavoro del tetto dei 5 mila euro nel caso di svolgimento di attività autonoma occasionale;
  • nei mesi dell’anno precedenti a quello nel quale si compiano i 67 anni di età richiesti per la pensione di vecchiaia.

Quando l’attività lavorativa è cumulabile con la pensione a quota 102

A titolo di esempio, se un contribuente maturi il diritto alla pensione con quota 102 a giugno 2022 (64 anni di età e almeno 38 anni di contributi) e compia l’età della pensione di vecchiaia a giugno 2025, possono presentarsi vari casi di cumulabilità di lavoro e redditi da pensione. Ad esempio, se il contribuente percepisce da giugno a dicembre del 2022 reddito per attività di lavoro svolta da gennaio a maggio del 2022, l’attività lavorativa è compatibile con la pensione a quota 102 a partire da giugno perché l’attività lavorativa è stata svolta in un periodo antecedente la decorrenza della pensione. Diversamente, se l’attività lavorativa viene svolta da giugno a dicembre 2022, in concomitanza con la decorrenza della pensione a quota 102, vi è incumulabilità dei redditi.

Cosa deve fare il contribuente per svolgere l’attività occasionale in caso di pensione a quota 102?

Lo svolgimento dell’attività occasionale compatibile con la pensione a quota 102 necessita di una dichiarazione del lavoratore. Infatti, ai fini dell’accertamento della cumulabilità dei due redditi, il lavoratore deve darne comunicazione all’Inps. La comunicazione accerta che il lavoratore svolge solo attività occasionali dell’importo annuale lordo non eccedente i 5 mila euro. Nel caso di accertamento di incumulabilità di redditi da lavoro e redditi da pensione con quota 102, l’Inps:

  • sospende il trattamento di pensione;
  • recupera le mensilità corrisposte con riferimento all’anno nel quale ha pagato rate di pensione incompatibili con il reddito da lavoro.

Pensione di vecchiaia, come cambia l’età di uscita dal 2022 al 2030

Arrivano novità sull’età di uscita della pensione di vecchiaia. Nei giorni scorsi, infatti, sono state rese note le proiezioni della Ragioneria generale dello Stato in merito alla speranza di vita e alla possibilità che il requisito anagrafico della pensione di vecchiaia rimanga congelato fino al 2026. Il che significa che, per andare in pensione, serviranno 67 anni di età, unitamente a 20 anni di contributi, fino al 31 dicembre 2026. Poi l’età della pensione continuerà a salire ogni due anni.

Pensione di vecchiaia, età bloccata sicuramente a 67 anni fino al 31 dicembre 2024

La novità sulle pensioni di vecchiaia arriva dal Documento sulle tendenza del medio e del lungo periodo del sistema pensionistico, sociale e sanitario della Ragioneria Generale dello Stato. Il rapporto sintetizza l’andamento della speranza di vita e dei requisiti necessari per andare in pensione. Tali requisiti dovrebbero rimanere costanti anche nel biennio del 2025 e del 2026. Infatti, proprio nelle scorse settimane l’età della pensione di vecchiaia era stata confermata a 67 anni anche negli anni 2023 e 2024. Tale conferma è arrivata dal decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 ottobre 2021, poi reso operativo dall’Inps con la circolare numero 28 del 18 febbraio 2022. In base a quanto stabilito dal ministero, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà congelata a 67 anni fino al 31 dicembre 2024.

Pensioni di vecchiaia nel biennio 2025 e 2026: ecco le tendenze della speranza di vita che fanno pensare al blocco età

Il congelamento dell’età della pensione di vecchiaia anche oltre il 2024 dovrà risultare dalle tendenze demografiche e della speranza di vita che verranno rilevate e confermate nei prossimi anni. Ad oggi, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato costituisce una base solida per le proiezioni della speranza di vita. Il congelamento anche al 2025 e 2026 dell’età di uscita per la pensione deriverebbe dall’entrata nel calcolo della speranza di vita degli anni 2020 e 2021, segnati dal cambio di tendenza della mortalità a causa della pandemia da Covid-19.

Pensione di vecchiaia, a che età si potrà uscire da lavoro dal 2027 al 2030?

