Fondo pensione, come scegliere se si è lavoratori dipendenti, pubblici o autonomi?

Una volta presa la decisione di aderire a un fondo pensione in vista di un trattamento previdenziale più alto per il futuro e per usufruire dei vantaggi fiscali connessi all’adesione stessa, il passaggio successivo consiste nella scelta della formula pensionistica alla quale affidare i propri risparmi. Si tratta di un passaggio fondamentale che richiede una particolare attenzione al fine di soddisfare tutte le esigenze presenti e future.

Aderire alla previdenza complementare, quanto versare al fondo pensione?

A tal proposito è utile verificare se, in base alla propria condizione lavorativa, esista già un fondo di riferimento. Inoltre, è indispensabile decidere quanto versare al fondo pensione. Questa valutazione può essere presa consapevolmente una volta che il sottoscrittore abbia individuato il livello di reddito ritenuto maggiormente adeguato per se stesso e per la propria famiglia nel momento in cui uscirà dal lavoro per la pensione.

Adesione al fondo pensione, la valutazione dei costi

Naturalmente, risulta importante verificare i costi applicati dal fondo pensione al quale si aderisce. Le spese, infatti, possono incidere sull’importo della futura rendita pensionistica. E, pertanto, risulta decisivo anche verificare quali siano le linee di investimento che vengono offerte dal fondo, le garanzie a disposizione e i rischi finanziari.

Come scegliere il fondo pensione se si è lavoratori dipendenti?

I lavoratori dipendenti, inoltre, nella loro scelta devono considerare anche la possibilità di lasciare il Trattamento di fine rapporto (Tfr) in azienda oppure destinarlo alla previdenza complementare. In questo ultimo caso, devono decidere anche in quale misura. Tuttavia, esistono soluzioni di previdenza complementare che prevedono l’ottenimento di un contributo anche da parte del datore di lavoro.

Come scegliere il fondo pensione giusto per le proprie esigenze?

La scelta di aderire a un fondo pensione, dunque, dipende molto anche dal tipo di lavoro o di attività che si svolge. Un lavoratore del settore privato può partecipare a un’adesione collettiva qualora lo preveda il proprio contratto di lavoro. E, dunque, può iscriversi a un fondo pensione di tipo negoziale, aperto o preesistente che faccia da punto di riferimento per le necessità del settore di attività, dell’azienda stessa o della regione. Gli edili, come i lavoratori di altri settori, partecipano in automatico al fondo pensione della propria categoria. L’iscrizione (in questo caso contrattuale) avviene già al momento dell’assunzione.

Previdenza complementare, il lavoratore autonomo deve iscriversi necessariamente al fondo pensione aziendale?

I lavoratori alle dipendenze del settore privato possono non avere un fondo pensione di riferimento. Oppure possono decidere di non iscriversi alla previdenza complementare aziendale. Ma possono comunque avere la necessità di iscriversi a un fondo pensione. In questo caso, si può costruire una futura pensione integrativa partecipando, individualmente, aderendo a un fondo pensione aperto o a un Piano individuale pensionistico (Pip).

Previdenza complementare di un lavoratore del pubblico impiego

I lavoratori dipendenti del pubblico impiego hanno la possibilità di aderire alla previdenza complementare relativa alla categoria di riferimento. Inoltre, hanno anche l’opzione di aderire a un fondo regionale laddove sia previsto. Tuttavia, chi aderisce a un fondo pensione ed è un lavoratore del settore pubblico dovrebbe verificare le prestazioni erogate soprattutto per quanto riguarda il diverso trattamento fiscale che si ottiene rispetto ai fondi pensione dei dipendenti del settore privato.

Lavoratori autonomi, quale fondo pensione scegliere?

I lavoratori autonomi possono aderire individualmente a un fondo pensione aperto o a un Piano individuale pensionistico (Pip). Queste due opzioni sono alla portata anche di un lavoratore del pubblico impiego nel caso in cui volesse integrare ulteriormente la propria pensione complementare con un investimento differente da quello previsto dall’adesione collettiva al fondo pensione di categoria. Le due opzioni, inoltre, sono sempre praticabili dai lavoratori che abbiano un’altra tipologia di contratto, oppure se il contratto di lavoro non preveda l’adesione a un fondo pensione. E, in ogni caso, qualora il lavoratore dovesse decidere di aderire a un fondo pensione differente da quello previsto dal contratto di lavoro.

Scegliere di aderire a un fondo pensione per i familiari a carico

Un lavoratore può decidere di iscrivere i familiari fiscalmente a carico a un fondo pensione. Ad esempio, possono essere iscritti alla previdenza complementare i figli come formula di investimento dei propri risparmi e, soprattutto, per assicurare loro di poter disporre di una pensione integrativa futura. Anche in questo caso, chi dovesse decidere di investire i propri risparmi verso una fondo pensione, può beneficiare della deducibilità fiscale entro il limite di 5.164,57 euro per ogni anno di adesione.

Polizza previdenziale: che cos’è, come funziona e chi può aderire

La polizza previdenziale permette di aderire alla pensione complementare, ovvero a una formula di previdenza volontaria e privata che va ad aggiungersi a quella obbligatoria, senza tuttavia sostituirla. Chi possiede una polizza previdenziale accumula regolarmente risparmi in una formula di pensione integrativa, come assicurato ad esempio dall’adesione a un fondo pensione, affinché una parte delle somme messe da parte durante la vita lavorativa possano far ottenere al sottoscrittore una pensione che vada a integrare quella lavorativa, composta quest’ultima dai versamenti fatti presso gli enti di previdenza obbligatoria come l’Inps e le Casse previdenziali dei professionisti.

A cosa serve aderire a una polizza previdenziale?

L’adesione a una polizza previdenziale permette, pertanto, di destinare una parte dei risparmi all’integrazione della pensione lavorativa futura. Nel momento in cui maturerà la pensione lavorativa si potrà disporre di una pensione integrativa, peraltro reversibile a favore del coniuge. Tuttavia, con la polizza previdenziale è possibile anche affrontare eventuali esigenze improvvise, anche impreviste all’atto della sottoscrizione, e personali che possono presentarsi con il passare degli anni.

Si può richiedere un anticipo delle somme versate per una polizza previdenziale?

Ad esempio, il fondo pensione può anticipare delle somme per delle spese sanitarie, oppure per comprare o ristrutturare la prima casa. Alcune soluzioni permettono di richiedere fino al 75% per sostenere delle spese mediche gravi della famiglia, oppure per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa. Inoltre si può richiedere fino al 30% di quanto accumulato senza motivarne l’utilizzo dopo 8 anni dall’iscrizione alla formula previdenziale prescelta. Infine, la polizza previdenziale permette anche di poter anticipare l’uscita dal lavoro rispetto all’età pensionabile attraverso il meccanismo della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita).

