Pignoramento Buoni fruttiferi postali: una particolare forma di pignoramento presso terzi

I Buoni fruttiferi postali sono una forma di risparmio sempre apprezzata dalle persone, in passato consentivano ottimi rendimenti, oggi i rendimenti sono ridotti, ma in risalita grazie all’aumento del costo del denaro deciso dalla BCE. Ciò che però molti non sanno è che i buoni fruttiferi postali possono essere pignorati.

Pignoramento Buoni fruttiferi postali

Ciò che ha reso i Buoni fruttiferi postali molto amati non sono solo i rendimenti, ma il fatto che l’investimento fosse garantito dallo Stato attraverso Cassa Depositi e Prestiti, questo per gli investitori vuol dire che il capitale è sempre garantito ( fino a prescrizione). Ciò che però molti non sanno è che i buoni fruttiferi postali possono essere oggetto di pignoramento. Si tratta di una particolare forma di pignoramento presso terzi.

Questo implica che se una persona vanta dei crediti nei confronti di altro soggetto, potrà richiedere un decreto ingiuntivo. Nel caso in cui ci sia opposizione al decreto ingiuntivo, oppure il giudice in seguito a richiesta di tale provvedimento dovesse ritenere di non poter emettere un decreto ingiuntivo e quindi si proceda ad un ordinario giudizio per accertare il credito, si potrà utilizzare la sentenza per poter iniziare la procedura esecutiva. La procedura esecutiva prevede che si possa indagare al fine di reperire beni intestati al debitore e da questa indagine potrebbe emergere che il debitore ha anche dei Buoni fruttiferi postali. In questo caso potrà essere iniziata la procedura di pignoramento presso terzi delle somme.

Si può ottenere il pignoramento del buono fruttifero postale cointestato?

La cointestazione del buono fruttifero postale è una pratica molto comune, ma neanche tale escamotage protegge da una possibile esecuzione tramite pignoramento del buono fruttifero postale. In questo caso infatti le somme maturate saranno divise e il 50% delle stesse vanno al proprietario non debitore, mentre la rimanente parte andrà al creditore.

Come avviare una procedura esecutiva per pignoramento dei buoni fruttiferi postali?

I requisiti per poter avviare il pignoramento dei buoni fruttiferi postali sono gli stessi del pignoramento in genere, quindi il creditore deve avere in mano un titolo esecutivo, può trattarsi di sentenza, decreto ingiuntivo, cambiali sottoscritte dal debitore, ordinanze previste dagli artt. 186 bis, ter e quater c.p.c., di condanna al pagamento di somme, le ordinanze interinali (art 423 c.p.c.), la condanna provvisionale (art 278 c.p.c. comma 2), i provvedimenti cautelari, atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli (art. 474 c.p.c.).

Pignoramento, ipoteca e fermo, quando possono scattare?

Il pignoramento, l’ipoteca e fermo sono delle misure che nascono a seguito di un debito non pagato dal contribuente, ma ecco in cosa consistono.

Il pignoramento, ipoteca e fermo, da parte dell’Agenzia delle entrate

Tutte le tre le misure: fermo, ipoteca o pignoramento possono essere da parte dell’Agenzia delle entrate. Tuttavia non è una scelta che fa a caso, ma ci sono delle regole che le caratterizzano. Per pignoramento si intende un’ingiunzione che un ufficiale giudiziario fa nei confronti di un debitore. In particolare sottrae, a garanzia di un credito, il bene indicato ed oggetto di espropriazione e i suoi frutti. Il debitore così non può godere del bene fino a quando non avrà estinto il proprio debito.

Il pignoramento viene eseguito dall’ufficiale della riscossione con la notifica del verbale al debitore. Inoltre non può essere eseguito prima che decorrano 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Mentre perde efficacia trascorsi 200 giorni senza l’effettuazione del primo incanto. Possono essere venduti all’asta i beni del debitore, tranne il caso in cui sia l’unico immobile di proprietà del debitore, sia adibito a residenza e non sia di lusso.

Il pignoramento ed il caso dell’ipoteca

L’ipoteca su uno o più immobili scatta se il debito iscritto a ruolo è maggiore del tetto di 20 mila euro. Per quanto riguarda i limiti di pignorabilità di pensioni e stipendio è di un decimo se lo stipendio o la pensione sono inferiori a 2.500 euro. Mentre di un settimo se l’importo è compreso tra 2.500 e 5 mila euro.