Per effetto del Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato, dunque, l’età della pensione di vecchiaia dovrebbe tornare a salire solo a partire dal 1° gennaio 2027. E dovrebbe tornare ad aumentare ogni due anni a seconda delle stime sulla speranza di vita osservate nei prossimi anni. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto nei giorni scorsi, l’età della pensione di vecchiaia rimarrà costante fino al 31 dicembre 2026 a 67 anni. Poi, nei due anni del 2027 e 2028 dovrebbe salire di 2 mesi, decretando l’età di uscita a 67 anni e due mesi. Più consistente sarebbe l’aumento nel 2029 e 2030, quando si accederà alla pensione di vecchiaia all’età di 67 anni e 5 mesi, con un aumento di tre mesi.

Pensioni di vecchiaia, le proiezioni della Ragioneria Generale dello Stato negli anni dal 2030 al 2065

Peraltro, la Ragioneria Generale dello Stato ha stimato anche l’aumento dell’età per la pensione di vecchiaia nei decenni successivi al 2030. Per effetto delle stime pubblicate nel rapporto, per andare in pensione occorrerà l’età di:

  • 68 anni e due mesi a partire nel 2035;
  • 68 anni e sei mesi nel 2040;
  • 69 anni nel 2045;
  • 69 anni e 4 mesi nel 2050;
  • 69 anni e 9 mesi nel 2055;
  • 70 anni nel 2060;
  • 70 anni e 4 mesi nel 2065.

Pensioni anticipate, quanti anni di contributi serviranno per uscire da lavoro fino al 2026?

Se l’età della pensione di vecchiaia è ancora in bilico nel biennio 2025-2026, per la pensione anticipata fino al 31 dicembre 2026 serviranno:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.

Il blocco dei requisiti contributivi, a prescindere dell’età di uscita da lavoro, è stato decretato dal provvedimento numero 4  del 2019. Si tratta del decreto che ha istituito la quota 100. Per effetto del provvedimento, dunque, i contributi per le pensioni anticipate rimarranno congelati ancora per oltre quattro anni.

Pensione anticipata, come cambieranno i contributi per uscire da lavoro dal 2027?

Solo a partire dal 1° gennaio 2027 potranno cambiare gli anni di contributi richiesti per le pensioni anticipate. In particolare, il Documento della Ragioneria Generale dello Stato stima gli aumenti dei bienni:

  • 2027 e 2028: 43 anni di contributi per gli uomini, 42 per le donne;
  • 2029 e 2030: 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini, 42 anni e 3 mesi per le donne;
  • 2035: 44 anni di contributi per gli uomini, 43 anni per le donne;
  • 2040: 44 anni e 4 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 4 mesi per le donne;
  • 2045: 44 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 43 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2050: 45 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 2 mesi per le donne;
  • 2055: 45 anni e 7 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 7 mesi per le donne;
  • 2060: 45 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 44 anni e 10 mesi per le donne;
  • 2065: 46 anni e 2 mesi di contributi per gli uomini, 45 anni e 2 mesi per le donne.

Leggi anche sullo stesso argomento: La riforma delle pensioni perfetta: ecco come sarebbe

Pensione 2022: 5 o 7 anni prima, anche senza limiti di età, tre vie possibili

Andare in pensione subito, nel 2022, con ben 5 anni di anticipo rispetto a pensioni di vecchiaia e pensioni anticipate è un autentico sogno per milioni di lavoratori. Ma per molti di essi potrebbe tramutarsi in realtà. Anzi, per alcuni potrebbe scattare anche una ipotesi ancora maggiormente favorevole. Infatti la pensione potrebbe arrivare addirittura con 7 anni di anticipo.

Parliamo degli scivoli, cioè di quegli strumenti che permettono ai lavoratori in accordo con l’azienda, di anticipare la pensione con assegno in gran parte a carico delle aziende stesse. Anche in materia previdenziale quindi, diventa importantissimo il ruolo del datore di lavoro. E si tratta di misure che mai come adesso sembrano riscuotere interessa per via della fase in cui è arrivato il sistema previdenziale, ormai alle porte di una riforma che rischia di essere ancora peggiore dell’attuale legge Fornero.

Come lasciare il lavoro e andare in pensione prima con l’aiuto del datore di lavoro

Le opzioni di pensionamento anticipato non mancano nemmeno nel 2022, nemmeno dopo la chiusura di quota 100. E non si parla solo di quelle misure che la legge di Bilancio ha introdotto come la quota 102. E nemmeno di misure che la stessa manovra finanziaria ha prorogato ed in alcuni casi potenziato come l’Ape sociale o opzione donna. Parliamo degli scivoli aziendali, opzioni che tirano dentro sempre di più il datore di lavoro.

