Quota 103 nel 2024, cosa cambia? Requisiti e finestre di accesso

La manovra di bilancio 2024 entrata in vigore il 1° gennaio ha provveduto all’estensione di Quota 103, anticipo pensionistico rispetto alla legge Fornero, ma quali sono i requisiti e come sono calcolati gli importi? Ecco tutte le novità che entrano in vigore per chi matura i requisiti nel 2024.

Quota 104 nel 2024, ridotti gli importi

In attesa di una riforma strutturale delle pensioni che possa portare al superamento della legge Fornero si continua a provvedere attraverso anticipi pensionistici, temporanei. Il problema è sempre uno: far quadrare i conti.

La prima cosa da dire è che, sebbene abbia mantenuto il nome, cioè Quota 103, non sono applicate le stesse condizioni del 2023.

Quota 103 prevede ancora la possibilità di andare in pensione al compimento di 62 anni di età a condizione che siano maturati almeno 41 anni di contributi.

Chi ha maturato i requisiti per accedere a Quota 103 nel 2023 potrà ottenere un importo massimo della prestazione non superiore a cinque volte il trattamento minimo, previsto a legislazione vigente. Sono invece diversi gli importi previsti per chi matura i requisiti nel 2024, in questo caso infatti il trattamento di pensione anticipata“è determinato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 180”. Gli importi tendenzialmente sono più bassi, infatti, recita l’articolo 1, comma 139, lettera A, punto 4, l’assegno pensionistico deve rispettare un valore lordo mensile massimo non superiore a quattro volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente” .

Nuove finestre di accesso a Quota 103

Diverse sono anche le finestre di accesso, infatti chi ha maturato i requisiti nel 2023 può ottenere l’assegno trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi. Chi invece matura il diritto all’anticipo pensionistico con Quota 103 nel 2024 vedrà il rimo assegno 7 mesi dopo aver maturato i requisiti.

Per i dipendenti pubblici le finestre di accesso sono diverse rispetto a quelle previste per i privati: chi ha maturato i requisiti nel 2023 può ottenere l’assegno pensionistico una volta che siano trascorsi 6 mesi dalla maturazione dei requisiti;

Chi ha maturato i requisiti nel 2024 può ottenere l’assegno pensionistico con Quota 103 quando sono trascorsi 9 mesi dalla maturazione dei requisiti.

Per il personale della scuola è invece necessario presentare istanza entro il 28 febbraio 2024 e si potrà andare in pensione dall’anno scolastico successivo.

Resta l’impossibilità di cumulo di redditi da pensione con Quota 103 e redditi da lavoro dipendente o autonomo. Sono fatti salvi eventuali redditi da lavoro occasionale.

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Pensioni 2024, tutte le novità a breve introdotte

Il nodo pensioni resta sempre di primaria importanza, si sta cercando la quadra dei conti per poter confermare gli scivoli pensionistici, tra cui in primo luogo Quota 103 che consente di andare in pensione con il raggiungimento di almeno 62 anni di età e 41 di contributi. Ecco quali sono le anticipazioni del Governo sulle pensioni 2024.

Pensioni 2024, misure confermate e innovazioni

Non sono disponibili fondi per una riforma strutturale delle pensioni 2024 che consenta il superamento della legge Fornero, ad annunciarlo è il ministro Giorgetti che ha sottolineato che il deficit 2024 sarà tutto utilizzato per il taglio del cuneo fiscale, la riduzione delle aliquote Irpef da 4 a 3 e per gli adeguamenti all’inflazione.

Nonostante questo si sta cercando di non eliminare del tutto gli scivoli pensionistici.

Sembrano certe queste misure:

  • proroga Ape sociale;
  • proroga Quota 103;
  • proroga Opzione Donna;
  • silenzio assenso per il TFR versato nei fondi pensione;
  • leggeri aumenti per le pensioni minime  agli over 75.

Come cambiano le pensioni 2024

Per gli scivoli pensionistici tramonta l’ipotesi di una quota 41 disgiunta dall’età anagrafica.

Opzione donna dovrebbe essere confermata per le  lavoratrici “svantaggiate” sia del settore pubblico che privato con uscita a 58-59 anni e 35 di contributi e calcolo interamente contributivo dell’assegno. Proprio il calcolo contributivo rappresenta un ostacolo in quanto porta alla perdita di buona parte dell’assegno pensionistico e quindi è poco attraente.

Si conferma l’Ape Sociale con la possibilità di un ulteriore allargamento dei potenziali beneficiari.

