Riforma delle professioni, sì alla pubblicità degli studi professionali

La riforma della professioni è una realtà. Dopo la firma del regolamento da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal 13 agosto scorso le norme in contrasto con i principi-guida del nuovo regolamento sono automaticamente decadute. Inoltre, il divieto di pubblicità che per molti anni è stato oggetto di dispute e discussioni è del tutto sparito: gli studi professionali ora possono farsi pubblicità liberamente, evidenziando i titoli, le tariffe, le specialità, la struttura dello studio.

Unica avvertenza sulla pubblicità: le informazioni devono essere trasparenti, veritiere e corrette e non equivoche, ingannevoli o denigratorie.

Il Cnf contro Paola Severino

Gli avvocati chiudono nei confronti del Governo: la riforma delle professioni, così come sembra sia stata approvata, non piace al Consiglio Nazionale Forense e, se il testo non verrà modificato, non sarà possibile nessun dialogo tra le parti.

Questo è, in sintesi, ciò che ha affermato Andrea Moscherin, consigliere segretario del Cnf, alla guida della delegazione dell’avvocatura al’incontro con Paola Severino, ministro della Giustizia.

Le parole di Moscherin sono state dure: “Senza lo stralcio della professione forense dal regolamento professioni e senza una legge di riforma approvata dal Parlamento vengono meno le condizioni preliminari per avviare un dialogo costruttivo con il Governo. Prendiamo atto della chiusura del ministro Guardasigilli su entrambi i fronti: chiusura irrispettosa dell’Avvocatura e delle prerogative del Parlamento”.

Ciò che non piace all’ Ordine degli Avvocati, ma, più in generale, a tutti i professionisti che attendono la riforma, sono i tempi, troppo lunghi, ma anche le condizioni, che non sembrano favorire una modernizzazione, invece necessaria.

Per questo, Moscherin ha dichiarato: “Il Cnf non considera perseguibile qualsiasi soluzione che sottragga di fatto alla discussione parlamentare la formazione dello Statuto dell’avvocatura affidandolo al governo, che per Costituzione può contribuire alla formazione delle leggi, ma non certo imporre i suoi contenuti al Parlamento e alle parti sociali”.

Vera MORETTI

Il Cup chiede al ministro Severino di modificare la riforma delle professioni

Marina Calderone, presidente del Comitato unitario delle professioni (Cup), ha chiesto nell’incontro con il ministro della Giustizia, Paola Severino, di modificare diversi punti della riforma delle professioni.

Un appuntamento importante, anche alla luce del parere del Consiglio di Stato, che ha affrontato il tema della riforma delle professioni, mettendo in luce diverse criticità nei punti cardine del provvedimento, attualmente in discussione alla commissione Giustizia della Camera dei deputati.

“Un aspetto fondamentale su cui abbiamo espresso le nostre perplessità – ha detto Marina Calderone – è la formazione, concessa anche a non meglio definite associazioni professionali. Questa formulazione evasiva rischia infatti di ampliare i soggetti deputati a gestire la formazione, con il rischio di penalizzare i giovani praticanti”.

Tra gli altri punti critici, le conseguenze della normativa prevista per il tirocinio. “L’ulteriore previsione di un corso di formazione da effettuare nell’arco di un semestre, che sembra garantire una migliore preparazione teorica per il giovane, si traduce in realtà nell’impoverimento dell’esperienza tecnico-professionale che si può maturare in un contesto lavorativo”, ha continuato Marina Calderone.

“Al ministro Severino – ha ricordato – abbiamo chiesto di intervenire anche sull’obbligo dell’assicurazione di responsabilità civile per i professionisti, poiché, in questa specifica materia, la previsione delle associazioni tra professionisti come parti di convenzioni collettive si configura come un eccesso di delega”.

Un altro punto importante su cui si è soffermata la presidente del Cup nel corso del confronto con il ministro ha riguardato la modalità di gestione dei procedimenti disciplinari. Il Cup ha chiesto inoltre al ministro Severino di fornire una definizione migliore di professione intellettuale, poiché nel testo si fa riferimento “a una definizione eccessivamente ampia di professione regolamentata, qualificata come l’attività il cui esercizio è consentito a seguito di iscrizione in ordini, collegi, albi o registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, allorché l’iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all’accertamento di specifiche professionalità”. “E’ necessario eliminare – ha precisato – il riferimento a registri ed elenchi comunque tenuti da amministrazioni o enti pubblici, valutando meglio come precisare la nozione di professione regolamentata, per evitare che vengano fatte rientrare in questo ambito anche le associazioni professionali”.

