Concorsi Pubblica Amministrazione: arrivano le quote rosa

Ancora novità nel reclutamento nelle Pubbliche Amministrazioni, il 5 ottobre è stato approvato in via preliminare il regolamento che modifica il reclutamento in PA e introduce le quote rosa. Il provvedimento finale dovrà essere emanato con DPR.

Concorsi Pubblica Amministrazione con procedure automatizzate e decentralizzate

Il decreto approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri indica i requisiti generali per l’accesso alla Pubblica Amministrazione e andrà a modificare il DPR 487 del 1994. Nel comunicato rilasciato a margine dell’approvazione si conferma che le procedure per il reclutamento devono essere improntate ai criteri di imparzialità, economicità e celerità. Il reclutamento deve inoltre avvenire mediante concorsi pubblici, come d’altronde previsto dalla Costituzione all’articolo 97. La selezione, al fine di favorire la più ampia partecipazione, potrà avvenire anche tramite procedure automatizzate e decentralizzate.

Le procedure di selezione devono essere organizzate in modo che consentano la più ampia partecipazione possibile dei concorrenti. Viene ribadito che il fulcro centrale per il reclutamento resta il portale InPA (portale unico per il reclutamento) che dovrà essere utilizzato dal primo novembre 2022 anche dagli enti locali, tra cui le Regioni.

Concorsi pubblici: potranno partecipare soggetti con status di rifugiati

Tra le novità importanti del decreto proposto dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, vi sono due elementi. In primo luogo potranno partecipare alle procedure concorsuali i titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria e i cittadini di Paesi terzi che siano in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo. In questo caso per poter accedere al concorso è necessario avere una buona conoscenza della lingua italiana, il godimento dei diritti civili e politici nel Paese di appartenenza o di provenienza e tutti gli altri requisiti richiesti dal bando a coloro che hanno cittadinanza italiana.

La seconda novità è la previsione di quote rosa all’interno dei bandi. L’obiettivo è garantire l’equilibrio di genere nelle Pubbliche Amministrazioni. Proprio per questo secondo le indicazioni del decreto, che ricordiamo ancora non è definitivo, per ogni qualifica messa a concorso è necessario tenere in considerazione la percentuale di rappresentatività dei generi nell’amministrazione che lo bandisce. Se all’interno dell’amministrazione meno del 30% delle posizioni è coperto da uno dei due sessi, a parità di titoli e di merito si applica il criterio di preferenza per il sesso meno rappresentato.

Diciamo che il decreto non parla esattamente di quote rosa, ma di rappresentanza adeguata di entrambi i sessi, infatti potrebbe verificarsi anche il caso opposto, cioè che gli uomini siano rappresentati in proporzione inferiore al 30%.

Per quanto riguarda le procedure aperte ricordiamo il bando per allievi agenti Polizia di Stato

A breve dovrebbe invece arrivare il bando per il concorso funzionari Agenzia delle Entrate

Commercialisti e quote rosa

Le quote rosa sono una cosa seria e i commercialisti italiani lo sanno bene. Sul sito del Consiglio Nazionale del Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili è stato infatti riaperto il form per consentire l’inserimento dei curricula da parte delle commercialiste che sono interessate agli incarichi previsti dalla legge n. 120/2011, quella che ha introdotto l’obbligo delle quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate e delle partecipate.

Una iniziativa non nuova, che il Consiglio aveva avviato già a luglio 2012 e che gli aveva consentito di arrivare alla data di applicazione della legge (12 agosto 2012) con un database che aveva raccolto, in poche settimane, oltre 1.300 curricula in chiave quote rosa.

Ora il db è stato riaperto su decisione della Commissione Parità di genere poiché a partire dal secondo mandato dei consigli di amministrazione successivo all’introduzione della legge, ci sarà un incremento delle quote rosa, che passeranno da 1/5 dei componenti del cda a 1/3.

In questo modo, così come hanno fatto in occasione della prima “tornata”, le imprese interessate potranno cercare la commercialista più idonea, per cognome o attraverso l’Ordine professionale di appartenenza, consultando il database delle quote rosa direttamente dal sito del Cndcec.

