Regime dei minimi, la campagna degli Agrotecnici

Non abbiamo fatto in tempo a registrare ieri la presa di posizione ferma e contraria del Consiglio Nazionale degli Ingegneri contro il nuovo regime dei minimi, che oggi arriva la voce del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, con uno “spot” a favore dell’attuale regime dei minimi, più vantaggioso di quello che si aprirà dall’1 gennaio 2015.

Il Consiglio ha infatti diffuso un’informativa per mettere al corrente i giovani professionisti che volessero usufruire del regime dei minimi che ne avranno un reale giovamento solo se lo attiveranno entro il 31 dicembre 2014.

Per fare questo ha avviato una capillare campagna informativa nei confronti dei giovani liberi professionisti di tutti gli altri Albi, invitando chi avesse intenzione di avviare nei prossimi mesi l’attività professionale in regime dei minimi, di anticipare l’avvio entro la fine di quest’anno.

È stati lo stesso Presidente del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, Roberto Orlandi, a intervenire in prima persona sulla questione: “I vantaggi che si maturano con una tempestiva adesione al regime dei minimi – ha dichiarato – permarranno infatti almeno per i 5 anni successivi, dando modo a molti giovani di tentare l’avvio di una autonoma attività professionale a condizioni di favore: una occasione da non perdere”.

Regime dei Minimi, che caos

Sul Regime dei Minimi si sta giocando un vero tira e molla a livello istituzionale. La novità è che il cosiddetto emendamento Zanetti sul nuovo Regime dei Minimi 2015 previsto in Legge di Stabilità per i possessori di partite Iva è stato bocciato dalla Commissione bilancio. Il motivo? Emendamento inattuabile.

L’emendamento in questione prevedeva due sostanziali e importanti modifiche al testo sul nuovo Regime dei Minimi: una soglia reddituale di accesso fissata per i professionisti a 30mila euro annui anziché 15mila e un’imposta sostituiva all’8% anziché al 15%.

In sostanza, se in Senato non sarà modificato il testo licenziato dalla Camera e non ci saranno quindi le modifiche che molti professionisti vorrebbero, chi vorrà aprire partita Iva accedendo al Regime dei Minimi 2015, a partire dall’1 gennaio 2015 dovrà mantenersi entro i 15mila euro annui e pagare un’imposta del 15%, oltre al 27% di contributi Inps.

Una situazione che snaturerebbe il Regime dei Minimi stesso. Bene ha detto, infatti, Armando Zambrano, coordinatore della Rete delle Professioni Tecniche, che si era battuto per la modifica proprio convincendo il sottosegretario Zanetti a introdurre quell’emendamento: “Il previsto abbassamento dagli attuali 30mila a 15mila euro annui escluderebbe un numero consistente di professionisti dal regime di vantaggio, ridimensionando lo spirito stesso della norma che intendeva sostenere una platea ampia di lavoratori autonomi con capacità reddituale contenuta e con difficoltà di crescita nell’attuale fase di crisi”.

Di fatto, quindi, la revisione del Regime dei Minimi come prefigurata dalla Legge di Stabilità capovolgerebbe lo scenario ottimale: il regime ordinario diventerebbe quello più conveniente praticamente per ogni categoria di autonomi e una partita Iva assoggettata a un Regime dei Minimi sarebbe quasi inutile, almeno quanto il Regime dei Minimi stesso.

Una notizia non buona, che lascia l’amaro in bocca a quanti speravano in una revisione del Regime dei Minimi per il 2015 e che fa passare in secondo piano anche una bella notizia come l’approvazione da parte del governo dell’Ordine del giorno a firma Misiani, Gribaudo, Bonomo e Ascani, che prevede il blocco dell’incremento dei contributi Inps per le partite Iva.

Startup favorite dal nuovo Regime dei Minimi

Le nuove attività saranno avvantaggiate dal nuovo Regime dei Minimi previsto dalla Legge di Stabilità 2015.

In particolare, i contribuenti che da gennaio avvieranno un nuovo business potranno godere di la riduzione di 1/3 nei primi tre anni di attività del reddito imponibile, che costituisce il criterio per definire l’imposta da versare con aliquota sostitutiva a forfait del 15%.