Le pensioni minime dovrebbero essere ulteriormente aumentate, l’entità dipende dai fondi disponibili, ma solo per gli over 75, per gli altri scatta l’adeguamento normale previsto in caso di inflazione. Dovrebbe essere del 6%.

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Misure per le pensioni dei più giovani

Particolare apprensione viene invece mostrata per i più giovani, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e che rischiano in futuro di avere una pensione non utile ad una vita dignitosa, sia a causa del calcolo con il criterio contributivo, sua a causa della discontinuità nei rapporti di lavoro. L’obiettivo in questo caso è facilitare l’accesso alla previdenza integrativa. L’idea è quella di aumentare la soglia delle deduzioni per i versamenti nei fondi pensione, a ciò si aggiunge la possibilità di ulteriori agevolazioni commisurate ai carichi familiari.

Saranno inoltre implementate e campagne pubblicitarie volte a far conoscere tutti i vantaggi del terzo pilastro del welfare, cioè la previdenza integrativa.

Assegno di garanzia, la nuova proposta dei sindacati per la pensione

La riforma delle pensioni è ancora al centro dell’attenzione e tra le ipotesi allo studio c’è l’assegno di garanzia, o pensione di garanzia, ma di cosa si tratta e come dovrebbe funzionare?

Assegno di garanzia a tutela dei quarantenni

I sindacati hanno più volte lanciato l’allarme: c’è una generazione, quella degli attuali quarantenni che rischia di avere una pensione da fame. Il rischio deriva da diversi fattori, in primo luogo le crisi economiche che hanno attrraversato gli ultimi decenni che hanno creato per moltissimi carriere discontinue che non hanno consentito di accumulare contributi, i numerosi contratti precari che hanno caratterizzato gli ultimi anni, l’entrata in vigore in pieno per questa generazione del sistema di calcolo contributivo, le poche nascite che faranno in modo che quando gli attuali quarantenni andranno in pensione ci sarà poca forza lavoro attiva.

I sindacati sottolineano che per questa categoria di persone si deve trovare fin da ora una soluzione, il rischio è che abbiano tutele davvero irrisorie. Tra le soluzioni che stanno prendendo piede vi è l’assegno di garanzia.

Allarme della Corte dei Conti: i quarantenni avranno una pensione da fame

La proposta dei sindacati arriva in seguito alla pubblicazione di uno studio della Corte dei Conti che sottolinea le difficoltà a cui andranno incontro coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 (riforma pensionistica). Per loro ci sono forti disparità e se i lavoratori di alcuni settori, ad esempio lavoratori del settore pubblico, quindi più stabili possono tirare un sospiro di sollievo, non è così per gli altri.

Il montante maturato da alcuni lavoratori è molto penalizzante, si tratta soprattutto di coltivatori diretti, ma anche parasubordinati e disoccupati. All’interno delle varie categorie appaiono poi ulteriormente penalizzate le donne.

La proposta dei sindacati per questi lavoratori è fare in modo che possano contribuire al calcolo del montante anche i periodi di disoccupazione, formazione e che quindi si possano integrare i periodi di fermo all’interno di carriere discontinue.

Il problema vero è trovare fondi per poter finanziare l’assegno di garanzia o pensione di garanzia. Proprio per questo si cerca di incentivare forme di pensione integrativa pagate dallo stesso lavoratore.

Il prossimo incontro tra Governo e sindacati si terrà il 15 luglio ed è probabile che si posa andare avanti nella trattativa. Ricordiamo che per ora sembra che sia accantonata l’ipotesi di una riforma strutturale per il 2024. Molto probabilmente sarà prorogata Quota 103, mentre vi sono forti dubbi per Opzione donna che potrebbe essere sostituita dalla misura Over 60.

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Arriva Over 60, la pensione che sostituisce Opzione Donna

Si lavora alla riforma delle pensioni, si è già anticipato che molto probabilmente per il 2024 non ci sarà una riforma strutturale che consenta di superare la legge Fornero, si andrà verso una probabile conferma della Quota 103, ma si sta lavorando anche a una modifica di Opzione donna. L’ipotesi più quotata è l’introduzione di uno scivolo pensionistico per le Over 60. Ecco quali sono le possibili novità.

Scivolo pensionistico Over 60, sostituisce Opzione Donna

L’ipotesi dello scivolo pensionistico per le donne Over 60 è allo studio dei tecnici del Governo. In base a quanto emerge non si tratta di una vera pensione ma di un anticipo pensionistico e di conseguenza solo al raggiungimento di 67 anni di età si avrà il ricalcolo delle spettanze e la definizione dell’assegno pensionistico vero e proprio.