L’ipoteca viene iscritta direttamente sui beni del debitore. E’ possibile vedere anche tramite la conservatoria dell’ufficio catastale di competenza le cartelle esattoriali che hanno generato l’ipoteca. Cioè il titolo che ha portato all’iscrizione dell’ipoteca. Tuttavia vendere una casa con ipoteca è possibile. L’atto di compravendita è valido dal punto di vista giuridico, ma solo se l’acquirente è a conoscenza del vincolo esistente sull’oggetto della transazione prima della stipula dell’atto di vendita.

Quando scatta il fermo amministrativo?

Il fermo amministrativo rappresenta una peculiare tipologia di misura cautelare, disciplinata dall’art. 86, DPR n. 602/73, diretta a garantire la riscossione di crediti tributari (e non) già scaduti, a seguito dell’intervenuto decorso del termine di 60 giorni dalla notifica della relativa cartella di pagamento.

Il provvedimento dell’Agenzia  delle entrate può essere impugnato davanti al giudice tributario, se il credito riguarda l’omesso versamento di tasse o sanzioni. Mentre davanti al giudice di pace se il provvedimento scatta a seguito di mancato pagamento di multe per infrazione del codice della strada. Infine si può impugnare davanti il giudice della sezione lavoro se si tratta di contributi previdenziali non pagati.

 

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Pignoramento, come nascondere i soldi? Ecco alcune strategie

Il pignoramento presso terzi riguarda i crediti che un debitore ha verso terzi. Ma come fare per nascondere i soldi, ecco le strategie più usate.

Pignoramento, il conto corrente può essere pignorato

Il conto corrente può essere oggetto di pignoramento. La giacenza che può essere oggetto di ingiunzione è la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale. Quindi se il valore dell’assegno sociale è pari a 468,28 euro il calcolo è presto detto: 468.28 x 3 = 1.404,30. A questo punto se si hanno sul conto solo mille euro questo non può essere attaccato. Mentre invece si ha un saldo maggiore, ad esempio 3.000 euro la parte eccedente può essere pignorata. Per tornare sempre ad un esempio, se si ha un saldo di 3.000 euro, occorre fare la differenza con 1.404,30 per un importo di 1.595,70, parte attaccabile da un’azione di pignoramento.

Anche lo stipendio può essere pignorato. A differenza delle pensioni, non occorre rispettare il limite imposto dall’assegno sociale, ma vige la regola del quinto dello stipendio. Se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, valgono i limiti predetti ossia: un decimo per stipendi sino a 2.500 euro, un settimo per stipendi sino a 5.000 euro, un quinto per stipendi sopra 5.000 euro.

Pignoramento, dove nascondere i soldi?

Il modo più semplice per non farsi pignorare il conto corrente è svuotarlo e portare i soldi a casa. Ma attenzione perché su quel conto non devono essere accreditate altre somme. Perché in quel caso verrebbero prese per la copertura del debito. Non solo il prelievo deve essere graduale, altrimenti lo svuotamento immediato sarebbe sospetto, oltre che far scattare un accertamento. Anche perché se si prelevano i soldi quando il conto corrente è già pignorato si commette un reato.

L’articolo 388 del codice penale stabilisce: Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento, ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a euro 309. Infine spostare i conti in un altro conto non ha senso, anche perché attraverso l’anagrafe dei conti è possibile rintracciare i movimenti e i reali intestatari.

Altre strategia per non farsi prendere i soldi

Altro modo per non farsi prendere i soldi è farsi rilasciare dalla banca un assegno circolare a proprio nome o a quello di un parente o amico. Ebbene l’importo è come se venisse bloccato, per poi essere versato dopo aver pagato il debito e si avranno circa 3 anni di tempo per farlo.

Altra tecnica è quella di investire in una polizza vita. Queste non sono, ad oggi, pignorabili. L’ultima soluzione è quella di utilizzare le famose carte “usa e getta”. Si tratta di carte che una volta svuotate non possono essere ricaricate e quindi si gettano. Non presentano sul fronte il nome dell’intestatario, ma ormai sono in disuso.

 

 

Pignoramento: come evitarlo senza commettere reati

Il pignoramento è un atto che piace a davvero poche persone, o forse a nessuno, ma può essere evitato senza cadere nell’illecito? Ecco qualche possibile soluzione da attuare prima della notifica dell’atto.