Orlandi: “La riforma delle professioni è da rifare”

Secondo Roberto Orlandi, la riforma delle professioni va completamente rifatta dopo il parere del Consiglio di Stato. Il vicepresidente del Cup (Comitato unitario professioni) e presidente del Collegio nazionale degli agrotecnici e degli agrotecnici laureati, commenta con LABITALIA il parere del Consiglio di Stato relativo al decreto del Presidente della Repubblica, predisposto dal ministro della Giustizia, di riforma del sistema professionale. “Sicuramente – ammette – sono molto soddisfatto, perchè il Consiglio di Stato ha ripreso per il 90% tutte le obiezioni che lo scorso 3 luglio gli avevamo inviato”.

“Per l’ufficio legislativo del ministero di via Arenula – sottolinea – il parere rappresenta una debacle che ha pochi precedenti, per il mondo delle professioni, e soprattutto per i giovani praticanti rappresenta una ventata di fresca aria di buon senso e libertà. In sintesi, il ministero deve riscrivere tutto”.

“Incontrerò il ministro Severino – aggiunge Orlandi – e vedremo come si procederà. Certo, il governo può anche decidere di disattendere il parere del Consiglio di Stato, tuttavia non è affatto consigliabile: sarebbe un vero e proprio suicidio”.

“Tecnicamente – spiega il vicepresidente del Cup – come fatto osservare dagli agrotecnici, l’articolo 1 del testo di riforma, secondo il Consiglio di Stato, va riscritto perché ampliava all’infinito la definizione di ‘professione intellettuale’. Viene ripristinata la capacità negoziale dei consigli nazionali professionali in materia assicurativa che il ministero aveva cancellato”.

“Sono salvi – fa notare Orlandi – i tirocini inferiori a 18 mesi e salta l’obbligo del tirocinio generalizzato per tutti, anche per quelle categorie che non lo avevano. Viene ripristinata l’autonoma capacità dei consigli nazionali professionali di stipulare in proprio convenzioni con le università per lo svolgimento dl tirocinio durante il corso di studi”.

E’ stato, inoltre, eliminato – rimarca – l’assurdo divieto del limite di non più di tre tirocinanti ogni professionista (ciascun albo deciderà quanti). Salta il divieto per i pubblici dipendenti di svolgere l’attività professionale. Salta anche l’obbligo di ripetere il tirocinio se lo si sospende per più di sei mesi e l’odioso e costoso obbligo del corso di formazione semestrale a cui erano irragionevolmente costretti i tirocinanti. Il corso sopravvive ma come alternativa al tirocinio, non più come ulteriore gravame”.

La Riforma della Fornero? Non ce la siamo bevuta: la parola al Consulente

 

La Riforma del Lavoro è stata varata la scorsa settimana e subito ha riscosso un mare di dissensi, per non dire perplessità, da parte di imprenditori, professionisti, inoccupati e di chi, in prima battuta, risentirà delle modifiche a contratti di lavoroordini professionali e sovvenzioni che (non) arriveranno per implementare le risorse interne delle imprese.

Da subito, i dirigenti in capo all’Associazione dei Consulenti del Lavoro ha parlato di una NON riforma che non risolverà affatto il problema della disoccupazione giovanile.

Infoiva ha chiesto il parere del dott. Rosario De Luca, Presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro

Perché siete così convinti che la riforma del lavoro non farà ripartire le assunzioni? Che cosa avreste proposto e che cosa manca?
In nostro grande timore che la riforma del lavoro, così come pensata ed approvata, non porterà nuova occupazione. Il rischio, invece, è che si verifichino perdite di occupazione e contenzioso a causa dell’aumento del costo del lavoro (contratto a termine e aspi), dell’eccessiva burocratizzazione (intermittente, part-time, convalida dimissioni), dei nuovi vincoli (apprendistato), delle nuove presunzioni (partite iva e associati in partecipazione), delle abrogazioni (contratto d’inserimento) e delle restrizioni (voucher).
L’irrigidimento complessivo nella gestione del rapporto di lavoro con la presunzione di subordinazione, unito all’introduzione della comunicazione obbligatoria della presenza per i lavoratori intermittenti con la previsione di una sanzione sproporzionata; le nuove procedure in materia di dimissioni e gli interventi in materia di flessibilità non faranno certamente bene ad un mercato del lavoro che ha bisogno di fluidità e non di freni e vincoli come quelli che le nuove norme stanno introducendo.