Quote rosa per la Cassa forense

Anche nella Cassa forense entrano le quote rosa.

E’ stato deciso, infatti, dal Comitato dei delegati dell’ente pensionistico degli avvocati, a seguito di una mozione presentata dal Comitato pari opportunità, che ogni lista presentata durante le elezioni dei membri della Cassa forense dovrà avere una rappresentanza di ciascun genere.

In particolare, per ogni lista almeno un quinto dovrà essere costituito da avvocate o, al contrario, da avvocati, se la maggioranza dovesse essere femminile.

Alberto Bagnoli, presidente della Cassa forense, ha accolto positivamente questa nuova norma: “Siamo molto soddisfatti della mozione approvata: l’obbligatorietà della rappresentanza di genere è un ulteriore riconoscimento al percorso di democraticità e partecipazione che abbiamo intrapreso all’interno dei nostri organi collegiali“.

Vera MORETTI

Online i curricula delle professioniste che vogliono entrare nei cda

Si tratta di una legge interpretata alla lettera e che ha avuto subito un gran seguito: dal 12 agosto 2012, infatti, è previsto che un quinto dei partecipanti ai cda delle società quotate in borsa debba essere costituito da donne, quota rosa che, a partire dal 2015, salirà ad un terzo.

Da quando, dunque, il decreto è diventato ufficiale, le commercialiste desiderose di entrare nelle “stanze dei bottoni” hanno inviato i propri curricula in massa e, finora, ne sono stati contati oltre 1300.

Per non arrivare impreparati alle scadenze previste dalla legge, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha deciso di istituire un elenco sul sito dedicato all’ordine con nomi e curricula delle interessate, dotate, ovviamente, delle competenze professionali richieste.

L’elenco è consultabile dalle imprese interessate dal rinnovo delle cariche dei consigli di amministrazione e la ricerca può essere effettuata per cognome o per ordine professionale di appartenenza, per una consultazione veloce ma efficace.

Vera MORETTI

Sorelle d’Italia, l’Italia s’è impresa

Finalmente una buona notizia nella valle di lacrime della crisi economica. Tra imprese che chiudono, imprenditori che si uccidono, operai che perdono il lavoro l’Italia dell’impresa, se non si scopre un Paese per giovani si scopre un Paese per donne. Secondo il rapporto sull’imprenditoria dell’Ocse, basato su dati del 2009 riferiti a 40 Stati, l’Italia è al secondo posto in Europa per donne imprenditrici.

I dati dicono infatti che nel nostro Paese il 16% delle donne impiegate è imprenditrice o lavoratrice autonoma. Un dato che si posiziona ben al di sopra della media europea, ferma al 10%, e che stacca di brutto quello di Paesi ben più avanti del nostro in termini di politiche del lavoro al femminile come la Francia, il Regno Unito e la saccentella Germania (tra il 6 e l’8%).

Altro dato incoraggiante, il 26,8% delle imprese italiane con proprietario singolo e almeno un dipendente fa capo a una donna. Ma quali sono i settori che più attraggono le energie, gli investimenti e la creatività delle imprenditrici italiane? Trasporti, accoglienza e commercio la fanno da padrone, settori nei quali le aziende rosa sono di più e longeve quasi quanto quelle guidate da maschi: il tasso di sopravvivenza a tre anni dalla nascita delle imprese femminili è risultato del 37,6% contro il 37,8% di quelle dei maschietti. E se durano più o meno per lo stesso tempo, le donne battono gli uomini in termini di natalità – 13,7% contro 10,7% – mentre sul tasso di crescita non c’è proprio partita: 10,7% contro 0,2%.

La nota dolente dell’Ocse, però, arriva quando si parla di quote rosa nei Cda, per le quali l’Italia è ben al di sotto della media dei Paesi avanzati. In Italia, le donne nei consigli d’amministrazione sono il 13,8%, dato che si dimezza al 7% nelle società quotate, contro una media Ocse che è al 10%. Un dato che ci fa sprofondare in classifica al 26esimo posto su 40. Consoliamoci: se la graduatoria è guidata dall’Ungheria (35,5%), la virtuosa Germania è 38esima, con il 5,7%. Aufwiedersehen, frau Merkel!

