Contratto di prestazione occasionale per le piccole imprese e i professionisti

Il contratto di prestazione occasionale viene stipulato tra un committente e un lavoratore che si obbliga a effettuare un servizio o un’opera, in cambio di un corrispettivo economico. Il prestatore non è tenuto a seguire le direttive del cliente in quanto a coordinamento, quindi, è libero di pianificare il lavoro a suo piacimento non sussistendo alcun vincolo di subordinazione. La prestazione occasionale è caratterizzata da un’attività lavorativa saltuaria e sporadica esercitata in modo non professionale. Prestazione e lavoro occasionale vengono compiuti senza partita IVA, visto l’assenza di abitualità.

A chi si rivolge

Il contratto di prestazione occasionale è rivolto a diverse categorie di lavoratori: professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, associazioni, fondazioni e altri enti privati, ma anche enti locali e pubbliche amministrazioni, imprese agricole, aziende alberghiere e strutture turistiche, onlus e associazioni che possono acquisire prestazioni di lavoro attraverso contratti di prestazione occasionale, per attività lavorative sporadiche e saltuarie, nel rispetto dei limiti economici previsti dalla norma.

I limiti economici

Il prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori, non può ricevere compensi annui complessivi superiori a 5.000 euro. Ogni utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori, non può elargire compensi annui complessivi superiori a 5.000 euro. Per le prestazioni totali rese dal prestatore per lo stesso utilizzatore, il compenso massimo è pari a 2.500 euro. Per i contratti di pensionati, studenti under 25, disoccupati e percettori di prestazioni di sostegno al reddito, l’ammontare può essere uguale o inferiore a 6.666 euro. L’ammontare dei compensi è inteso al netto di contributi, costi di gestione e premi assicurativi.

Il prestatore ha diritto all’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, con iscrizione alla Gestione Separata e all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Contratti di prestazione occasionale per le imprese

Nel caso in cui gli utilizzatori siano le imprese, esse devono avere alcune peculiarità: non avere più di cinque dipendenti con un contratto a tempo indeterminato e le amministrazioni pubbliche (solo per l’utilizzo di progetti speciali a favore di categorie di soggetti in stato di povertà, disabilità, tossicodipendenza, detenzione, di fruizione di ammortizzatori sociali, lavori di emergenza legati a eventi naturali improvvisi o calamità, attività di solidarietà, organizzazione di manifestazioni).

Il DL n. 87/2018 convertito con modifiche dalla Legge n. 96/2018 prevede che anche le aziende alberghiere, le strutture turistiche (fino a otto lavoratori) e le aziende agricole (fino a cinque dipendenti) possono essere utilizzatori del contratto di prestazione occasionale. Tuttavia, sussistono ulteriori condizioni per esse, che permettono di fruire della prestazione occasionale. Infatti, l’attività deve svolta da titolari di pensione di vecchiaia o di invalidità; da under 25 (iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, ovvero a un ciclo di studi universitario); da disoccupati, da percettori di prestazioni di sostegno del reddito. Per quanto concerne le aziende agricole, i lavoratori che prestano la loro opera in modo occasionale non devono iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

Contratti di prestazione occasionale per i liberi professionisti

L’Agenzia delle Entrate ha posto il divieto ai liberi professionisti iscritti ad albi o ruoli professionali di utilizzare i contratti di prestazione occasionale, in quanto possono operare solo con partita Iva.

Tuttavia, esiste un caso in cui il libero professionista iscritto al proprio ordine professionale può diventare utilizzatore di una prestazione occasionale. Ovvero, quando l’attività oggetto della prestazione occasionale è scollegata dalle attività tipiche del proprio albo professionale. Per esempio, un avvocato che presta occasionalmente la sua opera nell’ambito artistico o un commercialista che compie una prestazione occasionale nell’ambito informatico. Nei casi citati, il professionista deve emettere una ricevuta.

Come funziona il contratto di prestazione occasionale

Per accedere alle prestazioni occasionali, gli utilizzatori devono attivare il contratto almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, versando le somme utilizzabili tramite la piattaforma INPS a cui si è registrato preventivamente online o attraverso il contact center. Dopodiché, deve procedere all’invio della comunicazione relativa alla prestazione lavorativa, fornendo i dati identificativi del prestatore; il luogo di svolgimento della prestazione; l’oggetto della prestazione; la durata (indicando date e orari di inizio e fine prestazione) o, per l’imprenditore agricolo, l’azienda alberghiera, la struttura ricettiva che opera nel settore del turismo o l’ente locale, la durata della prestazione con riferimento a un arco temporale non superiore a dieci giorni; il compenso pattuito (minimo 36,00 € al giorno e non inferiore a 9,00 € l’ora, eccezion fatta per i diversi limiti previsti per il settore agricolo) e altre informazioni per la gestione del rapporto.