Per quanto tempo bisogna pagare le rate di una polizza previdenziale?

La valutazione del tempo necessario per accumulare una pensione integrativa dipende da vari fattori. In primo luogo dal reddito del quale si vorrebbe disporre una volta che si va in pensione. In secondo luogo, è necessario valutare attentamente quali siano le varie formule di risparmio e di reddito ottenibili nel momento in cui si va in pensione. Per arrivare alla giusta decisione si può fare una stima di quale sarà la pensione futura da lavoro attraverso le simulazioni dell’Inps o delle Casse previdenziali. Naturalmente, maggiore è il lasso di tempo di adesione a un fondo pensione e più alti saranno i vantaggi, anche fiscali durante il versamento delle rate, che si potranno ottenere nel momento di uscita dal lavoro.

Flessibilità, costi e deducibilità delle polizze previdenziali

Il piano della polizza previdenziale prevede la possibilità di adesione in maniera flessibile e dinamica. È il sottoscrittore a decidere quanto, quando e come versare. L’importo può essere mensile o annuale. Oppure si può destinare alla polizza una parte o tutto il Trattamento di fine rapporto (Tfr). Molti piani prevedono che il risparmiatore versi le rate senza alcun costo di entrata e di intermediazione per tutta la durata dell’adesione al fondo pensione. Inoltre, i premi versati possono essere dedotti dal reddito imponibile del sottoscrittore fino a 5.164,57 all’anno.

Polizza previdenziale, come funziona?

Si può sottoscrivere una polizza previdenziale tra varie tipologie di pensioni che servono a raccogliere le somme risparmiate dai sottoscrittori. In particolare, si può aderire a un fondo pensione negoziale, a un fondo pensione preesistente, a un fondo pensione aperto o a un piano individuale pensionistico. Ogni aderente a un fondo ottiene un conto individuale nel quale convergono i versamenti fatti periodicamente per l’adesione stessa. I versamenti vengono investiti nei mercati finanziari dagli operatori specializzati in modo da ottenere rendimenti che incrementino, nel tempo, quanto risparmiato sul conto individuale.

Da cosa dipende il trattamento futuro della polizza previdenziale?

Il trattamento futuro della polizza previdenziale dipende dalle somme che si sono versate periodicamente, dalla durata del periodo in cui si sono versati i contributi, dai costi sostenuti nel periodo in cui si è stati iscritti al fondo e, infine, dai rendimenti maturati investendo i risparmi nei mercati finanziari. Nel momento in cui maturi il diritto a ricevere il trattamento si può decidere se ottenere la rendita mediante una quota fissa mensile, oppure richiedere una parte del capitale maturato (ad esempio, al 50%) e lasciare la parte rimanente come rendita mensile.

Chi può aderire alla polizza previdenziale?

L’adesione alla polizza previdenziale è a vantaggio dei lavoratori. Non vi sono differenze tra lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e liberi professionisti. Ma può sottoscrivere una polizza previdenziale anche chi non esercita un’attività lavorativa, ovvero familiari e figli minori che siano fiscalmente a carico.

 

Piani di accumulo, cosa sono?

I piani di accumulo (Pac) consentono di mettere da parte del capitale nel tempo tramite il versamento di somme periodiche. In genere i versamenti avvengono con cadenza mensile oppure annuale. Si può procedere con l’accumulo in diversi modi. Ad esempio, su un fondo comune. Oppure tramite gli Organismi di investimento collettivi del risparmio (Oicr). O, ancora, tramite i piani di accumulo con gli Etf (Exchange Traded Funds).

Come avviene l’investimento con i piani di accumulo?

Generalmente, i piani di accumulo hanno modalità e obiettivi simili. Nell’ultimo caso, con il piano di accumulo in Etf si procede a versare i propri risparmi a dei fondi di investimenti. L’operazione consente di acquistare e di vendere delle quote di titoli direttamente nel mercato finanziario. L’obiettivo è quello di ottenere la replicazione di un preciso indice di riferimento arrivando all’obiettivo generale dell’operazione. Ovvero, quello a favore di chi decide di investire nei piani di accumulo di poter mettere a disposizione dei piccoli capitali facendo lievitare i propri risparmi.

Piani di accumulo, decidere la rata, il capitale da investire e la durata

Decidere di indirizzare una parte dei risparmi in piani di accumulo può senz’altro rappresentare un piano di investimenti “a rate”. È importante stabilire fin da subito qual è l’importo che si intende versare, la frequenza con la quale effettuare i versamenti e anche la durata di tutta l’operazione. Si può decidere per un minimo di un anno fino ad arrivare a un limite di 40 anni di versamenti.

Piano di accumulo, quanto sono rischiosi per i risparmi?

La possibilità di scegliere il tipo di piano di accumulo più adatto alle proprie esigenze di risparmio permette di ridurre i rischi legati all’operazione stessa. I risparmiatori che abbiano una tendenza a investire in prodotti a lungo termine e ad alto rischio, possono optare per i piani di accumulo azionari. I Pac più a breve termine e, soprattutto, più rivolti a investimenti in obbligazioni, offrono la possibilità di rendimenti meno elevati ma anche operazioni più prudenti. Si può tuttavia diversificare il proprio piano di accumulo attraverso un bilanciamento tra obbligazioni e azioni, con una durata più orientata al medio termine.

Che cos’è il piano di accumulo garantito?

I risparmiatori possono ulteriormente abbassare il rischio con un piano di accumulo di capitale garantito. Con questa opzione si permette al lavoratore di vedersi restituire il proprio capitale versato nel caso in cui dovessero verificarsi oscillazioni al ribasso nell’andamento dei mercati finanziari. Per poter accedere a un Pac garantito è necessario sottoscrivere un piano di accumulo assicurativo. Normalmente, in questo caso, il Pac è legato ai prodotti assicurativi vita del Ramo I di tipo tradizionale.  Ulteriori vantaggi derivano proprio dall’essere un prodotto assicurativo. Pertanto, le somme investite sono impignorabili ed esenti dall’imposta di bollo.

I piani di accumulo per i figli: ecco in cosa consistono

Spesso i risparmiatori cercano una soluzione per assicurare dei vantaggi futuri ai propri figli. Il piano di accumulo può rappresentare un efficace fondo verso questo obiettivo. Si possono, infatti, sottoscrivere piani di accumulo a favore di un minore, anche in mancanza di un grado di parentale. Il risultato finale potrebbe essere, ad esempio, quello di garantire un capitare per poter affrontare gli anni di studio una volta maggiorenne. Per l’accumulo è possibile procedere anche a versamenti aggiuntivi, di tanto in tanto. E inoltre possono essere previsti dei bonus legati al raggiungimento di determinati obiettivi di risparmio che fanno incrementare più velocemente il capitale investito.