Esistono tre scivoli che permettono di andare in pensione prima per il tramite di una intesa  fra azienda e sindacati. Mandare in pensione 5 anni prima il personale, sempre che ci sia adesione da parte dei lavoratori interessati è quello che consentono questi scivoli. Nello specifico la misura si chiama contratto di espansione.

Il contratto di espansione, guida allo strumento di pensione anticipata

Con il contratto di espansione  l’interessato può ottenere una indennità di importo pari alla pensione che ha maturato al momento dell’uscita. SI tratta di una indennità mensile pagata dall’azienda fino al raggiungimento della vera e propria pensione, quindi per 5 anni se il lavoratore esce a 62 anni di età e deve attendere i 67 anni della pensione di vecchiaia.

Ma può uscire anche prima dei 62 anni, o meglio, senza limiti di età se si trova a 5 anni dal completamento dei 42 anni e 10 mesi di contributi utili alla pensione anticipata (per le donne 41 anni e 10 mesi). In questo caso l’azienda o il datore di lavoro in genere, oltre a versare l’indennità, versa pure la quota mancante di contributi da versare per raggiungere quelle soglie prima citate relative alle pensioni anticipate.

Per l’azienda in materia di contratti di espansione vige l’obbligo di assumere un nuovo addetto ogni tre rientranti nello scivolo. Inoltre ad addolcire l’esborso la possibilità di sfruttare i due anni di Naspi teoricamente spettanti ai lavoratori interessati dallo scivolo.

Isopensione, in pensione anche sette anni prima

L’isopensione, che viene definito pure contratto di esodo consente ai lavoratori di anticipare la pensione anche di 7 anni. Anche in questo caso i 7 anni sono quelli che mancano ai lavoratori o per la pensione di vecchiaia (almeno 67 anni di età e 20 di contributi) o per quella anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini o 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne).

In ogni caso l’azienda deve versare oltre all’assegno di accompagnamento alla pensione, pure i contributi previdenziali dovuti per tutta la durata dello scivolo. Utilizzabile da imprese con più di quindici addetti.

Assegno straordinario per il tramite dei fondi bilaterali

Un’altra misura che rientra di diritto in quelli che comunemente sono definiti scivoli aziendali è l’asegno straordinario. Anche in questo caso si tratta di uno scivolo di accompagnamento alla pensione,  sia per le quiescenze di vecchiaia che per le quiescenze anticipate.

L’assegno straordinario ha una durata massima di 5 anni ed è pagato tramite l’utilizzo dei cosiddetti fondi di solidarietà bilaterale. Non è una possibilità generica ma vale solo per i settori lavorativi dove sono attivi questi fondi bilaterali. Anche per l’assegno straordinario l’azienda oltre a versare l’indennità mensile di accompagnamento alla pensione versano pure i relativi contributi previdenziali fino alla data di effettivo pensionamento.

Pensioni subito, senza riforme o quote, ecco come per i nati fino al 1965

Il Mattarella bis, la rielezione del Presidente della Repubblica, per altri 7 anni (sempre che non si interrompa prima) avrà impatto pure sulle pensioni. Questo è inevitabile, almeno secondo gli esperti. Che sostengono anche che la conferma di Sergio Mattarella al Quirinale salvaguarda la riforma delle pensioni.

Quale non si sa, anche perché i tecnici che sostengono questo, non dicono che oggi una riforma delle pensioni non esiste, non è nemmeno allo stato embrionale. Certo, se si considera riforma il semplice fatto che alcune proposte sono finite sul tavolo di governo e sindacati, la situazione è davvero grave.

Per questo meglio guardare al presente, a ciò che offre il sistema previdenziale, con le misure di oggi che a dire il vero non sono poche. E tante di queste misure permettono uscite anticipate senza fronzoli, senza ipotetiche riforme, senza quelle quote a cui da tre anni siamo abituati (quota 100 prima e quota 102 adesso). Misure che potrebbero, se capite bene, portare alla pensione una vasta platea di lavoratori, fino ai nati nel 1965.

Pensione fino a i nati nel 1965

Il dossier pensioni, cioè il lavoro di riforma, è fermo agli ultimi incontri  governo-sindacati. Alcune ipotesi ci sono, e riguardano la flessibilità in uscita. Qualcuno ha avanzato il progetto di completare il quadro entro la primavera, con il Documento di economia e finanza. Probabilmente tutto si risolverà, o non si risolverà, nella prossima legge di Bilancio.