Al compenso del prestatore si applicano alcuni oneri a carico dell’utilizzatore: il 33% di contributi versati alla Gestione Separata INPS, il 3,5% per l’assicurazione INAIL. Sui versamenti complessivi effettuati dall’utilizzatore è trattenuto dall’INPS l’onere di gestione nella misura dell’1%.

Limiti e divieti

L’utilizzatore del contratto di prestazione occasionale non può fruire dell’attività da parte di prestatori con cui abbia in corso o abbia cessato da meno di sei mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa. Non ne possono usufruire imprese edili e similari, imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo, imprese del settore delle miniere, cave e torbiere. E’ fatto divieto di utilizzo in ambito di esecuzione di appalti di opere o servizi.

Sanzioni

Se accade che i limiti economici non vengano rispettati (2.500 euro netti annui a favore dell’utilizzatore stesso) o della durata totale della prestazione occasionale (superiore a 280 ore, eccezion fatta per le pubbliche amministrazioni), il contratto di prestazione occasionale si trasforma in un contratto di lavoro indeterminato e a tempo pieno.

Casse previdenziali professionisti: tutto quello che c’è da sapere

Con la dicitura casse di previdenza per i professionisti si fa riferimento agli enti che come attività principale, si occupano di riscuotere e gestire i contributi previdenziali dei loro iscritti. Ecco come funzionano.

Casse previdenziali professionisti: quali sono i compiti?

Per quanto riguarda il profilo previdenziale, spesso molti professionisti, sono tutelati da casse per singola categoria. Per quelle figure professionali in cui invece non è prevista, vige l’obbligo di iscriversi presso l’INPS. L’istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) è il più importante ente previdenziale d’Italia. Tra le sue attività principale rientra, senza dubbio, quella del pagamento delle pensioni. Ma non solo, offre anche molteplici servizi tra cui la malattia, la disoccupazione, erogazione di assegni per nucleo familiare o similari. Inoltre, tramite il prelievo dei contributi si occupa:

  • dell’apertura del conto assicurativo di lavoratori autonomi e dipendenti, statali e privati;
  • dell’iscrizione delle aziende;
  • le visite mediche per le cure termali;
  • denunzia di rapporto di lavoro domestico;
  • rilascio dell’attestato conto assicurativo e certificativo;
  • emissione di modelli di certificazione fiscale.

Cassa previdenziale: alcune tra le quelle più importanti

Accanto all’INPS esistono anche altre casse specifiche per categorie di professionisti. Di seguito, quelle più comuni:

  • la Cassa dei Geometri;
  • la Cassa Nazionale di Previdenza dei Ragionieri;
  • la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Dottori Commercialisti;
  • Inarcassa (Architetti ed Ingegneri);
  • la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense;
  • l’INPGI Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani;
  • Epap per dottori agronomi, forestali, chimici e geologi;
  • Enpapi per la professione infermieristica;
  • Casagit, cassa autonoma per i giornalisti italiani.

Se da una parte lo scopo di queste casse è proprio gestire i contributi previdenziali e fornire assistenza agli iscritti, dall’altra rappresentano un costo per i liberi professionisti.

Cassa previdenziale: l’aspetto dei finanziamenti

Alle casse previdenziali non sono consentiti Finanziamenti pubblici con esclusione di quelli connessi a sgravi di tipo fiscale e riferiti a oneri sociali. Lo scopo delle casse è quindi di interesse pubblico. Le Casse sono pubbliche amministrazioni che si occupano dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e vecchiaia rientrante nella previdenza sociale che, ex art. 38, quarto comma Cost. e art. 1 l. n. 146/1990, costituisce pubblico servizio.

Questo principio è stato sancito dalla Corte di Cassazione n. 7645 del 2020. Inoltre, le casse devono sempre trovarsi in una condizione di equilibrio finanziario, in riferimento ad un arco temporale di 30 anni. Questo principio permette di avere una fluidità e regola fiscalizzazione di contributi previdenziali. E’ ancora in sospeso l’aspetto relativo agli investimenti delle casse di previdenza.