Per ora si tratta solo di ipotesi che potranno concretizzarsi dopo settembre, cioè dopo la nota di aggiornamento al Def che consentirà di capire il budget realmente disponibile per gli eventuali anticipi pensionistici.

Il superamento di Opzione Donna sembra essere scontato, infatti già dal 2023 è stato depotenziato, oltre ad esservi stato un aumento dell’età per accedervi, ha avuto una limitazione anche la platea delle potenziali beneficiarie, si tratta infatti di care giver o persone difficili da ricollocare nel mondo del lavoro in seguito a crisi aziendale, persone con un’invalidità almeno del 74%.

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Come funzionerà la pensione Over 60 per donne?

In base alle prime indiscrezioni, la pensione per le Over 60 dovrebbe essere erogata per 12 mesi, non si percepisce quindi la tredicesima, inoltre non può avere un importo superiore a 1.500 euro al mese. L’anticipo pensionistico secondo le ipotesi allo studio dovrebbe essere limitato a coloro che svolgono lavori usuranti. Questa ipotesi andrebbe a diminuire in modo notevole la platea delle potenziali beneficiarie. Si tratterebbe quindi di un anticipo pensionistico ibrido tra Ape Sociale e Opzione donna.

Dalle indiscrezione emerge che l’obiettivo finale del Governo dovrebbe essere raggiungere 1quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione al raggiungimento di 41 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica. Questa ipotesi non sarà però realizzata nel breve termine, non nel 2024. Tra le ipotesi anche il rafforzamento della previdenza complementare attraverso un aumento delle deduzioni riconosciute per i versamenti in fondo pensione per far in modo che le persone raggiungano comunque un assegno pensionistico dignitoso.

Pensioni, verso la proroga di Quota 103 al 2024

La carne sul fuoco del governo Meloni è molta, i nodi principali da risolvere fin da subito erano la riforma delle pensioni per evitare che l’unica possibilità di uscita dal mondo del lavoro fosse la legge Fornero e la riforma fiscale. Mentre sulla riforma fiscale si sta andando avanti, sulla riforma delle pensioni il governo sembra essersi bloccato. Il problema reale sono le risorse, proprio per questo, si va verso la proroga della Quota 103 anche per il 2024, per la riforma della pensione definitiva si dovrà attendere ancora.

Risorse insufficienti per una riforma delle pensioni strutturali, proroga Quota 103

Il problema reale per una riforma delle pensioni strutturale sono le risorse dell’Inps che non sono sufficienti al superamento della legge Fornero. In tutto questo si incardina il commissariamento proprio dell’Inps la cui guida è stata affidata a Micaela Gelera, un tecnico.

Per il 2024 non c’è spazio dal punto di vista economico per aumentare la spesa pensionistica, ed ecco che rispunta la proroga della Quota 103 che altro non è se non un modo per uscire anticipatamente dal mondo del lavoro andando così ad evitare, in presenza di requisiti stringenti, la legge Fornero.

Le ipotesi in ballo per l’uscita anticipata sono 2: Quota 41 che prevede la possibilità di andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica dopo aver maturato 41 anni di contributi. In questo caso la coperta dell’Inps sembra però essere troppo corta.

La seconda possibilità è Quota 103, già in vigore quest’anno. Consente di andare in pensione sempre al raggiungimento di 41 anni di contributi, ma in questo caso è richiesto il doppio requisito, cioè aver compiuto almeno 62 anni di età.

Basta questo piccolo accorgimento a restringere di molto la platea dei potenziali beneficiari.

Cosa succede a Opzione donna?

Restano ancora nel forse anche Opzione donna che nel 2023 ha subito un depotenziamento. I sindacati chiedono un ripristino nella versione antecedente, ma il Governo è restio, il problema è sempre lo stesso, cioè le risorse economiche per poter procedere. Prima di ogni riforma, tra cui in particolar modo quella strutturale, dovranno essere guardati i dati dell’Osservatorio per il monitoraggio della spesa pensionistica, istituito dalla ministra Calderone.

L’obiettivo è valutare la sostenibilità del sistema nei prossimi decenni, tenendo in considerazione anche gli importi degli assegni pensionistici che dovranno essere adeguati al costo della vita e assicurare un’esistenza dignitosa ai pensionati, tutelando in particolare i lavoratori con carriera discontinua.

Tra gli obiettivi c’è anche il potenziamento dei fondi pensione complementari.