Eccellenze femminili, è ora di farsi conoscere

Fornire i curricola di donne eccellenti, da tempo impegnate nel contesto culturale, economico e sociale del Paese, è lo scopo dell’iniziativa Perché non donne? Curricola di eccellenze femminili, promossa da Giò, l’Osservatorio interuniversitario di genere, parità, pari opportunità costituito fra le Università di Roma La Sapienza, Roma Tre e Tor Vergata, per invitare donne preparate, capaci e competenti a candidarsi per le posizioni vacanti.
Sono moltissimi infatti i cda già in scadenza o in via di rinnovo e dal 12 agosto, secondo la legge Golfo-Mosca 120/2011 sulle quote rosa, gli organi sociali delle società quotate dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad almeno un quinto dei propri membri alle donne.

E’ quindi il momento giusto per le eccellenze femminili per farsi conoscere inviando i propri curricola ad una serie di personaggi istituzionali, compresi il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente del Consiglio, Mario Monti. “L’obiettivo – spiegano le referenti di ‘Gio’ – è quello di far sì che venga dato valore al merito e che siano selezionate donne, non in quanto tali, ma perché rispondenti a quei criteri che trasformano un curriculum in ‘eccellenza’”.

Francesca SCARABELLI

La città delle donne

di Alessia CASIRAGHI

8 marzo. Festa delle donne. Imprenditrici, mamme, politiche, casalinghe, piene di ambizioni e fragilità. Italiane ma cittadine del mondo. Un mondo che è sempre più a misura di donna, o forse no.

Ci siamo chiesti se esista davvero una città su misura per le donne. Prendendo a prestito il titolo di un film del tardo Fellini, La città delle donne (era il 1980 e all’epoca il film fece scandalo e suscitò le ire femministe per i toni visionari e provocatori della pellicola), vi proponiamo un giro attorno al mondo alla ricerca della città dove ‘è più facile’ essere donna.

Qualche tempo fa il World Economic Forum ha pubblicato il suo report annuale sul rapporto The global gender gap 2011 , uno studio che mette in luce, fra contrasti e similitudini, cosa significa essere donna oggi nel mondo.

Ad esempio, sapevate che il Ruanda è il Paese che premia maggiormente le donne in campo politico? Strano a dirsi, ma lo Stato africano è l’unico al mondo a vantare un parlamento a maggioranza di quote rosa: 45 contro 35. Anche se il Presidente in carica è un uomo, Paul Kagame. In tema di premier donne, la medaglia d’oro va invece allo Sri Lanka, dove si sono succedute al potere ben 23 capi di Stato donna.

A fare da contraltare ci pensano però gli Stati della Penisola Arabica, dallo Yemen all’Arabia Saudita, Emirati Arabi compresi: in Qatar e nell’Oman ad esempio non c’è nessuna donna al potere in politica.

Veniamo ai redditi: Lussemburgo e Norvegia si piazzano al primo posto in tema di retribuzioni più elevate per le donne, mentre è ancora una volta l’Arabia Saudita a guadagnarsi la maglia nera per il divario più alto tra redditi maschili e femminili (quasi inesistenti). Il maggior numero di manager in gonnella si trova in Thailandia, le donne con i pantaloni sono infatti il 45%, mentre contro ogni pronostico la percentuale più bassa si trova in Giappone (8%), anche se le donne nipponiche possono vantare un altro primato: sono le più longeve rispetto agli uomini (87 anni contro 80 la speranza di vita media).

E’ la Jamaica il Paese dove si concentra la più alta percentuale di donne con posti di lavoro altamente qualificati, mentre il maggior numero di giornaliste donne si trovano, indovinate un po’, sempre in terra caraibica (45%).