Tipologie di esecuzione forzata sui beni del debitore

Il pignoramento è una procedura messa in atto quando vi sono debiti insoluti e di conseguenza il creditore che possa dimostrare di vantare un credito, chiede all’autorità giudiziaria di emettere un atto di esecuzione sui beni del debitore. Si ha quindi il pignoramento, che può avvenire su diverse tipologie di beni (ad esempio su beni immobili quali abitazioni o terreni, oppure su beni mobili come l’auto, infine è possibile il pignoramento presso terzi, cioè avente ad oggetto i crediti che il debitore a sua volta vanta da terzi). Il creditore solitamente cerca vie brevi, ecco perché spesso si richiede il pignoramento del conto corrente oppure il pignoramento dello stipendio/pensione. Il pignoramento del conto corrente rappresenta il caso classico di pignoramento presso terzi. Vi sono però dei metodi per evitare in modo del tutto legale questa procedura.

Come evitare il pignoramento del conto corrente

I pignoramento del conto corrente e dello stipendio hanno comunque dei limiti, infatti possono essere pignorate le somme eccedenti 3 volte la misura prevista per l’assegno sociale, mentre per lo stipendio il tetto massimo è 1/5.  Per quanto riguarda la pensione, il tetto è stato portato a 1.000 euro.

Un conto corrente in rosso non può essere pignorato. Proprio per questo il primo consiglio è quello di spostare i fondi su un conto corrente intestato a un’altra persona, ad esempio un genitore o un amico fidato. Naturalmente è bene prestare attenzione perché la movimentazione di somme importanti potrebbe destare sospetti. In questi casi è importante, affiancare il trasferimento delle somme a una scrittura privata in cui le parti si accordano sulla titolarità delle somme. Lo spostamento deve avvenire prima che il provvedimento sia notificato.

Leggi anche: Pignoramento: cosa succede se prelevo dal conto corrente pignorato?

Un’altra soluzione sarebbe quella di chiedere alla banca di aprire una linea di credito che preveda la detenzione di una determinata somma di denaro, in questo modo l’ammontare della linea di credito non può essere aggredita dai creditori. Si tratta di una soluzione dispendiosa, consigliata soprattutto alle imprese che hanno l’esigenza primaria di avere liquidità.

Infine, è possibile chiedere alla banca di emettere in favore della persona soggetta a pignoramento assegni circolari. In questo caso le somme del conto sono disponibili su assegni, il conto risulta in rosso e gli assegni possono essere utilizzati per avere liquidità.

Naturalmente il consiglio migliore è cercare di avere un buon rapporto con i creditori e stabilire un piano di ammortamento del debito dilazionato nel tempo, oppure se si ritiene che il pignoramento non sia giustificato, si può contestare l’atto.

Pignoramento pensioni, il tetto limite sale a 1.000 euro, cosa significa?

Il Decreto Aiuti bis, approvato dal Senato lo scorso 20 settembre, porta dei cambiamenti anche in ambito pignoramento pensioni. E la modifica in questione ha certamente rilevanza visto che alza il tetto limite pignorabile. Una buona notizia, quindi, soprattutto per chi ha una pensione relativamente bassa. Ma andiamo a vedere cosa cambia.

Limiti pignorabilità pensioni

Il decreto va a modificare il Codice di procedura civile  nella parta in cui limita i pignoramenti su stipendi e pensioni. Nello specifico si introduce un tetto limite per la pignorabilità delle somme che si ricevono a titolo di pensione mentre nessuna novità è stata introdotta per quello che riguarda l’accredito delle pensioni sul conto corrente postale o bancario.

La novità è illustrata nell’articolo 21 bis del decreto Aiuti bis che dispone che le somme ricevute a titolo di pensione, indennità equiparabili a pensioni e altri assegni di quiescenza possono essere pignorate solo per la parte eccedente al doppio della misura massima prevista per l’assegno sociale. E non sotto i 1.000 euro. La parte eccedente i 1.000 euro, poi, può essere pignorabile entro determinati limiti che possono essere un quinto, un quarto o un terzo.

Cosa cambia? Prima dell’intervento la parte di pensione impignorabile era pari a una volta e mezza l’assegno sociale  INPS (Che ricordiamo ammonta a 468 euro mensili) e quindi si parla di 702 euro. La somma eccedente risulta pignorabile nella misura di un quinto, un quarto e un terzo.