Ci sono dei lavori o delle soluzioni su cui puntare oggi giorno, occasioni o campi dalle maggiori possibilità occupazionali?
Anche se siamo in presenza di un mercato del lavoro in crisi, con una disoccupazione degli under 24 che supera il 30%, esistono profili di difficile reperibilità per le aziende. Ad esempio tecnici informatici o personale sanitario, dove assistiamo al reperimento delle risorse in paesi esteri. Ma anche lavori manuali come cuochi o conduttori di macchine da lavoro. Una buona formazione tecnica oggi mette al sicuro un lavoratore e non ha niente da invidiare a percorsi più incerti e dispendiosi.

Tanti, per ovviare alla mancanza di occupazione, stanno puntando sull’apertura della partita IVA a rischio super tassazione: secondo lei, tanti singoli fanno un mercato del lavoro o dovrebbe pensarci lo Stato?
Il mondo del lavoro ha tante sfaccettature. Ma dobbiamo superare lo storico luogo comune che lavoro significa solo lavoro dipendente. Bisogna anche saper rischiare nel fare impresa o intraprendere un lavoro autonomo. Lo Stato deve evitare di disegnare un sistema giuridico che penalizzi il lavoro autonomo in favore di quello dipendente. Non bisogna dimenticare mai che dal lavoro dipendente non nasce lavoro dipendente. L’occupazione la crea il lavoro autonomo; per questo auspichiamo che i Governi rendano attuali i tanti principi enunciati per favorire l’imprenditoria giovanile. Le professioni regolamentate sono di sicuro uno sbocco importante per le nuove generazioni; le iscrizioni agli albi professionali hanno avuto un incremento importante negli ultimi 10 anni e, da una recente ricerca, l’età media dei professionisti è di 45 anni.

Che cosa è stato fatto per i piani di mobilità sociale e come si equilibrano piani di mobilità con l’effettiva ondata di licenziamenti cui stiamo assistendo, non ultimo il discorso sulla spending review del Premier Monti?
Non c’è alcuna mobilità sociale senza ricambio generazionale. Purtroppo il Paese sta affrontando una crisi profonda sia dal punto di vista economico che dal punto di vista occupazionale. Ma ora siamo in attesa delle misure per lo sviluppo. Credo che per poter rilanciare un Paese non c’è bisogno solo di politiche di contenimento delle spese ma anche di riforme strutturali del sistema produttivo. Per quanto riguarda le misure per lo spending review presentate dal Professor Monti, ciò che grava molto non è il numero dei dipendenti della Pubblica Amministrazione, visto che non sono così poi tanto maggiori (in proporzione) rispetto agli altri paesi, bensì i relativi stipendi, soprattutto di alcuni alti funzionari. La spesa media per il personale e per i servizi del funzionamento dell’attività amministrativa italiana, nel quinquennio 2005/2009, è stata pari a 248 miliardi, ovvero il 16,4 % del Pil.

Secondo lei, le imprese saranno agevolate nell’assunzione di nuove risorse sfruttando il contratto di apprendistato o è solo un bel nome per aggirare l’ostacolo?
La riforma dell’apprendistato, cioè ridisegnare i percorsi di apprendistato, credo sia importante e imprescindibile in un momento in cui i nostri giovani, ce lo dicono tutte le statistiche, hanno difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro.
Siamo a percentuali preoccupanti dei tassi di disoccupazione giovanile ma va posto l’accento su un aspetto altrettanto preoccupante: il fatto che sta aumentando il numero dei giovani che non cerca lavoro, che è scoraggiato e quindi esce da quelli che sono i circuiti in cui invece potrebbe trovare un’occupazione.
L’apprendistato è l’unico contratto a finalità formativa, ma ha anche la funzione importante di accompagnare i giovani e farli transitare dal mondo dell’istruzione al mondo del lavoro.
Il problema resta a livello operativo considerato che la gestione da parte delle Regioni spesso è contraddistinta da procedure molto burocratizzate ed una legislazione non chiara e , a colte, contraddittoria. Situazioni che penalizzano l’espansione dell’apprendistato.