Piani di accumulo e previdenza integrativa: investire in fondi pensione

Una ulteriore modalità di accumulo dei risparmi è rappresentata dai fondi pensione, anche per i figli. Si possono infatti sottoscrivere fondi pensione per i soggetti fiscalmente a carico che permettono a chi ne beneficia di accumulare una pensione integrativa futura. Per chi provvede al versamento delle rate, inoltre, c’è la possibilità di dedurre fiscalmente le somme pagate. Il vantaggio è differito nel tempo, ma i figli ai quali andranno i risparmi del fondo pensione potranno contare su somme accumulate in passato per casi di necessità oppure per disporre di un incremento di pensione una volta che avranno maturato i requisiti per uscire da lavoro.

Rita: i vantaggi fiscali della tassazione che può essere dimezzata

La Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) permette un doppio vantaggio legato all’adesione dei fondi pensione. Il primo consiste nella possibilità di andare anticipatamente in pensione, anche in conseguenza di determinate condizioni (disoccupazione) che possono presentarsi nel corso della carriera lavorativa. Il secondo vantaggio consiste in una tassazione dimezzata, con evidenti benefici fiscali.

Pensione anticipata, le opzioni della Rendita integrativa Rita

La Rita è stata introdotta nell’ordinamento italiano con la legge numero 232 del 2016 e resa strutturale con la legge numero 205 del 2017. Si tratta di uno strumento assicurato dai fondi pensione le cui potenzialità, in termini di prestazione previdenziale anticipata, possono essere sfruttate da due platee di contribuenti. La prima possibilità è quella di poter accedere alla prestazione previdenziale dopo aver raggiunto i 20 anni di contributi da lavoro. Per beneficiare della prestazione è necessario non essere a più di cinque anni dalla pensione di vecchiaia, attualmente fissata a 67 anni. Con questi requisiti si può presentare domanda della rendita assicurata dalla Rita.

Prestazione Rita in caso di inoccupazione: possibilità di pensione dai 57 anni di età

La seconda opzione è la possibilità di accedere alla rendita Rita per inoccupazione. Più nel dettaglio del comma 4 b del decreto legislativo 252 del 2005, è necessario che il beneficiario abbia cessato il rapporto di lavoro ed esaurito la fase di inoccupazione della durata di almeno 24 mesi. In questo caso il contribuente deve trovarsi a non più di 10 anni dalla pensione di vecchiaia, avendo dunque la possibilità di anticipare la rendita a partire dai 57 anni di età. Per questa seconda opzione non è richiesto un minimo di contributi alla gestione contributiva obbligatoria, ma è necessaria l’iscrizione al fondo pensione da almeno 5 anni.

Imposta sostitutiva sulle rate Rita, l’aliquota del 15% può essere dimezzata

Tuttavia, se è vero che la Rita assicura una prestazione alternativa e, nei casi descritti, una formula di prestazione che può ritenersi quasi indispensabile negli anni precedenti la decorrenza della pensione da lavoro, l’aspetto che la rende appetibile è riscontrabile nella tassazione di vantaggio. Infatti, le rate periodiche del capitale frazionato e liquidato fino alla maturazione della pensione di vecchiaia sono tassate dall’imposta sostitutiva del 15%. Tuttavia, anche questa percentuale può essere abbattuta fino a 6 punti percentuali in base agli anni di permanenza nel fondo pensione. La sottrazione si configura con un -0,3% per ogni anno di iscrizione al fondo pensione dopo il 15esimo.

Quando l’imposta sulla Rita diventa del 9%?

Si può dunque arrivare a un’imposta del 9% sfruttando il massimo delle sottrazioni dell’aliquota in presenza di 20 anni di aderenza al fondo pensione dopo i primi 15 anni. Il meccanismo che mira ad abbattere la tassazione applicata alle rate della Rita si applica anche per le quote della rendita riferite ai montanti contributi maturati prima del 2007.

Rita: il vincolo della cessazione dell’attività lavorativa

Per ottenere la rendita assicurata dalla Rita è necessario che il contribuente abbia cessato la propria attività lavorativa. Il vincolo vige per i lavoratori che si trovano a non più di 5 anni dalla pensione di vecchiaia. Ma anche per la platea che richiede la rendita dopo i 24 mesi di inoccupazione dai 57 anni di età. Va considerata prestazione lavorativa qualsiasi rapporto di lavoro, sia autonomo che subordinato. Vale il lavoro svolto sia in Italia che all’estero. Devono essere considerate attività lavorative anche le cariche societarie oppure l’essere amministratore di una società o socio di capitali di società. In questi ultimi due casi non fa differenza se si ricevano oppure no compensi.

Requisito della cessazione dell’attività lavorativa vige fino al momento della domanda Rita

Tuttavia, dopo l’accertamento che il contribuente non svolga alcuna attività lavorativa al momento in cui fa la richiesta di erogazione del trattamento previdenziale al fondo pensione, è possibile tornare a svolgere un lavoro. Sul punto è intervenuta la Covip con la circolare numero 4209 dello scorso anno. La comunicazione ha stabilito che il requisito della cessazione dell’attività lavorativa o l’inoccupazione da 24 mesi per le formule di trattamento anticipato dai 57 anni di età, devono sussistere nel momento in cui si inoltra la domanda di accesso alla rendita integrativa.

Rita, durante il trattamento integrativo il contribuente può svolgere attività lavorativa: la regola

Pertanto, non è escluso che successivamente alla domanda di Rita il contribuente possa intraprendere un’attività di lavoro, qualunque ne sia la formula. Inoltre, durante l’ottenimento della prestazione della Rita, il contribuente può svolgere qualsiasi attività lavorativa o percepire un trattamento di pensione anticipata. In questo caso, il requisito da soddisfare è quello di avere accesso alla rendita integrativa Rita prima della maturazione dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Nello specifico, devono essere state già corrisposte almeno due rate del trattamento Rita. La regola vale per tutte le formule di pensione, dall’ordinaria alla pensione di vecchiaia, dall’opzione donna alla quota 100.