Casse previdenziali: i codici di trasparenza

Tutte le casse previdenziali devono seguire codici di trasparanza, secondo le linee guida ADEPP. L’Adepp è l’associazione degli Enti previdenziali privati. Oggi al suo interno ci sono 18 casse di previdenza private e privatizzate e due casse di assistenza. Quindi rappresenta circa un milione di 600 mila professionisti. Le casse previdenziali devono svolge la loro attività in maniera chiara. E i bilanci devono quindi essere veritieri, secondo i principi contabili che impongono di usare il mark to market per valutare attività e passività finanziarie. Solo attraverso la trasparenza, infatti, è possibile assicurare la permanenza della cassa stessa e l’assistenza adeguata ai propri iscritti.

Le nuove figure professionali della moda e del design

Il mercato del lavoro cambia a seconda delle richieste da parte delle aziende, ma anche a seconda delle professioni che nascono, e in questo periodo di grande fermento, soprattutto dal punto di vista digitale e tecnologico, se ne contano molte.

Prendendo in considerazione, ad esempio, le nuove discipline del design, che fanno riferimento, per quanto riguarda il percorso di studi, all’Ied, Istituto europeo di design, se ne individuano addirittura dieci. Alcune sono professioni già conosciute, altre un po’ più di nicchia, ma tutte destinate a ricavarsi un’ampia fetta di mercato.

Vediamo quali sono:

  • Big data specialist: i big data rappresentano un bacino inesauribile di possibili e preziose informazioni da sfruttare in chiave commerciale. Le aziende si sono o si stanno attrezzando per disporre di figure specifiche che se ne occupino, e sul mercato non ce ne sono ancora a sufficienza per rispondere a questa domanda.
  • Influencer strategist: si prevede che nell’anno appena cominciato l’investimento in campagne con influencer aumenterà del 39%. La figura dell’influencer strategy si affianca a quella dei professionisti del digital, per arrivare non solo a sviluppare dati, ma anche affinare creatività e strategia.
  • Brand extension and licensing manager: si tratta di una figura che port ail suo brand di appartenenza a collaborare con altre realtà, per percorrere strade non ancora battute ma ricche di potenzialità. Chi se ne occupa deve necessariamente avere una visione molto ampia e innovativa, in grado di prevedere le possibilità.
  • Vintage system specialist: il vintage, nell’ambito della moda, piace molto, ma ancora non esiste una figura professionale specializzata. L’esperto del vintage può operare in vari settori, e non solo nella moda, ma anche nel design, nell’estetica e nella comunicazione.
  • Retail designer e scenografo degli eventi: essere architetti o interior designer a volte non basta, poiché occorre a volte saper fornire soluzioni specifiche che possano permettere al punto vendita di distinguersi e di offrire ai propri clienti un valore aggiunto notevole.
  • Illustratore grafico: è colui che riassume due figure professionali e che è in grado di offrire proposte molteplici su due piani che di solito viaggiano distinti., ovvero la grafica e l’illustrazione.
  • Curatore di mostre ed eventi artistici: si tratta sicuramente di una figura basilare per la comunicazione e per l’arte, che deve necessariamente avere competenze estetiche ma anche interpretative e culturali piuttosto spiccate e affinate, e ovviamente essere sempre aggiornata.
  • Lighting designer: sono molti gli architetti e i designer che si rivolgono a queste figure professionali per definire il ruolo della luce all’interno delle loro realizzazioni. E possono farlo in maniera specifica ed esauriente grazie anche alle tecnologie a loro disposizione.
  • Art director: è sempre richiesto dalle agenzie creative, costantemente impegnate nell’ideazione e realizzazione di campagne che generino valore per il brand da trasformare in business. Questa è una figura in continua evoluzione, che richiede un costante aggiornamento sia per quanto riguarda i canali mediatici sia per le tecniche esecutive.

Vera MORETTI

Gli ingegneri e l’Ilva di Taranto

L’Ilva di Taranto è ormai da anni una ferita aperta nel territorio, per sanare la quale politica, istituzioni e professioni provano a fare quello che riescono. Anche gli ingegneri sono in prima fila su questo fronte, come dimostra la conferenza stampa di presentazione del convegno “Ripensare l’industria siderurgica in Italia. Ilva: attualità e prospettive” – previsto a Taranto a metà settembre – che si è tenuta la scorsa settimana nella sede del Consiglio Nazionale degli Ingegneri a Roma.