Per calcolarlo, il Regime dei Minimi 2015 applica un coefficiente di redditività variabile per attività:

  • 40%: imprese alimentari; commercio ingrosso e dettaglio; ambulante di generi alimentari e bevande; ristorazione e alloggio.
  • 54%: commercio ambulante di altri prodotti.
  • 62%: intermediari del commercio.
  • 67%: altre attività economiche non citate.
  • 78%: professioni; attività in campo tecnico, scientifico, sanitario, educativo e finanziario.
  • 86%: edilizia e attività immobiliari.

Per capire quanto si risparmia, si può calcolare l’imposta in modo standard e poi sottrarvi un terzo, oppure applicare direttamente un coefficiente ridotto di un terzo.

  • Nuova attività commerciale (coefficiente 40%) con reddito annuo di 35mila euro: invece di pagare 2.100 euro ne pagherà 1.400: [(35.000*40%) * 15%] – 1/3
  • Nuovo attività professionale: (coefficiente 78%) con reddito di 14mila euro: invece di pagare 1.638 euro ne pagherà 1.092: [(14.000*78%) * 15%] – 1/3
  • Nuovo bottega artigiana: (coefficiente 67%) con reddito di 15mila euro: invece di pagare 1.507 euro ne pagherà 1.005: [(14.000*67%) * 15%] – 1/3.

Questa opzione può essere estesa anche a chi si trova in un precedente regime agevolato e che, a parità di requisiti, voglia esercitarla. Possono dunque beneficiare di tale riduzione i nuovi contribuenti minimi per i primi tre anni di permanenza nel nuovo regime fiscale di vantaggio, ma anche i vecchi contribuenti minimi a patto che rientrino nel primo triennio di attività.

L’attività da esercitare non deve essere una prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Inoltre, nei tre anni precedenti all’inizio dell’attività, il contribuente non deve avere neanche esercitato attività artistica, professionale o d’impresa, neppure in forma associata o familiare.

Per quanto riguarda i tetti di reddito:

  • 40mila euro: commercio all’ingrosso e al dettaglio; attività dei servizi di alloggio e ristorazione;
  • 35mila euro: industrie alimentari e delle bevande;
  • 30mila euro: commercio ambulante di alimentari e bevande;
  • 20mila euro: commercio ambulante di altri prodotti; altre attività economiche;
  • 15mila euro: attività professionali.

Vera MORETTI

 

Novità per il Regime dei Minimi dalla Legge di Stabilità

La Legge di Stabilità 2015 ha portato notevoli novità riguardanti il Regime dei Minimi.
In primo luogo, ad esempio, è aumentata l’imposta sostitutiva dal 5 al 15% in cambio di un’estensione di platea e dell’abolizione dei limiti temporali per ricorrere a questa forma di tassazione forfettaria. L’importante è rimanere nelle soglie di fatturato, ovvero da 15mila a 40mila euro a seconda dell’attività.

Le nuove imprese potranno godere di un’agevolazione ulteriore: l’imponibile dei primi tre anni può essere ridotto di un terzo.

Ecco una lista di come dovrebbero essere ora limiti e coefficienti:

  • Imprese alimentari: 35mila euro. Coefficiente di redditività 40%.
  • Commercio (ingrosso e dettaglio): 40mila euro, coefficiente 40%.
  • Commercio ambulante, generi alimentari e bevande: 30mila euro, coefficiente 40%.
  • Commercio ambulante di altri prodotti: 20mila euro, coefficiente 54%.
  • Edilizia e attività immobiliari: 15mila euro, coefficiente 86%.
  • Intermediari del commercio: 15mila euro, coefficiente 62%.
  • Ristorazione e alloggio: 40mila euro, coefficiente 40%.
  • Professioni e attività in campo tecnico, scientifico, sanitario, educativo e finanziario: 15mila euro, coefficiente 78%.
  • Altre tipologie di attività economiche: 20mila euro, coefficiente 67%.

Le nuove imprese o i lavoratori che intraprendono arti e professioni e che intendono rivalersi del regime dei minimi, nella dichiarazione di inizio attività dovranno dichiarare di presumere l’esistenza dei limiti di reddito sopra descritti.

Ci sono poi ulteriori requisiti che invece sono uguali per tutti: massimo di 5mila euro spesi per collaboratori, dipendenti, lavoro accessorio, utili di partecipazione agli associati e reddito imprenditori e familiari.