Appare chiaro che in questo modo chi percepisce una pensione fino a 1.000 euro può stare tranquillo che il reddito mensile non può in nessun caso essere attaccato da eventuale pignoramento.

Leggi anche: Pignoramento, esistono dei limiti di legge in base al tipo di bene

Pignoramento carte prepagate e PostePay, è possibile?

Il pignoramento può essere eseguito su molti bene in capo al venditore. Anche le carte prepagate o il Postepay seguono la stessa sorte?

Pignoramento, anche su carte prepagate e PostePay?

Le somme presenti su conti correnti e carte prepagate come la PostePay sono sempre disponibilità economiche di proprietà dell’intestatario. Quindi spostare dei soldi dal proprio conto corrente alle prepagate non farà desistere l’Agenzia delle entrate riscossione a desistere dal proprio debito e quindi pretendere il pagamento.

Eh si perché tutto è sempre da ricondurre al debito iniziale, che va pagato nei rispetto previsti dei limiti di legge contro il pignoramento in base al tipo di bene. Quindi la risposta alla domanda, se carte prepagate e PostePay possono essere oggetto di pignoramento, la risposta è si.  Ecco nel dettaglio le motivazioni a questa risposta.

Pignoramento, la carta prepagata come un conto

Attraverso la carta prepagata il possessore può svolgere molte attività. Tra queste pagare i propri acquisti o le bollette, senza utilizzare contante. Non solo è possibile anche prelevare e svolgere varie operazioni presso gli sportelli ATM aderenti al circuito di pagamento sulla carta indicata. Quindi i funzionamento di questo tipo di carte funzione sempre più come un conto corrente.

Per questo motivo anche in caso di pignoramento poco cambia. Infatti le prepagate proprio per le loro funzionalità, in caso di pignoramento, si comportano, come un conto intestato al debito. E’ sufficiente conoscere la Banca con la quale è registrata la carte del debitore ed l’attività di riscossione è possibile. Nel caso di PostePay è ancora più facile, visto che questa, insieme alla versione Evolution, sono emesse solo da Poste italiane S.p.A.

Stipendio e carte prepagate, come funziona?

Molti italiani non intrattengono rapporti bancari con il conto corrente, ma preferiscono la gestione di più carte. Così ad esempio molti lavoratori dipendenti accreditano il proprio stipendio direttamente sulle carte prepagate. Questo, come spiegato, non evita il pignoramento anche perché lo stipendio può essere pignorato anche alla fonte, cioè direttamente presso il datore di lavoro.

Le uniche carte prepagate non impignorabili sono quelle “usa e getta“, cioè quelle che una volta svuotate, non possono essere ricaricate e quindi vanno gettate. Ma sono sempre  più in disuso, comunque esistono e non presentano sul fronte il nome dell’intestatario, pur essendo tracciabili. Pertanto ritornando alla domanda iniziale è facile affermare che tutte le carte prepagate anche la PostePay sono pignorabili.

 

 

 

Pignoramento: il reddito di cittadinanza può essere pignorato?

La domanda se la sono posta in molti: il reddito di cittadinanza si può pignorare? Di primo acchito la risposta dovrebbe essere negativa, ma ci sono state già due pronunce di diverso avviso e le stesse sono basate su due elementi distinti. Vediamo in quali casi il reddito di cittadinanza può essere pignorato.

Il reddito di cittadinanza è mezzo di sostentamento o misura di politica attiva del lavoro?

In linea generale la legge dispone l’impignorabilità dei crediti di natura alimentare e visto che generalmente il reddito di cittadinanza si eroga in favore di persone prive di mezzi di sostentamento o che hanno mezzi irrisori, non dovrebbero essere pignorabili le somme. Tanto più che le stesse non sono totalmente prelevabili in contanti e l’uso della carta è limitato ad alcuni esercizi  indicati tassativamente dalla normativa, ad esempio alimentari, farmacia, sanitaria o esercizi che consentono il pagamento delle bollette.