E la posizione della categoria è chiara, come ha ricordato Armando Zambrano, presidente del Cni, nel suo intervento iniziale: “L’impegno degli ingegneri italiani sul caso Ilva parte da lontano. Oltre al tema della sicurezza, nostro compito istituzionale, già nel 2014 ci eravamo chiesti quale potesse essere il futuro della siderurgia italiana, attraverso una ricerca del nostro Centro Studi. Nel frattempo si sono succeduti tanti decreti salva Ilva che, però, non hanno portato ad alcuna soluzione. A questo proposito vogliamo dire che noi non promuoviamo o sosteniamo alcun orientamento specifico, non propendiamo per una soluzione o l’altra. Ciò che vogliamo fare, una volta che la politica renderà note le proprie scelte, è mettere a disposizione le nostre competenze per operare una verifica oggettiva dei progetti in campo, basata sulla tutela dell’ambiente, della sicurezza e della salute dei cittadini”.

Di Ilva si parla da tanto tempo – ha aggiunto il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Taranto, Antonio Curri -. Noi ingegneri vogliamo dire la nostra sul tema, avendo tutte le competenze necessarie per farlo”.

È toccato poi al consigliere Cni Angelo Masi, promotore del convegno, aggiungere qualche dato a sostegno dell’evento di settembre: “Dall’indagine effettuata dal nostro Centro Studi risulta che gli ingegneri italiani sono ancora favorevoli alla produzione da parte dell’Ilva, purché vengano offerte tutte le garanzie possibili. A questo punto attendiamo che la politica faccia la sua parte. Una volta esaminati decreti e norme, saremo pronti a dare il nostro contributo tecnico. In questo senso il convegno di settembre sarà un importante momento di confronto”.

Anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha promosso l’iniziativa degli ingegneri: “Considero il vostro un intervento patriottico. Nel senso che con questo convegno sull’Ilva di Taranto puntate a mettere assieme tutti gli elementi che possano aiutare chi di dovere a prendere una difficile decisione. Senza un approccio tecnico alle questioni non si ottiene nulla. Il quadro a Taranto è complesso. La storia dell’Ilva è drammatica. Intanto pende un processo presso la Corte d’Assise di Taranto che parte dall’ipotesi che i fumi nell’aria abbiano avvelenato la catena alimentare e dove la Regione è parte civile. Poi ci sono le procedure di infrazione delle normative europee. Infine, l’ipotesi che i decreti del Governo sull’Ilva non siano compatibili con la dichiarazione dei diritti dell’uomo. Insomma, siamo di fronte ad una vicenda complicata che necessita di accurate valutazioni tecniche e per quelle servono gli ingegneri”.

Molinari (Confassociazioni) sui Fondi Europei per i professionisti

La dimensione europea dei professionisti e delle professioni è sempre al centro delle riflessioni di Confassociazioni. Ne è una dimostrazione la nota con la quale Enrico Molinari, Vice Presidente Esecutivo di Confassociazioni International, è intervenuto sull’accesso dei professionisti ai fondi europei.

Grazie all’Entrepreneurship 2020 Action Plan approvato dalla Commissione europea – ha affermato il Vice Presidente Esecutivo di Confassociazioni International -, è stato riconosciuto il contributo economico e sociale delle libere professioni alla crescita del Pil europeo, con la conseguente possibilità di beneficiare dei fondi comunitari gestiti direttamente da Bruxelles e di accedere ai finanziamenti indiretti dei Paesi Membri attraverso i Programmi Operativi Nazionali e Regionali”.

Questa fondamentale novità nella Programmazione EU 2014-20 – ha proseguito Molinaripermetterà ai professionisti impegnati in attività scientifiche, tecniche e intellettuali, in Italia circa il 45% donne, di utilizzare direttamente gli strumenti sino ad ora dedicati alle imprese. Per questa ragione la creazione dello Sportello Nazionale per i Fondi Ue di Confassociazioni, al di là della formazione legata all’Europrogettazione per l’accesso ai fondi, avrà come obiettivo il condividere, con tutta la Rete, le opportunità, alla luce degli orientamenti comunitari e dell’evoluzione legislativa nazionale. Agevolazioni per l’accesso al credito, semplificazione amministrativa e fiscale per gli investimenti diretti privati, strumenti di finanziamento per start-up, educazione e formazione all’imprenditorialità, creazione di piattaforme collaborative, rafforzamento dell’interazione tra Commissione e Professioni, sono tutti temi che possono migliorare il potenziale imprenditoriale italiano sui mercati esteri”.