I contribuenti in regime dei minimi sono esonerati dall’IVA con una serie di eccezioni. Per le operazioni su cui pagano l’IVA, devono versarla entro il 16 del mese successivo all’effettuazione delle operazioni.

Vera MORETTI

Legge di Stabilità: tutti contenti, tranne le partite Iva

Esclusi dal Jobs Act e discriminati dalla nuova Legge di Stabilità, il popolo dei partitivisti continua ad essere colpevolmente ignorato. La manovra Renzi-Padon prevede, infatti, l’innalzamento dell’aliquota Irpef forfettaria dal 5 al 15% (il cosiddetto Regime dei minimi), per i professionisti e i lavoratori autonomi con un basso giro d’affari. Un così brusco innalzamento potrebbe falcidiare, però, decine di migliaia di giovani professionisti e artigiani che, magari, hanno appena cominciato a lavorare o che, complice la violenza della crisi degli ultimi anni, hanno visto crollare il giro d’affari della propria attività. In sostanza: il passaggio ad una flat tax del 5% a quella al 15% significherebbe un’ulteriore mazzata per i professionisti che ogni giorno devono lottare contro l’oppressione del Fisco.

Coloro che accederanno al Regime dei minimi, inoltre, non potranno eccedere il limite dei 20 mila euro annui in beni strumentali, da escludere i beni di valore inferiore ai 516,46 euro, non calcolando gli investimenti nell’arco del triennio precedente ma ricomprendendo anche locazioni e noleggi. A partire dal 2015, salvo modifiche in sede parlamentare, comunque, potranno farne parte tutti coloro che rientrano nei limiti di reddito previsti con la nuova Legge di Stabilità: il nuovo limite sarà compreso in un range che andrà dai 15.000 € annui (per i professionisti) ai 40.000 € (per artigiani e commercianti).

Altro importante fattore di differenziazione rispetto alle norme attuali sarà il decadimento del limite di età a cui si doveva sottostare in precedenza: dal 2015, infatti, si potrà continuare a rimanere all’interno del regime anche qualora si siano superati i 35 anni di età e i 5 anni di apertura. L’aumento dell’aliquota, secondo il legislatore, sarà quindi compensato dalla maggior platea a cui si potrà aderire; resta il fatto che la differenziazione delle soglie appena introdotte potrebbe avvantaggiare alcuni titolari di partita Iva, ma risultare inevitabilemente penalizzante per altri.

Per fortuna ci sarà tutto il tempo in Parlamento per modifare alcuni particolari nelle prossime settimane. Sempre che qualcuno prenda a cuore le sorti del popolo dei partitivisti…

Jacopo MARCHESANO

Nuove partite Iva in calo

Guardando i dati sulle aperture delle nuove partite Iva, si possono capire tante cose sull’andamento dell’economia e sul cosiddetto “sentiment” degli operatori economici.

Secondo l’Osservatorio sulle partite IVA, i dati aggiornati al mese di aprile 2014 parlano di 45.879 nuove partite Iva aperte, con un moderato calo (-3,3%) rispetto al corrispondente mese del 2013. Dai dati resi noti dal Dipartimento delle Finanze, emerge che la quota relativa alle persone fisiche nelle nuove aperture è del 72,8%, le società di capitali sono il 20%, le società di persone il 6,4%, mentre la quota dei cosiddetti “non residenti” e le “altre forme giuridiche” sono solo lo 0,7% del totale.

Andando più nel dettaglio, rispetto ad aprile dello scorso anno, si registra un aumento di aperture dellesocietà di capitali (+12,6%) che, secondo il Dipartimento, è “legato verosimilmente alle recenti norme civilistiche che facilitano l’apertura di società a responsabilità limitata”. Giù le aperture di persone fisiche (-6,7%) e di società di persone (-7,1%).

Guardando la ripartizione territoriale, si nota che il 42,5% delle partite Iva avviate ad aprile è localizzato al Nord, il 22,6% al Centro e il 34,8% al Sud e Isole. Le regioni nelle quali si registrano le flessioni più evidenti sono la Puglia (-9,9%) e la Toscana (-9,8%).