Ci sono però due dettagli, il primo è che il reddito di cittadinanza è definito una <<misura di politica attiva del lavoro>>, il secondo dettaglio è rappresentato dal fatto che la legge istitutiva del reddito di cittadinanza non ha espressamente previsto l’impignorabilità delle somme. In un secondo momento si è pensato di inserire tale caratteristica nel Decreto Sostegni 2021, ma anche in questo caso la misura è saltata. Ciò ha portato molti a ritenere che il legislatore evidentemente non vuole inserire questo limite al pignoramento. Due le pronunce che hanno stabilito il pignoramento nel limite di 1/5 delle somme, una del tribunale di Trani e l’altra del tribunale di Catania. Entrambe le pronunce hanno fatto affidamento sul fatto che la legge istitutiva non prevedeva espressamente l’impignorabilità e in secondo luogo perché trattasi di una misura di politica attiva per il lavoro.

Leggi anche: Pignoramento: cosa succede se prelevo dal conto corrente pignorato?

La svolta: il reddito di cittadinanza non può essere pignorato

La legge di bilancio 2022 va invece nella direzione della non pignorabilità e l’INPS ha immediatamente recepito la novità. La legge stabilisce che il RdC si configura come sussidio di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri ai sensi dell’art. 545 del Codice di procedura civile

L’articolo 545 infatti prevede il divieto di pignoramento dei crediti alimentari con un solo limite, cioè se il pignoramento avviene in favore di altri crediti alimentari, sarebbero quindi crediti di uguale valore.

Leggi anche: Pignoramento, esistono dei limiti di legge in base al tipo di bene?

Prendendo come punto di riferimento proprio la legge di bilancio 2022 l’INPS ha provveduto a pubblicare un Messaggio in cui si conferma l’assoluta impignorabilità delle somme erogate con il reddito di cittadinanza.

Pignoramento, esistono dei limiti di legge in base al tipo di bene

Il pignoramento non è certo cosa piacevole per il debitore, ma esistono dei limiti in base al tipo di bene, ecco quali sono.

Il pignoramento cambia in base al bene

Per pignoramento si intende un’ingiunzione che un ufficiale giudiziario fa nei confronti di un debitore. In particolare sottrae, a garanzia di un credito, il bene indicato ed oggetto di espropriazione e i suoi frutti. Il debitore così non può godere del bene fino a quando non avrà estinto il proprio debito.

Tuttavia la legge impone dei limiti, cercando  così di garantire sempre la sopravvivenza del debitore. Inoltre i limiti sono imposti in modo diverso rispetto all’oggetto pignorato. In ogni caso però sono aggiornati annualmente in quanto sono in stretto rapporto con lassegno sociale. Per poter ottenere questa prestazione sono richiesti requisiti economici e cioè avere un reddito personale non superiore a 6085,30 euro annuali e un reddito complessivo con il coniuge non superiore a 12.170,60 euro annuali, almeno per il 2022.

Pignoramento e pensioni

L’assegno sociale è oggetto di revisione ogni 12 anni, ma possono esserci anche delle variazioni legislative. Ad esempio l’ultimo decreto aiuti ha stabilito lo stop ai pignoramenti a coloro che hanno una pensione minore di mille euro al mese. Quindi chiunque ha una pensione maggiore a tale limite, potrà vedersi pignorare la somma eccedente.

La regola generale prevede che il creditore non può pignorare più di un quinto dell’importo. Il valore si calcola sul netto della pensione mensile, detratto prima il minimo vitale. Cioè una volta e mezzo l’assegno sociale. Fino a prima del decreto aiuti bis il minimo vitale per il 2022 è di 702,15 euro, ora innalzato a 1000 euro.

Altri limiti ed altri beni

Anche il conto corrente può essere oggetto di pignoramento. La giacenza che può essere oggetto di ingiunzione è la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale. Quindi se il valore dell’assegno sociale è pari a 468,28 euro il calcolo è presto detto: 468.28 x 3 = 1.404,30. A questo punto se si hanno sul conto solo mille euro questo non può essere attaccato. Mentre invece si ha un saldo maggiore, ad esempio 3.000 euro la parte eccedente può essere pignorata. Per tornare sempre ad un esempio, se si ha un saldo di 3.000 euro, occorre fare la differenza con 1.404,30 per un importo di 1.595,70, parte attaccabile da un’azione di pignoramento.

Anche lo stipendio può essere pignorato. A differenza delle pensioni, non occorre rispettare il limite imposto dall’assegno sociale, ma vige la regola del quinto dello stipendio. Se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, valgono i limiti predetti ossia: un decimo per stipendi sino a 2.500 euro, un settimo per stipendi sino a 5.000 euro, un quinto per stipendi sopra 5.000 euro.

 

 

 

Pignoramento: cosa succede se prelevo dal conto corrente pignorato?