Risparmi per i figli: oltre a Pac, libretti, buoni e polizze c’è anche la pensione integrativa

Gli italiani, tradizionalmente un popolo di risparmiatori, tendono anche a lasciare qualcosa per il futuro dei propri figli. E sono vari i modi per risparmiare delle cifre. Si va dai piani di accumulo alle polizze, dai libretti di risparmio ai buoni fruttiferi postali. C’è anche la possibilità di garantire una pensione integrativa aderendo alla previdenza complementare. Vediamo dei vari modi i vantaggi e gli svantaggi considerando anche il fattore tempo, decisamente ampio, e quello delle circostanze imprevedibili.

Libretti di risparmio, liberi o vincolati

Con i libretti di risparmio si possono depositare somme in banca oppure alla Posta. Si tratta di meccanismi di deposito utilizzati molto in passato per assicurare un futuro ai figli piccoli. L’apertura di un libretto di risparmio può essere libera, senza cioè che ci siano vincoli di tempo sui prelievi, oppure vincolata. In quest’ultimo caso, le somme depositate rimangono bloccate fino a una certa scadenza.

Vantaggi e svantaggi del libretto di risparmio postale o bancario

Il vantaggio di aprire un libretto di risparmio consente ai genitori o ai nonni di poter versare anche poco per volta e senza una cadenza prefissata. Attualmente i libretti possono essere considerati vantaggiosi perché non hanno costi né per l’apertura, né per la loro gestione. Tuttavia, i tassi di interessi attuali sono molto bassi. Pertanto, questo strumento non consente di ottenere un apprezzamento considerevole di quanto investito.

Buoni fruttiferi postali: interessi tassati al 12,50%

Un occhio di riguardo hanno i buoni fruttiferi postali, consistenti in titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti. La sottoscrizione dei buoni può avvenire presso la Posta oppure attraverso il sito o l’applicazione di Poste Italiane. Sottoscrivere i buoni fruttiferi postali non comporta spese, mentre gli interessi sono tassati al 12,50%. In ottica di un investimento per i figli, determinati buoni per i minori garantiscono il 100% del capitale. La maturazione degli interessi può arrivare fino a quando il minore non compia la maggiore età. Analogamente ai libretti di risparmio, oggi i buoni fruttiferi postali garantiscono rendimenti piuttosto modesti.

Polizze assicurative

Con le polizze assicurative è possibile risparmiare per i figli indicandoli come beneficiari. Sono varie le polizze che si possono sottoscrivere. Le polizze vita rivalutabili, ad esempio, o quelle del ramo I. Entrambe le tipologie permettono la rivalutazione del capitale assicurato ogni anno oppure la rendita ottenuta dall’investimento nelle gestioni separate. Entrambe le formule, inoltre, garantiscono la restituzione del capitale. Per collegare la polizza ai fondi comuni o a indici azionari è necessario investire nelle unit e nelle index linked o nelle polizze di ramo III.

I vantaggi di investire in polizze assicurative

Pur essendo prodotti più costosi rispetto ai buoni fruttiferi postali o ai libretti di risparmio, le polizze offrono determinati vantaggi. Innanzitutto sono forme di investimento del risparmio stesso, con copertura assicurativa. I premi pagati sono detraibili per il 19% fino al tetto di 530 euro. Ulteriori vantaggi sono l’impignorabilità e il fatto che non sono soggetti all’imposta di successione.

I Piani di accumulo del capitale (Pac): si versano piccole somme per volta

Per necessità di risparmio che assicurino anche un certo utilizzo degli strumenti finanziari è possibile investire nei piani di accumulo del capitale (Pac). Chi sottoscrive i piani può procedere periodicamente a versare quote di capitale. Il vantaggio principale risiede proprio nella possibilità di versamento. Si può procedere, infatti, a versare anche piccole somme periodicamente. La particolarità del “piano”, poi, aiuta a regolare le proprie spese per arrivare a mettere da parte le somme da versare.

Costi mediamente alti per i piani di accumulo del capitale

Rispetto alle altre opzioni che abbiamo visto, proprio per la particolarità di versare di volta in volta i costi possono risultare più alti. Soprattutto se si confronta lo strumento con l’investimento effettuato in un’unica soluzione. Tra i costi si segnalano quelli di apertura del piano di accumulo, i diritti fissi sui versamenti e gli oneri nel caso in cui si proceda con la chiusura in anticipo.

Adesione ai fondi pensione: è possibile la sottoscrizione a favore dei figli

Tra le formule di accumulo di risparmio a favore dei figli rientra sicuramente l’adesione ai fondi pensione per assicurare una previdenza integrativa futura. Si tratta, è evidente, di meccanismi di risparmio dalla lunga durata il cui obiettivo è quello di garantire un assegno di pensione più soddisfacente una volta che matureranno i requisiti per l’uscita dal lavoro. Per un genitore che voglia aderire ai fondi pensione, è possibile procedere con l’iscrizione alla previdenza complementare anche a favore dei figli a carico.

Deducibilità fiscale dell’adesione ai fondi pensione

Risulta scontato che una forma di pensione integrativa potrebbe rappresentare la soluzione tra le più redditizie e utili per il futuro dei propri figli. Ma non solo. Infatti, i contributi che si versano al fondo pensione beneficiano della deducibilità fiscale fino al limite di 5.164,57 euro per ogni anno di adesione. Inoltre, sul lato dei costi, tra le tipologie di fondi pensione più risparmiose si citano i fondi chiusi.

Previdenza complementare, vantaggi e svantaggi dell’adesione per i figli

In generale, aderire al fondo pensione comporta un investimento a lungo termine, con dei vincoli. Infatti i limiti sui quali è importante informarsi risiedono nel caso in cui si debba chiedere una parte del capitale accumulato in anticipo. Ma spesso sono previste agevolazioni per anticipi relativi a spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa. Inoltre, l’adesione alla previdenza complementare può garantire la formula di pensione anticipata chiamata Rita che consente di ottenere la rendita molto prima rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione.

Riforma pensioni e dopo quota 100, per l’Acli occorre più flessibilità e uscita a 63-65 anni

Un sistema previdenziale più equo, flessibile e stabile è quanto chiede l’Acli per la riforma delle pensioni e il dopo quota 100. Una misura, quest’ultima, che terminerà la sua sperimentazione il 31 dicembre 2021 senza che possa essere rinnovata. Ma, al di là dei numeri e delle modalità di uscita, è necessario anche analizzare le motivazioni che hanno spinto i contribuenti a scegliere quota 100 per andare in pensione negli ultimi anni. Interessanti sono, a tal proposito, i risultati dello studio condotto proprio dall’Osservatorio del Patronato Acli sulla quota 100.

Pensioni, quanti sono stati i pensionati con quota 100 nel 2019-2021?