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Quota 103, al via le domande per andare in pensione

Quota 103 ha la sua finestra utile per poter andare in pensione. Ecco le date e come procedere per cercare di lasciare il lavoro e godersi la vita.

Quota 103, al via le domande

Andare in pensione è sempre un momento importante che segna una svolta nella vita di un lavoratore. Andare in pensione e godersi la vita, magari usufruendo del trattamento di fine rapporto per fare cose che giornalmente non si ha avuto il tempo o la disponibilità. A pensarci è sempre l’Inps, l’istituto nazionale di previdenza sociale che ha pubblicato un nuovo messaggio.

Come previsto dalla legge di Bilancio è possibile aderire a quota 103 che prevede almeno 62 anni di età e 41 di contributi. Il sistema dell’Inps è già attivo e consente quindi di poter presentare la propria istanza di pensione anticipata flessibile. La «pensione anticipata flessibile» si rivolge a tutti i lavoratori dipendenti, anche del pubblico impiego, autonomi e parasubordinati in possesso di 62 anni e 41 anni di contributi al 31 dicembre 2022 o che li matureranno tra il 1° gennaio 2023 ed il 31 dicembre 2023.

Quali sono le date previste per presentare istanza

La prima finestra è prevista per il primo aprile 2023 per il settore privato in caso di requisiti ottenuti al 31 dicembre 2022 e il primo agosto 2023 per i dipendenti pubblici. La finestra mobile per chi ha ottenuto i requisiti da gennaio 2023 è di tre mesi per il privato e sei per il pubblico. In ogni caso la prima finestra sarà ad agosto.

Come e dove presentare le domande?

Le domande possono essere presentate direttamente sul sito dell’Inps. L’accesso è possibile attraverso l’accesso con Spid, il sistema pubblico di identità digitale almeno di livello 2. Tuttavia può anche essere utilizzata la CNS, carta nazionale dei servizi ed il CIE, cioè la carta di identità elettronica 3.0. Inoltre è possibile anche utilizzare i servizi tematici offerti dai Patronati riconosciuti dalla legge e dislocati in tutto il territorio nazionale. Infine può essere chiamato il Contact Center Integrato attraverso il numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento).

Si ricorda che lo schema di quota 103 prevede anche un bonus per chi decide di continuare a lavorare anche se in possesso dei requisiti per l’uscita anticipata. Più che altro si tratta di un esonero contributivo di circa il 10%, che consente un aumento dello stipendio della stessa misura. Nello stesso tempo, l’importo della pensione rimane congelata al livello maturato al momento del rinvio e utilizzabile quando si potrà andare in pensione.

 

 

 

Allarme pensioni: brutte notizie per chi aspetta la riforma

Come promesso il Governo è al lavoro per una riforma strutturale del sistema pensionistico che consenta di superare la Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni di età. La strada sembra però in salita perché Pasquale Tridico, presidente Inps, lancia l’allarme sulla sostenibilità del sistema pensionistico. Si ha quindi un vero allarme pensioni perché gli italiani rischiano di veder applicata dal 2024 la legge Fornero senza alcuno scivolo.

Perché è allarme pensioni?

Attualmente ci sono tre scivoli pensionistici prorogati di anno in anno, si tratta di Quota 103, Ape Sociale e Opzione Donna, questi consentono di andare in pensione prima di aver maturato i requisiti anagrafici previsti dalla Legge Fornero. Si lavora a Quota 41 cioè una riforma strutturale che consenta di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, ma su questa possibilità vi sono molti dubbi. Infatti consentirebbe a molte persone di andare in pensione in netto anticipo rispetto al requisito anagrafico dei 67 anni di età e quindi per le casse dello Stato potrebbero esservi uscite elevate.

Ad oggi rispetto a un anno fa i conti sono peggiorati e questo perché entro il 2029 si passerà da un rapporto tra lavoratori e pensionati di 1,4 a un rapporto 1,3 e nel 2050 è previsto un pareggio, cioè per ogni lavoratore attivo ci sarà un pensionato. La soglia minima del rapporto per una stabilità a medio e lungo termine per i conti dell’Inps sarebbe 1,5. Il sistema diventa quindi insostenibile e pensare di allargare le maglie è davvero improbabile.

Pasquale Tridico ha sottolineato nella riunione di Governo a cui hanno partecipato anche i rappresentanti sindacali, che nei conti dell’Inps c’è una criticità generata anche dall’inflazione. Viene sottolineata la necessità di lavorare a una pensione per i giovani in quanto la precarietà che sta caratterizzando questi anni, sta portando i giovani ad accumulare pochi contributi e a rischiare in futuro di avere una pensione non utile a una vita dignitosa in vecchiaia.