Qual è il vostro punto di vista sulla Riforma degli ordini professionali e lo stato dei liberi professionisti? Si preannuncia meno burocrazia ma i soggetti, come la categoria dei giornalisti pubblicisti, si è sentita defraudata dei suoi diritti?
Di riforma delle professioni si parla ormai da decenni. Il comparto professionale continua, però, a dimostrarsi tra i più dinamici garantendo al Paese il 15% del PIL. Gli Ordini professionali non si sono mai dichiarati contrari all’ammodernamento delle regole, anche per adeguare le leggi ordinamentali al nuovo contesto europeo. Ma quello che abbiamo sempre chiesto è quello di avere un dialogo continuo con le Istituzioni per arrivare ad una riforma condivisa e strutturale. Purtroppo, non si vuole avere la consapevolezza che il sistema ordinistico italiano è una risorsa del Paese e che negli altri stati europei esistono gli ordini caratterizzati esattamente come in Italia. A volte in questa materia si parla più per frasi fatte che per effettiva conoscenza del settore.

Ma secondo voi, questa riforma, si farà per davvero?
Gli Ordini professionali hanno già fatto la loro parte e sono sempre disponibili al confronto.

 

Paola PERFETTI

La riforma delle professioni secondo Inarsind

Gli obiettivi a cui dovrebbe puntare la riforma delle professioni – deve essere varata con un Dpr entro il 13 agosto 2012 con l’obiettivo di liberalizzare la concorrenza e creare una pluralità di offerta sul territorio – secondo Inarsind sono chiari: iscrizione all’Ordine solo per i liberi professionisti, snellimento della burocrazia e regole chiare per tutte le professioni.

Nella sua proposta di riforma della professione, il sindacato degli Architetti e degli Ingegneri liberi professionisti propone quindi di riservare l’iscrizione all’Ordine solo ai liberi professionisti e di inserire in un elenco separato, previa autorizzazione del datore di lavoro, dipendenti pubblici e insegnanti. Tra le altre proposte c’è la creazione di un Ordine unico regionale di architetti e ingegneri con diversi compiti, tra cui quello di valutare e validare i programmi di formazione; l’apertura di Commissioni deontologiche alle società per il controllo degli iscritti; l’obbligatorietà dell’assicurazione professionale per chiunque svolge atti di libera professione, così come il tirocinio, da farsi esclusivamente al di fuori dell’Università, pagato ma in credito di imposta per la struttura che ospita il tirocinante.

Nello scenario ipotizzato da Inarsind, l’iscrizione ai sindacati avverrà solo su base volontaria. I professionisti potranno poi certificare la loro qualità iscrivendosi ad Associazioni di tipo tecnico-culturale relative alle varie specializzazioni dell’architettura dell’ingegneria.

Francesca SCARABELLI

Comunicato del notariato in riferimento alle nuova società semplificate

di Vera MORETTI

Come già reso ampiamente noto in comunicati precedenti, la categoria dei notai si è sempre sostenuta concorde con il Governo in merito alla riforma sulle professioni.

Le tematiche riguardo le quali dal notariato facevano capire che si necessitava di un’urgenza erano quelli, “scottanti” dei giovani e il praticantato, oltre alle assicurazioni e alla necessità di un organo disciplinare di giudizio esterno.

Per questo, la categoria ha voluto esprimersi circa le conseguenze che potrebbe avere la nuova società semplificata con capitale minimo a un euro, poiché fuori dalla ordinaria procedura di controllo notarile di legittimità.
Questo perché, invece, i controlli notarili previsti finora in materia di identità, rappresentanza, oggetto e organizzazione sociale erano in grado di assicurare “un ausilio all’applicazione delle normative in materia di antiriciclaggio, evasione fiscale e regolarità, nella finalità di contrasto alle frodi patrimoniali e di identità“.

Nel comunicato reso noto dal notariato emerge, inoltre, che “il controllo e l’affidabilità dei pubblici registri immobiliari e societari, oltre a costituire un valore pubblico per la sicurezza giuridica, costituiscono una fondamentale fonte di informazioni e regole per il corretto e democratico svolgimento dei rapporti sociali ed economici“.

Ciò non significa che l’ordine dei notai, con queste esternazioni, prenda la distanza dal Governo, del quale rimane a piena disposizione, ma mira a “creare una normativa specifica che tenga conto delle esigenze nazionali ed internazionali di sicurezza giuridica ed eviti qualunque ricaduta negativa di ordine socio economico per il Paese“.

Federarchitetti auspica una più ampia riforma delle professioni

di Vera MORETTI

Federarchitetti ha diffuso un comunicato stampa tramite il quale la categoria spiega punto per punto la propria posizione  in relazione ai provvedimenti del governo relativi alla riforma delle professioni.

Non si rinnega la necessità di un intervento, da parte del governo, nei confronti di certe categorie professionali, ma si punta l’attenzione sui modi e sulle intenzioni.

Le misure legislative non congruenti adottate dai governi precedenti sono considerate tra le responsabili dell’emarginazione progressiva delle libere professioni tecniche, messe poi in ginocchio dalla crisi economica.

Le incongruenze attualmente esistenti sono:

  • Difetto di rappresentanza: non paritetico. “Per i liberi professionisti, in particolare per l’area tecnica, la rappresentanza sindacale è eventualmente tollerata, ma senza che alcun meccanismo, ordinistico, previdenziale o contributivo, ne autorizzi una qualche forma di sostegno diversa da quella volontaristica“.
  • Ruolo degli ordini: fallimento dei compiti istituzionali, soprattutto per quanto riguarda architetti ed ingegneri. Si chiede, a questo proposito, una “riconversione a nuovi compiti degli stessi, opportunamente ridotti per numero, (uno o due per Regione) in AGENZIE di SOSTEGNO (AGENSOS) e Controllo allo Sviluppo, per far fronte a pressanti esigenze
  • Servizi tecnici pubblici: posizione predominale in contrasto al libero mercato. I costi dei servizi tecnici pubblici dovrebbero essere valutati complessivamente, “con specifico capitolo di spesa, dal quale si evincerebbe la possibilità di affidarli interamente, o in gran parte, al libero mercato, così come già avviene per i servizi sanitari“.
  • Servizi tecnici in-house: evasione IVA. Riguarda la maggior parte delle prestazioni professionali in-house, che sono svolte senza versamento dell’IVA, da soggetti che non praticano la libera professione. “L’acquisizione della posizione IVA, individuale e/o societaria, deve costituire un obbligo prioritario per i troppi evasori autorizzati”.
  • Esclusivo privilegio dei parametri economici, a causa della soppressione dei limiti tariffari.
  • Accesso alla professione: assenza di tirocinio, quando, invece, dovrebbe essere obbligatoria una formazione post-laurea, magari con “salario minimo di sostegno se certificato da collaborazione svolta in studi professionali” .

Tutto ciò per cercare di ridurre le disuguaglianze sociali attraverso misure che dovrebbero servire a limitare la prevaricazione di interessi di parte.

Per attivare ciò, si rendono necessari alcuni interventi, quali una burocrazia aperta alla società, settore universitario all’altezza e al passo con i tempi, ma anche un’interazione con il mondo imprenditoriale, qualora si trattasse di interventi consoni e non mossi da mero interesse.

Armando Zambrano al vertice del CNI

Giro di poltrone al vertice del CNI, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri. Armando Zambrano è stato nominato all’unanimità come nuovo presidente. Sarà lui a guidare per il quinquennio 2011-2016 la nuova squadra composta da 15 consiglieri.

Nell’agenda del neo presidente, la riforma delle professioni “pensiamo agli ambiti urbanistici – afferma Zambrano – al terzo settore ed ad una serie di modifiche normative, imprescindibili per garantire la massima efficacia e trasparenza delle procedure”. La priorità per Zambrano è creare un rapporto costruttivo con l’Assemblea dei Presidenti, senza trascurare il tema della sicurezza sia per quanto riguarda i lavoratori, che per i singoli cittadini. “Forte attenzione verrà prestata all’ambito degli infortuni domestici- ha continuato il Presidente – ed, inoltre, soprattutto alle tematiche relativo al territorio ed all’assetto idrogeologico. Con un obiettivo ben chiaro: tutelare la qualità della prestazione professionale nell’interesse dell’ingegnere, ma soprattutto della collettività”.

Nominato vicepresidente vicario del Cni Fabio Bonfà, mentre sarà Gianni Massa a rivestire la carica di vicepresidente. Segretario del Cni sarà invece Riccardo Pellegatta e nuovo tesoriere Michele Lapenna.
Dopo l’insediamento, nella sede romana di via IV Novembre, del nuovo organico del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, sono stati resi pubblici i nomi dei nuovi rappresentanti in tutta Italia: Fabio Bonfà (Padova), Giovanni Cardinale (Arezzo), Gaetano Fede (Catania), Andrea Gianasso (Torino), Hnsjorg Letzner (Bolzano), Michele Lapenna (Potenza), Ania Lopez (Viterbo), Massimo Mariani (Perugia), Angelo Masi (Taranto), Gianni Massa (Cagliari), Nicola Monda (Napoli), Riccardo Pellegatta (Milano), Raffaele Solustri (Ancona), Angelo Valsecchi (Lecco) e Armando Zambrano (Salerno).

Alessia Casiraghi

I tributaristi in convegno a Roma

Due giorni romana per i tributaristi dell’Istituto Nazionale Tributaristi (INT). Oggi, lunedì 10, e domani, martedì 11 ottobre, si tengono il Consiglio nazionale, presso l’ufficio di rappresentanza di Via Sistina, per discutere di tematiche professionali e analizzare i nuovi scenari della riforma delle professioni (lunedì); e, presso la Sala Capranichetta di Piazza Montecitorio, il XV Convegno Nazionale che ha come tema “Sistema Italia, cambiamento necessario” e a seguire l’Assemblea dei Delegati provinciali INT del centro-sud. Durante il Convegno si avrà una relazione tecnica a cura del Consigliere INT Giuseppe Zambon e poi il dibattito sul tema, che vedrà partecipare rappresentanti del Parlamento come l’On. Giuliano Cazzola e il Sen. Enrico Morando, il giornalista Franco Stefanoni del settimanale Il Mondo, il Presidente dell’INT Riccardo Alemanno e altri esponenti delle istituzioni e delle professioni.

Un momento per fare il punto su una situazione sempre più precaria per il nostro Paese“, sottolinea il Presidente Alemanno, che precisa: “daremo indicazioni ai rappresentanti del Parlamento circa le priorità che riteniamo inderogabili e non più rinviabili per l’Italia: fisco, pensioni, burocrazia, spesa pubblica, professioni e giovani. Indicazioni che abbiamo già fornito nell’ambito dei Tavoli di confronto sulla riforma fiscale e che ribadiamo in ogni occasione pubblica di dibattito. Serve determinazione, serietà e buon senso e soprattutto bisogna evitare che le richieste egoistiche e corporative dei conservatori, refrattari al cambiamento e alla modernizzazione, abbiamo il sopravvento sulle riforme che invece servono urgentemente al Paese“.

XV CONVEGNO NAZIONALE “Sistema Italia, cambiamento necessario “
 
Martedì 11 ottobre 2011
dalle 10 alle 15.30
Hotel Nazionale –  Sala Capranichetta – Roma
 
PROGRAMMA
 
Ore 10 Saluti a cura del Segretario nazionale Edoardo G. Boccalini
 
Ore 10.10 Relazione sulle novità fiscali a cura del Consigliere nazionale Giuseppe Zambon                        
                 
Ore 11.15 Dibattito sul tema “Sistema Italia, cambiamento necessario””. P=artecipano: On. Giuliano Cazzola (Commissione Lavoro), Sen. Enrico Morando (Commissione Bilancio), Riccardo Alemanno (Presidente INT). Modera Franco Stefanoni (giornalista del settimanale Il Mondo)    
                  
Ore 13 Buffet
 
Ore 14 Relazione del Presidente all’’Assemblea dei Delegati provinciali
 
Ore 15.30 Chiusura dei lavori
 
Partecipazione libera e gratuita sino ad esaurimento posti. Valida per l’acquisizione di 5 crediti formativi INT. I partecipanti riceveranno il libro di Franco Stefanoni “Mafia a Milano”.