Nel frattempo, chi vorrebbe lasciare il lavoro, non può non guardare alle misure vigenti. E gioco forza bisogna partire dalla pensione anticipata ordinaria. Misura che per dote contributiva richiesta, riguarda lavoratori che hanno avuto carriere lunghe e durature, possibilmente iniziate da giovani.

La misura per gli uomini si centra, senza limiti di età con 42 anni e 10 mesi di contributi versati. Per le donne invece servono 41 anni e 10 mesi. La pensione anticipata ordinaria ha sostituito la pensione di anzianità dopo la riforma delle pensioni del governo Monti, quella targata Elsa Fornero. In definitiva, nel 2022 possono uscire con la pensione anticipata ordinaria i lavoratori che hanno:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi versati per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi di contributi versati per le donne;
  • 35 anni di contribuzione effettiva (senza i figurativi da disoccupazione o malattia).

Pensione ai precoci, l’età non conta, basta la carriera

Simile alla pensione anticipata ma limitata come platea c’è la quota 41. Misura destinata ai precoci, che hanno iniziato a lavorare piuttosto giovani. E poi destinata solo a determinate categorie, cioè disoccupati, invalidi, caregivers e lavori gravosi. In definitiva:

  • 41 anni di contribuzione;
  • 35 anni di contribuzione effettiva (senza i figurativi da disoccupazione o malattia);
  • Almeno 1 anno di contributi antecedente i 19 anni di età, anche discontinui.

In estrema sintesi, grazie alla quota 41 chi ha iniziato a lavorare intorno ai 16 anni può pensionarsi già intorno ai 57 anni, cioè pure i nati nel 1965.

La pensione anticipata per i contributivi

Non si può non considerare pure la misura di pensionamento anticipata per i contributivi. Persone che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, vengono chiamati comunemente contributivi puri. In pratica, sono lavoratori che non hanno carriera in epoca retributiva.

Per loro non ci sono problemi di calcolo della pensione o di sistema da applicare. Infatti rientrano in pieno nel metodo contributivo. La pensione per questi lavoratori si centra con:

  • Almeno 64 anni di età;
  • Almeno 20 anni di contributi versati;
  • Assenza di contributi versati, a qualsiasi titolo, prima del 1° gennaio 1996;
  • Pensione pari ad almeno 2,8 volte l’assegno sociale (1.310 euro circa al mese al lordo delle tasse).

Ape sociale e Opzione donna, pensioni anticipate confermate nel 2022

Altre misure che certamente possono servire senza dover per forza auspicare una riforma radicale del sistema, sono Opzione donna e l’Ape sociale. Anche in questo caso parliamo di misure a platea circoscritta. Opzione donna si centra con:

  • Almeno 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti;
  • Almeno 59 anni di età per le lavoratrici autonome;
  • Non meno di 35 anni di contributi.

Per l’Ape sociale invece, la pensione riguarda le stesse categorie di quelle a cui è destinata la quota 41. Solo per i lavori gravosi, la platea degli interessati all’Ape sociale rispetto alla quota 41 è più vasta. Infatti per il 2022 i lavori gravosi per l’Ape sociale sono stati estesi a diverse altre categorie oltre le 15 inizialmente previste quando l’Anticipo pensionistico sociale e la quota 41 nacquero. Questo è il frutto del lavoro della commissione per i lavori gravosi incaricata dal Ministero del Lavoro di trovare quali e quante attività sono meritevoli di tutela in base agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali.

L’Ape sociale si centra con:

  • Almeno 63 anni di età;
  • Almeno 30 anni di contributi versati per caregivers, invalidi e disoccupati;
  • Solo per edili e ceramisti almeno 32 anni di contributi versati;
  • Almeno 36 anni di contributi per gli altri lavori gravosi.

Pensioni di vecchiaia anticipate per invalidi

Una misura davvero particolare e piuttosto vantaggiosa è la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità pensionabile. Chi viene riconosciuto invalido almeno all’80% da parte della commissione medica dell’Inps può avere accesso alla quiescenza diversi anni prima dei 67 anni e lo può fare anche nel 2022.

La pensione di vecchiaia anticipata si centra con:

  • Almeno 61 abbi di età per gli uomini;
  • Almeno 56 anni di età per le donne;
  • Minimo 20 anni di contributi versati;
  • Invalidità pensionabile pari ad almeno l’80%.