Parallelamente, analizzando i più importanti progetti finanziati europei di cooperazione territoriale – ha proseguito il Vice Presidente Esecutivo di Confassociazioni Internationall’esperienza ci dice che il contributo di manager e di professionisti è da tempo utilizzato in funzioni di coordinamento e di direzione. Ad esempio nell’analisi dei rischi ambientali, nel coaching su piani di internazionalizzazione d’impresa, nella definizione delle politiche di crescita dei sistemi produttivi e culturali locali e nella leadership di progetti strutturati di innovazione e di ricerca”.

Confassociazioni con questo ulteriore servizio – ha concluso Molinarisi conferma un acceleratore nell’utilizzo efficiente delle risorse europee destinate alle sue 221 Associazioni, rappresentative di oltre 415mila professionisti e di 120mila imprese. Lo Sportello, guidato da Emilio Della Penna in qualità di Responsabile del processo di selezione e valutazione dell’accesso alla progettazione e ai fondi UE, vede la presenza di una squadra forte e capillare sul territorio nazionale in cui Confassociazioni è maggiormente rappresentata. L’obiettivo è quello di fornire il maggior numero di opportunità ai nostri associati che fanno della rete e della condivisione delle competenze il leitmotiv della loro professione”.

Confassociazioni e l’importanza della formazione

Confassociazioni porta l’attenzione sull’importanza della formazione e dell’educazione nella vita e nel lavoro dei professionisti con una nota di Gianfranco De Lorenzo, presidente Confassociazioni Education: “La conoscenza – afferma De Lorenzo – è il più importante elemento di innovazione e rafforzamento teso a migliorare le condizioni di vita personali e professionali di ogni persona”.

Se è vero che scuola e università – continua De Lorenzo, che è anche presidente FEPP (Federazione Europea dei Professionisti della Pedagogia) – devono rappresentare un punto di riferimento per formare nuove generazioni di lavoratori e imprenditori, è pur vero che tale compito deve diventare un impegno di tutti. Dar vita, cioè, ad una nuova education, vista non solo come formazione, scuola e università, bensì come sviluppo, crescita ed innovazione. E attraverso la costruzione di più punti di osservazione e di maggiori connessioni tra i capitali intellettuali la persona/lavoratore/imprenditore può sviluppare la propria complessità professionale e superare modelli e funzioni ormai stantii. Una vera e propria sfida in un momento in cui la scuola sembra aver perso il suo ruolo istituzionale, ovvero garantire più qualità educativa a tutti”.

Solo una maggiore attenzione politica, un maggiore investimento anche in termini di risorse economiche, una stretta alleanza di forze diverse – conclude il presidente di Confassociazioni Educationpuò favorire il superamento delle difficoltà e degli ostacoli. Il fatto che moltissimi giovani preparati si siano trasferiti all’estero affermandosi come ricercatori e docenti è la dimostrazione che il sistema formativo italiano è in grado di produrre eccellenze, ma non è capace di offrire adeguate prospettive economiche e di carriera. E laddove manca una efficace connessione tra la formazione e il mondo del lavoro c’è il rischio di perdere la sfida di un’evoluzione scaccia crisi e al passo con i tempi”.

Quella legge s’ha da fare

di Davide PASSONI

L’Italia è il Paese del sole, dei campanili e delle… professioni. Non che non lo sapessimo, ma con il tour che Infoiva ha intrapreso durante la settimana attraverso il mondo delle professioni cosiddette “non regolamentate”, ne abbiamo avuto l’ulteriore conferma. Professionisti che guardano con diverso interesse e differenti punti di vista alla legge di riforma delle professioni che entro l’anno dovrebbe avere il via libera dal parlamento.

Un universo variegato, con le istanze più diverse, che si possono però riunire sotto l’auspicio che il presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi, ha espresso a Infoiva: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati“. Ci sono associazioni come Adico i cui associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda, operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti, e ci sono realtà come ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management, che ritengono fondamentale il riconoscimento della propria professionalità da parte di istituzioni e mercato.

E se il presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno è certo che “dalla riforma delle professioni deriverà un futuro importante sia per gli iscritti all’INT sia per la loro utenza“, per Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement, la chiave del domani sta nella segmentazione delle professionalità, nel pragmatismo e nella capacità di fare rete.