Non si può parlare di un ritorno alle pensioni della riforma Fornero in quanto i requisiti della legge del 2011 sono tutt’ora in vigore e lo sono stati anche negli anni in cui è rimasta in vigore quota 100. Tuttavia, nell’analisi dell’Acli, solo una minima parte dei pensionati degli ultimi anni ha beneficiato della misura. Nel primo anno, il 2019, le domande di quota 100 accolte sono state 193 mila. Poi si il numero si è ridotto progressivamente: 74 mila circa nel 2020 e un dato ancora da calcolare per l’anno in corso. Ma molto difficilmente si arriverà all’obiettivo della misura, ovvero a un milione di pensionati in tre anni.

Pensioni, si esce prima con quota 100 per avere più tempo per la famiglia

Più dei numeri è interessante avere il polso della situazione di chi ha scelto di andare in pensione con quota 100. Nello studio dell’Osservatorio Acli, infatti, quasi la metà del campione degli intervistati ha affermato di aver aderito a quota 100 “per dedicare più tempo alla famiglia” o per “avere più tempo libero”. Molto più bassa (il 12%) è stata la percentuale dei neopensionati che hanno scelto la misura di uscita dai 62 anni di età per le preoccupazioni legate alle “prospettive occupazionali del mercato del lavoro”.

Pensioni e riforma, qual è la giusta flessibilità?

Lo studio condotto dall’Osservatorio porta, dunque, a delle riflessioni su come intendere il sistema delle pensioni. La domanda da porsi è: “Perché oggi non si può scegliere di andare liberamente in pensione?”. Il quesito è direttamente legato a quanto richiesto dalle parti sociali in merito alla flessibilità in uscita dal lavoro. Ovvero, il contribuente deve aver libertà di decidere quando andare in pensione utilizzando il montante contributivo accumulato durante gli anni di attività. Anche a costo di avere una pensione più bassa.

Pensioni, un sistema più equo e stabile

Nella scelta di andare in pensione si rivendica, dunque, la possibilità da offrire al lavoratore il giusto bilanciamento tra la diminuzione dell’assegno di pensione e le esigenze di prepensionamento. È un cambio di prospettiva che l’Acli sente di poter appoggiare in vista di una riforma delle pensioni più equa, più flessibile e più stabile.

Equità delle pensioni, perché quota 100 non è stata la misura ‘per tutti’

Nell’analisi dell’Acli, il sistema previdenziale al quale i governanti dovranno giungere dovrà assicurare l’equità che quota 100 non ha garantito. Innanzitutto perché chi ha potuto beneficiare della misura sono soprattutto gli uomini con carriere lavorative più continue, situazione non replicabile per le donne per via delle interruzioni lavorative dovute alle gravidanze e al lavoro domestico. Arrivare a delle pensioni davvero eque significa assicurare trattamenti pensionistici per tutti, senza discriminazioni o situazioni di partenza che impediscano a chiunque di poter maturare i requisiti per una determinata misura.

Pensioni anticipate: troppi circa 43 anni di contributi per uscire da lavoro

In una situazione di carriere frammentate e discontinue, perfino i requisiti attuali di prepensionamento o di futura pensione delle giovani generazioni appaiono da riformare. È impensabile richiedere requisiti di pensione anticipata con circa 43 anni di contributi divenuti ormai un traguardo quasi irraggiungibile, così come i 71 anni di età ai quali andranno incontro i giovani come requisito aggiornato dalla speranza di vita dei prossimi anni.

Flessibilità delle pensioni, proposta di uscita tra 63 e 65 anni

In questo scenario, la flessibilità delle pensioni potrebbe risolvere varie situazioni. Intanto perché gli strumenti che dovrebbero garantire un’uscita agevolata ai lavoratori con particolari disagi economici o sociali (come l’opzione donna, l’Ape sociale o la stessa quota 100) si sono rivelati sistemi “rigidi” oppure “troppo selettivi”. La flessibilità dovrebbe assicurarsi con la libertà per il lavoratore di andare in pensione tra i 63 e i 65 anni, con un minimo contributivo che potrebbe essere fissato a 20 anni di versamenti.

Riforma pensioni, purché sia un sistema stabile e di regole certe

Infine, la riforma delle pensioni dovrà garantire la stabilità delle norme. Non è possibile accedere al mercato del lavoro con determinate regole pensionistiche e ritrovarsi le stesse stravolte dal passare degli anni, delle leggi e dei meccanismi di uscita. In tal senso dovrà essere superata anche la logica degli interventi sperimentali. Misure frammentarie, episodiche, valide per qualche anno hanno caratterizzato la materia previdenziale per troppi anni, soprattutto negli ultimi decenni.

Pensioni integrative in soccorso dei lavoratori del contributivo

E, da ultimo, tra le proposte dell’Acli figura quella di rendere obbligatoria l’iscrizione alla previdenza complementare. Uno strumento che potrebbe risolvere molte delle situazioni penalizzanti dei contribuenti, soprattutto dei giovani. Con un sistema previdenziale che tra qualche anno sarà costituito da soli lavoratori del contributivo, costruirsi una “pensione di scorta” non potrà che rafforzare la scelta flessibile per andare in pensione prima.

Pensione integrativa, quali sono i vantaggi fiscali?

Aderire a un fondo pensione non comporta solo benefici per la prestazione complementare, ma anche vantaggi dal punto di vista fiscale. E i benefici con il Fisco intervengono in tutte le fasi dell’adesione alla previdenza complementare, dalla contribuzione alla prestazione vera e propria una volta che il contribuente ha maturato la pensione.

Qual è il tetto massimo della deducibilità dei contributi versati al fondo pensione?

Nella fase della contribuzione, quanto si paga al fondo pensione è deducibile dal reddito complessivo. L’importo massimo deducibile è pari a 5.164,57 euro all’anno. Nel calcolo vanno escluse le quote del Trattamento di fine rapporto (Tfr) conferite al fondo pensione. Ma è possibile recuperare anche la quota che eccede il massimo della deducibilità annua.

Contributi non dedotti per il fondo pensione, il recupero all’atto della prestazione finale

Infatti, entro il 31 dicembre dell’anno susseguente a quello nel quale sono stati effettuati i versamenti al fondo pensione, il contribuente deve comunicare al fondo stesso l’importo dei contributi in eccedenza che non ha potuto dedurre dal reddito (e quindi anche dalla dichiarazione dei redditi). Questa eccedenza, sulla quale sono già state pagate le tasse, verrà esclusa dalla base imponibile nel momento in cui avverrà l’erogazione della prestazione del fondo pensione. Pertanto, l’eccedenza verrà liquidata integralmente.

Adesione al fondo pensione alla prima occupazione dei giovani: quali vantaggi?