L’Africa stupisce ancora in tema di istruzione e alfabetizzazione: se da un lato è il Regno di Lesotho, la minuscola enclave all’interno del Sudafrica a guadagnarsi il podio in fatto di alfabetizzazione (il 95% sanno legger contro l’83% degli uomini), è purtroppo l’Etiopia a registrare il tasso più basso in assoluto in tema di scolarizzazione: solo il 18% delle ragazze infatti sa scrivere. Le migliori facoltà femminili? In Qatar, mentre le meno frequentate in assoluto si trovano nel Ciad.

E l’Italia? Il bel Paese non ha molto di che vantarsi: se nel 2008 occupava il 67mo posto della classifica, nel 2009 è precipitata a quota 72mo. Una caduta destinata a non arrestarsi: oggi siamo infatti in posizione 74, dietro Bangladesh, Namibia e Mozambico.

Il paese più women friendly? L’Islanda, che dal 2009 si riconferma alvertice della classifica. Nella top 10 troviamo poi numerosi Paesi del Nord Europa: seconda infatti è la Norvegia, seguita da Finlandia e Svezia. Bene Spagna, Germania e Regno Unito, tutte nella top 20, mentre la Francia, terra di rivoluzioni femministe, deve accontentarsi di un misero 48mo posto. Il posto peggiore in assoluto dove essere donna? Lo Yemen, preceduto da Ciad e Pakistan. Ma questa è tutta un’altra storia.

Il 2012 sarà tutto in rosa

Il 2012 si veste di rosa. Saranno le imprese guidate da donne a fare la differenze quest’anno, almeno secondo quanto rivela Confcommercio. I dati parlano chiaro: secondo l’Osservatorio sull’imprenditoria femminile di Unioncamere le imprese “in rosa” in Italia hanno dimostrato nel 2011 il loro potenziale di sviluppo con un aumento dello 0,7% rispetto all’anno precedente, contro lo 0,2% di crescita delle imprese maschili.

Così Confcommercio ha deciso di incoraggiare la presenza e la partecipazione delle imprenditrici alla vita produttiva della penisola con una serie di iniziative per il 2012.

Punto primo: formazione. Il progetto è un percorso, finanziato dalla Provincia di Savona con il contributo del Fondo Sociale Europeo, e organizzato da Asfoter, Associazione per la formazione nel terziario di Confcommercio Savona con incontri seminariali sul tema “Come realizzare un’analisi economica della propria impresa”. Il ciclo di seminari prenderà il via il prossimo 30 gennaio.

“Occorre dare fiducia alle donne che lavorano in proprio, poiché l’imprenditoria in rosa rappresenta una risorsa importante nell’economia locale – sottolinea Annamaria Torterolo, direttore di Confcommercio Savona. – Tuttavia, il “saper fare” da solo, soprattutto nei momenti di crisi, non basta : occorre mettere in campo gli strumenti necessari per tradurre queste competenze in progetti sostenibili anche nel lungo periodo”.

In Italia, le imprenditrici associate a Confcommercio sono circa 2000 e rappresentano il 40% degli Associati, con un tasso di crescita nel 2011 di quasi il 5%. Secondo i dati forniti dall’Unioncamere – Infocamere nel giugno 2011 le imprese femminili in Italia sono aumentate dello 0,7% rispetto al giugno del 2010, contro lo 0,2% delle imprese maschili e su una media di crescita del 3%.

Donne preparate, competenti e coraggiose, pronte a giocarsi la sfida con i loro colleghi uomini. L’indagine di Unioncamere – Infocamere parla di 41.255 imprese femminili attive in Liguria al 30 giugno 2011. A Savona in particolare, su un totale di 28.711 imprese attive nel giugno 2011 l’incidenza delle imprese femminili è del 27,4% (7.865 imprese) contro il 23,7% di Genova, con 17.071 imprese femminili su un totale di 71.891 imprese.

L’UE tifa per l’imprenditoria rosa

Una rete di consulenti, naturalmente donne, in grado di guidare e consigliare le giovani imprenditrici sulla strada del successo. E’ l’azione promossa dall’Unione Europea a sostegno dell’imprenditoria femminile. Una rete europea che coinvolge ben 17 paesi membri, per un totale di 170 “mentori” provenienti da varie nazioni, tra cui figura anche l’Italia.