Nel caso in cui maturi un debito, tra cui anche un debito di tipo fiscale, il creditore può chiedere all’ufficiale giudiziario di eseguire un pignoramento sui beni del debitore attraverso un atto di ingiunzione. Una volta eseguito tale atto, i beni non sono sono più nella disponibilità del debitore, ma fungono da garanzia per il creditore. Tra i beni che possono essere sottoposti a pignoramento c’è il conto corrente o meglio le somme presenti sul conto corrente. A questo proposito sono molte le persone che si chiedono quali conseguenze si possono verificare in caso di prelievo delle somme dal conto corrente pignorato.

Quali norme si applicano in caso di pignoramento del conto corrente?

In caso di pignoramento del conto corrente la norma da tenere in considerazione è l’articolo 388 del codice penale che stabilisce: Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento, ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a euro 309.

Di conseguenza anche chi sottrae soldi da un conto corrente pignorato commette lo stesso reato. Naturalmente, affinché possa configurarsi questa ipotesi, è necessaria la preventiva notifica del pignoramento dall’ufficiale giudiziario.

Nell’ingiunzione di pignoramento è infatti contenuto l’avvertimento di non compiere alcun atto che possa sottrarre la somma pignorata allo scopo del pignoramento stesso.

Occorre però ricordare che il comma 1 dello stesso articolo 388 del codice penale, prevede il reato anche nel caso in cui “per sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti da provvedimento dell’autorità giudiziaria o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi all’autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all’ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a 3 anni o con la multa da euro 103 a 1032 euro”.

Questo implica che anche nel caso in cui siano in corso accertamenti e non sia ancora stato disposto il pignoramento, ma temendo questo, si vadano a sottrarre beni, trova comunque applicazione la pena.

In quali casi è possibile prelevare denaro dal conto corrente pignorato?

Ora ritornando al pignoramento delle somme su conto corrente, due sono le regole base:

  • se le somme depositate sono uguali o inferiori alle somme pignorare, il soggetto che effettua il prelievo commette reato;
  • se le somme presenti sul conto corrente sono invece superiori rispetto alle somme pignorare, il titolare del conto corrente può invece agire su tali maggiori somme e limitatamente ad esse.

In poche parole se le somme pignorate sono 5.000 euro e sul conto corrente sono presenti 7.000 euro è possibile effettuare il prelievo senza incorrere in reati.

Ricordiamo che in alcuni casi previsti dalla legge, può avvenire il pignoramento presso terzi.

La cassetta di sicurezza in banca si può pignorare? Come procedere

Molti decidono di richiedere una cassetta di sicurezza in banca non solo perché in questo modo possono proteggere valori che a casa non sarebbero al sicuro, ma anche perché il contenuto dovrebbe essere coperto della privacy e di conseguenza alcuni cercano n questo modo di occultare dei valori. Nonostante questo deve essere ricordato che le somme ivi contenute sono pignorabili. Ecco cosa succede se un creditore vuole ottenere il proprio credito attraverso la cassetta in banca.

Nell’espropriazione dei beni del debitore rientra la cassetta di sicurezza

L’articolo 2910 del codice civile consente al creditore, utilizzando le procedure previste nel codice di procedura civile di procedere all’espropriazione dei beni del debitore al fine di conseguire quanto gli è dovuto. La normativa in oggetto consente l’esecuzione forzata non solo sui beni in possesso del debitore principale, ma anche sui beni e sui crediti da questo vantati presso terzi. Può così capitare che ci sia l’esecuzione su una porzione di stipendio, su una porzione di pensione, su conti corrente. Molti però si chiedono: visto il vincolo della privacy ricadente sulla cassetta di sicurezza in banca, è possibile effettuare il pignoramento sulla cassetta di sicurezza in banca?

Per conoscere i limiti al pignoramento della pensione, leggi l’articolo: limiti al pignoramento della pensione 2022: importi e modalità

Senza il titolo di credito esecutivo non si può pignorare nessun bene

La prima cosa da dire è che qualunque sia la forma del pignoramento presso terzi o presso il debitore, per poter procedere è necessario avere un titolo di credito, ad esempio un decreto ingiuntivo, una sentenza di condanna, un assegno protestato. Solo in presenza di un valido ed efficace titolo è possibile procedere. Per arrivare ad ottenere questo titolo in alcuni casi possono essere richiesti tempi molto lunghi, proprio per tale motivo il creditore ha un’arma a sua disposizione cioè può chiedere al giudice dei provvedimenti cautelari, come il sequestro delle somme presenti su conto corrente o conto deposito.