Un ulteriore vantaggio si riscontra per i lavoratori la cui prima occupazione è successiva al 1° gennaio 2007. Infatti, nei 20 anni successivi ai primi 5 di versamenti al fondo pensione si possono dedurre annualmente dal reddito complessivo i contributi eccedenti l’importo massimo di 5.164,57 euro corrispondenti alla differenza tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente pagati nei 5 anni di partecipazione al fondo pensione. La differenza non può eccedere l’importo di 2.582,29 euro.

Pensione integrativa: limiti di deducibilità fiscale più vantaggiosi per i giovani

Questa regola serve ai giovani lavoratori per sfruttare il più possibile il limite di deducibilità. Infatti, all’inizio di un lavoro è difficile che si versino contributi in quantità tale da arrivare al limite della deducibilità di 5.164,57 euro. Il risultato sarebbe la perdita di quote di deducibilità. L’operazione, dunque, serve al lavoratore ad alzare la deducibilità annua dal sesto anno e per i successivi 20 anni di adesione al fondo pensione. In tal modo si recupera la deducibilità non sfruttata precedentemente.

Vantaggi fiscali sulle prestazioni della pensione integrativa e le anticipazioni

Sull’intero importo oggetto della prestazione previdenziale si applica l’aliquota del 23%. L’importo deve essere considerato al netto dei redditi già assoggettati all’imposta, come i contributi non dedotti. Sono escluse dal 23% le anticipazioni per le spese sanitarie sulle quali si applica l’aliquota del 15%. Anche questa aliquota si può ridurre di 0,3% punti percentuali per ogni anno eccedente il 15esimo di adesione al fondo pensione. Il limite minimo dell’aliquota è del 9%.

Riscatto di quanto versato al fondo per dimissioni o inoccupazione

Può capitare di dover richiedere il riscatto immediato totale di quanto versato al fondo pensione. Rientrano in queste casistiche la cessazione per dimissioni volontarie e l’inoccupazione fino a 48 mesi, compresa la mobilità.  In queste situazioni sull’intero importo, al netto dei redditi già soggetti a imposta e alle anticipazioni richieste, l’aliquota applicata è del 23%. Quanto calcolato è versato a titolo di imposta definitiva.

Riscatto parziale o totale di quanto versato al fondo pensione

È possibile richiedere il riscatto parziale o totale di quanto già versato al fondo pensione. Ciò avviene per:

  • inoccupazione al superamento del 24esimo mese;
  • inabilità;
  • decesso prima della maturazione della pensione.

Nei casi di riscatto si applica l’aliquota del 15%, da ridurre di 0,3 punti percentuali per ciascun anno successivo al 15esimo. Si può arrivare a pagare un’imposta del 9%, con 6 punti percentuali in meno (20 anni di contribuzione oltre il 15esimo).

Erogazione della Rita come formula di pensione anticipata

Prima di arrivare alla maturazione della pensione da lavoro, e quindi della prestazione anche del fondo pensione,  si può richiedere la Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). La ritenuta d’imposta ha la medesima percentuale (15% con riduzione di 0,3 punti percentuale per ogni anno successivo al 15esimo fino a scendere al 9%).

Fondo pensione, vantaggi fiscali connessi al pensionamento

Infine, ecco i vantaggi connessi al pensionamento, ovvero le prestazioni che spettano al contribuente una volta che ha maturato i requisiti per andare in pensione da lavoro. Sulla quota capitale, ovvero sull’importo della prestazione, è applicata come di consueto la percentuale del 15% con le dovute riduzioni di 0,3 punti fino a scendere al 9%.

Quota in rendita delle prestazioni del fondo pensione

Sulla quota in rendita, ovvero sull’importo della rendita inerente il capitale finale (al netto dei redditi già tassati e delle anticipazioni godute), l’aliquota è sempre del 15% con eventuali riduzioni di 0,3 punti percentuali per gli anni dopo il 15esimo. Sulla rivalutazione della rendita assoggettata alla fonte si applica l’imposta sostitutiva del 26%.

Come si calcola la rivalutazione della rendita delle pensioni integrative?

La rivalutazione della rendita delle pensioni integrative si calcola facendo la differenza tra l’importo annuo della rendita vitalizia in erogazione e la rata iniziale. Il tasso tecnico applicato è pari allo 0%. La quota di rivalutazione della rendita attribuibile ai proventi derivanti dai titoli pubblici è assoggettata alla percentuale del 26%. L’aliquota si applica su un imponibile ridotto al 48,08%.

Tassazione pensione integrativa e cumulo dei redditi

Infine, è da chiarire che sulle prestazioni integrative per l’adesione al fondo pensione si pagano solo le percentuali indicati e niente altro. Infatti, le prestazioni del fondo pensioni non vanno cumulate con altri redditi. Dunque, le pensioni integrative non vanno ad aumentare la tassazione ordinaria e non pregiudicano la possibilità di ottenere prestazioni sociali da parte dello Stato.

Pensione integrativa: cosa si ottiene con la previdenza complementare?

L’adesione ai fondi pensione non significa solo garantirsi una pensione di scorta una volta lasciato il lavoro per la vecchiaia, ma si possono prendere in considerazione anche altre opzioni per disporre del capitale versato. È infatti possibile trasformare l’intera posizione individuale in una rendita periodica. Ma anche ottenere somme fino alla metà del capitale accumulato in un’unica soluzione. Infine, si può richiedere l’intero capitale in presenza di determinate condizioni.

Ecco le possibilità della pensione integrativa

L’obiettivo principale di chi aderisce a un fondo pensione rimane quello di disporre delle somme accumulate per garantirsi una rendita integrativa una volta maturati i requisiti per la pensione di vecchiaia o, comunque, della pensione obbligatoria. Tuttavia è possibile ricorrere ad altre modalità di erogazione della prestazione per disporre delle somme versate.

Fondo pensione, cosa avviene al raggiungimento dei requisiti della pensione?

Nel momento in cui il contribuente al fondo pensione matura i requisiti per la pensione obbligatoria, con almeno cinque anni di partecipazione al fondo, può:

  • trasformato quanto versato nel fondo pensione in una rendita periodica e vitalizia, ricevendo ogni mese una pensione integrativa di quella obbligatoria;
  • ricevere fino al 50% del capitale accumulato in un’unica soluzione, continuando poi a usufruire del restante montante sotto forma di pensione integrativa mensile;
  • in alcuni casi, ovvero per gli iscritti al fondo pensione prima del 29 aprile del 1993, si può ricevere l’intero capitale accumulato.