Osservando la ripartizione per sesso, relativamente alle persone fisiche, si nota una certa stabilità: i maschi risultano intestatari del 64% di nuove partite Iva. Sul totale, il 48% delle aperture è avvenuta da parte di giovani fino a 35 anni e il 34% nella fascia 36-50 anni. La prima delle due fasce registra il maggiore calo di aperture anno su anno (-10,3%), mentre è in lievissima crescita la fascia over 65 (+0,5%).

Infine, un’occhiata ai settori produttivi. Ilcommercio si conferma al primo posto con un numero di aperture di partite Iva pari al 23% del totale; seguono le attività professionali con il 14% e l’agricoltura con l’11%. Rispetto all’aprile 2013, tra i principali settori, gli aumenti maggiori si notano nell’agricoltura (+4,9%), nei servizi informativi (+4,4%) e nell’alloggio/ristorazione (+3,7%), mentre i cali più consistenti si osservano nelle attività finanziarie (-38,6%, un vero crollo) e nell’edilizia (-9,2%).

Popolo delle partite Iva tra numeri e scarse tutele

Come ogni mese, il ministero dell’Economia comunica i dati relativi alle nuove partite Iva. Stando ai freddi numeri, a febbraio ne sono state aperte 50.915, con una riduzione dello 0,7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. La quota relativa alle persone fisiche si attesta al 72,7% del totale, le società di capitali sono il 20%, le società di persone il 6,7%, mentre la quota dei cosiddetti “non residenti” e “altre forme giuridiche” sono solo lo 0,6%.

Rispetto al febbraio 2013, le nuove società di capitali sono le uniche che registrano un aumento (+11,5%), mentre calano le società di persone (-13,9%), così come le aperture intestate a persone fisiche (-2,3%)

Circa il 43% delle nuove partite Iva è al Nord, il 22,5% al Centro e il 34,5% al Sud ed Isole. Gli incrementi maggiori anno su anno si sono avuti nella Provincia Autonoma di Trento, in Calabria ed in Campania, mentre le flessioni più forti si sono registrate in Valle d’Aosta, Friuli e nella Provincia Autonoma di Bolzano. Il commercio continua a registrare il maggior numero di aperture di partite Iva pari al 23% del totale, seguito da attività professionali 16% ed edilizia 9,5%.

Detto questo, che cosa spinge una persona, oggi ad aprire una partita Iva, dal momento che la categoria pare godere di sempre meno tutele? Tralasciando il solito qualunquismo anacronistico di certa parte del sindacato (recentemente il segretario della Cgil Susanna Camusso ha parlato degli “evasori” che lavorano a partita Iva), va sottolineato come il recente Jobs Act del presidente del Consiglio Renzi abbia messo sul piatto la proposta di integrazione delle buste paga dei lavoratori dipendenti con 80 euro al mese e come questa misura sia stata fortemente criticata dall’Acta, l’associazione del terziario, per il fatto che ad usufruirne non siano anche i lavoratori indipendenti.

All’obiezione il ministro del lavoro Poletti ha risposto che il Jobs Act contiene misure per i precari delle partite Iva, quando si occupa della liberalizzazione dei contratti determinati (ossia agevolazioni fiscali per i primi tre anni di assunzione a tempo determinato) che dovrebbe portare alla diminuzione dei rapporti di dipendenza nascosti dietro false partite Iva. Un po’ poco per una figura, quella del partitivista, in continua evoluzione.

Chi lavora a partita Iva, oggi, è un imprenditore, un professionista, una falsa partita Iva ma anche un lavoratore indipendente spesso iscritto alla gestione separata Inps e, se giovane, inquadrato nel regime dei minimi. Una categoria per la quale la pressione fiscale è la stessa dei lavoratori, dipendenti ma senza le medesime tutele. E parliamo di circa 1 milione e mezzo di persone.

Delle 527mila partite Iva aperte nel 2013, il 78.4% è relativo a a persone fisiche e di queste il 50% si riconduce ad under 35. Un fenomeno, quindi da considerare in tutta la sua urgenza, visto che la regolarizzazione di questa categoria di partite Iva deve necessariamente vedere una equiparazione da parte dell’Inps a quella dei lavoratori dipendenti (aliquota media a carico del lavoratore del 9,2%) oltre all’introduzione del salario minimo, stimato sulla base del malefico Ddl Fornero, a 18mila euro lordi annui.

Sicuri che il popolo delle partite Iva possa essere ancora per tanto tempo dimenticato e lasciato a se stesso?