Insomma, come avrete capito, la frammentazione delle idee e degli auspici è varia e diversa almeno quanto le professioni stesse. E se su un punto più o meno concordano tutti, Infoiva compresa (la legge di riforma delle professioni serve), sul futuro le visioni sono le più disparate. L’Italia è bella perché è varia…

Leggi l’intervista al presidente del CoLAP, Giuseppe Lupoi

Leggi l’intervista a Eugenio Casucci, consigliere delegato di ADICO, Associazione italiana per il marketing, le vendite e la comunicazione

Leggi l’intervista a Paola Palmerini, presidente di ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management

Leggi l’intervista al presidente dell’Istituto Nazionale Tributaristi, Riccardo Alemanno

Leggi l’intervista a Vincenzo Acquaviva, Presidente di Federmiddlemanagement

“Il corporativismo? Non regge più”

 

di Davide PASSONI

Continua il viaggio di Infoiva tra alcune delle più rappresentative associazioni professionali italiane, per tastare il polso di un settore che, nell’attesa del rush finale per la riforma delle professioni, vive umori altalenanti tra il timore e l’aspettativa. Oggi tocca all’Istituto Nazionale Tributaristi e al suo carismatico presidente, il dott. Riccardo Alemanno.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Un futuro importante sia per gli iscritti che per l’utenza. Con l’approvazione della Legge sulle Libere Associazioni si concretizzerà, anche a livello legislativo, quel sistema duale che da decenni è presente sul mercato dei servizi professionali e ciò rappresenterebbe la prima vera modernizzazione normativa del sistema delle professioni nel nostro Paese. Le  Libere Associazioni di rappresentanza professionale come l’INT avrebbero un ulteriore peso anche normativo circa la funzione di aggregazione e controllo con un  importante valore aggiunto per il singolo professionista, poiché la sua iscrizione rimane volontaria e non obbligatoria, quindi nessun albettino di serie B.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Siamo abituati a non dare false aspettative ai nostri iscritti e quindi a non creare false illusioni: i tributaristi dell’INT sanno che la Legge sulle Libere Associazioni professionali è sì importante, ma non andrà ad intaccare minimamente l’attività attualmente esercitata. Quello che sanno è che essere iscritti ad un’Associazione come l’INT costituisce già un valore aggiunto, con l’approvazione della Legge tale valore aggiunto avrà anche uno specifico riconoscimento normativo e questo nel nostro Paese, dove è quasi indispensabile una sorta di ratifica pubblica, spero possa far sì che il Legislatore, un domani, possa meglio ricordarsi che il settore professionale in Italia è costituito dal sistema ordinistico e da quello associativo.

Tributaristi italiani: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Una forte dedizione nello svolgimento dell’attività professionale e questo in prima persona: il tributarista per struttura e forma mentis ha un rapporto diretto con la propria utenza, certamente si avvale di dipendenti e collaboratori, ma è il vero punto di riferimento della clientela. Questa peculiarità, che normalmente si ha solo all’inizio dell’attività professionale, se mantenuta nel tempo e accompagnata da un continuo aggiornamento professionale può essere veramente la carta vincente della propria affermazione professionale, sicuramente ne caratterizza positivamente la professionalità.

INT fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
L’INT è stato tra i fondatori del CoLAP, proprio per avere un’unica voce su istanze di carattere generale come quella relativa all’attuale Legge e per fornire un forte contributo alla riforma del settore professionale, poiché le differenti caratteristiche delle oltre duecento Associazioni rappresentate dal Coordinamento costituiscono un grande valore aggiunto per meglio comprendere le esigenze del mercato sia dal punto di vista degli operatori sia dei cittadini. Diverse, invece, le singole istanze dello specifico segmento di riferimento: in questo caso è importante avere un’Associazione strutturata e in grado di dialogare e confrontarsi direttamente con le Istituzioni.