Pensione integrativa, servono almeno 5 anni di contribuzione al fondo

Per poter accedere alle possibilità concesse dall’adesione al fondo pensione sono necessari cinque anni di contribuzione alla previdenza complementare. Il requisito può essere ridotto a tre anni nel caso in cui il contribuente abbia cessato l’attività lavorativa, perfino in mancanza della maturazione dei requisiti per la pensione obbligatoria.

Quali sono i fattori della scelta della pensione integrativa?

La scelta di aderire a un fondo pensione e quella successiva, di come utilizzare il capitale accumulato al raggiungimento dei requisiti della pensione obbligatoria, è puramente personale. Normalmente, l’adesione a un fondo pensione rappresenta una valutazione personale sulla base delle proprie esigenze. Di regola, chi versa a un fondo pensione lo fa perché intenzionato a incrementare il proprio futuro assegno di pensione, una volta terminata l’attività lavorativa. Diversamente, la liquidazione in un’unica soluzione (anche se parziale) rappresenta la soluzione per far fronte a spese impreviste o a investimenti futuri.

Pensione integrativa, da chi viene erogata?

La rendita mensile corrispondente all’adesione alla previdenza complementare viene erogata direttamente dal fondo pensione o, in alternativa, dall’impresa assicuratrice convenzionata con il fondo stesso. In tutti e due i casi, l’importo mensile proviene da un calcolo matematico che dipende dal capitale accumulato e dal coefficiente di trasformazione. Quest’ultimo parametro dipende dall’aspettativa di vita calcolata al momento del pensionamento, dai costi applicati e dal tasso tecnico di rendimento minimo garantito.

Pensione integrativa: l’anticipo della rendita per spese sanitarie o ristrutturazione prima casa

Infine, oltre alle possibilità che il risparmiatore ha a disposizione alla maturazione dei requisiti della pensione obbligatoria, vi sono situazioni nelle quali è possibile richiedere parte del capitale accumulato prima del raggiungimento dei requisiti previdenziali. Pertanto, il risparmiatore può richiedere in anticipo somme già nel periodo di accumulo. Si tratta di situazioni nelle quali il contribuente ha la necessità di sostenere delle spese sanitarie, oppure coprire la ristrutturazione o l’acquisto della prima casa. Infine si può richiedere un anticipo al fine di sostenere il reddito nel caso in cui subisca la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa.

Adesione al fondo, il reintegro nel caso in cui si richiedano anticipi del montante

In queste casistiche, l’adesione al fondo pensione può rivelarsi un investimento futuro nel caso in cui si presentino spese impreviste o comunque situazioni in cui sia necessario utilizzare dei risparmi accumulati. Naturalmente, nel caso in cui il risparmiatore decidesse di farsi anticipare dal fondo determinati capitali, ne risulterebbe ridotta la posizione individuale. La conseguenza è quella di una riduzione del montante a disposizione del contribuente al momento della pensione. È tuttavia possibile procedere con il reintegro delle somme prelevate.

Previdenza complementare e possibilità di accedere alla Rita

Ulteriore opzione per il lavoratore che decide di aderire alla pensione integrativa è quella della Rendita integrativa temporanea anticipata (Rita). Si tratta di un’altra formula previdenziale complementare, in presenza di determinati requisiti stabiliti dalla legge. La Rita consente di ottenere un’erogazione frazionata (rendita mensile) del montante dei contributi versati dal risparmiatore. La si può ottenere dalla richiesta di rendita fino al momento in cui maturi la pensione di vecchiaia.

Fondi pensione aperti: a quali lavoratori si rivolgono e cosa succede al Tfr?

Tra le diverse formule di pensione integrativa e di previdenza complementare, i fondi aperti rappresentano una soluzione in grado di soddisfare le esigenze di gran parte dei contribuenti. È importante conoscere le caratteristiche dei fondi aperti per comprendere a chi si rivolgono e fornire le più approfondite risposte ai dubbi più comuni, come quelli riguardanti l’obbligatorietà del versamento del Trattamento di fine rapporto.

Quali società istituiscono i fondi pensione aperti?

I fondi aperti di pensione sono istituiti dalle banche, dalle società di intermediazione mobiliare, dalle società che si occupano della gestione del risparmio e dalle assicurazione. Il patrimonio delle società che offrono fondi aperti risulta separato e autonomo nei riguardi della società che li ha istituiti.

Fondi pensione aperti, perché sono sicuri?

Proprio la separazione del patrimonio fa in modo che i fondi pensione aperti siano destinati solo per il pagamento delle prestazioni complementari agli iscritti. Pertanto, i creditori della società che li istituisce non possono rivalersi sul fondo stesso in caso di fallimento.

Fondi pensione aperti: tutte le informazioni sono presenti nel Regolamento

L’attività del fondo pensione aperto è disciplinata dal Regolamento che definisce le caratteristiche essenziali dell’investimento. Nel dettaglio il Regolamento contiene:

  • gli elementi identificativi del fondo pensione;
  • l’importo dei contributi;
  • il calcolo delle prestazioni,
  • le politiche di investimento;
  • le spese a carico dei destinatari per la partecipazione al fondo;
  • i profili dell’organizzazione, il responsabile e la struttura;
  • i rapporti con chi aderisce al fondo.

Chi può aderire ai fondi pensione aperti?

Chiunque può aderire ai fondi pensione aperti per costituire una rendita integrativa rispetto alla pensione lavorativa. Nel dettaglio, possono partecipare al fondo:

  • i lavoratori dipendenti;
  • gli autonomi;
  • i liberi professionisti.

È importante sottolineare che l’adesione al fondo pensione è aperta anche ai contribuenti che non svolgono alcuna attività lavorativa.

Fondo pensione aperto: l’adesione può avvenire anche collettivamente

Il fondo pensione aperto accetta adesioni non solo su base individuale, ma anche collettivamente. Il contribuente dipendente privato può partecipare al fondo sia individualmente che collettivamente. È il caso degli appartenenti a una impresa nelle modalità stabilite dai contratti di lavoro oppure dagli accordi e regolamenti aziendali. Inoltre, ai fondi negoziali la partecipazione collettiva può avvenire anche nella modalità tacita.

Adesione collettiva al fondo pensione aperto: non è prevista per i lavoratori del pubblico impiego e autonomi

La possibilità di adesione collettiva è tuttavia riservata alle realtà aziendali del settori privato. Infatti, ciò non avviene per i lavoratori del pubblico impiego che possono aderire solo su base individuale. La stessa situazione avviene anche per i liberi professionisti o i lavoratori autonomi: la loro adesione può avvenire solo individualmente. Tuttavia, si possono iscrivere al fondo di previdenza complementare anche i familiari a carico del lavoratore: la partecipazione, tuttavia, deve essere confermata dal Regolamento del fondo pensione aperto.