Allarme pensioni: i sindacati delusi dal Governo

L’incontro sembra quindi essere stato poco proficuo e a sottolinearlo sono anche i sindacati e in particolare Maurizio Landini, CGIL, che ha sottolineato come non siano emerse reali proposte, termini temporali per la riforma che secondo Landini dovrebbe concludersi entro il mese di aprile. Infine, secondo Landini non vi sarebbero risposte neanche sulle risorse disponibili.

Riforma delle pensioni: ecco cosa ha detto il ministro del Lavoro Calderone

Cosa succederà a chi non ha i requisiti per andare in pensione nel 2023 e a chi pur avendo i requisiti decide di rimandare la pensione? Ecco le prime indiscrezioni sulla riforma delle pensioni che dovrebbe entrare in vigore nel 2024.

Scivoli pensionistici solo per il 2023, nel 2024 ci sarà la riforma delle pensioni organica

Il Governo Meloni si è insediato da poco e fin da subito ha dovuto sciogliere importanti nodi anche di tipo emergenziale, ad esempio la redazione della legge di Bilancio 2023 con approvazione entro il 31 dicembre 2022. Nella legge di bilancio 2023 sono state inserite anche norme sulla pensione per il 2023, misure urgenti in vista della scadenza di Quota 102, opzione donna e Ape Sociale al 31 dicembre 2022. Il rischio era il pensionamento per tutti con la legge Fornero. Deve però aggiungersi che, sebbene la Commissione Europea abbia promosso nel complesso la legge di bilancio 2023, c’è stata la bocciatura di alcuni punti specifici e tra questi vi è proprio l’introduzione di Quota 103 che consente di andare in pensione a 62 anni di età con 41 anni di contributi. Di conseguenza sarà molto difficile una nuova riforma delle pensioni che preveda condizioni migliori rispetto a Quota 103.

Per il 2024 però le cose non andranno così perché il ministro del Lavoro Marina Calderone è già al lavoro, i tavoli specialistici sono già stati convocati, per la vera riforma delle pensione che dovrà portare al superamento della legge Fornero.

I primi dettagli sulla nuova riforma delle pensioni 2024

I primi dettagli della nuova riforma delle pensioni trapelano da un’audizione al Senato.

Dalle prime dichiarazioni emerge che il Ministro sta lavorando “a un sistema di forme di pensionamento integrate che consenta di individuare l’accesso a pensione più compatibile con le esigenze personali e sanitarie del lavoratore e al contempo di ricambio generazionale dei datori di lavoro”.

L’obiettivo è razionalizzare gli strumenti di prepensionamento andando quindi a semplificare le varie opzioni che consentono di andare in pensione prima rispetto al termine ordinario che, ricordiamo, oggi è rappresentato dalla legge Fornero. Secondo le dichiarazioni si lavora a un sistema che preveda anche una compartecipazione tra datore di lavoro e Stato per l’esodo di lavoratori vicini alla pensione. In poche parole per le aziende che vogliono attivare il ricambio generazionale vi è la possibilità di pagare una quota della pensione in modo da favorire l’esodo prima dell’età pensionabile.

Tra le misure allo studio vi sono anche forme di garanzia per i giovani lavoratori che hanno carriere discontinue e con l’attuale sistema rischiano di avere pensioni troppo basse.

Come sarà poi realmente scritta la norma non è dato sapere, sono solo indicazioni guida.

Durante l’audizione il ministro Calderone non ha parlato solo di pensioni, ma anche di sicurezza sul luogo di lavoro sottolineando che è ormai diventata un’emergenza e non si può più rimandare un intervento legislativo decisivo al fine di rendere i luoghi di lavoro più sani e sicuri. Tra le misure allo studio vi sono anche incentivi per i datori di lavoro più virtuosi sul fronte sicurezza attraverso meccanismi premiali.

Cos’è il Bonus Maroni e chi può percepirlo? Le ultime novità

Negli ultimi giorni si sente sempre più spesso parlare di Bonus Maroni, ma di cosa si tratta e come funziona? E soprattutto: conviene avvalersene?

Cos’è il bonus Maroni?