Ma chi sono le mentori? Donne a capo di imprese affermate, con una lunga e brillante esperienza alle spalle, in grado di fornire consigli, informazioni e supporto alle colleghe più giovani e inesperte che si accingono a fondare la propria impresa.

“La creatività e le potenzialità imprenditoriali femminili rappresentano chiaramente una fonte di crescita economica – ha sottolineato il vicepresidente della Commissione UE Antonio Tajani. – Una miniera di nuovi posti di lavoro non ancora sfruttata, che va dunque ulteriormente sviluppata in Europa. In un momento di crisi non ci possiamo permettere di rinunciare a tale potenzialità. Incrementare il numero delle imprenditrici significa dare maggior potere economico alle donne e contribuire alla crescita”.

Donne al potere equivale a successo economico. La UE ne è convinta e ha stilato una classifica di ‘talenti’, se così vogliamo chiamarli, appannaggio esclusivo dell’imprenditoria femminile.

Le donne hanno la capacità di valutare ed esaminare tutti i pro e i contro che riguardano l’apertura di una nuova impresa, inoltre spesso portano avanti questa iniziativa senza lasciare una precedente occupazione, in modo da limitare i rischi legati a un possibile fallimento.

Ma le donne sono anche più prudenti: lo dimostra il fatto che alla base delle aziende guidate da donne c’è spesso un capitale iniziale inferiore rispetto a quello speso dagli uomini. Donne attente a non fare il passo più lungo della gamba, insomma.

Alessia Casiraghi

A.A.A. Cercansi solo donne

Se a sentirsi discriminate sono quasi sempre le quote rosa – a torto o ragione, visto il sempre crescente numero di donne imprenditrici nel nostro Paese – leggetevi questa storia.

Qualche giorno fa è apparso un annuncio di selezione pubblica per ricoprire il ruolo di addetto stampa della consigliera di Parità della Regione Puglia, Serenella Molendini, che citava testualmente: “il presente bando è rivolto solo a donne in quanto trattasi di un’azione positiva della Consigliera di Parità nei confronti delle donne della Regione Puglia, considerando il gap occupazionale tra donne e uomini in Puglia e tra donne del centro nord e sud Italia”.

L’annuncio ha avuto vita breve, ritirato dopo appena mezza giornata dalla pubblicazione. Il motivo? La pubblicazione del bando così com’è violerebbe il rispetto dei principi generali previsti negli articoli 3 e 51 della Carta costituzionale, che non consente di discriminare i cittadini a causa del loro sesso.

In breve si tratta di un caso di discriminazione al contrario. Che ha scatenato una querelle a suon di lettere fra la Consigliera e Assostampa, il settore Organizzazione del personale della Regione Puglia. Secca la risposta della Molendini: “l’avviso pubblico per una risorsa esperta in comunicazione di genere, informazione e ufficio stampa a supporto della Consigliera di parità è un avviso rivolto alle donne perché trattasi di azione positiva, come da Direttiva europea 54/2006, e dal Dlgs. 5/2010”.

Dal canto suo Raffaele Lorusso, presidente del sindacato dei giornalisti, ha tenuto a precisare: “le azioni che lei cita non possono mai tradursi nella discriminazione di un genere. Nella fattispecie, lei intende promuovere un’azione positiva a favore del genere femminile, discriminando quello maschile. Il richiamo a quella norma è fuori luogo, almeno nel caso in esame, in quanto le misure e le azioni di cui alla citata legge si riferiscono al ‘sesso sotto rappresentato’”.

Ma non finisce qui. Sempre secondo Lorusso, la Molendini avrebbe violato un altro diritto, incorrendo in un’altra forma di discriminazione: nel bando infatti viene indicato come requisito per la candidatura l’iscrizione, da almeno un anno, all’albo dei giornalisti pubblicisti. E i professionisti? “Così vengono esclusi – sottolinea Lorusso – gli unici professionalmente abilitati, come da disposizioni di legge, a esercitare la professione”.

Alessia Casiraghi