Naturalmente il creditore potrebbe essere all’oscuro delle sostanze in possesso del debitore, ecco perché l’articolo 492 bis del codice di procedura civile prevede la possibilità per qualunque creditore ( anche privato) che abbia un valido titolo esecutivo di chiedere al giudice di disporre l’accesso alle banche dati dell’Agenzia delle Entrate e del territorio. A sua volta l’Agenzia delle Entrate ha accesso a tutte le banche dati, ad esempio quelle delle banche. Fatta questa premessa cerchiamo di capire se è possibile effettuare il pignoramento della cassetta di sicurezza in banca.

Cos’è la cassetta di sicurezza in banca e come funziona

La cassetta di sicurezza è uno strumento molto particolare, infatti nel caveau delle banche vi sono specifici spazi messi a disposizione dei clienti per conservare beni. Viene utilizzata per depositare documenti che si vogliono tenere nascosti, ma anche gioielli, e spesso soldi che non si vogliono dichiarare al fisco. In teoria su questo strumento c’è l’anonimato, ma pensare che la banca non sappia cosa contenga è un po’ difficile da credere perché è solitamente previsto il pagamento di un canone annuo che viene stabilito spesso anche in base al valore del contenuto, inoltre superati i 5.000 euro di valore del contenuto, cosa che capita spesso, è necessario pagare anche una copertura assicurativa e la stessa è calcolata in base al valore del contenuto, quindi la banca non conosce i beni ( soldi, titoli, gioielli) che sono presenti nella cassetta, ma ne conosce il valore.

Altra cosa, molti non lo sanno, ma la cassetta di sicurezza deve essere indicata nel caso in cui si intenda richiedere un modello Isee.

Fatta questa premessa, deve essere ricordato che è vero che la banca deve assicurare la privacy al proprietario della cassetta di sicurezza, ma questo obbligo cade nei confronti del Fisco, cioè quando a chiedere i dati è l’Agenzia delle Entrate. La banca però non deve fornire i dati su ciò che contiene al Fisco, ma deve semplicemente dire che Tizio presso la banca detiene una cassetta di sicurezza.

Questo implica che quando l’Agenzia delle Entrate interroga la banca su tutti i rapporti intrattenuti con una determinata persona, avrà soltanto l’indicazione della presenza di una cassetta di sicurezza, che in teoria potrebbe anche contenere beni il cui valore è effimero, ad esempio potrebbe contenere una foto di nessun valore, documenti che non hanno un valore economico…

Come avviene il pignoramento della cassetta di sicurezza?

A questo punto abbiamo capito che anche la cassetta di sicurezza può essere oggetto di pignoramento ma che prima dell’apertura della cassetta  il creditore non sa se effettivamente all’interno siano presenti beni di interesse per la sua causa.

Vista però la particolarità del rapporto tra titolare della cassetta e la banca, cambiano anche le procedure attraverso le quali si può procedere al pignoramento. Questo infatti non viene considerato alla stregua di un pignoramento presso terzi, ma come pignoramento mobiliare diretto. Di conseguenza il creditore dovrà rivolgersi giudice territorialmente competente ( giudice del luogo in cui si trova la banca) per chiedere di autorizzare l’ufficiale giudiziario ad effettuare il pignoramento.

L’ufficiale giudiziario si recherà presso la banca che detiene la stessa alla presenza del funzionario di banca addetto ( che dovrà essere presente alla redazione del verbale) e del debitore titolare della cassetta. Sarà proprio il titolare a dover aprire la cassetta e mentre l’ufficiale redigerà il verbale del contenuto e provvederà al sequestro dei beni. Nel caso in cui si tratti di gioielli, gli stessi saranno venduti all’asta su istanza del creditore procedente. Questo infatti dovrà iscrivere a ruolo il procedimento per ottenere il ricavato della vendita all’asta o per l’assegnazione dei beni in natura. Nel caso in cui nella cassetta di sicurezza ci siano denaro o titoli il credito, il creditore potrà chiedere l’assegnazione delle somme a lui spettanti. Il residuo, se presente e se non vi sono altri creditori intervenuti nel procedimento, sarà nella disponibilità del debitore.