Fondi pensione aperti: cosa avviene al Trattamento di fine rapporto?

Nel caso in cui il contribuente partecipi al fondo pensione aperto in modalità individuale, non è obbligatorio versare il Trattamento di fine rapporto. Dall’altra parte, non è obbligatorio anche il contributo aggiuntivo versato dall’impresa, in assenza di accordi aziendali che possano prevedere la partecipazione dell’impresa stessa.

 

Pensione integrativa: firmato accordo col Fondo Perseo Sirio, dipendenti pubblici iscritti anche con il silenzio assenso

Previdenza complementare con silenzio assenso per i dipendenti della pubblico impiego assunti dopo il 1° gennaio. È stato firmato nella giornata del 16 settembre 2021 l’accordo per l’adesione al fondo Perseo Sirio a favore dei dipendenti della Pubblica amministrazione. L’intesa permette ai neoassunti a tempo indeterminato a partire dal 2019 di poter beneficiare dell’adesione alla previdenza complementare. Sono esclusi dalla possibilità di adesione al fondo i dipendenti che abbiano beneficiato di progressioni di carriera o che continuino a mantenere il previgente regime di Trattamento di fine servizio.

Pubblica amministrazione, chi può aderire alla previdenza complementare Perseo Sirio

L’accordo definisce la regolamentazione riguardante le modalità di espressione delle volontà di adesione al fondo di previdenza complementare Perseo Sirio. In tutto, solo nel 2019, i nuovi assunti sono stati circa 64 mila. Si tratta di personale immesso a partire dal 2 gennaio 2019. Oltre all’assunzione, per aderire al fondo, è necessario che l’amministrazione pubblica per la quale si lavora abbia aderito al fondo stesso. Si tratta del personale delle Regioni, degli enti locali, del Servizio sanitario nazionale, dei ministeri, della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle Agenzie fiscali, degli Enti pubblici non economici, delle Università e Ricerca, del Cnel e dell’Enac.

Chi rimane escluso dal fondo pensione Perseo Sirio

Rimane escluso dall’adesione al Fondo Perseo Sirio chi:

  • ha beneficiato di progressioni di carriera;
  • il personale che continua a mantenere il regime di Trattamento di fine servizio (Tfs) per la continuità del rapporto previdenziale;
  • chi è già iscritto al fondo per precedenti rapporti di lavoro.

Dipendenti del pubblico impiego, come si aderisce al fondo Perseo Sirio

Per aderire al Fondo Perseo Sirio, i dipendenti del pubblico impiego hanno due modalità. La prima consiste manifestando esplicitamente la volontà di adesione, anche attraverso il sito web, nelle forme e con le modalità consuete. La parte innovativa dell’accordo sottoscritta nella giornata del 16 settembre 2021 riguarda il silenzio assenso. Pertanto, all’atto dell’assunzione, il lavoratore riceve l’informativa dall’amministrazione sulle modalità di adesione. Nell’informativa, che deve essere menzionata nel contratto individuale, deve essere presente il riferimento al silenzio assenso.

Sito internet per aderire al Fondo Perseo Sirio

Il link per l’iscrizione al fondo è presente nell’informativa. Sul portale è possibile consultare le informazioni previste dai regolamenti Covip e accedere alla modulistica per aderire volontariamente. Inoltre, le amministrazioni devono rendere disponibili i moduli per la “non adesione”. Nei sei mesi successivi all’assunzione, se il dipendente pubblico non ha manifestato alcuna volontà (e non ha ancora firmato nemmeno il modulo della “non adesione”), viene iscritto automaticamente al Fondo a decorrere dal primo giorno del mese susseguente alla scadenza dei sei mesi di tempo.

L’adesione con silenzio assenso al fondo di pensione integrativa

Le amministrazioni, trascorsi i sei mesi dall’assunzione, entro il giorno 10 del mese successivo, comunicano al fondo i nominativi dei lavoratori iscritti con la modalità silenzio assenso, ovvero i dipendenti che non abbiano fatto adesione volontaria e non abbiano espresso la propria “non adesione” tramite gli appositi moduli. Entro 30 giorni dalla comunicazione ricevuta dall’amministrazione, il Fondo comunica al dipendente l’adesione mediante silenzio assenso. Nella comunicazione, il fondo specifica:

  • l’avvenuta adesione e la relativa data di decorrenza dell’iscrizione;
  • i flussi finanziari attivati e quelli attivabili;
  • il comparto destinatario del flusso di finanziamento al quale il lavoratore ha aderito col silenzio assenso;
  • la documentazione contenente il Regolamento Covip;
  • le modalità di recesso.

Recesso dei dipendenti pubblici dal Fondo di pensione complementare

I dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al Fondo Perseo Sirio con il silenzio assenso hanno 30 giorni di tempo dalla comunicazione di adesione per esercitare il diritto di recesso. Infatti, entro il giorno 10 del mese dalla comunicazione di adesione, il fondo invia alle amministrazione i nominativi dei dipendenti che hanno esercitato il diritto di recesso nel mese precedente. Il recesso è indispensabile per non attivare i flussi finanziari relativi al fondo di pensione complementare.

Pubblica amministrazione, adesione con silenzio assenso al fondo pensione integrativa

Per i dipendenti del pubblico impiego che sono stati iscritti al fondo pensione con il silenzio assenso e non hanno esercitato diritto di recesso nei termini stabiliti – ovvero entro un mese dall’avvenuta iscrizione – l’amministrazione di appartenenza inizierà a versare i contributi datoriali e il contributo a carico del lavoratore entro il secondo mese susseguente di comunicazione dell’adesione. Dall’attivazione del flusso dei contributi, l’amministrazione di appartenenza attiva le comunicazione all’ente previdenziale Inps.

Esempio di lavoratore assunto nella Pa e adesione al fondo previdenziale complementare

Un lavoratore assunto in una pubblica amministrazione il 1° dicembre 2021, ad esempio, nello stesso giorno riceve informativa del Fondo Perseo Sirio. Il 31 maggio 2022 scadono i sei mesi decorsi i quali, in caso di silenzio e di mancata domanda di “non adesione”, il lavoratore risulta iscritto. L’iscrizione al fondo, dunque, avrà luogo il giorno 1° giugno 2022. Entro il 10 luglio 2022 il fondo invia comunicazione all’amministrazione degli iscritti con silenzio assenso. Il lavoratore ha tempo fino al 9 agosto 2022 per esercitare il diritto di recesso. Il 10 settembre successivo il fondo comunica all’amministrazione l’elenco degli iscritti “consolidati”. Infine, entro il 30 novembre l’amministrazione attiva il flusso contributivo e le comunicazioni all’Inps.