Pensioni nel 2022: quando l’età non conta, ecco le misure che lo permettono

Pensioni con uscita a 67 anni di età perché così prevede la pensione di vecchiaia. Ed i sindacati a chiedere misure flessibili dai 62 anni di età. Nel frattempo, ecco la quota 102 a 64 anni in sostituzione della quota 100 che però può essere ancora fruita da chi ha cristallizzato il requisito e quindi a 62/63 anni. Ma poi c’è anche l’Ape sociale, che si può sfruttare a partire dai 63 anni di età. Perfino una misura che chiede un enorme sacrificio alle lavoratrici, con il suo ricalcolo contributivo e penalizzante della pensione, prevede una determinata età per essere fruibile. Infatti le lavoratrici dipendenti escono a 58 anni di età e le autonome a 59 anni di età, sempre che i requisiti siano stati completati entro il 31 dicembre dl 2021.

Sono moltissime le misure previdenziali che prevedono una determinata soglia di età minima per poter essere sfruttate. E sarà così anche nel 2022, con due misure per pensioni anticipate. Sostanzialmente il nostro ordinamento prevede due sole misure che prescindono dal requisito anagrafico. E sono due misure strutturali, nel senso che non hanno scadenza e sono dentro il sistema previdenziale. Parliamo delle classiche pensioni anticipate, altrimenti dette ordinarie, e della quota 41, che però non è quella per tutti che tanto i sindacati vogliono. In definitiva, solo queste due strade portano ad una pensione al raggiungimento di una determinata età contributiva, con alcuni altri requisiti tra cui però manca quello anagrafico.

La pensione anticipata ordinaria, come fare nel 2022

La pensione anticipata ordinaria permette ai lavoratori di non dover attendere alcun limite di età per accedere alla quiescenza. Basterà aver maturato un determinato requisito contributivo. La pensione anticipata altro non è che l’alter ego della pensione di anzianità ante Fornero, che proprio la professoressa e Ministro del Lavoro del governo Monti decise di abolire e sostituire con questa misura.

La pensione di anzianità infatti resta fruibile (in salvaguardia) solo per chi  ha maturato i relativi requisiti entro il 31 dicembre 2011 ((ma ad occhio, non ne esistono più di lavoratori di questo tipo).

Va detto che la pensione anticipata riguarda i lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), quindi pure al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, alle Gestioni speciali per i lavoratori autonomi, alla Gestione Separata INPS e alle forme sostitutive ed esclusive dell’AGO.

Per accedervi basta raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi versati (2.227 contributi settimanali) se il richiedente è uomo, mentre 41 anni e 10 mesi (2.175 contributi settimanali) se il richiedente è donna. Occorre attendere la finestra di 3 mesi tra la data di maturazione del diritto e la data di decorrenza della prestazione pensionistica.

Per tutti, almeno 35 anni di contributi versati devono essere al netto dei contributi figurativi da malattia o disoccupazione.

Pensioni anticipate con la quota 41 nel 2022

La quota 41 è una misura che non prevede limiti di età. Nessuna differenza tra uomini e donne. Per tutti sono necessari 41 anni di contributi versati. Di questi, 35 anni devono essere effettivi, quindi al netto dei figurativi per disoccupazione e malattia. Le pensioni con quota 41

Inoltre è necessario rientrare tra i precoci, cioè avere un anno di contributi versati prima dei 19 anni di età e non necessariamente continui.

Anche in questo caso, misura aperta ai lavoratori iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria e alle forme sostitutive o esclusive dell’Ago. Ma serve anche che si rientri un una delle sottoelencate categorie:

  • Disoccupati che hanno perso il posto di lavoro per licenziamento individuale, licenziamento collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale;
  • Invalidi con disabilità pari o superiore al 74%;
  • Persone che assistono familiari (coniuge o un parente di primo grado conviventi o affini con situazioni familiari particolari) con handicap in situazione di gravità;
  • Lavoratori addetti alle mansioni usuranti (addetti alla linea catena, lavoratori notturni, conducenti di veicoli di trasporto pubblico e così via)
  • Lavoratori addetti alle mansioni gravose (edili,  gruisti, conciatori di pelli, macchinisti dei treni e personale ferroviario viaggiante, camionisti, infermieri  ed ostetriche delle sale operatorie e sale parto, addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido, facchini, addetti ai servizi di pulizia; operatori ecologi, operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca, pescatori, lavoratori del settore siderurgico, marittimi).

L’attività gravosa deve essere stata svolta per 7 degli ultimi 10 anni di carriera o in 6 degli ultimi 7 anni. Anche in questo caso, per la quota 41,  finestra di 3 mesi e pensione liquidata decorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti.