Albi professionali: ma servono davvero?

Dopo il faccia a faccia con Giuseppe Lupoi, Presidente di CoLAP, oggi Infoiva cerca di sondare più da vicino quali sono gli umori e le dinamiche interne delle associazioni di professionisti che fanno parte del Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

E lo fa con Adico, l’associazione che raggruppa i direttori di marketing, vendite e comunicazione, che non possono fregiarsi di un albo professionale vero e proprio. Ma quanto conta davvero? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Casucci, consigliere delegato di Adico.

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
In senso generale la riforma delle professioni dovrebbe portare un maggior peso nell’azione di regolamentazione dei servizi resi all’utenza, quindi il vantaggio è chiaramente per chi fa uso dei servizi del professionista. E’ chiaro che questo vantaggio per l’utente finale dipende molto dal tipo di professione che viene rappresentata dalla singola associazione: questo tipo di garanzia e il fatto stesso che il professionista appartenga ad un’associazione riconosciuta, che gli ha dato delle regole, è tanto più importante quanto il rapporto è di tipo professionale. Il caso più classico riguarda i possessori di partite Iva nei confronti di azienda o privati ai quali forniscono servizi.

Qual è, oggi, l’ “umore” dei vostri associati?
Abbastanza tiepido. In buona parte i nostri associati, dai direttori commerciali ai direttori marketing, sono manager d’azienda quindi operano in un contesto aziendale come dipendenti e non avvertono il problema della mancanza di un albo professionale che li rappresenti. Dall’altra parte, in un contesto come quello che stiamo vivendo, interessato da un continuo mutamento delle dinamiche del mercato del lavoro, molti manager sono diventati consulenti, soprattutto nelle piccole e medie aziende. Per questa categoria, ovvero per chi opera come consulente con partita Iva, in linea teorica l’esigenza della creazione di un albo professionale dovrebbe essere maggiormente avvertita, e in effetti è quello che avviene, ma non la avvertono come prioritaria. Storicamente infatti la professione del direttore commerciale, marketing o vendite non si riconoscono nei confronti del loro rapporto di lavoro con la proprietà dell’azienda in termini di ‘tesserino’ o iscrizione ad un albo, ma in termini di professionalità: quello che conta è quello che sanno fare e la capacità di ottenere risultati per l’azienda indipendentemente dal fatto di essere riconosciuti da un albo professionale.

Direttori commerciali, vendite e marketing: che cosa caratterizza la professionalità dei vostri associati?
Capacità di affrontare e risolvere rapidamente i problemi di un mercato in rapidissima e continua evoluzione, sia a livello di scenario (aziende, prodotti, etc) nei confronti di una concorrenza sempre più globalizzata, sia a livello degli strumenti con cui operare, dal web ai social. Il mondo di internet oggi riveste un’importanza determinante, anche al di là delle singole categorie di prodotto: dai siti, ai blog, alla web reputation. Quello che oggi viene richiesto in termini di professionalità ai nostri associati è che sappiano capire in tempi rapidi che cosa occorre fare a livello di marketing e il saper vendere bene.

Adico fa parte del CoLAP: che cosa significa per voi avere un coordinamento che rappresenta le vostre istanze?
Adico fa parte del CoLAP e si attende che questa normazione produca degli strumenti validi per tutti, anche se ci rendiamo conto che non si tratta di un’impresa facile, considerate le peculiarità e le differenze delle singole professioni. Per rendersi conto di questa varietà e disomogeneità basta scorrere la lista delle associazioni iscritte al CoLAP. Questa varietà è evidente che porti con sé delle difficoltà intrinseche nello stilare una norma che sia quanto più stringente e facilmente attuabile: il rischio infatti e di fare una norma troppo generica, che alla fine non soddisfa nessuno. Credo che in questo senso il CoLAP abbia esaurito, in positivo, la sua necessità d’essere: nel momento in cui verrà approvata una norma, molte delle ragioni per cui il CoLAP esiste verrebbero a cadere, perché finalmente si arriverebbe a una norma condivisa.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
Gli organi professionali regolamentati (giornalisti, medici, avvocati, architetti…) dovrebbero servire a garantire il livello base di servizio all’utenza, dalla conoscenza accurata della propria professione al rispetto della deontologia. A questo vanno aggiunti altri due aspetti importanti: in Italia gli albi professionali fissano anche le tariffe minime per l’erogazione dei servizi, e gestiscono i fondi pensionistici e sanitari. Inoltre costituiscono una barriera di ingresso, e per i professionisti, essere iscritti ad un albo significa in larga parte ‘vantaggi’. Quindi è fuori di dubbio che farne parte è interesse di ogni professionista. Volendo però mettere in luce quelli che sono i limiti, in Italia, dell’istituzione degli albi professionali è che nessuno garantisce direttamente alcuna forma di aggiornamento professionale obbligatorio nel tempo. Occorrerebbe maggiore controllo, ma il corporativismo resta forte perché chiaramente ogni albo professionale offre dei vantaggi.

Qual è, per voi, la strada per “contare di più”?
La principale motivazione per appartenere ad un’associazione che ponga paletti o regole nell’iscrizione e nel mantenimento della qualifica dovrebbe stare in una richiesta formale da parte della clientela: nel caso di Adico non si tratta dei privati ma delle aziende, medie, grandi e piccoli, che scelgono i propri manager indipendentemente dall’esistenza di un albo. Se non c’è la richiesta non nasce nemmeno la necessità.

 

Alessia CASIRAGHI

Lupoi: “Dignità e status ai professionisti non regolamentati”

di Davide PASSONI

Poteva Infoiva cominciare la settimana dedicata alle professioni non regolamentate in Italia, senza ascoltare il presidente di CoLAP, l’ing. Giuseppe Lupoi, che da anni si batte per dare futuro e dignità a un esercito di professionisti in bilico tra un riconoscimento che non arriva e una professionalità sempre più elevata? Certo che no, ecco l’intervista…

Libere associazioni professionali: quale futuro alla luce della prossima riforma delle professioni?
La legge di regolamentazione delle associazioni professionali rappresenta in assoluto una grande opportunità di crescita e di ammodernamento del sistema delle professioni in Italia, in quanto pone al centro l’utenza e la qualità dei servizi professionali. Con questa legge, infatti, le associazioni assumono un ruolo fondamentale come strumento di garanzia nei confronti dell’utenza e come soggetto in grado di valorizzare le competenze dei professionisti associativi;  soltanto quelle in possesso di ben definiti requisiti (democraticità interna, deontologia, rappresentatività, formazione permanente, polizza assicurativa) potranno essere inserite nell’elenco web tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Quale sarà, in questo senso, il compito del CoLAP?
Sarà proprio quello di vigilare affinché soltanto le associazioni davvero in grado di rispondere ai requisiti richiesti dalla legge possano essere inserite in questo elenco e che tutto sia fatto con correttezza, trasparenza e veridicità. L’elenco e la legge nel suo complesso dovranno rappresentare uno strumento di  eccellenza e servire da stimolo alla crescita, all’implementazione e al miglioramento di tutte le associazioni e dei loro professionisti.

E il CoLAP, che cosa si aspetta dalla riforma delle professioni?
Il CoLAP si aspetta che la riforma dia dignità e status agli oltre 3 milioni di professionisti non regolamentati che quotidianamente prestano i loro servizi professionali e sono utili alla collettività. Si tratta di un universo professionale che è stato fino ad oggi oggetto di immotivate accuse di abusivismo da parte degli ordini professionali. Finalmente con questa legge si da piena legittimazione al secondo pilastro sul quale si regge un sistema professionale moderno: accanto agli ordini, enti pubblici dove si iscrivono obbligatoriamente i titolari di una patente statale per l’esercizio di determinati atti di professione indicati dalla legge, ci sono le associazioni professionali, soggetti privati con il compito di promuovere e valorizzare le competenze dei professionisti che volontariamente decidono di aderire.

Qual è, oggi, l'”umore” dei vostri associati?
Certamente variabile, ma allo stesso tempo in fibrillazione. Sono anni che attendono la regolamentazione e sanno di non essere mai stati così vicina ad ottenerla: mai di un testo di legge di regolamentazione delle associazioni professionali si era discusso in una Aula parlamentare e tanto meno era stato votato con maggioranza quasi bulgara da ben due rami del Parlamento. Il nostro lavoro è stato di far comprendere ai parlamentari le potenzialità di questo mondo ed i benefici economici e sociali di una sua regolamentazione. Diciamo che siamo fiduciosi. Quel che è certo è che dall’esito di questa legge dipenderà il nostro umore futuro, quando saremo chiamati a votare in primavera. Per quel tempo sapremo sicuramente chi è davvero un nostro sostenitore e chi si è soltanto professato tale.

Perché in Italia il corporativismo è così forte, a suo avviso?
La principale causa dell’immobilismo e della perdita di competitività del nostro Paese sono proprio la forza delle corporazioni. Quelle degli ordini sono tra le più forti. Basta fare un giro sui siti di Camera e senato per vedere che la stragrande maggioranza dei componenti è iscritto ad un ordine professionale (avvocati, commercialisti, giornalisti).

Che cosa significa per voi questo stato di cose?
Significa che non abbiamo una rappresentazione reale della società ma una espressione delle lobby di potere e delle corporazioni. Ed il concetto di lobby non sarebbe nemmeno sbagliato; lo è però  quando muove la politica soltanto per fare i propri interessi personali a scapito della collettività ; lo è quando mira soltanto a difendere il proprio orticello e le proprie posizioni di potere a danno del sistema economico e sociale. Per farle un esempio: lo scandalo della controriforma forense che ancora tiene banco in Parlamento e che sembra venga approvata entro Natale, che aumenta le riserve di legge alla consulenza legale, cosa inaudita in ogni parte del mondo!

I limiti e i vantaggi del sistema ordinistico italiano, secondo il CoLAP.
Gli ordini professionali sono ormai anacronistici. Il loro principale limite è quello di legittimarsi solo per il fatto che i loro iscritti hanno superato un esame di stato una volta nella vita e solo  questo fatto di considerarsi composti da “bravi professionisti”. Questo è sbagliato e fuori tempo. Oggi, in una società come la nostra che vive di “sapere” ed è in continua evoluzione, dove nascono sempre nuove esigenze che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze professionali per stare sul mercato, questo sistema è superato e limitativo. Faccio spesso un esempio: un laureato in medicina un giorno supera l’esame di stato e diventa medico. Ad un certo punto della sua vita decide di trasferirsi in India e fare il santone. Al suo ritorno in Italia , diciamo dopo venti anni, lui è e continua ad essere un medico. Surreale non crede? Lei si sentirebbe sicuro di lasciare nelle mani di questo professionista la sua vita?

Me lo dica lei…
Oggi, con la riforma degli ordinamenti professionali del Governo Monti, in apparenza le cose stanno cambiando. Gli ordini hanno accettato una sorta di verifica nel tempo della formazione del professionista, però, avendo voluto tenere in loro mano tutto il percorso formativo, lo hanno condannato al fallimento: l’esperienza degli ECM insegna al riguardo. Forse da questa riforma potremo ricavare dei vantaggi…al momento vantaggi del sistema ordinistico italiano non mi sovvengono (e lo dico da iscritto ad un ordine).

CoLAP è un coordinamento che “dà fastidio” a tanti: perché?
Dà fastidio perché introduce logiche meritocratiche e competitive, perché massifica l’innovazione e anticipa il cambiamento, in un sistema statico che tende a equiparare tutte le competenze.

Che cosa chiedete a al prossimo governo per “contare di più”?
Semplicemente che si dia avvio ad un processo di riforma capace davvero di rendere merito al nostro Paese e ai nostri professionisti e che ci permetta di competere alla pari con gli altri stati europei dove il sistema associativo esiste ed è un sistema vincente.

Non regolamentati a chi? L’esercito dei professionisti senza ordini si fa sentire

di Davide PASSONI

Ormai al capolinea l’esperienza del governo Monti, resta ora da vedere quali “lavori” rimarranno in sospeso, quali saranno portati a termine, quali passeranno nelle mani del nuovo esecutivo.

Tra i “cantieri aperti” lasciati dal governo Monti, uno dei meno propagandati ma che riguarda in realtà decine di migliaia di persone è la cosiddetta “riforma delle professioni” o degli ordinamenti professionali. Un testo sul quale è stato fatto un lungo tira e molla, soprattutto da parte degli ordini professionali più potenti; un testo nato con l’idea di rendere meno cogente l’accesso alle professioni in Italia, cercando di trasformare gli ordini che – spesso con eccessiva demagogia – sono visti come dei fortini inespugnabili, in qualcosa di più aperto.

In realtà, però, non tutti sanno che nel nostro Paese esiste un esercito di professionisti che appartengono a professioni “non regolamentate”, ossia professioni per le quali non esistono degli ordini che ne tutelino interessi, posizioni, istanze in sede istituzionale e civile. Si tratta di professioni tra le più disparate: si va dai naturopati ai musicoterapeuti, dai temporary manager ai sociologi, dai direttori commerciali e marketing manager agli armonizzatori familiari. Una schiera di professionisti che, se anche non hanno il blasone di avvocati, notai, giornalisti, hanno comunque un percorso di studi e formazione e un valore sociale della loro professione assolutamente comparabili ai loro.

Ecco perché questa settimana Infoiva dà voce a loro: perché la professione, qualunque essa sia, è prima di tutto un valore e una scelta di vita e di impresa che portano ricchezza a chi li sceglie; perché Infoiva è il quotidiano delle partite Iva e ciascuno del professionisti “non regolamentati” merita di trovarvi spazio; perché la professione e la professionalità, se correttamente vissute e praticate, hanno una forza e una dignità che prescinde dall’esistenza o meno di un ordine.

Il Senato approva la regolamentazione delle libere professioni

La soddisfazione del CoLAP, relativa all’approvazione, da parte del Senato, del ddl sulla regolamentazione delle libere associazioni professionali, è stata espressa dal suo presidente, Giuseppe Lupoi, il quale ha dichiarato: “questo voto dimostra una volontà della maggioranza dei parlamentari di regolamentare le libere associazioni. Ora ci attendiamo un rapido passaggio alla camera per la terza lettura ed il voto definitivo prima della fine di questa legislatura“.

La battaglia da parte del Coordinamento Libere Associazioni Professionali in favore delle professioni non regolamentate, e quindi prive di un Albo e di un Ordine, rappresentava da tempo il principale obiettivo da raggiungere.
E il bersaglio è stato centrato anche grazie alla massiccia operazione di sensibilizzazione esercitata verso il Governo.

A questo proposito, Lupoi ha affermato: “Il CoLAP ha vinto un’altra battaglia, confermando come le idee giuste vadano avanti nonostante le opposizioni e pressioni esercitate, anche in questa occasione, dalle vecchie lobby“.

Vera MORETTI

Calderone: sì alla riforma, no ai tagli sul praticantato

La riforma delle professioni è stata ben accolta da Marina Calderone, presidente del Cup (Comitato unitario delle professioni) e del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, la quale ha dichiarato a proposito: “In un momento storico in cui da più parti gli Ordini vengono pretestuosamente attaccati da settori non disinteressati, è stato invece riconfermato il valore sociale delle professioni liberali“.
Anche se, a dire il vero, Calderone ha anche ammesso la presenza di “aspetti perfettibili e sui quali chiederemo modifiche, ove ne ricorrano le condizioni“.

Tra i “difetti” ai quali il presidente dei Consulenti del Lavoro si riferisce c’è, in primo luogo, il praticantato, che va difeso e riparato da qualunque tentativo di taglio. Questo perché: “più si accorciano i tempi di tirocinio, più si riduce la presenza dei praticanti negli studi, maggiore è la possibilità di trovarsi al cospetto di giovani professionisti preparati in teoria ma con un’esperienza ridotta“.

Tra i progetti futuri, Marina Calderone ha in mente un’altra edizione del Professional day, utile momento di confronto, ma anche l’intenzione di rilanciare il valore sociale dei professionisti che con la loro attività quotidiana “prestano un vero e proprio servizio sociale alla collettività“.

Vera MORETTI

Il male d’Italia? Non sono i liberi professionisti

I liberi professionisti, alla luce di quanto sentito e letto negli ultimi giorni, e che descriverebbe la libera professione come il vero male d’Italia, non sono stati a guardare e, anzi, hanno sentito il bisogno di difendere la propria posizione.

E’ quanto ha fatto Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, il quale ha redatto un intervento che non vuole essere una polemica risposta a chi ha commentato in negativo la tanto agognata riforma delle professioni, ma, piuttosto, una chiarificazione del ruolo dei professionisti nel nostro Paese.

De Luca si scaglia contro le amministrazioni pubbliche, considerate tutt’altro che attendibili e precise, ma anche contro mercato dell’energia, trasporti e servizi bancari, colpevoli di aver vacillato parecchie volte, e non in tempi troppo remoti.
E poi fa esempi concreti, accompagnati da cifre e dati che non lasciano repliche: la liberalizzazione selvaggia, infatti, ha mietuto vittime illustri, come le edicole, costrette a chiudere in un numero di oltre duemila perché “rilasciare in modo indiscriminato nuove autorizzazioni per la vendita dei giornali non fa né diminuire il prezzo né aumentare il numero di copie vendute e così come è avvenuto per qualsiasi altro settore oggetto di liberalizzazioni, l’unico risultato raggiunto è quello della chiusura dei piccoli in favore dei grandi“.

Ma i numeri riguardano anche aspetti positivi, soprattutto quando De Luca si riferisce ai circa 2.300.000 professionisti iscritti ad Ordini e Collegi professionali, e che garantiscono al Paese circa il 16% del PIL.
Di questi, la maggior parte rappresenta, per l’Agenzia delle Entrate, la più ampia fetta di contribuenti, mentre gli evasori sono “nascosti” soprattutto nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio (quasi il 25% del totale), delle costruzioni edili (circa il 22%), delle attività manifatturiere (11%) e solo nel 5% dei casi nel mondo delle attività professionali.

Tutto ciò contro i costi della PA, che, a quanto pare, ogni anno toglierebbe dalle casse dello Stato, almeno 50 miliardi di euro.
In questo caso, ciò che grava di più sull’economia del Paese sono non tanto i dipendenti, quanto i relativi stipendi, in particolare quelli degli alti funzionari. La spesa media per il personale e per i servizi del funzionamento dell’attività amministrativa italiana, nel quinquennio 2005/2009, è stata pari a 248 miliardi, ovvero il 16,4 % del Pil.
In Spagna, con un valore assoluto pari a 162 mld, si è attestata al 15,9% del Pil, mentre in Austria al 13,8% del Pil con un valore assoluto di 37 mld; in Germania la medesima spesa si è mantenuta all’11,5% del Pil, per un totale di 273 mld.

Un ambito, dunque, che dovrebbe collaborare alla crescita economica del Paese, in realtà sembra rallentarlo, e la colpa è da ricercarsi nella troppa burocratizzazione “dalle autorizzazioni negate ai blocchi per gli adempimenti, dalla richiesta di permessi con attese infinite agli investimenti sfumati dei troppi piani governativi“.

L’intervento di Rosario De Luca si conclude con un grande interrogativo: “Il Paese ancora galleggia tra un’economia che non riparte e riforme, spacciate per fondamentali, che puntano solo a fare cassa. E lo sviluppo? Ancora un lontano miraggio
Ritengo che il Paese abbia bisogno di serietà, di cultura, di sogni ed ambizioni per crescere e tornare a garantire un futuro ai nostri giovani. I professionisti vogliono essere protagonisti di questo cambiamento, e tutti gli altri?
”.

Nella risposta c’è la soluzione ai mali d’Italia.

Vera MORETTI

CoLAP e la regolamentazione delle professioni

Il convegno Plus Italia, svoltosi a Roma venerdì scorso è stato aperto, dopo il messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, da una relazione di Giuseppe Lupoi, presidente del CoLAP, che organizzava l’evento.

Durante il suo intervento, Lupoi ha ribadito l’assoluta necessità di regolamentare le associazioni che, ancora oggi, sono prive di un albo e di una cassa previdenziale, e che tuttora rappresentano ben 3 milioni di lavoratori sparsi in tutto il Paese.
Cosa succederà se ciò, finalmente, avverrà?