Non vi sentite, qualche volta, “figli di un dio minore”?
No, perché riteniamo, semmai, di avere un ruolo fondamentale e di forte innovazione. L’importante è avere sempre ben presente che i cambiamenti, in un settore così radicato nelle tradizioni come quello delle professioni, hanno bisogno di tempi lunghi: servono tenacia nel proporre le proprie ragioni e grande capacità di dialogo e mediazione per affrontare i tanti ostacoli che quotidianamente incontriamo nel nostro percorso di crescita.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Il corporativismo come difesa di categoria se può avere avuto ragione d’essere in epoche passate, radicandosi nel nostro Paese in tutti i settori e non solo in quello delle professioni, oggi, in un mercato libero e dinamico non può più reggere:  la propria attività non si difende alzando barriere e ricercando nuove riserve ma con la professionalità. Purtroppo oggi abbiamo atti di corporativismo  ancora molto forti ed anche  supportati da rappresentanti dalle Istituzioni. Il percorso sarà pertanto difficile, ma credo che ciò che si è iniziato, ovvero la modernizzazione del settore, sia ormai irreversibile nonostante le tante resistenze.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Contare di più come Associazione dipende dalla volontà dei nostri iscritti e dalla capacità di mettere in campo richieste e darsi obiettivi che non vadano solo a beneficio dei singoli tributaristi ma di tutto il Paese. Ricordo che i professionisti iscritti alle Associazioni, prima di essere tali sono cittadini-contribuenti, per cui, ma questo dovrebbe valere veramente per tutti, prima ancora dei propri singoli interessi devono e vogliono salvaguardare l’interesse generale: solo così il nostro Paese potrà avere un futuro migliore da offrire alle nuove generazioni.

Temporanei per scelta, professionisti per vocazione

di Davide PASSONI

Sarà che in Italia nulla è più duraturo del temporaneo, fatto sta che esiste una professione – guarda caso non regolamentata – che con il perdurare della crisi economica e l’evolversi delle esigenze “manageriali” delle aziende assume sempre maggiore valore, ma che pochi conoscono. Si tratta del temporary manager, professione le cui istanze sono sostenute e difese da ATEMA, l’Associazione per il Temporary Management. Quattro chiacchiere con la presidente Paola Palmerini, aiutano a capire perché un manager temporaneo non è “figlio di un dio minore” rispetto ai colleghi “stanziali”.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
Il disegno di legge 3270 è frutto di un grande lavoro eseguito dal CoLAP, con il quale ATEMA ha sempre cooperato, in particolare con il comitato scientifico, presieduto da Angelo Deiana. Si comincia finalmente – mediante il riconoscimento delle professioni non organizzate in ordini e collegi – a riconoscere che esistono attività che sono vere professioni al di fuori di quelle regolate da ordini o albi. Il Temporary Manager è una di queste: una identità professionale che ATEMA ha contribuito a delineare nelle specificità e contestualità di applicazione nel nostro mercato, la cui qualificazione è promossa da ATEMA mediante un processo non autoreferenziale che funge da indirizzo per l’aggiornamento continuo del singolo professionista e da trasparenza e equità al mercato delle imprese che intendono usufruire del servizio di temporary management.

E per il temporary manager in particolare, quale futuro?
E’ un momento molto importante, un percorso iniziato già dalla legge 206/2007 della Comunità Europea alla quale come Associazione ci siamo adeguati, e per i TM: una figura professionale che diventa visibile anche in Italia, che è costituita da manager preparati a svolgere la professione del manager come liberi professionisti, generando valore economico nelle imprese indipendentemente dalla tipologia di contratto di lavoro con il quale il loro apporto è regolato. Siamo consapevoli, e ATEMA è in questo impegnata,  che ciò implica competenze, abilità, formazione continua, multidisciplinarità, merito e competitività professionale. Ma ciò rende anche trasparente e competitivo il mercato, ed anche in questo .

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Dicono “finalmente!!!” se la legge sarà approvata, anche se l’umore oggi è più condizionato dalla situazione economica, dal lavoro sempre meno riconosciuto come valore economico in particolare nei servizi. Riconoscono l’impegno che ne consegue sia personale che della associazione, ma credo vedano cominciare ad aprirsi spiragli di maggior applicazione del temporary management. Il problema: le culture  – imprenditore e manager esterno – che devono imparare ad avvicinarsi, trovare sinergia nella distinzione di responsabilità e di abilità, nella esecuzione di un progetto comune per l’azienda.  ATEMA ha sviluppato su questo una specifica formazione sia per imprenditori che per manager. Attraverso un networking sempre più di contenuti, ATEMA ha poi generato possibili contatti con nuovi soci che vengono dai Paesi in cui il temporary management è normale professione manageriale, come Regno Unito e Usa, ha generato la possibilità di incontro tra soci che hanno creato nuove imprese, ACTISS Italia ne è un esempio (opera nel campo delle risorse umane e consulenza per temporary manager e imprese) e altre in campi di servizi o industriali.