Il Regime dei Minimi scelto da un terzo delle nuove partite Iva

Il Regime dei Minimi è stato scelto, nel 2012, da un terzo delle nuove partite Iva aperte da autonomi e da professionisti, decisi dunque ad utilizzare il regime fiscale agevolato per la loro attività.

Si tratta di un regime per contribuenti minimi che riserva un‘imposta del 5% e che sostituisce Irpef e addizionali regionali, anche se coloro che ne possono beneficare sono pochi.
In particolare, questa formula è rivolta a giovani e lavoratori che, avendo perso il lavoro, avviano un’attività in proprio.

I dati indicano i giovani come i maggiori utilizzatori del nuovo regime, tanto che il il 70% delle adesioni riguarda autonomi e professionisti con meno di 35 anni.

Buona parte dei nuovi minimi, un terzo del totale, riguarda il settore delle professioni seguito, a lunga distanza, dal commercio. Quanto alla distribuzione geografica, il 45,3% delle adesioni si è registrato al Nord, il 24,2% al Centro, il 30,5% al Sud e Isole.

Tra i “paletti” fissati c’è quello dell’età, poiché bisogna essere minori di 35 anni, e del fatturato, che non deve superare i 30mila euro all’anno.
Fra le nuove Partite IVA (+ 2,2% rispetto al 2011), spiccano le persone fisiche (+5,76% rispetto al 2012) mentre diminuiscono le nuove società di persone (-10,34%), società di capitali (-5,8%), non residenti (-2,87%), e altre forme giuridiche (-2,44%).

Le novità per il 2013, poi, arriveranno dalla Riforma del Lavoro, che ha ulteriormente irrigidito l’accesso a questo regime, pensando soprattutto alle partite Iva che mascherano rapporti di lavoro subordinato.

Vera MORETTI

Regime contabile semplificato ed intermedio per minimi ed ex-minimi

La Manovra Finanziaria 2011 ha introdotto, tra gli altri provvedimenti, anche la riforma del regime dei minimi, entrata in vigore l’1 gennaio 2012.

Si tratta di un regime agevolato applicabile per il periodo di imposta di inizio attività e i quattro anni successivi. Per i più giovani, invece, il periodo di tempo si estende a cinque anni, ma solo fino al compimento dei 35 anni di età.

Tra i requisiti richiesti c’è anche il non aver esercitato, nei tre anni precedenti all’inizio attività, alcun altra attività di impresa, artistica o professionale, neanche in forma associata o familiare.
Inoltre, la nuova società non deve essere una prosecuzione di un’altra attività nel medesimo settore, con gli stessi clienti o mezzi necessari al suo svolgimento, neppure se, in quel caso, si svolgeva lavoro da dipendente.

Ad essere rimasti fuori da vecchio regime dei minimi è un nutrito 96%, per i quali è stata prevista una fase di passaggio.
Agli esclusi dal regime dei minimi e agli ex-minimi è stato infatti riservato un regime contabile semplificato, non subordinato ad un’opzione ma utilizzato fino a sua decadenza con effetto dall’anno successivo, cioè fin quando venga meno una delle condizioni previste o se ne verifichi una di quelle indicate nel comma 99.

Tra le agevolazioni di questo regime intermedio vi sono: esonero registrazione e tenuta scritture contabili, sia ai fini IVA che di imposte dirette; esonero da liquidazioni e versamenti periodici IVA, esonero IRAP.

Per gi ex-minimi sono previsti nuovi obblighi, ovvero la determinazione Iva con le regole generali e il versamento della stessa con cadenza annuale.
Per le imposte dirette è prevista l’applicazione e il versamento IRPEF secondo modalità e termini ordinari.

In questo modo, non c’è più lo speciale criterio di cassa previsto per i contribuenti minimi e lo speciale criterio di determinazione delle componenti negative sostenute promiscuamente per l’attività di impresa o professionale e la sfera privata, tutte deducibili al 50% con una presunzione assoluta di applicazione dello stesso limiti.

L’opzione da indicare nella prima dichiarazione IVA ha validità minima di almeno un triennio, trascorso il quale mantiene validità annuale.

Vera MORETTI

E’ online il nuovo modello IVA 2013

E’ stato pubblicato online il modello IVA 2013, che interesserà il 2012, l’anno appena trascorso.