Secondo il presidente CoLAP “la regolamentazione delle libere associazioni faciliterà l’adeguamento delle conoscenze da parte dei professionisti alle sempre più mutevoli necessità delle aziende e delle persone; renderà più agevole l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro professionalizzando il bagaglio delle loro passioni; offrirà più occasioni di lavoro alle donne, perché un lavoro professionale certificato concede una maggiore conciliazione; offrirà agli ‘over 50’, fuoriusciti dalle grandi aziende, di reinserirsi nel mondo del lavoro mettendo a frutto le professionalità acquisite, incentiverà l’auto imprenditorialità”.

Ma forse i tempi sono maturi, visto che, dopo il voto favorevole alla Camera, manca solo il nulla osta dal Senato, per far sì che la legge possa essere approvata già nella attuale legislatura.

Ovviamente, il CoLAP avrà un ruolo predominante nel processo di cambiamento conseguente alla legge, assumendosi la responsabilità di verificare, e soprattutto certificare, i requisiti dei professionisti. Ma non solo, perché verranno anche promossi standard elevati di efficienza, qualità ed organizzazione di prestazione e servizi a tutela degli utenti e dei cittadini.

Vera MORETTI

Commercialisti e avvocati fanno il punto sulla riforma delle professioni

Con l’entrata in vigore della riforma delle professioni, si assiste a un cambiamento importante nell’attività quotidiana dei professionisti italiani e dei giovani che stanno avvicinandosi alla professione o che lo vorranno fare nei prossimi anni.

Per comprendere gli effetti della riforma e dare risposte ai molti interrogativi che ancora questa porta con sé, l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Milano insieme a quelli di Roma e di Torino e all’Ordine degli Avvocati di Milano, ha organizzato il convegno “Riforma delle professioni: quale domani?”.

Il convegno è in programma a Milano il prossimo 5 ottobre dalle 15 alle 19 nella sala Orlando dell’Unione Commercianti in corso Venezia 47. Interverranno, tra gli altri, i presidenti degli Ordini promotori Alessandro Solidoro, Gerardo Longobardi, Aldo Milanese, Paolo Giuggioli e l’on. Pierluigi Mantini.

Scarica il programma del convegno.

Il CoLAP applaude Paola Severino

L’intervento del Ministro Severino, che ha richiesto alla Commissione Giustizia della Camera lo stralcio degli articoli in contrasto con il provvedimento di riforma degli ordinamenti professionali di recente approvazione, è stato approvato dal CoLAP, Coordinamento delle Libere Associazioni Professionali.

Il motivo è semplice: questa azione da parte del Ministro è stato tradotto come una chiara volontà a non interrompere il percorso di innovazione e ammodernamento del mondo delle professioni, ritento da molti necessario.

A considerare “doverosa ed opportuna” una presa di posizione al riguardo è Giuseppe Lupoi, presidente CoLAP, il quale, poi, si pone contro “l’adesione acritica dei gruppi parlamentari alla richiesta di legislativa, cosa inaudita per provvedimenti di questa importanza che si spiega solo con la fortissima capacità lobbistica degli avvocati, e del pari inopportuno è il commento del Presidente del CNF che addirittura accusa il Governo di porre a rischio i principi della democrazia. Da anni assistiamo e condanniamo lo scempio di questa controriforma che nasce con il solo intento di conservare, proteggere, ostacolare l’esercizio della professione forense, a danno dei giovani e di quei principi di libertà e concorrenza che con fatica si sta cercando di consolidare per il bene del paese”.

Vera MORETTI

Riforma professioni: ora l’assicurazione professionale è obbligatoria

La Riforma delle professioni approvata il 3 agosto scorso ha introdotto l‘obbligatorietà dell’assicurazione professionale, la cui mancata sottoscrizione diventerà illecito solo tra dodici mesi. Aumentano infatti i casi di illeciti professionali dopo il Dpr approvato il 3 agosto.

Diventeranno infatti illeciti: non adempiere alla formazione obbligatoria, non fare pubblicità allo studio in maniera corretta e veritiera, non stipulare la polizza per i rischi professionali, anche se solo tra un anno scatteranno eventuali sanzioni.

Meno stringente sarà l’obbligo di pattuizione del compenso dopo la controversa abolizione delle tariffe professionali: il compenso potrà essere infatti pattuito anche verbalmente, ma è bene che i professionisti si attrezzino per fare i preventivi scritti facendoli approvare ai clienti.