Il Bonus Maroni nacque per la prima volta con la legge 243 del 2004, prende il nome dal suo ideatore, Roberto Maroni, recentemente scomparso, che in quella legislatura era Ministro del Lavoro. Il Bonus Maroni prevedeva la possibilità per i lavoratori di ritardare l’uscita dal mondo del lavoro, ci troviamo comunque in un periodo in cui si andava in pensione molto prima rispetto ad oggi. Allora, come oggi, l’obiettivo era risparmiare sulle spese previdenziali attraverso un incentivo al lavoratore a non lasciare l’impiego. L’incentivo era giustamente una busta paga più pesante attraverso una riduzione degli oneri previdenziali, cioè i contributi Inps a carico del lavoratore. Questi ammontano a circa il 9,19% dello stipendio lordo.

Conviene il Bonus Maroni?

C’è però una particolare penalizzazione perché, a fronte di uno stipendio più alto, di fatto non vengono più versati i contributi pensionistici al lavoratore e di conseguenza la pensione non aumenta più. Questo implica che di fatto ciò che si ha in busta paga mensilmente per il lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui si potrebbe andare in pensione e vi si rinuncia e il periodo in cui effettivamente si va in pensione, si perde successivamente al momento del pensionamento che avviene con un assegno più leggero.

La perdita in realtà potrebbe essere più elevata, infatti tra il periodo in cui maturano i requisiti pensionistici e quello in cui effettivamente si va in pensione generalmente non intercorre molto tempo, massimo qualche anno, ma con un’aspettativa di vita alta, si perdono importi rilevanti sulla pensione per il resto della vita.

Perché oggi si parla di nuovo di Bonus Maroni?

Oggi si parla nuovamente del Bonus Maroni per un motivo semplice, infatti la manovra di bilancio prevede una nuova applicazione di questa misura. Coloro che quindi maturano i requisiti per andare in pensione con Quota 103, ma decidono di restare a lavoro, ricordiamo età minima 62 anni e almeno 41 anni di contributi, possono avere la decontribuzione Inps corrisposta quindi in busta paga. In cambio ricevono circa il 10% in più in busta paga, ma congelano la pensione futura.

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Pensioni: opzione donna 2023 potrebbe ritornare alla versione originale

Sul fronte pensioni è ancora calda la questione di opzione donna 2023, infatti sembra essere stata trovata la quadra su quota 103, Ape Sociale resta immutata, ma sulla nuova versione di opzione donna prevista nella legge di bilancio 2023 proprio non c’è accordo. Ecco le ultime ipotesi allo studio.

Opzione donna 2023: l’ultima versione non convince. Si ipotizza un ritorno alla versione originale

Opzione donna secondo la formulazione originale consentiva di andare in pensione a 58 anni se lavoratrici dipendenti e a 59 anni se lavoratrici autonome. Per accedere era necessario aver maturato almeno 35 anni di contributi e si scontava un taglio sostanzioso sull’assegno. Nonostante tale taglio, sono numerose le donne che ne hanno approfittato per uscire dal mondo del lavoro. L’ultima versione di Opzione Donna prevede invece requisiti molto stringenti e la possibilità di utilizzare questo scivolo pensionistico per andare in pensione solo a care giver, disoccupate e persone con invalidità.

Per tutti i dettagli sull’ultima versione leggi l’articolo: Opzione donna: cosa cambia per le donne che vogliono andare in pensione

Il motivo di questo drastico taglio sono purtroppo le coperture, ma naturalmente sono in molti a criticare questa scelta anche perché di fatto molto simile ad Ape Sociale sebbene con la possibilità di accedere alla pensione con qualche anno di anticipo.

Ritorno alla versione orgiginale, ma solo per qualche mese

Proprio in seguito a tali critiche, si sta cercando un accordo e nell’ultima ipotesi allo studio c’è la previsione di ritornare alla versione originaria del pensionamento con opzione donna, ma solo per pochi mesi. Uno dei delicati nodi da sciogliere è il sospetto di incostituzionalità della parte della norma su Opzione Donna che lega il requisito anagrafico al numero dei figli.

Il costo di Opzione donna per un intero anno sarebbe di 110 milioni di euro, mentre stringendo l’accesso a soli 6-8 mesi si potrebbe rientrare nei costi. Non resta che aspettare la versione definitiva. Ricordiamo che i partiti possono presentare emendamenti fino al giorno 7 dicembre 2022, si sarà quindi l’esame nelle commissioni e, infine, il testo dovrebbe arrivare in aula il 20 dicembre. Vista la mole di emendamenti, di cui molti della stessa maggioranza e di Fratelli d’Italia, non è escluso che molti siano cassati senza esame.

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