A utilizzarlo saranno sia i soggetti che intendono presentare la dichiarazione Iva autonoma (possibile dal 1° febbraio 2013), sia coloro che preferiscono invece presentarla assieme all’Unico.
Per tutti, il termine ultimo di presentazione è fissato al 30 settembre 2013.

Tra le voci che non compaiono più nel nuovo modello ci sono quelle relative all’aliquota del 20%, poiché non è più in vigore dal 17 settembre 2011.

Nel modello IVA 2013 al rigo VE34, relativo alle operazioni con applicazione del reverse charge, il campo 5 è stato ridenominato “Cessioni di fabbricati”, al posto di “Cessioni di fabbricati strumentali” in quanto, a seguito delle modifiche del decreto crescita il reverse charge è applicabile anche alle cessioni di immobili uso abitativo.
Analogamente a quanto riportato nel quadro VE, anche nel quadro VJ è stata recepita la novità introdotta dal DL n. 83/2012, pertanto il rigo VJ14 prima chiamato “Acquisti di fabbricati strumentali”, è stato chiamato “Acquisti di fabbricati abitativi”.
L’Iva per cassa fa il suo debutto nel modello, al rigo VE36 relativo alle “Operazioni effettuate nell’anno ma con imposta esigibile in anni successivi”.

Allo stesso modo, al campo 3 del rigo VF19, riservato alle operazioni passive con esigibilità differita, andranno indicati gli acquisti annotati a partire dall’1.12.2012 per i quali la detrazione dell’Iva a credito è differita agli anni successivi.
Il quadro VR è stato soppresso, pertanto le indicazioni collegate con la richiesta di rimborso del credito IVA si trovano ora quadro VX, in particolare al rigo VX4 “Imposta di cui si richiede il rimborso”.

Al rigo VX4 sono presenti i nuovi campi da 2 a 8, dove vanno riportati:

  • al campo 2, l’importo da liquidare mediante procedura semplificata;
  • al campo 3 la causale del rimborso;
  • al campo 4 il possesso dei requisiti richiesti per l’erogazione prioritaria del rimborso;
  • al campo 5 la condizione di subappaltatore nel settore edile;
  • al campo 6 l’attestazione di operatività;
  • ai campi 7 e 8, l’attestazione di affidabilità e solvibilità per l’esonero dalla prestazione della garanzia (c.d. “contribuenti virtuosi”).

Il quadro VO è stato modificato per introdurre il nuovo rigo VO15 riservato a chi ha iniziato ad utilizzare il nuovo regime dell’Iva per cassa, in vigore dal 1° dicembre 2012. La casella presente al campo 1 deve essere barrata da coloro che comunicano di aver optato per tale regime dal 1° dicembre 2012.

Sempre al quadro VO è stato introdotto il rigo VO33 riservato ai contribuenti che sarebbero entrati naturalmente dal 2012 nel nuovo regime dei minimi ma hanno preferito applicare il regime ordinario (in questo caso va barrata la casella 1) o il regime agevolato art. 27 comma 3 del D.l. 98/2011(in questo caso va barrata la casella 2).
La stessa opzione può essere effettuata, barrando però la casella posta al rigo VO34, anche da coloro che, usciti dal vecchio regime dei minimi, sarebbero entrati naturalmente nel regime dei residuali ma hanno preferito applicare dal 2012 il regime ordinario. L’opzione è vincolante per un triennio ed è valida fino a revoca.

È stato infine previsto il rigo VO35 riservato ai soggetti che hanno iniziato l’attività dal 2008 e che pur essendo in possesso dei requisiti previsti dal vecchio regime dei minimi non vi hanno mai aderito, e hanno preferito utilizzare il regime ordinario. Dal 2012, essendo concluso il periodo triennale di applicazione obbligatoria del regime ordinario, tali soggetti hanno potuto utilizzare i nuovi regimi agevolati.

Attraverso questa sezione del quadro VO tali soggetti comunicano di aver revocato l’adesione al regime ordinario a partire dal 2012, e di aver aderito ai nuovi regimi previsti. Dovrà essere barrata:

  • la casella 1 se si intende comunicare la revoca del regime ordinario e l’applicazione del nuovo regime dei minimi;
  • la casella 2 se si intende comunicare la revoca del regime ordinario e l’applicazione del nuovo regime agevolato.

Vera MORETTI