Temporary manager: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Sono buoni, anzi devono essere ottimi manager – perché lavorano con tempi e condizioni di solito di emergenza, si pensi al turnaround, o di start up, le quali non devono durare come start up in eterno… altrimenti addio reddittività ordinaria. Sono Liberi Professionisti, e quindi marketing, commerciale si deve affiancare alle capacità gestionali e di problem solving, e perché no anche a quelle di natura imprenditoriale, quindi assunzione di rischi, sapendoli valutare. Tutte queste ed altre sono oggetto del ns processo di qualificazione della professione del temporary manager.

ATEMA fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
E’ stato fondamentale, sia per la forza di impatto quantitativo che da soli – in un mercato ancora così lontano dall’anglosassone nel tema del temporary management – non avremmo avuto la forza, sia per aver favorito, e oggi credo ancor più,  le alleanze tra associazioni: fattore determinante a mio parere per il prossimo futuro. E poi si è fatto squadra, e credo sia significativo oggi più che mai.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Rendita di posizione, forti personalismi ed interessi, anche non sempre palesi conflitti, difficoltà nel ricercare conciliazioni (win-win) rispetto ad una più facile e meno complessa gestione del mantenimento dello status quo, scarsa propensione a guardare oltre il proprio confine e interpretare bisogni delle comunità civili.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
Non c’è dubbio: avere il riconoscimento da Istituzioni e mercato (quindi le norme e la comunicazione) della professione del temporary manager e della Associazione (siamo  l’unica aggregazione in forma Associativa regolamentata, che da tempo promuove il temporary management e da prima del 2007 rappresenta secondo le regole della legislazione in vigore la identità della professione del temporary manager). Abbiamo da poco incontrato UNI per avviare il nostro gruppo di lavoro per la norma tecnica della professione temporary manager. Ovviamente il numero degli iscritti, non solo per la rappresentanza, ma ancor più per la qualità del confronto e la cooperazione che deve essere il più ampio possibile per una professione così trasversale.

Poi?
Infine, ma non ultimo, la cooperazione con le Imprese e le aggregazioni, associative e non, di impresa: il valore del temporary management è una grande forma di flessibilità e progettualità, senza perdere in qualità professionale e del servizio, anzi!

Non regolamentati a chi? L’esercito dei professionisti senza ordini si fa sentire

di Davide PASSONI

Ormai al capolinea l’esperienza del governo Monti, resta ora da vedere quali “lavori” rimarranno in sospeso, quali saranno portati a termine, quali passeranno nelle mani del nuovo esecutivo.

Tra i “cantieri aperti” lasciati dal governo Monti, uno dei meno propagandati ma che riguarda in realtà decine di migliaia di persone è la cosiddetta “riforma delle professioni” o degli ordinamenti professionali. Un testo sul quale è stato fatto un lungo tira e molla, soprattutto da parte degli ordini professionali più potenti; un testo nato con l’idea di rendere meno cogente l’accesso alle professioni in Italia, cercando di trasformare gli ordini che – spesso con eccessiva demagogia – sono visti come dei fortini inespugnabili, in qualcosa di più aperto.

In realtà, però, non tutti sanno che nel nostro Paese esiste un esercito di professionisti che appartengono a professioni “non regolamentate”, ossia professioni per le quali non esistono degli ordini che ne tutelino interessi, posizioni, istanze in sede istituzionale e civile. Si tratta di professioni tra le più disparate: si va dai naturopati ai musicoterapeuti, dai temporary manager ai sociologi, dai direttori commerciali e marketing manager agli armonizzatori familiari. Una schiera di professionisti che, se anche non hanno il blasone di avvocati, notai, giornalisti, hanno comunque un percorso di studi e formazione e un valore sociale della loro professione assolutamente comparabili ai loro.

Ecco perché questa settimana Infoiva dà voce a loro: perché la professione, qualunque essa sia, è prima di tutto un valore e una scelta di vita e di impresa che portano ricchezza a chi li sceglie; perché Infoiva è il quotidiano delle partite Iva e ciascuno del professionisti “non regolamentati” merita di trovarvi spazio; perché la professione e la professionalità, se correttamente vissute e praticate, hanno una forza e una dignità che prescinde dall’esistenza o meno di un ordine.